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L’infrastruttura che non c’è
L’infrastruttura
che non c’è
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Mentre i Costruttori spingono verso veicoli sempre più sostenibili, uno dei nodi da sciogliere è quello delle infrastrutture.
Tra alti e bassi, il punto dello stato dell’arte di stazioni di rifornimento e colonnine di ricarica in Italia
di Valeria di rosa
La graduale conversione del parco veicolare verso veicoli commerciali sostenibili, dettata dalle richieste dell’Unione Europea, richiede la realizzazione di infrastrutture di ricarica e rifornimento adatte, in grado di soddisfare il crescente fabbisogno di flotte a propulsione alternativa. Lo stato dell’arte, in Italia, conta 32.776 punti di ricarica per veicoli elettrici (fonte: motus-e), 27 stazioni di rifornimento di biogas aperti al pubblico e 4 privati (fonte: federmetano) e solo 2 rifornimenti di idrogeno attivi, uno a Bolzano e uno a Mestre.
IDROGENO: LA LUNGA STRADA VERSO NUOVE INFRASTRUTTURE
L’idrogeno è considerato, tra le trazioni alternative, quello a cui si guarda con più interesse, soprattutto per quanto riguarda il trasporto a Senza dimenticare il distributore multienergy dell’Eni inaugurato nel 2007 a Valdaro (Mantova) su un progetto finanziato dall’Unione Europea e voluto dalla Regione Lombardia che, dopo la fase di sperimentazione durata fino al 2010, è oggi inattivo a causa della mancata realizzazione della bretella che avrebbe dovuto collegare Valdaro alla A22 e l’impianto di produzione di idrogeno i-Next di Capo d’Orlando (Sicilia) del 2015, all’interno del progetto europeo Smart Cities: anche in questo caso la fase sperimentale non ha visto sviluppi futuri e l’impianto è attualmente abbandonato. Oggi il CNR ha presentato un progetto per trasformare la stazione di rifornimento presente in contrada Masseria nella prima stazione di idrogeno urbana aperta al pubblico del Sud Italia. Ma si tratta, appunto, ancora solo di un progetto.
lungo raggio perché garantisce ricariche rapide e lunga autonomia. Per questo motivo anche gli investimenti previsti nel PNRR prevedono un investimento di circa 3,7 miliardi di euro su progetti riguardanti l’idrogeno, che vanno dalla sua produzione alla creazione di nuove stazioni di rifornimento. In realtà in Italia alcune sperimentazioni sono state fatte, con risultati purtroppo deludenti. A Collesalvetti nel 2005 fu inaugurato, presso la stazione di Grecciano, un distributore sperimentale AGT a 200 bar, mai entrato in attività; a Milano, sulla Tangenziale per Assago, nel 2010 Regione Lombardia e SAPIO inaugurarono un distributore di idrometano, anche questo mai entrato in funzione.
L’ultimo impianto di biometano inaugurato da Vulcangas, IVECO e GLS Italy presso la Cascina Antegnatica a Tavazzano con Vilavesco, Lodi.
IL PROGRAMMA HYACCELERATOR DI SNAM
Hyaccelerator, avviato da Snam lo scorso ottobre, è il primo programma di accelerazione per startup su scala globale gestito da un’azienda e focalizzato sull’idrogeno. L’obiettivo è valorizzare le tecnologie a maggior potenziale per accelerare lo sviluppo dell’idrogeno. Alla prima call hanno aderito circa 70 startup da tutto il mondo; una cinquantina le candidature europee e una ventina quelle provenienti da Stati Uniti e Asia. Le aree di business hanno spaziato sull’intera filiera dell’idrogeno, dalla produzione al trasporto, allo stoccaggio e agli utilizzi finali in settori industriali e nella mobilità. Le due vincitrici di questa prima edizione sono la svizzera EH Group, che propone una tecnologia di celle a combustibile che si caratterizza per l’elevata efficienza e il radicale abbattimento dei costi di produzione, e la francese Atawey, che mira a progettare e sviluppare stazioni di rifornimento a idrogeno sia su piccola sia su grande scala. Le due startup intraprenderanno un percorso di accelerazione di sei mesi che condurrà allo sviluppo, insieme a Snam, di una prima applicazione industriale e saranno affiancate a livello di mentorship da personale Snam, entrando anche in contatto con la rete dell’Hydrogen Innovation Center creato dall’azienda in collaborazione con università e centri di ricerca.
BIOGAS: L’ALTERNATIVA DELL’ECONOMIA CIRCOLARE
Il biogas viene classificato come gas rinnovabile, in quanto la sua produzione parte dalla digestione anaerobica di biomasse (scarti agro-forestali, colture dedicate, liquami zootecnici, scarti della lavorazione agroindustriale, rifiuti organici urbani) ad opera di batteri metanigeni. Secondo il CIB (Consorzio Italiano Biogas) in Italia sono operativi più di 1.500 impianti di biogas; un numero che pone il nostro Paese al quarto posto nel mondo per la produzione di biogas, dopo Germania, Cina e Stati Uniti. Tra le realtà che più stanno investendo nel settore, Vulcangas, primo operatore nazionale a poter immettere in consumo, fatturare e certificare il BIOLNG nelle stazioni del proprio Corridoio: si tratta di una rete di stazioni di rifornimento di LNG e CNG, e relative varianti bio, presenti in tutta Italia e nelle quali gli autisti possono fare rifornimento attraverso un’unica carta carburante. Anche SNAM si sta impegnando a supportare la decarbonizzazione dei trasporti investendo in biogas e idrogeno, attraverso la sua controllata Snam4Mobility. Tra i suoi obiettivi la realizzazione di 150 nuovi distributori di gas naturale (compresso e liquefatto) destinato a tutte le categorie di veicoli, auto, bus, camion e potenzialmente anche navi e treni.
ELETTRICO: VORREI MA NON POSSO
La mobilità elettrica è sicuramente quella verso la quale i Costruttori si stanno concretamente spostando, soprattutto per quanto riguarda il trasporto a medio e corto raggio. Si tratta di un mercato in continua crescita. Secondo l’ultima ricerca di Global Market Insights, nel 2021 le stazioni di ricarica hanno generato circa 11,9 miliardi di dollari nel mondo e nel 2030 questo mercato varrà 10 volte di più (119,5 miliardi) con un tasso di crescita annuale pari al 27%. In Italia esistono diversi operatori che gestiscono l’offerta di colonnine elettriche su tutto il territorio. Enel X è sicuramente il più grande di questi operatori, con circa 14.000 punti di ricarica gestiti. Ad affiancarla aziende come BeCharge (circa 6.000 punti di ricarica); A2A, attiva in Lombardia con oltre 1.000 punti di ricarica; il Gruppo Hera, che opera soprattutto in Emilia Romagna e la cui rete di ricarica è compatibile con le colonnine Enel X; Acea, che gestisce 10.000 punti di ricarica abilitati in tutta Italia; Tesla, con una rete dedicata esclusivamente ai propri veicoli. Ma non è tutto oro quello che luccica. L’Italia, infatti, continua a restare indietro nei confronti delle sue “sorelle” europea: le oltre 32.000 colonnine di ricarica presenti nel Bel Paese sono ben lontane dalle 66.000 presenti in Francia o dalle 79.000 in Germania. Il problema principale è la scarsa omogeneità nella distribuzione: un report di InsideEVs pubblicato ad agosto 2022 ha messo in luce, ad esempio, come nelle autostrade italiane esistano solo 172 colonnine di ricarica in 38 aree di servizio su circa 506 presenti su tutto il territorio, con regioni come Molise, Basilicata e Sicilia che non offrono nessun servizio sulle loro tratte autostradali. Numeri davvero inconsistenti. Il problema, purtroppo, non è meno rilevante nei centri urbani, dove molte colonnine sono spesso non funzionanti, perché in disuso, per mancati aggiornamenti del software o per qualche guasto del sistema. Negli scorsi mesi il Parlamento Europeo ha approvato le modifiche alla direttiva DAFI, che regolarizza la distribuzione delle colonnine elettrico in tutto il Continente. Le modifiche, volute dalla commissione Trasporti all’Europarlamento, indicano che, lungo le strade dell’Unione Europea, dovrà sorgere una stazione di ricarica elettrica ogni 60 km entro il 2026 e una di idrogeno ogni 100 km entro il 2027. La proposta dovrà adesso essere approvata dalla Commissione Europea ma traccia la strada, che ci sembra però ancora lunghissima, per rispettare il Green Deal europeo. #