VEDERE Italia n° 1/2021

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Cotechino e Lenti,

due chiacchiere tra persone semplici

Introduzione – Prima Ciao a tutti, benvenuti al primo appuntamento che spero possa proseguire per qualche tempo … se Dio ci assiste, come diceva mio zio Aldo, in un paesino vicino a Bologna, ormai allettato per l’età longeva ma con spirito e cervello perfettamente funzionanti. Cosa c’entra il cotechino, mi chiederete? Beh, è un titolo, ci sta come omaggio a chi ama la buona tavola, i buoni prodotti, la semplicità della vita e perché no, per lo zio Aldo. E le lenti … non sono le lenticchie, sono le lenti oftalmiche, visto che è dal 1976 che me le giro in mano, ovunque sia stato nei miei tre posti di lavoro differenti, dove ho avuto la fortuna di passare senza tradire l’Azienda precedente, succhiato dalla concorrenza, ad un’altra, dove ho sempre potuto vedere la crescita di un produttore di lenti (a quei tempi) eccezionale, dove ho visto la crescita tecnologica dei macchinari per la costruzione delle ricette, dove ho visto la produzione industriale di materiali speciali per i laboratori (quelli che in gergo

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VEDERE ITALIA – nr. 1 /   2021

si chiamano “blanks” ma in Italia li chiamiamo semifiniti), ma non quelli semplici che vengono dalla Cina, cosucce invece molto particolari di alta tecnologia. Non provengo da questo settore però: per aiutare la famiglia a mantenermi al Politecnico insegnai per tre anni Tecnologia Meccanica ai corsi serali, dove, indirettamente, approcciai il mondo del lavoro. Nel senso di capire come l’amore per il sapere unito alla utilità di avere un pezzo di carta con scritto “Perito Meccanico” avrebbe potuto significare un avanzamento nel posto di lavoro. E soprattutto capire come è duro e impegnativo arrivare a scuola alle 18 dopo 8 ore di lavoro e tener viva l’attenzione per altre 4 ore, vedendo qualcuno appoggiare la testa sul banco ed addormentarsi. Vero è, probabilmente da me annoiato, ma più vero è che, come titolò Cesare Pavese, “Lavorare stanca”, del quale voglio citarvi due versi che mi hanno sempre colpito e rappresentano la fatica di quel vivere: stufa di andare e venire, e tornare la sera e non vivere né tra le case né in mezzo alle vigne. Dopodiché, finita questa esperienza e ormai conquistato il mio pezzo di carta, mi risucchiò una fonderia, dove per tre anni vissi in mezzo a ghisa e acciaio odorando il fumo dei forni, subendo i rumori delle pressa-forme, abbagliandomi col colore del metallo incandescente. Cambiai lavoro quasi per caso, sulla Prealpina lessi una ricerca di personale senza essere alla ricerca di un cambiamento. Ricordo il primo giorno in cui incontrai il dr. Gaslini, al quale voglio ora dedicare questi fogli che intendo scrivere, che mi chiese: “Ma lei cosa sa di Ottica?” ed io “Me ne hanno insegnata di più al Liceo che in Università” gli risposi. “Ma le piacerà viaggiare in aereo nella sua vita?” incalzò. “Se mi porterà a conoscere qualcosa di nuovo, sì”. “Va bene, diciamo che d’ora in avanti colerà le lenti


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