a cura di
Federica Lugaresi
LA MOBILITÀ COMMERCIALE È SEMPRE PIÙ SOSTENIBILE
OBIETTIVO 2050: ZERO EMISSIONI ANCHE PER IL TRASPORTO COMMERCIALE. COME CI ARRIVEREMO?
IL PUNTO TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI PRODOTTO IL RICICLO
inserto n. 214 novembre 2019
Trasportare Oggi in Europa
L’EDITORIALE DI ALESSANDRO
Io sto con il diesel L’industria automotive sta vivendo una fase di profonda rivoluzione tecnologica. Guida autonoma, elettromobilità e connettività sono le parole chiave che plasmeranno il futuro della mobilità e del trasporto. Ma in una fase di transizione così delicata è quanto mai auspicale non cedere sia a facili entusiasmi sia a false demonizzazioni. Questo perché lo scenario è quanto mai complesso e non esistono soluzioni semplici. È assolutamente necessario in questo momento storico fare ricorso ad un sano pragmatismo e a una certa dose di buon senso comprendendo in primo luogo che quando parliamo di sostenibilità non ci stiamo riferendo solo ed esclusivamente all’ambiente ma dobbiamo tenere presenti anche le dimensioni sociali ed economiche. La “sostenibilità” di una soluzione non può essere misurata solo con le emissioni allo scarico ma deve tenere conto del suo impatto sull’intera filiera, dall’utilizzo delle materie prime alle infrastrutture, dagli effetti sull’industria esistente agli scenari tecnologici di medio e lungo periodo. In futuro la mobilità sarà sicuramente elettrica ma soprattutto quando si parla di trasporto pesante, l’orizzonte temporale per la sua introduzione è tutt’altro che di breve durata. Sfide come autonomia, peso (e quindi portata utile) e tempi di ricarica sono decisamente ancora lontane dall’essere ottimizzate quando si parla di camion. Discorso diverso ovviamente quando affrontiamo il tema del trasporto persone e veicoli commerciali dove, da un lato la politica e dall’altro le condizioni di utilizzo, rendono sicuramente meno complicata la diffusione nei prossimi anni della trazione elettrica.
SMANIA
MARKETING & COMMUNICATION DIRECTOR MAN TRUCK & BUS ITALIA
Fatti salvi i principi sul quale ognuno conviene per la salvaguardia della vita e del pianeta, però, mi risulta ancora difficile comprendere come in nome di un ambientalismo “radicale” non si tenga conto che il problema dell’inquinamento non si risolve oggi semplicemente mettendo su strada un veicolo a 0 emissioni (il cui “carburante” non è prodotto tra l’altro in modo pulito) ma debba necessariamente partire da una riflessione più ampia che sia volta a sostenere e supportare un massiccio rinnovamento del parco circolante.
Con un’età media di quasi 13 anni e oltre il 60% ante Euro IV (veicoli industriali oltre le 6 t), non ci possiamo permettere il lusso di perdere ulteriore tempo dietro a slogan o false promesse. L’industria automobilistica europea ha sviluppato negli ultimi 100 anni una delle più efficienti e affidabili propulsioni esistenti e come dichiarato da più parti i margini per migliorare ulteriormente il motore termico e renderlo ancora più pulito sono tutt’altro che fake news. Probabilmente sarò politicamente scorretto, ma io oggi sto con il Diesel. www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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sommario IL PUNTO
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12 L’OPINIONE
DI MARCO BURAGLIO Elettrificare, per gradi
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LE MODALITÀ DI TRASPORTO Il punto sui trend di come si muovono le merci per essere sempre più green IN AUSTRADA COL PANTOGRAFO BreBeMi primo caso italiano. Francesco Bettoni ci fa un quadro della situazione nel mondo IL PARCO VEICOLI VERDE Dati e statistiche sul mercato dei veicoli alimentati con carburanti alternativi
IL MOTORE DI DOMANI Quali propulsori spingeranno i veicoli del futuro?
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CONNESSI PER ESSERE SOSTENIBILI Intervista a Marco Giletta di Microsoft su cosa ci aspetta in futuro in tema di intelligenza artificiale PROSSIMA FERMATA: GUIDA AUTONOMA I sistemi intelligenti di guida contribuiscono notevolmente a ridurre l’impatto ambientale del trasporto COSA NE SARÀ DEL PLATOONING? Quello che doveva essere un primo passo verso la guida autonoma, forse sta subendo una frenata
ALLA GUIDA COL TUTOR I veicoli sono ormai un concentrato di tecnologia.Sfruttare al meglio gli “assistenti” è strategico DAL GREEN AL BLU Condivisione e tecnologia satellitare per aiutare i nostri mari
PRODOTTO
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INCORAGGIANTI Parola d’ordine: decarbonizzare
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TRASPORTARE OGGI novembre 2019
L’OPINIONE DI MASSIMO CIUFFINI Elettrico? Sì, ma ripensiamo alla logistica
TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI
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UN PROCESSO INARRESTABILE Come sta evolvendo la mobilità dal punto di vista della sostenibilità
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VESTIRE IN VERDE Come vengono allestiti i veicoli per poter essere sostenibili IL RUOLO DEGLI PNEUMATICI Se rotola meglio, siamo più ecologici. Ci aspettiamo novità sostanziali nei prossimi anni per questo componente del veicolo industriale DA DOVE ARRIVA L’ENERGIA? In previsione dell’elettrificazione delle gamme, anche le batterie evolvono SE NON È OLIO È FLUIDO I componenti della catena cinematica necessitano di essere lubirificati. Che siano di un motore termico o elettrico MAN: SE NON È DIESEL È ELETTRICO Oggi il Diesel, ma domani l’elettrico
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Alla realizzazione di questo Focus Green hanno collaborato: à Marco Buraglio, Massimo Ciuffini, Andrea Trapani, Ferruccio Venturoli Coordinatrice e responsabile Focus Green: à Federica Lugaresi lugaresi@trasportale.it Direttore editoriale: à Luca Barassi luca.barassi@trasportale.it
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UN TIR TUTTO GREEN Lamberet, Scania e Thermo King insieme per diminuire l’impatto ambientale nel trasporto a temperatura controllata QUANDO IL TRUCK È IBRIDO PHEV ed HEV, ovvero tradizionale e plug-in. Scania è la prima, e per ora unica, Casa ad avere un pesante ibrido FORD TOGLIE L’ANSIA Con la tecnologia Hybrid Plug-In, il Transit Custom garantisce fino a 600 km di autonomia
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COPPIA E VOLUME Agile in città e totalmente elettrico. Un van per la distribuzione dell’ultimo miglio in modalità totalmente green
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RENAULT MASTER: UNA PROVA ROMANA Buona maneggevolezza, consumi e tempi di ricarica adeguati per un furgone da ultimo miglio GUIDA ALL’ACQUISTO Le versioni alternative delle case costruttrici
IL RICICLO
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RIFIUTO O RISORSA? Nuova vita per pneumatici fuori uso, batterie esauste e oli usati IL NEMICO PLASTICA Impariamo a conoscere un elemento che nei veicoli commerciali è utilizzato con parsimonia ANCHE IL CAMION HA UN FINE VITA Cosa succede ai veicoli che terminano la loro attività? Scopriamolo in questo articolo
NEWS
EDITORIALE
SULL’ORLO DI UNA CRISI CLIMATICA DI
Federica Lugaresi
La Terra è stanca. “È come se stessimo raggiungendo un punto di rottura con il nostro pianeta”. L’allarme lanciato dall’ultimo rapporto, diffuso dall’Ipcc, il comitato scientifico delle Nazioni Unite sul clima, non lascia spazio a dubbi e fraintendimenti. Gli scienziati dicono chiaramente che il Pianeta sta andando incontro ad un circolo vizioso innescato dai cambiamenti climatici. Piogge intense, siccità, incendi, lunghe ondate di calore sono alcune delle conseguenze a cascata del riscaldamento globale. Nell’estate che è appena passata sono bruciate l’Amazzonia, le Canarie ed anche la Siberia. Le lastre della Groenlandia e dell’Antartico si stanno liquefacendo. Non esiste un pianeta B… La ricetta? Insistere sulla sostenibilità, a partire dai piccoli passi che ognuno di noi può e deve fare. Non possiamo restare indifferenti. Quindi anche noi di Trasportare Oggi nel nostro piccolo, ci proponiamo col secondo Focus Green tentando di “evolverci”, facendo “il punto del Punto”, e trattando anche tematiche non affrontate precedentemente (sempre in termini di sostenibilità ambientale) quali la creazione di energia, modelli urbanistici, riciclo – con rottamazione e smaltimento – batterie ed anche il nemico plastica tanto di moda e conclamato. Ciò che si evince è che tutto rientra in un unico ecosistema dove obiettivi e piano d’azione devono convergere; dove una serie di sfide tecnologiche e regolamentari ne segneranno l’evoluzione; dove è necessario (ri)utilizzare le scorie immagazzinate per alimentare un processo di crescita e di evoluzione, perché nell’ambiente tutto (o quasi) si ricicla. Un po’ come nei sentimenti – anch’essi ecosistemi – in cui avere cura significa comprendere profondamente il mondo emotivo dell’altro ed accudimento e gentilezza d’animo si esprimono anche attraverso un aiuto non richiesto, o protezione. Tutto si evolve, si trasforma, si rinegozia, si aggiusta o arriva al punto di non ritorno e quindi al disastro. Mai come in questo momento, risulta impossibile non condividere il pensiero di Albert Einstein secondo cui “la misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario”. Il cambiamento è già in atto, fortunatamente. Ma bisogna portarlo avanti con costanza e determinazione fino in fondo… verso nuove mete e con una missione: pensare e agire in verde. Ha scritto un editorialista del Guardian: “Suggerireste di spegnere l’incendio di una casa tamponando con degli asciugamani?” Il problema si colloca ben più in alto. Se la casa, il pianeta, la Terra bruciano allora bisogna rimboccarsi le maniche anche nel mondo delle leggi e dell’economia: riconoscere la sostenibilità come pivot nella valutazione delle imprese; ripensare ad ogni livello agli incentivi per le energie alternative; ripensare ai costi/benefici nei trasporti pubblici e privati. Il vademecum delle soluzioni è ben chiaro, ma ciò non implica soltanto che i nostri sforzi si debbano limitare a prenotare un treno – e non un volo – da Milano a Roma; o di utilizzare questo o quel carburante. Significa impegnarsi nella costruzione di un altro modello di progresso perché la sostenibilità deve essere anche economica e funzionale.. Buona lettura. www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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IL PUNTO
Un processo
inarrestabile A distanza di un anno dal nostro primo Focus Green cosa è cambiato in tema di sostenibilità del trasporto merci?
C
i siamo lasciati un anno fa con un quadro generale su quelli che sono gli obiettivi ambiziosi – fissati dall’Accordo sul Clima di Parigi – per ridurre le emissioni di gas serra dall’80% sino al 95% entro il 2050. Decarbonizzazione continua ad essere la parola d’ordine. Un processo senza dubbio inarrestabile nel quale l’Europa si impegnerà ulteriormente, avviando una transizione energetica verso fonti pulite e rinnovabili e applicata su vasta scala. Ma cosa comporta la decarbonizzazione? E quali sono gli obiettivi e le misure ad essa associate? Intanto, letteralmente parlando, significa riduzione del carbonio. Più nel dettaglio, è la conversione ad un sistema economico che riduce e compensa le emissioni di anidride carbonica (CO2) in modo sostenibile. Di recente, la Commissione Europea in apertura di Cop 23 a Bonn ha presentato il secondo Clean Mobility Package, che propone i nuovi target di emissione di CO2 per i veicoli passeggeri e merci in cui individua almeno una riduzione del 40% entro il 2030. L’obiettivo a lungo termine è creare un’economia globale priva di CO2. In questo scenario, le case costruttrici devono dare il proprio contributo. Secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, ovvero il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico), il settore dei trasporti contribuisce con circa il 14% sul totale delle emissioni di gas serra, e purtroppo il dato è in aumento. Per questo i costruttori sono chiamati a fare la propria parte.
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TRASPORTARE OGGI novembre 2019
SULLA BUONA STRADA
Vero è che migliorare l’efficienza dei veicoli per trasporto merci è il primo step per mitigare l’effetto antropico sul clima e sull’ambiente. Le ondate di caldo in tutta Europa della scorsa estate ne sono solo un piccolo esempio. Ma è altrettanto vero che oggi si ha una consapevolezza maggiore, che sfocia nel considerare l’intero ciclo di vita di un prodotto – dalle materie prime al riciclo – sia esso un veicolo, una batteria o uno pneumatico. Perché solo così si riesce ad essere veramente “green”. Chi si occupa di trasporti e logistica riveste un ruolo sociale molto importante: essere sostenibili e virtuosi in questo mondo significa percorrere la strada verso soluzioni efficaci, efficienti e all’avanguardia per evitare, ridurre e compensare le emissioni di anidride carbonica. Significa accogliere una sfida e investire risorse per il futuro di tutti.
Molte misure sono già attuabili e praticabili: mezzi con aerodinamicità spinta, platooning; veicoli ad alta capacità di trasporto; intermodalità; veicoli a guida autonoma (più risparmiosi sui costi e più sicuri per gli utenti della strada) e corsi di formazione per conducenti (con installazione di dispositivi che controllano una guida più attenta ai consumi). Un capitolo a parte per i carburanti alternativi e relative motorizzazioni: il gas naturale, i biocarburanti, il diesel, l’elettrico con le sue evoluzioni, l’idrogeno e l’ibridizzazione sono già da tempo disponibili sul mercato anche se ognuno con i suoi pro e contro. Ma ci si deve spingere oltre e, arrivare ad un trasporto, sia pubblico che privato che rispetti l’ambiente e non produca emissioni nocive con l’utilizzo di combustibili inquinanti come il petrolio, è fortunatamente un obiettivo per molti Paesi. SOSTENIBILITÀ FA RIMA CON MOBILITÀ
L’espressione mobilità sostenibile indica delle modalità di spostamento (e in generale un sistema di mobilità urbana) in grado di diminuire gli impatti ambientali, sociali ed economici generati dai veicoli privati. In primis l’inquinamento atmosferico e le emissioni di gas serra, l’inquinamento acustico, la congestione stradale e l’incidentalità, il degrado delle aree urbane (causato dallo spazio occupato dai veicoli),
il deterioramento del territorio (causato dalla costruzione di strade e infrastrutture). Le propulsioni alternative sono e saranno sempre di più le protagoniste della mobilità del futuro anche se non sappiamo con precisione in quale misura e con quali pesi interagiranno con l’ambiente circostante e, in particolare, col trasporto commerciale che come ben sappiamo è la linfa vitale di qualsiasi società moderna. FOCUS SULLA CITTÀ
Un trasporto che, nella delivery dell’ultimo miglio e dell’ultimo metro, sarà sempre più influenzato e condizionato dai futuri modelli metropolitani (smart city, città circolari e città sostenibili). Nel primo caso, le nuove tecnologie e intelligenza artificiale devono essere al servizio della città che deve dare prestazioni molto elevate in tema di ambiente. Le energie rinnovabili, le reti energetiche, l’efficienza dell’uso e nel riutilizzo delle risorse con monitoraggio dell’inquinamento, sono le aree tematiche in cui la tecnologia aiuta alla gestione di questo tipo di città che ben si plasma alle esigenze del futuro. Nel modello di città circolare si vogliono minimizzare gli scarti
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IL PUNTO
all’insegna dell’economia circolare, in cui tutto ciò che è scarto diventa prodotto per un altro ciclo. Lo scopo è quindi quello di ottimizzare l’utilizzo dei prodotti ma anche degli spazi e degli edifici per non sprecare le risorse. Nella città sostenibile (praticamente il sunto dei due modelli precedenti) la prerogativa è rispondere alle necessità del presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare le proprie necessità. In sostanza, la città sostenibile deve essere rinnovata nel suo patrimonio edilizio ed infrastrutturale, crescendo solo al suo interno, e senza svilupparsi su terreno vergine. Un modello insomma dove la mobilità deve essere sempre meno impattante ma più intelligente (attraverso transizione energetica e utilizzando fonti di carburanti alternativi). Il rischio è che si sconfini in una città utopistica – proprio come la “Città del Sole” di Tommaso Campanella – in cui il filosofo testimonia la sua passione e speranza di fronte ad una realtà presente dal carattere tragico. Per evitare ciò è necessario che il modello metropolitano contempli una mobilità sempre più integrata sostenibile e intelligente, ma soprattutto studiata e applicata caso per caso non solo dal punto di vista tecnologico ma anche culturale poiché le città sono tutte diverse. UNA VISIONE ILLUMINATA
Qual è allora il presente e quale sarà il futuro del trasporto su gomma? Intanto la maggior parte del match si gioca tra un veicolo con motore diesel ed un ipotetico veicolo equivalente con motore elettrico e batteria. Sulla base dello studio condotto dal Prof. Sergio Savaresi del Politecnico di Milano, si evince che il veicolo elettrico riduce di circa il 40% le emissioni di CO2, ma che i costi di gestione dello stesso sono, nel breve termine, circa il 40% più onerosi rispetto al veicolo diesel. Lo studio ha dimostrato che, per l’utilizzo su percorsi brevi e con veicoli commerciali
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leggeri, è realistico ipotizzare un rapido passaggio a una mobilità con veicoli in larga parte elettrici, anche senza la necessità di pesanti investimenti in stazioni pubbliche di ricarica ad alta potenza. Diverso è il risultato se lo studio di sostenibilità lo si effettua su un veicolo pesante. Più nel dettaglio, “lo studio ha dimostrato che, a fronte di una riduzione di circa il 40% della CO2, il costo totale della versione elettrica è superiore alla tradizionale versione diesel rendendo dunque quest’ultima, ad oggi, la soluzione preferibile fra le due in termini di sostenibilità allargata. Considerando inoltre l’assenza di un’adeguata rete di ricarica ad alta potenza (che impatterebbe negativamente sui tempi di tragitto), è presumibile che non vi sarà una significativa introduzione nel parco circolante di veicoli pesanti completamente elettrici nei prossimi 5-7 anni” ha confermato il Prof. Savaresi. Se ne deduce che in quest’arco temporale (prossimi 5-7 anni) l’azione più realistica ed efficace per contenere le emissioni di CO2 e di sostanze inquinanti, non sembra quindi essere il passaggio all’elettrico, ma una accelerazione del processo di adeguamento al livello Euro 6 del parco circolante. Questo trend avrà sicuramente un minor impatto mediatico (in confronto alla transizione a truck elettrici) ma, nella più facile e pratica applicazione, è quello che sembra essere il più efficace – in termini di tempi, costi ed emissioni – per accompagnare, sul medio termine, il passaggio verso veicoli dotati di sistemi di accumulo energetico basati su propulsioni elettriche. SOLUZIONI UTILIZZABILI
Ricordiamo che la Commissione Europea ha presentato una proposta di regolamentazione riguardante la riduzione delle emissioni di biossido di carbonio dei veicoli industriali – la prima per questo specifico comparto – che prevede due livelli di riduzione per il 2025 e il 2030, rispettivamente del 15% e del 30% rispetto al valore medio del 2019, anno in cui, a livello europeo, tutte le Case costruttrici dei pesanti devono utilizzare lo stesso strumento di calcolo (il software VECTO) per dichiarare e documentare le emissioni di CO2 di un’ampia gamma di autocarri.
Sull’evoluzione del settore influiranno quindi una serie di sfide tecnologiche e regolamentari che, permetteranno di raggiungere questi target molto ambiziosi ma non senza il miglioramento relativo alla distribuzione delle stazioni di rifornimento di LNG e CNG, e non senza investire sulla rete infrastrutturale per l’elettromobilità dei camion (soprattutto sui punti di ricarica ad alta potenza per i truck con lunghe percorrenze). Ci sono poi misure ampiamente disponibili e che possiamo prendere per far sì che il trasporto divenga più sostenibile a 360°. Per esempio, utilizzare la condivisione dei veicoli, aumentare la diffusione di veicoli ibridi ed utilizzare sempre più carburanti alternativi. Ma “In uno scenario di neutralità tecnologica, è presumibile attendersi che fino al 2035- 2040 i motori a combustione interna giocheranno ancora un ruolo importante nella mobilità delle merci, mentre altri contributi alla riduzione delle emissioni arriveranno dalla guida autonoma, dalla variazione di dimensioni e pesi e dalla logistica integrata” ha dichiarato Carlos Ochoa, Senior Director di FTI Consulting a Bruxelles nel settore dell’energia e dell’ambiente. Come detto poc’anzi, i propulsori a diesel di ultima generazione rappresentano ad oggi, le forme di trazione più sostenibili sul mercato e una massiccia “Euro6-izzazione” dei veicoli più vecchi circolanti sicuramente ha un impatto più efficace in termini di riduzione di emissioni inquinanti. “M” COME METANO
Il ruolo che nei prossimi anni avrà il gas naturale lo ha delineato Licia Balboni, Presidente di Federmetano, durante l’audizione sul PNIEC (Strategia Energetica Nazionale al Piano Nazionale Integrato per l’Energia e Clima per il 2030): “Negli
LNG
ultimi anni il settore del metano per autotrazione è cresciuto molto. Tuttavia, se consideriamo le potenzialità di questo virtuoso carburante in termini di decarbonizzazione e sostenibilità – economica, sociale ed ecologica – il gas naturale ha ancora una enorme potenzialità di sviluppo, soprattutto in chiave rinnovabile”. Il primo obiettivo dunque su cui è necessario impegnarsi sarebbe proprio la decarbonizzazione, agevolando il rinnovo del parco veicolare – con relativo svecchiamento e abbinando la rottamazione dei veicoli Euro 0 ed Euro 3 – la diffusione della mobilità condivisa e l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale. Misure da utilizzare senza interruzione anche per i mezzi pesanti che, tra l’altro godono del recentissimo rifinanziamento da parte del MIT (Ministro Toninelli), del fondo contributi all’acquisto dei mezzi pesanti con trazioni alternative (tra cui LNG e CNG) per un plafond di 9,5 milioni di euro, operativo dal giorno successivo alla pubblicazione in G.U. Dall’Associazione nel settore dei trasporti il biometano viene considerato la migliore soluzione esistente capace di raggiungere l’azzeramento della CO2, per di più con una rete già ben strutturata (quella del CNG che conta 1370 PV nel solo territorio nazionale). Si stima infatti che il potenziamento della produzione di biometano potrebbe evitare emissioni di anidride carbonica per 197 mln di tonnellate (scenario al 2050), dai dati registrati ad oggi (Fonte Althesis). Ci sarebbe anche un risvolto sociale: lo sviluppo della filiera consentirebbe, già entro il 2030, di creare oltre 21mila posti di lavoro e “di generare un gettito tributario di 16 mld di euro tra imposte sulle imprese e fiscalità di salari e stipendi”.
Gli ultimi numeri
L’LNG negli ultimi anni ha rivoluzionato il trasporto su gomma: le immatricolazioni dei mezzi pesanti (>3,5 t) nel 2017 erano 302, nel 2018 sono arrivate a 699 e nel 2019 (gennaio- maggio) hanno raggiunto 936 mezzi a gas naturale, di cui 721 a LNG. I mezzi circolanti in Italia con questa alimentazione sono 2000, su un totale di 6.000 in Europa. Inoltre, la rete si è più che decuplicata in 5 anni, passando dal primo impianto di LNG
del 2014 agli attuali 48 operativi e 29 in progetto. Una rete che però cresce principalmente nel nord Italia: il gas naturale liquefatto proviene dall’estero (Barcellona e Marsiglia) e il costo del suo trasporto nel Centro-Sud è piuttosto oneroso (sono presenti un distributore su autostrada in Campania e uno in Puglia, a Mesagne). Dal 2021 avremo il primo HUB Small Scale attivo sul territorio italiano, a Ravenna a opera di Depositi Italiani GNL (Edison-Pir).
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IL PUNTO
FOCUS ENERGIA PURA
Basti pensare che a un anno di distanza dall’approvazione del Decreto Interministeriale Biometano (marzo 2018) sono stati venduti, per l’autotrazione, un milione di m3 di biometano e approntati alla vendita 10 impianti stradali (4 in Emilia Romagna, 3 in Lombardia e 3 in Campagna). “È certamente indubbio che, affinché ci possa essere una ‘variazione ecologica’ del parco circolante, è necessario che ci sia l’immatricolato, ovvero che le case costruttrici mettano a disposizione dei consumatori una vasta gamma di veicoli”– ha continuato la Balboni. Ma è anche vero, aggiungiamo noi, che per valutare l’ecologicità di una sorgente di energia si debbano valutare le emissioni con un approccio whell-to-whell. Ad esempio, l’Agenzia Energetica Tedesca ha valutato che la CO2 emessa da un veicolo alimentato a biometano equivale a quella emessa dal medesimo veicolo elettrico alimentato totalmente da energia derivante da pale eoliche. Tutto ciò ha comunque una valenza “solo se viene assicurato un quadro di riferimento stabile, nel quale le accise sul gas naturale usato nei trasporti – anche nella forma LNG – rimangano sul valore attuale, favorendo così gli investimenti del comparto industriale”. Perché non esiste una eco sostenibilità, senza una sostenibilità economica che convenga sia al costruttore che all’acquirente. E l’assioma si applica anche alla propulsione elettrica. ELETTRICO = MOBILITÀ PULITA?
In una prospettiva futura, la mobilità elettrica rappresenta il modo migliore e più efficiente per arrivare ad una mobilità pulita ed a impatto zero, dove le emissioni di CO2 sono evitate sistematicamente sin dall’inizio; ma è necessario che la rivoluzione
Considerando che la popolazione mondiale raggiungerà oltre 9 miliardi di persone nel 2040, fornire abbastanza energia a prezzi accessibili per contribuire a migliorare gli standard di vita globali è una sfida significativa. La società moderna ha un crescente bisogno di consumare e sfruttare elettricità, sia per le banali attività quotidiane, sia per il funzionamento dei veicoli e il trasporto in generale. Ci aspettiamo che continui progressi, alimentati dall’ingegno e dalla tecnologia umana, contribuiranno a rendere possibile ciò, affrontando in modo adeguato i rischi climatici e minimizzando gli impatti ambientali. Le fonti da cui si proviene l’energia elettrica si distinguono in rinnovabili e non rinnovabili. Si può fare poi un’ulteriore distinzione in termini di combustibili fossili: non rinnovabili (idrocarburi e carbone) e rinnovabili (biogas, biomasse e scarti di legname). Energia solare, nucleare eolica e idroelettrica sono altre importanti fonti di produzione (alcune completamente green) che non comportano immissione nell’atmosfera di agenti inquinanti; sebbene il nucleare abbia un impatto ambientale importante per la produzione di scorie. Nel nostro paese, in base ai dati pubblicati dalla della società Terna, gestore della rete di distribuzione nazionale, l’utilizzo delle diverse fonti di produzione dell’energia elettrica può così sintetizzarsi: il 63% circa del fabbisogno nazionale è coperto grazie a centrali termoelettriche basate su combustibili fossili, mentre un 23% è prodotto da fonti rinnovabili (idroelettrico, geotermico, eolico e fotovoltaico); infine, circa il 13% del fabbisogno nazionale viene soddisfatto dall’importazione di energia proveniente da Francia e Svizzera che producono col nucleare.
energetica sia portata avanti costantemente, e che siano disponibili quantità sufficienti di energia rinnovabile. Costruire un veicolo a propulsione elettrica infatti non è più sufficiente. È imperativo considerarne l’intero ciclo di vita e ciò significa pensare dalle materie prime al riciclo. Un veicolo elettrico insomma è veramente “pulito” e green e a impatto zero solo se lo è anche in fase di produzione e ricarica. Il modus cogendi et operandi di alcune Case costruttrici, laddove le emissioni sono inevitabili, porta le stesse a compensare con investimenti in progetti e iniziative per la protezione del clima! Ma…c’è un ma. La mobilità esclusivamente elettrica dipende fortemente dalla sua potenzialità nel trasporto urbano ed extraurbano. In tema urbano, l’evoluzione e lo sviluppo dei motopropulsori è mirata alla valorizzazione del territorio; e ciò si evince dai vantaggi collegati all’assenza di emissioni e rumorosità di marcia. In questo scenario, i loro limiti di portata ed autonomia (si calcolino circa 200 km) non identificano un ostacolo insormontabile “all’implementazione di progetti di mobilità innovativi, soprattutto se mirati ad usi specifici”. L’elettrificazione invece dei veicoli pesanti e impegnati in percorrenze a lungo raggio, resta invece più complessa. Senza valutare che, ad oggi, manca una indispensabile rete di ricarica elettrica ad alta e ad altissima potenza che, anche dove è presente, richiede tempi di ricarica lunghissimi.# @FedericaLugaresi
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Gli altri parlano. Uno solo passa ai fatti. Il nuovo Actros. Predictive Powertrain Control. Con il nuovo Actros il consumo di carburante si riduce ulteriormente e viaggiare diventa ancora piĂš conveniente ed ecologico: oltre al sistema di posizionamento satellitare, questa versione evoluta del sistema utilizza cartine stradali digitali piĂš dettagliate e migliora il comportamento di marcia durante il funzionamento del sistema di regolazione della distanza adeguando lo stile di guida in base alle limitazioni di velocitĂ , agli incroci e alle rotatorie memorizzati. www.mercedes-benz-trucks.com
IL PUNTO L’OPINIONE
Elettrificare, per gradi La strada verso i propulsori elettrici è segnata anche per Ford. Il Costruttore americano ha, però, un approccio molto chiaro e una visione definitiva di come arrivare a questo obiettivo
A Marco Buraglio
Direttore Veicoli Commerciali Ford Italia
differenza delle vetture, sul veicolo commerciale ci sono dei vincoli e delle variabili che rendono il passaggio all’elettrificazione un pochino più graduale e più lento rispetto a quello che avverrà sulle auto perché ci sono di mezzo delle necessità che riguardano le portate e ovviamente anche l’autonomia. Una necessità dettata da un uso di tipo commerciale e dalle tante ore di operatività del mezzo, spesso senza poter rientrare alla base. La mia visione, dunque, è di un passaggio all’elettrificazione, che avverrà necessariamente anche sui veicoli commerciali, ma in un tempo un pochino più ampio rispetto a quanto succederà per le vetture, proprio per i vincoli di cui abbiamo parlato e che obbligano ad uno sviluppo ancora più estremo del prodotto.
LA NOSTRA POLITICA
Per questo Ford ha deciso, rispetto ad altri concorrenti, di fare un primo step lanciando dei prodotti mild hybrid
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che rappresentano una prima fase del processo di elettrificazione. Tecnologia che secondo me è una visione intelligente perché si abbina perfettamente al fatto che comunque renderemo disponibli dei mezzi con impatto sull’ambiente sostenibile, perché il plug-in è un veicolo ad emissioni zero, ma allo stesso tempo, proprio per il fatto che è ibrido, permette di avere autonomia e portate quasi perfettamente in linea con quelle dei veicoli tradizionali. Quindi, laddove ci sia la necessità di utilizzare il veicolo in modalità completamente elettrica, lo stesso può funzionare a zero emissioni, consentendo però all’utilizzatore di affrontare tranquillamente la giornata lavorativa senza soluzione di continuità. Questa è, secondo me, la dimostrazione di quanto Ford creda nella ecosostenibilità del trasporto ma che allo stesso tempo non la teorizza solamente, ma la rende pratica sostenibile anche dal punto di vista del business. Dal punto di vista tecnologico potremmo anche mettere in strada veicoli full electric sin da subito, ma con portate
estremamente ridotte, con autonomie di 130 km che renderebbero quindi l’utilizzo del mezzo alquanto difficoltoso nella fruibilità del business. Questo secondo me è un aspetto interessante che abbina la necessità di rendere i nostri veicoli sempre più ecosostenibili e che allo stesso tempo accompagna gradualmente l’azienda in questo processo.
IL FUTURO CI VIENE INCONTRO
Poi c’è il discorso della connettività che, grazie alle tecnologie innovative di cui sono ormai dotati i nostri veicoli, permetterà un’efficienza ancora maggiore nell’utilizzo del veicolo commerciale, permettendo alle aziende di gestire meglio le flotte, da piccole a grandi perché noi abbiamo strumenti che si possono adattare a qualsiasi dimensione di parco… la connettività sarà uno strumento di ulteriore aumento dell’efficienza.
Ford sta lavorando assiduamente al futuro del veicolo commerciale per rendere i veicoli sempre più ecosostenibili ma non in maniera astratta, perché dobbiamo essere capaci anche di accompagnare gli utilizzatori in questo processo in modo da non avere delle interruzioni delle attività di business. Quindi le nostre soluzioni tecnologiche sono la dimostrazione di quanto Ford sia al fianco di chi lavora. In questo percorso verso l’elettrificazione e verso l’ecosostenibilità Ford accompagna le aziende in una modalità graduale. La nostra strategia è funzionale ovviamente a due necessità: avere veicoli ecosostenibili e permettere alle aziende di lavorare con efficienza. Queste due cose vanno di pari passo nello sviluppo dei nostri prodotti e accompagnano il business verso l’elettrificazione senza compromessi. Se oggi acquisti un veicolo 100% elettrico, oltre al costo elevato dello stesso, hai molta meno portata e devi fare i conti
Anche questo va in un’ottica di ecosostenibilità perché sapere in anticipo che il veicolo ha fatto “tot” chilometri permette di utlizzarlo in modo più efficiente e anche con maggiore rispetto verso l’ambiente. Se un veicolo ha dei consumi o delle emissioni non normali, il sistema lo segnala. La connettività è amica dell’ecosostenibilità e, quindi, contribuisce alla riduzione dei costi d’esercizio, pilastro di ogni decisione per chi soprattutto acquista tanti veicoli.
con l’autonomia, come abbiamo già detto. Gli esercizi teorici di sviluppo dei prodotti sono bellissimi e affascinanti, ma poi dobbiamo calarci nella realtà quotidiana e andare a vedere le reali necessità del momento degli utilizzatori, altrimenti il mercato non recepisce quanto proposto dai Costruttori. Per questo ritengo che la scelta di Ford sia la più intelligente, poiché il plug-in hybrid, con il fatto che il range di autonomia è esteso, permette un utilizzo molto più idoneo a quella che è la necessità del business. #
CONNETTIVITÀ E ELETTRIFICAZIONE VANNO A BRACCETTO
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IL PUNTO L’OPINIONE
Elettrico? Pensare all’elettrico o a carburanti alternativi va bene, ma va ripensata la logistica cittadina e l’ultimo miglio: il 50% dei consumi energetici del settore merci deriva proprio dal trasporto in ambito urbano.
Si, ma prima ripensiamo la
logistica
Abbiamo raccolto l’opinione di un esperto della mobilità del futuro. Sotto forma di intervista vi presentiamo il pensiero di Massimo Ciuffini che, oltre ad essere responsabile dell’area “Mobilità Sostenibile” della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, è anche coordinatore tecnico dell’Osservatorio nazionale Sharing mobility Massimo Ciuffini
Coordinatore Mobilità Sostenibile della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
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L
a domanda più generale, ma forse anche la più importante, che ci viene in mente di fare ad uno studioso della mobilità, nell’ambito di un approfondimento come quello di Focus Green 2019, è molto semplice: quale sarà lo sviluppo futuro del trasporto merci? “Non posso dare una riposta unica – risponde senza pensarci Massimo Ciuffini – perché bisognerebbe segmentare il trasporto in più parti. Per esempio per il trasporto sulle lunghe percorrenze, il futuro è senz’altro la ferrovia, cosa che vale anche per le merci che arrivano per mare. Sappiamo, invece, che il grosso del trasporto in Italia si svolge su distanze relativamente brevi per le quali, quindi, si può immaginare solo la strada”.
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Oltre l’80 per cento di ciò che viene trasportato da un punto all’altro del nostro territorio, infatti, viaggia su gomma, utilizzando strade e infrastrutture spesso inadeguate alle esigenze attuali. Ma tant’è, e per molto tempo ancora dobbiamo fare i conti con questa modalità di trasporto. Però bisogna chiedersi “come” farlo, per essere comunque il più sostenibili possibile. “Non è facile dare una risposta del genere – dice Ciuffini – perché per parlare di trasporto commerciale si deve necessariamente sconfinare nell’economia del Paese. Prima di parlare di propulsioni o carburanti alternativi si dovrebbe pensare a una necessaria diminuzione o, comunque, a una razionalizzazione della domanda di trasporto, con inevitabili ricadute sull’organizzazione logistica di gran parte del tessuto produttivo del nostro Paese. È indubbio,
Nomenclatura
Il ciclo Well to Wheel
Le emissioni well-to-wheel (dal pozzo alla ruota), che si misurano in Mega Joule al km, servono per confrontare, sullo stesso piano, veicoli che sono alimentati con combustibili diversi, come quelli diesel e i veicoli elettrici. DIESEL ➞ le emissioni vengono prodotte bruciando il carburante nel motore del veicolo ELETTRICO ➞ il combustibile brucia in una centrale ed è quest’ultima a produrre le emissioni. Quando la produzione elettrica non viene solo fatta con centrali termiche alimentate col fossile, ma anche con delle fonti rinnovabili, il coefficiente emissivo per kWh si abbassa.
ESEMPIO COEFFICIENTE EMISSIVO (fonte JRC, 2017)
ITALIA ➞ tra 358 e 448 GERMANIA ➞ tra 485 e 615
Questo significa, in estrema sintesi, che a parità di veicolo elettrico si emette di più in Germania che in Italia. Se si consumano per ogni km 0,2 kWh e si moltiplica questo fattore per 358 (al 2019 si è ulteriormente abbassato), si ottengono le emissioni che tengono conto di come si produce l’elettricità in Italia, vale a dire 71,6 gr di CO2 ogni chilometro percorso. Ma attenzione, quando si legge che un’veicolo a benzina o Diesel emette 95 gr di CO2, in realtà ne emette un po’ di più, perché per portare i carburanti in giro per l’Italia, raffinarli e distribuirli serve comunque altra energia, più o meno un altro 10%.
comunque, che, dobbiamo aspettarci una vera rivoluzione per quanto riguarda i combustibili: elettrico per la mobilità cittadina , idrogeno per il pesante, o biocarburanti, anche se questi ultimi portano con loro problemi di reperimento di materia prima”.
veicolo elettrico che si muove in Italia, secondo le misurazioni “well to wheel”, ha delle emissioni assolutamente competitive con qualsiasi altra alimentazione, cosa che non si può dire di un veicolo che si muove alimentato dall’energia elettrica per esempio tedesca o polacca”.
LE SOLUZIONI ALTERNATIVE AL FOSSILE
FOCUS SULLA DISTRIBUZIONE URBANA
Il metano, soprattutto nella sua forma liquida GNL, per molti è da considerare una tecnologia di transizione, mentre l’idrogeno sembra ancora lontano da venire, con costi elevatissimi e con grandi incognite su distribuzione e produzione. Il Biometano, quindi, potrebbe rappresentare un’alternativa valida. A quali condizioni, però? “Noi possiamo avere la nostra idea – afferma il nostro esperto – ma la risposta vera, purtroppo, sta nelle scelte industriali, anche e soprattutto in ambito europeo e non solo nel settore dei trasporti. Certo, questa è una fase di transizione nella quale il GNL fa la sua parte importante ma è destinato ad esaurirsi. L’ideale in questo momento potrebbe essere una ‘miscelazione’ di metano e, per il trasporto pesante, di GNL e biometano. Ma credo che ci vogliano molti anni per far attecchire un’idea di questo tipo. Nonostante il biometano sia stato incentivato, ancora non si vede un vero e proprio decollo. Molti analisti, poi, mettono in discussione addirittura il fatto che ci sia una reale convenienza economica o che ci sia una vera disponibilità di materie prime per produrre una quantità sufficiente di biometano”. Proprio a proposito di industria, molti Costruttori vedono all’orizzonte la propulsione elettrica, virando fortemente la propria ricerca e sviluppo in quella direzione. Sappiamo, però, che anche questa fonte energetica non è certo la panacea di tutti i mali, soprattutto pensando allo smaltimento delle batterie. “Prima di tutto va detto – ci dice il dirigente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – che a problemi complessi non può essere data una soluzione semplice, cioè una risposta a questa domanda implicherebbe dei ragionamenti molto complicati. Per esempio, la questione di quanto pesi in termini di consumi energetici la filiera che sta a monte della produzione delle batterie è ancora molto dibattuta e, come sempre, ci sono studi che dicono anche cose molto diverse tra loro. Comunque, dal punto di vista delle rese energetiche, nella locomozione, in Italia abbiamo un ottimo rendimento dei motori elettrici che ci garantiscono un grande risparmio energetico. Nel nostro Paese, infatti, abbiamo un coefficiente di emissioni di gas serra per kilowatt/ora decisamente migliore di quello di altri Paesi europei, anche quelli più blasonati come la Germania, perché abbiamo una componente delle rinnovabili sulla produzione elettrica molto alta. Questo fa si che un
“L’elettrico, fondamentalmente, non deve essere utilizzato come miraggio per ‘nascondere sotto il tappeto’ tutti gli altri problemi legati alla mobilità e alla sostenibilità . Per esempio, se parliamo del trasporto merci urbano, ci troviamo, secondo me, davanti a un grande buco nero, del quale ci si occupa pochissimo, nonostante abbia un impatto molto, molto forte. Se guardiamo le stime dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sulle emissioni dei veicoli stradali, il 50% dei consumi energetici del settore merci deriva dalla logistica urbana. E questo grazie o a causa dello sviluppo esponenziale dell’e-commerce. Perché non si riesce a razionalizzare le consegne o l’intera catena distributiva? Purtroppo, almeno da noi, non si studiano soluzioni, ci si limita a far sì che siano gli attori del mercato a equilibrarsi, senza pensare che è sempre e comunque la riduzione dei costi e il profitto a guidare la situazione. D’altra parte, qualsiasi tassazione o regolazione che arrivi dall’alto viene sempre mal sopportata. Trovo inaccettabile, per esempio, che nelle grandi città ci siano, un po’ovunque, furgoni parcheggiati in seconda fila perché l’autista sta consegnando. Che siano Diesel o elettrici i mezzi dedicati alla consegna non importa, è comunque incivile. Va assolutamente ripensata e organizzata la logistica dell’ultimo miglio”. Alla luce di quanto detto finora, però, bisogna anche soffermarsi a rifelttere sulla realtà dei fatti. Ovvero capire quanto il nostro comparto, cioè il trasporto, sia responsabile della produzione di gas serra. “L’allarme trasporti è assolutamente fondato – conclude Massimo Ciuffini – perché le emissioni di gas serra derivanti dai consumi energetici dei trasporti sono tra il 25 e il 30 per cento dei consumi complessivi finali. Quello che è preoccupante, a mio avviso, è che mentre in tutti i settori, in qualche modo, si riducono i consumi o, comunque, si cerca di farlo, il settore dei trasporti non ha fatto praticamente nulla. La storia recente ci dice che in Italia, le emissioni derivate dai trasporti, si sono abbassate solo quando c’è stata una fase di forte crisi economica; per esempio dal 2009 al 2011 c’è stato un calo significativo. Insomma, è un settore che non sembra reagire in maniera davvero responsabile a qualunque politica di misura di riduzione dell’inquinamento”. # www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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IL PUNTO MODALITÀ DI TRASPORTO 16
Come si muove la
mobilità
Il punto su quali sono i trend e gli indirizzi normativi per il trasporto di merci in Europa in un’ottica sempre più sostenibile
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arlare di mobilità e di modalità di trasporto merci senza esulare dal contesto è sempre difficile. La lista di trasporti alternativi tra veicoli con carburanti di transizione o la scelta delle strade ferrate o marittime non ha senso senza inquadrare il contesto in cui operiamo. Una serie di sfide tecnologiche e regolamentari sta influendo sull’evoluzione del settore. Dopo le analisi dello scorso anno sulle modalità in senso stretto, cerchiamo di dare anche un volume e un peso specifico alle varie scelte in una realtà, quella dell’attenzione ambientale alle
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modalità diverse dal trasporto su gomma, che è cresciuta più nel dibattito pubblico che nei numeri, se non per qualche meritevole eccezione. Come spieghiamo più avanti, partiamo dagli obiettivi di un organo sovranazionale: come ben sanno gli addetti ai lavori, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamentazione riguardante la riduzione delle emissioni di CO2 dei veicoli industriali – la prima per questo specifico comparto – che prevede due livelli di riduzione per il 2025 e il 2030, rispettivamente del 15% e del 30% rispetto al valore medio del 2019, anno in cui tutti i costruttori europei di veicoli pesanti utilizzano lo stesso strumento di calcolo (il software VECTO) per dichiarare e documentare le emissioni di CO2 di un’ampia gamma di autocarri.
Lo diciamo subito: si parla di target ambiziosi e per raggiungerli sarà indispensabile intervenire a 360° migliorando tanto la distribuzione delle stazioni di rifornimento di CNG e GNL, quanto investendo sulla rete infrastrutturale per l’elettromobilità dei truck (in particolare, sui punti di ricarica ad alta potenza per i camion a lungo raggio), nonché rinnovando il parco e sostenendo lo sviluppo di carburanti sostenibili. Dal canto suo il Dossier Anfia di febbraio 2019, giunto alla sua terza edizione e a cui dedichiamo un box con i dati principali, fotografa al meglio il trasporto merci in Italia e in Europa basandosi sui dati ufficiali Eurostat, Istat e del Ministero dei Trasporti. Lo studio, infatti, riporta un’analisi della movimentazione delle merci e dell’evoluzione del trasporto su strada comparato con le altre modalità e tra i Paesi europei. Nel 2016 il traffico merci in Unione europea risulta in crescita (+4,5%), così come il trasporto stradale (+5,2%, con un volume di 1.803,5 miliardi di tkm, il più alto registrato nel quinquennio). Anche nel 2017, la modalità stradale continua ad essere la preferita: gli autocarri trasportano il 72,8% (in Italia oltre l’80%) delle merci movimentate su terra. Andando
nel dettaglio, nel 2016, ovvero l’ultimo riferimento ad oggi disponibile per i dati aggregati in Unione Europea, sono state movimentate, attraverso tutte le modalità di trasporto, 3.661 miliardi di tkm (tonnellate per kmq) di merci, il 4,5% in più del 2015, che risulta ancora inferiore del 2,4% a quello pre-crisi del 2007 (3.753 miliardi tkm, record storico). Nel 2016 il trasporto per mare ha registrato la crescita maggiore tra tutte le modalità di trasporto, +6,4% sul 2015, seguito dal trasporto su strada, +5,2%. Situazione non molto diversa anche nel resto del mondo dove la strada quindi rappresenta quasi i tre quarti del totale trasportato; seguono il trasporto su ferrovia con il 16,6% di quota, la navigazione interna con il 5,9% e gli oleodotti con il 4,6%. Se si escludono anche gli oleodotti, per la specificità della merce trasportata, la strada ha una quota del 76%, la ferrovia del 17,4% e la navigazione interna del 6%. Nel mondo, strada e mare sono le modalità di trasporto merci preferite in UE e in Giappone, mentre negli Stati Uniti sono strada e ferrovia. In Cina, invece, è il mare che svolge il traffico maggiore, seguito dalla strada, mentre in Russia gli oleodotti sono al primo posto, seguiti dalla ferrovia.
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IL PUNTO MODALITÀ DI TRASPORTO
UE28 Traffico totale merci, miliardi tkm
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LA CRESCITA DELLE AUTOSTRADE DEL MARE
GNL, UN CARBURANTE ALTERNATIVO PER TUTTO IL MONDO
La sfida green più importante del nostro paese, come abbiamo In un altro incontro, quello dello scorso maggio a Napoli per la visto già visto a Transpotec Logitec, arriva dalle cosiddette “auConferenza GNL, si è andati ancora più nel dettaglio, unendo tostrade del mare”. le modalità di trasporto a uno dei carburanti di transizione più L’incremento dei trasporti via mare insieme a quelli su ferro, in auge: gli usi diretti del GNL di piccola taglia nei trasporti e grazie all’intermodalità tra navi e treni, ha infatti già tolto dalle nell’industria infatti non sono più solo una promessa, ma una strade, in un solo anno, oltre 1,5 milioni di camion. Un risultasolida realtà della transizione energetica globale. to pari a 40 milioni di tonnellate di merci in meno trasportate È la prima volta nella storia economica mondiale che un sull’intera rete stradale nazionale, con un abbattimento di oltre nuovo carburante si diffonde simultaneamente in tutti i 1,2 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 nell’aria. continenti anche se ci sono ancora caratteristiche regionali da valutare e approfondire. Dal canto loro le turbolenze poA raccogliere questa sfida dei trasporti troviamo Alis (Aslitiche e commerciali globali spingono verso l’indipendensociazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile) che za e la sicurezza delle forniture energetiche di cui il GNL è recentemente ha ricordato come le 1.400 aziende associate, insieme ai loro 152.000 lavoratori, stanno contribuendo da tempo a proUE28 Traffico merci su strada, miliardi tkm e % sul totale complessivo delle merci trasportate durre risultati concreti in termini di sostenibilità ambientale con una riduzione di emissioni di CO2 fino al 70% rispetto al tutto-strada. Che il settore della mobilità sostenibile sia sempre di più “ad alta rilevanza strategica” lo aveva confermato, sempre a Verona, anche l’AD di Invitalia, Domenico Arcuri, citando studi internazionali secondo i quali le esternalità negative del trasporto “non green” costano il 4% del Pil mondiale.
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NUMERI
I DATI ITALIANI DEL TRASPORTO MERCI
Il TRASPORTO FERROVIARIO (tutte le imprese) ha movimentato nel 2016 (ultimo dato dettagliato disponibile, ndr) oltre 92 milioni di tonnellate (+0,7% sul 2015) ed oltre 22 miliardi di tkm (+9,3%). Per tipo di trasporto, 11,3 miliardi di tkm hanno interessato il trasporto nazionale, 7 mld di tkm il trasporto internazionale in entrata e 4,3 mld quello in uscita. I principali Paesi di destinazione delle merci in uscita sono stati Germania, Polonia, Austria e Francia, mentre i principali Paesi di origine delle merci in entrata sono stati Germania, Austria, Francia, Polonia e Ungheria. Il trasporto ferroviario intermodale, realizzato dalle grandi Imprese per unità di trasporto intermodale, ha impiegato container e casse mobili per 11,27 miliardi di tkm, semirimorchi non accompagnati per 1,82 miliardi di tkm, veicoli stradali accompagnati per 380 milioni di tkm, per un totale complessivo di 13,46 miliardi di tkm e un percorso medio di 234 km. Nel complesso, considerando i traffici realizzati all’estero dalle società del Gruppo FS Italiane, i volumi di traffico realizzati sono stati pari a 22,7 miliardi di tonnellate km. In Italia il traffico realizzato dalla Divisione Cargo di Trenitalia è risultato di circa 12 miliardi di tonnellate-km, con una riduzione dell’1,2%; in particolare il traffico convenzionale è risultato in netta ripresa (+2,0% rispetto all’anno precedente) trainato dal segmento siderurgico e dal segmento automobilistico determinato, quest’ultimo, dal rilancio di FCA sul mercato nazionale (Conto Nazionale dei Trasporti e delle Infrastrutture 2016-2017).
protagonista. D’altra parte, la contaminazione e l’integrazione tra i vari settori favorisce e accelera il progresso dell’intero settore, guidato tanto da obiettivi ambientali quanto economici. I rappresentanti dei principali produttori e utilizzatori del mondo hanno illustrato le ultime innovazioni partendo dall’uso del GNL nel trasporto marittimo per arrivare a mostrare come si stia diffondendo sempre più anche nel trasporto terrestre pesante, nelle industrie e nelle reti cittadine. Non solo, per la prima volta si è parlato anche del GNL nel trasporto ferroviario e dei vettori spaziali. MERCI SU FERROVIA, TRA INNOVAZIONE E TRADIZIONE
Proprio il trasporto merci su strada ferrata, in questi mesi, ha visto diverse novità sul mercato. La prima ha fatto parlare molto di sé, soprattutto per la scelta strategica di usare le linee veloci nelle ore di scarico, ovvero il nuovo servizio all freight gestito dal Polo Mercitalia che collega – utilizzando la rete Alta Velocità/Alta Capacità italiana – ogni giorno (dal lunedì al venerdì), in 3 ore e 30 minuti, il Terminal Mercitalia di MaddaloniMarcianise (Caserta) con l’Interporto di Bologna, uno dei più importanti hub logistici del Nord Italia. Il servizio – denominato Mercitalia Fast – è stato pensato per soddisfare le esigenze di clienti quali corrieri espresso, operatori logistici, produttori, distributori e valorizzatori immobiliari. La merce viaggia a bordo di un treno ad Alta Velocità che ha una capacità di carico equivalente a 18 Tir e l’impiego di roll container permette di rendere veloci, efficienti e sicure le operazioni di carico e scarico. Questo primo servizio ha l’obiettivo di alleggerire la principale arteria autostradale italiana (l’Autostrada A1, ndr) di circa 9.000 camion ogni anno, riducendo dell’80% le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, rispetto al trasporto stradale.
Fonte Anfia - “DOSSIER Trasporto merci su strada” (febbraio 2019)
Il TRASPORTO MARITTIMO (merce imbarcata e sbarcata) ha movimentato, nel 2017, 475 milioni di tonnellate di merci (+2,9% sul 2016), di cui 275 milioni in trasporto internazionale (+1% sul 2016, che era in calo del 4,5% sul 2015) e oltre 200 milioni in attività di cabotaggio (+5,5% sul 2016, in aumento del 9,8% sul 2015). Il volume del 2017 risulta superiore del 3,9% a quello movimentato nel 2013. Per tipo di carico e merce (in tonnellate), il trasporto marittimo risulta così ripartito: 89 milioni in contenitori, 198 milioni di rinfusa liquida, 75 milioni di rinfusa solida, 89 milioni Ro-Ro, 24 milioni altro. Il traffico interno della navigazione marittima di cabotaggio ha effettuato trasporti per 58 miliardi di tkm. Nei fatti la seconda modalità di trasporto per volumi di tkm dopo la strada.
Tra le modalità alternative più sostenibili quindi non si può dimenticare la fondamentale presenza del trasporto combinato – o trasporto intermodale – che indica letteralmente tutti quei trasporti di merci che prevedono l’impiego di unità di carico di almeno due differenti mezzi di trasporto. In questo insieme si è affermata anche in Italia, grazie a preziose esperienze presenti sul territorio, la cosiddetta “autostrada viaggiante” (nota anche con il termine “RoLa”, acronimo del termine tedesco Rollende Landstrasse) che è una forma di trasporto combinato che coinvolge il trasporto di complessi veicolari su treni merci. A differenza del trasporto intermodale, in cui vengono trasportati solo i container o eventualmente i semirimorchi, l’autostrada viaggiante prevede il trasporto dell’intero complesso veicolare (cioè trattore stradale incluso). Tra i protagonisti per l’impegno ambientale, ricordiamo il Gruppo Ambrogio che, in questo settore, si è sempre contraddistinto per l’utilizzo di tecniche innovative che hanno portato all’ottimizzazione dei pesi delle unità di carico e dei vagoni ferroviari dal conseguente incremento della lunghezza e della portata netta dei propri treni.
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IL PUNTO MODALITÀ DI TRASPORTO
Ambiente e trasporti
Infatti, mentre il mercato dell’intermodalità si sviluppava utilizzando il sistema del trasferimento di semirimorchi che comportano l’inefficiente e non necessario trasferimento di tara superflua, in casa Ambrogio hanno sviluppato combinazioni di casse mobili e carri ferroviari progettati per aumentare il carico utile dei propri treni e mantenere su livelli da primato il rapporto CO2 /tonnellata trasportata. Le caratteristiche progettuali di questo equipment e l’utilizzo dello standard della cassa mobile da 13,60 metri consentono oggi di raggiungere nei treni Ambrogio tassi di riempimento ai vertici della categoria e di raggiungere un risparmio medio del 60% di emissioni inquinanti rispetto al trasporto tutto strada. Il futuro su ferro? Se crescono queste realtà, assieme alle infrastrutture, può diventare roseo. Politica permettendo, ovviamente. IL LUNGO CAMMINO LEGISLATIVO VERSO IL 2050
Per comprendere il quadro normativo che sta interessando il futuro ambientale bisogna risalire le fonti legislative e guardare le principali linee guida che, già dal 2018, ha messo in atto l’Unione Europea. Il pacchetto mobilità pulita, ad esempio, è stato l’ultima di una serie di proposte politiche mirate a rafforzare la leadership globale dell’UE in materia di trasporti sostenibili. Per l’allora commissario Miguel Arias Cañete, “la gara mondiale per lo sviluppo di auto pulite è stata avviata” con l’entrata in vigore dell’accordo di Parigi che ha permesso di far emergere una rinnovata volontà di procedere verso economie a ridotto tenore di carbonio a livello internazionale.
Circa un quinto delle emissioni di gas a effetto serra prodotte nel vecchio continente deriva dai trasporti su strada: per questo, la mobilità pulita è una priorità per i legislatori dell’UE. La Commissione europea ha avanzato una serie di proposte politiche per rendere più verdi i trasporti in tutto il vecchio continente. Il primo, chiamato “L’Europa in movimento”, comprende, a sua volta, una rosa di proposte in materia di sicurezza stradale, sistemi di pedaggio intelligenti, traffico, inquinamento atmosferico, emissioni di CO2 e condizioni di lavoro ecocompatibili. I pacchetti sono stati elaborati sulla scia della strategia europea per una mobilità a basse emissioni, adottata già nel giugno del 2016, che stabilisce una serie di azioni mirate ad aiutare l’Europa a rimanere competitiva nel settore e a rispondere alle crescenti esigenze di mobilità di persone e merci. In diverse regioni del mondo, infatti, sono già in via di realizzazione investimenti e innovazioni nel campo della sostenibilità dei trasporti su strada, in particolare per quanto concerne i veicoli a basse o a zero emissioni: la Cina, ad esempio, ha introdotto quote di vendita obbligatorie a partire da quest’anno, mentre la California e altri nove stati USA hanno reso più rigorosi gli standard esistenti. L’UE rischiando di perdere terreno in questa gara mondiale ha deciso di muoversi per conto proprio. Per questo il cosiddetto “pacchetto mobilità pulita” comprende nuove norme in materia di emissioni di CO2 per auto e furgoni: rispetto ai livelli del 2021, nell’UE le emissioni medie dei nuovi veicoli rientranti in queste categorie dovranno essere tagliate del 15 % entro il 2025 e del 30 % entro il 2030. Al fine di stimolare i produttori a innovare, è stato previsto inoltre un meccanismo di incentivi flessibile e indipendente dalle tecnologie, che interesserà i veicoli a basse o zero emissioni.
LE DIFFERENZE TRA AUTOCARRI E BUS ridurre, in media, le emissioni di CO2 del 30%. Si tratta di obiettivi vincolanti e i produttori di autocarri che li violeranno subiranno una sanzione pecuniaria sotto forma di indennità per emissioni in eccesso. Per la prima volta l’UE ha introdotto obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per i veicoli pesanti andando a colmare una lacuna nella normativa ambientale europea. “Grazie a questo accordo il settore dei veicoli pesanti comincerà a fare la sua parte per raggiungere i nostri obiettivi climatici”, il commento di Gra iela Leocadia Gavrilescu, vice prima ministra e ministra dell’ambiente della Romania.
Infatti, oltre a stabilire obiettivi vincolanti, i colegislatori hanno convenuto di rafforzare, rispetto a quanto proposto dalla Commissione europea, il sistema di incentivi per i veicoli a emissioni zero e a basse emissioni (ZLEV) nel settore dei veicoli pesanti. Gli autobus e i pullman sono esclusi dal sistema ZLEV in quanto beneficiano già di incentivi previsti da altre misure. I colegislatori hanno concordato anche misure specifiche che garantiranno la disponibilità di dati solidi e affidabili, ovvero raccogliendoli da dispositivi a bordo per il monitoraggio dell’effettivo consumo di carburante ed energia dei veicoli pesanti.
FOCUS
Come abbiamo visto, l’UE sta lavorando all’adozione di misure per ridurre le emissioni di CO2 degli autocarri. Durante la presidenza rumena del Consiglio, nel primo semestre 2019, si è raggiunto un accordo provvisorio con i rappresentanti del Parlamento europeo su nuove norme che definiscono obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni di CO2 per i veicoli pesanti. L’accordo provvisorio raggiunto richiede l’avallo degli Stati membri e, in base alle nuove norme, tra il 2025 e il 2029 i nuovi autocarri genereranno emissioni di CO2 inferiori, in media, del 15% rispetto ai20 livelli delTRASPORTARE 2019. A partire dal novembre 2030 dovranno OGGI 2019
In Italia, ad esempio, la Risoluzione n. 32/E dell’Agenzia delle Entrate, pubblicata lo scorso febbraio, fornisce anche le prime indicazioni relative all’imposta sui veicoli inquinanti (Ecotassa), dovuta sui veicoli acquistati e immatricolati dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021. In particolare, il documento di prassi si sofferma sulle autovetture che possono beneficiare degli incentivi e individua i documenti che le imprese costruttrici o importatrici devono ricevere dal venditore e conservare ai fini della fruizione del credito d’imposta oltre a fornire indicazioni sulla cosiddetta “Ecotassa” sui veicoli inquinanti. Tornando al pacchetto dell’UE sono inclusi anche una direttiva sui veicoli puliti, la revisione della direttiva sui trasporti combinati, una direttiva sui servizi di trasporto passeggeri effettuati con autobus e un piano d’azione, abbinato a soluzioni in materia di investimenti, per un’infrastruttura per i combustibili alternativi. Inoltre, una nuova iniziativa UE intende sostenere la produzione di batterie in Europa, che riveste un’importanza strategica. Le proposte pertanto mirano ad aiutare l’UE a centrare i suoi obiettivi in materia di clima ed energia, grazie a un’ingente riduzione delle spese sostenute per i combustibili e a un aumento significativo di competitività e occupazione. Tra i considerevoli benefici derivanti dalla loro applicazione, sono da menzionare la riduzione di 170 milioni di tonnellate di CO2 tra il 2020 e il 2030, il miglioramento della qualità dell’aria, il risparmio per i consumatori di circa 18 miliardi di euro l’anno sull’acquisto di combustibili, l’ambiziosa creazione di 70.000 posti di lavoro e la riduzione della spesa petrolifera annuale europea di circa 6 miliardi di euro. Non solo. Il 28 novembre 2018, la Commissione ha presentato anche il progetto “Un pianeta pulito per tutti”, ovvero la propria visione strategica a lungo termine per raggiungere un’economia climaticamente neutra entro il 2050. Questo documento di visione fornisce un’analisi dettagliata di otto strade percorribili dall’economia dell’Unione europea (UE), illustrando fattibilità e benefici della collaborazione fra i vari attori verso un futuro a impatto zero sul clima. Gli scenari delineati fanno affidamento su soluzioni tecnologiche esistenti o emergenti, sulla responsabilizzazione dei cittadini e sull’allineamento trasversale fra politica, finanziamenti e ricerca. La strategia a lungo termine prospetta un cammino equo dal punto di vista sociale verso un’economia europea capace, entro il 2050, di azzerare le emissioni nette dei gas a effetto serra e durante il quale la transizione energetica collabori a stretto contatto con la crescita economica. LE SETTE COMPONENTI
I percorsi illustrati nella strategia si basano su sette componenti strategiche: una maggiore efficienza energetica; una diffusione più capillare delle energie rinnovabili; una mobilità più pulita e connessa; un’industria competitiva basata sull’economia circolare; una serie di infrastrutture
NORMATIVE
intelligenti e interconnesse; uno sviluppo considerevole della bioeconomia e dei pozVECTO, COME NASCE zi naturali di assorbimento del carbonio; l’uIl Regolamento 2017/2400 so della cattura e dello stoccaggio del carbonio. stabilisce che dal 2019 per i veicoli I rappresentanti della Commissione europea hanN2 ed N3 (massa a pieno carico > 7.500 kg) il software VECTO no già avviato una serie di incontri con autorità e (Vehicle Energy Consumption parlamenti nazionali, imprese, organizzazioni non Calculation Tool) sia usato da tutti governative e cittadini di vari Stati membri per dii costruttori per il calcolo della CO2 scutere delle componenti strategiche ai fini della emessa nelle diverse combinazioni, allestimenti e profili di missione decarbonizzazione a lungo termine, come propodei mezzi pesanti, “ai fini sto nell’ambito della visione strategica. Il 14 marzo dell’immatricolazione, della vendita 2019 il Parlamento ha adottato una risoluzione sul e della messa in circolazione dei cambiamento climatico in cui accoglie con favore veicoli nuovi”. la pubblicazione della visione strategica, discutendo in merito ai percorsi mirati all’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 e ritenendo che tale obiettivo sia l’unico compatibile con gli impegni dell’Unione nel quadro degli accordi di Parigi. Dalla sua pubblicazione, la strategia “Un pianeta pulito per tutti” è stata discussa in varie formazioni del Consiglio, tra cui Ambiente, Agricoltura e Occupazione e politica sociale. Nel giugno del 2019, il Consiglio europeo ha invitato il Consiglio e la Commissione a portare avanti i lavori sui processi e sugli strumenti da adottare per assicurare la transizione verso un’UE a impatto zero sul clima: il Consiglio europeo definirà i suoi orientamenti entro la fine del 2019. In seguito all’ampio dibattito fra le parti interessate, l’UE sottoporrà la sua strategia a lungo termine alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) entro il 2020, in conformità alle richieste dell’accordo di Parigi.# @AndreaTrapani
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IL PUNTO
In camion come in filobus L’elettrificazione delle autostrade è un progetto affascinante, già realtà in Germania, e che potrebbe avere sviluppi interessanti in tutto il mondo. Ne parliamo con Francesco Bettoni, presidente di BreBeMi, prima autostrada italiana ad aver avviato i lavori per questa modalità di energia propulsiva
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l World Business Council per lo Sviluppo Sostenibile delle Imprese (WBCSD) stima che i volumi delle merci trasportate a livello globale nel 2050 saranno tre volte maggiori rispetto a quelli del 2000. Nonostante l’ampliamento significativo dell’infrastruttura ferroviaria, le linee dedicate ai treni saranno in grado di gestire solo un terzo di questo incremento di traffico merci. La maggior parte continuerà necessariamente ad essere trasportata su strada. Per questa ragione, gli esperti prevedono che le emissioni di CO2 derivanti dal traffico merci su strada possa più che raddoppiare entro il 2050, mentre come sappiamo, l’input della
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In apertura Francesco Bettoni nel centro operativo dell’Autostrada BreBeMi. Qui a fianco a Carpenedolo durante la presentazione del progetto di elettrificazione dei primi sei chilometri della direttissima Milano - Brescia.
Commissione europea va in ben altra direzione. In questo scenario, la mobilità elettrica offre una soluzione sostenibile. Il progetto eHighway di Siemens Mobility, per esempio, consente di ridurre l’uso di combustibili fossili e i costi operativi dei camion, eliminando allo stesso tempo le emissioni locali come CO2 e ossidi di azoto. Dopo aver portato avanti con successo sperimentazioni pilota in Europa e negli Stati Uniti, Siemens Mobility ha realizzato, insieme a Scania che ha sviluppato la propria esperienza sulle strade della Svezia, i primi due tratti stradali in Germania: una in Assia lungo l’autostrada A5, dove è stata completata l’infrastruttura di cinque chilometri necessaria per la strada elettrificata, e l’altra su una tratta dell’autostrada A1 fino al porto di Lubecca, con ulteriore capacità di ricarica nel porto. All’inizio del 2020, invece, si prevede la realizzazione della terza autostrada elettrica nel Baden-Württemberg lungo una tratta della strada federale B462.
LA TECNOLOGIA
Pantografo è la parola magica. Almeno lato camion. Per il momento solo Scania sta credendo in questa tecnologia e ha già realizzato i primi veicoli con “in testa” il braccio per collegarsi alla linea aerea. Veicoli che stanno sperimentando sulle strade tedesche e svedesi una mobilità commerciale davvero alternativa. Si tratta di modelli della serie R, per la precisione R450, che hanno montato sul telaio dietro la cabina i pantografi progettati da Siemens. Magnus Höglund, Head of Electric Road System, Scania ha spiegato così i vantaggi di questa tecnologia: “A differenza dalle automobili, che rimangono parcheggiate e stazionarie la maggior parte del giorno, i veicoli industriali vengono utilizzati per molte ore in operazioni di trasporto e fermarsi per ricaricare può pregiudicare le attività. Le autostrade elettriche permettono una ricarica funzionale ed efficiente direttamente in viaggio. Questa soluzione risparmia le batterie e riduce il carico sulla rete elettrica”. Stesso schema anche per il progetto italiano, lanciato e voluto fortemente da BreBeMi che, grazie all’impegno e allo studio di fattibilità di CAL (Concessioni Autostradali Lombarde) ha avviato lo scorso anno il processo per il primo tratto sperimentale di sei chilometri, tra Calcio e Romano di Lombardia (Bg). LO SCENARIO MONDIALE
Da quando Francesco Bettoni, vulcanico presidente di BreBeMi, ha presentato il progetto di elettrificazione della “sua” autostrada, nell’estate del 2018, sono cambiate (in meglio) diverse cose. Il progetto sulla direttissima tra Milano e Brescia va avanti ma, nel frattempo, in tutto il mondo, le tecnologie evolvono e il confronto tra i vari attori della mobilità del futuro fa passi da gigante. Così, in occasione dell’inaugurazione di due stazioni di servizio LNG sulla BreBeMi, abbiamo incontrato il suo Presidente e abbiamo colto l’occasione di farci dare da lui una panoramica globale di questa tecnologia e, naturalmente, di come essa si concretizzerà sulle strade italiane. “Digitalizzazione ed energie alternative stanno conquistando i Paesi più importanti del pianeta – esordisce Bettoni – con l’obiettivo di rendere il nostro mondo totalmente o il più possibile decarbonizzato. In quest’ottica alcuni Paesi quali Cina, www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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IL PUNTO
Germania, Svezia e Israele stanno lavorando sulla sperimentazione di tre direttrici: la prima è quella dell’utilizzazione del pantografo e quindi che impatta sul trasporto su gomma, la seconda è invece la tecnologia ad induzione e che riguarderà qualsiasi tipologia di mezzo di trasporto. La terza modalità di sviluppo è quella della realizzazione del cosiddetto binario unico. Per il momento abbiamo la Germania che è già operativa con oltre 10 km di strade elettrificate e tre veicoli pantografati in opera, la Svezia che deciderà entro il 2023 quale delle tre opzioni intraprendere e Israele che sta sperimentando le tre soluzioni insieme”. Non dobbiamo però allarmarci nel non leggere l’Italia tra i Paesi che stanno portando avanti questi futuristici progetti, perché in realtà anche noi abbiamo “know-how da vendere”, come si sul dire. “Assolutamente – conferma il nostro interlocutore – Noi, assieme al Politecnico di Milano porteremo avanti i test su tutti e tre questi elementi, lavorando insieme ai Paesi di cui abbiamo parlato poco fa, in un pool di lavoro in cui ognuno apporta il proprio contributo e l’Italia ha delle competenze che altre Nazioni, tra cui anche la Germania, non hanno.” La domanda a Francesco Bettoni a sto punto sorge spontanea: qual è l’apporto su cui l’Italia e in particolare BreBeMi può dare ad un percorso così ambizioso?
TECNOLOGIA
IL METANO IN AUTOSTRADA
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Sono stati inaugurati il 26 settembre scorso i distributori di GNL (gas naturale liquefatto o LNG liquefied natural gas) e CNG (Compressed Natural Gas o metano per auto) presso le aree di servizio di A35 Brebemi Adda Nord e Adda Sud a Caravaggio. In Italia sono circa già più di 2 mila i camion in circolazione alimentati a GNL e la sua diffusione è stata molto rapida negli ultimi anni, in particolare per il trasporto stradale pesante, con una crescita velocissima della rete delle stazioni di rifornimento (siamo ad oggi a 50) oltre ad aver ottenuto diverse manifestazioni di interesse per sviluppare nuove infrastrutture
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nelle aree portuali per servire anche le navi. “Queste aperture che prevedono l’avvio della distribuzione di carburanti ‘green’ sia per mezzi pesanti che per auto – afferma il Presidente di A35 Brebemi, Francesco Bettoni – sono un ulteriore passo avanti concreto verso la decarbonizzazione, nel solco di quel processo di innovazione e attenzione all’ambiente che A35 Brebemi sta perseguendo dalla sua progettazione e che, grazie ad altri progetti “green” in corso, la vedono in prima linea per poter diventare, nel giro di qualche anno, la prima autostrada ad economia circolare d’Europa”.
“L’intenzione nostra è quella di lavorare su tutti e tre i fronti, ma lo faremo quando siamo certi che queste tecnologie possano costituire un business model sostenibile e a quel punto utilizzeremo il fotovoltaico per creare energia, a questo punto davvero a impatto zero”. Ecco, questo introduce un aspetto cruciale per quanto riguarda la mobilità elettrica. Infatti, se è vero che la propulsione in questo caso è ad emissione zero, non lo è la produzione dell’energia che permette questo. Quindi? “È vero – ammette Bettoni – però va detto, innanzitutto che la produzione dei carburanti tradizionali va sempre più nella realizzazione di prodotti meno inquinanti. Vedi il Diesel di oggi. Il punto, però, è un altro: è fondamentale creare la cultura della sostenibilità. Decarbonizzare il più possibile attraverso l’uso di tecnologie diversificate. Vedremo col tempo quale sarà la più efficiente e quella che permetterà di raggiungere efficacemente le emissioni zero, però è importante cominciare a creare nuove soluzioni. È impensabile passare d’emblée dai fossili all’elettrico. È un passaggio graduale, che passa anche attraverso il metano che non va considerato transitorio, ma semplicemente alternativo. Come tutti gli altri carburanti ecosostenibili”. QUANTO MI COSTI?
Certo, per quanto riguarda BreBeMi stiamo parlando di sei chilometri di sperimentazione e poi, ben che vada, di 48 chilometri di autostrada. In Germania, come abbiamo detto, sono operativi 10 Km che potranno raddoppiare nell’arco di un paio d’anni e per la Svezia dobbiamo aspettare il 2023. Insomma, investire in un veicolo con pantografo oggi non è forse così efficiente considerando gli elevati costi del mezzo e i pochi chilometri a disposizione per ammortizzarlo. “Da qualche parte dobbiamo cominciare – andando avanti col suo ragionamento – e soprattutto è vero che oggi i veicoli ibridi predisposti per collegarsi alle linee aeree costano di più, ma perché sono ancora sperimentali. A regime la musica cambierà. Aziende come Italtrans, hanno individuato questo tratto di strada perché permetterà loro di servire un loro cliente in totale mobilità ibrida. Poi siamo tutti d’accordo che per avere un vero vantaggio economico solo in Italia servirebbero 1000 chilometri di strade elettrificate. Ma ci arriveremo”. Intanto il Politecnico di Milano concluderà entro il 31 dicembre lo studio di fattibilità del progetto sulla BreBeMi e poi l’avvio della sperimentazione potrà avere inizio con una logica di economia circolare che non preveda di utilizzare l’energia della rete. Parafrasando Amstrong, dunque, potremmo dire che questo è “un piccolo passo per il mondo del trasporto, ma un grande passo per l’umanità”. # @Luca Barassi
In attesa di un parco tutto verde
VEICOLI ANCORA TROPPO VECCHI
I numeri parlano chiaro: su un volume di veicoli con peso superiore alle 3,5 tonnellate, pari a poco più di 600mila unità, la quota di ante Euro IV è ancora superiore al 63%, con un’anzianità media che si avvicina ai PARCO VEICOLARE CARBURANTI ALTERNATIVI 14 anni. Secondo gli osservatori più acELETTRICI/IBRIDI GPL METANO GASOLIO/BENZINA creditati, con questo Veicoli commerciali <3,5 ton trend ci vorrebbero Totale parco 4.145.000 17 anni per sostituirli GPL 52.683 Metano 92.099 tutti. Per i veicoli più Elettrici/ibridi 6 .266 pesanti, quelli magTotale carburanti alternativi 151.048 3,64% giori di 16 tonnellate, poco più di 300mila 96,360% pezzi, le cose vanno un po’ meglio, con un’anzianità me0,15% 1,27% dia più bassa, ma che 2,22% sfiora comunque i 12 anni, con una quota di GPL METANO (compreso CNG/LNG) GASOLIO ante Euro4 del 53,6%. Veicoli industriali >3,5 ton La via sicuramenTotale parco 905.333 te più semplice per GPL 594 rendere sostenibile Metano (compreso CNG e LNG) 2.791 Totale carburanti alternativi 3.385 0,37% il parco veicolare sarebbe, naturalmente, quella di sostitu99,625% ire i vecchi veicoli a gasolio con mezzi ad alimentazione 0,065%
0,31%
alternativa. Ovvero, in attesa dell’idrogeno, in fase di sperimentazione ma ancora lontano dall’essere un’alternativa credibile o del biodiesel, con alimentazioni a gas naturale ed elettriche. In Italia, parlando soltanto di commerciali leggeri, secondo i dati ANFIA, quelli con motori a Gpl o metano, sono poco meno di 145mila, pari soltanto al 13,5% del mercato italiano. Sono invece circa 6.300 i commerciali leggeri elettrici o ibridi, una cifra leggermente superiore (+ 11%) a quella dello scorso anno ma non così significativa da far sperare nell’inizio di un gradimento generalizzato del veicolo elettrico.
IL PUNTO
uando si parla del parco veicoli del nostro Paese, si ha sempre l’impressione di mettere il dito nella piaga, di raccontare cose brutte. Nonostante ci sia stata una corposa ripresa del mercato interno, durata tre anni (ma purtroppo già in via di esaurimento), l’annoso, terribile problema della vetustà del parco circolante italiano non è cambiata, anzi se possibile sembra peggiorata. Si tratta di troppi veicoli che hanno un’età che comincia a essere davvero un motivo di preoccupazione. La fotografia del parco, a fine giugno, indica un numero di veicoli commerciali “leggeri”, che sfiora i quattro milioni. Nonostante si tratti di veicoli che circolano sulle strade delle nostre città, più della metà è molto “anziana” (usando un eufemismo) e addirittura risponde ancora alle direttive di emissione ante Euro 4, con impatti chiaramente negativi sull’ambiente, ma anche sulla sicurezza. Non va meglio se si parla di pesanti il cui parco richiede misure urgenti per il rinnovo considerati, anche in questo caso, gli impatti in termini ambientali e di sicurezza stradale.
Sono ancora troppo pochi i veicoli commerciali e industriali spinti da propulsioni o carburanti alternativi, anche se l’LNG sta crescendo
CNG E LNG SUGLI SCUDI
Parlando invece di pesanti, è il metano, nelle sue forme liquida LNG e compressa CNG ad essere attualmente sugli scudi, con un parco che ormai supera abbondantemente le mille unità. Gli autocarri alimentati a gas naturale hanno registrato nel periodo gennaio-agosto 2019, una quota del 6,6%. Nello specifico, le vendite di autocarri a metano (anche CNG) sono cresciute del 64,1% e quelle a GNL del 41,4%, con 336 immatricolazioni nel primo trimestre, contro i 161 dell’analogo periodo del 2018. Iveco è decisamente leader in Europa. In Italia, da quando è in commercio lo Stralis NP, ne ha venduti poco meno di duemila pezzi (e circa 3500 in tutta Europa). Si tratta del segno tangibile della sempre crescente attenzione alle tecnologie alternative e sostenibili, supportate, e molto, anche dalla contemporanea e progressiva espansione delle infrastrutture su tutto il territorio nazionale. SERVE UN IMPEGNO VERO DEL GOVERNO
Con le ultime due aperture di settembre, infatti, sale a cinquantasei il numero degli impianti GNL - CNG attivi in Italia, 16 in più rispetto all’inizio dell’anno e altri 36 sono già progettati. Va detto anche che con le aperture sulla BreBeMi, il GNL ora è reperibile anche in tre punti autostradali. Certo, se il Governo decidesse per una riduzione dei pedaggi autostradali per i veicoli pesanti alimentati con GNC o GNL, come è stato deciso in Germania per il biennio 2019-2020, la spinta all’acquisto di veicoli a GNL sarebbe sicuramente più forte. Non dimentichiamo, infatti, che diverse aziende che operano sulle lunghe percorrenze stanno gradualmente inserendo in flotta veicoli a GNL o CNG.# @FerruccioVenturoli www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI
Quali saranno
le propulsioni di domani? Dai commerciali leggeri ai trattori da lunghe percorrenze, dall’elettrico all’idrogeno, passando dal gas naturale e dal biometano. Una panoramica su quello che ci riserva il futuro della
Il
motore che verrà
mobilità commerciale
C
om’è il futuro dei motori? In pochi sono in grado di dare una riposta perché l’impressione è che tutti ne parlino ma che davvero in pochi ne capiscano. Proprio per questo cerchiamo di capirci qualcosa, senza fare un’elencazione di tutte le motorizzazioni possibili, ma cercando, attraverso un discorso organico, di capire quale potrà essere la propulsione che avremo in un prossimo futuro. Sicuramente il futuro è molto variegato. Variegato vuol dire che la soluzione tecnologica adeguata va individuata in funzione della tipologia di impiego del veicolo. Dunque, da una parte ci sono le pressanti richieste di abbattimento della CO2 e di maggiore pulizia dell’aria nei centri urbani, dall’altra le esigenze degli operatori che devono fare fronte alle problematiche di una logistica sempre in evoluzione e sempre più complicata. Si dice che, almeno per quanto riguarda i veicoli commerciali leggeri, il futuro sta nell’elettrico. È vero? La risposta può stare soltanto nell’analisi della singola mission alla quale il veicolo è destinato. Secondo l’ingegner Pierpaolo Biffali, Head of Powertrain Product Engineering di FPT Industrial, la tecnologia più conveniente deve essere definita con l’utilizzatore; insomma le varie tipologie “devono essere proposte al cliente; solo così si potremo introdurre nuove tecnologie con un vantaggio nel lavoro di tutti i giorni e assolutamente non con un costo per il cliente”. La vendita dei veicoli pesanti spinti da motorizzazioni a gas naturale stanno crescendo rapidamente; IVECO è leader del mercato.
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LE DIFFERENZE DI MISSION
È abbastanza ovvio, infatti, che la tecnologia motoristica di un furgone adibito a consegne nei centri storici sia diversa da quella di un veicolo, anch’esso definito “commerciale leggero” ma che percorre 150mila chilometri l’anno prevalentemente in autostrada. Dunque, nel primo caso, il futuro è senz’altro nell’elettrico, meglio, nel full electric, mentre nel secondo caso il Diesel, soprattutto se di ultima generazione, andrà ancora bene per i prossimi anni. Sempre parlando di commerciali leggeri, il problema arriva quando una mission prevede sì, un viaggio in autostrada, ma anche una consegna in pieno centro cittadino; ecco allora che si rendono necessarie delle forme di motorizzazione ibrida di vario tipo, PHEV (Plug-in Hybrid Electric Vehicle), o range extended, cioè con un piccolo motore termico che serve per produrre energia elettrica quando l’autonomia delle batterie scarseggia. Se passiamo a parlare di pesanti, il discorso si fa più ampio, perché le possibilità offerte sono diverse. Si parte comunque dalla certezza del Diesel. Secondo gli addetti ai lavori, infatti, il motore a ciclo Diesel continuerà almeno nei prossimi sette, otto anni a essere la tipologia di motorizzazioni predominanti per i veicoli pesanti. IL DIESEL E IL GAS NATURALE
Come ormai viene ripetuto continuamente, spesso inutilmente, le ultime tecnologie, e i sistemi di controllo sempre più
Costruttori IL FUTURO SECONDO FPT “Guardando al futuro – dice l’ingegner Pierpaolo Biffali, Head of Powertrain Product Engineering di FPT Industrial – in FPT abbiamo la priorità di rispettare un’ agenda europea che ci impone, da qui al 2025 e poi al 2030 di ridurre drasticamente le emissioni di CO2 , prima del 15 poi del 30%, per contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici. Per fare fronte a questo stiamo ancora investendo, e molto sui motori a combustione interna: sia sul Diesel, ma soprattutto sul metano. Crediamo infatti che per il metano, poiché è una tecnologia più giovane di quella del ciclo Diesel, ci sia ancora un certo margine di crescita per migliorarne il funzionamento. Siamo convinti che non sia nel giusto chi dice che il metano è destinato ad esaurirsi in un tempo più o meno breve, e non solo perché nella sua forma fossile oggi ce ne è veramente molto a disposizione, ma soprattutto perché pensiamo al biometano che è di fatto assolutamente rinnovabile e a costi bassissimi. Per anni tutti, compresi noi, hanno investito sul diesel ora è giunto il momento del metano. Per quanto riguarda l’elettrificazione – continua Biffali – la viviamo in due forme, la prima è quella di sviluppare veicoli elettrici a emissioni zero o a idrogeno dove c’è un’ esigenza specifica , l’altra è quella di migliorare il motore endotermico, esaltandone le prestazioni e abbassandone le emissioni
sofisticati, portano il motore Diesel a generare emissioni di gas nocivi al limite della misurabilità. Gli ossidi di azoto, il particolato etc. sono davvero ai limiti di soglia. Da un punto di vista di impatto con la CO2, il Diesel resta ancora una soluzione equilibrata perché con un miglioramento dell’efficienza si riescono ad ottenere emissioni di CO2 di tutto rispetto. Il motore Diesel sarà affiancato da una penetrazione crescente dal gas naturale nelle sue configurazioni compresso (CNG) e liquefatto (LNG), una penetrazione che già oggi è riscontrabile in ben 56 stazioni di rifornimento di CNG e di LNG praticamente su tutto il territorio nazionale. Rispetto a un motore diesel Euro6 l’utilizzo del gas naturale permette di ridurre le emissioni ambientali e acustiche garantendo una riduzione fino al 15% nelle emissioni di CO2, del 70% nelle emissioni di ossidi di azoto (NOx)e fino al 95% delle polveri sottili (PM), senza parlare del rumore. In particolare, la riduzione delle polveri sottili è di cruciale importanza, considerati gli elevati livelli che spesso vengono riscontrati
di CO2 proprio usando come complemento un motore elettrico. Facciamo un esempio – dice ancora l’ingegnere – se io riesco a utilizzare una configurazione ibrida per poter sostituire un motore da sei o sette litri di cilindrata con un altro da tre litri, ho un grande vantaggio in termini di consumi e di emissioni .Questo si può fare con un sistema che immagazzini, in una batteria a bordo del veicolo, l’energia generata dai gas di scarico, dalle frenate del veicolo, quindi dall’energia cinetica e termica, per rimetterla a disposizione del sistema energetico veicolare. In definitiva pensiamo che questa sia una soluzione in grado di allungare, e di parecchio, la vita dei motori a combustione interna”. L’accordo con Nikola Corporation Dunque FPT punta sul gas naturale e sull’elettrico
ma intanto c’è la novità dell’accordo strategico e su base esclusiva nel settore dei veicoli commerciali pesanti tra CNH Industrial (del cui Gruppo fa parte FPT Industrial) e l’americana Nikola Corporation,
Secondo gli esperti non si può parlare genericamente di un futuro, per i commerciali leggeri; dipende dalla mission alla quale sono destinati.
con il fine di accelerare la trasformazione del settore verso zero emissioni nei veicoli commerciali pesanti in Nord America e in Europa e avviarne la commercializzazione. “Abbiamo investito nel capitale di Nikola, 250 milioni di dollari – riprende l’ingegner Biffali – con l’obbiettivo di aiutare l’Azienda americana a sviluppare un truck che non sia solo una serie limitata o un prototipo, introducendo nel DNA di Nikola la nostra capacità industriale così da poter sviluppare quella tipologia di veicolo, fino ad arrivare un prodotto di serie. Il nostro obbiettivo come CNH industrial, quindi come FPT e IVECO, è quello di sfruttare le competenze e le soluzioni tecniche d’avanguardia che Nikola ha portato sull’idrogeno e attraverso la nostra capacità industriale e conoscenza del cliente, far diventare il veicolo un prodotto che possa stare sul mercato e che il cliente voglia e possa comprare perché ha una sua convenienza e non solo un prodotto che in esemplari limitati gira all’interno di zone chiuse o in porti”. www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI
Un impianto per la produzione di biometano: il vantaggio sta nel poter utilizzare la rete già esistente del metano.
nell’aria delle nostre città e che costituiscono una delle principali fonti di inquinamento atmosferico e che vanno a incidere in maniera importante anche sulla salute delle persone. DAL BIODIESEL AL BIOMETANO
L’uso del gas liquefatto, qualche anno fa era il futuro, oggi il mondo e la società si muovono creando una nuova visione del mondo del trasporto non come causa di inquinamento ma in un’ottica di sostenibilità ambientale, qualcosa che non fa male al nostro pianeta, anzi. Questa visione si può concretizzare con l’economia circolare del biometano, basata sulla produzione di energia attraverso rifiuti organici o agricoli, per tornare a usare il ciclo naturale delle risorse. Negli anni passati si era pensato che il biodiesel potesse avere davvero una prospettiva interessante anche se un po’sovrastimata in termini di produzione, oggi tra i biocombustibili il futuro è senz’altro del biometano, combustibile a ciclo continuo e prodotto attraverso i biodigestori (impianti che smaltiscono i rifiuti e contemporaneamente creano energia termica). Il biometano, poi, assume grande interesse anche perché può essere immesso nella rete già esistente del metano. Sono peraltro diversi i progetti che varie aziende tra le quali FPT Industrial stanno portando avanti con player del settore, come Eni o Snam, proprio per cercare di utilizzare gli attuali impianti di distribuzione del gas e di generazione dell’energia attraverso il biogas, per poi poter convertire il gas in biometano da usare nella trazione.
CARBURANTI C’è un ritorno alla benzina? Dopo il cosiddetto Dieselgate, c’è stato un vero accanimento verso il motore Diesel da parte dell’opinione pubblica. A questo, il mondo automotive, ha risposto reinvestendo sui motori endotermici a benzina che erano stati lasciati un po’da parte in favore delle motorizzazioni Diesel. Il motore a benzina ha un grosso vantaggio rispetto al motore Diesel che poi è lo stesso vantaggio che hanno anche i motori a metano: intrinsecamente la combustione è più pulita. Per poter ottenere, con un motore Diesel, lo stesso risultato allo scarico, c’è una maggiore complessità di apparati e di sistemi di controllo con, naturalmente, costi maggiori. Lo svantaggio della benzina rispetto al gasolio sta nella composizione stessa della molecola della benzina che, per dare la massima efficienza nel ciclo Otto, cede maggiore CO2. Quindi qual è la ragione perché si sta ulteriormente spingendo vero i motori a benzina? Perché nel mondo automotive si guarda sempre di più alla trazione elettrica con la consapevolezza che tra qualche anno i motori endotermici senza un qualche supporto elettrico non ci saranno più. Si andrà quindi verso varie forme di ibrido dove si potrà utilizzare la parte elettrica come supporto al motore endotermico; in questo caso il motore a benzina, senza gli apparati che il Diesel si porta dietro, sarà molto più semplice ed economico da gestire.
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IN ATTESA DELL’IDROGENO
C’è poi l’idrogeno sul quale si sta investendo un po’dappertutto. A parte la notizia di questi giorni della collaborazione tra CNH Industrial e Nikola (vedi box) proprio per lo sviluppo di un pesante a idrogeno, è stato recentemente costituito un consorzio europeo, di cui fa parte FPT Industrial, che si occuperà della costituzione di una flotta di veicoli in ambito europeo, proprio per cercare di sviluppare l’idrogeno come vettore energetico. Ma quanto manca un vero utilizzo commerciale dell’idrogeno? Secondo gli esperti l’utilizzo commerciale esteso è abbastanza lontano; dobbiamo considerare una prospettiva temporale che potrebbe sfiorare i dieci anni. La parte tecnologica, infatti, in particolare quella delle fuel cell, i dispositivi che utilizzano l’idrogeno che insieme all’aria, quindi all’ossigeno, convertono l’idrogeno in energia elettrica per essere poi impiegata sul veicolo, è una soluzione tecnica già sviluppata e abbastanza “matura”, ma in ambito “stazionario” cioè per quanto riguarda i processi chimici. Naturalmente ben diverso è il discorso di quando questa tecnologia deve essere utilizzata in movimento, per milioni di chilometri, per decine di migliaia di ore, in un ambiente che non è certo quello “protetto” dello stabilimento ma quello “mobile” di un camion che opera in situazioni diverse. Dunque, all’atto pratico, la tecnologia dell’idrogeno non è ancora pronta ad avventurarsi lontano dagli stabilimenti e dai laboratori. IL PROBLEMA INFRASTRUTTURALE
“FPT Industrial sta lavorando insieme ad altri partner – dice l’ingegner Biffali – su queste problematiche per cercare di far arrivare le nuove tecnologie a una maturità e a un’efficienza adeguata all’impiego per le quali sono state progettate, cioè per i camion”.
C’è anche un altro problema, però, anche questo lontano dall’essere risolto è costituito dalla inadeguatezza delle infrastrutture e non certamente solo in Italia. “Noi, per esempio – riprende l’ingegner Biffali – siamo leader incontrastati del mercato per quanto riguarda le applicazioni di gas naturale, con lo Stralis NP, ma per arrivare a questo risultato abbiamo lavorato per oltre dieci anni sulle infrastrutture. Lo abbiamo fatto insieme a chi le infrastrutture doveva costruire e poi gestire. Oggi ci sono quasi 400 stazioni di LNG e più di mille di CNG in Europa. Voglio sottolineare che l’infrastruttura è un elemento fondamentale per poter iniziare a pensare a un mercato di questi veicoli e per crearle bisogna lavorare insieme agli operatori delle infrastrutture, se aspettiamo ancora, non andiamo da nessuna parte. Bisogna pensare alla distribuzione, allo stoccaggio dell’idrogeno ad alta pressione, 350, addirittura 700 bar, e purtroppo l’idrogeno non si presta, come il gas naturale, a essere liquefatto in maniera efficiente”.
LA PRODUZIONE DELL’IDROGENO
Ma prima di tutto c’è il problema della produzione perché oggi quasi il 100% dell’idrogeno disponibile è prodotto attraverso un processo di reforming, che sfrutta i combustili fossili, in particolare il metano, piuttosto che il carbone. Si tratta quindi
di un processo che non utilizza fonti rinnovabili e che, comunque, richiede energia. Affinché un camion a idrogeno possa dirsi davvero a zero emissioni, deve poter funzionare con l’idrogeno ricavato da fonti rinnovabili, per esempio attraverso l’elettrolisi dell’acqua, utilizzando l’energia elettrica, di provenienza eolica o solare, quindi anche questa derivante da fonti rinnovabili. Insomma, si tratta di un processo che richiede energia e il cui sviluppo, attualmente, è ancora aperto a grandi, grandissimi passi tecnologici. Comunque, è fuori di dubbio che dovrà passare un po’ di tempo ma l’idrogeno andrà sicuramente a spingere i pesanti long houlage, camion che hanno un grande consumo di energia e ai quali non bastano certo le batterie convenzionali. Oltre il Gas naturale, il Diesel e il Biogas, un’altra strada potrebbe essere la trazione ibrida Diesel-elettrica plug-in presentata poco piu di un anno fa da Scania. In questo caso il motore Diesel lavora in parallelo con un propulsore elettrico con potenza di 130 kW. In modalità solo elettrica può percorrere fino a dieci chilometri senza ricarica.# @FerruccioVenturoli www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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Alternativi incoraggianti Decarbonizzare è un must e
il trasporto merci sta facendo la sua parte. Vediamo dove ci “portano” i principali carburanti environmental correct
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a ricerca dell’Emissione Zero viene un po’ vista come se fosse la panacea per il raggiungimento dei limiti – molto ambiziosi – di riduzione dei gas serra dell’80% fino al 95% entro il 2050. Ricordiamoci, però, che prima tutti noi siamo chiamati a rispondere alla sfida del 2030: ossia che per centrare gli obiettivi fissati dall’Unione Europea condizione imprescindibile richiesta, è il taglio delle emissioni di CO2 del 40%. A distanza di un anno, facciamo il punto della situazione su quali sono state le evoluzioni dei carburanti ambientalmente sostenibili e già disponibili. GNL, IL RUOLO DEL METANO
Il gas naturale liquefatto è un combustibile che viene inserito nella rosa degli “alternativi” dato il suo basso impatto ambientale: emissioni azzerate in fatto di particolato, riduzioni in CO2 fino al 25% e fino al 32% in termini di ossidi di azoto (NOx). Ma la sua forza, oggi, sta nella distribuzione sempre più capillare che lo rende ampiamente disponibile sul territorio comunitario: trattandosi di una tecnologia applicabile alle lunghe percorrenze, il gioco è fatto. Nell’ultimo anno l’Italia ha superato la Spagna per numero di stazioni di servizio per i camion che utilizzano il GNL, diventando il principale operatore del settore in Europa. Le stazioni per il rifornimento dei truck sono, al momento in cui stiamo scrivendo, 53, di cui 15 inaugurate da inizio dell’anno. Inoltre, nove impianti sono dotati di serbatoio criogenico ma distribuiscono solo CNG (gas naturale compresso). La NGVA Europe (Natural Gas Vehicle Association) recensisce in Spagna 44 impianti, seguita
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dalla Francia con 31, Olanda 24, Gran Bretagna 13, Belgio 10. Molto indietro si trova la Germania, con soli 6 impianti, che però è entrata nel settore solo da due anni. Anche nel mondo lo sviluppo dell’infrastruttura a GNL si sta diffondendo in maniera positiva: la Cina è al primo posto con circa 1.300 stazioni a GNL e 80.000 camion (dati del sistema di ricerca Google), seguita dall’Europa con 218 (censimento NGVA aggiornato con le più recenti inaugurazioni in Italia e Spagna) e oltre 5.000 camion, di cui quasi 2.000 immatricolati in Italia; al terzo posto gli Stati Uniti, con 144 impianti censiti da NGV America. Una rete che senza dubbio avanza ed anche velocemente. Tra le principali novità dell’anno infatti si annovera l’avvio della procedura di autorizzazione per il rifornimento delle navi cisterna presso il rigassificatore galleggiante al largo di Livorno. Da agosto del 2020 sarà operativo il deposito costiero di GNL di Higas a Santa Giusta (Oristano), che comporterà l’inizio del processo di metanizzazione della Sardegna, la conclusione della gara per i bracci di carico del GNL per il progetto di deposito di Porto Torres, e la selezione dei soggetti interessati al progetto di deposito di Augusta. Mentre dal 2021 sul territorio italiano sarà attivo in quel di Ravenna, il primo HUB Small Scale. Anche relativamente ai prezzi, si rileva “come il disaccoppiamento del prezzo all’ingrosso del GNL da quello del petrolio nel primo semestre del 2019 abbia aumentato significativamente la competitività anche del mercato GNL di piccola taglia, in particolare nel confronto con il gasolio sia per i trasporti terrestri che marittimi”.
L’ELETTRICO… È A TUTTO IDROGENO?
L’elettrificazione dei veicoli ha un corso inarrestabile e le Case stanno investendo su questo tipo di propulsione con nuovi modelli a zero emissioni. Chi può dire se nei prossimi anni la tecnologia agli ioni di litio sarà protagonista non ci è dato saperlo con certezza. Intanto bisogna tenere conto che l’autonomia ancora ridotta dei veicoli, la dipendenza da una rete non ancora sviluppata, oltre ai problemi economici, politici e industriali legati alle batterie ad alta capacità, fanno da freno allo sviluppo della e-mobility. L’alternativa dell’idrogeno potrebbe essere una valida soluzione, che ingolosisce i Costruttori che, di fatto, la stanno prendendo in forte considerazione. Un’idea accattivante se si considera (escludendo i costi ambientali e di produzione della sostanza) che l’utilizzo di idrogeno puro ha come solo scarto l’acqua. Ma l’impiego di questa sostanza per ridurre le emissioni di CO2 con modalità green al 100% può avvenire solo sfruttando le fonti rinnovabili per la sua produzione. È doveroso comunque precisare che – in termini di modalità con cui viene sfruttato per creare forza motrice – non tutto l’idrogeno è uguale. Esistono infatti due tipi di propulsori: uno in cui l’idrogeno viene utilizzato al posto della benzina e gasolio per innescare la combustione interna (HICEV, Hydrogen Internal Combustion Engine Vehicle); e un altro in cui si fa reagire con l’ossigeno per produrre energia elettrica (FCEV, Fuel Cell Electric Vehicle). Per ora la sua diffusione nei veicoli a zero emissioni è ancora limitata e ciò è dovuto in primis alle difficoltà di stoccaggio: si passa dal comprimerlo in serbatoi; all’immagazzinamento come gas liquefatto; allo stoccaggio come elemento parte di altri composti, come gli idruri metallici o il metanolo; ai nanotubi di carbonio. Attualmente la soluzione meno complessa è quella a serbatoi (anche se potrebbe comportare rischio per l’alta infiammabilità del gas). Nel caso di gas liquefatto, i volumi vengono ridotti per compressione ma occorre mantenere la temperatura a – 250°C. Il sistema che prevede l’utilizzo di altri composti non è stato ancora ottimizzato né in termini di efficienza economica né di autonomia. Si tratta insomma di un work in progress e… staremo a vedere perché dire se l’idrogeno sarà il futuro dei veicoli elettrici non ci è dato saperlo, visti i limiti tecnologici e infrastrutturali attualmente presenti. IBRIDO, LA SECONDA GENERAZIONE
Come già visto l’anno scorso il veicolo ibrido, più propriamente veicolo a propulsione ibrida, è un mezzo dotato di un sistema di propulsione a due o più componenti, ad esempio motore elettrico con motore termico, che lavorano in sinergia fra di loro. Sicuramente identifica una delle soluzioni più interessanti in fatto di sostenibilità in quanto il risparmio di combustibile (a seconda delle missioni) può raggiungere il 30%, se messo a confronto a soluzioni di tipo convenzionale. L’evoluzione di questa combinazione sfocia nel PHEV (ovvero Plug-in Hybrid Electric Vehicle). Si tratta di ibrido plug-in, ossia mezzi a doppia alimentazione – tecnicamente simili agli ibridi full – che però si distinguono per la presenza di batterie più grandi (ricaricabili utilizzando una fonte di energia elettrica esterna, attraverso una presa di corrente) che consentono di guidare in modalità elettrica per alcune decine di chilometri senza l’utilizzo dell’unità termica ed evitando così di emettere sostanze inquinanti. Nei veicoli caratterizzati da questi sistemi, la presenza del motore elettrico consente un utilizzo ancora più efficientato di quello termico, migliorandone il rendimento medio.
La soluzione “plug-in hybrid” quindi, elimina uno dei limiti dei veicoli “full hybrid” le cui batterie sono caricate esclusivamente con il recupero di energia in rilascio. Un veicolo ibrido di seconda generazione rappresenta sempre di più lo stato dell’arte per il trasporto in ambito urbano, sia per quanto riguarda l’economia operativa totale che in termini di efficienza e sostenibilità ambientale. BIOCARBURANTI/BIOGAS
I principali attori del settore dei trasporti sono sempre più convinti che il biometano, il gas naturale derivato da rifiuti organici industriali e agricoli, assumerà un ruolo di primaria importanza tra i carburanti del futuro. Il biometano infatti supera il confronto con i combustibili fossili e i motori elettrici dal punto di visto ecologico, economico ed energetico. I biocarburanti – nati come alternativa ai carburanti fossili – rappresentano la risposta più concreta per ridurre le emissioni di CO2 provenienti dal settore dei trasporti. Tra questi si annoverano tutti quei carburanti estratti dalle agroenergie. Possono essere prodotti dalle sostanze organiche come le materie prime agricole, le biomasse, il legno o le alghe. Biodiesel, bioetanolo e biogas sono solo alcuni di questi. Nello step di passaggio verso la mobilità a zero emissioni totali (in particolare quella elettrica), coesisteranno sempre di più diverse tipologie di trazione. In questo scenario, il biometano identifica una soluzione dall’elevato potere energetico e dalla prerogativa di poter essere prodotto – con processi che rispettano l’ambiente – in prossimità del luogo in cui poi viene utilizzato. Se si effettua il rifornimento esclusivamente con questo carburante, infatti, i veicoli producono circa l’80% di CO2 in meno rispetto a quelli alimentate a benzina. I biogas sono una miscela di vari tipi di gas, composti principalmente da metano, prodotti dalla fermentazione batterica dei residui organici provenienti da residui vegetali o animali, in assenza di ossigeno. Il biogas viene ricavato quindi da fonti rinnovabili (chimicamente si tratta sempre della stessa molecola del gas naturale che però è fossile). Sia il biogas che il gas naturale possono essere portati allo stato liquido con raffreddamento. La riduzione delle emissioni di CO2 può arrivare al 90%. Al momento però, il biometano e biogas avanzati hanno purtroppo un costo di produzione molto più elevato rispetto ai combustibili fossili. Ecco perché i produttori riceveranno un premio che consentirà loro di compensare i maggiori costi di produzione e competere con i combustibili “standard” nel settore dei trasporti. La Natural & Bio Gas Vehicle Association (NGVA) e la European Biogas Association (EBA), stimano che entro il 2030 solo in Europa circa 280.000 mezzi pesanti potrebbero essere alimentati a biometano ricavato da residui biogeni. Un grande potenziale per il biogas è rappresentato anche dal settore navale e da quello aeronautico. # @FedericaLugaresi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI CONNETTIVITÀ 32
Dalla mera raccolta di dati alla elaborazione di essi per fornire servizi evoluti per arrivare all’intelligenza artificiale. Ecco cosa ci dà oggi la connettività e cosa ci aspettiamo per il futuro della mobilità commerciale
Oltre la
connettività
N
el 2030 il 100 per cento dei veicoli, commerciali e privati, sarà connesso. Mancano solo 10 anni e non sarà l’unica rivoluzione a cui assisteremo nel nostro settore. La previsione potrà sbagliare di un anno o due, ma questo è un dato di fatto. D’altronde non è difficile immaginarlo guardando indietro di solo qualche anno e vedendo il livello tecnologico a cui siamo arrivati oggi. Considerando che il ritmo dell’evoluzione tecnologica aumenta man mano che si va avanti, i conti son presto fatti. Ci chiediamo spesso, però, cosa voglia dire connettività. Una parola spesso inflazionata o utilizzata in modo generico e avulso dal reale contesto e significato. Parliamo di connettività pensando semplicemente alla connessione ad Internet o a infotainment di ultima generazione. Anche quest’ultimo, tra l’altro, è un termine abusato e utilizzato un po’ impropriamente, dal momento che il suo significato è legato più alle trasmissioni radio-televisive. In realtà la connettività (del settore automotive) è un processo di sviluppo dei mezzi in funzione dell’utilizzo di dati disponibili, per poi fornire servizi evoluti.
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Ecco, lo abbiamo detto in poche parole, ma a questa breve definizione sottostà un “mondo” molto complesso. “Il processo di digitalizzazione e connessione dei veicoli – ci spiega Marco Giletta, Global Business Director di Microsoft – è cominciato alcuni anni fa proprio con l’acquisizione di dati provenienti dai veicoli. Inizialmente si è trattato solo di questo, ovvero della necessità da parte dei Costruttori di creare una mega banca di informazioni, per lo più a proprio uso e consumo per lo sviluppo di nuovi mezzi e soluzioni. Il passo successivo è stato quello di utilizzare questi dati, elaborarli e metterli a disposizione del cliente finale sotto forma di servizi”. Abbiamo voluto approfondire questo argomento così complesso con chi rappresenta davvero la massima espressione dell’evoluzione tecnologica, ovvero Microsoft. Marco Giletta è stato il nostro interlocutore e non potevamo chiedere di meglio dal momento che il manager milanese è a capo dello sviluppo del business con multinazionali appartenenti al nostro settore, tra cui CNH Industrial di cui Microsoft è partner strategica nello sviluppo della nuova generazione di veicoli, leggeri e pesanti.
UN APPROCCIO RIVOLUZIONARIO
Microsoft da alcuni anni ha cambiato il modo di supportare le aziende partner, realizzando quella che loro chiamano digital transformation, ovvero la trasformazione dei processi di business dei propri clienti, basandosi sul cloud computing, cioè la condivisione di una piattaforma dove risiedono i dati e applicativi di proprietà esclusiva del partner. “Sembrano termini complessi – ci spiega Giletta – e in parte in realtà lo sono, ma in sostanza significa da un lato esternalizzare dei processi e delle informazioni che prima venivano gestite internamente dal cliente, il quale invece si può ora concentrare sul proprio business, e dall’altro intervenire sull’approccio al business stesso”. In pratica, nel momento in cui Microsoft “entra” in casa del proprio partner, gli chiede uno sforzo in termini di modifica dei propri processi di lavoro utilizzando quattro pilastri
Case History LA PARTNERSHIP TRA MICROSOFT E CNHI Da circa due anni le due multinazionali hanno avviato una vera e propria partnership strategica che si basa su due livelli di intervento, il primo, a sua volta costituito da tre punti: TECNOLOGICO
Scelta di utilizzo delle tecnologie Microsoft, in particolare quelli che sono gli strumenti di produttività CLOUD COMPUTING
Asure è l’applicativo usato da Microsoft che ha permesso a CNH di spostare sulla “nuvola” la maggior parte delle informazioni e degli strumenti informatici CRM
Il Customer Relationship Management chiamato Dynamics in grado di gestire e controllare in particolare i dealer
La seconda fase, invece, ha comportato realizzare un progetto per rendere i veicoli di CNH Industrial connessi. Questo progetto si è tradotto nella realizzazione di una Service Delivery Platform, residente appunto sul Cloud Asure, attraverso la quale si ricevono, elaborano e si restituiscono un gran numero di dati e informazioni. La partnership prevede, naturalmente, una progettualità su tutti i veicoli che fanno parte della galassia CNHi e, per quanto riguarda il nostro comparto, ne abbiamo potuto vedere l’applicazione pratica sulle nuove famiglie di IVECO Daily e S-WAY nei quali è stata introdotta una connettività di alto livello in grado di essere anche predittiva.
Marco Giletta durante la convention di presentazione di IVECO S-Way a Madrid.
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CONNETTIVITÀ
TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI
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fondamentali: Transform your product, Optimise operation, Engage your customer e Engage your employees. Questo significa, partendo dalle esigenze del cliente, che viene coinvolto sin dall’inizio del processo di cambiamento, vado a modificare il mio prodotto in termini di servizi e tecnologie accessorie, dal momento che il prodotto specifico (il camion nel nostro caso) è, per così dire, sempre quello. Da qui l’apporto di Microsoft agisce sulle infrastrutture che creano il prodotto, quindi per esempio le fabbriche, andando ad ottimizzare e migliorare tutta una serie di attività. L’ultimo aspetto, non certo meno importante, è quello del coinvolgimento di coloro che lavorano all’interno dell’azienda, aumentando la loro produttività e la loro affezione al brand e al prodotto. SENZA LIMITI
Probabilmente vi starete ancora chiedendo, in termini pratici, cosa comporta avere un veicolo connesso. “Forse – risponde Marco Giletta – l’unico limite nell’immaginare cosa volere dal proprio mezzo è la propria fantasia”. Sembra una battuta, ma neanche tanto. Nel senso che se oggi abbiamo a disposizione una serie di servizi che rendono migliore la vita di bordo e rendono quindi anche più appetibili i veicoli messi in commercio, su quello che potrà essere sviluppato in futuro si può dare sfogo alla nostra immaginazione. Come abbiamo detto all’inizio i dati sono l’elemento centrale della connettività. Grazie alle informazioni che vengono costantemente acquisite dall’esterno e dall’interno del veicolo, oggi sono già disponibili una serie di soluzioni e applicazioni che hanno diversi scopi: quello di diminuire i costi di esercizio (cost saving), quello di migliorare la qualità della vita a bordo e quello della sicurezza. Possiamo sostanzialmente raggruppare in tre macro categorie quelli che sono le principali applicazioni della connettività
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attuale. Prima di tutto la Predictive Maintenance che grazie alla conoscenza dei diversi elementi e componenti del veicolo e al loro monitoraggio, è in grado di programmare gli interventi e le soste del mezzo. Questo tipo di applicazioni permette di dare sia al gestore della flotta che ad eventuali control room dei costruttori, di essere connessi in tempo reale col veicolo e con chi lo guida. Molto importante, inoltre, il fatto che questo processo continua a produrre informazioni utili al futuro sviluppo dei prodotti, sempre più performanti. Un secondo aspetto importante è quello dei servizi legati all’Infotainment che vanno a migliorare la qualità di vita dell’autista che passa numerose ore a bordo del mezzo. Forse questo è l’aspetto che lascia spazio maggiore alla fantasia e che influisce notevolmente sullo stile di guida e di vita di chi guida il mezzo. Naturalmente, la fruizione di questi servizi, oggi avviene attraverso App dedicate che permettono di operare anche da remoto, ovvero da fuori del veicolo stesso. Qui, ovviamente, l’infrastruttura della rete svolge spesso un ruolo importante. Infine, c’è il modo del vero e proprio Controllo Remoto del veicolo. I servizi di geolocalizzazione integrata con la connessione del mezzo alla smart box interna, rende più sicuro il viaggio di qualsiasi autotrasportatore che sa di poter contare su un intervento da lontano in caso di emergenza e necessità di assistenza di qualsiasi tipo. I TREND NEL SETTORE TRASPORTO
A voler guardare oltre quanto oggi disponibile sui nostri veicoli, ci siamo rivolti con grande interesse alla visione che Microsoft ha del nostro futuro. “Riteniamo – ci risponde Giletta – che siano quattro i trend principali nella specifica industry della mobilità commerciale. Gli ADAS che, nella loro evoluzione e sviluppo, ci stanno portando sempre più verso la guida autonoma, l’elettrificazione dei veicoli, la share mobility e poi appunto la connettività”.
automazione dei veicoli, interviene proprio in questo ambito, prima ancora che i software che gestiscono il mezzo autonomo vengano creati. “Abbiamo creato algoritmi – ci spiega il nostro interlocutore – in grado di realizzare simulazioni in numero enorme e ridurre i tempi di sperimentazione. Questo grazie ai sistemi informatici che Microsoft ha a disposizione e al cloud computing di cui abbiamo parlato”.
Quindi si sta andando a grandi passi verso la guida autonoma che oggi ha raggiunto il Livello 3 e che si prevede raggiugerà il Livello 5 (ovvero la totale autonomia del veicolo) entro 10 anni. Un orizzonte temporale davvero breve. La connettività, in questo processo, svolge naturalmente un ruolo centrale, così come la sperimentazione e il testing che necessita di anni e anni di simulazione. Microsoft, appunto, nel processo di
PRIVACY Primo aspetto che impatta fortemente sul mondo della connettività e dei dati ad essa legati, è la privacy. Qui abbiamo tre livelli di gestione da tenere presente: il primo quello tra il fornitore della piattaforma o del cloud (per esempio Microsoft) e il cliente di esso (per esempio il Costruttore), il secondo tra quest’ultimo e il proprietario e gestore della flotta e per ultimo tra l’azienda di autotrasporto e i propri autisti. Per quanto riguarda Microsoft il primo livello è stato risolto semplicemente non intervenendo minimamente sui dati del cliente. Esso è l’unico proprietario dei dati e Microsoft fornisce solo la piattaforma e gli applicativi per gestirli. A valle di ciò ci sono tutte le norme che regolano i rapporti tra gli attori della filiera. Tipicamente un Costruttore che ha la facoltà di intervenire in remoto sul veicolo di una flotta deve poter avere da esso specifiche autorizzazioni, così come l’autista deve essere informato del fatto che la sua vita di bordo è monitorata in ogni aspetto. ETICA Man mano che il livello di automazione cresce e man mano che i nostri “computer” diventano sempre più intelligenti, subentra il fattore etico che deve regolamentare molti aspetti: dal decidere quali priorità dare in caso di incidente a quanto può essere invasivo l’intervento della “macchina” nella vita dell’uomo. NORMATIVA A valle dell’aspetto etico vi dovrà essere una precisa normativa che regolamenti ciascuna singola situazione. Spesso le leggi arrivano dopo che sono stati messi in commercio i relativi prodotti, col rischio di generare circostanze spiacevoli. Detto questo possiamo fare una considerazione: l’aspetto tecnologico è quello che ci crea meno problemi e, tutto sommato, la tecnologia è già disponibile per soluzioni che vanno ben oltre ciò di cui abbiamo visibilità oggi.
FOCUS
I PROBLEMI LEGATI AL DIGITAL
L’EVOLUZIONE DELLA CONNETTIVITÀ
La connettività oggi vuol dire che il veicolo è connesso con la rete, con qualcuno e con qualcosa, raccogliendo dei dati di vario tipo e, incrociandoli tra loro, fornisce una serie di servizi. Più o meno evoluti. “Immaginiamo ora – va avanti il manager di Microsoft – di avere, all’interno del veicolo, un gestore di intelligenza artificiale. Tipo un ‘Siri’ o un ‘Alexa’ cento volte più potente in grado di interfacciarsi con l’autista che passa ore ed ore all’interno del veicolo stesso. Un gestore che non solo è connesso con la rete ma conosce il suo interlocutore ed è in grado di apprendere dalla sua vita di tutti i giorni. Ecco questo sarà l’evoluzione di ciò che abbiamo oggi”. Quindi in sostanza possiamo sintetizzare tutto questo in un futuro in cui il veicolo connesso, sempre più autonomo ed elettrificato, sarà in grado di interfacciarsi con l’operatore logistico (sempre meno autista tout court) e imparare e maturare dal suo stile di guida e di vita, fornendo non meramente servizi, ma agevolando e intervenendo fortemente in qualche modo sulla sua operatività quotidiana. Il veicolo non risponderà più a richieste da parte di chi lo utilizza, ma sarà propositivo nei suoi confronti, combinando i dati a sua disposizione e le conoscenze che man mano andrà a incrementare. L’Artificial Intelligence (AI) rappresenta l’ondata successiva alla mera connettività che oggi sfrutta il cloud computing per elaborare i dati, ma che in futuro utilizzerà la tecnologia “edge” ovvero sensori di elaborazione dati residenti direttamente sul veicolo. Questo scongiurerà il rischio di latenza della connessione e sulla velocità di restituzione dell’informazione. # @LucaBarassi
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TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI
La sostenibile leggerezza dell’essere…
autonomo
I veicoli autonomi sono già realtà. Più che smart, sono in grado di interagire nella navigazione con l’ambiente circostante. Ma quali sono i vantaggi in termini di sostenibilità?
L
a guida autonoma identifica un mezzo automatico capace di soddisfare le principali capacità di trasporto di una macchina “classica” senza intervento umano. Il tutto all’insegna dell’efficienza. La tecnologia di bordo infatti, dotata di intelligenza artificiale, sarà in grado di interagire con le infrastrutture e gli altri veicoli calcolando il percorso ottimale, stimando al secondo i tempi di arrivo e impostando la velocità tale da garantire un flusso continuo, senza incolonnamenti o incroci bloccati. Ma anche con risparmio nei consumi di carburante, e quindi con un aiuto importante per l’ambiente.
IL TERZO LIVELLO
Nel 2014 la SAE International, un ente di normazione nel campo dell’industria automobilistica, ha pubblicato un nuovo standard internazionale che ha definito sei differenti livelli per la guida automatica. Questa classificazione è basata “su quanto il conducente debba intervenire, più che sulle capacità del mezzo”. Si parte quindi da livello 0 (nessuna autonomia col conducente che non ha nessun supporto elettronico) per arrivare al livello 5 (completa automazione in cui sistema di guida automatica è in grado di gestire tutte le xsituazioni gestibili da un umano, quindi non c’è bisogno di alcun intervento da parte nostra).
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Il livello 3 (automazione condizionata) attualmente raggiunto e applicato, vede il veicolo in grado di gestire la guida in condizioni ambientali ordinarie, gestendo accelerazione, frenata e direzione, mentre il guidatore interviene in situazioni problematiche in caso di richiesta del sistema o se lui stesso verifichi condizioni avverse. Ad oggi, nessun paese al mondo ha codificato un paradigma per la guida autonoma e quindi – ad eccezione delle aree di test chiuse e delle piste – non è possibile far circolare veicoli driveless senza che a bordo vi sia un tecnico
PENSANDO AI VEICOLI VOLANTI: UN PO’ DI FANTASCIENZA MA NON TROPPO Pensiamo agli aerei. Sono vettori dotati di pilota automatico e quindi a guida autonoma cui ormai ci affidiamo da anni e magari senza troppo pensarci… E se i veicoli dalla strada passassero allo spazio aereo, quale sarebbe il loro impatto sull’ambiente? I ricercatori della University of Michigan, in una pubblicazione sul giornale Nature Communications hanno elaborato uno studio per cercare di rispondere al quesito “le auto volanti riusciranno ad essere ecologiche”? Considerando il livello di tecnologia a oggi raggiunto e che i fattori in gioco sono diversi e complessi, la risposta ora più plausibile sembra essere: “dipende”. Da questa analisi si evince che “Il problema principale è la quantità di energia che queste vetture richiederebbero nelle fasi di decollo e atterraggio, e i conseguenti consumi, un
FUTURO
ammontare che le renderebbe convenienti solo per viaggi con una lunghezza superiore ai 35 Km. Si tratta di una distanza superiore ai classici percorsi urbani attuali, nei quali sia l’alternativa a combustione interna, o la più moderna elettrica, risultano decisamente più vantaggiosi a livello ambientale. Per viaggi più lunghi la questione potrebbe essere molto diversa (ed ecologica), specie se si considera di viaggiare con dei passeggeri. Un quantitativo di emissioni, viaggiando da soli sui 100 Km, del 32% inferiore rispetto ad un veicolo a combustione interna ma del 28% superiore rispetto ad un’auto elettrica col solo guidatore. Tuttavia, viaggiando in quattro nelle sulle stesse distanze le emissioni per passeggero al chilometro risulterebbero del 52% inferiori di una vettura con motore a combustione e del 6% inferiore di una vettura elettrica, entrambe con i passeggeri medi generalmente trasportati su gomma, ossia 1,54%”.
pronto ad intervenire. È un tema etico molto delicato, perché si tratta di definire la responsabilità e la capacità decisionale di un autoveicolo governato da un’intelligenza artificiale, e ci vorrà parecchio tempo per arrivare ad una conclusione. I BENEFICI
Già John Elkann, presidente di FCA, ha illustrato più volte gli innumerevoli vantaggi che possono derivare dalla guida autonoma benché ci siano ancora tanti progressi tecnologici da compiere per arrivare a questo traguardo. L’altra grande partita si gioca attorno alle emissioni. “Tutti sappiamo – ha dichiarato il rampollo della famiglia Agnelli – che tra le più grandi sfide ambientali e sociali che la nostra epoca deve affrontare c’è la riduzione della dipendenza dal petrolio. Il settore dei trasporti, nel suo complesso, rappresenta il 14 per cento delle emissioni di gas a effetto serra, soprattutto per l’uso di combustibili a base di petrolio. Di questo 14 per cento, la parte prodotta dalle auto è circa la metà. Di sicuro il nostro settore da solo non può essere la soluzione ma può fare molto con l’utilizzo di propulsioni ibride ed elettriche”. La vera innovazione, infatti, dopo la tecnologia riguarda la sostenibilità: si può affermare che la guida autonoma sia il futuro della mobilità green. Su di un veicolo autonomo lo stile di guida risulterà senza dubbio più performante (si riducono le frenate e le accelerazioni) e risparmioso nei consumi rispetto a quello di un conducente in carne ed ossa. Ed un minor consumo significa minori emissioni di CO2 nell’aria. Si condurrà anche prevedendo gli ostacoli di qualunque tipo – evitando incidenti – e ciò potrebbe rendere superfluo l’utilizzo
dei semafori agli incroci. Non solo, un unico veicolo sarebbe sufficiente all’intera famiglia in quanto capace di accompagnare tutti nelle varie destinazioni, parcheggiando in autonomia. Relativamente alla sostenibilità ambientale, sono le scelte dei costruttori in termini di propulsione legate ai veicoli di questo tipo che fanno da “ago della bilancia”. Attualmente, la maggior parte dei mezzi in via di sviluppo o commercializzati, è spinto da un motore elettrico, sunto delle migliori tecnologie disponibili tra cui quella a idrogeno FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle), dove avviene la combinazione con l’ossigeno. Ciò significa veicoli e a zero emissioni, almeno durante la percorrenza. Di certo la guida autonoma rappresenta una soluzione super green per tutti noi: possibilità di viaggiare senza traffico e ingorghi, ma anche in silenzio e in sicurezza. Una guida insomma dove la consapevolezza prende il posto dell’attenzione perché consentirà di essere più concentrati mentre guidiamo. La tecnologia c’è ed è pronta. Ora si tratta di farla recepire ai governi che devono pensare a normative ad hoc, infrastrutture adeguate e fonti di energie rinnovabili. # @FedericaLugaresi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI
Il platooning non accelera
Primo passo verso la guida autonoma. La tecnologia in grado di far viaggiare veicoli agganciati digitalmente non mette d’accordo tutti i Costruttori
C
i siamo lasciati con il Focus Green dello scorso anno con la convinzione che a breve avremmo visto plotoni di camion viaggiare autonomamente sulle nostre autostrade. Guidati da un unico TIR in testa, infatti, i veicoli dotati di tecnologia DATP (Driver Assistive Truck Platooning) vengono “trainati” digitalmente, senza che gli autisti in coda debbano agire sui comandi. Una soluzione affascinante che aveva anche trovato il consenso dei principali Costruttori per sviluppare un sistema comune. Sì, perché è ovvio che questa tecnologia deve viaggiare su una piattaforma comune e condivisa in quanto i veicoli dei plotoni possono appartenere a flotte diverse e, naturalmente, di marche diverse. Nell’ottica di portare avanti questo progetto, già nel 2016 sei marche di camion (DAF, Daimler Trucks, Iveco,
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MAN Truck & Bus, Scania e Volvo Group) hanno viaggiato in convoglio su strade pubbliche partendo da diverse città europee verso i Paesi Bassi. Lo scopo era proprio quello di consentire al platooning di compiere un passo in più per avvicinarsi all’implementazione. Le sperimentazioni sono andate avanti anche a livello di privati. DB Schenker, per esempio, in collaborazione con MAN Truck & Bus e Hochschule Fresenius, il 25 giugno 2018 ha messo in strada due autocarri collegati in digitale su un percorso di 145 chilometri.
funzionamento e utilità Con il termine “platooning” si intende un sistema di veicoli per il trasporto su strada che prevede almeno due autocarri in transito su un’autostrada, a breve distanza l’uno dietro l’altro con l’aiuto di sistemi di assistenza alla guida e di controllo. Tutti i veicoli del platoon sono collegati tra di loro mediante comunicazione car to car attraverso un cosiddetto timone elettronico. Il veicolo in testa stabilisce velocità e direzione.
TECNOLOGIA
PLATOONING:
LE PRIME PERPLESSITÀ
Tutti erano convinti che il platooning potesse rappresentare la tecnologia in grado di traghettare i veicoli verso la guida completamente autonoma. Quell’agognato “Livello 5” di cui tanto si parla. Sulla carta, il progetto prometteva un importante risparmio di carburante, sia per l’effetto scia creato dai veicoli che precedono, sia per la guida molto più “predittiva” dettata da un unico veicolo in testa. In realtà, a distanza di diversi anni dall’avvio del progetto, alcuni player cominciano ad avere forti dubbi sulla validità del progetto stesso. Primo fra tutti Daimler che ha deciso di ridurre il proprio impegno nel consorzio di sviluppo del platooning per destinare tutte le proprie risorse nel raggiungere il più presto possibile livelli superiori di guida au-
tonoma. Oggi i veicoli Mercedes-Benz hanno automatizzato molte funzioni, mentre il guidatore si occupa della dinamica di guida e delle restanti funzioni (Livello 2). Mercedes salterà di pari passo il Livello 3 per approdare quanto prima possibile al “4” con il quale il veicolo si occupa attivamente della dinamica di guida, mentre all’autista non è richiesto alcun tipo di intervento. Abbiamo chiesto a Domenico Andreoli, marketing manager di Mercedes-Benz Trucks Italia, le motivazioni di questa scelta e, in particolare del passo indietro rispetto al platooning. “Daimler – ci spiega – è stata tra i precursori di questa tecnologia ed è entrata a far parte del Consorzio a livello europeo di sperimentazione condiviso con gli altri Costruttori. Daimler rimane all’interno di questo consorzio, pur non reputando di investirci risorse importanti. Cosa è cambiato quindi rispetto a prima? È cambiato che sulla base di una serie di test fatti dal nostro gruppo negli Stati Uniti, con convogli reali e rilevazioni molto puntuali, è emerso che l’efficienza che ci si aspettava di ottenere in realtà non si è realizzata”. In pratica quello che il gruppo tedesco ha rilevato è che durante la marcia del convoglio possono accadere numerosi eventi straordinari che vanno ad inficiare il beneficio del platooning. “Sì, esatto – continua il manager romano – ci possono essere delle dinamiche di traffico che fanno sì che il convoglio venga temporaneamente sganciato, come una vettura che si inframezza tra i veicoli in colonna, andando a creare un effetto elastico che, oltre a compromettere i risparmi ottenuti in termini consumo di carburante, creano stress all’autista”. La vera chiave di risparmio, infatti, è la costanza di velocità del mezzo. Se questa viene a mancare, viene meno la base stessa dell’efficienza attesa. La stessa guida predittiva si basa su questo presupposto: “guardare” avanti per prevedere eventuali intoppi e mantenere un avanzamento quanto più costante possibile.
La sperimentazione del platooning coinvolge direttamente gli autisti. Gli effetti psicosociali e neuropsicologici della nuova tecnologia sui conducenti del platoon sono oggetto di studi da parte degli esperti, tra cui la società tedesca Hochschule Fresenius.
COSA NE SARÀ DEL PLATOONING
È chiaro che il successo di un sistema di questo genere si basa sull’implementazione della relativa tecnologia sui veicoli di ogni marca. Il platooning, per sua natura, deve poter ospitare gli utenti della strada appartenenti a diverse compagnie e quindi proprietari di mezzi di brand differenti. Dal momento che un primo grosso Costruttore interrompe il proprio sviluppo e quindi non crede più nella validità del progetto, è evidente che il progetto stesso comincia a perdere forza. “Ovviamente – conclude Andreoli – avendo preso degli impegni ben precisi quando siamo entrati nel consorzio europeo, nel momento in cui ci viene richiesto un contributo non ci tiriamo indietro. Solo non proseguiamo a investire di nostro nella ricerca di questa tecnologia”. # @LucaBarassi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI
Guidare risparmiando Tutti i costruttori offrono ormai programmi di ecotraining per gli autisti che, se messi in pratica a dovere, possono permettere alle aziende
economie importanti
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aspirazione di ogni azienda di trasporto è quella di avere una gestione il più possibile economica e, comunque, il più possibile ecosostenibile, il che è praticamente la stessa cosa. Questa aspirazione può essere realizzata in tanti modi, che vanno dall’adozione di veicoli a basso o bassissimo impatto ambientale (es. veicoli elettrici o a gas naturale) fino all’addestramento dei propri autisti, visto che il consumo di carburante è una variabile che dipende tanto dal veicolo quanto dal modo di chi lo guida. Parliamo dei corsi di guida economica, o ecotraining, che
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vengono offerti da tutti i Costruttori, proprio come servizio postvendita, per permettere a un’azienda di gestire la propria flotta nel modo più “risparmioso” possibile. Un risparmio che, di media, può arrivare anche a 5% su base annua. CORSI PRATICI E TEORICI
Corsi, dunque, dedicati agli autisti, nei quali viene spiegato come guidare avendo un minor consumo di carburante, abbassando i tempi di percorrenza e, soprattutto, come usare e sfruttare al meglio i sistemi di assistenza alla guida di cui tutti i veicoli pesanti di ultima generazione sono dotati. La maggior parte delle Case si organizzano internamente, con personale dedicato. Altre, come DAF che per esempio che si appoggia a GuidarePilotare di Misano, gestiscono i corsi con organizzazioni terze, ma sempre supervisionati dalla filiale del Paese, in modo che messaggi e soluzioni siano in linea con la filosofia del marchio. Per quanto riguarda la didattica, poi, ci sono sessioni per così dire on the road, ovvero su strada, e altre anche in pista per prendere confidenza con i sistemi di sicurezza avanzata presenti a bordo. Altra metodologia molto importante applicata da alcuni programmi di training, è quella di
MAN ProfiDrive per la CEDICA di Roma
svolgere la formazione durante la reale operatività dell’azienda, sugli abituali percorsi e con consegne reali. Questo permette di vedere empiricamente i risultati. “Per un autista – dice Roberto Spelta truck trainer di Mercedes–Benz Trucks Italia – un corso di ecotraining è una grande opportunità. Può guidare un veicolo-scuola con i consigli di un istruttore su come utilizzare al meglio il veicolo, può avere un riscontro telematico, e un parere da parte dello staff di istruttori e, alla fine, ha sicuramente un qualcosa in più”. Si tratta sempre di corsi sia pratici che teorici, con sessioni di guida e in aula, di solito della durata di una giornata lavorativa. In Mercedes-Benz, per esempio, la giornata prevede una prima fase al volante, nella quale l’autista è invitato a guidare, esattamente nel modo in cui lo fa tutti i giorni, per una trentina di chilometri, su un percorso fatto di strade urbane, statali e autostrade, con veicoli di solito carichi ai limiti della legge.
IL CONSUMO, PRIMA E DOPO
Al termine del giro c’è la parte teorica, nella quale si illustrano la strumentazione dei veicoli, i sistemi di assistenza alla guida, il funzionamento del motore endotermico, ma anche quali sono i costi che influiscono nella gestione di un’azienda. Finita la parte in aula, autista e istruttore ripartono per lo stesso giro effettuato in precedenza. Nel secondo giro l’istruttore fornisce dei consigli alla guida che si vanno a unire a quelli appresi nella parte teorica. “In questa fase – riprende Spelta – la stragrande maggioranza dei partecipanti ai corsi riesce a risparmiare sia in carburante che in tempo di percorrenza. E sono dati che noi registriamo ed elaboriamo con i sistemi di bordo, nel nostro caso con il sistema telematico Fleetboard”. Di media il risparmio, su un giro di trenta chilometri, è del 7%, il che è davvero un ottimo risultato. Risultato addirittura migliore per GuidarePilotare nei corsi Ecodriving di DAF. Secondo le loro statistiche, infatti, su un totale di 1907 autisti che hanno partecipato ai corsi nel 2018, hanno avuto un risparmio medio di carburante, superiore al 11%, anche
È proprio di questi giorni la notizia che CEDICA, una giovane azienda di trasporto della provincia di Roma, ha deciso di sfruttare al meglio tutte le innovazioni tecnologiche presenti sui veicoli MAN, facendo partecipare i propri autisti ai corsi di formazione MAN ProfiDrive. Il corso è volto a spiegare agli autisti come viaggiare più sicuri, come ridurre i consumi di carburante e lo stress rispettando la meccanica dei veicoli della propria flotta di 14, tra trattori e motrici MAN TGX. Naturalmente non va dimenticato che i corsi MAN ProfiDrive assumono un ampio peso nella riduzione dei costi. Con 35 anni di esperienza MAN ProfiDrive® si affianca ad imprese, responsabili di parco veicoli e conducenti in oltre 67 paesi al mondo per un supporto a 360 gradi.
con un aumento della velocità media superiore al 11%. Dopo questa esperienza l’autista torna in azienda, dove applicherà quello che ha imparato nel lavoro di tutti i giorni. Perfetto! Verrebbe da dire, ma non è purtroppo tutto così semplice. L’IMPORTANZA DEL MONITORAGGIO
In genere, da quello che raccontano gli istruttori delle varie Case, alla fine del corso l’autista è molto soddisfatto di aver
appreso qualcosa che non sapeva (mentre all’inizio la maggior parte degli “allievi” è abbastanza scettica) e, nelle due settimane immediatamente successive, metterà in pratica scrupolosamente le tecniche e le nozioni acquisite durante il corso. I problemi arrivano proprio, secondo le statistiche, quando, passate le prime due settimane, il lavoro incalza e la routine “divora” le buone intenzioni. Per questo quasi tutte le Case prevedono un monitoraggio dopo il corso. Lo fa, per esempio DAF, anche con un rapporto autista-istruttore che continua nel tempo e che prevede contatti settimanali; lo fa Scania con il programma Scania Driver Coaching, che segue il Driver Training e prevede, per la quotidianità, il supporto individuale di un esperto che aiuta l’autista a mettere in atto e, anzi, a migliorare quello che ha appreso durante il corso. Naturalmente i monitoraggi successivi sugli autisti rientrano in più vasti “pacchetti” di monitoraggio delle flotte. Ma questo è un altro discorso che sicuramente affronteremo in un altro contesto. # @FerruccioVenturoli www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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TECNOLOGIE E SOLUZIONI DISPONIBILI
Dal
green Nasce MaDCrow, un progetto basato sulla localizzazione dei natanti e sulla condivisione dei dati di monitoraggio in tempo reale. Una tecnologia sviluppata dal Gruppo Transpobank, da sempre all’avanguardia nei sistemi di gestione delle flotte
I
l Laboratorio di Ricerca e Sviluppo di Transpobank è costantemente alla ricerca di innovazione e di tecnologie da integrare nella borsa noli e nella piattaforma Tracker.it, ma negli ultimi anni si è anche dedicato all’approfondimento di quali possano essere gli strumenti informatici più adatti a tutelare o rafforzare la sostenibilità ambientale, sia essa “green” o “blue”. Va ricordato innanzitutto che l’idea stessa della borsa carichi pone alla base un importante concetto del rispetto ambientale: “Se effettuo un trasporto a pieno carico, ottimizzo la percorrenza mentre se viaggio parzialmente o completamente scarico significa che trasporto un volume vuoto, quindi il mio viaggio sarà meno eco sostenibile, oltre che meno efficiente economicamente”. Dall’esperienza nel comparto del trasporto su gomma, qualche anno fa Transpobank ha cominciato ad installare i propri dispositivi di tracciamento su numerose imbarcazioni adibite alla pesca che operano sotto-costa. Parallelamente, il team di Trieste dell’azienda milanese ha sviluppato
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FOCUS
I RISVOLTI POSITIVI PER L’AMBIENTE I corpi idrici rappresentano il 70% della superficie terrestre e monitorarli tutti con i metodi tradizionali non è pensabile. Inoltre quanto già disponibile fornisce solo una visione frammentata o non aggiornata. Se si pensa invece ad uno scenario in cui ogni imbarcazione avesse un dispositivo MaDCrow, si disporrebbe di una flotta di sentinelle del mare pronte a comunicare ogni piccola variazione delle condizioni di superficie. Ragionando su due livelli: sul primo c’è la comunità scientifica che beneficerebbe di informazioni aggiornate, georeferenziate, che consentirebbero analisi di scenario su più ampia scala, con la possibilità di comprendere meccanismi generali. Sull’altro piano ci sono i policy/decision maker (Enti di controllo, Protezione Civile, ARPA, Capitanerie) che beneficerebbero di un flusso di informazioni in tempo reale e che consentirebbero anche una gestione delle emergenze o delle criticità con tempi di reazione strettissimi.
progetti di telemetria, soprattutto su trailer a temperatura controllata, sempre più avanzati. Così i ricercatori hanno pensato di utilizzare la propria tecnologia non solo per monitorare un’imbarcazione, ma anche per monitorare la temperatura dell’acqua e altri dati sensibili. Nasce così il progetto MaDCrow [Marine Data Crowdsourcing] che ha portato Transpobank ad essere alla guida di una cordata di aziende private e pubbliche con lo scopo di occuparsi del benessere e del buono stato dei nostri mari. A questo pool di aziende fanno parte anche Università ed Enti di Ricerca, che hanno permesso di portare il progetto nell’ambito del Regio Stars Award della comunità Europea, una commissione che premia i più interessanti progetti di ricerca.
scienziato consentendogli, ad ogni uscita, la possibilità di acquisire svariati parametri oceanografici abbattendo enormemente i costi di campionamento. IL DISPOSITIVO
Il dispositivo MaDCrow, viene installato su una qualsiasi imbarcazione tramite una semplice posa in opera non intrusiva. Grazie ai suoi sensori smart a basso costo, trasmette in tempo reale i valori raccolti dai diversi natanti, e quindi elaborati da un datacenter realizzato da Transpobank per poi essere convogliati in un sistema di validazione (presso l’Istituto Nazionale Oceanografico INOGS) per la successiva mappatura. I parametri presi in considerazione sono la temperatura, la salinità, l’O2 e pH dell’acqua. La massa di dati è poi elaborata da speciali software di supporto decisionale ed intelligenza artificiale, sviluppati dal Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Trieste e resi infine disponibili a tutti in modo aperto ed interoperabile con altri sistemi nazionali e internazionali di condivisione informazioni già esistenti, rispettando quanto previsto dalle direttive Europee e dalle normative nazionali in tema di dati georeferenziati.
IL PROGETTO
Il concetto base di MaDCrow è quello mettere insieme tecnologie provenienti dal mondo informatico, come il crowdsourcing, e quello della Citizien Science, la scienza dei cittadini che su base volontaria partecipano a campagne di campionamento che, opportunamente combinate, sovvertono per molti aspetti le regole classiche del monitoraggio marino. La salute del più grande ecosistema della terra è cruciale per moltissimi aspetti e le campagne di monitoraggio ti tipo classico sono sostanzialmente di due tipi: boe fisse (che monitorano sempre lo stesso punto), oppure navi-laboratorio che ovviamente si possono spostare ma hanno costi elevati. Ecco perché, dunque, serviva un’idea nuova, low-cost e che potesse consentire il monitoraggio in tempo reale dello stato di salute del mare. MaDCrow ha quindi sviluppato un’innovativa infrastruttura per la raccolta, l’integrazione e la diffusione in tempo reale di indicatori marini. Infatti, con gli attuali sistemi di rilevamento è logisticamente difficile ed economicamente insostenibile effettuare questo tipo di rilevazioni in continuo su grandi scenari. La metodologia MaDCrow amalgama varie tecnologie provenienti da altri settori, come il già citato crowdsourcing, il tracciamento GPS in tempo reale e la citizen science, aprendo così una nuova prospettiva alle attività di monitoraggio dando a qualsiasi operatore del mare la possibilità di assumere le vesti di
UNA CULTURA NUOVA
L’approccio Citizen-Scientist trova la sua massima espressione nella possibilità di collaborare volontariamente con la comunità scientifica, condividere osservazioni, esperienze e conoscenze relative all’ambiente marino, in strettissima connessione con il territorio in cui gli utenti-contributori vivono o svolgono la propria attività. È stata anche sviluppata una piattaforma web per ridurre la complessità delle informazioni rilevate e renderle fruibili e condivisibili secondo una logica social, al fine di coinvolgere la più ampia varietà possibile di soggetti e sfruttare un effetto di rete che consenta di alimentare il sistema di informazioni sempre più rilevanti. La piattaforma costituisce infatti un valido strumento per la divulgazione scientifica e per la gestione delle informazioni legate all’ambiente marino per raggiungere una “coscienza ambientale informata” orientata al monitoraggio, alla valutazione dello stato dell’ambiente e al coinvolgimento della cittadinanza alle eventuali politiche di salvaguardia del territorio. # @AntonioNadali www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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Vestire in verde Allestitori e produttori di componentistica lavorano senza distinzione verso soluzioni tecnologiche, pratiche, ma anche filosofiche e di marketing sempre più sostenibili. Quattro case history tra centinaia di altre
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ella continua ricerca di una mobilità commerciale più sostenibile non sono solo i costruttori di veicoli o i progettisti di motori a dare il proprio contributo. Una parte notevole di lavoro la svolge anche chi il veicolo “veste” cioè gli allestitori, termine da intendere in senso molto ampio, quindi non solo chi realizza allestimenti veri e propri ma anche chi produce tutta quella componentistica che ottimizza l’allestimento. Tanto per fare un esempio, chi produce i motori di refrigerazione delle migliaia di veicoli a temperatura controllata che solcano ogni ora le nostre strade. Si tratta di studi e sperimentazioni durati anni su dimensioni, su diversi materiali e componenti e l’accostamento tra loro. C’è anche tanto lavoro per individuare le politiche e le strategie di trasporto e di logistica che vanno modificandosi di anno in anno, obbligando tutto il mondo manifatturiero del comparto ad adeguarsi; ma c’è anche il tentativo di plasmare le nuove politiche della logistica cercando di imporre nuove mentalità costruttive e di marketing. In realtà, tutto il mondo dell’allestimento, esattamente come tutto il mondo automotive è impegnato nella ricerca di soluzioni green. Noi, in questa sede, non TRASPORTARE OGGI novembre 2019
potendo citare tutte le aziende che si muovono verso una maggiore sostenibilità, ci limiteremo a raccontare come si “muovono” alcuni di loro, come fossero delle case history. TRASPORTARE DI PIÙ PER TRASPORTARE DI MENO
“Il monster-camion è tra noi” così, nel 2009, con il consueto inutile e malcelato tono critico nei confronti del trasporto, titolava Repubblica all’indomani dell’avvio del Progetto18. Nato su iniziativa di ANFIA e del Ministero dei Trasporti, il Progetto18 aveva l’obiettivo di analizzare l’impiego degli autoarticolati con una lunghezza fino a 18 metri, per la valutazione dei vantaggi in termini di produttività del trasporto durante l’utilizzo reale dei veicoli, quindi in termini di convenienza economica e logistica del trasporto, e le loro caratteristiche di guidabilità, manovrabilità e sicurezza. In sostanza, dallo standard di 16,50 metri la combinazione trattore-semirimorchio si propone di passare a 18 metri. All’atto pratico la modifica interesserebbe soltanto la maggiore lunghezza del semirimorchio di 1 metro e 300 mm (lunghezza di traino totale a 17,80 metri) lasciando inalterate le altre caratteristiche del veicolo. Molti allestitori e molti clienti sono convinti che questo modesto allungamento, sinonimo però di un innovativo concetto di trasporto delle merci, possa togliere veicoli dalla strada, limitare i consumi di carburante, abbattere la CO2 nell’atmosfera. Oltre che anche far guadagnare di più i trasportatori. La prima fase di monitoraggio è iniziata a giugno 2009 ed è terminata a giugno 2013, per un totale di quattro rapporti, mentre da giugno 2014 a marzo 2018 si è svolta la seconda fase, che ha prodotto altri due rapporti. Cinquantadue aziende di autotrasporto altamente eterogenee, pari al 73% delle aziende partecipanti alla seconda fase e 78 autisti, hanno contribuito all’indagine rispondendo ai relativi questionari, per un totale di 221 semirimorchi di fase II monitorati (74% della flotta).
Il Plastoblok SR060LR, secondo il produttore, offre tra le migliori tenute termiche sul mercato; è uno dei prodotti del progetto Environmental Vision 2021.
RISULTATI PIÙ CHE POSITIVI
Le modalità di monitoraggio prevedevano due tipi di quesiti, uno per le aziende l’altro per gli autisti. Il primo ha permesso di avere un quadro generale, in termini economici e organizzativi dell’attività e le dimensioni delle aziende, le tipologie di trasporto e l’impatto che su quel tipo di trasporto avevano avuto i veicoli del Progetto18. Il secondo questionario ha fornito risposte di tipo pratico sulla manovrabilità dei mezzi, sul comfort di guida e sulle percorrenze nei principali scenari. Sono stati tutti risultati giudicati molto più che soddisfacenti, i veicoli Progetto18 si sono rivelati adatti al trasporto di merce voluminosa leggera caricata su pallet o sfusa, che possa sfruttare lo spazio a disposizione in più restando nei limiti di legge del peso massimo, dimostrando anche una positiva efficienza nel trasporto, sia in termini di saturazione del carico, che di viaggi risparmiati, che di strategie di utilizzo. Attualmente è in fase di decisone, in sede ministeriale, la proposta congiunta di ANFIA, CNH Industrial e ANITA per ottenere il riconoscimento normativo per la circolazione nazionale dei 18 metri. Questa tipologia di complessi veicolari, se riconosciuta a livello normativo nazionale, nel rispetto dei limiti della Direttiva europea, potrà dare un enorme aiuto alla promozione della mobilità sostenibile nel nostro Paese.
distanze, l’unità di refrigerazione funziona a Diesel. Sulle brevi distanze in centro città, l’unità passa all’alimentazione elettrica. Grazie al geo-fencing ciò avviene automaticamente, senza alcuna azione necessaria da parte dell’autista.
GENERARE UN FREDDO SOSTENIBILE
“Una soluzione sostenibile deve fare due cose: deve offrire un vantaggio misurabile all’utilizzatore e deve farlo in modo da ridurre al minimo l’impatto ambientale”. Questo, più che uno slogan, è la strada che segue Thermo King, azienda multinazionale e grande produttrice, tra le altre cose, di motori per la refrigerazione dei camion a temperatura controllata. Thermo King nella sua ricerca della sostenibilità si fa forte soprattutto di due soluzioni importanti e decisamente innovative sul piano della riduzione dell’impatto ambientale. La prima è la refrigerazione ibrida per semirimorchi, una soluzione che combina le tecnologie Thermo King e Frigoblock per creare un veicolo in grado di accedere anche alle zone ULEZ (Ultra Low Emission Zone). È ideale per le zone a bassa e bassissima emissione di inquinamento (LEZ e ULEZ) e per le città che stanno passando al divieto totale di circolazione per i motori diesel. Durante il trasporto su lunghe
In occasione del convegno Zerogradi, di giugno, Ismaele Iaconi, direttore marketing di Lamberet Italia, presentato l’innovativa soluzione Blueeze.
IL SISTEMA CRIOGENICO
L’altra è rappresentata dalle unità di refrigerazione CryoTech, per il controllo della temperatura. Si tratta di una gamma ormai collaudatissima di unità di refrigerazione criogeniche, che utilizzano l’anidride carbonica liquida (R744) per alimentare un sistema ad alte prestazioni ideale per la distribuzione urbana. C’è di più: la CO2 liquida viene riciclata da processi industriali. Si tratta di soluzioni che offrono oltre a una maggiore durata dei prodotti freschi all’interno delle celle, l’accesso alle aree urbane 24 ore su 24, sette giorni su sette, quindi un maggiore utilizzo del veicolo, grazie a un funzionamento estremamente silenzioso. Infine, è non va certo all’ultimo posto, permettono un riscaldamento globale aggiuntivo pari a zero GESTIRE IL FREDDO IN MODO SOSTENIBILE
Il motore e alcuni componenti del sistema criogenico di Thermoking all’esterno e all’interno della cella frigo.
Quando gli sforzi per la salvaguardia dell’ambiente e la tecnologia vanno di pari passo, non può che uscirne qualcosa di davvero positivo. È quanto sta portando avanti Lamberet che, come “anello innovativo della catena del freddo”, ha presentato, a giugno, nel corso del convegno Zerogradi, promosso da TForma, l’innovativa tecnologia “Blueeze” che sfrutta l’azoto liquido di Air Liquide. L’innovazione del nuovo sistema di refrigerazione ad azoto liquido risiede nella produzione del freddo ottenuto www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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dal passaggio dell’aria dal compartimento del veicolo isotermico attraverso un convertitore alimentato con azoto liquido, memorizzato a -195°C nel serbatoio del veicolo. Contrariamente alla tecnologia a iniezione diretta, il nuovo sistema “Blueeze” funziona in maniera “indiretta”: l’azoto non è mai in contatto con l’interno della furgonatura, assicurando un funzionamento in totale sicurezza. In aggiunta, i pannelli isolanti in materiale composito delle furgonature Lamberet sono i più efficaci tra quelli presenti sul mercato, perché evitano qualunque tipo di dispersione, riducendo quindi il bisogno di produzione del freddo, e prolungando l’autonomia dell’insieme. Senza dimenticare la notevole riduzione del peso a bordo che consente un ulteriore minore impatto ambientale. UNA GRANDE FLESSIBILITÀ LOGISTICA
La soluzione Blueeze, completa e integrata, è semplice da mettere in funzione e utilizzare. La presa di carica dispone di due connessioni di aspirazione e di riempimento. Il serbatoio di 950 litri per il semirimorchio si trova in posizione centrale mentre per la motrice, con capacità pari a 650 litri, è posto lateralmente. Tutto il circuito è garantito sotto-vuoto grazie al passaggio delle tubazioni all’esterno, con protezione contro l’urto. Gli evaporatori, fino a tre e con taglie differenti hanno il sensore dell’ossigeno integrato e ciascuno è dotato di un proprio scarico che consente l’uscita dell’azoto in stato gassoso a -20°; il pannello di controllo è di semplice utilizzo, con pochi tasti e con la possibilità di regolare la temperatura in ogni singolo compartimento. L’alimentazione è elettrica con due batterie al gel 24V per funzionamento autonomo, alimentazione in marcia con 24S N°4 e/o 15 N° 9 e connessione rete elettrica a 230V. Rispetto alla tecnologia tradizionale, Lamberet Blueeze assicura un sistema di refrigerazione 100% ecologico, grazie alle eccezionali performance che è in grado di garantire, come l’efficacia e la precisione del controllo della temperatura TRASPORTARE OGGI novembre 2019
(a +/- 0,5°C con una riduzione della temperatura almeno 2 volte più rapida dei sistemi meccanici classici); il silenzio super-performante che soddisfa le esigenze del marchio PIEK con meno di 57 DBA ad una potenza massima; l’assenza totale, durante il funzionamento, di emissione di CO2 e di particelle inquinanti. Infine, non va dimenticata la flessibilità logistica del Blueeze, con la possibilità operare durante orari sfalsati e ampliati. UN GREEN LEADER EUROPEO
Plastoblok, leader europeo nella produzione di veicoli isotermici ad alte prestazioni, aspira a diventare un’azienda “green” leader a livello Europeo, con iniziative basate sui tre pilastri del progetto Environmental Vision 2021: “creazione di una società a basse emissioni di anidride carbonica”, “creazione di una società basata sul riciclo” e “rispetto della biodiversità”. Seguendo queste direttive è nato uno strumento di lavoro versatile, personalizzato “tailor made” realizzato in struttura sandwich a caldo, con laminati interni e esterni in vetroresina. Si chiama SR060LR, secondo il produttore, offre la miglior tenuta termica, e in caso di necessità, è riparabile rapidamente, con costi convenienti e soprattutto, una volta ripristinato offre le stesse ottime caratteristiche di quando è uscito dalla linea di produzione. Contrariamente alle nuove strutture isolate in lamierino di ferro da 0,6 mm di spessore, più economiche e maggiorente termosensibili, i furgoni Plastoblok offrono le superfici interne ed esterne in vetroresina ad alto tenore di vetro di oltre 1350 gr/m2. L’ottimo coefficiente isotermico, ottenuto grazie alla cura dei dettagli e all’assenza dei ponti termici e soprattutto allo stampaggio “a caldo” che rallenta il processo di invecchiamento dei materiali, contribuiscono in modo determinante alla riduzione dei costi di carburante, abbattendo le emissioni di CO2 e contribuendo a ridurre gli intervalli di manutenzione del gruppo frigo.# @FerruccioVenturoli
Il verde che
PRODOTTO PNEUMATICI
rotola Quando si afferma che costruttori e case devono continuare con il proprio impegno per rendere il trasporto sempre più sostenibile, vogliamo significare che anche la componentistica che costituisce il veicolo, contribuisce a renderlo green. Vediamo il ruolo che in questo senso svolgono gli pneumatici
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ruck e van sono sempre più futuristici. Ciò accade grazie anche ai componenti – ad altissimi livelli di tecnologia – che troviamo sotto la pelle di questi gioiellini. Gli pneumatici identificano una parte importante del mezzo, sia esso leggero o pesante, che merita di un’attenzione speciale quando si parla di riduzione di CO2. Per quale motivo? La risposta è semplice: minore è la resistenza al rotolamento, minore è il consumo di carburante, minori sono le emissioni di monossido di carbonio e quindi l’aria è più pulita. Tecnicamente quindi, gli pneumatici possono essere per questo motivo più o meno verdi. Un’attenta progettazione risulta in questo senso fondamentale: ricordiamo che gli pneumatici incidono per un terzo sul consumo totale di carburante e ciò significa che per ogni litro risparmiato, vengono rilasciati 2,66 Kg di CO2 in meno nell’atmosfera!
Resistenza aerodinamica, massa, struttura e forma del battistrada sono gli elementi che il progettista deve considerare e valutare per raggiungere l’Equilibrio delle Prestazioni affinché lo pneumatico raggiunga il miglior risultato nel bilancio di prestazioni, sicurezza, confort e ovviamente sostenibilità. LÀ… DOVE NASCONO GLI PNEUMATICI
L’accento verde di un prodotto non è dato solo dalle prestazioni ma anche da quanto sia green la sua “culla”. Ci spieghiamo meglio: se la fabbrica da cui esce è sostenibile, lo pneumatico lo sarà ancora di più. Un esempio calzante in questi termini è dato dallo stabilimento sostenibile di Michelin ad Alessandria, il più grande in Italia dedicato alla produzione degli pneumatici autocarro. All’avanguardia nel campo della sostenibilità nel perseguimento degli “Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile”, si concentra in particolare in quattro ambiti: Lavoro dignitoso e crescita economica; Industria, innovazione e infrastrutture; Consumo e produzione responsabili; Agire per il clima. Lo pneumatico del futuro che verrà costruito qui, presenterà bassissima resistenza al rotolamento e quindi un basso livello di consumi ed emissioni di CO2. Verrà prodotto dal nuovo www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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PRODOTTO PNEUMATICI
impianto di coestrusione di battistrada complessi, ad altissima tecnologia, realizzato grazie a investimenti nel settore Ricerca e Sviluppo che hanno beneficiato di un finanziamento del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale. L’investimento complessivo dell’operazione per produrre lo pneumatico del futuro sarà di 18 milioni di euro, di cui 6,5 in Ricerca e Sviluppo e 1,7 finanziati dalla Regione Piemonte; e la messa in produzione è prevista nel 2021/2022. “Con questi presupposti, lo stabilimento di Alessandria ha raccolto la sfida posta dal Gruppo Michelin per il periodo 2010-2030 che prevede la riduzione del 20% del consumo di energia per km dei suoi pneumatici. Al di là dell’innovazione del futuro, quotidianamente lo stabilimento è impegnato sul fronte della sostenibilità ambientale” hanno dichiarato dalla Casa. Come? Utilizzando la strategia delle “4R” (Ridurre, Riusare, Riciclare e Rinnovare) che consente di ridurre l’uso di combustibili fossili per produrre gli pneumatici di qualità che nascono per essere riscolpiti e ricostruiti, quindi utilizzati più volte. Al termine della loro vita sono recuperati e avviati al riciclo, sia come recupero energetico che sotto altre forme come manti stradali, pavimentazioni sportive, edilizia, chiudendo così un ciclo di vita da pneumatico e iniziandone un secondo, con numerose e importanti possibilità di utilizzo. Vediamo, allora, nel dettaglio questa strategia:
R IDURRE ➞ il peso degli pneumatici, le emissioni di CO2 prodotte dal loro uso e il numero di pneumatici necessari per percorrere una data distanza.
R IUSARE ➞ riparando, riscolpendo e ricostruendo il pneumatico, allungando-
ne così la durata. Uno pneumatico autocarro che ha una durata di vita iniziale di 250.000 km può percorrere più di 500.000 km se riscolpito due volte e ricostruito una volta. Questo porta a un risparmio del 70% di risorse naturali e del 24% di emissioni di CO2.
R ICICLARE ➞ Michelin, oggi in Italia, insieme ai principali produttori di pneu-
matici (tramite il consorzio Ecopneus), garantisce il recupero e il corretto trattamento di un volume di tonnellate di pneumatici a fine vita equivalente a quelli immessi sul mercato. Questi pneumatici vengono recuperati e destinati ad altri utilizzi (recupero energetico che sotto altre forme come manti stradali, pavimentazioni sportive, edilizia).
R INNOVARE ➞ usare materiali non fossili, rinnovabili. 48
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Oggi quasi il 30% della materia prima impiegata nella costruzione degli pneumatici proviene da fonti rinnovabili. Per quanto riguarda gli stabilimenti, l’obiettivo del Gruppo Michelin al 2020 è di dimezzare, rispetto al 2005, l’impatto ambientale in base all’indicatore Michelin Environmental Footprint (MEF), che misura il consumo di risorse (energia ed acqua), le emissioni e la quantità di rifiuti. I dati rilevati a fine 2018 indicano che tutti gli interventi effettuati per ridurre l’impatto ambientale sono stati particolarmente efficaci e che lo stabilimento di Alessandria è in linea con il raggiungimento dell’obiettivo. DA GOMMA A GOMMA
Anche le mescole giocano un ruolo importante con la loro composizione; e l’introduzione della silice rappresenta la vera rivoluzione, consentendo di aumentare la dissipazione di energia quando essa non è necessaria. Recentissimo è anche l’utilizzo di una mescola morbida, prodotta grazie ad un’alta percentuale di gomma naturale miscelata al succo estratto dalla buccia degli agrumi (“Orange Oil”). Il vero tocco verde è dato dalla gomma triturata derivante direttamente dalle gomme giunte a fine vita (PFU), per generare una mescola utilizzabile per la produzione di altri pneumatici, equivalente a quella tradizionale. Stiamo parlando del progetto “Da Gomma a Gomma” di EcoTyre in cui questi pneumatici derivanti dal riciclo, sono stati montati sui mezzi della propria flotta e testati su strada per verificarne pressione, consumo del battistrada, stato generale, in modalità comparativa rispetto alle gomme tradizionali.
I risultati dei test (in una prima fase realizzati con una percentuale di gomma riciclata pari al 5%, aumentata poi fino al 20%) sono stati sorprendenti: dopo aver percorso oltre 1.500.000 chilometri, da aprile 2018 ad aprile 2019 nelle normali condizioni di utilizzo e circolazione su strada, gli pneumatici test montati su 20 camion hanno mostrato caratteristiche di durata e resistenza analoghe, e in alcuni casi migliori, a quelli convenzionali. I camion hanno montato da un lato dell’asse trazione gomme tradizionali e sull’altro pneumatici test contenenti gomma riciclata. Gli pneumatici sono stati testati, quindi, a parità di carico, asfalto e km percorsi e, soprattutto, effettuando trasporti alla massima portata utile, quindi in condizioni di grande stress. Alla luce di questo successo EcoTyre e i suoi partner hanno deciso di estendere il test ad almeno 100 veicoli della flotta di raccolta PFU con “pneumatici verdi” e di lanciare il progetto “da Gomma a Gomma 2.0” che comprende: un ulteriore aumento percentuale della gomma riciclata all’interno della mescola; l’ampliamento del progetto ad altre tipologie di pneumatici e l’equipaggiamento di almeno 1.000 veicoli entro il 2020. In termini di economia circolare, la realizzazione di questo progetto rappresenta una soluzione concreta nonché la svolta per il futuro degli pneumatici e dell’ambiente. È stato sviluppato insomma, un sistema efficiente in grado di rigenerare quelli che fino a poco tempo fa erano considerati rifiuti puri, che invece sono stati trattati con processi specifici e resi una risorsa da riutilizzare per creare altri pneumatici. Addirittura, visti i risultati super positivi dei test, verrà aumentato il dosaggio di gomma riciclata nella mescola! Nulla si crea e nulla si distrugge. Sempre in ottica di economia circolare, lo pneumatico può essere fonte anche di energia elettrica. Una azienda giapponese infatti ha annunciato lo sviluppo di una nuova tecnologia che sfrutta la rotazione dello pneumatico per generare energia elettrica, ottenuta installando un generatore di elettricità all’interno dello pneumatico stesso, che ha la funzione di trasformare l’elettricità statica prodotta in energia pulita. Questo nuovo dispositivo sfrutta la carica di attrito, per generare energia elettrica in modo funzionale ogni volta che l’impronta dello pneumatico si deforma con la rotazione. Tecnologia fanatica e troppo spinta? Sembra proprio di no dato che avrà un bacino di applicazioni pratiche come fonte di energia alternativa per diversi apparecchi digitali del settore automotive.
UN FUTURO CON NUOVE FORME
In un futuro “green” potrebbero cambiare molto gli oggetti di cui ci stiamo occupando. Questa estate ha fatto parlare molto di sé un primo prototipo di pneumatico senza aria che potrebbe cambiare il modo di viaggiare, sia degli automobilisti che del trasporto commerciale. Quello presentato da Michelin e General Motors, infatti, è l’ultimo di una serie di prototipi che sembra essere molto vicino a diventare realtà. Ovvero uno pneumatico senz’aria e a prova di foratura, in grado di resistere alla pressione di chiodi e altri oggetti appuntiti. C’è chi l’ha già soprannominata “gomma fachiro”, ma in realtà si chiama Uptis (una sigla che sta per Unique Punctureproof Tire System) ed è stata presentata al “Movin’On Summit,” la manifestazione annuale dedicata alla mobilità sostenibile che si tiene a Montréal, in Canada. Una novità assoluta nella logica degli pneumatici. Completamente privo di aria, Uptis elimina alla radice problemi legati a forature o pneumatici sgonfi, con ricadute positive non solo dal punto di vista della sicurezza, ma anche da quello della manutenzione e della sostenibilità. La composizione di Uptis risponde pienamente all’attenzione ambientale che caratterizza sempre più i produttori: a tale scopo è realizzato interamente in materiali riciclati, stampato in 3D e connesso, consentendo di supportare sia il peso sia la velocità di un’auto o di un qualsiasi Van, eliminando al contempo l’aria compressa e dunque anche la
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Case History
PRODOTTO PNEUMATICI
L’ESEMPIO DI GOODYEAR
Per affrontare la sfida legata alle emissioni di CO2 e di altre sostanze inquinanti, l’Europa sta fissando limiti sempre più stringenti che i veicoli per il trasporto pesante devono rispettare in UE. Goodyear vuole supportare i produttori di veicoli, le flotte e i piccoli proprietari per ridurre la propria impronta ecologica e rientrare nei parametri e nei regolamenti che saranno stabiliti nei prossimi anni. Probabilmente molti non lo sanno, ma un produttore di pneumatici può incidere notevolmente nella riduzione delle emissioni di un veicolo, una riduzione che può portare alla flotta anche un vantaggio economico. Ecco i principali ambiti su cui si sta muovendo Goodyear: RESISTENZA AL ROTOLAMENTO
Minore è la resistenza al rotolamento di uno pneumatico, più facile sarà ridurre i consumi di carburante e le emissioni di CO2 del veicolo. Le gamme FUELMAX Gen-2 (per trasporto inter-regionale e lunghe distanze) e FUELMAX PERFORMANCE (per flotte che operano quasi esclusivamente nel lungo raggio) sono state concepite proprio con questa finalità.
MANUTENZIONE
Una bassa pressione dello pneumatico fa aumentare il consumo di energia e le emissioni di CO2 non necessarie. Un camion con motore a combustione interna che opera con pneumatici gonfiati alla corretta pressione può risparmiare fino a 510 litri di carburante (corrispondenti a €694) e 1.330 kg di emissioni di CO2 all’anno rispetto a un camion che viaggia con pneumatici gonfiati a una pressione di 1.5 bar inferiore a quella corretta. Per questo motivo Goodyear ha sviluppato una serie di strumenti predittivi dotati di una telematica avanzata per monitorare la pressione degli pneumatici (TPMS) e mandare alert non appena rilevano deviazioni nei valori delle temperature e delle pressioni degli pneumatici. Il Goodyear Drive-Over-Reader scansiona velocemente ogni pneumatico ogni volta che il veicolo entra nel deposito per verificare la sua usura, il carico e la profondità del battistrada, ulteriori elementi che influiscono sui consumi. VITA DELLO PNEUMATICO
Un maggiore chilometraggio equivale a minori emissioni di CO2. L’abbinamento della riscolpitura e della ricostruzione degli pneumatici autocarro di Goodyear può aumentare il chilometraggio fino al 25%. Le carcasse degli pneumatici autocarro di Goodyear sono ottimizzate per la ricostruzione, con prestazioni e vantaggi simili agli pneumatici nuovi. A livello di produzione, per realizzare un ricostruito si usano minori quantitativi di materiali rispetto alla produzione di uno pneumatico nuovo e anche le emissioni di CO2 legate alla produzione sono inferiori.
produzione superiore di pneumatici per la sostituzione e/o come ruota di scorta. Uptis si va così a inserire nell’ambito d’impegno aziendale sul fronte dell’ecosostenibilità: non solo, infatti, questa gomma è stata pensata appositamente in vista di una rivoluzione elettrica della mobilità, ma è anche più duratura nel tempo rispetto alle alternative tradizionali, in quanto decisamente più resistente ai danneggiamenti su strada e ricostruibile fino a 5-6 volte (contro una media degli attuali pneumatici di 2-3 volte).
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Ciò va sicuramente a ridurre lo spreco di gomme e materiali. La sperimentazione su automobili vere e proprie, su modelli come la Chevrolet Bolt Ev, dovrebbe partire a breve su una flotta di veicoli negli Stati Uniti, e per la precisione nel Michigan. L’obiettivo dichiarato è quello di prepararsi a un lancio sul mercato attualmente previsto per il 2024. Importante sottolineare come il nuovo pneumatico co-firmato da Michelin e GM sia comunque già stato pensato tanto per i veicoli in circolazione oggi, quanto per quelli del futuro, con particolare attenzione alle flotte: che si tratti di auto elettriche, a guida autonoma o in condivisione, l’obiettivo è fornire ai clienti mezzi per cui la manutenzione rasenti lo zero, partendo proprio dal treno gomme. Con un beneficio indubbio per l’ambiente, visto che – secondo quanto riportato da Michelin – ogni anno solo 200 milioni gli pneumatici scartati prematuramente per colpa di forature, danni o strade dissestate che rovinano la gomma. Anche il lato tecnico è assai interessante. Lo pneumatico senza aria, come abbiamo visto, è un progetto che nasce per risolvere le criticità della classica ruota: infatti, un sistema che opera in assenza di pressione elimina la necessità di verifica periodica della stessa pressione di gonfiaggio, diminuisce la necessità di manutenzione e rende i costi generali del ciclo vita di uno pneumatico particolarmente interessante, sia a livello costi che economico, soprattutto per chi deve gestire flotte di veicoli.
Un dettaglio da non dimenticare è sul design. Tutti i veicoli cambieranno le loro forme, i profili saranno assai diversi e la realizzazione dei diversi indici di carico saranno una delle sfide più entusiasmanti per la ricerca in questo settore. LA FANTASIA DEI GIOVANI DI OGGI PER GLI PNEUMATICI DI DOMANI
In tal senso non mancano progetti innovativi. Hankook lo scorso anno ha presentato per la prima volta in Europa i lavori degli studenti di design di Londra, il “Royal College of Arts”, nati dalla volontà di motivare i giovani nella realizzazione di idee proprie, che vadano oltre a quello che è il concetto classico e standard, che tutti conosciamo, di mobilità e di gomme. L’intento è quello di contribuire con dei prodotti che vadano oltre gli schemi e le concezioni a cui siamo abituati. Guardando nel dettaglio le due nuove proposte, possiamo descrivere la prima (dal nome Hexonic) come uno pneumatico intelligente per i veicoli a guida autonoma. Per l’esperienza di guida, il comfort dei passeggeri è fondamentale e questa tipologia di gomma aiuta a renderlo a livelli ottimali, in grado di analizzare in tempo reale la strada, grazie ai sette
sensori che sono stati inseriti sul battistrada. Aderenza, stato del manto, temperatura e tutti gli altri dati sulle condizioni stradali sono registrati dal prodotto, in modo che la stessa gomma si adegui alla superficie. Per quanto riguarda invece l’altro pneumatico premiato, Aeroflow, è stato pensato per gli sport motoristici e per ottenere la massima portanza. Per questo motivo è stata allargata la ruota, l’aderenza dello pneumatico è stata ottimizzata e la superficie di rotolamento è divisibile. Alle ruote sono state aggiunte delle pale che raccolgono l’aria durante l’utilizzo e in grado di generare portanza supplementare. UN IMPEGNO A 360°, RICOSTRUIRE GLI PNEUMATICI PER L’AMBIENTE
Le sfide per il settore comunque non sono finite. L’aumento dei costi delle materie prime, la necessità di rispondere alle esigenze ambientali sono altre due delle principali sfide che il mercato dello pneumatico deve fronteggiare. Nuove tecnologie, delocalizzazione delle flotte, concorrenza di prodotti a basso costo sono altri importantissimi eventi che possono essere un rischio o una fonte di opportunità, a seconda di come si riesca a comprenderli e anticiparli. Non bisogna dimenticare, come analizzato in uno degli ultimi Speciali di Trasportare Oggi, anche l’importanza degli pneumatici ricostruiti, progettati e offerti da numerose aziende per offrire il massimo livello di risparmio economico per la flotta per tutta la durata della vita dello pneumatico e – quando si tratta della carcassa – ben oltre. Numerose sono sul mercato le soluzioni di ricostruzione per prolungare la vita dei propri pneumatici così da ottenere i più bassi costi di guida e un rispetto ambientale del cosiddetto “bene pneumatico”. Quando si acquista uno pneumatico ricostruito, infatti, non solo si migliora la gestione dei costi ma si contribuisce anche a tutelare l’ambiente. Riutilizzando la carcassa si risparmiano energia e materie prime e si riduce la quantità di pneumatici da smaltire. Il futuro della gomma viene anche dal passato. In tutti i sensi. # @FedericaLugaresi e @AndreaTrapani www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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PRODOTTO BATTERIE
Alla
carica! T
La mobilità elettrica, soprattutto in ambito cittadino, sembra essere la soluzione più futuribile e logica per far fronte al tema della sostenibilità ambientale. Questo cambio di paradigma comporta però una serie di dinamiche e problematiche
ra le alimentazioni cosiddette “alternative” figura la trazione elettrica e le batterie saranno il petrolio del futuro. L’utilizzo dei veicoli elettrici ha come vantaggio principe di ridurre gli impatti negativi generati da un modello dipendente da combustibili fossili, che contribuisce a generare circa un quarto di gas climalteranti. Ci sono però, naturalmente, dei “ma”. Infatti, le batterie che danno e daranno la propulsione ai veicoli sono, attualmente, altamente inquinanti per la presenza di elementi acidi e tossici. Va da sé che se impiegate impropriamente o addirittura abbandonate, diventano pericolose per l’ambiente. Ecco che diventa importante valutare questo prodotto in ambito di economia circolare che, a sua volta, ha alla base la progettazione dello stesso: infatti solo se la batteria viene concepita e progettata per il riciclo dei suoi componenti è possibile avviarne il recupero o il riciclo.
IL PROGETTO PILOTA
Dalle batterie al piombo (la cui progettazione spegne 150 candeline) è sempre stato facile recuperarne il metallo, la plastica ed anche l’acido solforico. Nelle batterie al litio, purtroppo, ancora oggi e a livello mondiale
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non esiste una tecnologia pronta e verificata su scala industriale che permetta il recupero del prezioso elemento presente nell’accumulatore. Con lo sviluppo del mercato dei veicoli elettrici, si avrà il boom di questo tipo di batterie e quindi sarà di grande importanza il recupero del litio ma anche del preziosissimo cobalto. I giacimenti e le riserve di questi elementi di fatto, non sono infinite. Anzi, la produzione sia di litio che di cobalto non sarà in grado di soddisfare il fabbisogno futuro per cui è indispensabile trovare il modo di recuperarli. Cobat insieme al CNR sta mettendo a punto un sistema che consenta di recuperare il litio, oltre agli altri componenti, attraverso un impianto pilota.
Tra le soluziioni più avvenirstiche c’è quella delle batterie di flusso.
Il progetto mira a identificare soluzioni efficienti ed efficaci per trattare questa particolare tipologia di rifiuto che risulta altamente infiammabile a causa dell’elemento base di cui sono costituite le batterie. Il litio infatti in particolari condizioni, può addirittura avere reazioni esplosive (a contatto con l’acqua, per esempio, funziona da catalizzatore e crea una miscela esplosiva di idrogeno e ossigeno). CUORI DI ENERGIA
Oggi il prodotto batteria è focalizzato sulla tecnologia agli ioni di litio che attualmente ha uno dei migliori rapporti peso/potenza, nessun effetto memoria e una lenta perdita della carica quando non è in uso. Queste batterie possono essere pericolose se impiegate impropriamente e se vengono danneggiate. Anche le batterie agli ioni di litio per generare corrente continua sfruttano un anodo e un catodo. Il primo è in litio, il secondo è in carbonio. Questo tipo di batterie godono di una densità energetica molto elevata. Ciò si traduce in una maggiora compattezza e maggiore quantità di energia elettrica erogata. Ovviamente ci sono i pro e i contro. Tra i primi, come già detto il grado di efficienza, che permette di risparmiare spazio e peso. A questo si aggiunge il fatto che non soffrendo dell’“effetto memoria” non necessitano di cicli di carica e di utilizzo completi: possono essere ricaricate spesso e parzialmente senza perdere il loro potenziale. Tra i contro, però, si deve elencare la poca vita utile (al massimo 5 anni): le batterie Li-ion hanno un decadimento a livello prestazionale fin da quando sono prodotte (anche se non utilizzate). Infine, oltre ad essere altamente infiammabili, lavorano correttamente soltanto in un range ristretto di temperature che va da -10° a +30° C. Al di fuori di questo delta si degradano velocemente. Esistono, però, delle soluzioni più evolute e alternative quali le batterie al litio allo stato solido. Queste sono sicure, compatte e veloci da ricaricare ma soprattutto caratterizzate da una densità energetica che arriva a 400 Wh/litro, praticamente il doppio di una batteria standard. Il che comporta un aumento in termini di autonomia media di un pacco di batterie (garantendo oltre 800 km di autonomia del veicolo). Un traguardo raggiunto molto importante grazie all’utilizzo di un elettrolita solido completamente nuovo in nanocomposito che viene inserito all’interno della batteria in forma liquida. La batteria si solidifica, mantenendo un buon livello di elasticità, che consente all’unità di offrire una durata nel tempo di gran lunga maggiore. Queste nuove batterie
hanno un peso minore, pur contenendo maggiore energia, e permettono quindi di ridurre il peso complessivo del veicolo. Inoltre, con la presenza di un elettrolita solido, non si presenterebbe il pericolo di surriscaldamento (che invece caratterizza le batterie attuali). Un’alternativa al litio potrebbe essere l’utilizzo della tecnologia al grafene, materiale molto resistente (200 volte in più dell’acciaio) e duttile. Tempi di ricarica ridotti (rispetto alla batteria al litio), durata e capacità di immagazzinare più energia in un volume più ridotto ne identificano i vantaggi, ma i costi di molto superiori agli ioni di litio scoraggiano non poco i costruttori. Spingendoci ancora oltre, è ancora embrionale la sperimentazione delle batterie di flusso, dispositivi in cui l’elettrolita è posizionato esternamente, e che potrebbe essere sostituito
(trattandosi di un fluido) dopo un tot di chilometri, con procedure simili a quelle di un pieno di benzina. Tutte queste avveniristiche tecnologie sono ancora lontane dal reale utilizzo sulle strade che vedrà ancora per i prossimi dieci anni le batterie agli ioni di litio a farla da padrona, con la promessa per il 2025-2030 di accumulare il 30-40% in più di energia e costare la metà. Litio, cobalto - il cui prezzo è quasi triplicato negli ultimi due anni - e nichel sono quindi i metalli da batteria che hanno già scatenato la corsa agli approvvigionamenti da parte di diverse Case costruttrici: ci basti sapere che Tesla starebbe esplorando la possibilità di investire in Cile, per avere accesso diretto al litio. Il Gruppo Volkswagen e il produttore cinese Ganfeng hanno firmato un memorandum d’intesa per la fornitura di litio a lungo termine. Insomma, dall’oro nero all’oro bianco? # @FedericaLugaresi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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PRODOTTO FLUIDI
la
I
fluidi fanno
differenza Tra i produttori di lubrificanti che investono maggiormente in ricerca e sviluppo, c’è senz’altro Petronas che offre anche una visione “green” a 360 gradi
T
ra i grandi produttori mondiali le tematiche ambientali sono in prima linea e l’impegno delle principali società è sempre più forte. Tra queste PLI, ovvero il ramo di Petronas, azienda petrolifera malese, che si occupa della produzione e della commercializzazione di lubrificanti in tutto il mondo. Nello scorso anno, infatti, PLI ha dedicato il 75% dei suoi investimenti in Ricerca & Tecnologia (R&T) per lo studio di soluzioni innovative in grado di contribuire a ridurre le emissioni di biossido di carbonio. Basti ricordare come, al Salone Internazionale dell’Automobile di Ginevra, la società abbia messo in mostra il proprio impegno attivo per il raggiungimento di questo obiettivo attraverso diverse iniziative: la nuova, migliorata gamma di lubrificanti Petronas Syntium con tecnologia CoolTech che oggi include prodotti specifici per i veicoli ibridi, una nuova gamma di Fluidi Funzionali per Trasmissioni a marchio Petronas Tutela capace di migliorare l’efficienza dei carburanti e, infine, il recente lancio di ETRO+, un esclusivo olio base di Gruppo III+, che favorisce la mobilità sostenibile e un futuro più pulito.
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L’ECCELLENZA TORINESE
PLI è attivamente impegnata a diventare, grazie anche alla collaborazione con IVECO, pioniera sul fronte della riduzione delle emissioni di CO2 sviluppando nuovi lubrificanti di ultima generazione in grado di garantire un consumo energetico più efficiente senza compromessi di affidabilità e prestazioni del motore, offrendo al contempo vantaggi tangibili in termini di risparmio di carburante. In questo ambito l’avanguardistico Global Research & Technology Centre, vicino a Torino, è un luogo di innovazione ingegneristica ideale in campo automotive a livello mondiale, nonché il fulcro delle iniziative in ambito ricerca e sviluppo di PLI nel mondo, essendo legato ad un solido passato nella tecnologia dei lubrificanti.
Il primo passo in questa direzione è rappresentato dal progetto E³ (Emissioni, Energia ed Efficienza), mediante il quale, in collaborazione con Iveco, PLI punta a sviluppare il nuovo portafoglio prodotti Urania E³ basato sulle più avanzate tecnologie a bassa viscosità da testare sui motori CNG/LNG. La filosofia FTS™ di PLI è inoltre presente nei lubrificanti per l’utilizzo quotidiano su camion e altri veicoli commerciali dove sono richiesti prodotti di alta qualità per prestazioni sicure, efficienti e affidabili. Non solo, i prodotti guardano anche al futuro. PROTAGONISTI ANCHE NELLA MOBILITÀ ELETTRICA
La linea Petronas Iona rappresenta l’ingresso di PLI nel mercato dei fluidi per veicoli elettrici (EV). Presentati in anteprima già a Ginevra e poi all’Autopromotec di Bologna, fanno parte del programma di sostenibilità promosso da Petronas al fine di contrastare i cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di CO2 grazie alla propria tecnologia applicata ai fluidi e rappresentano la risposta di PLI alle esigenze in costante evoluzione della nuova mobilità. In questo ambito, Petronas ha annunciato anche l’avvio di una ricerca nel settore per individuare le sfide e le opportunità future nell’ambito dell’innovazione tecnologica applicata ai fluidi a supporto del progresso nelle prestazioni dei veicoli elettrici tanto che i risultati saranno condivisi con i partner chiave nel corso di un “Simposio sui fluidi per veicoli elettrici”. Ma cosa c’è dietro alla ricerca per i fluidi per la mobilità elettrica? I prodotti Petronas Iona vogliono essere la risposta alla domanda di mobilità e alla sua continua evoluzione e, in questo senso, sono stati progettati per sfidare lo stato dell’arte attuale e garantire prestazioni ottimizzate e durabilità dei componenti per le attuali trasmissioni per veicoli elettrici, integrate e non, dove il motore elettrico è in contatto diretto o meccanicamente mantenuto separato dall’olio del cambio. “Il mondo oggi sta ponendo sempre più enfasi sulla responsabilità ambientale e Petronas non si tira indietro. Nel settore automotive, i costruttori devono sottostare a regolamentazioni sempre più severe riguardo la riduzione delle emissioni di biossido di carbonio. Petronas è pronta fin da oggi e continua il lavoro di evoluzione della propria suite personalizzata di prodotti e servizi Fluid Technology Solutions per rispondere alle sfide future insieme ai suoi partner. L’impegno globale per una energia più pulita è un’opportunità per
noi per lavorare in maniera collaborativa con i principali costruttori e sviluppare soluzioni fluide capaci di ridurre le emissioni di CO2 di un veicolo e alla portata di tutti”, spiega Giuseppe D’Arrigo, Petronas Lubricants International Managing Director and Group Chief Executive Officer. Pertanto si può affermare che l’introduzione di Petronas Iona e l’ambiziosa posizione di PLI nell’ambito dei fluidi per veicoli elettrici rappresentino tanto un ulteriore passo utile per trasformare l’impegno per l’ambiente in realtà quanto il simbolo di una gamma vincente di soluzioni endto-end per la sostenibilità nell’ambito dei trasporti. ALTA QUALITÀ PER RIDURRE LE EMISSIONI
In questo contesto da non dimenticare il già citato impegno con ETRO+. Per la società è una vera e propria evoluzione tanto da portare i fluidi a marchio ETRO a un nuovo livello entrando nel Gruppo III+, quello che comprende i lubrificanti base di alta qualità che favoriscono l’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni di CO2. L’olio base ETRO+ viene utilizzato per la realizzazione dei lubrificanti finiti Petronas e commercializzato presso altri importanti produttori di lubrificanti in tutto il mondo come parte dell’impegno continuo di PLI nello sviluppo di soluzioni fluide capaci di raccogliere le sfide energetiche di oggi e domani. Gli oli base costituiscono in media il 60-80% dei lubrificanti. Per produrre lubrificanti di alto livello e capaci di far risparmiare energia, l’industria automobilistica si affida a costose polialfaolefine (PAO), un ingrediente chiave negli oli di alta qualità. ETRO+ offre una soluzione immediatamente disponibile che soddisfa i requisiti di riduzione delle emissioni grazie al suo indice di viscosità elevato, alla bassa viscosità del simulatore a freddo (CCS) e al basso valore di NOACK, indice che l’olio conserverà le sue qualità protettive e le sue prestazioni originali per un lasso di tempo maggiore. Il prodotto è stato introdotto con l’obiettivo generale di fornire l’accessibilità a soluzioni sostenibili e pulite a un mercato più ampio. PLI si è impegnata ad affrontare la sfida climatica attraverso lo sviluppo di tecnologie dei fluidi capaci di ridurre il livello di emissioni inquinanti e oli base esclusivi come ETRO+. # @AndreaTrapani www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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Se non è diesel è PRODOTTO
elettrico
eTGM ed eTGE sono l’offerta elettrificata di MAN Truck & Bus
“I
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l Diesel è morto, viva il Diesel”. Con questa frase abbiamo recentemente aperto un approfondimento sulla nostra trasmissione radiofonica On Air. In effetti è così: la strada verso una mobilità alternativa al caro vecchio gasolio è ormai tracciata, ma il Diesel, ora più che mai è e resta la soluzione più sostenibile ed efficiente, anche dal punto di vista delle emissioni. È questa la convinzione di MAN che, ormai da alcuni anni, sta portando avanti lo sviluppo di propulsori e soluzioni per una mobilità elettrica, ma allo stesso tempo, credendo fortemente nella valenza dei motori Diesel di oggi. Abbiamo detto propulsori e soluzioni non a caso, in quanto il Costruttore tedesco non si sta limitando a progettare veicoli alimentati dall’energia elettrica, ma si sta preparando a fornire ai propri clienti soluzioni complete per la gestione dei percorsi, la ricarica delle batterie e quindi la gestione di una flotta elettrificata. Sembra banale ma non lo è. Ad ogni modo lo sviluppo della tecnologia elettrica da parte del Leone di Monaco è talmente avanti che già oggi è disponibile su strada il primo truck elettrico da 26 tonnelate, l’eTGM che insieme al van eTGE, costituisce l’attuale offerta “greTRASPORTARE OGGI novembre 2019 en” di MAN Truck & Bus.
LA LOGISTICA URBANA È FIRMATA ETGM
Una motrice completamente elettrica da 26 tonnellate in configurazione 6x2 per la distribuzione basata sul MAN TGM offre fino a 200 km di autonomia, con le batterie che possono essere montate sotto la cabina e lateralmente sul telaio. Le sospensioni pneumatiche sugli assi anteriore e posteriore garantiscono l’adattamento a qualsiasi situazione di carico. Il motore elettrico, disposto centralmente, ha una potenza di 264 kW e trasmette la coppia da 3100 Nm senza cambio manuale. Il veicolo, progettato per il classico impiego nella logistica urbana, si adatta a diverse tipologie di allestimento, dal trasporto di merci secche o refrigerate fino alla raccolta rifiuti. L’autonomia massima è garantita da 12 batterie, mentre nella versione trattore e semirimorchio (MAN TGM 4X2 LL) è possibile utilizzare fino a otto pacchi batteria e il raggio d’azione può raggiungere i 130 km. Naturalmente lo stile di guida e il tipo di utilizzo possono in parte influire sui chilometri a disposizione.
anche dei comuni impegnati a preservare l’inquinamento delle aree urbane. L’eTGE ha un volume di carico di quasi 11 mc e, a seconda dell’omologazione (come veicolo da 3,5 o da 4,25 tonnellate), un carico utile massimo di 1,75 tonnellate e un’autonomia di circa 160 chilometri secondo il NCGE (Nuovo Ciclo di Guida Europeo). Questa capacità copre circa tre quarti di tutti i trasporti urbani attuali con veicoli dotati di motore a combustione interna. La ricarica del MAN eTGE si effettua presso un wallbox a CA da 7,2 kW e richiede circa cinque ore e mezzo. Se il punto di carica è a corrente continua, con presa di carica combinata, (CCS, Combined Charging System) e potenza di carica di 40 kW, la ricarica dell’80% della batteria richiede 45 minuti al massimo. Con un’adeguata manutenzione la perdita di capacità della batteria dopo circa 2mila cicli di carica è soltanto del 15%. I moduli singoli da sei o dodici celle possono inoltre essere sostituiti separatamente. Le 264 celle HV agli ioni di litio sono installate sotto il piano di carico che ha la stessa struttura delle versioni a trazione posteriore con motore diesel. Quindi le batterie non “rubano” spazio. La trazione anteriore elettrica del MAN eTGE prevede un motore sincrono con potenza massima di 100 kW; la coppia di 290 Nm è istantanea e può essere utilizzata a tutte le velocità, assicurando un’eccellente maneggevolezza. Alla velocità massima di 90 km/h il consumo è di circa 20 kWh per 100 chilometri. Fate voi i calcoli. COME PRIMA, PIÙ DI PRIMA
Le batterie possono essere ricaricate con corrente alternata (22 o 44 kW) o corrente continua (150 kW). Le interfacce di ricarica sono conformi allo standard CCS di tipo 2 e la pianificazione dell’uso del veicolo è fondamentale per la scelta dell’infrastruttura di ricarica. Insomma, sia colonnine pubbliche che installazioni private permettono il “pieno” di energie del primo veicolo pesante full electric. Un veicolo già in strada ed operativo. Infatti, dal 2018 nove eTGM 6x2 sono stati consegnati, con allestimenti diversi, ad altrettante aziende del CNL, un consorzio logistico austriaco, per servizi di distribuzione. 160 KM PER IL VAN A ZERO EMISSIONI
Da un punto di vista statistico il 70% dei veicoli commerciali leggeri, impiegati nelle aree urbane, percorre mediamente meno di 100 chilometri al giorno ad una velocità media bassa che, assieme alle numerose partenze e fermate, rendono il veicolo elettrico il partner ideale di ogni azienda di trasporto e
Come la capacità di carico, anche i sistemi assistenza alla guida non sono stati penalizzati dalla tecnologia elettrica. Il MAN eTGE dispone di una gamma completa di dotazioni standard di serie che favoriscono una guida più facile e sicura, tra queste il sistema di navigazione. Naturalmente, come per tutti i TGE, l’assistente alla frenata di emergenza (EBA) è di serie. Il veicolo è particolarmente rivolto alle flotte con un servizio di assistenza su misura per soddisfare le loro esigenze. La scelta del MAN eTGE comporta innumerevoli vantaggi economici per imprenditori e flotte, che possono usufruire degli incentivi per l’acquisto dei veicoli elettrici. Inoltre, il MAN eTGE non è soggetto ai limiti di ingresso nelle aree ZTL e permette consegne mattutine e notturne nelle zone ad alta concentrazione urbana, grazie alla silenziosità del suo motore. L’assenza del motore a combustione ha anche un ulteriore vantaggio: la manutenzione si limita a un numero di componenti mobili molto più basso. Quindi, in sostanza, la sostenibilità di questo veicolo si riflette non solo nelle emissioni zero, ma anche in tutto ciò che sta a valle del suo acquisto ed utilizzo. Meditate gente, meditate. # @LucaBarassi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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PRODOTTO
Soluzione
completa Green Truck è la combinazione verde per il trasporto a temperatura controllata.
Per la prima volta tre protagonisti dell’industria pesante insieme per rendere più sostenibile la movimentazione delle merci: Lamberet, Scania e Thermo King
“I
consumatori sono i driver del cambiamento”. Così Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council, ha aperto la presentazione ufficiale del Green Truck, la prima soluzione integrata per ridurre l’impatto ambientale del trasporto a temperatura controllata. “Sempre di più – continua Marciani – i destinatari finali delle merci vogliono non solo che il prodotto sia garantito dal punto di vista della qualità, ma vogliono anche sapere come quel prodotto arriva nelle proprie case”. Gli operatori della logistica, quindi, sono responsabili di questo cambiamento. Cercare soluzioni innovative per ridurre
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TRASPORTARE OGGI novembre 2019
l’impatto ambientale dei trasporti è un impegno a cui le grandi aziende di autotrasporto non possono sottrarsi. Vale per i trasportatori, ma anche per i Costruttori e l’industria del trasporto in generale. Su questo concetto è intervenuto anche Franco Fenoglio, presidente e amministratore delegato di Italscania che ha affermato: “Il focus sul clima deve essere ampliato a tutto ciò che circonda il nostro ambiente, ed in questo il mondo del trasporto deve essere sì centrale, ma anche interfacciarsi con associazioni, istituzioni, media, infrastrutture e istituti di formazione”. IL PRIMO PASSO
In questa direzione sono andate le tre aziende che sono riuscite a realizzare un prodotto unico, nuovo e sostenibile, sotto ogni punto di vista. Sono Scania, Lamberet e Thermo King che hanno messo in strada, già disponibile da subito, un veicolo che combina le più avanzate tecnologie in tema green. Un risultato riuscito grazie alla flessibilità degli ingegneri e della componentistica delle singole aziende e che compie il primo passo affinchè glli operatori logistici possano offrire un elevato livelle di servizio e dare ai consumatori quelle risposte che sempre più stanno cercando. In questo modo “la logistica non è più un costo, ma una leva commerciale per acquisire nuove quote di I protagonisti del Green Truck. Da sinistra. Marco Tosi e Pierfranco Libé (Thermo King), Paolo Carri (Italscania), Sandro Mantella (Lamberet S.p.a.), Franco Fenoglio (Italscania), Ismaele Iaconi (Lamberet S.p.a.) e Daniel Dusatti (Italscania).
mercato”, ha aggiunto ancora il presidente del Freight Leaders Council. Green Truck è, dunque, un “attacco completo”, trattore con semirimorchio isotermico che prevede un abbattimento importante di CO2 , ma soprattutto una significativa riduzione dei consumi e quindi una migliore economia operativa totale. Il tutto senza rinunciare o limitare nulla a livello operativo, anzi, facilitando l’accesso a quelle aree urbane a basso impatto ambientale e favorendo le consegne delle merci deperibili e lo scarico anche durante la notte, grazie alle basse emissioni sonore (intorno ai 60 db) del mezzo e del gruppo frigo. GLI ELEMENTI DEL GREEN TRUCK
Nello specifico il veicolo è composto da un particolare semirimorchio Lamberet SR2 Green Liner agganciato ad un trattore Scania LNG con motore a metano 13 litri, una coppia di 2000 Nm e 410 CV, e dotato di un sistema refrigerante Thermo King SLXi Hybrid Solution che prevede un classico motore verticale Thermo King SLXi 300 oppure 400 Mono temperatura o SLXi Spectrum Multi temperatura di ultima generazione. La parte innovativa della tecnologia Thermo King viene applicata al trattore stradale Scania che viene dotato di alternatore raffreddato ad acqua che ha il compito di sviluppare energia ricavandola dalla trasmissione del trattore e da un inverter che attinge energia dall’alternatore (a 1000 volt circa) e la trasforma in corrente elettrica (380V) passandola al gruppo frigo verticale classico SLXi 300/400. È proprio qui che si è creata la “magia” di questa combinazione, in quanto Scania è stato l’unico costruttore in grado di fornire un alternatore adatto allo scopo.
suo utilizzo sono notevolmente superiori. A partire dal costo del carburante che si riduce del 43% per l’alimentazione del gruppo frigo. L’alternatore infatti trasforma l’energia creata dal motore in energie elettrica, disponibile anche quando il motore è spento. I minori consumi, grazie al sistema ideato da Thermo King, sono calcolati in circa 1,5 litri di gasolio all’ora. A questo va aggiunto il risparmio per i costi di manutenzione che scendono del 35 per cento. “Oltre alla silenziosità del veicolo e alla riduzione di emissioni di CO2 – aggiunge anche Ismaele Iaconi Commercial & Marketing Director Lamberet Italia – questa soluzione non richiede infrastrutture per i rifornimenti e le ricariche come avviene invece nel full electric ad esempio. Inoltre, questo progetto offre soprattutto la possibilità di partecipare a tender e gare di appalto nella logistica e nel trasporto che richiedono al trasportatore la presenza nella propria flotta di veicoli ad impatto ambientale ridotto”. PROVARE PER CREDERE
L’efficienza e l’efficacia dei trattori LNG di Scania non sono più ormai un mistero. Il Grifone da molto tempo ha sviluppato questa tecnologia e spinto molti clienti a fare una scelta in direzione del metano liquido, nonostante “per Scania non esiste una sola soluzione per risolvere la sostenibilità del trasporto”, come afferma Paolo Carri, Head of Sustainable Solutions di Italscania. Altra cosa, però, è credere in un progetto innovativo come il Green Truck e nelle sue efficienze. Il reale consumo di
CON L’IBRIDO CI SI GUADAGNA
I benefici non solo in termini di emissioni nocive. È evidente, infatti, che un truck alimentato a metano e che raffredda in gran parte in modalità elettrica senza utilizzare gasolio, abbatte evidentemente gli inquinanti. Se poi aggiungiamo il materiale composito con cui sono realizzati i semirimorchi Lamberet, a bassissima conduzione termica, il veicolo presentato lo scorso ottobre a Milano è decisamente… green. Ecologico, però, può far rima anche con Economico. Se è vero che, necessariamente, il Green Truck ha un costo di acquisto di circa il 20 per cento superiore ad una combinazione tradizionale, i vantaggi economici che se ne ricavano dal
carburante, le performance del veicolo nel suo complesso e il buon funzionamento del sistema sono sicuramente domande che si pongono coloro che dovranno utilizzare questo sistema. Per questo motivo il Green Truck, nei prossimi 12 mesi, sarà in “tour” in tutta Italia e darà la possibilità alle aziende che lo vorranno, di testarlo per due settimane nella operatività di tutti i giorni. Conti alla mano non sarà difficile fare un certo tipo di scelta, considerando che, in più, si darà un importante contributo all’ambiente e, allo stesso tempo, si renderà molto più competitiva la propria azienda.# @LucaBarassi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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PRODOTTO
Silenzio, Scania alza l’asticella e mette in strada la
seconda generazione dell’unico pesante ibrido sul mercato
parla l’ibrido E
lettrico, metano, biogas, biocarburanti… ibrido! Sarà forse questa la vera frontiera della mobilità commerciale sostenibile? La politica del Grifone, ormai lo sappiamo, è quella di offrire un ampio spettro di motorizzazioni, senza schiacciare l’acceleratore in particolare su una o l’altra tecnologia. Noi crediamo, però, che l’ibridazione, più che l’elettrificazione, delle gamme possa essere la soluzione reale e immediata per l’abbattimento delle emissioni da un lato, e per l’efficienza della distribuzione delle merci dall’altro. Soprattutto se il motore è così flessibile come il DC09 di Scania, un 9 litri con potenze da 280, 320 e 360 cavalli in grado non solo di combinare la tecnologia elettrica al propulsore termico, ma volendo essere alimentato anche ad HVO e, ora anche tramite presa Plug-in per ridare tutta l’energia possibile al motore elettrico. QUINTUPLICATA L’AUTONOMIA A ZERO EMISSIONI
Pioniera dell’ibrido su un truck da 16 tonnellate, presentato nella sua prima generazione già nel novembre del 2015 (oltre 100 veicoli commercializzati in Italia), ora Scania fa un passo in avanti ulteriore aumentando fino a 10 km l’autonomia in modalità full electric, garantendo quindi una distribuzione silenziosa e a zero emissioni. Ecco, allora che la notte, le ZTL e le aree limitate ai veicoli “inquinanti” non sono più un tabù. Con la possibilità, in più, di ridare energia al veicolo in più modi e in breve tempo. Come funziona? Ce lo spiega, Alessandro Girardi, pre-sales manager di Italscania.
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TRASPORTARE OGGI novembre 2019
“I nuovi veicoli ibridi Scania – ci spiega il manager trentino – hanno un motore diesel da 9 litri, 5 cilindri in linea che può funzionare a HVO (olio vegetale idrotrattato) o diesel, e lavora in parallelo ad un propulsore elettrico in grado di erogare una potenza di 130 kW (177 CV) ed una coppia di 1.050 Nm. La batteria ricaricabile agli ioni di litio è dimensionata per una potenza di 7,4 kWh, per assicurarne la massima durata. I veicoli possono funzionare anche in modalità completamente elettrica, senza alcun supporto da parte del motore a combustione, grazie ai sistemi servoassistiti per lo sterzo e l’aria dei freni. Anche il compressore, oggi, può lavorare in elettrico, abbattendo completamente le emissioni sonore, non solo quelle degli inquinanti. Ecco perché questo veicolo aumenta enormemente la produttività dell’azienda, dando la possibilità di consegnare in qualsiasi orario e in aree solitamente off-limit per un veicolo pesante”. C’è ancora dell’altro, però. Anche la presa di forza può operare
Energia I tempi di ricarica Evitando di scaricare la batteria a fondo o di ricaricarla in misura eccessiva, essa potrà durare almeno 4-7 anni, a seconda delle condizioni di utilizzo. L’autista potrà forzare la ricarica della batteria anche durante la guida (ad esempio in previsione dell’imminente utilizzo della modalità ZTE), ma naturalmente in questo caso aumenterà il consumo di carburante.
POWERBOOST
TECNOLOGIA
Effettuando un kick-down sull’acceleratore, il motore elettrico offrirà una potenza di 50 kW o una coppia di circa 250 Nm, a condizione che la batteria sia sufficientemente carica. Selezionando la modalità Performance, l’autista potrà sempre contare su 20 kW o 150 Nm in più in fase di accelerazione, anche se la funzione di kick-down non è inserita.
Il cruscotto dei veicoli ibridi di Scania hanno il family feeling della next generation con in più le informazioni sul quadro relative al flusso di energia e il tasto per inserire la propulsione full electric.
con l’energia elettrica e, grazie alla presa plug-in, utilizzare direttamente l’energia della rete, senza andare ad intaccare l’autonomia della batteria. Certo che portare l’autonomia in full electric da 2 chilometri (come era nella prima generazione del 2015) a 10, pare un miracolo. Il miracolo, in realtà, sta nell’essere riusciti ad incrementare il parco batterie che passano da 5kW a 18, ma senza incidere sul peso e sullo spazio disponibile del mezzo. Ovviamente anche il software che gestisce il flusso dell’energia ha subito modifiche e migliorie, per massimizzare la ricarica del motore elettrico. Quindi, chi è alla guida dello Scania Hybrid può anche non far nulla e lasciare che sia il sistema a dare il massimo e a muoversi in elettrico o integrare col termico quando necessario. Se però si ha la necessità di muoversi tassativamente in elettrico, basta schiacciare un pulsante sul cruscotto e si avranno a disposizione i famosi 10 chilometri di autonomia.
COSA C’È DI NUOVO
“Diciamo prima di tutto – esordisce Alessandro Girardi – che la seconda generazione dell’ibrido si inserisce perfettamente nel sistema modulare di Scania. Infatti, se la prima versione era disponibile solo sulle cabine P e G e con motore di potenza di 320 cavalli, oggi le possibilità di configurazione si ampliano notevolmente”. Le cabine che possono essere dotate del motore ibrido Scania sono ora anche la L e persino la R, che vanno ad aggiungersi, naturalmente alla P e alla G. Le potenze disponibili
dei propulsori, come detto, sono anche quelle da 280 e 360 cavalli mentre, per quanto riguarda la tipologia di veicolo – udite udite – ora è possibile configurare anche un trattore, magari dotandolo di un city trailer, a tutto vantaggio dell’agilità di manovra. Lo Scania Hybrid, dunque, è un veicolo di produzione seriale a tutti gli effetti, con cabina e catena cinematica facente parte della nuova generazione Scania. La strumentazione di bordo e il quadro comandi, però, fornisce informazioni importante per la “guida ibrida”, facendo capire all’autista in che modo si sta comportando il sistema che gestisce la ricarica rigenerativa e quindi fornendo informazioni utili sullo stile di guida e su come meglio agire per ottenere il massimo dell’efficacia da questo innovativo motore. “In questi veicoli, – ci spiega Girardi – l’autista può monitorare il flusso di energia direttamente nel quadro strumenti. All’inserimento dei freni, il veicolo è in grado di indicare se la potenza frenante fornita dal motore elettrico è in grado di gestire tutta l’energia rigenerata, e, in un display nel quadro strumenti, le frecce blu mostrano se la potenza generata può essere ri-convogliata direttamente alla batteria. Se l’autista frena in misura superiore a quella che il sistema rigenerativo è in grado di gestire, le frecce diventeranno gialle”. HEV O PHEV?
La scelta del Grifone è stata quella di realizzare un veicolo con tecnologia HEV, ovvero in grado di ricaricare le batterie grazie principalmente alla frenata rigenerativa per poi, però, dotarlo della possibilità di integrarlo con la presa plug-in. In sostanza, il plug-in diventa un optional, da ordinare in fase di acquisto a discrezione del cliente. La soluzione più affidabile, dunque, rimane la tecnologia agli ioni di litio. L’obiettivo è utilizzare il veicolo in modalità Auto Zero Tailpipe Emission (ZTE), cioè sfruttare sempre il motore elettrico per mettere in movimento il veicolo ed alle basse velocità, a condizione che il livello di carica nella batteria sia sufficiente. L’uso della modalità Auto ZTE assicura il minimo consumo di carburante possibile, in quanto esclude il motore a combustione interna (ICE) ogni volta che le condizioni lo consentono. Tutto questo può incidere in un risparmio di carburante fino al 15 per cento. Ecco che allora, l’inevitabile costo aggiuntivo di un veicolo di questo tipo, che può essere anche del 60% in più rispetto ad un veicolo tradizionale, viene ripagato velocemente non solo col minor consumo di gasolio, ma soprattutto grazie alla maggiore produttività che può avere il mezzo, potendo lavorare in tutte le fasce orarie, oltre che poter razionalizzare la propria flotta. # @LucaBarassi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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PRODOTTO
L’ibrido cura l’ansia La tecnologia EcoBlue e soprattutto il nuovo plug-in di Ford garantiscono zero emissioni e autonomia fino a 500 chilometri
L’
ansia da prestazione, si sa, ce l’hanno tutti. Non sono da meno i veicoli, anche commerciali, che ormai si stanno dirigendo verso propulsori elettrici, per abbattere le emissioni e poter entrare nelle ZTL senza costi e impedimenti. Ford ha risolto il problema introducendo una rivoluzionaria catena cinematica che utilizza un motore a benzina per ricaricare quello elettrico da 92 kW e per percorrere in totale
tranquillità oltre 500 km. Anzi, durante la nostra prova effettuata in Svezia, lungo il tragitto l’indicatore di autonomia indicava 623 km. Come è possibile? Sembra semplice a dirlo, ma ci è voluta tutta la tecnologia di Ford per ottenere un furgone (anche nella versione Tourneo per il trasporto persone), che non avesse nulla da invidiare ad un veicolo tradizionale in termini di confort, volume e capacità di carico, ma che permettesse di abbattere a zero le emissioni quando si viaggia in elettrico (circa 50 km di capacità energetica) ma che non ti lascia fermo grazie all’integrazione col termico. LA TECNOLOGIA
L’architettura dell’ibrido Ford è costituita da una catena cinematica tecnologicamente avanzata grazie alla quale le ruote anteriori del Transit Custom Plug-ln Hybrid sono azionate esclusivamente da un motore elettrico da 92.9 kW alimentato da un pacco batteria agli ioni di litio da 13.6 kWh, mentre il motore a benzina 1.0 EcoBoost, funge da estensore per una autonomia totale, con consumi di carburante pari a 2.7 l/100 km ed emissioni di CO2 di 60 g/km. La centralina che gestisce la distribuzione dell’energia è particolarmente evoluta e consente al conducente di scegliere tra quattro possibili modalità di guida elettrica
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(EV modes) che prevedono diversi tempi e modi di utilizzo delle batterie: ➞ EV Auto è predisposto per consentire il miglior equilibrio fra prestazioni ed efficienza. L’algoritmo di controllo del veicolo monitora i livelli di carica delle batterie e le condizioni di guida del momento come, quando si percorre un’autostrada o si è nel traffico, e decide se usare o meno il motore EcoBoost ➞ EV Now dà priorità all’uso dell’energia immagazzinata nelle batterie, disattivando il motore EcoBoost, fino a quando le batterie raggiungono un livello minimo di carica che non consente più una guida a zero emissioni ➞ EV Later antepone il funzionamento del motore EcoBoost e utilizza al massimo la carica rigenerativa proveniente dalle frenate, per mantenere il livello di carica esistente delle batterie nel modo più efficiente, al fine di un successivo uso in modalità elettrica ➞ EV Charge utilizza il motore EcoBoost per riportare al massimo la carica delle batterie per quando sarà richiesto un ulteriore utilizzo in modalità EV Now.
ZERO EMISSIONI SENZA COMPROMESSI
Come detto l’architettura del veicolo ha permesso di non sacrificare nulla in termini di capacità di carico e di volume, infatti Transit Custom Plug-in Hybrid ha una generosa portata utile netta di 1.130 kg e un volume di carico invariato di 6.0 m3 facilitato da un accurato posizionamento del pacco batteria sotto il pianale. Naturalmente il nuovo van Ford non ha nulla a che invidiare neanche in termini di confort e sicurezza, con una disponibilità di assistenti alla guida avanzatissima, tra cui l’Active Park Assist e Lane Keeping Alert. In questo Focus Green ci siamo concentrati sulla più avanzata tecnologia pHEV di Ford, ma le novità dell’Ovale Blue si declinano anche sugli altri veicoli della gamma e su molti servizi telematici ad essi connessi. Sul numero di Dicembre/Gennaio di Trasportare Oggi potrete dunque approfondire la nuova gamma Transit 2 tonnellate, la connettività di Ford e il FordPass Pro. Non perdete il prossimo numero. Anche on line su www.trasportale.it
anticipazioni
UN OCCHIO ALLA ZTL
Inoltre, ed è questa anche una delle grandi novità di Ford, per garantire che il nuovo Transit Custom Plug-ln Hybrid utilizzi solo energia elettrica in zone a basse emissioni, il modulo Geofencing, di serie, commuta automaticamente il veicolo in modalità EV Now quando Il quadro strumenti nel cruscotto del Ford Transit Custom Plug-In Hybrid fornisce tutte le si accede a tale zona o in un’ainformazioni sul flusso di energia e sulla modalità di guida che si sta effettuando: EV Auto, EV Now, EV Later ed EV Charge. Come si può notare, inoltre, i chilometri di autonomia rea geofencing specificata dall’ua disposizione vengono divisi in autonomia full electric (25 Km in questa immagine) e tente. disponibilità totale considerando la benzina per il motore termico. Infine, la leva del cambio Il modulo può essere controlpermette di posizionarsi nella posizione “L” (Low) che aumenta la capacità di ricarica con l’energia cinetica. lato tramite un’app e acquisisce informazioni crittografaI conducenti, inoltre, possono scegliere il grado di recupete sul funzionamento esclusivamente elettrico all’interno ro energetico e l’assistenza alla frenata offerta dal sistema di di zone geofencing che possono essere condivise in modo ricarica rigenerativa, selezionando le modalità Drive o Low sicuro con le autorità locali per confermare la conformità sulla trasmissione. La decelerazione programmata del veialle normative sulle zone a basse emissioni. Eliminando il colo aumenta in modalità Low rilasciando il pedale dell’acrischio di accesso accidentale a una zona di ricarica duranceleratore mentre si illuminano automaticamente le luci dei te l’utilizzo del range extender, il modulo di geofencing potrà, freni, quando necessario, per avvisare i veiinoltre, ridurre lo stress dell’operatore e risparmiando mulcoli che seguono. Il maggior numete e sanzioni. ro di decelerazioni aumenta la Insomma, impariamo un nuovo termine nel mondo dei veiquantità di energia cinetica coli commerciali: pHEV, l’ibrido plug-in di Ford che da oggi recuperata e immagazzisi affianca all’ormai famoso mild hybrid (mHEV) presente nata nelle batterie, estensu tutta la gamma commerciale dell’Ovale Blu, anch’essa dendo la potenziale rinnovata e presentata a Stoccolma qualche giorno fa. # autonomia elettrica. @Luca Barassi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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PRODOTTO TEST DRIVE\VOLKSWAGEN E-CRAFTER
Volkswagen e-Crafter è uno dei primi van elettrici messi sul mercato, oltre un anno fa. Provato a Milano regala emozioni e facilità di movimento, con la consapevolezza di essere davvero
Brivido a zero emissioni
green
B
isogna ammetterlo: quando si gira la chiave e sul quadro è indicato il numero di chilometri di autonomia, un po’ di “ansia da prestazione” viene, soprattutto ora che ancora non c’è né l’abitudine, né la cultura ad utilizzare veicoli full electric. Men che meno nel settore commerciale. A volte, quindi, i pregiudizi rischiano di far perdere delle ottime opportunità, come quella di guidare un veicolo che non inquina, versatile come un’autovettura e che permette un ciclo operativo e un raggio d’azione decisamente ampio. 163, infatti, è il numero che leggiamo appena avviato il motore. Un avviamento, tra l’altro, che viene percepito esclusivamente grazie ad un “bip” proveniente dal cruscotto, non essendoci ovviamente nessuna “combustion”. Come dicevamo inizialmente la lettura dei chilometri restanti ci mette un po’ in allerta, ma da subito ci rendiamo conto che si tratta di un chilometraggio che, volendo, ci permetterebbe da Milano di arrivare fino a Varese e tornare indietro, in totale tranquillità. Un altro aspetto ci tranquillizza subito: appena percorriamo i primi chilometri, ci rendiamo conto che l’indicatore di bordo è reale, ovvero restituisce il valore di autonomia residua perfettamente in linea con i reali chilometri percorsi. Sembra banale, ma non lo è affatto.
IL MOTORE ELETTRICO
Prima di soffermarci sulla prova, diamo un’occhiata al propulsore che permette di spingere il Crafter da 3,5 tonnellate di PTT, senza emettere alcun gas inquinante. Si tratta di un motore che ha principalmente due particolarità. La prima è l’elettronica di potenza, ovvero l’elemento centrale della trazione elettrica, che fornisce l’alimentazione al motore stesso e all’elettronica di bordo attraverso le batterie al litio ad alto voltaggio. La seconda è il sistema di recupero dell’energia in frenata. Infatti, durante la frenata viene generata energia per attrito e viene convertita in energia elettrica da un generatore. Questa viene immagazzinata nella batteria ad alta tensione e viene resa disponibile in fase di accelerazione. Altra qualità del motore è che pur fornendo una potenza di 100 kW (136 cavalli) è estremamente silenzioso e fornisce una coppia di 290 Nm su tutto il range di utilizzo del veicolo. La forte accelerazione tipica dei mezzi elettrici è esaltata ancora di più dal cambio automatico ad un rapporto. Tutta la catena cinematica dell’e-Crafter è stata progettata sfruttando al meglio l’architettura della seconda generazione del furgone del marchio tedesco, integrando perfettamente i componenti necessari alla trazione elettrica con una struttura che richiede spazio e portata utile. La batteria agli ioni di litio, per esempio, viene alloggiata nel sottoscocca dell’e-Crafter, mentre nella parte anteriore del mezzo è integrato il motore elettrico. URBAN TEST
Abbiamo deciso di rimanere in città per il nostro test, nonostante, come accennato, avremmo potuto serenamente fare una puntatina fuori porta. Ad ogni modo, di sicuro questo mezzo è ideale per un lavoro cittadino, possibilmente con percorsi prestabiliti e ripetitivi dove la certezza dei chilometri – al netto del traffico urbano – è garanzia
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IdentiE-Van AUTONOMIA (CICLO NEDC)
173 km*
CAPACITÀ DELLA BATTERIA
35,8 kWh
TEMPO DI RICARICA (AC/CCS ALL’80 %)
05:20 h/00:45 h
CONSUMO DI ENERGIA IN CICLO COMBINATO (NEDC)
21,5 kWh/100 km*
POTENZA MOTORE
100 kW
COPPIA MAX.
290 Nm
VELOCITÀ MASSIMA
90 km/h
EMISSIONI DI CO2, IN CICLO COMBINATO
0 g/km
PORTATA MAX.
1.700 kg
VOLUMETRIA VANO DI CARICO
10,7 m3
DIMENSIONI VANO DI CARICO
3.201 mm x 1.832 mm x 1.861 mm
di rientro alla base con le proprie gambe, o meglio… ruote. Infatti, anche se, come vedremo, il veicolo può essere ricaricato velocemente strada facendo, il suo ciclo ottimale prevedrà un rifornimento serale, una volta rientrati presso la propria sede. Prima di iniziare il test vero e proprio, però, abbiamo consumato un po’ di energia per arrivare ad un “serbatoio” quasi a metà della sua capienza in modo da vedere come si comporta la ricarica residenziale. L’indicatore sul cruscotto segna 67 chilometri di autonomia residua quando decidiamo di connettere il veicolo alla rete. Ci impiegherà circa quattro ora a tornare ad una disponibilità di 133 chilometri. Inizialmente abbiamo deciso di percorrere il centro di Milano, nell’ora di punta tra le 8,30 e le 9,30 guidando per 38 chilometri intorno alla Cerchia dei Navigli per arrivare all’Arco della Pace. NON LITRI MA KWH
In questa prima tratta abbiamo viaggiato ad una media di 10 km/h, a causa dell’intenso traffico mattutino, ma alla fine dei 38 chilometri il consumo reale di energia è stato di 33 chilometri, cosicché da farci stare ancora più tranquilli sulla autonomia del mezzo, questo grazie al sistema di recupero dell’energia di cui abbiamo parlato poco fa. Abbiamo poi voluto continuare il test in un tratto a scorrimento più veloce, così abbiamo imboccato i viali della Circonvallazione milanese guidando per ulteriori 40 chilometri. Il computer di bordo è in grado di indicare anche il consumo di energia istantaneo, così abbiamo potuto notare che a velocità costante di 50 km/h, vengono utilizzati 14 kWh/100 Km che arrivano a 20 portando l’e-Crafter a 90 km/h. Torniamo alla base, dunque, con un chilometraggio reale di 78 chilometri ma una autonomia residua di 62 chilometri, il che significa che abbiamo “guadagnato” 7 chilometri di energia cinetica. Una cosa però va detta: la nostra prova l’abbiamo totalmente effettuata con l’impianto di condizionamento spento. Abbiamo rilevato Puoi decidere dove ricaricare il tuo e-Crafter: nel garage di casa tramite una presa di ricarica, oppure nella tua azienda tramite una wall box oppure presso una stazione di ricarica pubblica. Per questo motivo il veicolo è dotato di un attacco multifunzione per la ricarica vicino alla porta del conducente.
che il suo utilizzo incide di circa il 5% sul consumo di energia, considerazione importante in caso di tratte medio lunghe che non prevedono ricariche intermedie. RICARICARSI
Anche se per il nostro test abbiamo principalmente utilizzato la rete elettrica residenziale per fare il “pieno” al nostro veicolo, esistono altri modi per ricaricarsi. Grazie al Sistema Combined Charging System (CCS), le batterie agli ioni di litio possono essere, infatti, caricati usando sia la corrente continua che la corrente alternata. Questo permette la ricarica presso le stazioni di ricarica veloce pubbliche CCS oppure utilizzando una wall-box. Utilizzando una wall-box, il Nuovo e-Crafter può essere caricato in circa 5 ore e 20 minuti con una potenza massima di 7,2 kW, mentre a corrente continua è possibile effettuare una ricarica dell’80% con una potenza massima di 40 kW in soli 45 minuti circa. TUTTI GLI ASSISTENTI PRESENTI
Elettrico sì, ma di certo non carente di strumenti e dispositivi elettronici di ultima generazione, capaci di rendere la guida sicura, serena e confortevole. Attraverso l’ergonomico volante multifunzione è possibile gestire la maggior parte degli Assistenti alla guida. Alcuni di questi sono proprio indispensabili date le dimensioni del veicolo che, lo ricordiamo, può trasportare fino a 1700 kg in quasi 11 m3 di volumetria. Il Sistema di protezione delle fiancate, per esempio, monitora le fiancate del veicolo ed emette avvisi visivi e sonori se il veicolo si avvicina pericolosamente a pilastri, muri o pedoni. Oppure il Sistema di controllo perimetrale “Front Assist” con funzione di frenata di emergenza City e il Sistema di assistenza per il mantenimento della corsia “Lane Assist”. Crosswind Assist, Light Assist e Cruise Control completano l’equipaggiamento dell’e-Crafter che ci ha fatto sentire prima di tutto molto “green”, oltre che sicuri e riposati alla guida. # @LucaBarassi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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PRODOTTO
Gigante silenzioso Master Z.E. in prova
nel traffico romano: buona maneggevolezza, consumi e tempi di ricarica adeguati
S
Nonostante il Master Z.E., con i suoi 120 chilometri di autonomia massima, sia un veicolo pensato per la città, a nostro giudizio è sovradimensionato per un uso nei centri cittadini.
alendo a bordo del Master ZE si ha subito una certezza: è un furgone da “ultimo” miglio quindi da consegne cittadine. I 120 chilometri di autonomia massima dichiarati dalla Casa, infatti, in una città estesa come Roma, dove abbiamo effettuato la prova, non permettono assolutamente “divagazioni” fuori porta. Si rischia di rimanere a piedi tra il Grande Raccordo Anulare e una delle Consolari che arrivano nella Capitale. Prima di iniziare diamo un’occhiata al propulsore che spinge il veicolo. Si tratta dell’R75, un motore elettrico ad elevata efficienza energetica, già montato su ZOE e Kangoo Z.E. con una potenza di 57 kW (76 cv) e una coppia massima di 225 Nm; la velocità massima dichiarata dalla casa è 100 km/h. È equipaggiato con la batteria di nuova generazione agli ioni di litio “Z.E. 33” da 33 kWh, dotata di una gestione elettronica ottimizzata che regala al Master Z.E. 120 chilometri di autonomia in condizioni reali di utilizzo; un’autonomia, comunque superiore a 80 km, anche in caso di utilizzo intensivo (con carichi pesanti o in condizioni invernali). Attivando la modalità Eco, le performance del motore vengono limitate (accelerazioni ridotte e velocità massima limitata a 80 km/h), consentendo di prolungare il funzionamento del furgone. IL RUMORE DEL SILENZIO
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Detto questo saliamo a bordo. Gli interni sono spartani ma confortevoli, in linea con il fratello a gasolio che ben conosciamo. Il cruscotto,
Tra i vantaggi dell’elettrico c’è la possibilità di accedere a zone, in città, vietatissime ai veicoli termici, come Villa Borghese, polmone verde nel centro di Roma.
non modernissimo, visto che è lo stesso del Kangoo Z.E., presentato nove anni fa, ha due quadranti inseriti ai lati del contachilometri. Si tratta di un indicatore del livello di carica della batteria e un econometro, che precisa il tipo di consumo di energia: blu chiaro, nella zona di utilizzo “normale” del veicolo, blu scuro per il funzionamento ottimale, e rosso nella zona di consumo eccessivo, con un impatto negativo sull’autonomia. Nel quadrante principale le informazioni più importanti: la distanza percorsa, i parametri di viaggio, una serie di messaggi informativi e di eventuali anomalie di funzionamento. Giriamo la chiave d’accensione e notiamo che il Master non ci è stato consegnato con il pieno, e ha un’autonomia residua di 94 chilometri. Ed è sempre guardando il quadrante principale che ci accorgiamo che il veicolo è acceso, perché di rumore, proprio non ce n’è; per chi non è abituato è decisamente una strana sensazione. Spingendo il pedale dell’acceleratore la risposta è pronta, la coppia è subito disponibile e il veicolo parte con un bel guizzo in avanti.
IdentiE-Van
VELOCITÀ MASSIMA
200 km* 120 km 33 kWh 6 ore 57 kW 225 Nm 100 km/h
EMISSIONI DI CO2, IN CICLO COMBINATO
0 g/km
AUTONOMIA (CICLO NEDC) AUTONOMIA REALE CAPACITÀ DELLA BATTERIA TEMPO DI RICARICA POTENZA MOTORE, MAX. COPPIA, MAX.
PORTATA, MAX. VOLUMETRIA VANO DI CARICO, MAX. DIMENSIONI VANO DI CARICO, MAX.
1.128 kg 8 m3 2.583 mm x 1.765 mm x 1.700 mm
Il cruscotto è lo stesso del Kangoo Z.E., ha due quadranti inseriti ai lati del contachilometri. Si tratta di un indicatore del livello di carica della batteria e un econometro, che precisa il tipo di consumo di energia. Nel quadrante principale le informazioni più importanti: la distanza percorsa, i parametri di viaggio, una serie di messaggi informativi e di eventuali anomalie di funzionamento.
PER LE STRADE DEL CENTRO
Optiamo dunque per un giro in centro e la possibilità offerta dall’elettrico di entrare nelle ZTL ci spinge in strade e stradine tra Piazza Venezia e Piazza Navona. Se il Master, come sterzo e come motore, risponde bene alle sollecitazioni del traffico e degli “stop and go”, sono le sue generose dimensioni (più di cinque metri per oltre due e mezzo) che non ne fanno, a nostro giudizio, un veicolo adatto ai centri urbani, dove si deve passare tra vicoli in seconda fila e turisti con il naso in aria e dove, forse, non servono (o comunque andrebbero evitati) volumi di carico piuttosto importanti come quelli di cui dispone il Master. Va considerato poi un altro grosso potenziale problema: se si deve ricorrere a una ricarica “al volo” in una colonnina pubblica, l’imponente stazza del Master la rende, se non impossibile, sicuramente complicatissima, viste le posizioni delle colonnine pensate per automobili e non per furgoni di quelle dimensioni. Dunque, avanziamo nel traffico e ci rendiamo presto conto che, contrariamente al veicolo termico, è proprio in città, con traffico intenso, che il veicolo elettrico si rivela più economico. Con il Master fermo (semaforo rosso, code di traffico, etc.), il motore elettrico non consuma energia, e il sistema di recupero dell’energia cinetica in decelerazione, che ricarica parzialmente la batteria, funziona maggiormente durante la guida in città, grazie proprio alle tante frenate e agli arresti frequenti. Tentiamo, comunque, dopo una serie di complicatissime manovre, una discussione con un vigile urbano e qualche strombazzata di clacson, una ricarica in una colonnina pubblica. ALLA COLONNINA PUBBLICA
Seguiamo la procedura di ricarica utilizzando la tessera prepagata Enel. Lasciamo il veicolo circa un’ora in carica: secondo i nostri calcoli avremmo dovuto avere, dopo un’ora, circa 15 chilometri in più. Ma, brutta sorpresa, dopo un’ora abbiamo un’autonomia maggiore soltanto di 3 chilometri.
Fatti i controlli del caso siamo convinti di aver fatto tutto quello che si doveva, probabilmente la “colpa” è della colonnina. Risaliamo a bordo con l’intenzione, appena possibile, di andare a fondo di questo inconveniente e capire qual è l’effettiva efficienza delle colonnine pubbliche. Prima Il tentativo di ricarica in una colonnina di abbandonare il centro pubblica. Nonostante non ci fossero facciamo un giro a Villa auto parcheggiate “abusivamente” manca lo spazio: questi parcheggi per Borghese, uno dei polmola ricarica non sono progettati per ni verdi di Roma, vietatissiveicoli di queste dimensioni. Nel tondo la comoda tessera prepagata Enel. ma ai veicoli a motore endotermico ma accessibile a quelli spinti dall’elettrico. Nel verde di Piazza di Siena stiliamo un primo bilancio del consumo e del comportamento del nostro Master in centro città. Abbiamo percorso 28,50 km, consumando 8 kW. Il computer di bordo del veicolo ha registrato un consumo medio di 27,9 kWh /100 km per una velocità media di 17,2 km/h. Dopo questa prima fase del test avremmo dovuto avere un’autonomia residua di 65,5 chilometri invece, con piacevole sorpresa, l’indicatore ci dice che sono 72: tolti i tre caricati alla Il logo “ZE Electric” è riportato solo sul portellone posteriore. colonnina, il traffico cittadino ci ha “regalato” 2,5 chilometri. A VELOCITÀ COSTANTE
Lasciamo il centro e, approfittando del minor traffico proviamo sul Lungotevere, insolitamente libero, a registrare il consumo a una velocità costante: a 50 km/h, il Master Z.E. consuma 16 kWh /100km. È poi su un breve tratto di GRA che proviamo ad “allungare” energicamente, spingendo sull’acceleratore fino a sfiorare, secondo il contachilometri, i 100 km/h; scendiamo poi di una quindicina di chilometri e ci assestiamo a 85 costanti, registrando una crescita del consumo, da 16 a 21 kWh. È proprio in questi tratti più lunghi, quando il motore lavora tranquillo che si apprezza maggiormente il silenzio: si sente solo il rotolamento degli pneumatici sull’asfalto. Dopo 36 chilometri ci accingiamo a chiudere la seconda parte del test, effettuato su strade meno trafficate. Il computer di bordo ci dice che a una velocità media di 38 km/h, per percorrere 36 chilometri, il Master Z.E. ha consumato 9,5 kWh con un consumo medio di 28,9 kWh. Decidiamo che è ora di chiudere e di ricaricare il veicolo in una wallbox da 7,4kW (32A) che ci mettono gentilmente a disposizione gli amici di un’azienda privata nel proprio garage. Nel corso della nostra prova abbiamo percorso 64,5 chilometri e quando ci fermiamo il computer di bordo ci comunica che abbiamo ancora un’autonomia di 36,5 chilometri, che corrisponde, quasi esattamente, a quello che comunica la Casa. Per fare il pieno, per riportare l’autonomia del veicolo a 120 chilometri, impieghiamo esattamente 4 ore e 45 minuti. #
La presa per la ricarica è situata sul lato destro, vicino alla portiera ed è decisamente di facile accesso. Due pulsanti, uno all’interno del veicolo e uno sulla chiave ne permettono lo sblocco rapido.
@FerruccioVenturoli www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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PRODOTTO GUIDA ALL’ACQUISTO
Una scelta
sostenibile La corsa verso gli obiettivi 2030 e 2050 è sempre più affannosa. I Costruttori continuano ad investire in ricerca e sviluppo per trovare soluzioni sostenibili ed ecologiche ma che, allo stesso tempo, siano efficienti per il business degli operatori della logistica. Dai veicoli leggeri (LCV) ai pesanti stradali ormai l’offerta è sempre più ampia, sia nella gamma che nella tipologia di propulsori adottati. pHEV e mHEV sono ormai termini
entrati nel vocabolario dei concessionari e dei clienti di veicoli commerciali. In questo elenco le versioni a carburanti alternativi che le Case ci hanno comunicato, sempre in rigoroso ordine alfabetico. Per i prezzi è necessario rivolgersi alle reti vendita dei marchi in quanto le variabili sono troppo numerose per dare una indicazione in questo contesto. Buona lettura e... buona scelta.
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
LCV
Elettrico sincrono a magneti permanenti
Full Electric
Continua: 35 kW (max 49 kW)
170 Km
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
LF Battery Electric Innovation Truck
MCV
Elettrico – tecnologia Cummins
Full Electric
195-250kW
n.d.
CF Battery Electric Innovation Truck
HCV
Elettrico – tecnologia VDL E-Power
Full Electric
210-240kW
n.d.
CF Hybrid Electric Innovation Truck
HCV
Paccar MX-11 (10,8l) + elettrico ZF
Ibrido (diesel + elettrico)
330 kW + 75 kW (el.)
n.d.
CITROËN Berlingo Van Full Electric
DAF
68
TRASPORTARE OGGI novembre 2019
FIAT PROFESSIONAL
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
Ducato 140 Natural Power
LCV
CNG
Benzina/CNG
100 KW
400 km
Doblò 120T-JET Natural Power
LCV
CNG
Benzina/CNG
88 KW
n.d.
Fiorino Cargo SX CNG
LCV
CNG
Benzina/CNG
52 KW
n.d.
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
MCV
Elettrico sincrono a magneti permanenti
Plug-in Hybrid con range extender
126 CV
57km in elettrico. Oltre 500 km con range extender
Tourneo Custom
MCV
Elettrico sincrono a magneti permanenti
Plug-in Hybrid con range extender
126 CV
56km in elettrico. Oltre 500 km con range extender
Transit Custom
MCV
Diesel Mild Hybrid
Mild Hybrid
130/170/185 CV
n.d.
Tourneo Custom
MCV
Diesel Mild Hybrid
Mild Hybrid
130/170/185 CV
n.d.
Transit
MCV
Diesel Mild Hybrid
Mild Hybrid
130/170/185 CV
n.d.
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
Pick-Up
Mitsubishi 4G69S4N (2.4 l.)
GPL
90 kW
427,5 km
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
Bus
Elettrico a batterie
Full Electric
190 kW
Fino a 220 km (ricarica via cavo)
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
Bus
Ciclo otto
Metano: CNG
136CV
Da 200 a 400 km
FORD Transit Custom
GREAT WALL Steed 6
HEULIEZ BUS GX 337
IVECO Daily NP minibus (5,6-6,5t.)
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PRODOTTO GUIDA ALL’ACQUISTO
IVECO
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
LCV
Ciclo Otto
Metano
136 cv
Da 200 a 600 km
LCV
Elettrico asincrono trifase
Full Electric
80 kW
Fino a 200 km
Eurocargo NP (9.0ton – 10.0ton – 11.0ton – 12.0ton – 16.0ton) Cabinato 4x2
MCV
Ciclo Otto
Metano: CNG
204Cv
Fino a 600km
S-Way NP – Trattore 4x2 – Cabina AS Cabinato 4x2 e 6x2 – Cabina AS
HCV
Ciclo Otto
Metano: LNG, C-LNG, CNG
460Cv
Fino a 1600km
S-Way NP Cabinato 4x2 e 6x2 Cabina AT/AD
HCV
Ciclo Otto
Metano: LNG, C-LNG, CNG
340-400Cv
Fino a 1600km
Stralis NP – Trattore 4x2 – Cabina AS Cabinato 4x2 e 6x2 Cabina AS
HCV
Ciclo Otto
Metano: LNG, C-LNG, CNG
460Cv
Fino a 1600km
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
eTGE
LCV
Elettrico trifase
Full electric
100 kW
175 km
eTGM
Distribution
Elettromotore centrale
Full electric
264 kW
200 km
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
eVITO
LCV
Elettrico E-Cell
Full Electric
84kW
n.d.
eSPRINTER
LCV
Elettrico E-Cell
Full Electric
85kW
n.d.
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
HCV
CNG Compressed Natural Gas
Iniezione Multipoint a gestione elettronica
222 Kw – 302 CV
n.d.
HCV
CNG Compressed Natural Gas
Tecnologia Euro 6d senza SCR, DPF e senza componenti AdBlue
222 Kw – 302 CV
620 km
Daily Blue Power Cabinato (3,5–7,2 t.) Furgone (3,5-7,0 t.) Daily Blue Power Cabinato (5t.) Furgone (5t.)
MAN TRUCK&BUS
MERCEDES-BENZ VANS
MERCEDES-BENZ TRUCKS
ECONIC NGT
Actros NGT (1830 – 2530)
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TRASPORTARE OGGI novembre 2019
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
LCV
Motore elettrico sincrono con rotore a bobina
Full Electric
44 kW (60)
323 - 299 Km (ciclo urbano WLTP)
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
LNG/CNG
280 cv 340 cv
Motrice: fino a 1600 km Trattore: fino a 1100 km Motrice: fino a 1600 km Trattore: fino a 1100 km
fino a 1.100km
RENAULT Kangoo Z.E.
SCANIA Serie L
HCV
9 litri (Euro 6)
Serie P
HCV
9 litri (Euro 6)
LNG/CNG
280 cv 340 cv
Serie G
HCV
9 litri (Euro 6) 13 litri (Euro 6)
LNG/CNG
280 cv e 340 cv
13 litri (Euro 6)
LNG/CNG
Serie R
HCV
410 cv 280 cv e 340 cv
fino a 1.100km
410 cv
HCV
Motore endotermico (diesel | biodiesel | HVO) più motore elettrico
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
LCV
Elettrico sincrono EEM85
Full Electric
100 kW
173 km
GAMMA
MOTORE
TECNOLOGIA
POTENZA
AUTONOMIA
FE CNG
HCV
Motore G9K320
CNG
FH I-SAVE
HCV
D13TC
Diesel turbocompound
460 CV 500 CV
Segue configurazione
FL Electric
HCV
Elettrico
Full Electric
185 kW
Fino a 300 km
FH LNG
HCV
LNG
G13C
420 CV 460 CV
Fino a 1000 km
Scania Hybrid
VOLKSWAGEN e-Crafter
PHEV HEV
Motore endotermico 9 Fino a 10 km litri (280CV- 320 in modalità CV- 360 CV) + completamente motore elettrico elettrica (177CV)
VOLVO TRUCKS Segue configurazione
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IL RICICLO
Pneumatici fuori uso, batterie esauste e oli usati, attraverso le società consortili partecipate dalle stesse aziende produttrici o importatrici, vengono raccolti, lavorati e
avviati a nuova vita
Rifiuto o
risorsa? L’olio usato è un’importante risorsa economica, perché può essere rigenerato tornando a nuova vita con caratteristiche simili a quelle del lubrificante da cui deriva.
R
Il metallo riciclato dalle batterie esaurite rappresenta oltre il 40% della produzione italiana di piombo e il 37% del fabbisogno nazionale di metallo.
accolta, analisi e soprattutto rigenerazione e quindi reimmissione nel sistema produttivo;quella del “Sistema Consorzio” è una filiera, che ha portato l’Italia ai massimi livelli di avanguardia europei e internazionali nel campo della raccolta e del riciclo dei rifiuti pericolosi. Parliamo di consorzi o società senza fini di lucro, partecipate dalle aziende del settore, alle quali è demandata la gestione, lo smaltimento o la “seconda vita” del rifiuto. Organizzazioni con questa mission ce ne sono praticamente in tutti i settori industriali, dagli imballaggi, ai rifiuti in polietilene, dagli oli vegetali e animali alle apparecchiature elettroniche, passando per le batterie, gli oli industriali e gli pneumatici. Noi proprio di questi tre vogliamo occuparci. IL COBAT E LE BATTERIE
Come si fa e quanto costa smaltire una batteria al piombo o, peggio, un accumulatore al litio che pesa centinaia di chili? A questo pensa il Cobat, il Consorzio che opera nel
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TRASPORTARE OGGI novembre 2019
settore del recupero delle batterie da oltre 30 anni, del quale è socia la stragrande maggioranza delle Case costruttrici e produttori di accumulatori. In virtù della normativa riconoscibile nella sigla EPR (Responsabilità Estesa del Produttore, N.D.R.) il costo dello smaltimento deve essere integralmente sostenuto dal produttore o dall’importatore della batteria; cosi è il Cobat a raccogliere in tutta Italia i rifiuti di accumulatori (piombo, litio Ni/Mh, etc) da officine, concessionarie e negozi. Attenzione, però: questo solo se le batterie in questione sono state dichiarate come “immesse al consumo” e finanziate con il contributo ambientale. Va detto che oggi, per chi le detiene, le batterie al piombo rappresentano un valore e mai un costo, visto che il metallo riciclato dalle batterie esaurite rappresenta oltre il 40% della produzione italiana di piombo nonché il 37% del fabbisogno nazionale di metallo e che in Italia esistono sei moderni impianti di riciclaggio. PIOMBO E LITIO
Se per le batterie al piombo la raccolta, lo smaltimento e il riutilizzo sono relativamente semplici, il discorso completamente diverso per le batterie al Litio dove il costo della procedura di ritiro è molto alto e varia da 4 a 4,50 euro al chilo (questo significa che si potrà arrivare a costi di 2 o 3mila euro per ogni batteria smaltita, visto che pesano centinaia di chili). Per motivi di sicurezza, poi, le batterie al litio devono essere raccolte in (costose) casse speciali e trasportate con mezzi ADR. Tutte le batterie raccolte
PNEUMATICI FUORI USO PER ECOPNEUS
Quando uno pneumatico non ha più le caratteristiche indispensabili per una prestazione sicura ed efficiente sul veicolo, neanche attraverso la ricostruzione, diventa PFU, “fuori uso”. Si tratta di un rifiuto a tutti gli effetti e deve essere raccolto per il recupero e riciclo in appositi impianti. La gomma di cui è costituito lo pneumatico è infatti una miscela di polimeri di altissima qualità con eccezionali caratteristiche chimico-fisiche che restano inalterate anche nella gomma riciclata che se ne ottiene. Il PFU può essere avviato verso due strade alternative: il riciclo, da cui si ottengono nuovi materiali come gomma, acciaio e fibre tessili, oppure recuperato come energia in impianti ad hoc, principalmente cementifici. Il PFU è infatti caratterizzato da un potere calorifico pari a quello del carbone, ma con emissioni nettamente inferiori. Per il riciclo di materia il PFU viene avviato in appositi impianti dove, attraverso una macinazione meccanica a temperatura ambiente, viene ridotto in frammenti sempre più piccoli, fino ad arrivare alla separazione delle tre componenti dello pneumatico: gomma, acciaio e fibra tessile. DAL RICICLO PRODOTTI ECOSOSTENIBILI
Al riciclo o al recupero dei PFU ci pensa Ecopneus, società senza scopo di lucro per il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e il recupero dei PFU. Soci di Ecopneus sono i principali produttori di pneumatici, ai quali nel tempo si sono aggiunte molte aziende. Anche in questo settore, cosi come in quello degli accumulatori, vale il principio della Responsabilità Estesa del Produttore, secondo il quale (art. 228 del Dl Lg 152/2006) produttori e importatori di pneumatici sono obbligati a provvedere alla gestione di un quantitativo di PFU pari a quanto immesso nel mercato del
FOCUS
debbono poi essere concentrate in stoccaggi autorizzati per preparare il trasporto secondario verso l’estero (Belgio, Germania principalmente) perché non esistono in Italia Impianti di trattamento finale delle batterie automotive al litio. In Europa solo alcuni impianti che praticano trattamento pirometallurgico, concentrano i carichi dei vari Paesi UE con costi di trattamento molto alti.
IL TRATTAMENTO DELLE BATTERIE AL LITIO Le fasi del trattamento di una batteria al litio si compongono di una prima verifica della sicurezza del pacco e scarica elettrica; si procede poi , manualmente, allo smontaggio e all’isolamento prima dei moduli e poi delle singole celle. Mentre il recupero delle parti elettroniche, delle connessioni e della bulloneria è cosa abbastanza standard, e relativa alla separazione e valorizzazione delle parti metalliche. Per le celle, attualmente il Belgio e la Germania propongono processi energivori e ancora abbastanza grossolani, relativi al recupero energetico e/o delle sole frazioni di Nichel e Cobalto. Tali processi, implementati dalla tipica raffinazione dell’industria estrattiva, consentono il recupero di una percentuale in peso > 50% richiesta dalla legge ma quasi mai il recupero del Litio. Proprio per far fronte a questo ed abbattere complessivamente il costo di gestione (trasporto e trattamento) COBAT, con CNR ed il Politecnico di Milano, hanno brevettato alcuni processi legati al trattamento idrometallurgico (non pirometallurgico attualmente adottato dalla maggior parte degli Impianti europei). Questi processi consentiranno, già nel giro di un paio d’anni, l’abbattimento sostanziale dei costi ed il recupero % in peso quasi integrale della batteria al litio.
ricambio l’anno solare precedente. La mission di Ecopneus si traduce quindi nel garantire il rintracciamento e il recupero di circa 210mila tonnellate di PFU, di media, ogni anno. Parallelamente alle attività di raccolta, trasporto, trattamento e valorizzazione dei PFU, Ecopneus è fortemente impegnata nella promozione delle applicazioni della gomma riciclata e in iniziative di informazione e sensibilizzazione per la creazione di una “cultura del riciclo”. Il riciclo dei PFU assomiglia a un meccanismo di precisione. Con la gomma riciclata si realizzano prodotti assolutamente ecosostenibili, che trovano applicazione in settori anche molto diversi tra loro. Dai prodotti per l’edilizia come gli isolanti acustici e antivibranti, allo sport, con playground per parchi giochi, campi da calcio, pavimentazioni sportive polivalenti e prodotti per il benessere animale. C’è anche il settore delle strade e infrastrutture dove accanto agli asfalti “modificati” silenziosi e duraturi, troviamo piste ciclabili, arredi urbani ed elementi per sicurezza stradale. Completano il panorama prodotti di design, l’oggettistica e anche nuovi compound realizzati unendo gomma riciclata e materiali termoplastici. OLI USATI PER IL CONOU
Gli oli usati sono ciò che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti. In funzione delle caratteristiche applicative e delle destinazioni d’uso, una Ecopneus ogni anno rintraccia e recupera, su tutto il territorio nazionale, circa 210mila tonnellate di pneumatici fuori uso.
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IL RICICLO
Con la gomma riciclata si realizzano prodotti assolutamente ecosostenibili, che trovano applicazione in settori anche molto diversi tra loro, per esempio in quello .delle strade, con gli asfalti “modificati” silenziosi
parte di olio viene consumata nell’utilizzo, mentre la restante costituisce l’olio usato. Definito dalla legge “rifiuto pericoloso”, l’olio usato, se eliminato in modo scorretto o impiegato in modo improprio, può trasformarsi in un potente agente inquinante: basti ricordare che, se versati in acqua, 4 chili di olio usato possono inquinare una superficie grande come un campo di calcio.
Inoltre, l’olio usato è anche un’importante risorsa economica per il nostro Paese, infatti può essere rigenerato tornando a nuova vita con caratteristiche simili a quelle originali. Alla raccolta e al trattamento degli oli arrivati alla fine del loro ciclo di vita, provvede il CONOU, Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati. Anche nel caso del CONOU, fanno parte del Consorzio le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini, le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione, le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati, le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti.
PFU, FASE PER FASE IL LORO RECUPERO STOCCAGGIO Dopo essere stati staccati dagli autoveicoli, i PFU vengono prelevati presso i punti di generazione (gommisti, stazioni di servizio, autofficine, etc) e portati presso i centri di smistamento. Qui vengono pesati e separati per dimensione e quindi stoccati in appositi spazi per essere avviati al processo di trattamento. STALLONATURA La prima fase del trattamento consiste nella “stallonatura” ossia la rimozione, attraverso specifici macchinari, dell’anello in acciaio, denominato cerchietto, posto in corrispondenza della porzione dello pneumatico che aderisce al cerchione (tallone). Una volta rimosso, il cerchietto viene recuperato in acciaierie e fonderie.
FOCUS
PRIMA FRANTUMAZIONE II PFU è pronto per essere avviato alla prima fase di frantumazione dove viene ridotto in frammenti compresi tra 5 e 40 cm chiamati “ciabatte” o “triturato”. Le ciabatte, che contengono ancora, oltre alla gomma, frammenti tessili e metallici, possono essere avviate al recupero energetico o essere sottoposte a ulteriore trattamento per ridurne le dimensioni e consentire la separazione dei materiali di cui è costituito il PFU.
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SECONDA FRANTUMAZIONE Nella seconda fase di frantumazione il materiale viene ridotto ulteriormente in frammenti più piccoli e suddiviso, mediante procedimenti fisici o meccanici, nei tre componenti principali di cui sono costituiti i PFU, gomma, acciaio e fibre tessili. La gomma viene triturata nuovamente per ottenere materiali di dimensioni minori, granuli e polverini, destinati al recupero di materia. RECUPERO DEI MATERIALI L’output del processo di trattamento è materiale triturato di varie dimensioni e tipologia, a seconda delle destinazioni d’uso previste: ➞ Cippato di gomma di 20-50 mm ➞ Acciaio ➞ Granulato di gomma di 0,8-20 mm ➞ Tessile ➞ Polverino di gomma < 0,8 mm
In 35 anni di attività il Consorzio ha raccolto 6 milioni di tonnellate di olio lubrificante usato, 5,3 milioni delle quali avviate alla rigenerazione, mentre sono state prodotte 3 milioni di tonnellate di olio base.
Il CONOU è un esempio di collaborazione pubblico-privato: due ministeri (Ambiente e Sviluppo Economico) hanno propri rappresentanti negli organi della governance consortile, mentre la responsabilità gestionale è privatistica. Oltre ad assicurare su tutto il territorio nazionale la raccolta degli oli lubrificanti usati, che vengono destinati soprattutto all’industria della rigenerazione, il Consorzio si occupa anche dell’informazione e della sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche della corretta gestione degli oli usati che, non dimentichiamolo, sono rifiuti pericolosi. Il CONOU coordina l’attività di 72 aziende di raccolta che ogni giorno recuperano i lubrificanti usati da officine, aziende di trasporto, distributori di benzina etc. In 35 anni di attività il Consorzio ha raccolto 6 milioni di tonnellate di olio lubrificante usato, 5,3 milioni delle quali avviate alla rigenerazione, mentre sono state prodotte 3 milioni di tonnellate di olio base. Tutto l’olio lubrificante raccolto viene analizzato e avviato al riciclo. È la normativa stessa che regola il settore a determinare la destinazione degli oli usati raccolti che, in base alla presenza dei diversi inquinanti, vengono avviati al tipo di trattamento più adatto al corretto smaltimento. # @FerruccioVenturoli
un nemico da conoscere
IL RICICLO
Plastica,
La lotta all’uso e abuso di uno dei materiali più diffusi sulla terra ha di recente subito una forte accelerazione. Un problema che riguarda anche i veicoli? Cerchiamo di capirlo in questa inchiesta
uest’estate si è parlato molto di plastica, merito anche della nuova attenzione mediatica per l’ambiente lanciata dalla giovane Greta Thunberg. Partiamo da un dato ha colpito sicuramente gran parte degli italiani: la plastica è il “nemico numero uno” dei nostri mari con l’80% dei rifiuti spiaggiati e 179.023 particelle per km quadrato, secondo quanto raccolto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare in collaborazione con ISPRA e le 15 ARPA costiere. L’analisi rientra nelle misure da mettere in atto dopo il recepimento della Direttiva quadro 2008/56/CE sulla strategia per l’ambiente marino che si basa su un approccio integrato e che intende diventare il pilastro ambientale della futura politica marittima dell’Unione europea. Da questi numeri è intuibile come l’idea di un “nemico plastica” si sia rapidamente diffusa nell’opinione pubblica come un problema da affrontare quanto prima.
Se da un lato proprio Carri ci ricorda che la cosiddetta “plastica” racchiude al suo interno una grande famiglia con materiali dalla proprietà molto diverse tra di loro, dall’altro Claudio Sivilotti, responsabile prodotto Volvo Trucks Italia, ci spiega anche come la plastica sia ormai residuale nella struttura di un truck. Ad esempio, la cabina al 95% è metallo, come del resto possono esserlo altre parti come i paraurti anteriori. In realtà ben poco del peso di un truck è rappresentato dalla plastica: “La plastica è un nemico conosciuto da tempo”, dice Sivilotti. “All’inizio il suo utilizzo ha permesso la riduzione del peso dei mezzi a parità di costi, ma già da anni si lavora per la riprogettazione delle componenti utilizzando altri materiali.” Un processo che è iniziato prima del 2012 per il costruttore di Göteborg. Non solo, quando la plastica viene utilizzata per la sua funzione indispensabile è
C’È PLASTICA E PLASTICA
La plastica però non è tutta uguale, la stessa etimologia della parola ci fa tornare al significato originario che viene dal greco πλαστική (τέχνη), ovvero l’«(arte) che riguarda il modellare». La plastica sui truck, a sua volta, ha una storia del tutto propria. Come racconta il primo dei due esperti, Paolo Carri, Head of Sustainable Solutions di Scania, che abbiamo incontrato. www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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TECNOLOGIA
ormai quasi interamente riciclabile: ad esempio, sempre in Volvo Trucks, il 95% è polietilene riciclabile (nel 5% rimanente gran parte è schiuma, ndr).
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LE DUE GRANDI FAMIGLIE DELLE MATERIE PLASTICHE Le materie plastiche si suddividono in due gruppi principali: fusibili (termoplastiche) e non fusibili (termoindurenti). I materiali termoplastici sono sagomati ad iniezione o per fusione e, a differenza delle plastiche termoindurenti, le molecole di plastica non hanno legame. Questi possono essere riciclati con ottimi risultati. Il riciclaggio dei materiali termoplastici è un modo efficace per conservare le materie prime e risparmiare danaro. Esistono diversi tipi di materiali termoplastici, quindi è importante tenerli separati durante il riciclaggio in modo da non compromettere le proprietà meccaniche del materiale riciclato. Alcune combinazioni
TRASPORTARE OGGI novembre 2019
di materiali possono essere compensate mediante l’uso di additivi che permettono di mescolare le plastiche. Inoltre l’aggiunta di nuove materie prime può migliorare le proprietà. Le plastiche termoindurenti sono invece plastiche preparate con indurenti che legano le molecole di plastica tra loro. Le plastiche termoindurenti sono robuste e rigide ma fragili. Pertanto, spesso vengono rinforzate, ad esempio, con del feltro. È più difficile riciclare le materie plastiche termoindurenti in quanto non è possibile fonderle e dare loro una nuova forma. Oggi sono disponibili due metodi di riciclaggio: recupero di energia e, fino a un certo livello, la polverizzazione dei materiali di riempimento.
Stessa situazione per l’altro costruttore svedese, come ci conferma Paolo Carri: “Il problema va diviso in due ambiti, quello della componentistica dei veicoli e quello del packaging. Nel primo caso”, conferma, “i materiali polimerici hanno una presenza minoritaria, seppur significativa (diverse decine di kg, ndr). Bisogna sottolineare come in questa famiglia rientrino materiali con proprietà molto differenti, le cui prestazioni nel tempo sono cresciute sia per robustezza che per piacevolezza. Quando si decide di usare materiale plastico, viene fatto considerando tutto il cosiddetto life cycle ovvero viene fatto perché va nella direzione giusta realizzando lo stesso prodotto con una massa minore”. In pratica, il saper usare con sapienza i materiali plastici è, a sua volta, un passo importante per abbattere l’impatto ambientale nel ciclo dell’intera vita di un veicolo. Anche in casa Scania ci si è indirizzati su materiali molto facili da riciclare e sull’uso del già riciclato. “Ci sono tre punti focali”, continua Carri, “su cui operare: il primo è l’ottimizzazione del design dei veicoli affinché la plastica sia presente solo dove rappresenti la soluzione migliore. Il secondo è l’utilizzo di materiali riciclati e/o riciclabili e il terzo, in prospettiva, l’introduzione di altre soluzioni come le fibre naturali composite”.
AL DI FUORI DEL MEZZO
Il secondo aspetto del rapporto truck e plastica, anticipa ancora Carri, è sul packaging. Proviamo a vedere la dimensione del problema: in Italia si stima che il packaging in plastica pesi annualmente circa 16 milioni di tonnellate. Secondo GreenPeace, il 10% delle tonnellate di plastica prodotte ogni anno finisce in mare di cui i 4/5 arriva dalla terraferma, sospinto dal vento o trascinato da scarichi d’acqua e fiumi. Una volta in mare la plastica agisce come una spugna attirando tutte quelle sostanze chimiche idrorepellenti come quelle raggruppate nella categoria “inquinanti organici persistenti” chiamate anche “distruttori endocrini”, che colpiscono in gruppo risalendo la catena alimentare dall’ambiente fino all’uomo.
“Sul packaging”, ci illustra Carri, “lavoriamo internamente anche nei rapporti con i fornitori. Ci siamo posti, come Scania, infatti due importanti obiettivi. Innanzitutto, entro il 2025, vogliamo che il 60% di tutto il packaging debba essere riciclato o di materiale non fossile. Poi, sempre entro il 2025, vogliamo che il 90% della plastica sia riciclata”. Per arrivare a questo obiettivo, già oggi, ogni nuovo packaging viene valutato attraverso tutte le fasi di produzione, comprese quella della logistica. Un’attenzione che, ricorda anche Sivilotti, è presente in ogni momento della vita di qualunque prodotto in plastica: in casa Volvo Trucks è tracciabile, ad esempio, tutto ciò che non è riciclabile. Tanto che circa un terzo dei materiali utilizzati in un veicolo Volvo nuovo proviene da materiale riciclato e, al termine della vita del camion, fino al 90% potrà essere di nuovo riciclato. Perché un truck guarda anche al futuro. # @AndreaTrapani
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IL RICICLO
Anche i veicoli hanno una seconda vita a volte una terza e pure una quarta. Ma cosa succede alla rottamazione?
Fine corsa,
fine
I
l recupero e il riciclo dei veicoli a fine vita (End of Life Vehicles – ELVs) rappresentano non solo un importante strumento di tutela ambientale, ma anche un potenziale di crescita della green economy a livello nazionale. Rammentiamo che il tema dell’economia circolare è stato il fil rouge della passata edizione di Ecomondo, a dimostrazione ulteriore che riciclo ed energie rinnovabili portano vantaggi per l’ambiente e sono anche elemento
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TRASPORTARE OGGI novembre 2019
vita
trainante per il business. Nella fattispecie il riciclo di materia che proviene dai veicoli a fine vita è regolamentato dalla Direttiva Europea 2000/53/CE – recepita in Italia con il D. lgs 209/2003 – che ne disegna il quadro di riferimento per il settore del recupero. In dettaglio, fissa gli obiettivi a medio e lungo termine, individuando i criteri e le modalità per una corretta gestione dei rifiuti derivanti appunto da questo tipo di veicoli favorendone il riciclaggio, riuso e recupero. I cosiddetti operatori economici (demolitori, imprese di frantumazione e di recupero, assicurazioni ecc.) devono garantire che la percentuale di reimpiego e recupero sia pari almeno al 95% del peso medio del veicolo e che la percentuale di reimpiego e riciclaggio sia all’85% (utilizzando sempre la stessa unità e avendo sempre come target di riferimento il 2015). L’Italia come sempre purtroppo arranca, e all’interno della UE, è il paese più distante dagli obiettivi presentando un 84,7% ed un 84,6% rispettivamente ai target di recupero e di riciclo (la media europea si attesta al 93,4% all’87,1%). IL PROCESSO DI TRATTAMENTO
Dalla frantumazione di un veicolo si recupera oltre il 90% dei materiali ferrosi. Nel 2015 sono state recuperate 540.000 tonnellate di acciaio e 7,5 mila di materiali quali alluminio, rawwme, zinco, piombo ecc. Come si arriva a ciò?
FOCUS
RECUPERARE, RECUPERARE E RECUPERARE
Vediamo nel dettaglio come alcuni dei componenti principale di un veicolo a fine vita vengono trattati alfine di un recupero. COMPONENTI VETROSI E POLIACCOPPIATI
vengono macinati, e la frazione ottenuta viene conferita alle piattaforme autorizzate che provvedono ai trattamenti necessari per la produzione di materiale riciclabile da avviare alle vetrerie. PNEUMATICI
possono essere riutilizzati, riprocessati, riciclati o recuperati. Il riutilizzo tramite ricostruzione viene effettuato solo previa verifica delle sue caratteristiche strutturali; in caso contrario viene avviato a recupero di materia e/o energia, oppure smaltito. Va, tuttavia, rilevato che il DLgs 36/2003 ha posto il divieto di smaltimento in discarica di pneumatici interi fuori uso a partire già dal 16 luglio 2003, mentre per quelli triturati il divieto decorre già a partire dal 16 luglio 2006. CATALIZZATORE DELLA MARMITTA
costituito da un’anima di materiale ceramico a nido d’ape, sulla superficie di contatto (circa 15.000 m2) con i gas di combustione è presente uno strato di metalli preziosi (1 g di rodio, 6 g di platino, 6 g di palladio). Il recupero di quantità così ridotte di metalli preziosi viene giustificato dal loro prezzo di mercato.
PRIMO STEP
Messa in sicurezza del veicolo presso il centro di raccolta: si bonifica cioè, eliminando gli accumulatori, i fluidi refrigeranti, le batterie, gli oli esausti e il carburante. Nella prima fase di trattamento, cioè, è necessario recuperare dal veicolo tutti i liquidi pericolosi per l’ambiente, raccoglierli in appositi contenitori e inviarli alle officine autorizzate affinché possano essere riciclati in modo ottimale. Successivamente si ripulisce dai catalizzatori, vetro, plastiche, pneumatici e pezzi di ricambio. Cercandone di ottimizzare il recupero ed il riciclo. SECONDO STEP
Da questo momento si può procedere con la demolizione e successivamente con la frantumazione, ossia il processo che consiste nella triturazione del pacco carrozzeria. Questa operazione consente di selezionare e separare i metalli ferrosi, metalli non ferrosi e scarti non metallici (car fluff). Il Car fluff – che è il residuo delle operazioni di frantumazione e selezione dei rottami metallici – identifica una miscela molto eterogenea costituita da materiali organici e inorganici (materie plastiche, gomma, gomma-piuma, tessuti, metalli, vetri e inerti) che rappresentano in peso una frazione significativa tra il 15 e il 20% di un veicolo fuori uso e quindi molto importante per il raggiungimento degli obiettivi di recupero (nel 2015 il 13% è stato avviato al riciclo mentre il resto è stato conferito in discarica). Più nel dettaglio si distinguono: Heavy fluff, quella parte ottenuta dalla separazione di metalli dalla frazione non ferrosa, dove si concentrano tutte le componenti più pesanti del residuo di frantumazione (plastiche, inerti, vetro), che rappresentano il 10% in peso rispetto al totale del fluff generato nel processo.
Light fluff, in cui si trovano tutte le componenti più leggere in uscita dalla camera di frantumazione, quindi gommapiuma, plastiche leggere ecc., da cui si ricavano plastiche (25%), ferro (3%), alluminio e cavi in rame (2%). Negli ultimi anni si sta assistendo ad una forte evoluzione tecnologica degli impianti di frantumazione, in grado coniugare sia un risultato economico positivo sia un forte beneficio ambientale, dato che al minor materiale conferito in discarica si hanno maggiori materiali di recupero immessi nel mercato, con un crescente contributo dei frantumatori agli obiettivi di recupero fissati dalla UE. Ci possiamo accontentare ma rimane ancora molto da fare e, come al solito, per ottenere ulteriori risultati a costi sostenibili è necessaria la collaborazione di tutta la filiera. GLI ULTIMI DATI
Una ricerca condotta da Autorecycling ha pubblicato dati interessanti che mostrano un arretramento del nostro Paese sul fronte della valorizzazione energetica: per rispettare la direttiva di cui sopra, dovrebbe infatti andare in discarica meno del 5% in peso degli ELVs, mentre nel 2012 eravamo ancora al 17-18%. La ricerca contiene anche una analisi specifica sul sistema composto dagli impianti laziali di Italferro-Ecofer, che rappresentano una delle più importanti realtà sul territorio italiano, gestendo un flusso pari a oltre il 10% di quello nazionale. La filiera del riciclo connessa a questi impianti mostra prestazioni interessanti: dal punto di vista ambientale, per ogni tonnellata di rottame trattato dagli impianti, si evitano emissioni in atmosfera di gas serra per circa 660 kg di CO2 e si risparmiano oltre 2.200 m3 di acqua; in termini economici, si stima inoltre un vantaggio cumulato per il sistema paese, tra il 2007 e il 2013, di 276 milioni grazie alle importazioni evitate di rottame ferroso. Dunque, la chiave del futuro è ancora una volta l’economia circolare. Anziché seguire un modello lineare del tipo “prelevo, trasformo, consumo e butto”, bisogna rimettere in circolo le risorse in modo da prelevare il meno possibile e riutilizzare di più. In questo sistema, tutte le attività sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro. Il recupero dei materiali diventa conditio sine qua non: bisogna sistematicamente favorire la sostituzione delle materie prime vergini con materie prime seconde provenienti da filiere di recupero che ne conservino le qualità. #
GLOSSARIO Per riuso si intendono le operazioni in virtù delle quali i componenti di un veicolo fuori uso sono utilizzati allo stesso scopo per cui erano stati originariamente concepiti. Per riciclaggio il trattamento in un processo di produzione dei materiali di rifiuto per la loro funzione originaria o per altri fini. Per recupero di energia si intende
l’utilizzo di rifiuti combustibili per produrre energia.
@FedericaLugaresi www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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NEWS GRIMALDI GROUP Prima nave a zero emissioni in porto È stata presentata lo scorso luglio, la “nuova” Cruise Roma, la prima nave del Mediterraneo con zero emissioni in porto. L’ammiraglia del Gruppo Grimaldi è stata recentemente sottoposta a lavori di allungamento e restyling presso il cantiere Fincantieri di Palermo, a conclusione dei quali è tornata operativa sulla linea Civitavecchia-Porto Torres-Barcellona. Già prima dei lavori di allungamento, la Cruise Roma, insieme alla gemella Cruise Barcelona, era tra i traghetti più grandi al mondo per il trasporto di merci e passeggeri. Grazie all’inserimento di un troncone di 29 metri, adesso il cruise ferry misura 254 metri e ha una stazza lorda di circa 63.000 tonnellate. A disposizione dei 3.500 passeggeri che la nave è ora in grado di ospitare, vi sono 499 cabine (per un totale di 1.994 posti letto) e 600 comode poltrone reclinabili. Per quanto riguarda i veicoli, il ponte auto di 3.000 m2 ha una capacità di 271 automobili, mentre oltre 3.700 metri lineari sono destinati a circa 210 mezzi pesanti. Sotto il profilo tecnologico, sono state adottate soluzioni d’avanguardia volte alla riduzione dell’impatto ambientale e al risparmio energetico. In particolare, sono stati installati quattro scrubber per la depurazione dei gas di scarico al fine di abbattere le emissioni di zolfo fino allo 0,1% in massa – pari a 5 volte meglio di quanto sarà previsto dalla nuova normativa dell’IMO a partire dal gennaio 2020 – e di ridurre il particolato dell’80%. È stato inoltre installato un impianto di mega batterie a litio della capacità di oltre 5 MWh per alimentare la nave durante le soste nei porti senza la necessità di mettere in funzione i diesel-generatori, raggiungendo così l’obiettivo promosso dal Gruppo Grimaldi delle zero emissioni in porto.
ECOPNEUS Inaugurati a Caserta due campi da calcio in erba sintetica di ultima generazione I bambini e i ragazzi del rione Vanvitelli potranno presto giocare e sognare in grande, perché nel loro quartiere sono stati inaugurati lo scorso luglio due nuovi campi da calcio e calcetto in erba sintetica di ultima generazione. Sono stati donati alla città grazie al “Protocollo contro l’abbandono dei pneumatici fori uso nella Terra dei fuochi”, siglato nel 2013. L’intervento di Caserta ha ricevuto il plauso del Ministro dell’ambiente Sergio Costa, presente al duplice taglio del nastro, che ha affermato: “Questa è l’economia circolare che ci piace: un esempio concreto di come i rifiuti siano una risorsa e possano avere una seconda vita. I campi da calcio e calcetto in erba sintetica che oggi abbiamo inaugurato dimostrano l’efficacia del Protocollo contro l’abbandono degli pneumatici fuori uso nella Terra dei fuochi, siglato dal mio dicastero nel 2013: lo Stato può camminare insieme agli imprenditori nella lotta agli illeciti ambientali. Ci guadagniamo tutti, dalle istituzioni agli imprenditori onesti ai cittadini”. Il Protocollo ha già permesso di togliere dalle strade di oltre 40 Comuni del territorio oltre 22mila tonnellate di Pneumatici Fuori Uso e l’inaugurazione a Caserta rappresenta l’ideale chiusura del ciclo di recupero di questi materiali: da potenziale disastro ambientale se incendiati e utilizzati come combustibile per i roghi di rifiuti, a materiale prezioso, sicuro e dalle eccezionali prestazioni se correttamente riciclato. I nuovi campi del rione Vanvitelli contengono oltre 87 tonnellate di gomma riciclata da Pneumatici Fuori Uso (83 tonnellate nel campo di calcio, 4,3 in quello di calcetto), e sono realizzati con una tecnologia ai massimi standard internazionali, che sta riscuotendo sempre maggior apprezzamento anche dalle squadre di calcio di serie A.
PORTO DI SALERNO +6% per il traffico RO-RO nel primo semestre Si conferma l’inversione di tendenza per il traffico ro/ro nel porto di Salerno. Il primo semestre del 2019 si è chiuso infatti con una crescita del 6% rispetto allo stesso periodo del 2018, grazie alla centralità dello scalo campano per il network delle Autostrade del Mare: in sei mesi di attività è già stato movimentato un totale di merce rotabile pari a oltre 4 milioni di tonnellate. Domenico De Rosa, Amministratore Delegato del Gruppo SMET, operatore logistico intermodale leader a livello europeo, fondato a Salerno 70 anni fa, ha commentato il risultato positivo registrato dallo scalo campano: “I dati resi noti dall’Autorità Portuale del Mar Tirreno Centrale confermano la crescita del segmento ro-ro, in controtendenza con quanto sta accadendo per altre tipologie di traffico marittimo: una crescita costante, a testimonianza del fatto che le aziende italiane e gli operatori logistici hanno perfettamente compreso i vantaggi delle Autostrade del Mare”. “Solo lo sviluppo del network di Autostrade del Mare può garantire un trasporto davvero sostenibile – ha aggiunto De Rosa – Per questo motivo SMET ha scelto da tempo l’intermodalità, in partnership con il Gruppo Grimaldi, contribuendo così in maniera decisiva allo sviluppo e all’affermazione di questa modalità di trasporto. Dal porto di Salerno sono già operativi da tempo numerosi collegamenti marittimi, tra cui i più frequentati sono quelli per la Penisola Iberica, la Sicilia, la Sardegna, Genova e il Nord Africa”.
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TRASPORTARE OGGI novembre 2019
PROGETTO OPTITRUCK Al via fase di test di un sistema innovativo per ottimizzare i consumi A partire dal 18 luglio 2019, il progetto optiTruck, finanziato dalla Commissione Europa ha avviato la fase di test e sperimentazione di un sistema innovativo volto ad ottimizzare i consumi attraverso la realizzazione di un trasporto stradale a lungo raggio che attraverserà Turchia, Grecia e Italia, effettuando spedizioni per IKEA Transport & Logistics Services (Inter IKEA) ed Electrolux. Obiettivo della sperimentazione: testare una riduzione delle emissioni serra fino al 20%. Due trattori Ford F-Max Comfort Plus ed. 2019, uno dei quali equipaggiato con sistemi IT innovativi, sono partiti da Uşak in Turchia il 18 luglio scorso con semirimorchi Otokar trasportando un carico IKEA Transport&Logistics Services (Inter IKEA), la quale ha aderito e supportato il progetto optiTruck durante la fase di test. Dopo aver preso il traghetto da Igoumenitsa (GR) a Brindisi (IT), il 23 luglio i mezzi hanno raggiunto il centro logistico IKEA di Piacenza. Il viaggio di ritorno è stato realizzato in collaborazione con Electrolux. I mezzi, dopo aver effettuato il carico presso lo stabilimento Electrolux di Porcia (IT), vicino a Pordenone, hanno percorso a ritroso il viaggio fatto all’andata, raggiungendo Istanbul il 30 luglio e completando un viaggio di 5.000 km e 11 giorni attraverso 3 Paesi. Unendo ed integrando tra loro le tecnologie più avanzate, dal controllo del gruppo propulsore ai sistemi di gestione intelligente del trasporto (ITS), i Partner di progetto hanno sviluppato un sistema di ottimizzazione complessivo, costituito da un insieme di componenti di controllo e previsione dei consumi, volti ad ottenere un’efficace gestione del gruppo propulsore. “Oltre alle dieci componenti innovative sviluppate nell’ambito del progetto, la nostra più grande sfida è quella di testare il sistema in condizioni operative reali su questo percorso internazionale, capace di evidenziare l’importanza del nostro lavoro” afferma l’Ing. Jean-Charles Pandazis, Coordinatore Progetto per optiTruck.
GRUPPO VOLKSWAGEN Terra e clima sono un must Il Gruppo Volkswagen sostiene progetti per la protezione del clima, concentrandosi inizialmente sulla conservazione e sul rimboschimento delle foreste, in particolare nelle aree tropicali. Tali progetti sono certificati secondo i più elevati standard internazionali “Verified Carbon Standards” (VCS), “Climate Community and Biodiversity Standard” (CCB) o “Gold Standard”. Ralf Pfitzner, Responsabile per la Sostenibilità del Gruppo Volkswagen, ha affermato: “La strategia di decarbonizzazione del Gruppo Volkswagen si concentra sulla prevenzione e riduzione delle emissioni di CO2, ad esempio tramite l’efficienza energetica e il passaggio alle rinnovabili. Quando la totale decarbonizzazione non è possibile, intendiamo investire in programmi di protezione delle foreste che riducono significativamente la CO2 atmosferica, forniscono un supporto a lungo termine alle comunità locali, proteggono la biodiversità e allo stesso tempo aiutano ad affrontare la crisi climatica, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Inoltre, il rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico sui +1,5 gradi, stilato da esperti di riferimento, afferma che le riserve naturali di carbonio sono essenziali per raggiungere gli obiettivi sul clima e vogliamo contribuire in questo senso”.
MOBILITÀ ELETTRICA Accordo per l’interoperabilità nei Paesi Nordici Un gruppo composto dai principali fornitori europei di soluzioni di ricarica smart ha firmato una lettera di intenti con la quale si impegna, attraverso una partnership di roaming nei paesi nordici, a condividere la propria rete di ricarica per i veicoli elettrici (EV) entro la fine del 2019. I promotori di questa iniziativa di apertura delle infrastrutture di ricarica sono Allego, EVBox e NewMotion. Charge4Europe, Chargemap e ChargePoint vogliono infatti dimostrare come un facile accesso all’infrastruttura di ricarica contribuirà a migliorare il passaggio alla mobilità elettrica. Una volta entrato in vigore, l’accordo implicherà che i veicoli elettrici che transiteranno in Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca potranno utilizzare un unico abbonamento per accedere alle stazioni di ricarica pubbliche gestite da uno qualsiasi delle aziende aderenti. Oltre ad accettare gli abbonamenti reciproci, gli operatori condivideranno le informazioni sulle stazioni
di ricarica in modo che i dati possano essere utilizzati per migliorare l’esperienza di ricarica per i clienti. In questo modo sarà facile per i conducenti di veicoli elettrici vedere dove e se un punto di ricarica è disponibile per la ricarica e quale sarà il costo di una sessione di ricarica al punto di ricarica specifico. “Un’offerta completa a livello europeo e l’accesso incrociato degli operatori ai punti di ricarica è un fattore chiave per il successo della mobilità elettrica in Europa. Per questo motivo siamo lieti di aderire a questa iniziativa” ha dichiarato Christopher Schäckermann, amministratore delegato di Charge4Europe. Gli accordi tra gli operatori dei punti di ricarica si basano sull’Open Charge Point Interface, un protocollo standardizzato e open source comunemente utilizzato nel settore della ricarica in Europa. I promotori di questa lettera di intenti accolgono anche altri operatori di punti di ricarica e fornitori di servizi di mobilità interessati a partecipare a questa iniziativa.
SCANIA Introdotto il Climate Day
TORINO-LIONE Completata la prima tappa della grande infrastruttura europea
“Abbiamo lavorato con grande impegno alla sostenibilità, questo ha avuto un profondo impatto sui nostri prodotti, sulla produzione e sul nostro modo di fare business”, ha evidenziato Henrik Henriksson, Presidente e CEO di Scania. “Ora siamo pronti a fare un passo in più e abbiamo deciso di organizzare dei momenti di approfondimento in occasione del “Climate Day”, crediamo infatti che accrescere la conoscenza in merito ai cambiamenti climatici sia di fondamentale importanza per raggiungere gli obiettivi fissati con l’Accordo di Parigi”. Il “Climate Day” in Scania si è tenuto lo scorso 20 settembre, anticipando lo United Nations Climate Action Summit in programma a New York. Durante questa giornata le attività in Scania, negli stabilimenti produttivi e nelle sedi in tutto il mondo si sono interrotte per un’ora. In quest’ora di stop, i dipendenti hanno partecipato a dei momenti di incontro per approfondire il tema dei cambiamenti climatici e per scambiarsi delle idee su come Scania può incrementare ulteriormente il proprio impegno in ambito sostenibilità. Scania ha l’obiettivo di guidare il cambiamento verso un sistema di trasporto sostenibile. Il “Climate Day” è un tassello in più in questa missione. L’azienda infatti è costantemente impegnata nel minimizzare le emissioni derivanti dai propri prodotti. L’obiettivo inoltre è quello di ridurre i livelli di emissioni generati dalle proprie attività e l’impronta ambientale dei propri trasporti. In questo senso, l’azienda si è posta una serie di obiettivi: ridurre le emissioni di CO2 dei propri trasporti su strada del 50% per ogni tonnellata trasportata entro il 2025; ridurre le emissioni di CO2 provenienti dalle proprie operazioni del 50% entro il 2025 e passare al 100% di elettricità libera dai combustibili fossili entro il 2020. “Scania è costantemente impegnata nel dare vita a soluzioni di trasporto sostenibili per l’ambiente. Questo impegno però, deve essere affiancato ad un cambio culturale da parte di tutti in azienda. Iniziative come il Climate Day sono di fondamentale importanza per mettere in atto un reale cambiamento e promuovere la diffusione di una cultura importata sul rispetto del clima e dell’ambiente”, ha evidenziato Franco Fenoglio, Presidente e Amministratore Delegato di Italscania. “L’impegno di Scania nel guidare il cambiamento verso un sistema di trasporto sostenibile riguarda lo sviluppo e la diffusione di soluzioni di trasporto intelligenti ed efficienti dal punto di vista energetico, ma al tempo stesso prevede la riduzione delle emissioni generate dalle nostre attività. In Italia siamo un passo avanti su questo fronte, già dal 2016 l’energia elettrica utilizzata in Italscania, Scania Commerciale e Scania Milano è prodotta al 100% da fonti rinnovabili”, ha evidenziato Paolo Carri, Head of Sustainable Solutions di Italscania.
Lo scavo dei primi 9 km del tunnel di base della Torino-Lione è terminato lo scorso 23 settembre: la fresa “Federica” ha abbattuto l’ultima parete di roccia e ha completato il primo tratto della grande infrastruttura europea. La talpa che, partita da Saint-Martin-la-Porte nell’estate 2016, ha scavato la prima parte della galleria sud del tunnel di 57,5 km, arriva oggi nella grande camera ai piedi della discenderia di La Praz (una galleria di 2.480 m, completata nel 2009), dove Federica verrà smontata. È una tappa importante nella storia della Torino-Lione, perché costituisce il primo tratto del tunnel in cui passeranno i treni passeggeri e merci in direzione Francia, a partire dal 2030. La nuova linea consentirà di risparmiare sui costi di trasporto (40% in meno di quelli stradali), di eliminare tre milioni di tonnellate di CO2 l’anno e di limitare in modo significativo congestione e incidentalità sulla rete autostradale. La cerimonia di caduta del diaframma si è svolta alla presenza di Philippe Chantraine rappresentante della DG Move della Commissione europea, del neoministro dei trasporti francese Jean-Baptiste Djebbari, con la partecipazione di autorevoli esponenti istituzionali nazionali e locali dei due Paesi. Sotto le bandiere di Italia, Francia e Unione Europea, oltre 450 lavoratori hanno fatto avanzare l’opera, scavando 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il personale è composto in prevalenza di italiani e francesi, di cui circa 200 lavoratori originari della stessa Maurienne e circa il 70% proveniente dalla regione Auvergne-Rhône-Alpes. La Torino-Lione risulta così il terzo datore di lavoro del territorio e, in vista dell’avanzamento dei cantieri lato Francia, sono previsti oltre 2.000 posti di lavoro diretti. Federica si ferma dopo un percorso di 3 anni in cui ha svolto un avanzamento costante nella sezione geologica più complessa della montagna, caratterizzata dalla presenza di carbone e acqua; tuttavia il tunnel è stato realizzato nei tempi, nel rispetto del budget e senza gravi imprevisti. Il direttore generale di Telt Mario Virano ha ringraziato “lavoratori, imprese, ingegneri e maestranze per l’impegno collettivo straordinario che ci ha consentito di superare grandi difficoltà incredibili. Questo è stato uno dei lavori di scavo in galleria più complicati al mondo”. “È un grande risultato – ha aggiunto – I primi 9 chilometri dei 115 totali, la prima tappa per riuscire a completare l’opera che permetterà di lanciare il Corridoio Mediterraneo”. www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI
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NEWS URBANIZZAZIONE SOSTENIBILE Copenaghen a impatto zero L’impegno di Copenhagen verso la sostenibilità è citato da molti come esempio, e a ragione. La capitale danese si è posta un obiettivo ben preciso, ovvero la neutralità climatica entro il 2025. E per centrarlo ha adottato una serie di iniziative che riguardano tutti gli aspetti della vita cittadina. Uno dei progetti più innovativi è il cosiddetto Copenhill, il termovalorizzatore di Amager (Amager Bakke, letteralmente “la collina di Amager”) che svolge una doppia funzione: fornisce l’energia necessaria per riscaldare decine di migliaia di abitazioni ed è un’area ricreativa in un contesto decisamente particolare.
SAF-HOLLAND Think Ahead L’iniziativa “Think Ahead” (“Pensa al futuro”), lanciata nel 2015, è ora parte integrante del concetto di sostenibilità del Gruppo SAF-HOLLAND, che comprende i tre pilastri: Persone, Energia e Ambiente. Un esempio di questa iniziativa è la cooperazione di SAF-HOLLAND con la nota organizzazione ambientalista “Plant for the Planet”, che organizza seminari per addestrare bambini e giovani a diventare ambasciatori del clima oltre alle campagne di piantagione di alberi. Grazie a questo fantastico progetto, SAF-HOLLAND ancora una volta nel 2018 ha formato i bambini come ambasciatori del clima. Hanno partecipato all’iniziativa quasi 70 studenti che hanno avuto l’occasione di imparare molto sul rispetto dell’ambiente ed hanno piantato 150 alberi. Siamo grati che il progetto “Plant for the Planet” incoraggi i bambini a promuovere attivamente la protezione ambientale. Questo rafforza il carattere ed arrivano a rendersi conto che ognuno può contribuire a migliorare il pianeta. I bambini hanno l’opportunità di apprendere un comportamento differente sin dall’inizio e trattare il rispetto dell’ambiente come
una questione fondamentale. Al fine di compensare l’emissione dei gas serra, SAF-HOLLAND ha inoltre implementato una campagna per piantare alberi in Messico nella penisola dello Yucatan. Altre misure “Think Ahead” sono incentrate sulla promozione della salute dei dipendenti e sul sostegno dei progetti sociali locali nei siti internazionali del Gruppo. L’idea di ‘Think Ahead’ è saldamente inserita nella filosofia aziendale di SAF-HOLLAND: “crediamo che sia importante non solo parlare di sostenibilità ma anche pensare al futuro e assicurare che questo concetto fondamentale sia ben ancorato all’azienda. Siamo tutti responsabili di dover utilizzare risorse in maniera parsimoniosa per dare un contributo concreto volto a migliorare l’equilibrio energetico mondiale. Anche piccolo azioni possono portare ad un impatto importante – tutto ciò che dobbiamo fare è cominciare: con prodotti sviluppati in maniera eco-sostenibile e provenienti da industrie moderne ed efficienti a livello energetico. Per questo, sviluppiamo prodotti eccezionalmente leggeri ed eco-sostenibili, packaging dei prodotti riciclabili e impattiamo con meno emissioni di CO2 sull’ambiente con trasporti ridotti”.
SCANIA Presentato il concept del veicolo a guida autonoma senza cabina Un gruppo di esperti Scania appartenenti a diversi settori ha collaborato e sviluppato un veicolo concept il quale, pur senza la cabina, ha il sistema modulare Scania nel cuore del proprio design. Viene posta così un’altra pietra miliare nello sviluppo di veicoli pesanti a guida autonoma. Mentre diverse realtà sono impegnate nell’ottimizzare le operazioni di trasporto per renderle maggiormente sostenibili, i veicoli a guida autonoma vengono presi sempre maggiormente in considerazione. Le miniere e i grandi cantieri chiusi, in particolare, sono ambienti favorevoli per la diffusione di questi veicoli, in quanto si tratta di luoghi che possono essere facilmente tenuti sotto controllo. “ConilnuovoveicoloconceptScania,stiamofacendounimportantepassoavantiversoilsistemaditrasporto intelligente del futuro, nel quale i veicoli a guida autonoma svolgeranno un ruolo chiave”, ha evidenziato Henrik Henriksson, CEO e Presidente di Scania. “Siamo costantemente impegnati nel creare e sperimentare nuovi concept per dimostrare ciò che possiamo fare con la tecnologia attualmente disponibile”.
MAN Il furgone eTGE per le strade di Parigi MAN eTGE rappresenta l’innovazione della mobilità a Parigi. Quest’anno è stato impiegato, per svolgere le quotidiane attività, da tre grandi aziende francesi, tutte operanti nel settore della logistica e dei trasporti. DHL Express France, impiega questi veicoli per trasportare e consegnare pacchi all’interno del 9° distretto della capitale francese. Il furgone elettrico è stato inserito nella flotta DistriGreen di DHL Express France che, nel 2018, ha aperto la sua struttura a Porte d’Aubervilliers. Nelle stazioni Gare de Lyon e Gare de l’Est, la società SNCF, gestore della rete ferroviaria francese, impiega il veicolo MAN eTGE per trasportare i propri tecnici e le attrezzature necessarie alla manutenzione dei binari tra l’officina e i vari cantieri. Il fornitore di servizi logistici GEODIS utilizza il furgone MAN da 3,5 tonnellate a zero emissioni per gestire le consegne nel centro di Parigi. Il MAN eTGE, silenzioso e alimentato a batteria, è ideale per muoversi nei centri urbani, dove riesce ad evidenziare tutti i suoi positivi vantaggi: zero emissioni, zero rumore e possibilità di gestire brevi consegne nelle ore diurne per poi essere ricaricato nelle ore notturne. Il carico utile è di ben 950 kg, con un volume di carico di 10,7 m3. Il motore sincrono a magneti permanenti eroga una potenza di 100 kW. In condizioni operative urbane, il MAN eTGE raggiunge una autonomia tra 120 e 140 km. Philippe Prétat, amministratore delegato di DHL Express France, spiega: “In DHL abbiamo cercato a lungo le migliori soluzioni per ridurre il nostro impatto ambientale. Ci siamo prefissati l’obiettivo di raddoppiare la nostra “flotta verde”, per arrivare ad avere, entro la fine del 2020, più di 100 veicoli elettrici in circolazione”.
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TRASPORTARE OGGI novembre 2019
Nuovo Vector 4Seasons Cargo
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