FIDAart N.12 2015 Angelo Morandini

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PERIODICO della FIDAart N.12 - Dicembre ANNO 2015

FIDAart


In copertina: Angelo Morandini, Manifesto futurista in Leoncavallo, 2012, Square, Udine 2009


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FIDAart sommario

Dicembre 2015, Anno 4 - N.12

Editoriale

I Forrest Gump dell’arte

pag. 4

Politiche culturali

Merry Christmas

pag. 5

Intervista ad un artista

Angelo Demitri Morandini

Mercato dell’arte?

Alexander Calder

pag. 20-21

Arte

Izingqungulu Zomhlaba

pag. 22-23

L’arte dell’animazione

Walt Disney - parte 2

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo ALEXANDER CALDER

Rouge triomphant, 1959-63

pag. 28

ALEXANDER CALDER

Flamingo, 1973

pag. 29

ALEXANDER CALDER

Araignée rouge, 1976

pag. 30

ALEXANDER CALDER

Lily of force, 1945

pag. 31

Il senso del divenire, 2015

pag. 32

Omaggio a ALEXANDER CALDER

Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE

I FORREST GUMP DELL’ARTE Il noto tormentone di Forrest Gump: “Stupido è, chi lo stupido fa”, è applicabile anche al mondo dell’arte di oggi? Ogni tanto si ha questa impressione quando, osservando la produzione di quelli che sono considerati i Maestri, si incontrano delle opere che sembrano emblematiche di una crisi epocale della civiltà occidentale. Premesso che chiunque ha il diritto di proporre qualsiasi cosa, l’incredulità non riguarda tanto i contenuti o i significati, più o meno condivisibili, di certe opere di brand, e nemmeno la loro qualità estetica, sempre opinabile e assolutamente soggettiva, quanto il valore venale che il mercato mondiale attribuisce a queste “opere d’arte”. Ad esempio, gli scarabocchi dietro Forrest Gump sono una tipica “Lavagna” di Cy Twombly, una tela di 170x230 cm dipinta con vernice ad olio per casa e pastello a cera, venduta a novembre da Sotheby’s per 70,5 milioni di dollari. L’orinatoio al suo fianco è una replica della celeberrima “Fontaine” del 1917, il ready-made di Marcel Duchamp il quale, dopo aver buttato l’originale, negli anni 60 ha firmato, predatandoli, 16 nuovi “originali”, un dei quali venduto da Sotheby’s a 1,7 milioni di dollari. Il pavimento, invece, è una “scultura” del minimalista Carl Andre: 81 piastre di normale acciaio zincato, ciascuna di 40x40 cm e spessore 6 mm, stimato da Sotheby 1 milione di dollari. La panchina su cui è seduto Forrest Gump, infine, è una pregevole opera in acciaio zincato e legno, realizzata da... un onesto artigiano e venduta per il suo prezzo di 300 dollari. Alcuni si consolano raccontandosi che “valore del mercato” e “valore artistico” sono due cose diverse e che, sui tempi lunghi, la Vera Arte sarà riscoperta e rivalutata; intanto, però, case d’aste, fiere, musei, gallerie, collezionisti, curatori, critici e artisti ritengono queste opere i capolavori di oggi. 4


POLITICHE CULTURALI

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Intervista ad ANGELO DEMITRI MORANDINI Marcel Duchamp, in un’allocuzione del 1960 afferma: ”Tra le responsabilità (dell’artista), una delle più importanti è l’educazione dell’intelletto, anche se, professionalmente, l’intelletto non è la base per la formazione del genio artistico”. Secondo l’artista Joseph Kosuth, essendo l’arte una continuazione della filosofia, i concetti e le idee espresse sono più importanti di un frainteso ed equivoco piacere estetico. Angelo Morandini ha abbandonato i territori sicuri dell’arte “retinica” a lungo praticata, per intraprendere una sperimentazione che privilegi l’intelletto e crei idee, discorsi, riflessioni, in una rappresentazione logico-simbolica che riduce, inevitabilmente, la componente emozionale. E’ intuibile che, per un artista formatosi in discipline filosofiche e informatiche, l’interesse per il pensiero sia diventato il nucleo centrale della sua ricerca accettando il rischio che il risultato percettivo dell’opera stessa passi in secondo piano. Il suo approccio non conformistico si lega direttamente ad una concezione dell’arte come attività eminentemente mentale il cui fine non sia tanto produrre un manufatto artistico, quanto proporre nuovi modi di lettura della realtà e di ciò che (secondo lui), si intenda per arte. I mezzi espressivi utilizzati ai fini di questa comunicazione sono assolutamente liberi e variabili di volta in volta: video, elaborazioni digitali, installazioni, performance, ready made, normali oggetti straniati dal contesto per suggerire significati alternativi. Alcuni suoi lavori, particolarmente ermetici, necessitano di una spiegazione dell’autore e possono apparire poco attrattivi per un pubblico interessato all’opera tradizionalmente intesa anche se Angelo rimane un artista sempre attento a quei valori di tipo estetico (immagini stenografiche), poetico (installazione con matite colorate, pallina da ping pong disegnata in volo), politico ((A)TenTaTo), religioso (la prova di Dio, polvere di sogno), sociale (la scultura Burocracy, le tele sociali), che mancano ai concettuali ortodossi. Paolo Tomio A sinistra: Scanning the tattoo on Baudelaire’s forehead - Genova 3, 2013, tecnica steganografica, dimensioni varibili (file)

In basso: I Try to draw a flight, 2015, steel video Riva del Garda MAG, curated by F. Mazzonelli and D. Isaia, der Blitz, Italy.


Meme, 2006, assemblage, 100x100x80 cm

che uso quando mi approccio ad un fare artistico. Uso i loro materiali perché fanno parte del mondo che conosco e che frequento, che amo ma che odio. Insomma mi appartengono, fanno parte di me.

Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte? Il ricordo più lontano che ho dell’arte risale a quando ero bambino. Un piccolissimo ma luminoso studio a Pieve di Cadore dove mio zio Sergio De Bon dipingeva. Lì c’era un forte odore di colori ad olio e i quadri non solo saturarono il suo studio ma erano talmente tanti che doveva metterli fino fuori dalla porta e nel vecchio giroscale di legno.

E la terza mano che dovrebbe essere la storia dell’arte? Sì, potrebbe, ma essendo io un feticista della parola farei una distinzione tra storia e storiografia. Anche se al momento i due termini sono usati indistintamente, per storia si dovrebbe intendere un insieme di fatti oggettivi mentre la storiografia è soggettiva ed entra in campo una componente interpretativa. Parlerei quindi di una terza mano intesa come storiografia artistica.

Come incidono le tue formazioni di informatico e filosofo nell’approccio artistico? La filosofia e l’informatica sono le due mani 8


Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato? Quella di Egon Schiele è stata la prima mostra che sono andato a vedere e che mi ha entusiasmato. Apprezzo poi la poetica dell’arte povera, la disciplina formale del minimalismo e dell’astrattismo geometrico, l’aspetto sociale dell’arte relazionale, i colori nel dripping dell’action painting. Mi incuriosisce la “street art” e la “urban guerrilla” per le soluzioni comunicative che adottano.

Ti riconosci in qualcuna delle teorie che hai nominato o pensi di avere raggiunto una tua via autonoma e personale? Mi piacerebbe appartenere ad una teoria o ad una corrente ma a seconda di ciò che sento e che vivo produco, quindi, spesso mi capita di switchare da una teoria all’altra. Insomma, prendo quello che mi serve e sono dove mi piace

Cosa ti interessa dell’arte contemporanea? E,

Burocracy, 2010, tappi penne Bic, 50x50x50 cm


oggi, c’è qualcosa che non ti piace?

8 anni, non avevo più niente da dire è sparita cosi, se ne è andata. Dopo un po’ mi è venuta l’esigenza di disegnare e tutt’ora disegno molto. La scultura: non sono portato. Gli assemblaggi mi piacciono. Ora sto lavorando con la serigrafia. Non saprei dirlo con precisione, per molto tempo ho fatto delle cose come mi venivano. All’inizio lavoravo soprattutto con la pittura. Ero nella casa di mio padre e stavo del tempo con la mia musica a dipingere, a volte pensavo a cosa avrebbero detto le persone quando avrebbero visto il quadro ma mi disturbava parecchio e cercavo di scacciare quel pensiero. Le immagini nascevano cosi, dal mio inconscio credo. Erano soprattutto facce, visi, mani. Mi ricordo che mi sarebbe piaciuto fare i ritratti. Poi per un po’ di anni ho smesso e ho ripreso dopo tanto tempo. Un disastro. Non veniva neanche un quadro.

Farei una distinzione tra arte contemporanea e arte d’attualità. Dell’arte contemporanea mi interessa il suo tentativo di indagare i temi eterni, vita, morte, riparo, viaggio, ecc. attraverso un linguaggio inusuale o poco inflazionato. Ciò che non mi piace è che a volte artisti e intellettuali vari si prendono troppo sul serio e tutto diventa pesante, ingessato e il rischio è di perdere la spontaneità.

Hai praticato forme e tecniche di arte “tradizionale” come il disegno, la pittura o la scultura Si, pittura, acrilico, tempere, poco olio. Dopo “To swear” La prova di DIO, 2009, performance. CRAM (Art Research Center), Mezzocorona, curated by D.Toamsi, Trento, Italy

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Non venivano più quelle forme, quelle persone, dove erano andate? Si era esaurito? Ero guarito?

Le tue opere rientrano in quella che si definisce “arte concettuale”? Se vogliamo classificare, sì. Ma non tutta nel mio lavoro, ho usato spesso oggetti collegati alla scrittura. Matite, penne, tappi. Sono oggetti che sento magici, potenti. Sono come bacchette magiche. Strumenti che lasciano un segno. Un segno voluto dal nostro intelletto. Lasciano qualcosa di sé sulla carta. Lasciano delle tracce di sé. Alla fine della loro esistenza, si sono consumate in mille parole, disegni segni, errori. Il loro inchiostro, la loro linfa ora non c’è più. Assomigliano per certi versi all’uomo. L’uomo come una matita traccia sul foglio bianco dell’esistenza tracce del suo passaggio. Quindi definirei la mia arte come una sorta di lapide del mio essere stato. Troppo noir?

In alto: Umbrella, 2005, ombrelli, vetro, matita assemblage, 100x100 cm (A)TenTaTo, 2009, ostia, vetro, proiettile, 40x40 cm

Ritieni che l’arte concettuale sia il linguaggio più idoneo a comunicare le tue idee? Non credo, a volte faccio delle cose che possono essere etichettate come arte concettuale. Penso che siamo d’accordo sul fatto che il termine “arte” sia un meta-concetto o concetto contenitore. Il contenuto, i lavori degli artisti, conferiscono la dignità ontologica al meta-concetto “Arte”. Diciamo che l’arte è un barattolo di vetro e la marmellata è il prodotto dell’artista. Personalmente faccio tanti tipi di marmellate ;-)

Alcune tue opere sono piuttosto ermetiche o prive di una connotazione “artistica” tradizionale. Qual è il giusto atteggiamento di chi le trovasse poco comprensibili?

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Lasciarsi guidare dall’intuito o dall’istinto in alcuni casi, in altri leggere la didascalia.

Come si inserisce nel tua attività quella che definisci “arte relazionale”? Ecco, questa è un tipo di marmellata che faccio. Quando ho cominciato il nuovo lavoro di educatore è nato anche il progetto delle tele sociali che poi ho scoperte essere un tipo di arte relazionale. Volevo vedere le persone interagire con l’esecuzione stessa dei miei lavori. Le tele sociali sono il risultato di molteplici interventi

Polvere di sogno, 2009, stampa su dibond, 25x25 cm

In basso: No work today, 2001, penne Bic fascia industriale, 30x30 cm

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Manifesto futurista in Futuristi, Luigi Russolo, Carlo Carrà, Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Gino Severini, 2009, tecnica steganografica, dimensioni varibili (file)

realizzati da persone diverse. Ogni persona è invitata a disegnare una parte della tela, contribuendo a formare una composizione basata sulla concatenazione di forme triangolari, uno schema astratto che si sviluppa in modo imprevedibile. Accade che in uno stesso spazio possano convivere tracce di vite diverse, ideologie contrastanti, pensieri incompatibili. Il lavoro è semplicemente un invito alla possibilità.

Come affronti i problemi classici del fare arte: la forma, il colore, la composizione dell’opera? Con le classiche soluzioni: per la forma, utilizzo meno materia possibile (“Se la forma scompare la sua radice è eterna”, 1982, Mario Merz); per il colore ricordo sempre cosa dice lo zio Picasso: “Quando non sai cosa mettere usa il nero”; nella composizione cerco il ritmo.

Qual è la ragione per cui si definisce “arte” e non un gioco di società o da un test psico-attitudinale?

Ritieni di rappresentare nelle tue opere concetti o emozioni?

Non ci sono le crocette.

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Non lo so ma non mi interessa tanto. Il mio intento è cercare negli oggetti delle qualità inespresse, non ancora evidenti. Imparare lo schema per decostruirlo, non c’è niente da inventare.

Sei interessato ad un “messaggio” nell’opera? No, il messaggio non mi interessa, il mio lavoro è il frutto di una ricerca: ne presento l’esito nudo e crudo.

Eppure, sembra di intravedere in certi tuoi temi un forte interesse per lo “spirituale” come messaggio ? Si ma non confonderei l’interesse con il messaggio e farei una distinzione tra messaggio ed esito di una ricerca. Se fossi interessato ad un messaggio spirituale starei facendo proselitismo o catechesi e questo non rientra nei miei interessi.

Comodino immaginifico, 2010, legno, rame, filo elettrico, lampadina, 100x100x80 cm Le grandi idee, 2008, gabbia per uccellini bandierina stuzzichini, 40x25x30 cm

Come ti sembra il panorama dei giovani artisti trentini d’oggi? Indubbiamente il migliore sulla piazza.

Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno? Gioco di squadra. Mi sembra di capire che il mondo dell’arte è una struttura molto complessa in cui l’artista e i suoi lavori sono un tassello di un sistema più esteso.

Segui la politica culturale trentina? Pensi che si possa fare di più per il settore artistico?

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Penso che sia importante sostenere le forme artistiche orientate alla ricerca e alla sperimentazione che non sono consumabili come hamburger da McDonald’s ma contribuiscano alla crescita e allo sviluppo della società e alla sua emancipazione. In questo senso sono stati importanti il ciclo di workshop formativi organizzati dalla Galleria Civica del 2011 che hanno formato tanti giovani artisti e curatori. E’ importante il lavoro fatto da “ADAC”, l’Archivio degli artisti contemporanei trentini. L’ADAC tiene traccia delle vite degli artisti locali, ne documenta l’attività e si fa promotore di progetti. Manca forse un meccanismo che favorisca in modo trasparente la formazione e lo scambio

tra artisti locali e il circuito del contemporaneo in generale. Mancano indubbiamente spazi decorosi e attrezzati per le arti visuali che non siano esclusivi di pochi. “Art 4 cash”, un gruppo di artisti, sta facendo un buon lavoro. Anche la comunità di San Martino è sempre sul territorio con iniziative legate all’arte. Caldonazzo, il paese dove vivo è un piccolo e silente centro di iniziative. Non capisco perché i giornali o i quotidiani documentino cosi poco questi eventi e si impigriscano invece sempre sulle stesse cose. “NO-MADE ROOM”,2012, Installation site specific & relational aesthetics, matite, filo di lino, Lo spazio delle idee, Trento, by F. Quadrelli & Layla Betty,

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Senza sbarre c’è piu amore love love love, 2013, computer graphica, dimensioni variabili

E, per finire, cosa è per te l’arte? Domandona! Arte è un profumo che ti entra nel cervello. A volte passa per lo stomaco, altre nel cuore. Arte è un ricordo tatuato nella mente. Arte è una parola oscena cantata talmente bene che sembra quasi cristallina. L’arte è tossica, virale, malata. Arte è shoccare, arte è stare in silenzio. Arte è un‘intercapedine tra la fede e la follia.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori? Dimenticare sé stessi. E’ indipendente da altri valori.

Chi è l’artista? Uno che gioca con le sue ossessioni, i propri limiti e la sua follia.

Mart, workshop “Tele sociali”, 2013, tecnica mista su tela, acrilico, penne, 200x200 cm

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una sorta di “opera d’arte allargata” in cui i diversi schemi di pensiero dei partecipanti e l’elemento della casualità diventano protagonisti. A partire dai numerosi appunti grafici, i suoi lavori si articolano con modalità ed esiti differenti che lo conducono all’installazione. In bilico tra immobilità e flessibilità, tra fissità ed equilibrio precario, Morandini assembla insieme elementi naturali e artificiali, usando con ampio interesse l’informatica ed il suo linguaggio matematico in un ambito che coinvolge sensibilmente il rapporto tra arte, natura e scienza. Workshop Cesare Pietroiusti . Arte relazionale e immateriale, outside art, underground art. Trentoship/Trento.link Fondazione Galleria Civica. Alberto Garutti. Arte nello spazio pubblico / arte pubblica. Trentoship/Trento.link Fondazione Galleria Civica. The Otolith Group . A Long Time Between Suns. Trentoship/Trento.link Fondazione Galleria Civica. Solo show 2015 “I Try to draw a fly”, video installation, Location: Riva del Garda MAG, cura F. Mazzonelli and D. Isaia, der Blitz, Italy. 2013 “Scanning the tattoo on Baudelaire’s forehead”, Mixed media, Genova, cura by M. Vallebona, Italy. 2012 “NO-MADE ROOM” Installation site specific & relational aesthetics. Lo spazio delle idee, Trento, cura F. Quadrelli & Layla Betty, Italy. 2012 “OOO: Out Of Office” Mixed media. Andromeda Art gallery, Trento, cura L. Penasa, Itlay. 2012 “Le parole che non ti ho detto”, Upload Art Project, Trento, cura F. Mazzonelli, Itlay. 2010 “Dialogo d’identità”, School of Arts University of Bahia , Bahia, cura Alice Mosanghini, Brazil. 2010 “Binary chain” Location : AISC2010 – Seventh annual meeting of the Italian Society of Cognitive Sciences. University of Trento, Faculty of Sociology, cura Marco Cruciani, Italy. 2010 “Tu non esisti” Location : UfoFabrik Art Gallery, Moena, curat Alice Mosanghini, Itlay. Group show 2012 “T he limits of control in the dynamism of labyrinthine pattern formation” Sculpture, drawing., ABOUTNESS Contemporary Art Gallery , Genova, cura M. Vallebona, Italy . 2012 “Open Project” Il Germogliatore, relational aesthetics. Corte P. Stelzer, Pergine, Trento, cura

ANGELO DEMITRI MORANDINI Nasce a Trento nel 1975. Frequenta il corso di laurea magistrale in logica, filosofia e storia della scienza. Attualmente lavora in più campi e molto diversi tra loro:come sistemista informatico presso la pubblica amministrazione di Trento, collabora con una cooperativa sociale come educatore curando la parte creativa; progetta laboratori artistici assieme alla didattica del Mart di Rovereto. Parallelamente agli studi filosofici e a quelli scientifici realizza disegni, installazioni, foto e video programmi, intrecciando lo studio con la ricerca artistica, che si sviluppa intorno alle possibilità del linguaggio. Frutto di tali ricerche sono Omaggio a John Searle un generatore di frasi casuali esposto nel 2005 presso la KunStart di Bolzano, Matrici affini, video software presentato nel 2008 durante Manifesta7 alla Galleria Civica di Trento e Dialogo tra vertici, video software del 2010 proiettato presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Trento. Ha inoltre realizzato Catena binaria, un video programma dalla grammatica binaria (struttura formata da punti e linee simili a un codice morse in movimento) che si presenta sotto forma di dialogo visuale il cui unico fine è quello di “funzionare”. Gradualmente Morandini comincia una riflessione sul tema della convivenza sviluppando una metodologia attenta al processo e alla relazione, di cui fanno parte le Tele Sociali. Tele di grande formato realizzate con tramutare di triangoli disegnati a china che seguono il flusso dell’accumulo e dell’ossessione, divenendo vere e proprie “ragnatele emozionali” che possono essere disegnate direttamente dagli spettatori in una performance che vuole essere

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C. E. Tommasini, Italy. Selection Committee : C. Pietrantonio, D. Sommadossi, F. Nardelli, C. Gelmi, F. Piersanti , C. E. Tommasini. 2012 “SQUARE project” Manifesto futurista in Leoncavallo, digital art. Location: Teatro San Giorgio, Udine, cura F. Agostinelli, Selection Committee: F. Agostinelli, F. Giromini, V. Vella, Italy. 2012 “MART-UP” Tecno ragni, object design laboratory. Location: MART, ROVERETO, cura A. Casagranda, Italy. 2011 “Terapia d’arte“ Tele sociali, relational aesthetics. Coredo, cura G. Lorenzoni, Politiche Giovanili, Italy. 2011 “Altre menti” Tele sociali, relational aesthetics . Location: Fondo, cura coop. Kaleidoscopio, Italy. 2011 “La ricerca dell’assoluto” (A) - TenTaTo, sculpure. S.Agnese Curch, Denno, cura P. Weber, Italy. 2011 “AQUAE” Titanic: Uno sguardo sull’acqua dei precari, drawings. Molino Ruatti, cura D.A. Angeli, Italy. 2011 “Codex vitae” Matrici affini, Mani binarie, video software, drawings. University of Cognitive Sciences, Rovereto, cura M. Tomasi & F. Bacci, Italy. 2010 “ Intersection ” (A) - TenTaTo, sculpture, Location: Intersection, KunstArt, Il Pontecontemporanea Art Gallery, Bolzano , cura D. Tomasi, Italy. 2011 “Sebben che siamo Donne” Catena binaria, Penelope chiama Ulisse, video software, installazion, Location: Palazzo Libera, Villa Lagarina, Trento, cura di A. Madesani, A. Cossu, Italy. 2010 “The bar” Videosoftware. Location: EASST, Practicing science and technology, performing the social University of Trento, Faculty of Sociology, cura F. Quadrelli, Italy. 2009 “Oltre il muro” “1|2” , Sculpture. Location: Palazzo Assessorile, Cles, cura G.Lorenzoni, Italy 2009 “To swear” La prova di DIO, Sculpture. Location : CRAM (Art Research Center), Mezzocorona, cura D.Toamsi, Trento, Italy. 2008 Manifesta7 “Matrici Affini”, Digital-Art. Location : Contemporary Art Gallery, Trento, cura F.Cavallucci, Italy. 2008 KunstArt “Omaggio a Searle”, Digital-Art. Location: Modern Contemporary Art review, KunstArt, Bolzano, Itlay. Collabora con: ABOUTNESS Contemporary Art | Vico dei Garibaldi 12r, Genova, Italy e con Resonance gallery | Bulgaria, Plovdiv 4000 |14 Parchevich str.

Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015 della rivista FIDAart sono scaricabili da: www.fida-trento.com/books.html Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015 della rivista FIDAart sono sfogliabili su: http://issuu.com/tomio2013

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copertina del N.12 2015 Periodico di arte e cultura della FIDAart Curatore e responsabile Paolo Tomio

PERIODICO della FIDAart N.12 - Dicembre ANNO 2015

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MERCATO DELL’ARTE ? ALEXANDER CALDER (1898-1976), POISSON VOLANT, 1957, ‘mobile’ appeso, lamiera verniciata, asta, filo di ferro, 61x 226x102 cm, venduto da Christie’s New York, 2014 a $ 25.925.000 (€ 18.900.000). Vedi fig.in basso Alexander Calder, una delle figure più influenti della scultura del 20° secolo, nasce nel 1898 in Pennsylvania in una famiglia di artisti in cui, fin da bambino, dimostra una grande creatività. Nel 1919 si laurea in ingegneria meccanica ma già nel 23 decide di dedicarsi completamente all’arte: studia pittura e disegno a New York e nel 26 si trasferisce a Parigi, nel quartiere di Montparnasse, dove rimane per otto anni conoscendo i maggiori artisti internazionali. Sono i tempi in cui realizza figure fatte solo con il filo di ferro, sagome molto dinamiche che ricordano un disegno nello spazio, e costruisce ‘Le Cirque Calder’, un circo in miniatura composto da persone, cose e animali mossi da meccanismi ingegnosi, con cui si esibisce in spettacoli. Nel 1930, dopo lo ‘schock’ (parole sue) ricevuto dall’incontro con Mondrian, la sua improvvisa conversione all’astrazione geometrica: entra nel gruppo ‘Abstraction-Creation’ e l’anno seguente presenta le prime sculture cinetiche astratte. Inizialmente realizza piccoli oggetti motorizzati o da mettere in movimento mediante cinematismi manuali, poi è la scultura stessa che modifi-

ca ‘autonomamente’ la propria forma. Alexander Calder è l’artista che ha rivoluzionato l’idea di scultura convenzionalmente intesa come forma plastica solida, chiusa, finita e appoggiata stabilmente al terreno. Egli ribalta completamente questa concezione liberandola dai vincoli storici del peso, della gravità e della staticità: le sue sculture diventano infinitamente leggere, in continuo movimento nell’aria poiché dotate di un equilibrio precario grazie al quale la loro forma e posizione variano nel tempo e nello spazio. L’amico dadaista Marcel Duchamp le battezza “mobiles”, un gioco di parole francese che significa sia ‘ciò che si muove’ sia ‘movente’. Nascono così, le sagome dalle forme astratte in lamiera colorata che ricordano le immagini surrealiste, bilanciate tra di loro tramite sottili astine di filo di ferro e appese al soffitto con un cavetto intorno al quale poter ruotare così da rendere il tutto sensibile ai minimi spostamenti d’aria. (vedi pag. 21 e 28) L’artistaingegnere interpreta lo spazio come forza vitale ed energia dentro cui si muovono i ‘mobiles’, i quali, regolati da semplici principi fisici di tensione ed equilibrio, riassumono in sé le caratteristiche proprie della modernità: sono mobili, informali, dinamici, leggeri, casuali, variabili nel tempo e vicini all’idea stessa di natura, però, senza alcun intento mimetico. Oltre ai ‘mobiles’


ALEXANDER CALDER

Due ‘mobiles’: “Untitled” (rosso), 1957, venduto da Christie’s 2012 a $ 6.354.000 e “Snow Flurry”, 1950, (bianco) venduto da Christie’s 2012 a $ 10.386.000

cinetici sospesi al soffitto, che realizza personalmente con cesoie, pinze e martello, Calder inventa anche sculture per interni ed esterni, definiti ‘mobiles permanenti’, costituite da basi appoggiate a terra che portano aste di acciaio dotate di movimenti vari (vedi a pag.31). Contestualmente, l’artista prosegue la sua rivoluzione progettando delle sculture astratte fisse e autoportanti, complicati oggetti tridimensionali soprannominati ‘stabiles’ da Arp: una via di mezzo tra macchine fantascientifiche e mostri preistorici, costruite con lamiere di acciaio sagomate, assemblate con bulloni a vista e verniciate in tinte vivaci. Le realizza via via sempre più complesse e monumentali, connotate da pochi appoggi puntiformi a terra e da curve slanciate nel cielo che le rendono del tutto particolari nel panorama dell’’arte pubblica urbana’ (vedi a pag.29 e 30). Gli ‘stabiles’ non possiedono un prospetto principale, un fronte o un retro perché la loro visione cambia continuamente a seconda dei punti di vista rendendone difficile la comprensione. Inoltre, poiché a causa delle grandi dimensioni è possibile penetrare dentro

e sotto la struttura, i grandi ‘stabiles’ sono una innovativa sintesi tra scultura e architettura. Nelle opere di Calder si avverte intuitivamente una vena gioiosa e giocosa che si esprime attraverso la costante ricerca della bellezza compositiva delle forme organiche e dei colori. Infatti, è piuttosto evidente che lo scultore si riferisce ampiamente al mondo della natura per trarre l’ispirazione sia delle sculture mobili che di quelle stabili, nelle quali gli spettatori amano riconoscere le forme biomorfe di vegetali o animali stilizzati. Però, egli è qualcosa di più di uno scultore: è un poeta della levità che si esprime attraverso il movimento in quanto manifestazione della vita; mentre il gioco casuale delle superfici sospese e delle relative ombre proiettate sul muro, associate al suono del contatto tra le strutture metalliche, è quanto di più vicino ad uno stato di meditazione Zen. Giustamente, Alexander Calder è stato definito l’unico artista nella storia ad aver inventato e poi praticato una forma d’arte tutta sua. 21


ARTE “Izingqungulu Zomhlaba” che, nella lingua Zulu sudafricana, significa “Madre terra”, è un gruppo composto da giovani artisti provenienti da diversi stati africani, i quali hanno rifiutato il naturalismo figurativo troppo connotato etnicamente che caratterizza la maggior parte della produzione artistica del loro continente, scegliendo di esprimersi con il linguaggio della modernità. Da qui la scelta di lavorare a un progetto che cerchi di sviluppare un punto di vista originale sulla questione africana e una ridefinizione degli strumenti critici di approccio e analisi della storia dell’Africa, per liberarsi dall’egemonia artistica e culturale Occidentale ed eurocentrica nei confronti del mondo “sottosviluppato”, dai suoi pregiudizi, stereotipi e dall’ignoranza con cui decide ciò che è moderno da quello che è tradizionale, ciò che ha il diritto di far parte della storia da quello che invece deve essere relegato al di fuori di essa, isolato e cristallizzato in un presente atemporale. Il tema portante della loro prima mostra itinerante “Izingqungulu Zomhlaba”, affronta un problema particolarmente cruciale: il futuro della ‘Terra’ intesa sia come il pianeta che ci ospita, sia la ‘terra’, l’elemento su cui cresce e vive tutto ciò che è fonte di sostentamento e mantiene in vita tutti i suoi abitanti. Un problema centrale in un continente immenso come l’Africa, sempre più soggetto a drammatici cambiamenti climatici che sconvolgono intere aree geografiche e costringono le popolazioni locali, o a una conversione forzata all’agricoltura sedentaria oppure a migrazioni epocali. Il Gruppo intende denunciare questa situazione tramite gli specifici strumenti dell’arte ma anche ripensare il proprio futuro mettendo in discussione un ruolo da sempre subalterno nel tentativo di riappropriarsi criticamente del pro-

CANAVALIA ENSIFORMIS, Mali, 23x10x37 cm

ERIBROMA OBLONGUM, Camerun, 34x13x35 cm

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IZINGQUNGULU ZOMHLABA prio passato per ritrovare le vere “radici”. L’impegno degli artisti è rivolto a risvegliare le coscienze sia dei giovani africani indicando loro un obbiettivo alternativo alla cultura dominante, sia delle generazioni più anziane testimoni silenziosi della perdita della loro storia travolta da un presente incomprensibile. L’Africa è ancora in tempo per rifiutare i modelli importati e imposti da forze economiche esogene e basati sullo sviluppo di un’agricoltura intensiva e la diffusione di colture che utilizzano ibridi o semi geneticamente modificati, in contrasto con tutte la tradizioni dei suoi popoli. Solo proteggendo il patrimonio delle varietà vegetali, i prodotti alimentari e le tradizioni gastronomiche che mantengano l’attuale biodiversità, sarà possibile garantire a tutti uno sviluppo equilibrato e democratico. Il percorso che Izingqungulu Zomhlaba propone per affrontare una catastrofe ecologica rovinosa per le terre della fascia equatoriale, è quella di recuperare le antiche cosmogonie degli indigeni, tutt’altro che infondate, e riproporre la sapienzialità dei vecchi per ritrovare il legame con la terra attraverso il grande mito universale della Terra Madre. Un ritorno a una concezione in cui il rapporto è diretto tra l’Uomo e la Natura, la Grande Madre che lo nutre e gli permette di vivere e crescere in armonia con il Tutto. Per promuovere questi valori, ognuno degli artisti espone numerose teche in vetro che contengono le principali varietà autoctone dei loro territori, simboli evidenti a tutti di una storia e di un mondo che rischia di scomparire. Astratte dal loro contesto quotidiano ed elevate a oggetto artistico simbolo di una bellezza eterna, le piante, simili a sculture moderne dalle forme e dai colori magici, assumono così una valenza fortemente suggestiva.

AFZELIA AFRICAINE, Camerun, 33x18x56 cm

THEOBROMA CACAO, Madagascar, 38x18x51 cm

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L’ARTE DELL’ANIMAZIONE presentazione di un mondo naturale onirico e incantato abitato da uno Stregatto psichedelico ante litteram e governato dalla follia allucinata della Regina di Cuori (vedi immagine in basso). Poi, nel 53: “Le avventure di Peter Pan”, un grande classico basato sull’opera teatrale dei primi del ‘900. Tre fratellini guidati da un giovane elfo volano nel cielo sopra Londra, arrivando nel Paese che non c’è e, in una sola notte, vivono mille avventure affrontando pirati ferocissimi e ogni tipo di pericolo. Impossibile dimenticare le esilaranti scene di Capitan Uncino, il fido Spugna e il coccodrillo. (vedi pag.25). Nel 1955, segue “Lilli e il Vagabondo”, il primo lungometraggio d’animazione realizzato in CinemaScope. Alla sua prima uscita è un incredibile successo: pur essendo una semplice storia di cani, incassa una cifra superiore a qualsiasi altro Classico Disney, dopo Biancaneve. La cena romantica di Lilli e Biagio culminante in un bacio fortuito mentre i due ingoiano lo stesso spaghetto, è considerata una scena iconica nel cinema americano (vedi pag.25 in basso). Quando si dice Disney, in realtà, dietro ad ogni sua storia esistono anni di lavoro di un’equipe di disegnatori, animatori e registi che sono i veri responsabili del film. Tra questi, i cosiddetti “Disney Nine Old Men” (i Nove Vecchi), oggi tutti scomparsi, ai quali è riconosciuta la paternità artistica della creazione di quei personaggi amati dal grande pubblico. Ad esempio, Marc Davis, dopo aver iniziato con Biancaneve, ha sviluppato/animato i personaggi di Bambi e Tippete (in Bambi), Malefica, Aurora e il corvo (in La bella addormentata), Crudelia De Mon (ne La carica dei cento e uno). I lavori di Frank Thomas, unitosi a Disney nel 1934, comprendono la Matrigna (in Cenerentola), la Regina di Cuori (in Alice nel paese delle meraviglie) e Capitan

Nel periodo 1942-49 gli Walt Disney Studios realizzano sei lungometraggi piuttosto modesti ma, subito dopo, inizia una nuova stagione d’oro. “Cenerentola”, nel 1950, l’adattamento di una fiaba di Charles Perrault in cui una bellissima ragazza, orfana dal carattere solare, amica di due simpatici topini (Giac e Gas Gas), angariata dalla Matrigna, dalle due sorellastre sciocche e sgraziate, Genoveffa e Anastasia, e anche dal gatto Lucifero, incontra e sposa il Principe Azzurro (vedi in alto). Nel 1951, “Alice nel Paese delle meraviglie”, omaggio al capolavoro di Lewis Carroll, racconta le surreali e visionarie avventure di Alice e i suoi incontri con personaggi assolutamente bizzarri e demenziali. Pellicola tuttora modernissima per la rap-

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- - parte 2 Uncino (in Peter Pan). Ward Kimball è responsabile di molti personaggi fondamentali: il Grillo Parlante di Pinocchio), il gatto Lucifero, Giac e Gas Gas (in Cenerentola), il Cappellaio Matto e lo Stregatto (Alice nel paese delle meraviglie). Oppure Milt Kahl, autore sia di Pinocchio che di un ricco repertorio di ‘cattivi’ tra cui lo Sceriffo di Nottingham (in Robin Hood) e Madame Medusa (in Bianca e Bernie). Wolfgang Reitherman, animatore e regista ha ideato la fuga del principe Filippo dal castello di Malefica con la battaglia finale contro il drago sputa fuoco (La bella addormentata), la spaventosa balena di Pinocchio), il Coccodrillo con la sveglia nello stomaco (in Peter Pan), e il perfido Ratto (in Lilli e il vagabondo). Dopo la morte di Walt nel 1966, ha prodotto tutti i film d’animazione Disney. “Le avventure di Peter Pan” è l’ultimo film Disney in cui tutti i Nine Old Men hanno lavorato insieme come direttori dell’animazione. Una peculiarità dei cartoni animati della Disney è che anche i comprimari o i personaggi di secondo piano, sono sempre caratterizzati e interpretano dei ruoli efficaci nell’economia della storia. Come, Sir Hiss (il serpente in Robin Hood), Edgar il maggiordomo (in Gli Aristogatti), i gatti siamesi combinaguai di Lilli, fino ai sette nani che tutti conoscono per nome. Nel 1959, La bella addormentata nel bosco chiude un ciclo e, dopo di allora, per i successivi tre decenni la Disney non realizzerà altri cartoni tratti da fiabe antiche. Tra i meriti di Walt Disney, infatti, c’è la capacità recuperare e rivisitare (spesso, reinventare) con un linguaggio moderno e affascinante, molte favole classiche oramai dimenticate dalla cultura popolare. Si tratta di capolavori che hanno più di sessanta anni e tuttora mantengono una freschezza e piacevolezza che incanta grandi e piccini. E’ lo

“stile Disney” che si ritrova in tutte le sue pellicole, per certi versi uno “standard” collaudato e codificato ma, sicuramente, di altissima qualità con delle punte di vera genialità. Da allora, chiunque si sia cimentato nel cartone animato ha dovuto fare i conti con lo stile dello ‘zio Walt’ prima di riuscire a sviluppare dei linguaggi autonomi altrettanto apprezzati dal pubblico. Non a caso, tra il 1932 e il 1969, la Disney ha vinto ben 22 Oscar, tra cui tre Premi Speciali: uno per la creazione di Topolino, uno accompagnato da sette piccoli Oscar per Biancaneve e i sette nani, e l’altro per il suo contributo musicale nel campo dell’animazione. Nessun altro si è mai lontanamente avvicinato a un simile record. - Continua -

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Dicembre 2015, Anno 4 - N.12

News dal mondo ALEXANDER CALDER

Rouge triomphant, 1959-63

pag. 28

ALEXANDER CALDER

Flamingo, 1973

pag. 29

ALEXANDER CALDER

AraignĂŠe rouge, 1976

pag. 30

ALEXANDER CALDER

Lily of force, 1945

pag. 31

Il senso del divenire, 2015

pag. 32

Omaggio a ALEXANDER CALDER

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ALEXANDER CALDER, ROUGE TRIOMPHANT, 1959-63 “mobile” appeso, lamiera verniciata, asta e filo di ferro 279x584x457 cm, Christie’s Londra 2012: $ 9.680.150

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ALEXANDER CALDER, FLAMINGO, 1973 Federal Plaza Chicago, “stabile” in acciaio verniciato altezza mt. 19.30 e peso 50 tonnellate


ALEXANDER CALDER, ARAIGNテ右 ROUGE, 1976 esplanade de La Dテゥfense Parigi, in acciaio verniciato altezza mt. 15.00 e peso 75 tonnellate

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ALEXANDER CALDER, LILY OF FORCE, 1945, “mobile” permanente, lamiera verniciata, asta e filo di ferro 233x206x226 cm,Christie’s New York 2012: $ 18.562.500



PAOLO TOMIO, Omaggio a ALEXANDER CALDER “Il senso del divenire”, 2015 digital art su Dibond, 270x180 cm



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