Logistica Oggi - Inserto del n.229

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ANNO 1- NUMERO 6 -

ottobre 2021

Brivio & Viganò: un esempio da seguire Il nuovo sito di Pozzuolo Martesana è employee-friendly

Il packaging per una economia circolare Sostenibilità significa anche gestire al meglio la reverse logistic

LA LOGISTICA DEL VINO In questo numero trattiamo un settore specifico del mondo food & beverage



L’editoriale di

GIORGIO COORDINATORE LOGISTICA OGGI

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razie alla campagna vaccinale e al rispetto, più o meno generalizzato, delle misure preventive, sembra che la morsa del virus si stia allentando e che in qualche modo l’economia ricominci a camminare. Speriamo bene! E poiché la logistica è coinvolta trasversalmente in tutti i settori della vita economica, anche questo comparto sta offrendo il proprio contributo alla ripresa e alla resilienza. Ma non sono tutte rose e fiori. Se la pandemia, infatti, ha avuto una funzione di acceleratore di processi già in embrione, in certi casi ha alterato le dinamiche di determinati comparti, ingenerando situazioni nuove, impreviste, oltre a problematiche di cui al momento non si vede la soluzione. Parliamo in particolare dell’aumento generalizzato dei prezzi in numerosi settori, dovuti al mutamento delle condizioni

VIZIOLI di mercato. Nel settore automotive, per esempio, le aziende produttrici stanno rallentando o fermando le linee a causa della carenza di componenti elettronici, i chip. E perché? Perché l’e-commerce e i vari lockdown, smartworking, dad e via dicendo hanno fatto impennare la richiesta di personal computer, inducendo i produttori (che per di più erano concentrati in pochi paesi del mondo) a modificare le proprie linee di produzione per produrre componenti per pc invece di chip per autoveicoli. Adesso che il mercato delle auto potrebbe riprendere respiro, le case automobilistiche non sono in grado di soddisfare la domanda. E questo porta a un rallentamento delle forniture e soprattutto a un aumento dei costi e conseguentemente dei prezzi. Questa dinamica non vale solo per l’auto naturalmente, ma per numerosissimi altri

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mercati, che hanno visto i prezzi impennarsi. C’è una soluzione? Le aziende la stanno cercando nella creazione di un mercato globale e territoriale al tempo stesso. Sembra un ossimoro ma non lo è: si tratta in altri termini di non evitare di concentrare singole produzioni in alcune aree del mondo, contando sulla possibilità di trasferire i prodotti in giro per il mondo con facilità. E quindi di avere impianti di produzione e magazzini diffusi nel mondo, e vicini alle aree di utilizzo, sia per il B2B sia per il B2C. Una scelta del genere avrà un forte impatto sul mondo della logistica, che sarà chiamato a sviluppare tecnologie e know-how in funzione della nuova situazione.

SOMMARIO 2

LA LOGISTICA DEL VINO G iorgio Vizioli Una filiera lunga e complessa che necessita una particolare attenzione allo stoccaggio, al trasporto e alla distribuzione del prodotto finale

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A VOLTE RITORNANO Paolo Volta Il packaging e la reverse logistic nella filiera enologica

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IL NUOVO POLO DEL FREDDO Luca Barassi

Brivio & Viganò si trasferisce nel nuovo polo logistico di Pozzuolo Martesana

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DIGITALIZZAZIONE

Rosella Trombetta Grazie ad uno studio di ToolsGroup parliamo di trasformazione digitale nel settore della logistica

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L’E-COMMERCE IN ITALIA G iorgio Vizioli Una ricerca di UPS e Nathan

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RETI GLOBALI

Francesco Galimberti Esistono ancora le reti logistiche globali? In quale misura la pandemia ha messo in discussione lo scenario logistico internazionale?

16 NEWS LOGISTICHE Pillole logistiche dall’Italia e dal mondo per non perdersi nulla di uno dei settori più strategici della nostra economia


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IN VINO VERITAS di GIORGIO VIZIOLI

UN PROCESSO LUNGO QUELLO DELLA FILIERA ENOLOGICA, CHE COINVOLGE DIVERSI OPERATORI, DALLA PRODUZIONE FINO ALLA COMMERCIALIZZAZIONE. VEDIAMO IL RUOLO DELLA LOGISTICA IN QUESTO SPECIFICO SETTORE

[FILIERA ENOLOGICA]

DEL BEVERAGE

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el mondo del vino, il processo produttivo non è particolarmente complesso ma è vario: troviamo infatti una parte prettamente agraria, che si sviluppa in vigna, ossia la coltivazione della vite; poi c’è la fase di vinificazione, in tutti i suoi passaggi, fino all’imbottigliamento e allo stoccaggio. E infine c’è la parte commerciale: distribuzione, gestione della forza vendita e dei clienti, sia business sia consumer. Inoltre, anche se non può essere considerato un prodotto fresco, soggetto a scadenza, il vino è molto delicato. Trasporto e stoccaggio richiedono una attenzione particolare: il vino, infatti, patisce considerevolmente sia le temperature molto basse sia quelle troppo elevate, ma soprattutto è vulnerabile agli sbalzi termici improvvisi. Per gestire il vino è necessario quindi disporre di attrezzature adeguate e occorre mettere a punto un processo distributivo che permetta al prodotto di essere trasportato con la massima tranquillità possibile.

I PRINCIPI BASE DELLA LOGISTICA DEL VINO Una tra le principali specificità del vino dal punto di vista logistico è il rapporto tra l’ingombro del prodotto (che è regolare

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e costante in quanto il vino viene spedito in casse rettangolari da sei o dodici bottiglie ciascuna, o cassette di dimensioni ridotte, da una, due o tre bottiglie) e il valore commerciale delle bottiglie stesse, che invece può variare da pochi euro fino a diverse centinaia. È quindi evidente che, a seconda del vino trasportato, le esigenze in termini di trasporto e di consegna variano in modo radicale. Quando il prodotto è di un certo pregio è indispensabile che anche la presentazione al destinatario sia debitamente valorizzata. Non è possibile pensare di scaricare in modo anonimo le cassette, lasciandole sulla soglia del locale o del punto vendita: il prodotto deve essere invece essere consegnato in modo adeguato al suo valore. Le consegne nel settore della ristorazione devono essere effettuate durante gli orari di apertura dei locali, ossia a mezzogiorno e di sera, ma - nella maggior parte dei casi - in quella frazione di tempo in cui non vi sono ancora i clienti: per questo rimangono disponibili solo piccolissime fasce orarie, nelle ore immediatamente successive all’apertura del locale; non di rado, inoltre, i locali si trovano nei centri storici delle città, ove vigono spesso restrizioni alla circolazione, quando non

la proibizione assoluta: di tutto questo è fondamentale tenere conto, per evitare di vedere tornare indietro la merce.

IL FATTORE STAGIONALE Per diverse tipologie di vino esiste poi un livello (variabile) di stagionalità della domanda: massima per le bollicine, il cui consumo e le cui vendite si polarizzano negli ultimi mesi dell’anno (la metà circa di questa categoria di vini è venduta tra novembre e dicembre), inferiore per i bianchi

(più venduti in estate) e per i rossi, che registrano una tendenza opposta, anche se meno marcata. Tuttavia, i produttori devono evadere gli ordini con tempestività costante in funzione delle esigenze del cliente, e la particolare cura da riservare ai momenti cruciali non si deve tradurre in una diminuzione del livello di servizio in altri periodi dell’anno. Per questo, alcuni fattori, quali la temperatura di trasporto e i tempi e le modalità di consegna, entrano a fare parte integrante del contratto con l’operatore logistico, previa l’adempimento di procedure di certificazione delle consegne stesse. Se gli standard promessi non sono rispettati, l’operatore è soggetto al pagamento di penali.

IL MERCATO Per quanto riguarda la produzione, il panorama italiano presenta caratteristiche ben definite. L’Italia è paese di realtà di dimensioni relativamente contenute (negli Stati Uniti, in Sudamerica e in Australia, invece, i marchi sono numericamente assai più limitati e vi sono grandi aziende che presentano sul mercato molti vini diversi). Da noi, l’80% del settore è costituito da aziende di dimensioni piccole e medio-piccole www.trasportale.it  TRASPORTARE OGGI

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[FILIERA ENOLOGICA]

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(orientativamente, fino a un milione di euro di fatturato annuo) i cui problemi sono diversi da caso a caso: la quasi totalità di questi produttori opera in modo adeguato al tipo di consegna: quelle a breve distanza dalla cantina sono gestite direttamente, mentre per le consegne a lungo raggio è indispensabile rivolgersi a un operatore esterno; le piccole

per questo, molti produttori si rivolgono a organizzazioni di grandi dimensioni, che non si occupano solo della logistica ma anche della commercializzazione: gruppi specializzati nel settore beverage e in particolare nel comparto vinicolo, in grado di creare la necessaria economia di scala e l’indispensabile razionalizzazione dei flussi e degli stock.

dei volumi e valutati i flussi per regione e canale distributivo. In funzione dei risultati di questi dati, le aziende identificano soluzioni che coniugano semplicità gestionale, contenimento delle scorte, possibilità di dedicare la massima quantità di risorse alle attività “core”, sollevandosi dalle incombenze della logistica.

dimensioni delle cantine, tra l’altro, conferiscono una scarsissima forza contrattuale ai produttori, che devono accettare tariffe a volte molto onerose. Spesso, queste piccole aziende non hanno la forza per attivare una vera e propria organizzazione logistica (né in outsourcing né interna) in grado di soddisfare esigenze molto specifiche e fondamentali;

Per questo sono nate piattaforme specializzate a disposizione dei produttori piccoli e medi: strutture pensate e realizzate espressamente per la logistica del vino, dal punto di vista tecnologico ma anche da quello degli addetti, che devono essere in grado di gestire adeguatamente un prodotto così particolare e delicato. La massa critica è fondamentale: per questo è preferibile, per le realtà di medie dimensioni centralizzare le operations in un unico polo, con vantaggio in termini di razionalizzazione, di accorpamento degli ordini e di risparmio sul costo del trasporto. Diverso il discorso per quanto riguarda i grandi gruppi, che devono prima di tutto passare attraverso uno studio del mercato e della clientela e individuare un assetto logistico che coniughi efficienza e contenimento dei costi. È quindi necessario uno stretto collegamento con l’azione della forza vendita, per raccogliere tutte le informazioni relative alle esigenze di servizio dei clienti; occorre inoltre sviluppare un’analisi approfondita dei volumi per categoria di cliente e della tipologia degli ordini; infine devono essere determinati i baricentri di assorbimento

DELIVERY DIFFERENTE A SECONDA DEL DESTINATARIO

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Venendo alla tipologia del destinatario, sono identificabili due macrocategorie: la GDO (Grande Distribuzione Organizzata), da un lato, e il comparto definito Ho.Re.Ca., ossia hotel, ristoranti, catering, dall’altro. Nel primo caso, i produttori devono essere in grado di operare con partner che spesso pongono condizioni non negoziabili, relative al numero di consegne da ricevere in un determinato periodo, numero che non è possibile superare. Si tratta di rigidità collegate a una gestione di merci e prodotti assai complessa e alla quale è indispensabile adeguarsi, se si vuole utilizzare questo canale di vendita. Nel caso dell’Ho.Re.Ca., la capillarità dei destinatari induce le grandi compagnie a subappaltare una parte delle consegne a piccoli trasportatori, anche se questo comporta rischi in relazione al trattamento del prodotto (soprattutto per quanto riguarda gli shock termici) e una frequente e costosa dilatazione dei tempi di giacenza in magazzino. Nella stragrande maggioranza dei casi, in conclusione, la realtà del settore vitivinicolo presenta notevoli margini di miglioramento


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l’intervista IL PARERE DI COLDIRETTI Ettore Prandini, presidente Coldiretti, ha sottolineato in diverse occasioni come la logistica sia un fattore decisivo per lo sviluppo del settore vitivinicolo italiano.

Logistica Oggi gli ha rivolto alcune domande, chiedendogli innanzitutto in quale misura egli attribuisca importanza a questo comparto: “Con un balzo record del 16% dell’export di vino italiano, ha risposto, nel 2021 sulla base dei dati Istat stimiamo un fatturato superiore a 11 miliardi per il vino, trainato anche dall’aumento dei consumi interni nel primo semestre 2021 dopo le riaperture del canale Ho.Re.Ca. La logistica diventa, quindi, un fattore strategico e centrale per lo sviluppo del settore. L’Italia soffre un ritardo infrastrutturale che negli anni ha generato un extra-costo nella cosiddetta bolletta logistica delle imprese italiane, pari – secondo il nostro Centro Studi Divulga – a circa 13 miliardi di euro l’anno, con un aggravio per i nostri operatori economici superiore dell’11% rispetto alla media europea. Inoltre – ha proseguito – considerando l’efficienza dei servizi logistici, il nostro Paese si colloca al ventesimo posto nella classifica europea dell’efficienza dei servizi ferroviari e del trasporto aereo, salendo di appena due posizioni nei servizi portuali. Sulle nostre imprese incidono negativamente anche i costi dei trasporti: in Italia il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante è pari a 1,12 €/km, più alto di nazioni come la Francia

(1,08 €/km) e la Germania (1,04 €/ km), ma addirittura doppio se si considerano le realtà dell’Europa dell’Est: in Lettonia il costo dell’autotrasporto è di 0,60 €/km, in Romania 0,64 €/km; in Lituania 0,65 €/km, in Polonia 0,70 €/km. Infine, dobbiamo lavorare anche sulle infrastrutture telematiche per favorire il commercio on-line e lo sviluppo del settore soprattutto nelle aree rurali, dove abbiamo quasi 1 famiglia su 3 (32%) che non dispone di una connessione a banda larga”. Pensa che esistano margini di miglioramento rispetto alla situazione attuale? E in quale modo si dovrebbe intervenire? “Nello scenario in cui ci troviamo, ha risposto Prandini, ossia ai margini di una crisi pandemica mondiale, dobbiamo utilizzare il Piano nazionale di ripresa e

e spesso la figura del logistico non esiste, in quanto le sue competenze sono ripartite tra l’enologo e il cantiniere/magazziniere. Un approccio più moderno e professionale alla logistica porterebbe rilevanti vantaggi alle aziende vitivinicole italiane che dovrebbero acquisire le tecnologie (soprattutto

resilienza (Pnrr) come una grande opportunità con il quale possiamo mettere in campo azioni determinanti per agire sui ritardi strutturali del nostro Paese e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, intervenendo con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo”. “Come settore – ha concluso – siamo chiamati a rispondere alle sfide della transizione ecologica con un ruolo da protagonisti, ma riteniamo che tutti debbano fare la propria parte. Sul tema della logistica, quindi, ci si dovrà muovere sempre di più verso soluzioni a basso impatto ambientale, anche con l’utilizzo del biometano per autotrazione innescando così meccanismi virtuosi di economia circolare”.

informatiche) e il know-how professionale per un importante salto di qualità. Un’esigenza, quella della diffusione di una cultura logistica più avanzata nel settore del vino, che è sentita anche nel mondo del supply chain management, che sta raccogliendo l’esigenza di un confronto

di esperienze tra le diverse componenti della filiera del vino e sta lavorando alla creazione di un appuntamento fisso per mettere i produttori italiani in grado di operare con successo sia in Italia che a livello internazionale. Per il mondo del vino, quella della logistica è una sfida complessa che però, al tempo stesso, costituisce una grande opportunità: un’organizzazione logistica efficiente e razionale può infatti fare acquisire un fondamentale vantaggio competitivo sulla concorrenza. Sotto questo profilo, è utile ampliare lo sguardo anche ad altri aspetti, con particolare riguardo alla tracciabilità e alla rintracciabilità del prodotto, di etichette intelligenti, del modo di gestire l’ingente mole di dati che si generano nelle diverse fasi della produzione vitivinicola: dalla vigna alla cantina, dallo stoccaggio alla distribuzione e alla commercializzazione. Progressivamente, infatti, il settore del vino si sta trasformando in un comparto moderno, confinando il valore della tradizione alla parte strettamente produttiva, ovvero al vino, per la quale costituisce un imprescindibile punto di forza. In molte cantine, l’informatizzazione è molto scarsa se non inesistente: gli ordini si trasmettono via fax, o addirittura si consegnano direttamente, e molte attività sono ancora manuali e non automatizzate. Nella maggior parte dei casi, le uniche modernizzazioni sono quelle imposte dalla legge per gestire gli obblighi dichiarativi e gli adempimenti fiscali. A volte ci troviamo di fronte ad aziende con piani di conti lunghissimi, quando lo stesso tipo di dati potrebbero essere organizzati su una struttura contabile imperniata su singole voci, con una informazione al tempo stesso più sintetica e dettagliata. Le (ancora poche) aziende vitivinicole che si sono affacciate a questo mondo e che, grazie a efficaci sistemi di controllo, hanno accesso a ogni tipo di dato, organizzati secondo la convenienza: essere a conoscenza sia dei numeri dei vari passaggi sia dei risultati finali è un grande passo in avanti, a cui possono accedere tutte le aziende del vino, piccole e grandi. Perché il tempo è importante ed è meglio utilizzarlo per analizzare i dati invece che perderlo per cercare i documenti. www.trasportale.it  TRASPORTARE OGGI

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A VOLTE... RITORNANO

IL PACKAGING NEL VINO ASSUME UN RUOLO FONDAMENTALE IN OTTICA DI RIUTILIZZO DEGLI SCARTI E QUINDI DI SOSTENIBILITÀ

SEZIONE [ECONOMIA CIRCOLARE]

di PAOLO VOLTA

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l mercato del vino ha conosciuto una continua evoluzione nello scenario competitivo internazionale, divenendo uno dei prodotti più globalizzati, nonostante per secoli sia stato un prodotto di esclusiva competenza del Vecchio Mondo. È tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta che si è assistito al fenomeno della globalizzazione con la crescita progressiva delle relazioni e degli scambi internazionali. La pandemia ha, poi, cambiato le abitudini di acquisto e consumo nel settore vitivinicolo, modificando le logiche di mercato e dando vita a nuovi assetti. La buona notizia è che gli italiani non hanno rinunciato a consumare vino, usufruendo dei canali ai quali potevano accedere nonostante le limitazioni, determinandone una crescita imprevista e significativa. Ad essere penalizzati sono stati soprattutto i produttori medio-piccoli, indirizzati principalmente nella ristorazione, che hanno visto in molti casi dimezzato il proprio fatturato. Sono invece cresciute imprese più strutturate, in particolare cooperative, che essendo

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focalizzate maggiormente nel canale GDO hanno cavalcato una domanda in forte espansione. L’importazione di vini italiani non ha subito un crollo grazie ad una “multicanalità” dei vini made in Italy che ha permesso una diversificazione del rischio e, di conseguenza, una minor riduzione nelle vendite. La differenza tra chi ha visto ridursi il fatturato e tra chi lo ha visto crescere, l’ha fatta sia in Italia che all’estero principalmente il canale di vendita – prima ancora del mercato di sbocco – premiando, quindi, sia chi era già focalizzato nell’offtrade, sia chi ha saputo gestire meglio lo switch tra un canale distributivo e l’altro. Le vendite di vino nel canale off-trade – quindi GDO e retail – sono cresciute del 7% a valori e del 5,7% a volumi rispetto al 2019, ma il vero protagonista del 2020 è stato l’e-commerce.

COME SI TRASPORTA IL VINO Il vino che si commercializza e si trasporta in contenitori di vetro o di cartone, come si pone nella prospettiva della reverse

logistics? La disciplina ha avuto una notevole evoluzione sia nella prospettiva aziendale, che in ambito terminologico. La letteratura in materia rimanda ad una definizione (1998) dal Reverse Logistics Executive Council “il processo che consiste nel pianificare, implementare e controllare l’efficiente ed efficace flusso di materie prime, semi-lavorati, prodotti finiti e le relative informazioni dal punto di consumo al punto di origine con l’obiettivo di recuperarne valore o procedere allo smaltimento”. Negli ultimi decenni la reverse logistics è divenuta parte del più ampio capitolo della Logistica sostenibile, le cui attività mirano a gestire oltre che i prodotti “a ritroso”, i rifiuti, gli imballi e le problematiche ambientali. Il cartone è un’alternativa pensata solo per i vini di consumo quotidiano, non sono note esperienze su cosa succederebbe a un vino di qualità conservato nel Bag in Box, o a del Barolo invecchiato in un brick e aperto dopo 10 anni. Negli anni Ottanta il vino si comprava sfuso nelle cantine, in damigiane che poi si imbottigliavano a casa, oppure nei piccoli supermercati


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e alimentari, dove veniva versato in bottiglioni da 1,5/2 litri chiusi con un tappo a corona. Il vetro era a rendere, si portava a casa la bottiglia lasciando una caparra al negozio. Molti italiani tornavano a casa per pranzo e anche in quel pasto, oltre che a cena, «un bicchiere di vino a tavola non mancava mai». Era un vino leggero ed economico, adatto al consumo quotidiano. In quegli anni l’azienda svedese Tetra Pak, (fondata nel 1951 da Ruben Rausing) stava esplorando nuovi mercati cercando nuovi prodotti da conservare nei suoi cartoni rivestiti di plastica che non facevano entrare l’aria. L’incontro con Caviro diede vita al primo brik di Tetra Pak a forma di mattonella, e nell’aprile del 1983 comparve sul mercato il nuovo marchio di vino in Tetra Pak “Tavernello”.

NOVITÀ NEL PACkAGING

Recentemente è comparsa sul mercato la Frugal prima bottiglia di carta realizzata in cartone riciclato al 94% con una fodera per alimenti per contenere il vino. Con un peso di soli 83 g, la bottiglia è cinque volte più leggera della media delle bottiglie classiche in vetro. Vanta un’impronta di carbonio sei volte inferiore alle bottiglie di vetro e più di un terzo in meno di una bottiglia di plastica riciclata. Per quanto concerne l’impronta idrica, la bottiglia Frugal è quattro volte più bassa del vetro. ACE, The Alliance for Beverage Cartons and the Environment, e i suoi membri SIG Combibloc, BillerudKorsnäs, Elopak, Stora Enso e Tetra Pak, hanno fissato la visione del settore per il futuro: fornire il packaging più sostenibile, rinnovabile, riciclabile e a minor impatto climatico per il sistema alimentare. Attraverso la sua solida e ambiziosa roadmap, il settore si impegna ad agire lungo tutta la catena del valore, dall’approvvigionamento sostenibile all’impatto climatico e al riciclo. Tra i 10 impegni contenuti nella roadmap è incluso l’obiettivo del 90% di raccolta differenziata dei cartoni per bevande con un

tasso di riciclo del 70% entro il 2030 e la decarbonizzazione della catena di produzione e distribuzione in linea con l’obiettivo di riduzione di 1,5 gradi/centigradi fissato dalla “Science Based Targets initiative”. In linea con la visione dei membri di ACE, entro il 2030 il cartone per bevande sarà realizzato solo con materiale rinnovabile e/o riciclato, completamente riciclabile e realizzato interamente con materie prime di provenienza sostenibile. Da una recente indagine del Censis è emerso che il 40% degli italiani, per quanto concerne le bottiglie di vino, ritiene che il vetro non possa mai essere sostituito con altri materiali.

ECONOMIA CIRCOLARE Il vetro incarna in modo paradigmatico il rifiuto come risorsa rinnovabile, amplificando il concetto di economia circolare:

dal vetro si ottengono efficacissimi prodotti usa e getta e riciclabili al 100%. Il vetro è un riconosciuto leader nella circolarità, infinitamente riciclabile, con un tasso di raccolta differenziata per il riciclo del 76% in Europa. In Italia, nel 2019, il tasso di riciclo è del 77,3%, equivalente ad un tasso di raccolta differenziata dell’87%. La produzione di imballaggi in vetro per alimenti, bevande, con un materiale riciclabile, riutilizzabile e permanente all’infinito si traduce in un minor consumo di risorse naturali, meno sprechi e un minor uso di energia. Attraverso la virtuosa pratica del riciclo del vetro, in UE ogni anno vengono risparmiate oltre 12 milioni di tonnellate di materie prime e si evitano oltre 7 milioni di tonnellate di CO2. Si risparmia inoltre il 2,5% di energia e il 5% di CO2 per ogni 10% di vetro riciclato nel forno. Cartone per liquidi e vetro sono riciclabili e al centro delle attenzioni dei produttori, l’Europa ha fissato impegni e scadenze. Fondamentale diviene quindi la raccolta differenziata dei rifiuti e l’educazione del cittadino ad incrementarne l’impiego, senza dimenticare che in alcune aree la strozzatura o il vero collo di bottiglia – per restare in tema- è rappresentato dalla mancanza di investimenti ed impianti (a causa dei tempi biblici per le autorizzazioni ministeriali). www.trasportale.it  TRASPORTARE OGGI

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POLO FREDDO, CUORE CALDO AZIENDE [BRIVIO & VIGANÒ]

di LUCA BARASSI

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rendere la decisione di staccarsi dalle proprie radici non è mai cosa facile. Soprattutto se quelle radici hanno segnato oltre 40 anni di crescita costante sana in un settore altamente competitivo, ma allo stesso tempo profittevole e stimolante. L’obiettivo e il sogno di una “casa” che fosse all’avanguardia dal punto di vista tecnologico e sostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico e che, allo stesso tempo, costituisse un ambiente di lavoro employee-friendly, hanno convinto Giovanni Viganò, Stefano e Mauro Brivio a traslocare dalla storica sede di Usmate Velate al nuovo centro di Pozzuolo Martesana, i cui lavori di realizzazione del magazzino sono stati avviati già un paio di anni fa, ma ora diventato centro nevralgico dell’operatore logistico leader nella temperatura controllata. “Gli spazi a disposizione a Usmate – ci spiega Mauro Brivio – non consentivano più una crescita strutturale in linea con la strategia del gruppo, ed erano

Mauro Brivio.

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BRIVIO & VIGANÒ SPOSTA IL PROPRIO QUARTIER GENERALE A POZZUOLO MARTESANA, IN UN POLO LOGISTICO ALL’AVANGUARDIA, SOSTENIBILE E CON UNA PARTICOLARE ATTENZIONE AL BENESSERE DEL PERSONALE

logisticamente meno efficienti. L’altra ragione fondamentale di questa scelta è che Brivio & Viganò ha sempre cercato di essere vicina al proprio business, pertanto questo sito di oltre 30 mila metri quadri di magazzino presente nella stessa area di Unes, Ferrero e tanti altri clienti storici, rappresenta una collocazione ideale e in linea con la strategia aziendale”. Senza considerare, aggiungiamo noi, la strategica posizione dal punto di vista infrastrutturale, al centro dello snodo TEEM e Brebemi e equidistante dagli aeroporti di Linate e Orio al Serio.

PROLOGIS: UNA SCELTA PRECISA Gli asset di Brivio & Viganò sono storicamente cospicui e la parte di proprietà rappresenta la maggior parte di immobili, strutture e parco veicolare. È una scelta strategica ben precisa che ha permesso all’operatore logistico di crescere nel tempo in modo strutturale e solido. “La necessità di ampliare i nostri spazi – spiega Mauro Brivio – è arrivata in un momento del mercato immobiliare particolarmente instabile che, insieme all’analisi delle immobilizzazioni facenti a noi capo, ci hanno spinto ad affidare il progetto ad una azienda leader nel settore, come di nostra abitudine, ovvero ProLogis con la quale abbiamo avviato una partnership di lungo periodo. Infatti, terreno e capannone sono di loro proprietà, mentre tutte gli impianti, le celle e naturalmente gli arredi sono nostri, così come è nostro il progetto del polo logistico. 18 anni è il periodo di affitto del contratto, ovviamente rinnovabile… a vita!”. Nel 2018, dunque, viene avviata a Pozzuolo l’attività del magazzino per poi, finalmente spostare a metà di quest’anno l’headquarter con un’area di circa

2.000 metri quadrati divisa su due piani: al primo le funzioni più operative, al secondo quelle di staff, con spazi e soluzioni smart per agevolare le attività quotidiane e rendere l’esperienza lavorativa wealthy. Per gli incontri sono messe a disposizione sette sale riunioni completamente digitalizzate, con sistemi di prenotazione collegati alla posta aziendale, e interfacciate con display tablet esterni che ne identificano lo stato (libere/occupate). Altri spazi di condivisione più informali sono resi disponibili all’interno degli uffici con tavoli e divanetti pensati anche per essere usati come aree per brevi pause di relax. La sicurezza è stato un altro tema di importanza fondamentale. L’accesso agli uffici è consentito unicamente tramite badge aziendale in grado di sbloccare l’apertura delle porte. Ovviamente il tutto nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia Covid, pur tenendo fede alla regola comune per i due piani che è quella di spazi open space, che permettono una comunicazione migliorata tra tutte le funzioni aziendali e una socializzazione aumentata. Ad ogni modo come ha affermato Giovanni Viganò “Pozzuolo Martesana non è un punto d’arrivo, ma solo l’inizio di un percorso ricco di sfide da vincere”. Dunque, un percorso costante di crescita che “passa” dal nuovo Polo Logistico di Pozzuolo per proiettarsi oltre. “Una crescita – precisa Brivio – che però non è dettata da voler aumentare in dimensioni o in numero di mezzi o di persone, ma è la conseguenza di un sempre miglior servizio che, a sua volta, porta ad avere sempre più richieste e poi di migliorare ancora. Questo è il drive che dal 1980 ha guidato Brivio & Viganò”.


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IL FUTURO DEL GRUPPO “La strategia di Brivio & Viganò – esordisce Mauro sull’argomento – è quella di rafforzare prima di tutto i business attuali, sia quelli storici e solidi, sia quelli meno storici come e-commerce e l’immobiliare. Contestualmente per noi è fondamentale la strategia di sviluppo internazionale e nazionale (dato che nel nord Italia siamo presenti in maniera più capillare). E questo è in linea con quanto detto prima, ovvero il voler essere vicini al business del cliente. Oltre a questo, siamo interessati a rafforzare anche altri tipi di clientela, al di là della GDO dove ovviamente siamo particolarmente forti, ovvero il mondo dell’industria e dell’horeca”. Lo sviluppo dei prossimi decenni, comunque, parte senza dubbio dal quartier generale di Pozzuolo che, prima ancora di ospitare lo staff, è soprattutto un magazzino del freddo all’avanguardia, sotto tutti i punti di vista. La tecnologia selezionata per la progettazione dei 23.000 mq di celle refrigerate permette di scegliere la temperatura più indicata per le diverse tipologie di prodotto a stock, in un range che varia da -25°C a temperatura positiva. Inoltre, il layout interno del magazzino è personalizzabile in base alle esigenze specifiche della clientela, con aree, spazi e ribalte di carico e scarico dedicate. Il deposito è attrezzato con scaffalature a cinque livelli di stoccaggio per unità di carico

Alcuni degli spazi di lavoro dei nuovi uffici. La progettazione e realizzazione degli arredi è stata affidata alla IVM Office.

standard, ed è possibile inserire livelli aggiuntivi per prodotti basso-rotanti o ad alta densità, sfruttando appieno i 12 metri di altezza del magazzino, e le celle gelo e fresco possono essere attrezzate con i sistemi di stoccaggio automatizzati più idonei ai prodotti. Ma il vero cuore del centro logistico è la stazione di comando della temperatura. L’impianto è gestito tramite un dispositivo di autodiagnosi che permette il monitoraggio degli stati di funzionamento e segnala tempestivamente eventuali anomalie per provvedere a un rapido intervento. Inoltre, è controllato tramite un sistema di supervisione in grado di monitorare tutte le segnalazioni di allarme provenienti dai diversi impianti presenti

(refrigerazione, cogenerazione, sorveglianza, anti-intrusione), con possibilità di intervento immediato anche in remoto da parte dell’azienda manutentrice.

SOSTENIBILITÀ FIRST Per far fronte all’imponente consumo energetico del polo è stato previsto un impianto di cogenerazione in grado di produrre circa 7,5 MW annui di energia elettrica e circa 2,3 MW annui di energia frigorifera, grazie al recupero dei cascami termici. Tale soluzione consente di coprire la maggior parte dei fabbisogni con elevata efficienza e costi più contenuti. Il progetto prevede un impianto frigorifero www.trasportale.it  TRASPORTARE OGGI

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AZIENDE [BRIVIO & VIGANÒ]

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di nuova generazione il cui cuore è una potabile a uso gratuito e la vendor ma(e non solo) di soddisfare un eventuale centrale costituita da una serie di commassiccio fabbisogno di energia. Quechine con i gelati; la sala ristoro offre un servizio di ristorazione 4.0 con prenotaziopressori funzionanti ad ammoniaca e sto non vuol dire che non investiamo in CO2: combinando il funzionamento tra tal senso. Così come abbiamo esplorane pasti via app e distributori con sportelquesti due refrigeranti naturali è possili dedicati a persona. I dipendenti hanno to il mondo dell’LNG, ora andremo a anche ricevuto un welcome gift all’arricompletare la nostra flotta anche con bile ottenere un Coefficiente di Prestaalcuni mezzi elettrici, ma il focus resta vo nei nuovi uffici: uno smart notebook zione medio complessivo molto elevasulla propulsione termica di massima riu­tilizzabile grazie alla riutilizzabilità delto, in virtù del tipo di condensazione che efficienza, aggiornando il parco frequenconsente di lavorare con un delta di temla carta e la cancellazione degli appunperatura particolarmente vantaggioso. ti tramite apposita penna in dotazione. temente e contando sui nuovi sistemi L’ammoniaca è infatti un fluidi ottimizzazione dei consumi”. Oggi la flotta di Brivio & Viganò do refrigerante ad alta efficienla struttura in numeri è costituita da circa 900 veicoza, con un impatto ambientale Area totale 65.000 mq GELO nullo in termini di effetto serli divisi in 150 trattori, 150 motrimq Superficie coperta 29.000 10.900 mq Celle ra e impoverimento dello straci, 270 semirimorchi refrigerati, 23.150 mq Superficie totale celle 1.800 mq Anticelle 250 furgoni destinati soprattutto to di ozono, che garantisce le 55% Gelo -25° Temperatura garantita all’e-commerce. L’80 per cento è migliori performance, rispet 5 Livelli di stoccaggio 45% Fresco Euro 6, mentre la parte restante tando pienamente l’ambiente. 12 m Altezza FRESCO è in parte Euro 5 e in parte LNG, 31.000 Posti pallet standard 8.700 mq Celle oltre tre motrici ibride. TECNOLOGIA E FATTORE UMANO 50 Ribalte 1.750 mq Anticelle Si tratta prevalentemente di mezzi Da quanto detto fino ad ora si 0/+4° Temperatura garantita 36.000 mq Piazzali di proprietà (85 per cento) e solo evince che l’innovazione e l’at 5 livelli di stoccaggio 3.550 mq Aree servizi una parte minore è a noleggio. tenzione verso il cliente sono le 2.100 mq Uffici amministrativi “Il marchio prevalente – conticaratteristiche che hanno segna200 mq Uffici operativi di magazzino to e segneranno anche in futunua Alessandro – è Mercedes, sia per i pesanti che per i legro il percorso di Brivio & Viganò. C’è, però, un altro elemento che contradNON C’È LOGISTICA SENZA TRASPORTO geri e, sempre per essere in linea con l’innovazione tecnologica, siamo attenti distingue inequivocabilmente questa Alessandro Viganò rappresenta la nuova ad acquistare gli ultimi sistemi a dispolungimirante azienda: le persone che ne generazione della proprietà del gruppo e fanno parte. a lui è affidata la gestione di un asset imsizione, come le mirror cam, che, oltre a L’attenzione alle persone è stato il driver migliorare l’aerodinamica danno anche portantissimo per una azienda che fa loprincipale nella progettazione del nuoun grande contributo alla sicurezza”. gistica: la flotta. Una impronta, quella del gruppo brian“Il parco mezzi – ci spiega Alessandro – vo sito. A partire dal parcheggio, dove deve essere per noi sempre molto atsono state identificate aree riservate alzolo, che ruota fortemente intorno all’elela clientela, al personale d’ufficio e posti tuale e all’avanguardia, ma soprattutmento sostenibilità, in termini di emissioauto preferenziali dedicati alle quote roto deve essere efficiente e sostenibile, ni complessive, di rispetto dell’ambiente, non solo da un punto di vista ambiendi qualità del lavoro e di sicurezza attiva sa. All’interno della struttura invece sono e passiva in generale. stati progettati molteplici spazi employeetale ma anche economico. L’industria Da qui ai prossimi 30 anni la strada di friendly: le aree break sono ampie e acautomotive sta andando a grandi passi Brivio & Viganò è segnata poi, come dice verso la propulsione elettrica ma io crecoglienti, oltre che fornite di alcune coMauro Brivio “sarà compito delle nuove modità, tra cui il distributore di acqua do che per il nostro settore sia ancora generazioni dare nuovo impulso a quanun po’ presto, sia per i costi dei veicoTRASPORTARE OGGI  ottobre 2021 li che per la capacità del nostro Paese to costruito fino a quel momento”.


11 IN ITALIA, LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE (PMI) GENERANO QUASI IL 70% DEL VALORE AGGIUNTO DELL’ECONOMIA (15% IN PIÙ RISPETTO ALLA MEDIA DELL’UE) E OLTRE LA METÀ DI ESSE (59%) GUARDA AL COMMERCIO ELETTRONICO COME ELEMENTO TRAINANTE DELLO SCENARIO COMMERCIALE POST-COVID.

UPS e NATHAN su PMI ed e-COMMERCE di GIORGIO VIZIOLI

È QUESTO UNO DEI DATI CHE CONDOTTA DA UPS E NATHAN, PER METTERE A FUOCO OPPORTUNITÀ E SFIDE DELL’E-COMMERCE NEL PROSSIMO FUTURO

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a rilevazione è stata condotta in nove paesi, tra cui l’Italia, dove è stato intervistato un campione di 69 imprese di diversi settori. Tra quelle coinvolte, poco meno della metà utilizza il commercio elettronico e, di queste, due terzi esporta: per chi vende online, l’export conta in media solo per il 20% delle vendite, il che indica che c’è un’opportunità per aumentare l’e-commerce e le esportazioni. La quasi totalità delle PMI italiane intervistate (90%) si occupa di vendite B2C, mentre solo il 10% di B2B. Quindici i settori rappresentati fra beni e servizi, con prevalenza di aziende dei settori Food & Drink, Manufatturiero e Fashion; il 77% delle imprese è nel business da oltre dieci anni e il 64% dei titolari ha un’età compresa tra i 45 e i 64 anni. Del 46% delle aziende che effettua vendite online di beni o servizi, iI 58% si occupa di vendite dirette ai clienti e il 19% unisce alle vendite dirette quelle in dropshipping (ossia di prodotti che non sono materialmente in loro possesso). Nella

vendita online le aziende si rivolgono per il 66% sia a clienti italiani sia a internazionali, di contro il 34% si occupa solo di vendite online all’interno del paese. Il 55% usa una piattaforma e il 13% il proprio negozio web per le vendite online. Se la pandemia ha cambiato le abitudini d’acquisto dei consumatori, più inclini all’online, come si comportano le PMI? Oggi le aziende sono consapevoli dell’importanza del canale online. Per l’84% delle PMI che hanno partecipato alla ricerca, iniziare a vendere online aumenterebbe il volume d’affari, il 59% sarebbe motivato per attrare nuovi clienti e per il 47% l’e-commerce agevola l’espansione in nuovi mercati. Per aprire il proprio e-commerce, le PMI devono affrontare diverse barriere per esportare i propri prodotti: pratiche doganali e fiscali, accesso affidabile alla rete, impostazione dei pagamenti elettronici, logistica (imballaggio, stoccaggio dell’inventario e spedizioni), gestione delle vendite online, accesso ai finanziamenti.

Dall’indagine si evidenzia anche che le PMI richiedono un più convinto supporto del governo per quanto riguarda l’accesso a informazioni più chiare sui requisiti del commercio elettronico, oltre che all’attuazione di politiche incentivanti per andare online. In evidenza dalla survey alcuni suggerimenti sulla policy a sostegno delle PMI: migliorare le condizioni di accesso a connessioni internet stabili attraverso l’attuazione della strategia nazionale per la banda larga; sostenere l’e-commerce promuovendo la formazione on e offline su come accedere alle informazioni di mercato, sviluppando una rete di centri locali per il loro sviluppo in collaborazione con

[STUDI&RICERCHE]

EMERGONO DA UN’INDAGINE

le organizzazioni di imprese e le autorità locali; continuare a sostenere le capacità finanziarie delle PMI, facilitando l’accesso al credito; aumentare la capacità delle PMI nell’export attraverso l’e-commerce e programmi di formazione, ampliando la conoscenza sui programmi di promozione dell’export di e-commerce, cosi come i roadshow regionali virtuali o di persona, in particolare quelli coordinati dall’Istituto del Commercio Estero e dalle agenzie di promozione nazionali.

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12 ESISTONO ANCORA LE RETI LOGISTICHE GLOBALI? IN

ED È SEMPRE GLOBALIZZAZIONE

QUALE MISURA LA PANDEMIA HA MESSO IN DISCUSSIONE LO SCENARIO LOGISTICO INTERNAZIONALE? A QUESTE DOMANDE HANNO RISPOSTO ALCUNI AUTOREVOLI PROFESSIONISTI DEL SUPPLY CHAIN MANAGEMENT NEL CORSO DI UN INCONTRO ORGANIZZATO DA CONFASSOCIAZIONI INTERNATIONALE E ADRIAFER, CON IL PATROCINIO DI CSCMP

[SUPPLY CHAIN]

di FRANCESCO GALIMBERTI

IGINO COLELLA presidente della Italy Roundtable CSCMP Il tema della Supply Chain globale nasce da un’esigenza di contenimento dei costi, in primo luogo quello del lavoro, e da opportunità commerciali, soprattutto con l’apertura dei grandi mercati asiatici anche per le aziende europee che vendono prodotti al dettaglio. Le reti logistiche internazionali sono state messe alla prova, prima ancora che dal Covid, dalla politica protezionistica degli Stati Uniti, avviata da Trump e proseguita sostanzialmente da Biden. Anche le sanzioni contro i cosiddetti Stati canaglia rendono più complessi i traffici, soprattutto quando si tratta di tecnologie e prodotti che possono avere anche applicazioni militari. Un altro problema aperto è costituito dagli stock: oggi, infatti, le aziende hanno la necessità di ridurre al massimo il time to market dei loro prodotti e, da questo punto di vista, le supply chain troppo lunghe si dimostrano alquanto inaffidabili, soprattutto in termini di tempi; la tendenza

più o meno generalizzata è quindi quella di avvicinare il più possibile la produzione al mercato, attraverso operazioni di reshoring o nearshoring. Certo, non è possibile trasferire velocemente gli impianti di produzione da un posto a un altro, ma si può iniziare a razionalizzare progressivamente questo processo. Sempre in un’ottica di riduzione della complessità della supply chain si sta diffondendo la tendenza al make or buy, in base alla quale le aziende internalizzano la produzione di componenti strategici per non dover dipendere da fornitori esterni. Infine, un altro elemento che lavora contro le supply chain globali è la sostenibilità. Se in passato era sufficiente il cosiddetto greenwashing, ora invece le iniziative devono essere concrete - e quindi più impegnative - per quanto riguarda molteplici ambiti: dai trasporti ai magazzini, fino al packaging.

ANTONELLA TEODORO Senior Transport Consultant MDS Transmodal Agli occhi di un osservatore esterno la situazione non è affatto rosea da molti punti di vista. Partiamo dai trasporti navali, il cui costo è aumentato di cinque volte: un incremento assolutamente sproporzionato, soprattutto in considerazione dell’affidabilità, della puntualità e in generale della qualità dei servizi offerti. Inoltre, i porti devono fronteggiare un forte disallineamento tra la domanda e l’offerta: le navi arrivano spesso in tempi troppo ravvicinati tra loro e questo crea problemi di congestione e difficoltà agli operatori sul lato terra, che si ingigantiscono progressivamente, con un effetto domino. Certo, la pandemia ha avuto un ruolo importante nel determinare questa situazione, ma non è l’unica causa delle difficoltà che incontrano i sistemi logistici globali. Tra le varie altre cause troviamo le chiusure del Canale di Suez, gli eventi climatici, la vulnerabilità

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dei sistemi informatici agli attacchi: tutti elementi di disturbo che possono essere affrontati e combattuti ma non eliminati. Occorre cercare di capire le caratteristiche del mercato e come si può intervenire per cambiarlo. Passare senza indugio dal just-in-time (produrre e stoccare solo a fronte di un ordine acquisito) al just-in-case (creare e disporre di un inventario sufficiente per coprire tutte le eventualità) non sembra essere una soluzione esaustiva del problema. Occorre fare un’ulteriore osservazione, relativa alla concentrazione degli operatori: se l’offerta fosse stata più frammentata probabilmente i problemi sarebbe stati minori. Invece, il consolidamento delle società navigazione in pochi player operanti sul mercato e l’utilizzo di navi sempre più grandi, un vero e proprio gigantismo navale, ha portato a una maggiore vulnerabilità dell’intero sistema.


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MAURIZIO COCIANCICH amministratore delegato Adriafer Le reti globali non cesseranno dall’oggi al domani. Ma stanno cambiando. E questo a causa di driver di carattere geopolitico e geoeconomico che si erano manifestati prima del fenomeno pandemico. Proviamo a passarli in rassegna: prima di tutto la Brexit, il rapporto concorrenziale USA-Cina, la (in)stabilità politica del Nordafrica. Poi, elementi economici: aumento dei costi del trasporto via mare, prezzo del petrolio. Adesso, è facile prevedere che - in considerazione del modo in cui i diversi paesi, e anche i diversi cluster di paesi - hanno reagito al virus, ci sarà un effetto di rimescolamento delle carte. Altro fattore di cambiamento sarà la capacità infrastrutturale, perché la connettività è importante per il collocamento delle aziende vicino ai mercati di consumo. Infine, la tutela dell’ambiente, per perseguire la quale le aziende stanno cambiando, diventando più concrete rispetto al passato. Tutti questi elementi, ha proseguito Cociancich, hanno modificato e stanno modificando il modo di muovere le merci nel mondo. Il fenomeno è consistente: il trasporto marittimo sta subendo una concorrenza sempre maggiore da parte delle ferrovie, soprattutto nei traffici tra Cina e paesi europei. Nel 2020, i treni che hanno collegato l’Asia all’Europa sono stati 12.400, trasportando 1,14 milioni di container. Questo traffico, peraltro, è pari a quello di un porto di dimensioni medie: quindi, anche se la crescita è sostenuta, i volumi sono ancora poco rilevanti. Altro elemento da considerare è che la Cina ha cambiato la localizzazione dei siti produttivi, ora concentrati nelle aree occidentali del paese, più vicine e più connesse all’Europa. E i nodi di passaggio hanno visto un incremento incredibile di traffico: +50% da un anno all’altro. Dove vanno i treni? Principalmente in Europa Centrale. Il terminale di accoglienza è Duisburg, in Germania, che raccoglie e redistribuisce in un’area cha sta diventando sempre più vasta: 73 rotte, che raggiungono 160 città europee. Sono sempre di più le aziende che chiedono di trasportare per via ferroviaria, perché c’è incentivazione sia economica (sconti di varia natura) sia come gestione del servizio.

VALENTINO SOLDAN Responsabile Logistico Benetton Group Nei tempi passati, per lunghi anni, Benetton ha strutturato la propria attività anche grazie a una rete che garantiva certezze, sulle quali si è basata la scelta di spostare i processi produttivi in paesi lontani. Era una sicurezza, sia come costi sia come organizzazione. Poi, più o meno all’improvviso, è successo qualcosa di inaspettato. Non credo, ha detto, che la situazione attuale, così profondamente incerta, sia dovuta solo alla pandemia, bensì a una operazione di tipo commerciale che ha fatto cadere i presupposti. Noi abbiamo dovuto reagire. Le due opzioni sono: a) riportare la produzione almeno nel bacino del Mediterraneo e b) creare una connessione più agile, certa e reattiva. Anche la domanda oggi è mutata ed è diventata a sua volta difficilmente prevedibile. Anche Benetton punta molto sul trasporto ferroviario: è stata tra i primi a utilizzarlo per prodotti finiti e lo ha trovato di grande efficacia. Da 40 treni a settimana siamo arrivati a 200/300! Anche se il costo è leggermente superiore a quello del trasporto via nave, la ferrovia ha dalla sua il vantaggio di maggiore rapidità e maggiore affidabilità: per il collegamento con l’Estremo Oriente impiega metà del tempo (poco più di due settimane). GIORGIO PRODI docente di Economia Applicata all’Università di Ferrara È vero che le reti globali si stanno accorciando ed è vero che questa dinamica è partita da prima della pandemia: il calo dei commerci sulla lunga distanza si può fissare nel 2009. L’accelerazione degli ultimi mesi è dovuta primariamente alla regionalizzazione dell’economia mondiale e alla competizione commerciale tra USA e Cina, che costringe il mondo a prendere posizione, in favore dell’una o dell’altra potenza e la separazione delle rispettive Supply Chain hanno una ricaduta sui paesi europei. Inoltre, mentre le imprese cinesi anche se a capitale privato, sono sostenute e appoggiate dallo Stato, le nostre imprese operano in un regime di concorrenza, che le rende più fragili nella competizione. Come reagire? Senz’altro con la creazione di barriere, che non vuol dire protezioni. È quello che ha fatto l’Amministrazione Trump e che sta facendo anche l’attuale presidente americano. A tirare le conclusioni è stato Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni International: “Quando si parla di geoeconomia, ha detto, si sta facendo geostrategia: siamo di fronte a tre grandi aree, diverse tra loro per capacità di consumo, organizzazione economica, diffusione della ricchezza, costo del lavoro, rispetto dell’ambiente e soprattutto per popolazione. E, nel contesto che si sta creando, la demografia è un dato di fondamentale importanza”.

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LA TRASFORMAZIONE DIGITALE NELLA PIANIFICAZIONE DELLA SUPPLY CHAIN

GRAZIE A UNO STUDIO DI TOOLSGROUP PARLIAMO DI DIGITALIZZAZIONE NEL SETTORE DELLA LOGISTICA

[STUDI E RICERCHE]

di ROSELLA TROMBETTA

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a trasformazione digitale è un fenomeno che, a vari livelli, interessa tutto il mondo che ci circonda. Basti pensare che in alcuni paesi lungimiranti, come il Giappone, si parla già di “Società 5.0”, un progetto nazionale per realizzare un futuro in cui la vita e la convivenza sociale delle persone siano ottimizzate facendo pieno uso di tecnologie innovative come Internet of Things, Intelligenza Artificiale, Robot e Big Data. In ambito aziendale, la digital transformation consiste nell’integrazione della tecnologia e dei modelli provenienti dalla digitalizzazione in tutte le aree di business e questo comporta naturalmente cambiamenti nel modo di operare delle aziende stesse e della forza lavoro. Nel settore logistico, la crescente complessità che caratterizza la supply chain ha indotto una accelerazione di questa transizione convertendo al digitale

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processi e tecnologie: le aziende, infatti, sfidate da scenari sempre più incerti, cercano con urgenza modi per pianificare al meglio la volatilità della domanda e migliorare resilienza e agilità. È quanto è emerso da uno studio condotto a livello mondiale dal Council of Supply Chain Management Professionals (CSCMP) in collaborazione con ToolsGroup, su un campione di oltre 200 professionisti della supply chain in rappresentanza di aziende di produzione, vendita al dettaglio, beni di consumo,

aftermarket, distribuzione all’ingrosso, operatori logistici e società di consulenza.

I RISULTATI DELLA RICERCA Il report esamina la trasformazione digitale nell’economia post-Covid, per valutare come la pandemia ha colpito le organizzazioni e come la nuova realtà economica sta influenzando le strategie e le scelte aziendali. I risultati dell’indagine mostrano che il 42% delle organizzazioni ha accelerato i piani di digitalizzazione in conseguenza


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della pandemia, mentre solo il 3% delle aziende non ha avuto alcun impatto correlato a COVID. Inoltre, la maggior parte (90%) ha intrapreso il percorso digitale, ma la carenza di risorse minaccia di rallentare i processi, con il 42% degli intervistati che afferma di gestire male o molto male la carenza di digitalizzazione del settore. I tre principali driver per la digitalizzazione della pianificazione

risultano essere la capacità di stare al passo con l’evoluzione dei comportamenti e delle aspettative dei clienti (44%), la necessità di potenziare l’automazione per concentrare il team su attività a maggiore valore aggiunto (43%) e un desiderio generale di migliorare le prestazioni aziendali (42%). Altri fattori importanti sono l’aumento del livello di servizio al cliente (39%), il miglioramento della capacità di reazione alle perturbazioni inattese (35%) e l’aumento della resilienza della supply chain (34%). Il maggiore ostacolo alla trasformazione, secondo gli intervistati, è la carenza di competenze (41%). Il business digitale richiede specifiche capacità sulla gestione del cambiamento e sul processo decisionale, oltre a quelle tecniche, necessarie per la pianificazione. Sono ostacoli anche la scarsa qualità e/o mancanza di dati (34%), l’incertezza dovuta a COVID (28%), la limitata flessibilità della tecnologia esistente (28%) e la paura del cambiamento (28%). Scendendo nel dettaglio, le organizzazioni affrontano sfide diverse a seconda della fase in cui si trovano all’interno del percorso di trasformazione digitale. Le aziende che non si sono ancora avviate su questa strada citano come ostacoli soprattutto la paura del cambiamento, la carenza di dati e la mancanza di investimenti; quelle in fase di valutazione elencano tre sfide chiave: l’avversione al rischio, la mancanza di dati e la carenza di risorse; quelle in fase di esecuzione, infine, vedono ancora una volta la mancanza di dati come un ostacolo principale, probabilmente

perché in questa fase i problemi relativi ai dati diventano più evidenti. Analizzando i progetti tecnologici nei quali le aziende stanno attualmente investendo per migliorare il processo di pianificazione della supply chain, troviamo ai primi posti la previsione della domanda/ planning (35%) e l’ottimizzazione dell’inventario (35%), seguiti da sales & operation planning (33%), pianificazione degli ordini e rifornimenti (32%) e pianificazione della capacità produttiva (32%). Tra le tecnologie che ritardano a decollare ci sono quelle relative al Machine Learning e all’Intelligenza Artificiale (il 14% in corso) e quelle che includono i digital twins e la simulazione avanzata (10% in corso).

LA PAROLA AI PROTAGONISTI “Nel nostro sondaggio del 2019 – spiega Caroline Proctor, chief marketing officer di ToolsGroup – il principale ostacolo per la trasformazione digitale era la paura del cambiamento. Oggi invece rileviamo che l’incertezza della domanda, determinata dalla pandemia COVID, ha accelerato la digitalizzazione per consentire la resilienza futura; tecnologie come la previsione della domanda e l’ottimizzazione delle scorte, che automatizzano il processo decisionale e liberano risorse finanziarie garantendo la disponibilità del prodotto, sono le massime priorità per gli investimenti”.

Mark Baxa. Caroline Proctor.

I risultati suggeriscono che guidare la digitalizzazione dall’alto porta a risultati migliori. “Metà delle aziende che raccolgono i vantaggi della digitalizzazione del processo di pianificazione – osserva Mark Baxa, presidente e CEO ad interim di CSCMP – afferma che la trasformazione è stata guidata dal CEO, mentre quelli che non stanno attuando una strategia dichiarano che i processi di digitalizzazione sono guidati da responsabili di unità. Crediamo che le aziende di maggior successo stiano attivamente perseguendo il cambiamento per una maggiore resilienza futura; l’alternativa è essere vittima delle prossime interruzioni impreviste”. In conclusione, l’accelerazione delle attività di e-commerce, le sfide del mondo del lavoro e la necessità di multicanalità nel business stanno guidando le aziende di ogni dimensione e tipo ad adottare strategie digitali. Per il raggiungimento di questi obiettivi sarà di vitale importanza Investire nelle nuove tecnologie e nello sviluppo delle competenze, espandendo in contemporanea le reti digitali. www.trasportale.it  TRASPORTARE OGGI

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BENESSERE IN LOGISTICA: RILEVAZIONE DELL’AFFATICAMENTO Guidare un carrello elevatore è un lavoro impegnativo che può facilmente portare all’affaticamento e alla distrazione dell’operatore per via della natura ripetitiva del lavoro e della pressione incessante per rispettare scadenze di adempimento sempre più strette. Ma una perdita di concentrazione, anche momentanea, può portare a conseguenze gravi, come la collisione con operatori di magazzino che, a piedi, si avvicinino troppo al veicolo. VIA Mobile360 Forklift Safety System combina il rilevamento di persone poste anteriormente o posteriormente al muletto con il monitoraggio del conducente, per prevenire incidenti tra pedoni e carrelli elevatori e migliorare in generale la sicurezza nei magazzini e negli ambienti industriali più trafficati. Per aiutare gli operatori a mantenere alta l’attenzione mentre sono al volante, VIA Mobile360 Forklift Safety System emette un avviso vocale quando rileva segni di affaticamento attraverso la telecamera del conducente. Gli avvisi visivi giungono utilizzando il display CVBS da 7” opzionale, che fornisce al manovratore del carrello anche avvisi di rilevamento persone e la visuale dalle telecamere anteriore e posteriore. Gli avvisi si attivano quando l’operatore sbadiglia, chiude gli occhi oppure guarda in basso per più di tre secondi. Il sistema riduce quindi la probabilità che si verifichino incidenti a causa di reazioni lente a pericoli potenziali. Inoltre, aiuta le persone a sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio benessere fisico e mentale e a identificare eventuali problemi di salute.

IL PACKAGING SOSTENIBILE Si chiama Eviosys, e non è un caso. In greco, infatti, questo termine vuol dire “sostenibile”. Ed è per questo che il nuovo player internazionale di packaging ha assunto questo nome, iscrivendosi all’anagrafe con un vero e proprio statement, una dichiarazione d’intenti. Nata dall’acquisizione da parte di KPS Capital Partner (una delle principali società di private equity a livello mondiale) della divisione packaging per alimenti e beni di consumo di Crown Holdings Inc., Eviosys intende fare tesoro di duecento anni di esperienza nel campo dell’imballaggio metallico, per rafforzare e accrescere la propria posizione di leader del settore.

Guidata dal CEO Tomás López, Eviosys si pone come priorità l’innovazione e la sostenibilità. L’azienda è il più grande produttore europeo di imballaggi in acciaio e alluminio per alimenti, con centinaia di clienti nell’industria alimentare e dei beni di consumo, a livello locale, europeo e mondiale. La nuova filosofia aziendale porterà all’identificazione di soluzioni di imballaggio realizzate su misura per le diverse esigenze, utilizzando solo

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materiali riciclabili al 100%, aiutando i clienti a raggiungere i rispettivi obiettivi di sostenibilità, proteggendo nel contempo il pianeta, le persone e le comunità. Con 6.300 dipendenti, operanti in 44 sedi situate in 17 diversi paesi tra Europa, Medio Oriente e Africa, oltre a sette studi di progettazione e tre laboratori e impianti di produzione localizzati in modo strategico per servire con efficienza i diversi mercati, Eviosys, il cui quartier generale è situato a Zug, in Svizzera, è la più grande realtà manifatturiera di settore in Europa. Nel 2020, ha registrato un fatturato di 1,9 miliardi di euro.

Crown, tra le maggiori aziende al mondo nel settore della movimentazione di materiali, ha migliorato le sue capacità di supporto dei clienti con il lancio di una nuova app mobile che consente di collegarsi al proprio servizio di assistenza Crown con un semplice tocco sullo schermo. Grazie alla nuova app, gli utenti italiani dei carrelli elevatori Crown possono inviare una richiesta di assistenza o manutenzione, ricevere informazioni sul noleggio o contattare il concessionario locale, direttamente da tablet o smartphone con sistema operativo iOS o Android, ottimizzando i tempi di attività. Inviando una richiesta di assistenza, attraverso il pulsante “Contattaci”, gli utenti sono messi in contatto con un tecnico Crown, che verificherà la richiesta e contatterà l’utente in breve tempo. Analogamente, per informazioni sul noleggio di carrelli, toccando il pulsante “Noleggia ora” si sarà collegati direttamente con un rappresentante Crown per parlare delle proprie specifiche esigenze.


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