77. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA
in Mostra
PUNTI DI VISTA DI LAURA DELLI COLLI
IL RUOLO DEI FESTIVAL
Cicutto e Barbera: «L’edizione-laboratorio funziona, anche senza gli avvocati delle Major»
A PAG. 3
LE SORELLE MACALUSO
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i sono numeri che ricorrono nel teatro di Emma Dante. Igort direbbe che 5 è il numero perfetto, per la regista e drammaturga palermitana è uno dei papabili. Erano cinque i fratelli di Mpalermu, una delle sue prime folgoranti opere, sono cinque Le sorelle Macaluso, quelle del cinema almeno, perché sul palcoscenico erano sei vive e una morta e presente. Emma Dante torna al Lido sette anni dopo l’esordio di Via Castellana Bandiera, tratto da un suo romanzo e che fece vincere a Elena Cotta una sacrosanta Coppa Volpi. Le sorelle Macaluso portò invece il Premio Ubu, il più prestigioso riconoscimento per chi il teatro lo vive, lo respira e lo porta in giro per il mondo. Le opere della Dante sono entità viventi, fatte di materia pulsante, che si avvinghiano ai sensi e alle memorie dello spettatore. Non è diversa la storia di Maria, Katia, Pinuccia, Antonella e Lia, che vivono insieme in una grande casa in un palazzo che cade a pezzi in quel di Palermo. Le vediamo crescere, diventare adulte ed invecchiare, qualcuna va via, magari ritorna, altre restano lì per sempre, mentre il mondo lì fuori va avanti.
«Spero che questa famiglia di donne di tre generazioni possa far affiorare i ricordi di noi bambine dentro le stanze dell’infanzia, dove strette da un legame fortissimo siamo state sorelle» ha dichiarato Emma Dante, per cui il concetto di famiglia è fondamentale e che, come altri elementi primordiali e universali, fa sì che il suo sia un teatro senza confini, anche linguistici. Il dialetto palermitano ha una musicalità che, unita al gesto e al ritmo, non può essere travisata da chicchessia. Tutto questo lo ritroviamo sul grande schermo ne Le sorelle Macaluso, film sorretto dalla regia rigorosa e dalla scrittura, firmata insieme a Giorgio Vasta ed Elena Stancanelli, quest’ultima all’esordio come sceneggiatrice. E non poteva che accadere per Emma Dante, conosciuta quando entrambe frequentavano l’Accademia d’Arte Drammatica Silvia D’Amico a Roma. Le strade sono state diverse, ma come detto, strette da un legame fortissimo sono state sorelle. Come lo sono state le attrici che si sono calati nei panni delle cinque sorelle nelle tre diverse fasi delle loro vite. Al fianco di Donatella Finocchiaro troviamo le quasi tutte esordienti al cinema Alissa Maria
Orlando, Susanna Piraino, Anita Pomario, Viola Pusateri, Donatella Finocchiaro, Serena Barone, Simona Malato, Laura Giordani, Maria Rosaria Alati, Rosalba Bologna e Ileana Rigano. Attenzione a Eleonora De Luca, presente anche in Padrenostro. Sentiremo molto parlare di lei. ALESSANDRO DE SIMONE
CHECK IN Oggi al Lido è stato il giorno di Jasmine Trinca, protagonista con Clive Owen del film di Giorgia Farina.
@Maurizio D’Avanzo
Si avvicina il giorno dei Leoni e inevitabilmente a Venezia già si parla di premi. Non di quelli che saranno annunciati ormai a breve ma, per esempio, dei riconoscimenti che negli ultimi giorni hanno acceso un bel dibattito anche sul tema del genere. Se Berlino ha appena reso asessuata la parola ‘protagonista’ e a proposito di premi definisce attore anche un’attrice proprio come si fa nei Paesi anglosassoni (dove anche l’attrice è ‘player’) a Venezia si parla un’altra lingua. Il Direttore della Mostra invitato a dire la sua sul tema della parità di genere risponde senza alcuna esitazione con un ‘no’ alla definizione unica di un premio che non segni, in questo caso, una differenza inevitabilmente qualitativa, tra un attore e un’attrice da segnalare per una performance di eccellenza. E dice: “Non capisco proprio perché di due riconoscimenti se ne debba fare uno solo”. E ha proprio ragione: immaginiamo cosa accadrebbe se, tra attore e attrice, il premio unico fosse al maschile: qualcuno griderebbe subito alla discriminazione. E se invece il premio andasse a un’attrice? Facile immaginare qualche malignità maschilista della serie ‘ma sì, ha vinto perché è una donna…’. Doppia discriminazione. Ma oltre le questioni di genere che, alla fin fine, rischiano di indebolire proprio la qualità della creatività e del talento ai danni di una questione di differenza resta la domanda: i premi servono al cinema? Nell’esperienza internazionale assolutamente sì e molto. Ma in Italia credeteci di più e rilanciate i film quando vincono i grandi premi. È un modo di segnalarli ancora di più al pubblico. E di segnalare agli spettatori il meglio del cinema in sala… n