Mamoiada

Page 1

SARDEGNA

T onino M osconi - M aria L aura P utzu

MAMOIADA Maschere, Riti nel cuore

Tradizioni della Barbagia e

G eografica



MAMOIADA E LA BARBAGIA DI OLLOLAI Mamoiada è un paese di 2.600 abitanti, situato nella Barbagia di Ollollai. La sua storia millenaria e le sue tradizioni, tuttora molto vive, costituiscono oggi la maggiore ricchezza del paese, e ne fanno una delle mete preferite del turismo culturale ed enogastronomico.

La Protome Taurina nelle Domus de Janas Istevene

Veduta di Mamoiada dalle colline a occidente

Paesaggio con vigne nelle campagne del paese

Un particolare del costume dei Mamuthones

Il territorio di Mamoiada è posto in un’area di circa 4900 ettari, con un paesaggio costituito da colline di origine granitica e caratterizzato dalla presenza di numerosi corsi d’acqua e sorgenti naturali, alcune delle quali sono presenti anche all’interno dell’abitato. Una delle principali attività economiche è costituita dalla pastorizia: gran parte dei terreni sono dunque dedicati al pascolo del bestiame, soprattutto ovino. La presenza di un notevole dislivello d’altitudine (da 390 a 1048 m s.l.m.) ha permesso di diversificare le aree di pascolo estivo e invernale. Un’altra attività che investe il territorio di Mamoiada per circa 270 ettari è la viticoltura, praticata intensamente da molte famiglie del paese. La forte escursione termica tra il giorno e la notte e la presenza di un microclima temperato favorisce la produzione di un vino cannonau di ottima qualità. La ricchezza di questo territorio è testimoniata, anche in epoche remote, dalla presenza di vestigia archeologiche che mostrano come fin dal Neolitico esso fosse ricco di insediamenti. Tra i monumenti superstiti di quest’epoca vi è la stele-menhir nota con il nome di “Sa Perda Pinta’”, rinvenuta in località Boeli. Si tratta di un reperto di grande interesse per la presenza di particolari decorazioni a cerchi concentrici solcati da una sorta di bastoncino: il significato di questi simboli, di natura quasi certamente cultuale, può essere legato alla fertilità e al ciclo di morte e rinascita della natura e delle stagioni, tipici della religiosità delle popolazioni di età neolitica. Il monumento non ha altri confronti in Sardegna, se non alcuni frammenti rinvenuti nello stesso territo-


rio di Mamoiada, mentre in ambito europeo si trovano simboli molto simili su monumenti di Irlanda, Scozia, Inghilterra e Francia settentrionale. Sempre all’età neolitica sono ascrivibili alcune necropoli di domus de janas, tra cui spiccano quelle di Orgurù e Istevene.

Storia L’origine del centro abitato non è nota. L’etimologia del toponimo Mamoiada ha destato l’interesse di diversi studiosi: non è chiaro se esso sia di origine “protosarda” o di derivazione latina. Secondo M. Pittau si tratterebbe del nome latino di una mansio o stazione di sosta (la mansio Manubiata, dal verbo manubiare, vegliare, passare la notte) situata lungo il tracciato della strada che in età romana troviamo citata dall’ Itinerarium Antonini (III sec. d.C.) con le due mansiones di Sorabile (Fonni) e Caput Tyrsi. In effetti, pur non essendo presenti in paese tracce evidenti di presenza romana, il toponimo di uno dei

Sotto: Le Domus de Janas Istevene. Nella foto, la più grande delle sei tombe ipogeiche della Necropoli prenuragica di Istevene a pochi chilometri dal paese. La necropoli può essere collocata fra il V e il VI millennio a.c. Pag. a fianco Sa Perda Pintà, una pietra istoriata di età neolitica, alta circa 2,70 m. e larga, dai 70 cm della base, ai 35-40 della punta. Oggi visibile nel giardino di una casa alla periferia del Paese.



più antichi quartieri, chiamato Su castru (da castrum, centro fortificato), farebbe pensare ad una presenza romana nel centro, probabilmente a carattere militare, destinata al controllo delle popolazioni barbaricine. Dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, la Sardegna entrò nell’orbita politica, religiosa e culturale dell’Impero bizantino. Neanche per questa fase storica esistono testimonianze relative a Mamoiada: tuttavia è interessante la presenza, a 5 km al sud-ovest del paese, di un importante santuario dedicato ai SS. Cosma e Damiano, il cui culto, molto diffuso in Sardegna, è proprio di origine orientale. Nel corso del Medioevo, Mamoiada faceva parte della curatoria della Barbagia di Ollolai, nel Giudicato di Arborea. Dal punto di vista ecclesiastico, dipendeva dalla diocesi di Santa Giusta: data la lontananza dalla metropoli, si può immaginare che i rapporti tra la diocesi e la comunità fossero quasi inesistenti.

Sotto: un bar del paese durante sas tappas in Mamujada la tradizionale festa d’autunno in cui si aprono alla visita i cortili e i locali del paese. Pag. a fianco: Una donna cuoce le castagne con un vecchio strumento artigianale durante la festa.






IL CARNEVALE DI MAMOIADA Il carnevale di Mamoiada

rappresenta una delle

più antiche tradizioni viventi in Sardegna. La festa affonda le sue radici in un passato ancestrale, precristiano, quando pastori e contadini veneravano e temevano le forze della

Natura,

cercando di propiziarsele attraverso

riti dal sapore tragico e caratterizzati dal sovvertimento delle regole del quotidiano.

Il Bene e il Male, la Vita e la Morte, il mondo di sopra e il mondo di sotto venivano quindi rovesciati durante questo importante periodo di passaggio tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. L’uomo diventava donna, animale, pastore, demone, per invocare fertilità, benessere e vita per tutta la comunità. La presenza della maschera all’interno del rito consentiva questa trasformazione degli uomini e il contatto col divino, oltre a garantirne l’anonimato. La tradizione di indossare le maschere in questo periodo dell’anno si è perpetuata senza mai interrompersi fino ad oggi, nonostante l’introduzione della religione cristiana che si è limitata a dare un soprabito a un rito ancora fortemente pagano. I festeggiamenti vengono inaugurati il 16 e 17 gennaio quando, il giorno di S. Antonio Abate, vengono accesi i grandi fuochi che rappresentano il calore e la luce del sole, in onore del solstizio d’inverno appena avvenuto: secondo la leggenda che oggi si racconta, l’eremita rubò il fuoco agli inferi per donarlo agli uomini, trasferendo dunque su di lui l’antichissimo mito di Prometeo. Nei giorni della festa le persone si raccolgono intorno ai falò, aspettando il passaggio delle maschere, Mamuthones e Issohadores


Se vuoi un Carnevale che non ce n’è un altro su tutta la terra, vattene a Mamoiada che lo inaugura il giorno di Sant’Antonio: vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori: un Carnevale triste, un Carnevale delle ceneri, storia nostra di ogni giorno, gioia condita con un po’ di fiele e aceto, miele amaro. Salvatore Cambosu, Miele amaro.





I l R ito

della

V estizione

Per un Mamuthone non solo la sfilata è un rito, ma anche la vestizione. Nelle ore che precedono la sfilata nelle due sedi iniziano i preparativi: gli Issohadores arrivano alla spicciolata, con il loro tradizionale abito già indosso, devono essere pronti, svegli, attenti. Il loro aiuto sarà fondamentale e prezioso per i Mamuthones che si apprestano ad indossare Sa Carriga. Infatti, per vestire le campane a un Mamuthone, occorrono almeno due persone e si preferisce siano gli anziani, accompagnati dagli Issohadores, ad effettuarla, perché sono quelli che sanno vestire meglio le cinghie. Queste devono avere una disposizione ben precisa nelle spalle di chi le indossa, le prime due vanno inserite a croce, infatti si chiamano Sas Rughes, le altre quattro si collocano orizzontalmente e la settima ( le bronzine) anteriormente a fare da contrappeso. Le cinghie vanno allacciate con una stretta decisa e forte, i campanacci disposti a grappolo sulle spalle del Mamuthone sembrano così un tutt’uno con il cupo e nero vello, la trasformazione, la metamorfosi sta giungendo al culmine. Ora l’essere tiene in mano la maschera, l’attesa diviene quasi snervante, tutti devono essere pronti, non si parla, si attende solo un cenno, uno sguardo. E’ arrivato il momento, ognuno porta la maschera dietro il capo, la mano destra tiene il laccetto di cuoio, la sinistra afferra il mento della maschera e la fa scivolare sul volto…. la trasformazione è avvenuta, l’essere è ora Mamuthone.





I l M useo

delle

M aschere M editerranee

Il Museo nasce con l’intento di costituire un luogo di contatto tra l’universo culturale di un piccolo paese della Sardegna interna, Mamoiada, nota in tutto il mondo per le sue maschere tradizionali - i Mamuthones e gli Issohadores - e le regioni mediterranee che, attraverso le rappresentazioni e le maschere di Carnevale, svelano una comunione di storia e di cultura. In particolare il Museo rivolge il suo interesse verso le forme di mascheramento nelle quali, in una grande varietà di combinazioni, ricorre l’uso di maschere facciali lignee zoomorfe e grottesche, di pelli di pecora e di montone, di campanacci e in generale di dispositivi atti a provocare un suono frastornante. A queste maschere, proprie delle comunità dei pastori e dei contadini, si riconosceva il potere di influire sulle sorti dell’annata agraria; per questo, malgrado l’aspetto impressionante, la loro visita era attesa e gradita e occasione per farsele amiche attraverso l’offerta di cibo e bevande. A partire dalle maschere dei Mamuthones e degli Issohadores, il museo offre un’esposizione comparata di reperti provenienti dai diversi paesi del Mediterraneo evidenziandone le affinità e le vicinanze piuttosto che le difformità e le distanze.

In questa pag. Maschere Croate A sinistra: Halubajski Zvončar di Viškovo, Croazia; A destra: Grobnički Dondolaši di Čavle, Croazia Pag. a fianco La sala centrale del Museo con le principali maschere barbaricine; Mamuthones e Issohadores nella vetrina in fondo. Turpos di Orotelli in primo piano a sinistra. Boes, Merdules e Filonzana di Ottana nel la parte centrale.




L’A rtigiano A Mamoiada le maschere si fanno ancora come un tempo: leggere, indossabili, tinte di nero, con le sopracciglia aggrottate e la bocca contratta in una smorfia di dolore. L’artigiano locale Ruggero Mameli le riproduce rispettando la tradizione. Da 30 anni fa questo lavoro e le sue maschere non denotano soltanto precisione e buona manualità, ma anche gusto artistico, conferendo a questi oggetti il pregio del pezzo unico, totalmente realizzato a mano. Per l’esecuzione di questi manufatti, usa diverse qualità di legno: pero selvatico, fico, ontano, leccio, castagno, ciliegio e vari altri legni pregiati, in modo da rispondere alle esigenze e ai gusti del richiedente, nel più rigoroso rispetto della tradizione. La maschera da indossare deve essere leggera e facilmente modellabile, mentre quella decorativa, da appendere alla parete, può essere più pesante e generalmente viene realizzata con legni più pregiati, data la finalità espositiva. Nel laboratorio di Ruggero Mameli si trovano maschere di tutti i tipi. Varia la qualità del legno, come pure la pesantezza, il colore, la rifinitura, ma tutte sono eseguite nell’assoluto rispetto della tradizione locale, replicando gli stessi motivi utilizzati dai progenitori che a loro volta ripetevano modelli provenienti da generazioni lontane. Nel rispetto di questi modelli viene riprodotta la maschera da mamuthone come si usava circa due secoli addietro. Per tutelare la provenienza e l’autenticità, le maschere di Ruggero Mameli sono tutte contrassegnate da un marchio a fuoco con la scritta Mamuthones-Mameli-Mamoiada


Mi piace la gente che ti guarda dritta negli occhi, che cerca dietro il sorriso a volte blasfemo e sogghignante della maschera lignea. Mi piace che lo spettatore scopra dietro di essa l’altra maschera, quella umana, sofferta, onesta, del pastore o del contadino di Mamoiada che interpreta questo ruolo da secoli. Costantino Atzeni

Costantino Atzeni nasce a Mamoiada il 28 giugno 1908, muore il 27 maggio 1979 sempre a Mamoiada. Alla sua morte le figlie donano sa carriga, la mastruca, il completo di velluto, il berreto e il fazzoleto indossati da tziu Atzeni come Mamuthone al Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde di Nuoro. Si deve alla sua tenacia, allo spirito organizzativo che lo ha sempre contraddistinto e sopratutto al suo amore per i mamuthones, se la tradizione delle sfilate in maschera ha potuto sopravvivere alla seconda guerra mondiale e se oggi è diventata una delle manifestazioni popolari piÚ importanti e rappresentative della Sardegna.



O Mamuttone O mamuttone nieddu che-i su moro ghetta su lovru in custa die fritta tene s'annada ona prus beneitta e sos disitzos de prendere in coro. "Uè sas carreras si pesan fulanas in su predariu anticu cà isprigas donzi tempus chi curret chin'istigas in cussas terras de abbas e fùntanas. Carottas fides e sagras de focu tra su fummu chi ‘olat in sa pratta pistiddos de inicottu in sa saffatta c h'addurcan s'amargura in cada locu. Bolan artos sos fummos de ardore isprican sas frammas in sa muntanna s'illuminat in terra cada janna chin fide c'at intessiu su Sennore. Chin nuscos de ormidda s'archimissa chi cundit custa notte ch'est galana e cantat cada fera in donzi tana e frorit in s'artare cada missa. Est fìttianu e sicuru chi non ruet s'alenu beneittu 'e cada gamma profumat in su sinu cada mamma de su piseddu chi naschit e suet. Est chisjna chi ‘olat in s'aera bardanera chi curret a lugore e paschen sas ispicas de amore de su prioradu c'at fattu bandera. Tonino Fancello



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.