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05.3] Gravitare intorno ai santi
l’antichità, la riflessione dell’Alberti che parla - rifacendosi a svariate fonti - di come gli “Antichi” costruissero, per gli ammalati ed i maldisposti, luoghi al di fuori della città murata che sembrano anticipare alla lettera le successive descrizioni settecentesche dei luoghi dei cimiteri, in particolar maniera post-Editto di Saint-Cloud28 .
Gli Antichi costruivano i templi dedicati a Esculapio, Apollo e Salute (divinità alle cui arti essi attribuivano la più piccola causa nel recuperare e nel preservare la salute) in luoghi assolutamente sani, con abbondanza di aria pura e acque limpidissime, in modo che i malati lì trasportati guarissero più prontamente non solo con l’aiuto degli dei, ma anche grazie al benefico clima dei luoghi. Per prima cosa sceglieremo [per l’Alberti gli Antichi sono ad exemplum] di collocare i ricoveri pubblici o privati nei luoghi più salubri che ci siano. I più adatti sono, forse, quelli asciutti, rocciosi, battuti spesso dal vento e non scottati dal sole, ma rischiarati da un clima mite; si scartino invece quelli umidi, dal momento che generano putredine.29
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Quella che sarà la futura “città dei morti” era già da tempo abitata30 .
05.3 Gravitare intorno ai santi
- SOLE. All'interno della teogonia esprime il momento di massima attività eroica nella trasmissione e successione di poteri che avviene attraverso le generazioni delle divinità. [...] Il culto degli antenati si lega a quello solare, per assicurare loro una protezione e un simbolo di salvezza 31 -
Nel corso dei secoli successivi, gli usi e costumi “degli Antichi” si trasfor-
28 Si veda Capitolo 05.9 Formalizzazione di una svolta. 29 Tratto da Alberti L.B., op. cit., p. 176. Si veda la netta somiglianza con la descrizione proposta dal Milizia circa tre secoli dopo, al Capitolo 05.8 Il Cinico “oltre i Lumi”. 30 Da notare la grande differenza tra Quattrocento e, successivamente, Settecento: i luoghi “dei contagiati” di cui parla l’Alberti - ed è chiaro anche in quanto compaiono nell’omonimo Libro V dei dieci - sono opere private (in quanto erano casi tipicamente associati ed affidati al clero); i cimiteri, soprattutto dall’Editto del 1804 in poi, saranno invece opere pubbliche. In realtà una mezza smentita - a confermare la natura ancora “ibrida” dei sepolcri tra Quattro- e Cinquecento - arriva poco dopo: “I sepolcri sono vicini all’essere considerati opere pubbliche, poiché riguardano la religione” (tratto da Alberti L.B., op. cit., pp. 302-303). 31 Tratto da Cirlot J.E., op. cit., pp. 421, 422.
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mano, e le sepolture che inizialmente erano poste extra moenia cominciano ad avvicinarsi alla città.
Questo fatto è dovuto, nell'interessante lettura di Ariès, ad una pratica di origine cristiana non-continentale, nella fattispecie un'usanza nord-africana, ovvero quella di seppellire ad sanctos (“vicino ai santi”), che si diffonde a partire dalla metà del VI secolo e diventa regola per tutto l'arco del Medioevo europeo.
Questo è cominciato non tanto col cristianesimo, bensì con il culto dei martiri, di origine africana. I martiri erano sepolti nelle necropoli extra-urbane, comuni ai cristiani e ai pagani. I luoghi venerati dei martiri attirarono a loro volta le sepolture. [...] Gli scavi delle città romane d'Africa o di Spagna ci mostrano uno spettacolo straordinario, che altrove è cancellato dalle costruzioni posteriori: sarcofagi di pietra ammonticchiati l'uno sopra l'altro, che circondano in particolare le mura dell'abside, le più vicine alla confessione. Quest'affollamento testimonia la forza del desiderio di essere sepolti vicino ai santi, ad sanctos. 32
Tale pratica trova formale attuazione in un evento del 540 d.C., data che potrebbe considerarsi di rottura rispetto alle “vicende del seppellire” precedenti. Se, fino a questo momento, solo nei sobborghi cittadini si usava seppellire vicino ai luoghi della vita - o morte - dei martiri33, ecco che dalle vicende di san Vaast (anche chiamato Gastone di Arras, o Vedasto, 453-540 d.C.) in poi sarà sempre più diffusa tale “maniera del seppellire” lungo tutto l'arco del “cattolicissimo” Medioevo del Vecchio Continente, lungo all'incirca un millennio.
Venne un momento in cui la distinzione tra i sobborghi dove si seppelliva ad sanctos, perché erano extra urbem, e la città sempre vietata alle sepolture, scomparve. Sappiamo come questo si è verificato ad Amiens nel VI secolo: il vescovo san Vaast, morto nel 540, aveva eletto la sua sepoltura fuori della città. Ma, quando i portatori cercarono di spostarlo, non riuscirono a smuovere il corpo divenuto d'un tratto troppo pesante. Allora l'arciprete pregò il santo di ordinare «che tu sia portato nel luogo che noi [cioè il clero della cattedrale] abbiamo preparato per te». E interpretava bene la volontà del santo; difatti il corpo divenne leggero. Perché il clero potesse così aggirare il divieto tradizionale e prevedesse di conservare nella cattedrale le sacre tombe, e le sepolture che queste avrebbero atturato, bisognava che l'antica repulsione fosse molto affievolita. La separazione tra l'abbazia cimiteriale e la chiesa cattedrale era dunque cancellata. I morti già mescolati agli abitanti dei quartieri popolari dei sobborghi, che erano sorti intorno alle abbazie,
32 Tratto da Ariès P., op. cit., p. 27. 33 Riguardo alla facilità del religioso di trovare “luoghi sacri”, si veda il Capitolo 07.1 Sacro religioso e sacro laico.
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penetravano così nel centro storico delle città. Ormai non c'era più differenza tra la chiesa e il cimitero.34
Il cimitero sfonda così le mura urbane, ed entra a far parte della città - il Cavallo di Troia, stavolta, è un santo vescovo francese.
Ecco che la chiesa - da intendersi non solo come lo spazio architettonico introverso e delle mura del tempio cristiano, ma anche tutto lo spazio intorno a questo, il suo areale cittadino -, che all'interno ospita sempre più spesso le reliquie dei santi martiri, diventa il centro gravitazionale delle sepolture. Quest'ultime si distinguono in differenti tipi, a seconda della loro posizione rispetto, per l'appunto, all'architettura del tempio: si hanno così sepolcri e lapidi dentro la chiesa (intra ecclesiam), di fianco le mura o tutt'intorno (in porticu) o sotto le grondaie (sub stillicidio). Usi nuovi - e diversificati - che plasmano la forma, sia mentale e verbale che fisica, del cimitero per come lo conosciamo anche tutt'oggi - quindi quello affermatosi a partire dal Settecento, che in realtà affonda le sue radici in questi secoli. Ad esempio, il gesto architettonico a richiamare le medievali sepolture nelle nicchie lungo le fronti esterne delle chiese sarà ripreso in molti progetti dei più noti cimiteri monumentali, cosiddetti, tardo-settecenteschi ed ottocenteschi. Un esempio è il progetto di Andrea Vici (1743-1817) per il nuovo grande cimitero comunale di Roma:
[...] il recinto che racchiude i campi delle sepolture, situato a una quota inferiore rispetto all’esedra d’ingresso, è invece caratterizzato da una teoria di pilastri tra i quali vengono disposte le tombe più importanti, non a caso rappresentate come catafalchi incassati, memoria dell’usanza medievale di porre le sepolture in sarcofagi collocati in profonde nicchie scavate lungo le pareti esterne della chiesa, a simboleggiare, ispirandosi ai temi dell’arco onorario, il trionfo dell’uomo sulla morte.35
Ma torniamo ora ai secoli di competenza in sommarie righe. Per quanto riguarda le modificazioni dal punto di vista lessicale, racconta Ariès che:
Il termine «cimitero» finì per indicare più particolarmente la parte esterna della chiesa, l'atrium (in francese aître). Aître, perciò, è una delle due parole utilizzate dalla lingua corrente per designare il «cimitero», termine che appartiene piuttosto, fino al XV secolo, al latino dei chierici. [...] Aître è scomparso dal francese moderno. Ma il suo equivalente germanico è rimasto in inglese, in tedesco, in
34 Tratto da Ariès P., op. cit., pp. 27-28. 35 Tratto da Bertolaccini L., I cimiteri a Roma nel periodo napoleonico, in Giuffrè M., Mangone F., Pace S. e Selvafolta O. (a cura di), op. cit., p. 111.
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olandese: churchyard. C'era un'altra parola, impiegata in francese come sinonimo di aître: charnier (ossario). Lo si trova già nella Chanson de Roland [...]. È interessante osservare che, nella mentalità degli antichi, l'edificio funerario - tumulus, sepulcrum, monumentum, o più semplicemente loculus - contava più dello spazio che occupava, meno ricco dal punto di vista semantico. Nella mentalità medievale, invece, lo spazio chiuso che comprende le sepolture conta più della tomba.36
Dal punto di vista, invece, delle forme architettoniche e degli spazi connessi all'ambito cimiteriale - o, a questo punto, dell'atrio della chiesa -, ecco che si tende verso gli spazi rettangoli e porticati che contraddistingueranno anche la tradizione moderna e contemporanea dei cimiteri, forse ancor più che la medievale stessa, dove la questione ha avuto origine.
In origine charnier era sinonimo di aître. Alla fine del Medioevo, venne a designare solo una parte del cimitero, cioè i porticati che correvano lungo il cortile della chiesa e che erano sormontati da ossari. Nel cimitero degli Innocenti, nella Parigi del XV secolo, «c'è un grande cimitero molto vasto racchiuso da case chiamate charniers, dove sono ammucchiati i morti». Si può allora immaginare il cimitero così com'era nel Medioevo e ancora nel XVI e XVII secolo, fino all'Illuminismo. È sempre nel cortile rettangolare della chiesa, il cui muro occupa di solito uno dei quattro lati. Gli altri tre sono spesso guarniti di arcate o charniers. Al di sopra di queste gallerie, si trovano gli ossari, dove crani e membra sono disposti con arte [...].37
Ancora una volta, esibizione di ossa, dagli scopi - anche - di natura pratica: a riempire i charniers, infatti, era ciò che di “bianco e minerale” rimaneva nelle fosse comuni del cimitero, le fosse della gente comune e dei poveri, che vi erano gettati semplicemente avvolti in un sudario, senza nessuna bara. Quando la fossa era piena la si svuotava, si portavano le ossa negli ossari, recuperando lo spazio sotterraneo per le inumazioni a venire. Per quanto riguarda i più ricchi, essi erano seppelliti intra ecclesiam, al di sotto delle lastre della pavimentazione - pur sempre ad sanctos.
“Il corpo era affidato alla Chiesa. Non importava che cosa ne facesse la Chiesa, a patto che lo conservasse nel suo sacro recinto”38 .
Di fatto, quindi, fino all'incirca al XVII secolo, non importava molto riguardo l'esatta e specifica destinazione delle ossa - ovvero di tutto ciò che rimane del corpo dopo la sua prima decomposizione -: la cosa fondamen-
36 Tratto da Ariès P., op. cit., pp. 29, 30. 37 Tratto da Ariès P., op. cit., p. 30. 38 Tratto da Ariès P., op. cit., p. 31.
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