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IL FUTURO Parla Paolo A. Starace, presidente della sezione Veicoli Industriali

IL CAMION

SUPERACCESSORIATO, IL GIUSTO PREMIO PER AUTISTI RARI

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Fino a qualche anno fa il veicolo ideale per la flotta era quello essenziale. Oggi sempre più spesso – sostiene Paolo A. Starace – diverse aziende acquistano veicoli ricchi di accessori da usare come strumento di fidelizzazione degli autisti. E anche i costruttori ripensano le cabine per migliorare la vita del conducente, anche in vista del suo ruolo quando la guida sarà autonoma

Ma l’universo dei costruttori, quello che vende alle aziende di autotrasporto i camion che poi spesso non riescono a circolare perché privi di qualcuno che li guida, in che modo percepiscono il problema della carenza di autisti? «In realtà – risponde Paolo A. Starace, presidente della sezione Veicoli Industriali di Unrae – il fenomeno esiste da qualche anno. Adesso lascia tracce evidenti anche nelle politiche di acquisto di molti clienti, sempre più interessati a veicoli ricchi di accessori, da usare come strumento per legare all’azienda gli autisti più bravi, e sempre meno ai camion tipici da flotta, più essenziali nell’allestimento». Esiste un denominatore comune per individuare queste aziende interessate a premiare autisti? Ritengo ci sia una dipendenza diretta tra aziende di successo e quelle legate a una determinata tipologia di committenza, più attenta alla qualità del servizio e quindi maggiormente disponibile a pagare una tariffa un po’ maggiore pur di ottenerlo. E quindi è chiaro che un autotraspor-

Costruttori attenti alla carenza di autisti: gli esempi del 2020

PROGETTARE PER COLMARE UN VUOTO

Paolo Starace, presidente sezione VI di Unrae, lo dice a chiare lettere: quando si progetta un camion ormai si pensa anche a come viene utilizzato in maniera premiale dalle aziende di autotrasporto e a come l’autista ci dovrà vivere dentro nel miglior modo possibile.

Volvo, il comfort on demand.

Con il nuovo Volvo FH – ha dichiarato il Presidente di Volvo Trucks, Roger Alm – continuiamo a mettere in primo piano la progettazione di veicoli e l’offerta di servizi che siano utili ai conducenti per svolgere un lavoro di grande livello». Tale enfasi sui conducenti è giustificata: «Un buon conducente – aggiunge Alm – può dare un enorme contributo alla redditività dei nostri clienti». E subito dopo puntualizza che «in tutto il mondo i conducenti qualificati però scarseggiano in modo cronico. Con il lancio di questo nuovo veicolo, che privilegia produttività e comfort di chi guida, abbiamo compiuto un ulteriore importante passo avanti nell’aiutare i nostri clienti ad attrarre e trattenere i migliori conducenti». In che modo è presto detto: personalizzando il più possibile l’utilizzo del veicolo e adattandolo non a uno standard, ma alle esigenze soggettive di ogni autista. Esemplare in tal senso il quadro strumenti la cui interfaccia è affidata a un display digitale da 12 pollici personalizzabile nell’aspetto in quattro modi diversi in relazione a ciò che l’autista ha interesse a visualizzare.

di Volvo e MAN

Per verificare questo concetto siamo andati a prendere i comunicati stampa che hanno accompagnato il lancio degli ultimi veicoli pesanti introdotti sul mercato nel 2020: il nuovo Volvo FH e la nuova generazione di veicoli di MAN Truck.

MAN, più facile sarà diffi cile.

In occasione del lancio di quella generazione di veicoli eletta Truck of the Year 2021, MAN ricorda alcuni fattori destinati a rendere più complicato il trasporto, dall’aumento del 40% dei volumi nei prossimi 20 anni nell’UE, all’entrata in vigore di normative più severe per ridurre le emissioni di CO2. Ma soprattutto sottolinea come la «carenza di autisti non farà che peggiorare ulteriormente la situazione. E al riguardo si citano le statistiche che prevedono la mancanza in Germania nei prossimi due anni di circa 150.000 autisti. Di fronte a tali complessità la risposta suggerita dal costruttore di Monaco di Baviera «è di riconsiderare i nostri prodotti in altre e nuove dimensioni». Più in concreto l’obiettivo è stato di fornire una semplificazione del lavoro, partendo proprio dall’autista e dal posto di guida. Ecco allora il potenziamento dell’ergonomia, la connessione semplificata con dispositivi digitali, il massimo comfort per le ore di riposo, il ricorso a un sistema di comando molto intuitivo del sistema multimediale, come lo SmartSelect. tatore gratificato a livello tariffario e orientato alla qualità cerca di attrarre a sé gli autisti migliori usando leve retributive, formative e premiali. Alla fine, la differenza di servizio tra tali aziende e quelle costrette a competere esclusivamente sulla tariffa è evidente. Esiste una correlazione, invece, tra la carenza di autisti e soluzioni quali il platooning o la guida autonoma? Sicuramente non è casuale lo sviluppo di questi sistemi nell’attuale contingenza. Anzi, credo sia una delle ragioni, insieme agli aspetti legati alla sicurezza e ai consumi, per cui alcuni costruttori si siano convinti a investire in queste tecnologie. Perché è chiaro che se l’azienda di autotrasporti è interessata da una mancanza strutturale di personale, i costruttori che gli forniscono i prodotti devono fare appello a soluzioni tecnologiche diverse per consentire loro di lavorare. La guida autonoma è una prospettiva di lungo termine. Ma nel breve, quando un costruttore progetta un veicolo tiene conto

che l’azienda di autotrasporto ne avrà bisogno come uno strumento premiale per autisti sempre più rari? Assolutamente sì. Penso alla configurazione dei veicoli di tante marche – mi viene in mente Mercedes-Benz, per esempio – che sempre di più nel corso degli ultimi anni hanno fatto ricorso alla rotazione o allo spostamento all’indietro del sedile passeggero o, più in generale, alla tendenza a configurare le cabine creando una sorta di monolocale, sempre più confortevole e con spazi sempre più diversificati in relazione ai diversi momenti della giornata. E da questo punto di vista, immaginare spazi vitali ulteriori alla guida, serve anche a proiettare in avanti il ruolo dell’autista nel momento cioè in cui prenderà piede la guida autonoma e quindi sfrutterà il veicolo anche come ufficio in cui svolgere attività diverse. Fatta eccezione dei momenti chiave, quando sarà chiamato a prendere il diretto controllo del veicolo, per il resto il conducente si dedicherà con buona probabilità ad attività amministrative o di back office, oggi demandate ad altri. Con il lockdown e con la chiusura La tendenza delle aziende a usare il veicolo come premio per autisti ha indotto anche le case costruttrici a configurare le cabine dei veicoli come una sorta di monolocale, sempre più confortevole e con spazi sempre più diversificati in relazione ai diversi momenti della giornata

di trattorie e di parcheggi dedicati gli autisti hanno anche dovuto fare i conti con la mancanza di bagni. Realizzarli all’interno della cabina non è pensabile? Quelli chimici si trovano tranquillamente: sono piccoli, ma forse neanche troppo comodi. Laddove si cambieranno le normative europee sulle dimensioni dei veicoli – e ormai ci siamo – si potrebbe aprire anche nel nostro continente la possibilità di realizzarli all’interno della cabina, sul modello di un camper. Negli Stati Uniti, dove in termini di spazio non esistono particolari problemi, già oggi la parte posteriore della cabina non è a ridosso dei sedili, ma più spostata e quindi è già possibile trovare una collocazione sia per il bagno sia per la cucina.

Unrae nel 2016 è stata tra i promotori del progetto «Giovani conducenti» promossa dall’Albo degli autotrasportatori. Non potrebbe essere utile riprendere quell’esperienza? Quell’iniziativa non è andata male, ma la resa è stata poco consistente, nel senso che non ha soddisfatto la domanda. Si potrebbe riorganizzare qualcosa di analogo, soltanto che allora il contesto era favorevole, abbiamo potuto incontrare i ragazzi e svolgere diverse attività. Oggi veicolare lo stesso messaggio è più complicato, perché dovresti affidarti a canali virtuali e quindi finirebbe per essere qualcosa di diverso. Insomma, la sfida è di ripensare non tanto i contenuti, ma le modalità operative. Vedremo…

Nel frattempo cosa si può fare? Qualcosa si potrebbe fare in termini di immagine, perché è difficile riuscire ad attrarre giovani a questo mestiere quando viene percepito – e in parte correttamente – come un’attività difficile e faticosa. Poi, a peggiorare la situazione c’è l’atteggiamento di alcune aziende che, invece di attrarre nuovi autisti, tendono a farli allontanare dal settore. Perché è difficile per un autista accettare di doversi pagare le multe o addossare i danni derivanti da eventuali incidenti o pagare un rimborso della spesa per il gasolio se consuma troppo. Voglio dire, non si può, per un verso, denunciare la mancanza di autisti e, dall’altro, comportarsi in questo modo. Perché poi è normale che, degradate così tanto le condizioni lavorative, ci siano sempre meno persone disponibili ad accettarle. Così com’è normale che i pochi che le accettano sono costretti dalla necessità. E difficilmente i giovani italiani si trovano in una tale condizione.

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