77. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA
in Mostra
PUNTI DI VISTA DI OSCAR COSULICH GLI ANNI ’60 ALLA MOSTRA: I NERVI SCOPERTI DI USA E URSS
Negli anni ’60 c’era la Guerra Fredda, ma Usa e Urss, pur contrapposti e antitetici tra loro, vivevano un’analoga conflittualità interna, affrontata e repressa in modo tristemente simile. Un’occasione per riflettere su questo curioso passaggio storico l’ha offerta Venezia 77, con il passaggio contemporaneo alla Mostra di Dorogie Tovarischi (Dear Comrades) di Andrey Konchalovsky e One Night In Miami di Regina King. Il primo racconta il massacro di Novočerkassk del 2 giugno 1962, seguito alla protesta iniziata il 1º giugno alla fabbrica di locomotive elettriche Budënnyj, quando i lavoratori della fonderia e della forgia smisero di lavorare dopo che la direzione dell’azienda aveva rifiutato di ascoltarli; il secondo è ambientato il 25 febbraio 1964, quando Cassius Clay sconfigge Sonny Liston al Miami Beach Convention Center, diventa il nuovo campione dei pesi massimi e trascorre la nottata all’Hampton House Motel, celebrando la vittoria con tre amici: l’attivista Malcom X, il cantante Sam Cooke e la star del football americano Jim Brown. Nell’Unione Sovietica di Nikita Chruščëv, con Stalin ormai sepolto da un decennio, alle proteste degli operai cui erano state aumentate le ore di lavoro e diminuito il salario, a fronte dell’aumento dei prezzi di carne e burro, il Kgb spara sulla folla che inneggia a Lenin, trucidando e ferendo decine di innocenti manifestanti. Dall’altra parte dell’oceano, invece, la questione razziale è più violenta che mai. Si celebrano le qualità canore, o atletiche degli uomini di colore ma, come dice un fan di Jim Brown dopo averne elogiato il talento: «We don’t accept niggers in this house». E poi li uccidevano: Malcolm X (21 febbraio 1965); Martin Luther King (4 aprile 1968).
LA SATIRA DI DISEGNI A PAG. 5
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er realizzare un documentario bisogna avere coraggio. Per le storie che si vogliono raccontare prima di tutto, che siano scomode o meno è necessaria l’onesta, morale e intellettuale, di riportarle mostrando la verità. L’altra cosa molto importante è l’inconsapevolezza del tempo. Non ci sono orari sindacali, settimane di riprese, piano di produzione. Il racconto termina quando è il momento. Talvolta ci vuole di più, altre volte meno. Per girare Below Sea Level, incredibile storia di una comunità che in California viveva in una ex base militare sotto il livello del mare, senza acqua ed elettricità, Gianfranco Rosi ci ha messo otto anni. Per Notturno ne sono bastati tre, passati ad ascoltare e filmare racconti di vite spezzate, tra Libano, Siria, Iraq e Kurdistan, tutti paesi devastati dalla guerra. «Ho voluto raccontare storie e personaggi oltre il conflitto» ha spiegato il regista. «Sono rimasto lontano dalla linea del fronte, nei luoghi in cui ho filmato giunge l’eco della guerra, se ne sente la presenza opprimente, quel peso tanto gravoso da impedire di proiettarsi nel futuro. Ho cercato di raccontare la quotidianità di chi vive lungo il confine che separa la vita dall’inferno». È sempre stato un cinema di frontiere, di linee
NOTTURNO
che si intersecano quello di Gianfranco Rosi, in modi e versi differenti. Nasce sullo scorrere orizzontale del Gange in Boatman, suo primo film che risale al 1993. El Sicario, Room 164 fissa il labilissimo confine che separa l’umanità dalla follia, tema che avrebbe affrontato, su scala ancora più mostruosa, Joshua Oppenheimer in The Act of Killing. Sacro G.R.A., con cui ha vinto il Leone d’Oro nel 2013, primo documentario nella storia della Mostra del cinema di Venezia, è non solo il confine di una città, Roma, eterna in ogni senso, ma anche di una società bloccata, dentro e fuori quella linea circolare. Frontiere invisibili, anche
in mezzo al mare, quelle che impediscono ogni giorno a uomini, donne e bambini di avere la piccola speranza di una vita migliore, come ha raccontato in Fuocoammare, Orso d’Oro a Berlino nel 2016. Quando si realizza un documentario queste linee si scavalcano continuamente. Fisicamente senz’altro, moralmente spesso, mostrare dolore e sofferenza è necessario, ma sempre è una questione di confine, quello tra documentazione e voyerismo. Gianfranco Rosi mostra l’umanità che incontra senza filtri né giudizi. È giusto così. E non è mai facile. n ALESSANDRO DE SIMONE
CHECK… UP Anche Cate Blanchett, la presidente della giuria della Mostra, si sottopone al controllo della temperatura ai numerosi varchi di controllo dislocati nell’area della Mostra @Maurizio D’Avanzo