PERIODICO della icsART N.11 - Novembre ANNO 2019
icsART
In copertina: CLAUS SORAPERRA, MATER TIROLENSIS IX, 2017, tecniche miste e acrilico su tela, (Dettaglio)
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icsART
sommario
Novembre 2019, Anno 8 - N.11
Editoriale
Don Aldo Corleone
pag. 4
Politica culturale
Arte Trentina
pag. 5
Intervista a un artista
Claus Soraperra de la Zoch
Mercato dell’arte?
Yves Klein
pag. 20-21
Arte megalitica
Nevada SR 375
pag. 22-23
Storia dell’arte
La Tuta di Thayaht
pag. 24-25
pag. 6-19
News dal mondo YVES KLEIN
Le Rose du bleu (RE 22), 1960
pag. 28
YVES KLEIN
Éponge Bleue Sans Titre, SE 168, 1959
pag. 29
YVES KLEIN
MG 9, 1962
pag. 30
YVES KLEIN
Archisponge (RE11), 1960
pag. 31
Ellipse bleue fracturée (IPT 1), 2019
pag. 32
Omaggio a YVES KLEIN
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EDITORIALE idee ma ben confuse comunicate con decine di twitter quotidiani o con discorsi banali infarciti di farneticazioni demenziali: è convinto che il cambiamento climatico sia una truffa, difende la tortura a Guantanamo, è contrario al controllo delle armi da fuoco, ha concesso di estrarre petrolio nel parco nazionale dell’Alaska. Che Trump abbia un ego ipertrofico e deviato è evidente dal ridicolo ciuffo con cui maschera la calvizie o dalla gamma di espressioni ottusamente machiste con cui si presenta al "suo pubblico". Sì perché The Donald, oltre che venditore e imbonitore, è un personaggio televisivo che per 14 anni ha condotto il suo reality show, "The Apprentice", recitando la parte del mago degli affari, del vincente, del patriota e, anche se tutta la sua storia dimostra esattamente il contrario, i suoi spettatori-elettori lo ammirano e lo votano proprio per i suoi modi da "Padrino" incivili, arroganti e da cafone. Ottimo comunicatore di idee elementari, mente spudoratamente negando l'evidenza e offendendo chiunque osi criticarlo: ha pubblicamente deriso dal palco, imitandone la postura, un giornalista disabile. Visceralmente razzista, vuole costruire lungo il confine con il Messico un muro lungo 3mila chilometri per fermare gli immigrati clandestini definiti assassini e stupratori. Misogino, molestatore, sbruffone, rissoso, se il Presidente americano attua in politica gli stessi comportamenti che usa nei propri affari, allora il mondo è a rischio continuo, come dimostra il ritiro delle truppe americane dalla Siria, il tradimento dei curdi alleati degli USA nella guerra contro l'ISIS e l'assenso implicito al loro eccidio da parte della Turchia. Ma questo è solo l'inizio visto tutto ciò che sta uscendo dall'inchiesta per il suo impeachment. Che Dio salvi l'America, ma anche noi tutti.
DON ALDO CORLEONE Esattamente tra un anno si terranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti e, nonostante la richiesta di impeachment in corso, rischiamo di ritrovarci nuovamente Donald Trump. Abbiamo visto arrivare a questa massima carica personaggi di ogni risma, incapaci, inetti, furfanti, ma è con lui che gli USA hanno toccato il fondo. Diventato ricco grazie all'eredità del babbo, ha costruito grattacieli, hotel, casinò e investito in programmi televisivi, concorsi di bellezza, squadre di rugby. Decide di entrare in politica candidando con i Riformisti, poi si iscrive al Partito Democratico, quindi diventa Indipendente e candida nel 2016 per i Repubblicani: un vero campione di serietà con un unico obbiettivo: arrivare al potere a qualsiasi costo. Infatti, conduce la sua campagna contro Obama insinuando che non sia nato negli Stati Uniti, ma africano. Il suo programma politico si riassume nello slogan "America first": prima di tutto gli americani (purché bianchi e abbienti). Per il resto, poche
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POLITICA CULTURALE ARTE TRENTINA Il giorno 18 ottobre è stato presentato al pubblico il primo numero di “Arte Trentina”, una nuova rivista dedicata all'arte in Trentino. Definita nel sottotitolo "La rivista dell’arte in Trentino", essa «si propone di colmare il vuoto editoriale esistente poiché si dedicherà esclusivamente agli artisti e all’arte regionale». Il direttore responsabile ed editore è Warin Dusatti, perito esperto d’arte e proprietario di ArtServizi, affiancato da un comitato scientifico composto dalla studiosa d’arte Roberta Bonazza, dal critico Fiorenzo Degasperi e da una redazione formata da Eleonora Dusatti e Valentina Serafini. La rivista, che nel primo numero conta 96 pagine a colori, avrà cadenza trimestrale ed è pubblicata dalle Edizioni d’Arte Dusatti di Rovereto al prezzo di copertina di € 9,90. In questo numero 1 l'indice è ricco di rubriche, articoli e proposte: inizia con le MOSTRE IN MOSTRA, mostre passate e presenti in Trentino, Fiorenzo Degasperi affronta nella rubrica DIATRIBE D’ARTE: "Il sistema arte in Trentino. Il ritorno del “feudo”. Segue lo SPECIALE di Warin Dusatti su "Umberto Moggioli, 1919-2019 Cento anni di vita dopo la morte". Si prosegue con IERI ED OGGI, Storia dell’arte trentina, profili di artisti viventi e non; quindi APPROFONDIMENTI, profili degli artisti e delle loro opere tra cui un dipinto ritrovato di LUIGI BONAZZA. Infine, l'informazione su LIBRI E CATALOGHI e l'AGENDINA TRENTINA con la recensione delle mostre e gli eventi in programma in regione. Sul sito www.artetrentina.it, si possono trovare informazioni molto utili sulle mostre in corso. E' intenzione della redazione trattare in seguito anche altre discipline artistiche, scultura, architettura, fotografia. Nel suo editoriale Dusatti spiega le motivazioni di questa pubblicazione
regionale: "...parlare a coloro che hanno vissuto e vivono nell’arte", ma anche "d’esser cibo per menti curiose e, soprattutto, per i giovani, unici e reali depositari del nostro destino”. Una iniziativa lodevole che si propone di svolgere un ruolo culturale ambizioso in un settore oggi particolarmente in crisi, caratterizzato dai numeri limitati di un bacino provinciale e dal disinteresse dell'ente pubblico, l'unico a disporre dei fondi necessari a un suo rilancio. Auguriamo, dunque, buon lavoro e buona fortuna a questi temerari che, in nome dell'arte trentina, intendono cimentarsi in un'avventura impegnativa ma assolutamente meritoria. 5
Intervista a CLAUS SORAPERRA DE LA ZOCH Claus Soraperra non è certo il tipo di artista che vive nella sua turris eburnea alla ricerca del facile consenso garantito da una pittura esteticamente piacevole ma sostanzialmente innocua. Al contrario, la sua arte brillante e talentuosa - poco politically correct - è graffiante e urticante perché messa al servizio delle cause in cui egli crede. Soraperra de la Zoch è ladino di Canazei, artista e intellettuale che si riconosce appieno nella sua comunità e, proprio per questa ragione, profondamente interessato ad esprimere il proprio punto di vista su come, a causa di una malintesa modernità, da anni sia in atto in valle una preoccupante trasformazione antropologica strisciante. Osservatore lucido e critico della realtà, usa la provocazione artistica e la critica sociale (che per lui sono la stessa cosa) per denunciare i modi subdoli in cui la cultura ladina sta progressivamente (e inesorabilmente) perdendo la propria identità. Figlio d'arte, ama sperimentare i media più vari e diversificati: pittura, fotografia, disegno, poesia, performance, installazione, scultura, digital art, purché coerenti con i contenuti e utili alla condivisione sociale del messaggio. In questo senso, le sue mostre diventano momento di confronto, dibattito e anche scontro pubblico, condizioni indispensabili per far crescere la consapevolezza collettiva in quanto, secondo la sua personale visione «L'artista è un politico nel senso più puro del termine». Claus, che ha introiettato i linguaggi contemporanei e padroneggia i meccanismi della società massmediatica, con il suo stile espressivo "pop" caratterizzato da un disegno magistrale e colori sgargianti, ricorre alle armi pungenti dell'ironia, della satira, della caricatura, della citazione, così che le sue immagini quasi iperrealistiche, provocanti e provocatorie, intrighino l'osservatore spingendolo ad approfondirne i significati. Tutta la sua prassi artistica si alterna tra Passato e presente, tra Storia e attualità, cercando costantemente le proprie ragioni di senso e di forma nella coscienza che "Noi non ereditiamo la terra dai nostri avi; la prendiamo in prestito dai nostri figli". Paolo Tomio A sinistra: LADINOENTROPIA 13, 2016 tecniche miste e acrilico su tela, 105 x 74 cm
In basso: WE ARE LATINS, 2014 tecniche miste su tela, 74 x 108 cm
Quando e perché hai cominciato a interessarti alla pittura? Tu intendi in maniera conscia?... direi che ho cominciato a rifletterci durante il periodo della formazione all'Accademia di Belle Arti a Venezia, accanto alle esperienze fatte sotto la guida di Fabrizio Plessi e Ernesto L. Francalanci... poi, in maniera inconscia, direi che l'arte era presente nella mia famiglia da sempre, come se l'arte fosse parte del mio DNA, della mia storia della mia inquietudine... insomma era la pittura che dal passato mi abbandonava verso il futuro. Sentivo però che non era una cosa diffusa, normale se vogliamo, la tendenza della mia co<Vera_Religion>, tecniche miste su stampa fotografica, 198,5 x 249,5 x 2 cm
munità era quella di definire gli artisti pazzi e stravaganti, persone da tollerare... divertenti, spesso innocue, quasi presenze folcloristiche. Vedi, il tutto allora in Fassa era già in movimento, intendo dire che il turismo cominciava ad essere incalzante, le tradizioni si stavano rigenerando come risposta immediata nel confronto con il forestiero. La sfida dell'intera società fassana era tra autoctonia e foresteria, e ciò fece nascere la voglia di identificazione, che poi negli anni seguenti si trasformò in recupero e a volte invenzione dell'identità.
Quanto ha influito il fatto che tuo padre fosse un importante artista di Canazei?
GUANT, 2014, tecniche miste e acrilico su tela 127 x 115 cm
..ma sai, per me era un padre, rispettato e richiesto assai come pittore. Il riconoscimento del suo ruolo di artista e dell'appartenenza ad una famiglia dedita all'arte all'interno della comunitĂ , credo che favorĂŹ in me quel desiderio di accogliere il mio talento come bagaglio culturale spendibile, oltre che sentirmelo comunque come qualcosa di invadente, come parte di me.
Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato? Sono una mente aperta, tutto intossica il me stesso, tutto pervade e tutto mi attraversa, Amo Lascaux come Hirst, Rosso Fiorentino, Anvidal-
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ste il contemporaneo che ormai è connesso con tutto. Qualsiasi evento, può essere motivo di contemporaneità, tutto quello che è presente è reale, etichettarlo come arte spesso è riduttivo, ci sono cose anche più interessanti e importanti oggi. Le migliaia di morti nel Mediterraneo, in Siria, l’incapacità di integrare le persone diverse, le intolleranze razziali, di genere, di religione… queste sono situazioni che la politica chiama problema, io le vedo come responsabilità individuali, oneri civili, opportunità per crescere. Mi interessa tutto quello che non riconosco appartenermi, tutto ciò che non conosco. L'immane presenza di comunicazione e ricerca oggi nel contemporaneo, ci rende orfani delle sicurezze apparenti, mettendoci con le spalle al muro. Solo la perseveranza di indagine e analisi può salvarci… anzitutto dalle fake news!!
farei, Aron Demetz, Gilbert and George, Blu, Koons, Kiky Smith, Lassing, Baseliz, Kiefer, Bacon, Abramovic, Mr Brainwash, Orticanoodless, Riz... ma parallelamente non posso dimenticare Mahler, Bartok o Rachmaninov, Parker, Mannarino o Capossela, Calcutta, Kubrick e i Lumiere, senza dimenticare Thomas Mann, Gilles Deleuze, Adriano Olivetti, Zygmunt Bauman, Bonito Oliva, C. G. Jung, Hal Foster, Erwin Panofsky, Danto, Galimberti, Odifreddi, ecc... ma queste sono solo tendenze e nostalgiche trasgressioni post giornata, l'influenza è qualcosa di pesante... si propaga come un virus, qualcosa di serio, qualcosa di estraneo... qualcosa di sconosciuto.
Segui l'arte contemporanea? Cosa ti interessa e c'è qualcosa che non ti piace? Per me non esiste un’arte contemporanea, esi-
Hai sperimentato anche linguaggi più astratti? Certo, in Accademia, quando l'astrattismo, il concettuale, l'espressionismo astratto, l'informale, sembravano la sola via di uscita da quel monito dadaista ormai rugoso “Die Kunst ist tot” che ci trasmetteva un senso di colpa ed ansia collettiva, di un fallimento umano e artistico, accompagnato dal clima di devastazione postbellicosa ed ideologica di un secolo disastroso, che ancora dopo decenni incombeva sulle nostre storie. Ciò necessitava di una espiazione culturale e artistica attraverso la sofferenza, tramite il ripudio del passato, con l'eutanasia assistita del figurativismo a favore di un arte pura e impura. ...! D’altra parte, ridurre l'astrattismo a sola tendenza o movimento artistico è riduttivo. Credo di usare anche il linguaggio astratto, infatti la mia ricerca vive in una zona di ombre, tra l'astrazione realistica dei miei quadri e il reLADINOENTROPIA 11, 2016, tecniche miste e acrilico su tela, 105 x 74 cm
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MATER TIROLENSIS, 2017, tecniche miste e acrilico su tela (Dettaglio)
alismo astratto della società. Credo che sia questo il fine ultimo della mia ricerca, creare icone, dare forma al visibile dell'invisibile...
ladina, ferendola, svuotandola di valori veri. La risposta al turbo turismo nelle Dolomiti è l'ospitalità, fatta di cultura di montagna, di cultura dell'accoglienza, di misura e di saggezza. Il ruolo dell'arte...?,.. nel presente fatica a trovare spazio, sono le istituzioni territoriali che sostengono alcune ricerche artistiche, mentre per i diversi comitati manifestazioni al servizio del turismo, la cultura è confusa lungamente con artigianato commerciale, feste popolari, rievocazioni storiche approssimative, invenzioni folcloriche e tradizionali, spesso degne di Disneyland. Qui la mia pittura vuole scavare, rappresentando quell'identità che oggi sembra più forma che contenuto.
Appartenere a un enclave etnico-linguistica implica per l'artista ladino delle responsabilità particolari? Il problema non è appartenere ad una etnia linguistica, anzi questa è una occasione in più, l’incertezza scaturisce quando una piccola comunità come quella ladina si trova a concorrere con fenomeni globali incontrollabili o quasi, come il turismo, che chiede e pretende. La trasformazione delle valli ladine in contenitori turistici ha fatto si che l'economia diventi l'unica risorsa per la sopravvivenza, imponendo agli imprenditori il ruolo di dispensatori di offerte e desideri... questo ha minato parte della comunità
Perché il concetto di "identità" è sempre centrale nella tua elaborazione teorica e artistica? 11
Il concetto di identità trova origine storiche nella convivenza con etnie e lingue diverse presenti da sempre nella regione tirolese. Se nel passato prevaleva l'appartenenza confessionale come substrato ideologico, dispensata da secoli di cattolicesimo clericale romano, oggi l'appartenenza è etnica e linguistica, voluta e sostenuta da quella politica che spesso divide e non unisce. In una situazione caotica e ogni giorno alle prese con fenomeni globali, in primis col turismo, il bisogno di definirsi, di dissociarsi, di identificarsi diviene normale, anzi necessario. Il tema delle identità da sempre mi affascina, poiché permette di conoscersi e determinarsi nel confronto. Già Zygmunt Bauman ci ha dato una definizione magistrale del concetto di identità oggi, o meglio delle “identità fluide”, per cui a livello artistico è importante parlarne attraverso l'iconografia o meglio attraverso l'iconologia, nel senso semantico di “icŏna”.
Non ami l'arte per l'arte, ma l'arte ti interessa per fare politica: puoi chiarire il tuo pensiero? Amare l'arte mi sembra cosa da salotto, l'arte per l'arte cosa da Masterchef, mi piace definirmi un ricercatore imprigionato nell'uso costante di un pensiero critico, che cerca in tutte le situazioni un punto di vista diverso. Certo l'arte è indefinibile e imperscrutabile, e solo attraverso un atteggiamento inclusivo, aperto e assorbente si può con-viverla e con-dividerla. Certo, per me l'arte è politica, poiché concorre a governare il mondo, è bene comune e conviene al dibattito sociale. L'artista è un politico nel senso più puro del termine, poiché oggi fare arte
In alto: COEUR SACRÉ III, 2017, tecniche miste e acrilico su tela, 102 x 81 cm In basso: EUROPA, 2014 , tecniche miste e acrilico su tela, 127 x 106 cm
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è prendere posizione all'interno della società capitalistica e all'interno della visione storicoideologica. L’arte nasce ovunque c’è un potere da sconfiggere e c’è qualcosa da dire, spetta agli artisti portare le argomentazioni al centro del dibattito. Oggi il fare arte, presuppone una scelta politica e sociale, che richiede all'artista un posizionamento all'interno di un sistema capitalistico. L’arte è Bene Comune e non ha un luogo
di appartenenza.
Come sono accolte in valle le tue provocazioni sulle "mutazioni culturali" indotte da uno sviluppo economico eccessivo? Mah!..., bisognerebbe chiederlo alla mia gente, HERMAPHRODITE, 2016, tecniche miste e acrilico su tela, 126 x 100 cm
GIAVA, 2016, tecniche miste e acrilico su tela 141 x 106 cm (Installazione temporanea presso il Museo Ladino di Sen Jan di Fassa 2015)
trapporsi alla “bellezza” universale di questo paesaggio, infinito e già completamente definito.
visto che sono comunque un artista locale, e non posso vantare un target più esteso. Credo di essere rispettato molto, le mie provocazioni trovano spazi collaterali e spesso trasversali. Credo che la presenza di un artista sia tollerata, o forse la mia provocazione non è ancora abbastanza tagliente...
Sei stato definito artista multimediale: quali sono le tecniche artistiche che utilizzi principalmente nella tua attività? Non sono le tecniche, le maniere, gli strumenti o i materiali che definiscono un concetto, ma il concetto stesso esige le soluzioni migliori per raggiungere il suo scopo. Prediligere la figura o la figurazione attraverso il disegno, la pittura o la fotografia è la costante più diffusa nella mia ricerca, ma spesso anche altre forma di indagine e realizzazione possono concorrere al risultato.
Che tipo di rapporto artistico e culturale hai con la Natura del tuo territorio? La Natura è potenza, è sublime e indomabile, non spetta a noi decidere il tipo di rapporto con essa, dobbiamo convivere alle sue regole e leggi. Vivere nelle Dolomiti, al cospetto di questa Natura unica e infinita è un privilegio, qui, la mia ricerca non ha mai avuto la forza di con-
Come definiresti il tuo stile? Quali sono, secon-
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do te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile? Cos'è lo stile? Definire qualcosa significa decidere uno spazio di azione, imprigionare un qualcosa entro determinati confini. L'arte è un costante movimento che per sua natura non può essere circoscritto. La vita, esige uno stile, i rapporti umani, ecc..
Quando inizi un nuovo dipinto hai già in mente un tema compiuto o ti lasci condurre dall'intuizione? Da anni ormai lavoro su cicli pittorici, prendendo in considerazione gli aspetti sociali e culturali. Generalmente quando un progetto arriva a termine con la chiusura delle esposizioni, sospendo la fase creativa e l’azione pittorica dandomi alle letture e alle riflessioni, osservando in primis la società. Spesso poi arriva l’intuizione, che però faticosamente la voglio tenere in stand by, lasciando decantare l’entusiasmo. Se poi l’idea continua a essere urgente reclamando uno spazio di elaborazione, inizio il lavoro. Tutto questo occupa circa uno o anni anni di lavoro.
KITSCH KOREA GLOBAL (Cheeseburger), 2019 stampa digitale e materiali misti, 98 x 78 x 7 cm KITSCH KOREA GLOBAL (Pepsi Cola), 2019 stampa digitale e materiali misti, 98 x 78 x 7 cm
Nelle tue opere sei più interessato a mandare un “messaggio” che a rappresentare concetti o emozioni? In pittura convivo con due emozioni, la gioia di indagine artistica che pervade la mia vita, e la sofferenza malinconica legata alla condizione umana. Non mi pongo obiettivi intermedi, non sono interessato a mandare un messaggio che sia emozionale o concettuale. Per me importante è segnare con le mie opere il tempo, la storia. Fare, lasciare donare ciò a qualcuno. Credo che sia più l’osservatore a cogliere i diversi aspetti e
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tistico trentino e quello altoatesino? Io gravito soprattutto attorno alle valli ladine del Sella ed è una figata! Qui c’è un clima artistico di avanguardia, qui lavorano e vivono artisti conosciuti ormai a livello globale, qui ci sono Gallerie d’arte che hanno visioni aperte sull’internazionalità… qui c’è riflessione, movimento, scambio. Le istituzioni sostengono noi artisti, sono professionalmente avanti. Il clima porta alla coesione e al rispetto reciproco… e si sente la necessità di essere artisti. Qui nascono esperienze formidabili che non hanno nulla da invidiare a Trento o Bolzano.
Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori? La bellezza non è, perché per sua natura è immutabile, è legata alla verità, non è un valore estetico, ma universale. La bellezza è trasformare lo sguardo dell’osservatore in meraviglia, in contemplazione. La bellezza è far risiedere nell’intimo delle persone il senso di realizzazione che porta ad un senso di fratellanza universale.
MATER TIROLENSIS III (cucù), 2017, tecniche miste e acrilico su tela, 91.8 x 64.7 cm
messaggi che non l’artista ad imporli. Chi è l’artista? Tu graviti principalmente sull'Alto Adige: pensi che la Provincia di Trento dovrebbe fare di più per gli artisti delle "periferie"?
È una persona abbandonata, assente, ma necessaria. L’artista solo non fa nulla! L’artista è il verso poetico che si realizza attraverso l’udito dell’altro accanto.
Non lo so, qui Trento non arriva… è lontana geograficamente e storicamente. Trento qui è sinonimo di istituzioni, governo, nient’altro… Cosa debba fare la Provincia? Non lo so, ripeto è troppo lontana…troppo... ma forse è un vantaggio per l'arte...
E, per finire, cosa è per te l’arte? E' il tutto e il niente. A destra: GHERLANDA SPIZA, 2014, tecniche miste e acrilico su tela, 127 x 106 cm
Trovi delle differenze sostanziali tra il mondo ar16
Neumarkt/Egna (BZ) 2017 Ladinoentropia Istituto Culturale Majogn di Fasegn, San Giovanni di Fassa (TN) 2017 Ladinoentropia Istituto Culturale Micurà de Rü, San Martino Badia (BZ) 2017 LIQUIDS Le identità fluide della Alpi. Laboratorio Alpino e delle Dolomiti UNESCO Trento/ Trient 2016 Ladinoentropia Istituto Culturale Micurà de Rü, San Martino Badia (BZ) 2015 IDENTITA' Museo Ladino di Fassa Vigo (TN) 2015 IDENTITA' Lia Mostra d'Ert, Circolo Artistico, Kreis fur Kunst und Kultur. Ortisei (BZ) 2013 Oxygen (H2O the return) Wellness Center Dolaondes Canazei (TN) 2013 Human Heads Restaurant L Chimpl Vigo di Fassa (TN) 2011 Self Evolition Ufofabrik Contemporary Gallery Moena (TN) 2009 Pascalin Project progetto artistico per il centenario della morte del fotografo Franz Dantone Pascalin Museo Ladin di Fassa - Vigo (TN) e Cinema Marmolada Canazei (TN) 2006 Amer Volesse La Baita - Moena (TN) 1996 Opere Palazzo della Regione - Trento
CLAUS SORAPERRA DE LA ZOCH È nato a Canazei nel 1966. Viene avviato all’arte dal padre Virgilio che lo introduce già da bambino nell’ambiente artistico familiare avvicinandolo alla pratica dell’intaglio del legno e poi della pittura murale. Frequenta l’Istituto d’Arte “G. Soraperra” a Pozza di Fassa, trasferendosi poi all’Accademia delle Belle Arti di Venezia sotto la guida di Fabrizio Plessi. Nel 2007 collabora con Althea Tauberger per Manifesta 7. Dal 2008 al 2013 ricopre il ruolo di Responsabile dell’Istituto d’Arte “G. Soraperra” a Pozza di Fassa Nel 2016/17 insegna alla Libera Università di Bolzano, Didatica y Metodologia dl’Ert, nella facoltà di Scienzes dla Formazion-Sezion ladina. Insegna Laboratorio della Figurazione nella sezione Arti Figurative nel Liceo Artistico “G. Soraperra” a Sen Jan di Fassa. Negli anni affronta numerose esperienze artistiche, dalla pittura alla performance, dalla poesia alla musica e al teatro. Da sempre si impegna per la divulgazione dell’arte. On Line https://claus-soraperra.webnode.it/ http://soraperraclaus.blogspot.com/ https://www.youtube.com/user/clausgries
Film e documentari 2016 Identità Claus Soraperra ICL Majon di Fascegn 2016 2014 Pascalin Project ICL Majon di Fascegn 2014 2011 L'ert te Fascia tl temp da anchecondì-Claus Soraperra Self Evolution. ICL Majon di Fascegn 2011 Esposizioni Collettive 2013 Colors Active Hotel Olympic-Galleria Boccanera Vigo di Fassa (con Willy Verginer) 2011 LADINIA Volkskunst Museum Innsbruck (A) (con Aron Demetz, Lois Anvidalfarei e Gabriele Grones) 2009 Sei artisti per tre Valli Centro d’Arte Contemporanea Cavalese (con Robert Bosisio) 1989 Esposizione degli allievi dell’Accademia delle Belle Arti Accademia - Venezia
Esposizioni Personali 2019 Trienala Ladina 2019 Museum Ladin Micurà de Rü, San Martino in Badia (BZ) 2017 Mater Tirolensis Kunstforum Unterland,
Pubblicazioni 2017 Mater Tirolensis Claus Soraperra de la Zoch Ed. Claus Soraperra-Canazei
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2016 Ladinoentropia Claus Soraperra ISBN 978-888171-121-5 Istituto Culturale Micurà de Rü, San Martino Badia (BZ) 2015 IDENTITA' Artbook Claus Soraperra ISBN 97888-940995-2-2 Lia Mostra d'Ert, ed.Circolo artistico, Kreis fur Kunst und Kultur. Ortisei 2009 Pascalin Project Claus Soraperra ISBN 978-8886053-58-7 ed. Istituto Culturale Ladino 1996 Poesies Claus Soraperra Union di Ladins - (TN) 1994 Olà Este Geografies spiritueles Union di Ladins Vigo di Fassa (TN) 1991 Francesco Ferdinando Rizzi Pittore Ladino in Mondo Ladino Tesi di diploma Accademia delle Belle Arti Venezia, ed.Istituto Culturale Ladino
ics
ART E' possibile sfogliare tutti i numeri delle annate 2012-2019 della rivista icsART sul sito icsART all'indirizzo:
www.icsart.it
Pubblicazioni collettive 2018 Lyrischer Wille - Folio Verlag Wien 2015 Poets from Ladinia Iain Craig and Jane Fortune Merion House editor 2013 Geschichte der ladinischen Literatur R. Bernardi e P. Videsot ed.Free University Bozen/Bolzano 2005 Amer Volesse Emilio Galante CD interattivo Istituto Culturale Ladino - Vigo (TN) 2002Eghes-Antologia della Letteratura Ladina a cura di Roland Verra ed. I Scurlins
icsART N.11 2019 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio
In basso: IDENTITÀ-GUERRA-PASSATO, 2017 tecniche miste e acrilico su tela, 127 x 103 cm
PERIODICO della icsART N.10 - Ottobre ANNO 2019
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MERCATO DELL’ARTE ? Una meteora: nel corso dei sette anni della sua carriera, durata dal '54 al '62, quando muore, un'attività creativa frenetica lo porta a realizzare più di mille opere e decine di performance. Fondamentale è l’incontro nel '55 con Pierre Restany, il critico che cura le prefazioni di tutte le sue mostre e nel 1960 pubblica il Primo Manifesto del Nouveau Réalisme (analogo europeo dei New Dada statunitensi) in cui teorizza l’utilizzo ai fini artistici di qualsiasi materiale preso dalla realtà fisica e dalla vita quotidiana. Una delle mostre più importanti ha luogo nel 1956 presso la Galleria Colette Allendy. in cui presenta monocromi sia arancioni, gialli, rossi, rosa che blu oltremare il quale diventerà la sua cifra distintiva al punto che egli arriverà a creare un proprio colore denominato "IKB", Internazionale Klein Blue. E sono proprio i suoi monocromi blu ad essere i più conosciuti, riconosciuti dal pubblico oltre che più venduti nelle aste internazionali (vedi in basso IKB 1) Influenzato dalla sua conoscenza di arti marziali e del mondo orientale, si dedica costantemente allo studio della filosofia Zen che lascia in lui tracce profonde, in particolare nel concetto di "vuoto" inteso non come assenza, con accezio-
YVES KLEIN (1928-1962), Le Rose du bleu (RE 22), 1960, pigmento in resina sintetica, spugne naturali e ciottoli su pannello, 199 x 153 x 16 cm, venduto da Christie's London nel 2012 a $ 36.753.200 (€ 33.447.700). (vedi a pag.28). "La rosa del blu" con cui Klein voleva rappresentare l’idea di un paesaggio lunare, è il suo dipinto più costoso venduto fino ad oggi. Nato a Nizza in un ambiente artistico, la madre figura di spicco dell'arte informale e il padre pittore figurativo post impressionista, Yves però non riceve alcuna formazione formale nell'arte. Finiti gli studi di lingue orientali, fino ai 26 anni pratica judo viaggiando per il mondo e diventando il primo europeo a salire al massimo grado di maestro. Solo alla fine del '54, anche se aveva dipinto quadri monocromatici già all'eta di 21 anni, inizia ad operare seriamente nel mondo dell'arte di Parigi mettendo in campo una creatività innovativa, la volontà di stupire e una grande capacità comunicativa fermate dalla morte per un infarto all'età di 34 anni.
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YVES KLEIN
ne negativa, ma come purezza ed elevazione spirituale. Un concetto centrale quando vende "spazio vuoto" per offrire un'esperienza di nuova sensibilità esistenziale che può essere pagata solo con il materiale più puro: l'oro. Con le sue "Anthropométrie" Yves Klein diviene uno dei pionieri della Performance art: egli utilizza delle modelle nude come "pennelli viventi", le copre di vernice e le trascina su tele stese per terra per lasciare immagini a contatto. Anche il monumentale FC 1 (Fire Color 1) (vedi in alto), eseguito un paio di settimane prima della morte, fa parte di un ciclo di performance ancora più provocatorie durante le quali l'artista tratta con il lanciafiamme un pannello dipinto con le impronte lasciate dai corpi nudi, colorati e bagnati delle sue modelle. Uno spettacolo pubblico carico di significati esoterici in cui arti
circensi, colore, fiamme, sesso, fumo, pericolo, concorrono a enfatizzare l'azione dell'artista. Le immagini risultanti dalle sagome blu sul fondo bruciato, stranamente rammentano le pitture rupestri preistoriche delle caverne di Lascaux. Tra le varie espressioni artistiche, Klein ha sperimentato anche la scultura: spugne intrise di pigmento blu IKB e sostenute da un filo di ferro piantato in un sasso, ritenute meritevoli di essere pagate 22milioni di dollari (vedi a pag. 31). Ha prodotto inoltre innumerevoli multipli utilizzando calchi in gesso di sculture storiche celebri e dipingendole poi con il suo Blu. Anche se può sembrare strano vedendo i suoi monocromi, Klein ha scritto che «L'immaginazione è il veicolo della sensibilità. Trasportati dall'immaginazione, raggiungiamo la vita, la vita stessa, che è arte assoluta».
IA lato: KB 1, 1960, pigmento secco e resina su tela e compensato, 144 x 114 cm, venduto da Sotheby's New York 2008 a $ 17.401.000 (€ 15.840.900)
In alto: FC 1 (Fire Color 1), 1962, pigmenti e resina su pannello, 141 x 300 x 3 cm, venduto da Christie's New York 2012 a $ 36.482.500 (€ 33.447.700)
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NEVADA SR 375 La State Route 375 (SR 375), ufficialmente denominata anche "Extraterrestrial Highway" in seguito a una campagna turistica che prometteva avvistamenti di UFO, è l'autostrada che attraversa per 160 km il centro-sud dello Stato del Nevada, un territorio desertico talmente povero di presenze umane che non si incontra una stazione di servizio lungo tutto il tragitto. Chi percorra questa strada poco trafficata si trova immerso in un paesaggio lunare che permette di capire perché negli anni '50 questa zona fosse usata per i test nucleari e vi si trovasse la base militare top-secret "Area 51", oggi dismessa, presente in tutte le teorie complottiste. All'inizio del 2000, lo scultore Joseph Brown, detto "Nevada Joe", aveva acquistato per una cifra irrisoria, pur non avendo ancora ben chiaro cosa farne, dodici blocchi di pietra lasciati ordinatamente allineati in mezzo al deserto da una ditta di trasporti fallita. Si è reso conto di
avere un problema quando ha appreso i costi per il carico e trasporto di questi giganteschi parallelepipedi lunghi fino a una decina di metri e del peso di centinaia di tonnellate ciascuno. Dopo molti tentativi di vendita e diversi ipotesi alternative, l'unica soluzione è stata quella di lasciarli nel deserto in attesa di un'ispirazione. L'intento di Brown era di lasciare la propria impronta artistica eterna nel nulla del deserto grazie alle dimensioni dei megaliti. E a questo punto, Nevada Joe ha cominciato a ragionare non più da artista tradizionale che "scolpisce" la materia, ma da artista concettuale che si trova con dodici "sculture" geometriche già pronte e si pone il problema di come relazionarle tra loro e con il luogo in cui sono collocate. Per rompere la piattezza e la monotonia del deserto, lo scultore voleva che i blocchi in pietra fossero distribuiti sul terreno in un modo del tutto casuale, come se "fossero piovuti dal cielo" e, per
ARTE MEGALITICA garantire la massima casualità nel risultato, ha utilizzato una torre composta da dodici blocchi in legno sovrapposti che riproducevano in scala gli originali. Dopo aver fatto crollare la torre le posizioni dei parallelepipedi a terra sono state rilevate con la massima esattezza affinché la composizione definitiva nel deserto rispecchiasse perfettamente l'effetto ottenuto. Brown spostava i blocchi al loro posto prestabilito quando disponeva di denaro cosicché l'insediamento è cambiato lentamente senza che gli abitanti del luogo se ne rendessero conto assumendo l'attuale configurazione dopo ben sei anni di lavori. I monoliti, inamovibili e indistruttibili, resisteranno ai cambiamenti climatici e alle calamità naturali, terremoti compresi, sfaldandosi poco a poco sotto l'effetto del vento e dell'azione abrasiva della sabbia. Resisteranno più dell'America anche in caso di conflitto atomico e rimarranno sempre lì in quella posizione
diventando essi stessi parte della Natura. Solo quando qualcuno dopo il sesto megalito spostato ha notato lo strano fenomeno segnalando le proprie impressioni, hanno avuto inizio le spiegazioni e le storie più assurde in cui ritorna sempre un intervento extraterrestre. I rari automobilisti che transitano davanti a questo luogo enigmatico, suggestionati dalle leggende sugli UFO e sull'area 51, lo percepiscono come un insediamento alieno e non possono fare a meno di fermarsi per visitarlo alla ricerca di qualche segno di civiltà sconosciute. A chi gli chieda cosa l'abbia spinto a intraprendere questo ciclopico lavoro che l'ha impegnato per sei anni mantenendo l'anonimato e senza trarne il minimo utile, l'artista risponde: "Mi sembrava una buona idea". E anche se tutto ciò non gli ha dato la fama che sperava, non è detto che Nevada Joe non riprenda in futuro questa sua esperienza artistica e di vita.
LA TUTA DI THAYAHT Nel 1919 (cento anni fa), in un’Italia Futurista che vuole rivoluzionare il passato, Ernesto Michaelles, in arte Thayaht (parola palindroma), inventa assieme al fratello Ruggero (detto Ram), la "TuTa", il capo d’abbigliamento dalla caratteristica forma a “T costituito da un pezzo ricavato da un unico ritaglio di stoffa. Quell'indumento da lavoro che in Toscana, ma anche in Trentino, è stranamente chiamato "toni". Nato a Firenze da una famiglia abbiente, colta e cosmopolita, madre angloamericana e padre tedesco naturalizzato svizzero, Ernesto Michaelles, è un dandy raffinato e un artista eccentrico e multiforme come ricorda l'amico Fosco
Maraini: «Disegnava, dipingeva in tre o quattro stili diversi... scolpiva se gli pareva in chiave tradizionale, altrimenti da futurista spinto.» Creativo eclettico, Ernesto praticava anche la fotografia, la gioielleria e, soprattutto, la moda. Nel 1918 parte per Parigi dove entra in contatto con la casa di moda di Madeleine Vionnet, in Rue de Rivoli, per la quale progetta il logo; rimarrà consulente e stilista dell'atelier fino al 1925. Il cartamodello della TuTa Thayaht a linee rette, completo di misure, colletto, tasche, dettagli e tutte le istruzioni necessarie per realizzare questo “abito universale”, era stato pubblicato sul quotidiano La Nazione per permettere a chiunque di poterla confezionare con le proprie mani usando solo una stoffa di cotone di m. 4.50 x 0.70. Il quotidiano definiva questo capo futurista: “Sopraveste di un solo pezzo con pantaloni e maniche, di robusto cotone o di fibre speciali, indossata da operai, sportivi o persone che svolgono particolari attività”. Su La Nazione erano pubblicati anche alcuni 24
STORIA DELL’ARTE consigli utili per confezionarla: il tipo di tessuto da utilizzare (tela di cotone Masawa) e le tonalità da privilegiare: kaki o blu. Ben diversa dai grigi abiti da lavoro, autentiche divise, disegnate dai costruttivisti sovietici, la TuTa blu diventerà l'accessorio più usato dagli operai di tutto il mondo e, se Thayaht avesse potuto godere delle royalties per la sua invenzione, sarebbe diventato miliardario. La tuta è ormai annoverata nella storia del costume contemporaneo, anche se oggi si chiama jumpsuit ed è un capo unisex. Arruolato nel gruppo futurista dallo stesso Tommaso Marinetti, fondatore del movimento, la ricchezza poliedrica dell’itinerario creativo di questo “artista globale”, si muove tra gusto Dèco e avanguardia futurista. Marinetti, che apprezzava i suoi lavori tra cui "Dux" del 1929 (vedi a destra), una effigie in ferro del Duce alta 41 cm, (una scultura che inizialmente era nata come una raffigurazione umana sintetica a cui era stato cambiato il titolo), lo presenta a Mus-
solini che riceverà in dono (non si sa quanto gradito) il "testone". Partecipa con le sue sculture alle mostre dei Futuristi tra cui tre Biennali Internazionale d'Arte di Venezia e la Quadriennale d'arte Nazionale di Roma. Ernesto Michaelles aderisce entusiasta al Fascismo "marinettiano" impegnandosi nel Partito Nazionale Fascista e venendo anche eletto deputato in Parlamento. Nel Futurismo è in consonanza con i principi di geometria, essenzialità funzionale e dinamismo teorizzati da Boccioni. Insieme al fratello Ram, elabora il Manifesto per la trasformazione dell'abito maschile in base a criteri di assoluta praticità, funzionalità, economia di costi e tempi. Oggi le sculture d'avanguardia del poliedrico Michaelles, tra cui "Testa di Marinetti" del '35 (vedi a sinistra), ignorate a lungo a causa del passato fascista dell'autore, sono tornate all'attenzione della critica dimostrando che la sua inventiva non si fermava alla moda e che il suo successo artistico era più che meritato. 25
Novembre 2019, Anno 8 - N.11
News dal mondo YVES KLEIN
Le Rose du bleu (RE 22), 1960
pag. 28
YVES KLEIN
Éponge Bleue Sans Titre, SE 168, 1959
pag. 29
YVES KLEIN
MG 9, 1962
pag. 30
YVES KLEIN
Archisponge (RE11), 1960
pag. 31
Ellipse bleue fracturée (IPT 1), 2018
pag. 32
Omaggio a YVES KLEIN
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YVES KLEIN, Le Rose du bleu (RE 22), 1960, pigmento sintetico spugne e ciottoli su pannello, 199 x 153 x 16 cm, venduto da Christie's London 2012 a $ 36.753.200 (â&#x201A;Ź 33.447.700)
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YVES KLEIN, Sculpture Éponge Bleue Sans Titre, SE 168, 1959 pigmento blu secco in resina su spugne, H 113 cm, venduto da Sotheby's New York 2013 a $ 22.005.000 (€ 20.018.500)
YVES KLEIN, MG 9, 1962, foglia oro su pannello, 146 x 114 cm venduto da Sotheby's New York 2008 a $.23.561.000 (â&#x201A;¬ 21.495.900)
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YVES KLEIN, Archisponge (RE11), 1960, spugne, ciottoli e pigmento blu secco in resina su pannello, 201 x 165 cm, venduto da Sotheby's New York 2008 a $ 21.362.500 (â&#x201A;Ź 19.447.300)
PAOLO TOMIO: Omaggio a YVES KLEIN Ellipse bleue fracturée (IPT 1), 2018, scultura in polistirene e resina sintetica IPT, 250 x 150 x 20 cm
ics
ART