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INTERVISTA A GIACOMO CROSA Racconto di un giornalista ed ex saltatore in alto
Giacomo Crosa all’età di 21 anni prese parte ai Giochi olimpici di Città del Messico 1968, con la nazionale di atletica leggera, classificandosi al 6º posto nel salto in alto - diploma d’onore olimpico - con 2,14 m, allora record nazionale. È ancora oggi, a cinquantaquattro anni di distanza, il miglior piazzamento di un italiano ai Giochi.
Lasciata molto presto la carriera agonistica per un infortunio ad un ginocchio, si è poi diplomato al 1º corso dei Maestri dello Sport del CONI e dal 1969 al 1974, oltre che essere docente alla Scuola dello Sport, ha lavorato presso la FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera) come responsabile tecnico-organizzativo del Club Italia, il primo ideato nello sport italiano e dedicato ai giovani con proiezione olimpica. Successivamente, ha intrapreso la professione di giornalista, sia sportivo che di cronaca, prima in RAI, come inviato speciale, poi in Mediaset, come vicedirettore.
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Con Giacomo Crosa, che attualmente frequenta il Corso di Laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università Niccolò Cusano, abbiamo parlato di sport. E non solo. Con l’intento di considerare tutto ciò che lui ha realizzato e continua tuttora a compiere nella sua vita, gli ho chiesto di dare una definizione di se stesso, descrivendosi e rappresentando ciò che più sente di essere. In maniera spontanea, ha risposto: “Penso di essere un uomo fortunato, per tutte le cose che mi sono capitate, che ho fatto e che continuo a fare. La vita mi ha offerto delle possibilità senza che io le cercassi”.
Ha raccontato che la prima opportunità è stata proprio quella dello sport e, alla mia domanda su quando e perché avesse iniziato a praticare la disciplina che lo ha portato poi ai Giochi olimpici del 1968, mi ha detto:
“Ho iniziato a fare sport a scuola. A quei tempi, se si era bravi, le società sportive del territorio avrebbero certamente scelto chi fosse più dotato in un determinato settore. Ho giocato prima a pallavolo, poi ho iniziato con il salto in alto. Ed è stato tutto casuale, contrariamente a quanto può accadere oggi”. Quindi, dalla scuola ad una società
sportiva. A soli 17 anni è entrato nella Scuola Nazionale di Atletica Leggera di Formia, dove si è diplomato, per avere poi la possibilità di frequentare, a Roma, la Scuola Centrale dello Sport, nata come un Istituto di alta specializzazione per i futuri dirigenti o tecnici dello sport italiano.
Lì, ha avuto la fortuna di incontrare grandi docenti che lo hanno formato culturalmente, un nome su tutti il Prof. Vincenzo Cappelletti, e che lo hanno introdotto nello sport in tutte le sue forme. Poco dopo, nel 1968, all’età di 21 anni, ha vissuto l’esperienza dei Giochi olimpici e quando gli ho chiesto di raccontarmi quali ricordi, sensazioni, flashback lo riconducono a quell’esperienza, mi ha parlato delle Olimpiadi come l’evento che più ha segnato la sua vita, per tanti motivi.
“Ho vissuto un mese nel villaggio olimpico e questa è stata un’esperienza straordinaria. Essere a contatto con coetanei di decine di paesi diversi in un periodo particolare come il ’68, che storicamente ha rappresentato un anno importante e pieno di eventi, ha segnato profondamente la mia vita. Che poi sia stato anche un successo personale, lo definirei un surplus gratificante”. Tutti ricorderanno, infatti, i due atleti, Tommie Smith e John Carlos, che con pugni chiusi e indossando dei guanti neri ricevettero le loro medaglie fermi e immobili sul podio, divenendo simbolo della lotta per i diritti civili dei neri, e poi l’omicidio di Bob Kennedy, di Martin Luther King, l’invasione dell’Unione Sovietica in Cecoslovacchia. Tutti quegli eventi erano rinchiusi in quel villaggio olimpico. Giacomo Crosa continua la nostra conversazione raccontandomi come la disciplina sportiva abbia avuto un ruolo fondamentale nella sua formazione, non solo del corpo ma in modo particolare della “L’esperienza dello sport è stata sicuramente importante, anche nel momento doloroso dell’infortunio nell’anno post-olimpico. Lo sport credo sia un fenomeno sociopedagogico straordinario, in Italia forse poco compreso e partecipato. I giovani devono fare sport perché lo sport è un giudice che non può essere mai corrotto, è ciò che ti dà la dimensione del tuo valore. Mi piacerebbe che i giovani praticassero lo sport non pensando di diventare grandi campioni, ma per le emozioni che si possono provare, per il piacere di conoscersi, per il piacere della contesa e della condivisione. Spesso mi chiedono una definizione del salto in alto ed io rispondo sempre che è un sublime esercizio della mente.”
Dopo l’esperienza olimpica, nei primi anni ‘70 arrivò poi la carriera giornalistica. Inizialmente, fu chiamato a lavorare in alcuni programmi televisivi per ragazzi, GiroVacanze e Giochi all’aria aperta, dove vi erano spazi dedicati allo sport proprio al fine avvicinare
i giovani alle diverse discipline sportive e suscitare così il loro interesse. Successivamente, ha vissuto il giornalismo non più solo di tipo sportivo, passando alla cronaca e curando rubriche dedicate al terrorismo nei terribili anni di piombo. Raccontando la sua esperienza nel mondo giornalistico, mi ha confidato di aver vissuto forse il periodo più bello di questa professione. “Ho avuto la fortuna di vivere l’esperienza del lavoro giornalistico nelle condizioni migliori. Ho viaggiato molto, sono sempre stato sul campo degli avvenimenti. Essere testimoni reali del fatto è l’elemento più formativo di tutti, cosa che ai giovani di oggi può mancare”.
Poi, continuando a descriversi e a raccontarsi, ha rivelato come l’esperienza giornalistica lo abbia portato a spostarsi nel mondo, a vivere esperienze sportive e di cronaca, a incontrare personaggi di potere, persone famose e protagonisti della vita ordinaria, a conoscere la vita.
Quando gli ho chiesto se avesse preferito essere atleta o giornalista, senza indugiare mi ha riposto: “Ho avuto soddisfazioni da entrambe le situazioni, ma sicuramente credo di preferire l’esperienza olimpica, l’inizio del tutto. Forse è per questo che non ho crisi di astinenza di video e microfono”.
Il sogno di molti giovani è lavorare nel mondo dello sport. Questa realtà offre infatti numerose opportunità in molti settori diversi, non solo come atleta professionista, ma anche come parte di tutto ciò che vi ruota attorno. Giornalisti, medici, fisioterapisti, organizzatori di eventi, procuratori e psicologi, molteplici sono le figure professionali cui poter far riferimento e sembra che ogni attività lavorativa possa trovare un utile sbocco nel mondo dello sport.
Allora gli ho chiesto quale consiglio darebbe ad un giovane che vuole mettere alla prova la sua professionalità, qualunque essa sia, in un ambiente così variegato come lo sport. “Lo sport ha tante facce. Ha la componente tecnica, medica, economica, giornalistica, pedagogica e così via. È importante prima di tutto chiarire cosa si intende fare. Prima di ogni cosa vi è lo studio: studiare, studiare e documentarsi. È un esercizio faticoso ma indispensabile. Se c’è una cosa che mi ha insegnato lo sport è proprio quella di non avere paura d’imparare e di mettersi a confronto con gli altri, con lo scopo fondamentale di formare la propria credibilità. Non sono il tipo che ama essere visto come uno che dà consigli ma l’acquisizione della credibilità è uno status che dovrebbe motivare tutti i giovani”. E allora, non resta che descrivere tutto ciò che Giacomo Crosa ha tratto dalle sue esperienze, ricordando ciò che lui stesso crede essere l’obiettivo che tutti dovrebbero porsi:
“Provare a non essere mai marginali a ciò che si sta facendo e vivendo”.
Alla mia ultima domanda, sul perché avesse scelto di iscriversi nuovamente ad un corso di laurea dopo tanto tempo e al perché della scelta dell’Università Niccolò Cusano, ha risposto:
“Era arrivato il momento di portare a termine con Scienze Politiche qualcosa che tanto tempo fa avevo cominciato e che, a pochi passi dal traguardo, per scelte di vita e altre opportunità, avevo interrotto. Lo considero un atto formale. La scelta dell’Università Niccolò Cusano è certamente legata alla possibilità di poter conciliare lo studio e gli esami con tutti i miei impegni attuali. Se volete un’ulteriore sfida nei miei confronti”.
Giacomo Crosa ha sicuramente contribuito a lanciare un messaggio concreto, non fatto di sole parole ma di azioni, provando che con la determinazione si può ottenere ciò che più si vuole. E lo sport non può far altro che contribuire a realizzare tutto ciò