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07.1] Sacro religioso e sacro laico

Prospettive. Sacro laico futuro 07

Più di una volta sinora durante il testo si è utilizzato il termine sacro - ed i suoi correlati - come indispensabile accompagnamento per parlare della “morte e i suoi luoghi” nel corso della storia. Ora, il capitolo a seguire non ha un vero e proprio fine - se non quello, esplicitato in introduzione al lavoro, di far comparire connessioni e nuovi significati tra le righe -, perché non ha una terminazione: invece, apre prospettive. L'unico punto fermo è quello del guardare al futuro, del tentare di scorgere alcuni bagliori, improvvise manifestazioni di un luogo-a-venire che ancora non c'è - in parte o del tutto.

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Un cimitero-a-venire che, forse, possiamo già immaginare.

Quindi, dopo aver ripreso e meglio definito la questione della differenziazione tra sacro religioso e sacro laico, si tenterà di cercare luoghi futuri in parole già pronunciate. Nella fattispecie, i grandi temi "utili" al luogo urbano del cimitero saranno quelli della contemplazione e del silenzio (in una sua particolare declinazione); da ciò, in ultima analisi, si è tentata una sintesi ordinata delle parti in causa - ai fini della mera chiarezza testuale -, ordinando, come in un'ipotetica lista, i punti salienti del discorso intorno a questo luogo del cimitero-a-venire che, con tutta probabilità, si trasformerà, su tempi dilatati, in un qualcosa di diverso rispetto all'attuale.

Ecco che, allora, di questo cimitero-a-venire forse non è poi così insensato provare a tracciarne una possibile, futura sagoma.

07.1 Sacro religioso e sacro laico

- MURO. [...] Nel sistema geroglifico egizio è un segno determinativo che esprime l'idea di «elevare al di sopra del livello

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comune». [...] Come parete che chiude uno spazio è il «muro del pianto», simbolo del mondo sentito come “caverna” [...]. Il muro che forma un recinto, invece, considerato dall'interno acquista un carattere di protezione [...] simbolo del materno, come la città o la casa 1 -

Molto si è già detto riguardo all'accezione da intendersi in questa sede del sacer, luogo sacro. Ciò su cui si è posta fondamentale attenzione è soprattutto il suo possedere - nelle diverse forme attuabili - un recinto di delimitazione rispetto al resto. Ma in ambito spaziale, un'altra caratterizzazione che può essere fatta, per capire ancor meglio la distanza - ed allo stesso tempo somiglianza - tra l'ambito del sacro religioso e del sacro laico è quella che riguarda la loro fisica sede.

La prima cosa da dire è la seguente: per un luogo sacro2 - nell’accezione già sottolineata di sacer, ovvero recintato dall’Altro-da-sé -, nella fattispecie per un luogo “del silenzio” o, soprattutto, “della memoria” - come si sta iniziando a tratteggiare in questa occasione l’immagine laica del cimitero-a-venire futuro -, riveste fondamentale importanza la sede spaziale3, oltre alla sua solita delimitazione rispetto all’intorno. Da questo punto di vista il luogo del sacro laico penso debba ancora “imparare molto” dal più longevo sacro religioso.

Il sacro religioso può ancora insegnarci qualcosa - prima di morire.

Basti, per un momento, pensare a molte architetture sacre e, qui sì, religiose, della storia antica, degli albori di alcune tradizioni: a Gerusalemme, l’islamica Cupola della Roccia si trova nel punto esatto in cui, si crede, Maometto ascese al cielo (che è il medesimo al quale la tradizione ebraica aveva associato il Tempio di Salomone, la tomba di Adamo ed il biblico evento del sacrificio di Isacco); sempre nella stessa città, stavolta intorno al IV secolo, una delle architetture fatte edificare da Costantino aveva titolo di Martyrium (lett.: “testimonianza”), ed aveva sede nel punto in cui, si crede,

1 Tratto da Cirlot J.E., Dizionario dei simboli, Adelphi, Milano, 2021 (1969), pp. 310, 311. 2 D’altronde, “come sostengono Moore [Sally Falk Moore, 1924-2021] e Myerhoff [Barbara Myerhoff, 1935-1985] [...] il sacro costituisce una categoria più generale del religioso” (tratto da Eliade M. (a cura di), Dizionario dei riti, Jaca Book, Milano, 2020 (1986-1993), p. 97). 3 Si veda anche il paragrafo Contaminazione e mantenimento dei limiti sacri di Preston J.J. in Eliade M. (a cura di), op. cit., p. 366.

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La morte e i suoi luoghi. Cronache da Eusonia

avesse avuto luogo la deposizione e resurrezione di Cristo; ma ancora, cambiando credo, il Tempio di Mahābodhi, nello stato indiano di Bihar, ha sede di fronte all’Albero di Bodhi, al di sotto del quale, si crede, Gautama raggiunse l’illuminazione4 . Ovviamente, come ho evidenziato nelle righe precedenti, quando si parla di luoghi sacri religiosi il “si crede” è d’obbligo: levato quello, il discorso cade.

Ora, questi volevano essere solamente esempi, tra i più famosi, per concedere una riflessione riguardo all’importanza del vissuto e della memoria di un luogo anche in ambito laico, o sacro laico. Qualora noi togliessimo, dalle affermazioni precedenti, il “si crede”, daremmo consistenza storica - o comunque concederemmo una sorta di accettazione storiografica - ai fatti raccontati, cosa non del tutto sincera e scientificamente valida, dato che accertazioni sul fatto che quasi tutti i personaggi dei testi religiosi siano effettivamente esistiti non ne abbiamo, ma, allo stesso tempo, non ne abbiamo la perfetta smentita: proprio perché, trattandosi di questioni antichissime, non avremo mai prova - ma allo stesso tempo mai neppure totale smentita - dell’effettiva esistenza di Maometto, o Isacco, o Cristo (lasciando anche per un attimo da parte le loro azioni sovrannaturali), ecco che una narrazione creduta - seppur dubbia, ma non smentita - è sufficiente a dare un motivo del perché di una sede al posto che un’altra per un’architettura, monumento, o memoriale, o reliquiario che sia. Questo per far capire come, in ambito sacro religioso, per dotare di valore un luogo o una specifica sede, sostanzialmente serve molto poco: basta che ciò a cui si crede non sia del tutto smentito.

Da questo punto di vista, il sacro religioso è furbo.

Ebbene, spostandoci nel campo del sacro laico (dove abbiamo, ogni giorno di più, infinite accertazioni di fatti, documenti, questioni: la laicità investe tutti i luoghi della vita quotidiana, tutti fuorché i religiosi) allora mi domando: perché non viene sempre dato parimenti valore alla memoria del vissuto di luoghi che, pur non essendo stati sede di vicende connesse alle religioni, lo sono stati per storie civiche, laiche per l'appunto, connesse col profano religioso (der. da pro-fanum, lett.: “ciò che sta di fronte al Dio”, “ciò che sta fuori dal tempio”)? Perché al posto di sovrascrivere i luoghi su cui ci insediamo, come spesso accade, non sfruttiamo il loro vissuto, la loro memoria, per dar valore aggiunto a ciò che di nuovo vi inseriamo? Non per sovrascrivere i primi, bensì a scrivervi di fianco, sopra, sotto, di lato (nell'ottica del discorso, il

4 Si veda Eliade M. (a cura di), op. cit., p. 40.

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