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IL FUTURO Parola alle donne con il volante in mano. Guida al femminile
GUIDA AL FEMMINILE, LA MANOVRA POSSIBILE
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"Anche io volevo il camion": storie e voci delle donne che abbiamo incontrato e che ci hanno raccontato come si sono realizzate grazie all’autotrasporto
14mila, le autiste di mezzi pesanti in Italia. 99mila, le donne che a causa della pandemia hanno perso il lavoro. 312mila, il numero di disoccupate in Italia. 15mila, gli autisti che mancano all’autotrasporto. Stando ai numeri la soluzione è evidente: incrementare la presenza femminile nel settore è la chiave per risolvere il problema occupazionale che riguarda tanto l’autotrasporto quanto le donne. «La speranza rosa», come l’abbiamo definita, nutrita in primis dalle donne che questo mestiere già lo praticano e che ora attendono che nuove colleghe facciano un passo in avanti lasciandosi alle spalle vecchi tabù e stereotipi. «Donne al volante, pregiudizio costante» raccontava per la rubrica “Anche io volevo il camion” Chiara Belleggia, autista dall’età di 19 anni ma che, nonostante gli anni di esperienza, ancora deve combattere con gli sguardi attoniti di colleghi, poliziotti e maestre d’asilo: «C’è chi ti guarda come un alieno, chi come una collega e chi con lo sguardo dice “vattene a casa a fare la calzetta”, come si dice a Roma». Le donne al volante di un mezzo pesante rappresentano oggi in Italia solo il 2,1% del totale. Ancora più bassa la percentuale di giovani under 24 in possesso di CQC: nel 2018 le donne con meno di 24 anni e con una patente professionale attiva erano 67 su un totale di 4.335 unità. Alla base del problema una rappresentazione del mestiere dell’autista ancora eccessivamente stereotipata e che non aiuta a rendere attrattiva la professione, soprattutto per ragazze che si affacciano al mondo del lavoro.
C’è molto rispetto tra i colleghi, ognuno di noi fa cose diverse e in modo diverso e se lo facciamo bene o male non dipende certo dal nostro genere. Debora Facchetti, autista
STUPORE E PREGIUDIZIO
Anche Simona Maresca, da quattro anni alla guida di un autotreno per il trasporto bestiame, ci spiega che «Gli stereotipi riguardo questo mestiere ci sono, non lo si può negare, sia nei confronti delle donne che degli uomini, ma la verità è che siamo il motore del Paese per cui dobbiamo andare avanti a testa alta e fare quello che ci piace. Per me siamo tutti uguali in questo settore, donne e uomini». Dal canto suo, Sara Cenedese, una delle pochissime autiste presenti oggi in Sardegna, ci spiega che «La gente ancora si sorprende quando mi vede alla guida del mio camion. Capita spesso che qualcuno mi guardi con stupore o mi dica che non ha mai visto una donna alla guida di un mezzo del genere. Io sorrido e rispondo che c’è sempre una prima volta. Molte donne si congratulano con me, mi dicono che se potessero tornare
Ormai i camion sono veicoli altamente tecnologici e non serve grande forza. Se escludiamo la parte del carico, che comunque, nella maggior parte dei casi, è predisposta da altri, mettersi al volante di un camion richiede più testa che muscoli. Certo, ci vuole passione per la guida… Ma, secondo me, molte donne non conoscono questo ambiente di lavoro; si dovrebbe puntare sulla conoscenza, far capire che per una donna è possibile.
Gabriella Pedroni,
formatrice e campionessa di cronoscalata
indietro lo farebbero anche loro. Mi fa piacere sentirmelo dire, vuol dire che stiamo abbattendo dei muri». Muri che Debora Facchetti, 50 anni di cui 30 passati alla guida di un bilico, ha iniziato ad abbattere molto tempo fa, quando le donne nel settore erano ancora pochissime. Debora ha girato l’Europa e più viaggiava più si rendeva conto che «Di donne ce ne erano eccome, soprattutto tedesche, olandesi e francesi. All’estero fare la camionista era un lavoro come un altro, in Italia invece sono sempre stata guardata con un misto di ammirazione e diffidenza. Le persone si complimentavano con me per quello che facevo, ma c’era sempre il dubbio che non fossi in grado di farlo bene come lo avrebbe fatto un uomo». «Oggi ci sono molte più donne in questo settore – continua – e con gli anni, con il lavoro e con l’impegno abbiamo saputo dimostrare che siamo perfettamente qualificate per fare questo mestiere. C’è molto rispetto tra i colleghi, ognuno di noi fa cose diverse e in modo diverso e se lo facciamo bene o male non dipende certo dal nostro genere».
C’è chi ti guarda come un alieno, chi come una collega e chi con lo sguardo dice “vattene a casa a fare la calzetta”, come si dice a Roma.
Chiara Belleggia,
autista
LA FAMIGLIA OLTRE IL VOLANTE
Gli stereotipi, però, non sono l’unica difficoltà che le autiste si ritrovano spesso a dover affrontare. Chiara e Simona, per esempio, entrambe mamme, ci raccontano come hanno imparato a gestire lavoro e vita famigliare. «Con la prima figlia ho guidato fino all’ottavo mese inoltrato – ricorda Chiara –. Qualche volta portavo la bambina con me sull’ovetto nel camion: lei dormiva e io facevo le consegne. Ho avuto grande aiuto da parte di mia sorella e mia madre, ma se non avessi l’aiuto del mio compagno non potrei fare questo mestiere». Anche Simona è mamma di un bimbo di 10 anni e ci racconta un’esperienza simile: «Coniugare famiglia e lavoro non è facile, ma ho la fortuna di poter contare sull’aiuto dei figli del mio compagno. Certo, bisogna sapersi organizzare con anticipo, non è facile, ma bisogna provarci». Simona, Chiara, Debora e Sara: sono solo alcune delle tante voci che abbiamo ascoltato e che ci hanno raccontato ognuna una storia diversa ma accomunata da un solo elemento: la passione per l’autotrasporto, nata quasi sempre fin da bambine e portata avanti senza paura dei giudizi altrui, con tenacia e determinazione. «Spesso mi sento dire “io non ce la farei mai”. Non è vero, può farlo chiunque, basta avere passione e forza di volontà, come per qualsiasi altro lavoro» spiega Simona.
TESTA E PASSIONE, ALTRO CHE FORZA
«Bisogna far capire che guidare un mezzo pesante non è assolutamente difficoltoso». A parlare è Gabriella Pedroni, campionessa italiana e di coppa Europa di cronoscalata e che oggi si occupa di formazione per autisti professionisti. «Ormai i camion sono veicoli altamente tecnologici e non serve una grande forza – continua – Se escludiamo la parte del carico/scarico, che comunque, nella maggior parte dei casi, viene predisposta da altri, mettersi al volante di un camion richiede più testa che muscoli. Certo, ci vuole passione per la guida, perché si tratta di stare tante ore sulla strada. Ma, secondo me, molte donne non conoscono questo ambiente di lavoro; si dovrebbe puntare sulla conoscenza, far capire che per una donna è possibile». Passione, determinazione e impegno sono doti che caratterizzano tutte le don-
ne che abbiamo raccontato e che hanno consentito loro di superare le difficoltà che si sono poste lungo la loro strada; le stessi doti che dimostrano come la presenza di donne nell’autotrasporto non è solo un fatto di parità di genere, ma anche – e soprattutto – di merito. «Quando sali su un mezzo del genere può succedere di tutto – conclude Chiara – Se sei una donna che si vuole mettere in gioco, questo è un bel gioco. Se si rompe qualcosa noi ci mettiamo lì, ci sporchiamo le mani e proviamo a risolvere. Essere autisti è anche questo. Ed ecco perché una donna che sceglie di fare questo lavoro deve essere pronta a mettersi in discussione. Oltre a fare la spesa, pulire casa e fare figli sappiamo fare altro».
Molte donne si congratulano con me, mi dicono che se potessero tornare indietro lo farebbero anche loro. Mi fa piacere sentirmelo dire, vuol dire che stiamo abbattendo dei muri.
Sara Cenedese,
autista