icsART 2019 N.1 Davide Aaron Angeli

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PERIODICO della icsART N.1 - Gennaio ANNO 2019

icsART


In copertina: DAVID AARON ANGELI, UROBORO, 2015, smalto su alluminio, diam. 32,5 cm


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icsART

sommario

Gennaio 2019, Anno 8 - N.1

Editoriale

La tecnica del Profitto

pag. 4

Politiche culturali

L'"Amore" di Robert Indiana

pag. 5

Intervista ad un artista

David Aaron Angeli

Mercato dell’arte?

Jenny Saville

pag. 20-21

Anti Barnett Newman

La linea infinita

pag. 22-23

Storia dell’arte

Good bye "Girl with balloon"

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo JENNY SAVILLE

Propped, 1992

pag. 28

JENNY SAVILLE

Branded, 1992

pag. 29

JENNY SAVILLE

Rosetta 2, 2005-2006

pag. 30

JENNY SAVILLE

Shift, 1996

pag. 31

Sospensioni, 2015

pag. 32

Omaggio a JENNY SAVILLE

Copyright icsART Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE

LA TECNICA DEL PROFITTO La storia del viadotto Valpolcevera, oggi da tutti conosciuto come "ponte Morandi", si è conclusa il 14 agosto nel modo tragico che conosciamo. A partire dal quel giorno si è scatenata una campagna per addebitare al destino cinico e baro (pioggia, fulmine, carro ponte, jersey ecc.) le cause dell'ennesimo disastro italiano "imprevedibile". Il viadotto è un'opera mastodontica che desta un'impressione profonda e inquietante in chi vede spuntare i mega tralicci in mezzo a una città urbanisticamente degradata con migliaia di veicoli che viaggiano sopra i tetti degli edifici. Quello che era stato un capolavoro dell'ingegneria italiana del XX secolo e di un Paese proiettato verso il futuro, è diventato il simbolo di una nazione in cui, come ha dichiarato il procuratore di Genova: «Lo Stato ha abdicato alla funzione di controllo». Purtroppo, come sta risultando dalla ricca documentazione tecnica e dal dibattito che l'accompagna, ciò che è accaduto era tutt'altro che inimmaginabile viste

le problematiche che lo stesso progettista ingegnere Morandi, aveva ufficialmente segnalato già nel 1979, ben cosciente che una costante manutenzione è fondamentale per la resistenza statica degli elementi strutturali. Lo dimostra anche il fatto che già nel 1993, solo vent’anni dopo la costruzione, i tiranti originali di una delle pile, in calcestruzzo precompresso, materiale che si pensava fosse eterno, erano stati rivestiti con dei tiranti nuovi che di fatto coprivano quelli vecchi, mai tolti: era così assurdo pensare che i tiranti degli altri tralicci uguali potessero soffrire di analoghi problemi tecnici? Aspettando che la magistratura arrivi a stabilire le responsabilità di questa catastrofe, i cui effetti sul territorio sono paragonabili a quelli di un terremoto e la cui risoluzione richiederà tempi ben più lunghi di quelli di cui si parla, viene da chiedersi perché la gestione della cosa pubblica venga concessa a "scatola chiusa" a privati più interessati a ridurre le spese e aumentare i profitti che a garantire la sicurezza.


POLITICA CULTURALE L'"AMORE" DI ROBERT INDIANA Uno tra i "loghi artistici" più famosi, in particolare nella generazione degli anni '60, è quello creato dall'artista Robert Indiana, artista statunitense scomparso nel maggio dello scorso anno. Si tratta della parola "Love", icona inconfondibile della Pop Art - anche se Indiana ha dichiarato: «Ero il meno Pop di tutti gli artisti Pop», una scritta quadrata realizzata con dei font classici e spezzata in due righe sovrapposte composte da "LO" appoggiato su "VE", con una fusione di parola e immagine in una forma artistica da lui definita "verbale-visuale". L'ulteriore invenzione di Indiana è stata quella di inclinare la lettera "O" rendendo la composizio-

ne più ambigua e dinamica "obbligando" così l'osservatore a tentare di decodificarla come un gioco grafico. Questa idea semplice ma efficace è stata utilizzata in seguito dall'artista in opere analoghe e anche per realizzare sculture in cui la scritta sembra ottenuta per estrusione. "Love" era nato nel 1965 per una cartolina natalizia commissionata dal Museum of Modern Art di New York ma Indiana non aveva registrato i diritti d’autore e questo fatto ha contribuito a farla riprodurre e imitare in varie lingue e mezzi rendendola una delle opere d’arte pop più conosciute di sempre, al punto che il Servizio postale degli Stati Uniti l’ha immortalata nel 1973 in un francobollo celebrativo.

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Intervista a DAVID AARON ANGELI La prima caratteristica delle opere del trentaseienne David Aaron Angeli che colpisce l'osservatore, sono le loro dimensioni, piccole, piccolissime, da tenere in un palmo di mano, una via di mezzo tra una mini scultura, un soprammobile e un monile. La seconda, sono i soggetti particolari che appartengono al suo repertorio formale: personaggi mitologici, animali, idoli, forme antropomorfe, testine e maschere simboliche che ricordano i reperti archeologici provenienti da antiche civiltà. Infine, la terza particolarità, è data dal materiale che Angeli utilizza per costruire pazientemente le sue fragili figurine: la cera, naturale, translucida e color ambra oppure, nera e liscia come l’ebano. Sostanza base dell'oreficeria con cui si realizzano i modelli da cui ricavare gli stampi per le fusioni a cera persa, viene proposta dall'artista come materia dotata di autonomia espressiva per le sue qualità plastiche e cromatiche intrinseche. Le minuscole opere realizzate con questa tecnica si caricano di un'aura etnica di civiltà lontane che si accompagna, al contempo, a un senso di fragilità che spinge a trattarle con l'attenzione e la delicatezza riservata agli oggetti preziosi. Questi riferimenti complessi riflettono il bisogno di David di "fondare" le sue creazioni sui grandi miti che sono alla base della storia dell'Umanità e tuttora presenti nell'inconscio collettivo, iniziando un viaggio alla ricerca degli archetipi che ci mantengono legati al Passato. Oggi le sue forme, seppur ancora radicate nella cultura alta, non fanno più parte della nostra vita quotidiana poiché affondano i loro significati in simboli che per millenni hanno guidato e governato la visione del mondo ma ormai (apparentemente) sostituita dalla scienza e dalla tecnologia. La scelta di percorrere strade atipiche gli ha permesso di differenziarsi dagli ambiti conosciuti ritagliandosi un proprio linguaggio artistico molto personale e identificabile, sicuramente suscettibile di fecondi sviluppi. Paolo Tomio A sinistra: FIGURA MASCHILE A CAVALLO DI UNA TARTARUGA, 2017, cera, legno, ferro e cella reale h 17 cm - Collezione privata Bologna

In basso: EUROPA, 2017, Inchiostro su carta 17 x 33 cm - Courtesy Cellar Contemporary foto Susanna Cangini


Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte?

Sono cresciuto in una famiglia dedita al lavoro manuale, all’artigianato, al costruire, all’antico, ad un’idea di bellezza, all’educazione, all’osservazione della natura, alla curiosità. Dopo la scuola Media ho frequentato 2 anni di Ragioneria per poi ricominciare il percorso di studi all’Istituto Statale d’Arte “A. Vittoria” di Trento con indirizzo in Oreficeria.

Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato? Le influenze sono continue; mi interessa il lavoro dell’uomo antico, l’arte rupestre, Friedensreich Hundertwasser, Auguste Rodin, Marc Chagall, Francesco Clemente.

Dopo gli studi di oreficeria, che corso hai scelto all'Accademia? Ho scelto il corso in Decorazione all’Accademia di Brera a Milano avendo così maggiore possibilità di provare diverse tecniche e metodi espressivi. La varietà tecnica mi ha indirizzato verso il mio percorso attuale con un sistema di scarto e di allontanamento dalla Decorazione, che non ha niente a che fare con l’arte.

Tu realizzi prevalentemente opere grafiche su

TESTA 1, 2014, cera e colore ad olio, h 10 cm

UOMOANIMALE, 2014, cera, ferro e colore ad olio h 15 cm - Collezione privata Trento

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CONUS ELAPHUS, 2011, legno, ferro, acciaio, cera 240 x 124 x 80 cm credito fotografico di Ugo Munoz

carta, la pittura non ti ha mai interessato? In Accademia ho sperimentato la pittura che però ha lasciato presto il posto al disegno. Oggi non mi considero un pittore, ciò che cerco lo trovo con il disegno e con la scultura.

Hai già provato oppure, hai intenzione di farlo, a ingrandire qualche tuo lavoro? Ho realizzato Conus Elaphus una scultura di grandi dimensioni, un grande cono alla cui sommità si allargano due corna ramificate. Nell’ultimo periodo sto un po’ ingrandendo il formato che rimane però medio, articolato ma contenuto. Ci sono dei lavori che potrebbero benissimo

Qual è il confine tra scultura e oreficeria? La sfida è dell’oreficeria; essere scultura in miniatura. Se funziona può essere ingrandita all’ennesima potenza.

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diventare anche monumentali. Con il tempo penso arriverò anche a questi passaggi

nobili ed elementi preziosi. Credo che proprio i materiali protagonisti e sicuramente certe lavorazioni e realizzazioni talvolta avvicinino questa tecnica all’arte. L’oreficeria è decorazione; personalmente penso che l’arte non debba essere decorativa.

C'è una differenza tra arte orafa e artigianato? L’oreficeria è artigianato anche se lavora metalli

La cera è il materiale base per le fusioni: perché EUROPA, 2017, cera, legno, ferro e acciaio Corten h 23 cm - Collezione privata Lugano

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UOVO NERO 3, 2016, legno, ferro, cera e inchiostro di china, h 20 x 13 x 13 cm - Courtesy Studio d’Arte Raffaelli - Foto Susanna Cangini

tu ti fermi prima della fusione, la fase finale che porta all'oggetto finito?

che a un'unicità ineguagliabile. Proprio praticando la fusione è immediato il cambiamento del lavoro. Nella cera trovo degli aspetti estetici unici, oltre

Le piccole dimensioni delle tue opere condizio-

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nano il risultato finale? No, sono semplicemente così come si presentano.

Ma, lavorare su oggetti di piccole o piccolissime dimensioni, non impone una tecnica diversa da quella dello scultore? Ogni materiale prevede tecniche e strumentazioni specifiche per la lavorazione. Muovere la materia per creare nuove forme è un atto scultoreo; l’intento e il risultato finale definiscono il proprio essere.

E il fatto che il materiale rimanga fragile non crea dei problemi? L’estrema fragilità della cera è il suo punto di forza, penso sia questa predisposizione ad un’estrema cura che mi interessa. La materia, nonostante ciò si presta bene al suo mantenimento, è stabile nella forma (non si scioglie) e mutevole nella colorazione in base alla temperatura. Mi piace quando in ambiente freddo la cera assume una patina biancastra.

Le tue opere sembrano ispirarsi più all'arte classica che a quella moderna? Creo prendendo dal passato e dal presente, dalla vita più che da altre forme dell’arte.

In alto: SFERACERVO, 2011, legno e cera h 24 cm - Collezione privata Trento

In basso: CONTENITORE, 2016, cera, inchiostro h 10,5 cm

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EXOCOETUS VOLITANS, 2010 Ink su carta applicata a parete 6.00 x 10.00 m

Cosa significa "prendere dalla vita" per un artista che propone forme archetipiche? La storia e il passato sono dentro di noi, nella nostra vita come lo è il presente. Le esperienze di oggi spesso ci riportano indietro, a volte trovo dei rimandi, dei collegamenti tra l’oggi e l’ieri, cosi creo opere per il futuro.

Presento forme a volte dimenticate ma ancora dentro di noi.

Perché nelle tue sculture rappresenti serpenti, tori, maschere, totem, oggetti simbolici e formali che appartengono all'iconografia del passato?

Nella cera trovo possibilità tecniche senza uguali e per questo la considero la mia materia. Come già fatto, posso proporre altri materiali ma in giusto connubio con la cera.

La cera finora è il tuo materiale preferito, pensi di sperimentare altri medium?

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Cosa ti interessa rappresentare nelle tue opere: concetti, emozioni, memorie? Ogni opera è ricca di tutto ciò, mi interessa il risultato estetico finale. Ciò che vedo è, a tutto posso pensare e raccogliere davanti all’opera.

Oggi, chi e cosa ti piace nella scultura contemporanea? Mi piacciono le ricerche di Anish Kapoor, Mark Manders, Fabio Viale, Enzo Cucchi.

Pensi che un artista debba rimanere legato alla propria storia e al proprio territorio? Si, ma con continui scambi e aperture verso l’altro, lo sconosciuto.

Come ti sembra il panorama degli artisti trentini d’oggi? Abbastanza ricco e variegato, alcuni che frequento sono molto interessanti e presenti.

Cosa manca agli artisti trentini per poter essere più presente sul mercato esterno? Ci sono figure forti, altre troppo “trentini”. Personalmente nel tempo sono cresciuto e ricono-

In alto: UOVO BIANCO, 2016, Legno, cera e ferro h 24 x 12 x 12 cm

In basso: UOVO NERO 1, 2016, legno, ferro e cera h 25 cm - Courtesy Studio d’Arte Raffaelli Foto Susanna Cangini

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sciuto anche fuori.

Segui la “politica culturale” trentina? Pensi che si possa fare di più per il settore dell’arte moderna? Il panorama è abbastanza vario sia nel privato che nelle Istituzioni. Bisogna fare con costanza ma soprattutto con selezione e spirito critico, serietà e professionalità.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori? Ricerco sicuramente una mia idea di bellezza che si manifesta in varie forme. E’ una forte emozione intima, personale.

Cosa è per te l’arte? Ricerca di un’idea di bello, impegno, sacrificio, lavoro, testa, la vita stessa, scelta. Si può contribuire alla costruzione del tempio dell’arte o banchettare alla sua mensa.

E, per finire, chi è l’artista? Credo che ognuno e a maggior ragione “l’artista”, quando compie una scelta, un percorso di vita, debba avere la consapevolezza, l’umiltà e l’intelligenza per capire se sia nel giusto o meno. Oltre a questo sono gli altri che definiscono

DONNA CON SERPENTE, 2018 cera, ferro e legno h 40 cm (solo scultura) Courtesy Cellar Contemporary Trento

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e confermano. C’è e deve esserci un momento in cui è proprio il sistema dell’arte, le gallerie, i musei che danno spazio al lavoro. E’ una sfida continua ma credo in quanto detto, ognuno deve stare al proprio posto, nella vita e soprattutto nell’arte.

In alto: FLUIDI, 2016, h 10 cm at MAG Foto Michele Miorelli GERMINAZIONE, 2018, cera d'api, ferro e legno h 12 x 13 x 13 cm (scultura), supporto in legno nero h 15 x 10 x 10 cm - Courtesy Cellar Contemporary A destra: RIFLESSIONI 2, 2013, cera, ferro e legno h 15 cm - Collezione Privata Trento

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2016 “Arte Forte. La Babele di linguaggi e di simboli legati ai conflitti” a cura di Mariella Rossi, Forte Belvedere, Lavarone TN 2015 “Nature. Arte ed ecologia” a cura di Margherita De Pilati, Galleria Civica, Trento 2014 “VIII Biennale d’Arte Giovani”, MAM – Museo dell’Alto Mantovano, Gazoldo degli Ippoliti 2013 “In Risonanza”, Mart – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Rovereto TN 2012 “Lines on Limit”, Hofburg, Innsbruck AT 2008 “Il tempo della lepre” a cura di Lucia Parma, Cappella di San Valentino, Malè TN Dopo un’anticipazione della mostra, allestita qualche mese allo Studio d’Arte Raffaelli con un numero ristretto di opere dedicate al mito, ora David Aaron Angeli (Santiago del Cile, 1982) presenta un intero ciclo che interpreta il mito di Europa e la mitologia mediterranea. La storia di Europa, rapita da Zeus sotto le spoglie di un toro, è nota, mentre meno lampante è la ragione per la quale un artista contemporaneo la riprenda, e proprio in questa particolare forma. Le figure simboliche, perlopiù femminili e appartenenti al mondo animale – tartarughe, cervi, tori e soprattutto centauri – sono realizzate con la cera, con acqua di mare e sale marino; sono tutte di piccole dimensioni e condividono come riferimento temporale la ciclicità. Non sono assenti opere su carta, che riflettono le sculture come cammei simbolici. Lo sfondo storico di questa temporalità ciclica è simboleggiata dall’Uroboro, il serpente che in tutte le iconografie antiche si mangia la coda, in un’assenza di finalità. Nel movimento della civiltà mediterranea, e in questo caso simbolicamente di Europa, queste piccole opere hanno un aspetto antico ma anche modernissimo, soprattutto perché riflettono l’inquietudine che l’uomo odierno vive in questo mare d’Europa. Erranza e navigazione sono il retroterra e la metafora di questi reperti contemporanei ritrovati dall’artista. Claudio Cucco

DAVID AARON ANGELI Nato nel 1982 a Santiago (Cile), arriva da piccolo in Trentino. Studia Oreficeria all’Istituto d’Arte Vittoria di Trento, e nel 2006 consegue il diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Oltre all’attività espositiva presso musei e istituzioni, David Aaron Angeli collabora con il Mart - Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto come Artista mediatore nella progettazione e conduzione di laboratori creativi. Dal 2009 al 2014 ha curato una parte dell’Area Didattica del Parco Nazionale dello Stelvio – settore Trentino. La sua ricerca è espressa dal disegno su carta e dalla scultura. SOLO EXHIBITIONS 2018 "Il tempo di Gea", Palazzo Conti Martini Mezzocorona Trento - IT con Cellar Contemporary Trento 2017 “Europa”, Studio d'Arte Raffaelli & Cellar Contemporary, Trento 2016 “Fluidi. Der Blitz” a cura di Denis Isaia e Federico Mazzonelli, MAG – Museo Alto Garda, Riva del Garda - Trento 2011 “Conus Elaphus. Opera Civica; iconografie dell’immaginario”, Galleria Civica, Trento GROUP EXHIBITIONS 2018 "Serpenti Art Exhibition", New Curiosity Shop BVLGARI Roma

Foto David Aaron Angeli - Credito fotografico di Jacopo Salvi A destra: POSA CON GRANDE MASCHERA E SERPENTE 4, 2018, cera, ferro, legno e piume h 55 cm - Courtesy Cellar Contemporary Trento

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ART E' possibile sfogliare tutti i numeri degli anni 2012-2013-2014-2015-2016-2017-2018 della rivista icsART (ex FIDAart) dal sito icsART all'indirizzo:

www.icsart.it icsART N.1 2019 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio

PERIODICO della icsART N.2 - Febbraio ANNO 2018

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MERCATO DELL’ARTE ? della ragazza e le propone di finanziarla per 18 mesi lasciandola completamente libera di creare a suo piacimento, in cambio dei nuovi lavori che saranno inclusi nella mostra "Young British Artists III" del 1994 alla Saatchi Gallery e, qualche anno dopo, in una delle più importanti e provocatorie esposizioni del tempo, "1997 Sensation: Young British Artists from the Saatchi Gallery", alla Royal Academy of Art a Londra. Sebbene abbia partecipato alle mostre degli Young British Artists (Giovani Artisti Britannici) come Damien Hirst, Tracey Emin, Sarah Lucas, Chris Ofili, i quali lavoravano con i medium e gli stili più diversi nell’area dell’arte concettuale, la Saville mantiene inalterata la propria passione nei confronti della tecnica ad olio, del disegno e della pittura di figura tramite i quali riesce a proporre le forme e i contenuti che le stanno a cuore. Fin dall'inizio la giovane pittrice mostra un interesse che diventa una vera ossessione per il corpo femminile e massa della carne: «La carne è tutto. Brutto, bello, ripugnante, avvincente, ansioso, nevrotico, morto, vivo». Parafrasando Willem de Kooning, uno dei suoi artisti preferiti , lei spiega che «Se lavori con l'olio, come faccio io, la carne è solo la cosa più bella da dipingere». Nel linguaggio della giovanissima pittrice anticonformista sono anche riconoscibili le influenze di due mostri sacri come Francis Bacon e Lucian Freud, seppur reinterpretati in un'ottica femminile. Quando ottiene una borsa di studio di sei mesi all'Università di Cincinnati rimane affascinata dalle donne obese americane che incontra per strada e che definisce: «Una grande carne bianca in pantaloncini e magliette». L'artista integra i suoi studi di scultura classica e rinascimentale approfondendoli con ricerche specifiche sulla natura e le caratteristiche del corpo e della carne frequen-

JENNY SAVILLE (1970), “Propped”, 1992, olio su tela, 213 x 183 cm, venduto da Sotheby's London 2018 a 9.537.250 GBP (€ 12.069.270) (vedi a pag. 28). Quando il suo coraggioso ritratto deformato, "Propped" (Appoggiata) - eseguito con il proprio volto quando l’autrice aveva 22 anni - è stato battuto da Sotheby's per nove milioni e mezzo, la pittrice scozzese Jenny Saville, è diventata all'improvviso l'artista femminile vivente più costosa al mondo. La carriera precocissima della Saville inizia sin dal suo ultimo anno alla Glasgow School of Art quando vende la maggior parte dei lavori di fine anno e uno di questi, pubblicato sulla copertina del Times Saturday Review, richiama l’attenzione del magnate della pubblicità Charles Saatchi. Il collezionista-gallerista acquista tutti i lavori

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JENNY SAVILLE tando un obitorio e seguendo da vicino il lavoro di un chirurgo plastico. Sulle sue tele gigantesche i corpi delle modelle diventano monumenti non solo per le proporzioni dei volumi che danno vita a una pittura scultorea ma anche per il trattamento delle masse colorate simili a veri e propri “paesaggi di carne”. La Saville è oggi riconosciuta per i suoi ritratti di donne nude dalle dimensioni del seno e del ventre esasperate e raffigurate con prospettive esageratamente distorte. L'attento trattamento del colore e la pennellata ricca e pastosa, evidenziando tutte le pieghe e le imperfezioni della carne e della pelle, sottolineano la solidità e il potere della forma femminile. Nel prosieguo della sua carriera l'interesse per la rappresentazione della carne e dei corpi si espande con continui riferimenti alla storia dell'arte e ai miti per includere nuovi modelli: torsi di animali antropomorfi, transessuali, mutazioni a seguito di operazioni plastiche o della maternità. I suoi lavori, sempre eminentemente autobiografici, in cui lei è sia la modella che la ritrattista, che corrispondono al desiderio di

Glen Luchford e Jenny Saville, Closed Contract # 10 1995, stampa a colori, 244×183×15 cm, venduto da Phillips London 2010 a GBP 67.250 (€ 81.000)

Cindy, 1993, olio su tela, 56 x 46 cm venduto da Sotheby's London 2017 a GBP 608.750 (€ 692.210)

rifiutare il ruolo dell'artista attivo che osserva e analizza il nudo passivo, parlano tramite il corpo “reale” dei problemi suoi e di tutte le donne. Anche il concetto di bellezza, fortemente contestato nella sua giovinezza in nome di un’"antibellezza" fondata sul rifiuto femminista degli stereotipi culturali maschili, comincia ad apparire nei suoi dipinti solo dopo il matrimonio e la nascita dei due figli. Il merito di Jenny Saville è di essere riuscita a trovare un modo per reinventare la tradizione della pittura figurativa e di riportarla a una posizione di rilievo all’interno dell'arte contemporanea. 21


ANTI BARNETT NEWMAN

Qualcuno ha detto che l'arte è un'ossessione, nel caso del pittore cecoslovacco Miloslav Kupka, la sua ossessione per la linea è diventata arte. In fondo, tutti i disegni iniziano con una linea tracciata su un foglio di carta: la linea è la prima forma di un'idea che si sta concretizzando nella mente ancora prima che sul supporto che la contiene. E' proprio il passaggio dalla 'figura mentale' che l'immaginazione sta elaborando alla mano a rappresentare il lavoro dell'artista perché, prima di vedere ciò che sta per apparire sulla carta, l'idea si può solo raccontare e descrivere con le parole, ma la trasmissione di concetti verbali astratti è cosa ben diversa dalla rappresentazione grafica degli stessi. Se il 'punto' è l'entità base del disegno e l'origine della traccia, la 'linea' - che è infinita per definizione - ne rappresenta il pieno sviluppo, l'inizio del-

la libertà creativa e struttura fondamentale di tutte le forme di espressione grafica e pittorica. Dopo essersi diplomato nel 1958 all'Accademia di Belle Arti di Praga, l'idea di "linea infinita" ha talmente affascinato Miloslav Kupka (lontano parente del celeberrimo Frantisek), da diventare la sua ossessione personale oltre che l'unico soggetto ripetuto - quasi uguale - in centinaia di tele che ha dipinto nel totale disinteresse, se non disprezzo, della critica del suo Paese. Riscoperto e rivalutato solo pochi anni fa, è stato definito "l'anti Barnett Newman", l’espressionista astratto statunitense particolarmente conosciuto per l'invenzione delle "zip" (cerniere), sottili righe che attraversavano verticalmente le sue tele monocromatiche, poiché anche Miloslav aveva creato la "sua linea” personale. La quale, per il fatto di tagliare orizzontalmente in

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LA LINEA INFINITA

mezzeria i dipinti consentendo di collegare ogni linea alle altre per raggiungere una dimensione (potenzialmente) "infinita", possedeva una valenza visionaria estremamente radicale. Kupka ha declinato le sue tele in tutte le gamme cromatiche mantenendo sempre il medesimo formato rettangolare così da poterle accostare per ottenere un polittico di una lunghezza tendenzialmente infinita, condizionata fisicamente solo dallo spazio a disposizione. Il fondo su cui paiono muoversi e vibrare le sue linee infinite è monocromatico ma non a campiture piatte, ma steso con una tecnica chiaroscurale che rimanda alla profondità (infinita) di elementi naturali come il cielo e l'acqua. La caratteristica comune al fondo di tutti i monocromi di Kupka è sempre data dalla stesura del colore a sfumature concentriche le quali, iniziando al centro con una

tonalità più chiara si dilatano progressivamente con un effetto di sfumature vorticose che si scuriscono sui bordi esterni creando l'effetto ottico di un movimento centrifugo-centripeto ininterrotto con il risultato di far vibrare la linea centrale dipinta con delle modestissime variazioni relative allo spessore e in colori che contrastino con il fondo. Inoltre, la grande cura prestata dall’artista all'esecuzione tecnica delle sue pitture garantiva sempre un risultato di qualità di ciascuna opera, sia presa singolarmente che inserita all'interno della serie "infinita". Oggi, il linguaggio minimalista adottato quasi 60 anni fa da Kupka, risulta rivoluzionario poiché fondato sulla ricerca di un equilibrio armonico tra la rigida struttura dell'astratto geometrico e le atmosfere curvilinee e morbide promosse da un'astrazione più lirica.

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GOOD BYE "GIRL WITH BALLOON"

GOOD BYE "GIRL WITH BALLOON" Il 5 ottobre dell'anno scorso, un raro dipinto unico dello street artist Banksy del 2006, "Girl with Balloon", completo di massiccia cornice antica dorata, è stata l'ultima opera messa in vendita da Sotheby's a Londra. Appena aggiudicata l'offerta al prezzo record per l'artista di £ 1.042.000 (1.192.000 euro), la tela ha cominciato a scendere lentamente da dietro la cornice tagliata in tante striscioline di fronte a un pubblico stupefatto che riprendeva la scena ridendo. A destra: le fasi di costruzione del telaio scatolato contenente un distruggi documenti capace di trascinare e tagliare la tela, azionabile a distanza

Qualcosa però non ha funzionato e solo la metà inferiore è uscita triturata dal distruggi documenti che l'artista aveva nascosto all'interno del telaio del quadro. Il video dell'autodistruzione è diventato immediatamente virale sulla rete e su tutti i mass-media e da quel giorno Banksy è diventato uno degli artisti più "visti" al mondo. Banksy ha pubblicato sui social un'immagine del momento della triturazione accompagnata dalla frase "Going, going gone" (Andando, andando andato) documentando cosa fosse stato installato nel telaio in un video con la didascalia "Alcuni anni fa, ho segretamente costruito un distruggi documenti in un dipinto". Dopo il fatto, Sotheby's ha colto la palla al balzo dichiarando prontamente che «il pezzo è diventato la prima opera d'arte della storia ad essere stata creata dal vivo durante un'asta» e il suo specialista di arte contemporanea ha scritto in un post: «Banksy non ha distrutto un'opera d'arte durante la nostra vendita serale la scorsa settimana; ne ha creato uno». Al "nuovo" lavoro parzialmente tagliuzzato è stato attribuito un titolo, "Love is in the bin" (L'amore è nel contenitore, o anche "nel bidone") che è stato altrettanto velocemente autenticato dalla società di Banksy. La signora che si era aggiudicata la "Bambina con palloncino", dopo aver capito di poter acquisire un'opera d'arte unica al mondo, un mix tra pittura-scultura-installazione-performance, ha immediatamente sborsato il milione di sterline richiesto.


STORIA DELL’ARTE Banksy, artista anonimo di fama mondiale e grande esperto dei meccanismi della comunicazione, si è guadagnato un posto nella Storia, ma realmente non aveva capito cosa sarebbe successo distruggendo un'opera d'arte nel corso di un'asta pubblica? Ma veramente non sapeva che la tela - anche se fosse stata distrutta completamente - non sarebbe scomparsa ma avrebbe raggiunto un valore simbolico ed economico unico diventando un'icona dell'anti arte, e perciò stesso, un pezzo ambitissimo? L'idea di Banksy, però, è tutt'altro che inedita dato che "Auto-Destructive Art" (ADA) è il termine inventato dall'artista radicale tedesco Gustav Metzger nei primi anni '60, in pieno clima di guerra fredda, per descrivere opere d'arte fatte da lui stesso, in cui la loro 'autodistruzione' faceva parte del processo di creazione dell'opera stessa. Le sue opere si distruggevano tramite interventi con l'acido, ma Metzger aveva intuito le potenzialità insite in una tale forma di creatività: «L'arte autodistruttiva non è mai stata semplicemente distruttiva. Distruggi una tela e crei forme». Con Banksy abbiamo assistito a una nuova forma di comunicazione e di arte che hanno introdotto il concetto di "alea" sia nel mercato delle opere che nella loro creazione. D'ora in poi molte opere di 'anti-art' saranno guardate con sospetto: il quadro o la scultura appena acquistati, infatti, potrebbero subire mutazioni a causa di "virus" occultati al loro interno dall'autore, sia per ragioni puramente artistiche che bassamente commerciali.



Gennaio 2019, Anno 8 - N.1

News dal mondo JENNY SAVILLE

Propped, 1992

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JENNY SAVILLE

Branded,1992

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JENNY SAVILLE

Rosetta 2, 2005-2006

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JENNY SAVILLE

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Sospensioni, 2015

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Omaggio a JENNY SAVILLE

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JENNY SAVILLE, Propped, 1992, olio su tela, 213 × 183 cm venduto da Sotheby's London 2018 a GBP 9.537.250 (€ 12.069.270)

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JENNY SAVILLE, Branded, 1992, olio e tecnica mista su tela, 209 x 179 cm, venduto da Sotheby's 2011 London a GBP 1.497.250 (€ 1.709.220)


JENNY SAVILLE, Rosetta 2, 2005-2006, olio su carta montata su pannello, 249 x 185 cm, venduto da Christie's 2008 London a GBP 634.850 (€ 849.500)

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JENNY SAVILLE, Shift, 1996-97, olio su tela, 330 x 330 cm venduto da Sotheby's London 2016 a 6.813.000 GBP (€ 8.238.300)



PAOLO TOMIO: Omaggio a JENNY SAVILLE SOSPENSIONI, 2015 Fine art su tela, 150 x 104cm


ics

ART


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