VENEZIA NEWS - OCT-NOV 2022 - #268-269

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In the name OF ART

EXHIBITIONS MUSEUMS CONCERTS THEATRES FILMS&SERIES CLUBS FOOD&DRINKS 268-269 OCTOBER-NOVEMBER 2022 venice city guide Ai Weiwei, La Commedia Umana –Memento Mori courtesy Fondazione Berengo, Photo Edward Smith € 3,00 Mensile di cultura e spettacolon° 268-269anno 26Ottobre/Novembre 2022 spedizione in A.P. 45% art.2 comma 20/Blegge 662/96DCI-VE ENGLISH INSIDE BIENNALE ARTE FINISSAGE SPECIAL
sisley.com
人 间 喜 剧 From 28.08 to 27.11.2022 Every day except Tuesday 10 am 6 pm Abbazia di San Giorgio Maggiore, Isola di San Giorgio, Venezia Ai Weiwei LA COMMEDIA UMANA MEMENTO MORI
thanks to in partnership with design Tomomot
Detail of the artwork: View into the artist's studio window, obscured by frost (31st March 2022), 2022 © Ryan Gander. Courtesy of the artist. with the support of Fondazione Berengo Art Space Campiello della Pescheria 4, Murano Tuesday – Sunday 10 am – 5 pm 03.06 – 27.11.2022 Curated by Adriano Berengo and Koen Vanmechelen with the contribution of Ludovico Pratesi

Jan

Ryan

Josepha

Kendell

Marya

Brigitte

Tomáš

Anne Peabody

Alexander Evgenievich Ponomarev

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Lino

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Monira Al Qadiri Maria Thereza Alves Vanessa Beecroft Simon Berger María Magdalena Campos-Pons Judy Chicago Tony Cragg Chiara Dynys Jimmie Durham eL Seed Endless Leandro Erlich
Fabre
Gander
Gasch-Muche
Geers
Kazoun
Kowanz Karen LaMonte
Libertiny Massimo Lunardon Federica Marangoni
Prouvost
Reypens Enrico Ruggeri
Schütte Liam Scully Sean Scully
Tagliapietra
Tate Koen Vanmechelen
Varga Weisz Rose Wylie Erwin Wurm Osman Yousefzada design Tomomot

october

november

editoriale (p. 8) Un pane quotidiano incontri (p. 10) L’Assunta, Giulio Manieri Elia | Fortunato Ortombina, Teatro La Fenice tracce (p. 26) Antonio Canova speciale (p. 30) Festa della Madonna della Salute | I cuoridoro a Venezia arte (p. 36) 59. Biennale Arte – Il latte dei sogni | Don’t miss: Artisti, Padiglioni, Eventi Collaterali | Ai Weiwei | Giornata del Contemporaneo | Anselm Kiefer |

ALLUVIUM | Personal Structures | Penumbra | FIFA a Palazzo Grassi | Intorno a Nauman | Marlene Dumas | Peter Pan | Mouna Rebeiz | Human Brains | Danh Vo, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo | Ritsue Mishima | Venini: Luce 1921–1985 | Fermento Festival | The Human Safety Net | Doppio Senso | Bae Bien-U | Sabine Weiss | Intervista ad Hassan Hajjaj | Galleries | Paris Bordon | Grazia Varisco | Olafur Eliasson | Artissima 2022 musica (p. 76) The Cure | Venezia Jazz Festival Fall Edition | Sigur Rós | Simone Cristicchi | Candiani Groove | Macy Gray | Counting Crows | 50 Cent | Padova Jazz Festival classical (p. 86) Massenet, Festival Bru Zane | Teatro La Fenice | Teatro Toniolo | Auditorium Lo Squero | Musikàmera theatro (p. 95) Le vertige Marilyn | Mamma Mia! | VeneziainDanza | House of Us | Hamlet | Da qui alla luna | Asteroide Amor | Pa’ | Il malato immaginario cinema (p. 102) Lino Capolicchio | Gassman prima di Gassman | No Bears | Bones and All | Jean-Luc Godard | Paesaggi che cambiano | Cinefacts – Festa del Cinema di Roma etcc... (p. 110) Festival della Politica, intervista a Nicola Pellicani | Intervista a Juan Gómez-Jurado | Parole: Scegliere | Intervista a Leo Colovini, studiogiochi | Dino Buzzati | Venezia dei Gondolieri menu (p. 122) M9 Chef on Chef | Venice Hospitality Challenge | Subodh Gupta | Dolce autunno veneziano citydiary (p. 129) Agende | Mostre a Venezia | Books | Screenings | Design&More

1Tiziano ft. Canova

Art and fate make one of Titian, Canova, and the Frari Basilica: Canova’s funeral was celebrated in 1827 before at the Assumption of Mary – once kept at the Venice Academy of Fine Arts. Today, we see it in its full glory after restoration. i ncontri p. 10 tra c ce p. 26

Fenice

journey

symphony.

first step into

normalcy.

3Biennale Arte

Finissage

At Giardini and Arsenale, Biennale curator Cecilia Alemani concludes a strong, intense reflection on the identities of the human being and on the roles that art and culture may – and must – have to convey messages of civil commitment.

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2Teatro La Fenice 2022-2023
Theatre superintendent Fortunato Ortombina takes us on a
into the best of opera and
Verdi’s Falstaff is the
our long-anticipated return to
i ncontri p. 20
arte p. 37 CONTENTS © Edward Smith
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2022

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Venezia Jazz Festival

Veneto Jazz authored an autumn music festival that will ferry us to Christmas: Fenice Theatre, Auditorium Lo Squero, Splendid Hotel, and Candiani Cultural Centre are the places to go to enjoy dome great Italian and international jazz.

musica p. 78

COVER STORY

A series of new works in glass by the world-renown activist and artist create a contem porary dialogue with the Palladian Church of San Giorgio. Among these new site-specific works we find The Human Comedy, a chandelier of colossal di mensions that is the result of a three-year collabora tion between the famous Chinese artist and Berengo Studio’s master craftsmen. A dramatic cascade of bones, skulls, and organs becomes a striking monu ment to the lives lost over the course of the pandem ic through which Ai Weiwei sends a clear message about the mutability of life while encouraging us to think of the future. Glass, a special material and a part of our daily life, bears witness to joy, anxiety and worry in our reality. In its presence we reflect upon the relationships between life and death, and between tradition and reality.

arte p. 48

Festival Massenet

Palazzetto Bru Zane

All over October, Palazzetto Bru Zane will welcome young interpreters of the infinite creative nuances that violin and piano can give to the music of the great French Romantic composer. classica l p. 86

Le Vertige Marilyn Teatro Goldoni

On October 15 and 16, Isabelle Adjani will play Norma Jeane Baker at Goldoni Theatre in a play that makes two actresses talk to each other using temporal twists centred on their life memories. The story of a faltering star becomes a tribute to the eternal mystery of feminine life.

t heatro p. 94

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e

UN PANE QUOTIDIANO

È

cosa purtroppo solita quando si parla di cultura confinare il senso di questo termine a una ridotta elitaria, come fosse un’occupazione, un interesse di una casta di privilegiati. Una roba da Ztl, insomma, per usare un’immagine ahinoi à la page. È cosa solita a tal punto che anche chi ha ben chiaro che questa “visione” dell’idea di cultura nella società contemporanea, ma non solo, non può che essere espressione di una mentalità gretta e grossolana si trova a vivere, spesso senza minimamente accorgersene, in una condizione, in uno stato puramente difensivo, sorta di riflesso condizionato di questa vulgata ormai pres soché metabolizzata dal cosiddetto discorso pubblico, anche quando goffamente dissimulata. Una condizione da assediati, che nelle sue espressioni più critiche ed estreme porta più di qualcuno addirittura a schermirsi, quasi a giustificarsi di avere un paio di romanzi e un sag gio tra le mani e una mazzetta di giornali tra cui un paio di inserti culturali.

Alle volte si vive quasi una sindrome da panda. Ok, si dirà, ecco il solito che nel tentativo di dimostrare che non è così, che la cultura è una pratica quotidiana come lo sport, che dovrebbe da tutti essere praticata a pre scindere dai livelli che si possono raggiungere al solo, primario fine di vivere meglio, facendolo si fa ancora più cittadino Ztl, proprio in virtù dell’argomentazione che cerca verbosamente di portare avanti. E in parte è dan natamente vero, sì. Perché vivere in un contesto in cui il significato delle cose viene svilito e ridotto da deprimenti logiche di appartenenza tribali peggiora anche chi com batte, o cerca come può di farlo, queste stesse logiche bacate, bacandosi egli stesso. Insomma, un vortice.

Da cui uscirne, quando si gonfia a dismisura la spirale, è davvero un bel problema.

Lo so, sembra un discorso noiosissimo sul Pd o da Pd, uno di quei temi cui la disposizione più triviale a dispo sizione non vede l’ora di sfanculare, tanto per rimanere trivialmente nei toni. Ma sì, va bene cari intellettuali, intan to le bollette le paghiamo noi, mica… Ovviamente non è tutto così, ok, però diciamocelo, va molto così. E provare a contribuire a centrare il senso proprio sociale di questa malintesa parola di nome cultura è sempre più una fatica. Alla fine vince un senso di sfiancamento e la disposizione più naturale allora diventa quella di trovarsi, di vivere e di

condividere il proprio tempo, più o meno libero, tra ugua li. Che poi non è cosa così bizzarra, s’intende, ma il cui esito nefasto è un arrendersi all’evidenza che pronuncia re la parola cultura significhi appartenere a una precisa tribù. Una cosa davvero insopportabile. Viviamo un tempo di paradossi. Uno tra i più mastodon tici interessa proprio la cultura. Mai il mondo, almeno la fetta di mondo a cui apparteniamo, ossia quella caratte rizzata da un sufficiente benessere diffuso, è stato così massivamente alfabetizzato come oggi. Insomma, con tutte le sue disfunzioni e le sue rese diseguali, la scola rizzazione, la formazione di base ha raggiunto oggi livelli soddisfacenti neanche minimamente immaginabili solo fino a 50 anni fa, anche meno. Un processo di democra tizzazione sostanziale, di base, portentoso, che ha per messo per la prima volta nella storia dell’Homo Sapiens alle masse di partecipare attivamente al discorso pub blico, a farsi legittimamente e congruamente opinione pubblica. Spesso dimentichiamo questo dato in quanto meccanicamente acquisito, senza renderci conto che di una vera e propria rivoluzione sostanzialmente incruenta, anche se certo non sempre ed ovunque, si è trattato. Va bene, il tutto, come sempre accade negli stravol gimenti epocali, a un prezzo alto, con una repentina mutazione identitaria di milioni e milioni di persone capace di cancellare secoli di storia famigliare, socia le, comunitaria in un amen, il tutto in virtù della nuova, laicissima religione dei consumi chiamata omologazione, oggi sostituita dal termine, suo erede, globalizzazione. Per quanto si faccia fatica a scomodarlo un minuto sì e l’altro pure, figuriamoci poi nel centenario della sua na scita, Pasolini a riguardo disse tutto in diretta, con quella tragicità comunicativa che lo faceva insieme conserva tore e avanguardista, in particolare nell’utilizzo strepitoso dei mass media, anche questo un grandioso paradosso. Lo stesso PPP oggi però, ne sono convinto, non per narcisistico definirsi oppositivamente, ma per convinzio ne, a 50 anni e più dalla disperata e vitale denuncia non potrebbe neppure lui esimersi dal rilevare il punto debole di quella sua “crociata” alta quanto donchisciottesca, ossia il fatto di non sottolineare quanto questa maledet ta società dei consumi abbia al contempo permesso a miliardi di persone di uscire da uno stato di costrizione matematico, la cui equazione era da sempre, da millenni,

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editorial
di Massimo Bran

decisa dal censo, dalla classe di appartenenza. Ma siccome il poeta, come quasi tutti i grandi poeti, pochissimi, vedeva lungo, indagando vorticosamente dentro, fregandosene di rigide consequenzialità dialettiche, oggi purtroppo rischierebbe di avere ben più ragione di allora nel disegnare una simile apocalisse antropologica, e ce la potrebbe avere proprio nel momento in cui mai l’uomo medio è stato meglio in termini di benessere, al netto delle crisi contingentali gravi e forse gravide di ben altri declivi. Sì, perché mentre nel momento in cui lui lanciava dalle colonne del Corriere borghese i suoi scritti cor sari questo benessere, da lui sbugiardato in quanto vero malessere sociale e umano, da un lato certo omologava, ma dall’altro però era ancora governato da consolidati sistemi di mediazione culturale e formativa, a partire dai partiti di massa ma non solo, i quali con la propria capacità aggregativa contribuivano decisivamente a indi rizzare un operaio non solo a desiderare di avere un frigorifero e un automobile, ma anche, e ancor più, di far sì che i propri figli studias sero per diventare poi impiegati, professori, ingegneri o quant’altro, viceversa oggi assistiamo a una diffusa resa di questa sana, adulta ambizione, preoccupazione direi, al cospetto di una forma di edo nismo pervasivo pressoché irrefrenabile. Un processo per cui una massa enorme di famiglie sempre meno vive la profonda religione del sapere come uno strumento essenziale di elevazione sociale, culturale, civica dei propri giovani. Quindi, ecco, questa erosione quasi ineluttabile del senso più pro fondo ed esteso della parola cultura, ossia quello di cibarsi di sapere e di buona formazione per farsi cittadini più liberi, autonomi e consa pevoli, ha fatto sì che questo termine nel tempo andasse a definire, a circoscrivere un’attività, degli interessi in qualche modo residuali, alti se si vuole, ma aggiuntivi a quelle che sono le presunte priorità esistenziali del cittadino medio nella nostra società del consumo rapido e continuo. Naturalmente non si fa che parlare e scrivere di cultura un po’ ovunque, tra tv, magazine, siti web, social, ma come se fosse un elemento ornamentale del consumo del proprio tempo in chiave turistica. Evviva il turismo culturale, s’intende, che è quello che ci tiene poi in vita noi tutti che lavoriamo nella comunicazione culturale nelle città d’arte e non solo. Ma non è questo il punto, no; qui il discorso è un altro e richiama un fattore complementare e direi sanamente propedeutico al buon consumo turistico culturale. Che è per l’appunto il fare e il pensare cultura come fosse un’attività

vitale primaria, come mangiare e vestirsi. Perché dare del tu vero alla cultura significa viverla come un’urgenza di accrescimento personale e professionale, qualsiasi sia l’ambito in cui si opera o si spera di an dare ad operare, come una pratica quotidiana imprescindibile, una marcia indispensabile da innestare per far sì che il motore della vita, del miglioramento della nostra condizione di esseri umani e di homo faber, giri progressivamente sempre meglio. Una cultura del vivere che precede, accompagna, arricchisce l’idea di cultura più, per così dire, ludica, anche se ludica non lo è mai del tutto neanche nei suoi momenti più leggeri la cultura. Una cultura che dovrebbe essere l’alfabeto, la grammatica alla base di una buona politica del vivere sociale in una collettività aperta, libera, adulta. Una politica che per perseguire questo alto e vitale obiettivo dovrebbe essere di nuovo in grado di dotarsi di strumenti di mediazione utili ad accompagna re il cittadino a migliorare ogni giorno la sua condizione di vita con un’idea chiara, che permetta di lucidamente comprendere che non vi sono scorciatoie a-culturali in qualsiasi buon progetto di crescita. Se questo processo non viene assecondato, accompagnato, so stenuto da visioni politiche complesse e concrete, la parola cultura rimane e rimarrà quella che è, ossia sei lettere buone per consumare l’oretta alla settimana nel museo dove lo Sgarbi di turno ti invita, affabulando convulsamente, ad andare.

Un problema serissimo questo del malinteso senso della parola cul tura. Annoso. Di cui le presunte élite Ztl portano una responsabilità gravissima, ossia quella di aver permesso che il senso più alto e pro fondo di questo termine venisse svilito, trasformandolo in un oggetto di consumo come tanti altri. Al punto che gli altri poi, quelli che oggi si sono presi l’Italia, possano tronfi riaffermare con truce sicumera che con la cultura non si mangia. Cosa già coattamente dichiarata più volte nel tempo e ora in attesa di ulteriore, ufficiale conferma. Come se ne esce? Con quali strumenti, con quali idee, con quali energie rinnovate? Saperlo… C’è molto disincanto e disillusione oggi, inutile girarci intorno. Eppure non c’è scampo, alternative non sono date: o è cultura, o è degrado e regresso. La cultura da coltiva re giorno per giorno come se fosse una compagna di vita e di amici zia irrinunciabile. È con questa parola, con la consapevolezza piena del suo infinito portato, che la Politica civile, urbana, può esclusiva mente provare a riprendersi il suo spazio allargandolo ai più. Pena il ridursi in trincee forbite a brevissima conservazione.

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1958. Venditori di pane, Atene, Grecia © Sabine Weiss

ncontri

VISIONE DI UNA VISIONE

La campagna de L’Assunta affonda le sue radici in un percorso che viene da lontano e che guarda al futuro. Il nostro orgoglio non è solo quello di aver finanziato questo straordinario restauro, ma di essere stati parte attiva e integrante del progetto

Melissa Conn, direttrice di Save Venice Inc Venezia

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Gallerie dell’Accademia

Tra i più importanti e vitali centri religiosi e monastici di Venezia, il complesso dei Frari – chiamato anche Ca’ Granda per le dimensioni della Basilica: 102 metri di lunghezza per 48 di larghezza e 28 di altezza – affonda le radici nella predicazione del messaggio di semplicità e povertà di San France sco da parte dei suoi frati Minori (dai veneziani detti “frari”), che da Assisi si erano mossi in tutta Italia e, in seguito, anche in Europa. Presenti a Venezia già attorno al 1220, potevano disporre inizialmente di un umile oratorio situato in un’area paludo sa, donata loro dalla Repubblica intorno al 1230. Ben presto però (1250 circa) fu necessario costruire una chiesa più grande, adatta ad accogliere il crescente flusso di fedeli che giungevano da ogni dove. Questa fu a sua volta sostituita da un terzo edificio, che corrisponde all’attuale Basilica; i lavori, iniziati nel 1330, durarono fino al 1440 circa. La fabbrica monumentale, in stile gotico, fu eretta grazie alla generosità di alcune facoltose famiglie veneziane e grazie alle elemosine dei molti benefattori. Consacrata cinquant’anni dopo, nel 1492, fu dedicata alla Vergine assunta in cielo: Santa Maria Gloriosa dei Frari. All’interno della Basilica, solenne e ricca di capola vori, domina incontrastata, come una gemma nella zona presbiteriale, L’Assunta di Tiziano Vecellio. La grande pala, inserita in un’imponente cornice marmorea, fa da quinta scenografica al maestoso presbiterio absidato e, oltre ad aver ispirato pagine famose della critica d’arte sulla pittura del giovane Tiziano e sulle sottili questioni teologiche e dogmatiche tra francescani e domenicani, è da più di cinquecento anni la protagonista indiscussa di tutte le celebrazioni liturgiche che si svolgono in chiesa: dai battesimi ai matrimoni, dalle comunioni alle cresime, dalle messe giornaliere e domenicali a quelle solenni, fino ai funerali.

Il 4 ottobre 2022, festa di San Francesco, la solenne Celebrazione Eucaristica con benedizione del dipinto presieduta dal Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Mora glia, ha festeggiato la conclusione dei lavori di restauro della pala (1516-1518), un’im ponente campagna durata quattro anni, finanziata interamente da Save Venice, uno dei Comitati privati per la Salvaguardia di Venezia. Il capolavoro tizianesco è stato oggetto di un radicale intervento il cui obiettivo primario è stata la messa in sicurezza del sito, del dipinto e della cornice lapidea che lo circonda. L’intervento di restauro ha coinvolto in primis Padre Lino Pellanda e la comunità della Parrocchia dei Frari e, quindi, il Patriarcato di Venezia, la Soprintendenza ai Beni artistici lagunari, la dire zione lavori affidata a Giulio Manieri Elia – direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia – e il Laboratorio Scientifico della Misericordia che, congiuntamente, hanno condiviso e sostenuto l’intervento certosino dei restauratori Giulio Bono, per la parte pittorica, Roberto Saccuman, per il supporto ligneo, e Egidio Arlango, per quanto riguarda la cornice marmorea. Incontriamo Giulio Manieri Elia per osservare da vicino il capolavoro restaurato.

Quale intervento è stato eseguito e quali le risultanze emerse?

Si è trattato di un restauro molto impegnativo. Sostanzialmente sono dieci anni che abbiamo in cura L’Assunta di Tiziano, prima con la manutenzione, che ci ha permes so di studiarne approfonditamente le condizioni di salute, e poi con il restauro vero e proprio. Il restauratore e manutentore dell’opera è stato Giulio Bono, ben coadiuvato dalla sua squadra di ottimi collaboratori. L’opera è la più grande di Tiziano dipinta su tavola, realizzata a tempera e olio su un tavolato ligneo composto da 20 assi di pioppo bianco disposte orizzontalmente e incollate tra loro a spigolo vivo. Misura 691cm di altezza per 356cm di larghezza, per una superficie complessiva di 28mq e un peso di circa 700kg. Un’impresa straordinaria che Tiziano, relativamente ancora giovane – aveva circa 25 anni, era nato infatti a Pieve di Cadore nel 1488/1490 –, compie in tempi record. Un lavoro che riteniamo abbia eseguito interamente da solo, probabilmente dipinto direttamente nella chiesa date le dimensioni dell’opera. Tiziano studia molto accuratamente la composizione della tavola, complessa non tanto per il numero di figure che contiene quanto per la difficoltà di articolarle insie me. La composizione è dettata da una serie di elementi costruttivi molto chiari: la Vergine inserita in un cerchio e sotto gli apostoli all’interno di un quadrato.

The

Frari compound is one of the most important and vital religious and monastic centres in Venice. It is unoffi cially called Ca’ Granda for its size: the Basilica is 334 feet long, 157 feet wide, and 92 feet tall. The Frari – or friars – are Franciscans, who have been in Venice since 1220. Their first home was much more humble than this, it was given to them by the state around the year 1230. The community grew so much and so quickly, though, that around 1250 it needed a larger church, both for themselves and for their growing pastoral community. The building we see now is the third instalment of a Franciscan Basilica, and its construction began in 1330. Gothic in style, its building was financed by wealthy Vene tian families and by voluntary contributions by churchgoers. The consecration took place in 1492 in the name of the Assumption of the Virgin Mary: Santa Maria Gloriosa dei Frari. The Basilica boasts a solemn interior, rich in art masterpieces. Dom inating the collection is Titian’s Assumption. The large altarpiece, framed in marble, encompasses the presbytery, and has been for over five hundred years the protagonists of all functions that took place here, as well as inspiring page after page of art and theological critique.

On October 4, Saint Francis’ Day, Monseigneur Francesco Moraglia headed the celebration for the restoration of the altarpiece, which we owe to the contributions made by Save Venice. We discussed the art and its restoration with the restoration team director Giulio Manieri Elia.

The restoration

It has been a very labour-intensive restoration. Basically, we have been taking care of Titian’s Assumption for ten years, first with its upkeep, then with its actual restoration. Both have been carried out by Giulio Bono and his team of profession als. The masterpiece is Titian’s larger on wood panel. The artist used tempera and oil paint on the surface of a panel made of twenty silver poplar planks, glued together horizontally edge to edge. It measures 270 by 140 inches and weighs over 1500 pounds. An extraordinary enterprise, that Titian completed in a very short time and at the relatively young age of 25. We believe that all of it is Titian’s own work, and that he carried out the same entirely within the church, given how large and heavy the artwork is.

The composition of the scene is quite complex, not much for the number of figures depicted, but for the articulation of their relative positions. A num ber of elements are quite clear: Mary’s figure is inscribed in a circle, and the apostles are confined in a square. This precise geometry reinforces a

11 Intervista Giulio Manieri Elia | Direttore

i ncontri

Una costruzione geometrica precisa, con un unico punto di vista che l’artista tiene sotto controllo attraverso i disegni preparatori. Disegni che purtroppo non si sono conservati, salvo uno, quello di San Pietro, dal busto alla testa: Tiziano lo ripete quasi alla lettera sulla pala.

Le indagini compiute con la riflettografia all’infrarosso, lo strumento che ci permette di vedere al di sotto della pellicola pittorica, hanno rilevato anche la presenza di un disegno generale molto veloce, un procedimento tipico che Tiziano usava seguire in quegli anni, che sostanzialmente serviva al pittore per passare dal disegno su carta alla realizzazione pittorica. Tiziano imposta molto rapidamente delle figure che subiscono poi dei cambiamenti molto significativi nel corso della realizzazione pittorica. Ha un’attenzione straordinaria per la luce, ma denota una certa fragilità nella costruzione delle architetture, il suo punto debole. Sulle architetture, lo si vede dalle riflettografie, Tiziano si corregge, è meno sicuro.

Il restauro ha permesso di vedere la mano di Tiziano?

La cosa più importante, e il tratto più affascinante aggiungerei, del restauro è che permette di avvicinarsi all’opera fin dentro la materia, quindi certamente Tiziano si vede tutto. È possibile a una distanza ravvicinatissima seguire l’intero percorso esecutivo dell’opera. Un restauro è sempre un’occasione straordinaria per conosce re il dipinto a fondo in tutti i suoi dettagli e in tutte le sue molteplici articolazioni. Per giunta se si considera che questo intervento tra manutenzione e restauro è durato circa dieci anni, si può ben immaginare quanto sia stata approfondita la conoscen za di quest’opera. Si vede sia la mano diciamo esecutiva di Tiziano, rapida e straor dinariamente sicura ed efficace, ma localmente anche la mano fisica, intesa come le sue impronte. Sicuramente i molti aspetti conoscitivi emersi e studiati durante i lavori di restauro verranno restituiti in una prossima pubblicazione.

Quali sono le caratteristiche e le novità pittoriche di quest’opera, considerata un passaggio fondamentale del percorso artistico del giovane ma già apprezzato Tiziano, nel contesto della pittura veneta e della storia dell’arte più in generale?

Certamente L’Assunta è una delle opere più importanti dell’Umanità. Una delle cose che mi ha colpito di più osservando questo capolavoro così da vicino, anche rispetto al cambiamento del disegno sottostante, è che Tiziano elimina tutti gli elementi accessori, i pochi dettagli naturali che aveva inizialmente inserito, creando un’immagine costruita su figure geometriche, universale ed eterna, realizzata attra verso l’utilizzo di un linguaggio pittorico comunque molto naturale, apparentemente semplice. In pratica Tiziano lavora semplificando la figurazione, fino ad arrivare alla forma assoluta, pura: la meravigliosa Vergine che sale in cielo quasi ruotando su sé stessa e aprendo le braccia verso l’alto, mentre il Padre Eterno le sta aprendo a sua volta per accoglierla. Il passo successivo è l’abbraccio incredibile di quest’assun zione della Vergine in cielo: un’immagine potentissima. Altrettanto forte, dal punto di vista psicologico, è la reazione degli apostoli a questo straordinario evento: par tecipano all’azione ciascuno con una disposizione propria, con pose e gesti diversi che descrivono perfettamente stati d’animo personali. Su tutti si veda, ad esempio, l’apostolo con la veste rossa in piedi di spalle, con le braccia alzate a sua volta, quasi protese in un abbraccio, formando in un certo senso un movimento, o meglio, partecipando allo slancio verticale della Vergine verso il Padre Eterno, pronto ad accoglierla. Dal punto di vista psicologico è un’opera molto ben investigata: ognuno dei protagonisti qui rappresentati ha una reazione diversa e personale al cospetto di questa visione.

Altro aspetto incredibile è il colore, elemento molto importante nell’economia com plessiva della composizione, reso da Tiziano attraverso timbri accesi e molto forti. Strati pittorici che, applicati dal Maestro in stratificazioni minime su una magistrale preparazione a gesso e colla, dopo il restauro sono tornati alla cromia originale.

Per Tiziano sono le luci, le ombre e il colore la materia prima dell’esperienza visiva.

single point of view, which the artist designed in his preparatory sketches. Unfortunately, only one of these sketches remains.

Infrared analysis revealed a very quick and gen eral outline beneath the painted surface, which is typical of Titian. We also know that some figures underwent drastic change over the course of the realization of the painting. Titian’s attention for light is nothing short of incredible, while as far as archi tectures go, he was less sure, and made multiple corrections.

Seeing the artist’s hand

What is great about working on art restoration is that you get to see everything. From very up close, you get to see the whole story of how the painting came to be, you see every detail. Now, consider this restoration took ten years, which speaks volumes of how deeply we studied this piece of art. Yes, we saw Titian’s hand, Titian’s quick, sure, incisive hand in the art he created, and we saw Titian’s actual hand in the prints he left here and there. Certainly, what we learned over ten years will be the subject of an upcoming study.

A revolutionary piece of art

There is no question the Assumption is one of the world’s greatest masterpieces. One of the most impressive peculiarities of this painting is Titian’s choice to do away with any accessory details – the few natural details he added had been subsequent ly erased, and the composition relies on univer sal, eternal geometrical shapes. Titian simplified figuration and looked for absolute, pure shapes. The Virgin Mary ascends to the Heavens, almost rotating upwards, extending her arms, while God also open his, and embraces her. Such a powerful image. Also quite powerful, from a psychological point of view, is the apostles’ reaction to the event: they participate each with his own disposition, with different poses and gestures describing different reactions. One of them seems to accompany Mary, with his arms also reaching up, participating to the vertical motion. Colour is also of the utmost im portance: Titian chose bright, strong tints, applied in the thinnest of layers onto a priming mixture of plaster and glue. Our restoration reverted them as close to original as possible. Lights and shadows shape every volume, and colour does not merely clothe the figures – it creates them. Technically, we believe that one of the reasons the artist insisted so much on colour is because the large finished piece is backlit, especially in the evening hours. We may argue that this is why Titian used colours so bright on this kind of reflective surface.

As revolutionary as it was, the painting was met with the highest praise soon. We do know it was hard to appreciate back in the days, Giorgio Vasari said as much. By the 1600s, burning candles below had already left dark soot on top of it, which worsened the problem. In the early 1800s, the painting was moved to the Fine Arts Academy for better conser vation, and it was brought back to the Basilica only after the First World War.

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E sono quindi proprio luci e ombre a plasmare nel suo dipinto le forme, che il co lore non riveste ma crea. Da un punto di vista tecnico, crediamo che uno dei motivi per cui Tiziano abbia insistito tanto qui con il colore sia perché questa grande anco na si confronta con un contesto molto difficile, data la luce che non la illumina diret tamente arrivandole alle spalle. Per tutto il pomeriggio una luce abbacinante proviene dall’esterno e questo rende difficile la visione del dipinto, praticamente in controluce. Probabilmente per questo Tiziano utilizza una timbrica così accesa, intervenendo sul colore per rendere ancora più forte questa soluzione in un fondo di grande luce.

La storiografia e le testimonianze parlano di un’opera talmente dirompen te che forse all’inizio non fu nemmeno accettata dai Frati stessi. Qual è la vera storia che caratterizza il percorso de L’Assunta?

Al di là di queste conoscenze acquisite attraverso la documentazione archivistica, in realtà non si sa moltissimo. Ciò che si può dire con una certa sicurezza è che è un’opera che ha esercitato una potenza incredibile fin dal suo primo apparire ed è stata per questo da subito apprezzata. Il dato complesso di questo dipinto è che era molto difficile da vedere, proprio per il problema di controluce di cui ho accen nato sopra. Il Vasari scrisse subito che l’opera si vedeva con difficoltà. Le testimo nianze del Seicento la descrivono come un’opera che si era andata scurendo, in quanto illuminata da candele e quindi offuscata dal fumo. Questa oggettiva criticità è divenuta col tempo un tema cruciale nell’ottica di una buona conservazione. Tema affrontato con decisione però solo nei primi dell’Ottocento dal Presidente dell’Acca demia di Venezia Leopoldo Cicognara, il quale riuscirà ad ottenere il trasferimento dell’opera alle Gallerie appellandosi, per l’appunto, a tematiche conservative. Per quasi cento anni L’Assunta rimarrà esposta all’Accademia, inizialmente nella prima sala per poi essere trasferita nella seconda. È il 1816 l’anno in cui viene trasferita, poco prima dell’inaugurazione delle Gallerie stesse, avvenuta nel 1817. La pala troneggiava al centro della sala, tra l’altro in dialogo con Il miracolo dello schiavo di Tintoretto, esposto nella controfacciata, a sottolineare il dialogo sempre presente nella letteratura artistica tra i grandi Maestri del Cinquecento veneto.

Il dipinto è rimasto alle Gallerie per un secolo, per poi essere trasferito a Pisa e successivamente a Cremona per ragioni di protezione nel corso della Prima Guerra mondiale. Alla fine del conflitto, nel 1919, è stato restituito alla Basilica dei Frari per ritornare quindi nella sua collocazione originaria. Durante questo periodo di “assen za” la struttura marmorea che incornicia il dipinto non rimane vuota; l’opera, infatti, viene sostituita da un’altra pala con stesso soggetto firmata da Giuseppe Porta detto il Salviati. Era una grande pala proveniente dalla Chiesa di Santa Caterina di Mazzorbo, che venne aggiustata perché le sue dimensioni erano inferiori a quelle dell’edicola in marmo ai Frari. Un’ultima volta L’Assunta è stata spostata durante la Seconda Guerra mondiale, ricoverata per motivi di sicurezza a Stra.

Perché si è reso necessario il restauro?

Quando si è realizzato il primo intervento di manutenzione, resosi necessario perché la tavola era coperta da uno strato di polvere estremamente visibile, si è co minciato ad osservare molto da vicino l’opera e quello che sembrava un dipinto ben conservato in realtà presentava dei piccoli sollevamenti della pellicola pittorica. Il dipinto era coperto da una vernice molto alterata che rendeva impossibile percepire l’originale timbro dei colori, i rapporti delle profondità e l’intera composizione giocata proprio sulla posizione delle figure, non essendovi architetture o elementi naturali a denotarne lo spazio. Dopo l’intervento di restauro ogni personaggio ha ripreso la propria posizione corretta all’interno di questo articolato e affollato gruppo. Uno storico dell’arte aveva sostenuto che Tiziano non avesse dipinto il sarcofago della Vergine; sarcofago che non solo c’è, ma che riporta addirittura la firma di Tiziano. Inoltre San Pietro vi è seduto sopra. Ciò permette di capire come anche la con servazione di un dipinto influenzi la sua interpretazione. Il sarcofago non era molto visibile prima del restauro; ora è stata restituita la lettura corretta. Bisogna inoltre ricordare che L’Assunta era “chiusa” dal grande organo Mascioni, risalente al 1920, che fu collocato in una posizione così ravvicinata alla pala da non permettere una manutenzione ordinaria del retro dell’opera. Inoltre le zanche metal liche che reggevano l’organo erano puntate direttamente sul capolavoro del Tiziano. Quando l’organo suonava le note gravi l’opera andava completamente in vibrazio ne! Dopo aver effettuato un attento esame vibrometrico è stata presa la decisione importante, alquanto complessa ma di fatto necessaria, di smontare l’organo, poi restaurato, ricomposto e donato alla Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Jesolo.

The reasons for the restoration

At one point, the painting was very dirty with dust, and in a few areas, the paint was peeling. The colours were so dull and dirty some elements could not be seen at all, like Mary’s tomb. Also, a large organ had been installed dangerously close to the painting, and its metal supports were anchored on the wood panel itself! The organ’s vibrations, espe cially the lower notes, were so strong that it was just decided that the organ was to go. It would have also hindered, or downright prevented, any emergency rescue of the painting, should any such situation oc cur. Woodworms would also migrate from the organ to the painting – a nightmare. The Assumption didn’t survive this long for us to neglect it.

The several restorations carried out

The Assumption had been entirely restored twice –in 1817 and in 1974. There had also been an earlier restoration, of which we know nothing about. Giulio Bono realized as much by analysing the art and concluded it must have been carried out in the 1600s or 1700s. The 1817 intervention was the hard est to work on, as it used a delicate pigment that had long deteriorated. It was decided to eliminate the restoration entirely. The earlier restoration used oil paint, and it was decided to keep it, because any attempt to remove it would have proven too risky.

In 1968, the Istituto Centrale per il Restauro worked on the upkeep of the painting, while in 1974, Franc esco Valcanover did. Over the last fifty years, it was kept as is, bar regular cleaning of the marble frame, were soot from the candles would stick.

The Assumption in Titian’s career

This painting marks the beginning of Titian’s maturity as an artist. This is his first public piece, visible to anyone, in Venice, the city he chose as his own. Specifically, he painted it for a placed he loved, the Basilica dei Frari, which he would paint a further two pieces for. The Assumption propelled the artist to fame and consolidated his style. It is an experimental piece because it anticipated what he would do next. It contains all elements that will char acterize his art from that moment on, and it shows the expressive capabilities of his potential, which will become apparent over the course of his long career. Also of interest is Titian’s attention in the po sitioning of the artwork within the Basilica. We see it as soon as we step inside, visually framed by the choir and the arch of the niche. This is the reason why the painting displays such an obvious symme try, because it is the endpoint of our perspective.

Lighting also played a key role in Titian’s reasoning: it helps to compare it with the Pesaro Madonna, which is supposed to be looked at askew since it stood on a side wall. On the latter piece, Mary sits sideways. Baroque artists later favoured this pose, but at the time, it had never been seen before.

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Se avessimo dovuto far fronte a una qualsiasi situazione di emergenza, non saremmo mai stati in grado di portar via L’Assunta, perché l’organo dietro bloccava l’opera che esce solo ruotando dal retro dell’edicola. Anche per questa semplice e grave ragione ostativa, quindi, è risultato necessario procedere alla rimozione dell’organo. Sempre dall’organo, inoltre, provenivano gli attacchi degli insetti xilofagi che andavano inevitabilmente a deteriorare la tavola. Uno dei problemi più gravi di cui soffriva la pala, infatti, erano i tarli, che sono stati trattati ben due volte, l’ultima delle quali nel 1974. Tuttavia la qualità del legno scelto, la stagionatura e l’eccel lente metodo di assemblaggio, congiuntamente all’umidità elevata del sito e ai limitati rimaneggiamenti subiti nel passato, hanno permesso al supporto dell’opera di giungere sino a noi in condizioni conservative molto buone.

Ultima criticità, il vecchio impianto elettrico che ci faceva tremare le vene dei polsi anche solo per il rischio dell’insorgere di un incendio. Impianto che abbiamo perciò completamente rinnovato.

Quanti interventi di restauro sono stati operati su L’Assunta? L’Assunta era stata restaurata nella sua interezza nel 1817 e nel 1974. Vi è stato tuttavia anche un restauro antico, di cui non ab biamo però alcuna informazione. Giulio Bono se ne è reso conto intervenendo sul dipinto; probabilmente risale al Sei-Settecento. Il restauro del 1816 ha lasciato l’eredità più pesante, ovvero una ridi pintura sul panneggio di San Pietro. Il panneggio in origine era stato realizzato con un pigmento molto fragile che con il tempo tende a danneggiarsi, e infatti si era deteriorato. La ridipintura ottocentesca è stata eliminata, mentre quella settecentesca è stata mantenuta, perché essendo ad olio era troppo rischioso rimuoverla. Nel 1968 l’Istituto Centrale per il Restauro opera una manuten zione sul dipinto, seguita da quella del 1974 voluta da Francesco Valcanover. Negli ultimi cinquant’anni non vi sono stati altri interven ti. È apparso evidente che i frati negli anni hanno operato puliture superficiali: nella cornice di pietra, infatti, oltre una certa altezza, si poteva vedere nettamente un cambio di colore corrispondente evi

dentemente all’altezza a cui i frati riuscivano ad arrivare con la scala per togliere un po’ di fuliggine o di nerofumo.

L’Assunta è dai più considerato il capolavoro assoluto di Tiziano. In che punto del suo percorso artistico si colloca? Che cosa implicherà per l’artista quest’opera?

L’Assunta rappresenta il passaggio di Tiziano alla sua maturità. È la sua prima grande opera pubblica, visibile a tutti, a Venezia, ovvero la città che lui aveva scelto per vivere. Per lui è quindi un lavoro di un’im portanza straordinaria. Oltretutto è destinata alla Chiesa dei Frari, luogo che per lui ha un significato particolare e per il quale realizza ben tre opere. L’Assunta, insomma, lo ‘lancia’ verso una conoscenza pubblica di straordinaria rilevanza. Direi che questo è il suo passag gio alla maturità anche per quanto riguarda lo stile. È una grande sperimentazione, un’anticipazione di quello che farà dopo. L’Assunta contiene già tutti gli elementi che caratterizzeranno la pittura di Tiziano da quel momento in poi: nelle figure del coro degli angeli, ad esempio, emerge una pittura rapidissima, che sarà quella che connoterà i lavori della sua tarda età. L’Assunta è una dimostrazione, una esemplifica zione mirabile di quelle che erano le sue capacità espressive sino ad allora in potenza e che si esprimeranno e si dispiegheranno compiuta mente in seguito nel corso di tutta la sua lunghissima vita artistica. È interessante infine osservare la sua grande attenzione verso il po sizionamento dell’opera all’interno della grande Basilica dei Frari: noi cominciamo a vederla appena entriamo in chiesa, in un cono visivo che va dall’arco del coro all’arco dell’edicola, la traguardiamo da subito. Per questo Tiziano costruisce il dipinto in modo così simme trico, perché era alla fine della visione prospettica. Nella costruzione dell’opera l’ambiente condiziona sicuramente Tiziano, che studia attentamente la provenienza della luce. Se parimenti riflettiamo sulla Pala Pesaro, vediamo come il pittore la concepisca come un’opera che vada vista di lato, perché posta su una parete laterale. Il che gli impone una scelta a dir poco rivoluzionaria, vale a dire dipingere la Vergine in una postura di lato, schema che tutta la pittura barocca poi seguirà. Mariachiara Marzari

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i ncontri
DI
Giuseppe
Borsato, Commemorazione di Antonio Canova nella Scuola Grande della Carità, 1824 Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna vedi TRACCE | COR MAGNI CANOVAE p. 26
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E certo che in questa tavola si contiene la grandezza e terribilità di Michel Agnolo, la piacevolezza e venustà di Rafaello, et il colorito proprio della Natura. E tuttavia questa fu la prima opera publica, ch’egli a olio facesse: e la fece in pochissimo tempo, e giovanetto. Con tutto ciò i Pittori goffi, e lo sciocco volgo, che insino alhora non havevano veduto altro, che le cose morte e fredde di Giovanni Bellino, di Gentile e del Vivarino… le quali erano senza movimento e senza rilievo: dicevano della detta tavola un gran male. Dipoi raffreddandosi la invidia, et aprendo loro a poco a poco la verità gli occhi, cominciarono le genti a stupir della nuova maniera trovata in Vinegia da Titiano: e tutti i pittori d’indi in poi si affaticarono di imitarla; ma per esser fuori della strada loro, rimanevano smarriti. E certo si può attribuire a miracolo, che Titiano senza aver veduto alhora le anticaglie di Roma, che furono lume a tutti i Pittori eccellenti, solamente con quella poca favilluccia, ch’egli haveva scoperta nelle cose di Giorgione, vide e conobbe la Idea del dipingere perfettamente.

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Ludovico Dolce, Dialogo della pittura, 1557 i

Adominare l’interno solenne della Basilica dei Frari, luogo ricco di ca polavori artistici, è senza dubbio L’Assunta (1516-1518) di Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore, 1488/90 – Venezia, 1576) che domina come una preziosa gemma sul maestoso presbite rio. La pianta a croce latina della Basilica determina la fuga prospettica lungo l’asse longitudinale e, grazie al setto marmoreo che fa da diaframma al coro, lo sguardo è attratto verso quel centro ideale dove, incorniciata da un arco classico, la Vergine gloriosa sale in cielo circonfusa da una luce calda e divina. Commissionata al giovane Tiziano dal padre guardiano del convento, Germano da Casale nel 1516, fu collocata dentro l’imponente cornice marmorea e inaugurata il 19 maggio del 1518, il giorno prima della festa di San Bernardino, l’amato predicatore francescano. La devozione a Maria nel momento della sua assunzione in cielo grazie al privilegio di essere immune dal peccato, vista come anticipazione della gloria di tutta l’umanità, è vissuta con intensa partecipazione dalla comuni tà dei Frari, che celebra solennemente la festività del 15 agosto. La fantasia creativa di Tiziano, il suo amore per un cromatismo caldo e vibrante, unito al magistrale utilizzo della luce, innovano l’icono grafia dell’Assunzione creando un’inedita composizione, poi ammirata e imitata da pittori di tutti i tempi. La Vergine circondata da una schiera di angeli che poggiano sulle nuvole, s’innalza dalla terra al cielo, mentre gli apostoli, testimoni dell’evento, la accompagnano attraverso sguardi e movimenti che vanno verso l’alto. L’Eterno, affiancato da due angeli, si china su di lei per accoglierla: l’angelo sorregge una corona, suggerendo il momento successivo dell’incoronazione della Vergine. L’episo dio sacro, dunque, si articola in tre fasce, ma è nel sapiente uso della luce la vera novità del dipinto, che mette in evidenza la netta separazione tra la sfera terrestre e quella celeste. Nel registro inferiore gli apostoli sono immersi in una luce naturale, mentre la Vergine è circonfusa da una luce calda, divina e avviluppante, che trova il suo culmine nell’estremità superiore dove l’attende il Padre Eterno. A guardare con attenzione si colgono i solchi delle setole del pennello, che con filamenti a raggera dal Creatore inondano di luce divina la Vergine e gli angeli. Il supporto sul quale è steso il colore è costituito da venti assi di legno poste orizzontalmente che creano una tavola grandiosa (690x360 cm), difficilmente trasportabile, che ha obbligato il pittore a dipingerla nel convento anziché nella sua bottega veneziana dei Biri. Svelata al grande pubblico per la prima volta il 19 maggio 1518, fu oggetto fin da subito di pareri discordanti da parte della critica contemporanea. Alcuni furono tutt’altro che benevoli, si creò da su bito una sorta di dibattito pubblico attorno a uno dei dipinti più innovativi e rivoluzionari della pittura veneziana. Ludovico Dolce nel 1557 ( Dialogo della pittura ), vivo ancora Tiziano, descrive con acume critico la querelle anticipando molti dei giudizi della critica moderna sulla formazione del giovane pittore (vedi virgolettato a lato). Inoltre, si narra che il giovane pittore mentre stava lavorando nel convento dovette sopportare le nu merose incursioni dei frati, che intervenivano in merito al suo operato disapprovando le monumentali dimensioni degli apostoli, fino a quando non giunse una lauta proposta d’acquisto di un delegato dell’Imperatore Carlo V, forse richiamato proprio da quella notorietà che l’opera stava assumendo anche al di fuori dai domini della Repubblica. Anche se non sapremmo mai se la notizia del pericolo scampato da L’Assunta di finire nelle raccolte imperiali sia vera o falsa, è comunque certo che dopo i primi pareri discordanti e le prime difficoltà a decollare, in seguito l’opera fu tra le più ammirate, apprezzate, imitate, copiate e contemplate nel corso dei cinquecento anni dalla sua creazione. ENG Titian’s Assumption dominates the scene and the long nave draws the eye to that ideal centre where the Virgin Mary ascends to the Heavens in warm, divine light. Commissioned to a young Titian by the guardian father of the Basilica, Germano da Casale, in 1516, it was installed in place on May 19, 1518. The Franciscan community is especially devote to Mary, free from original sin and thus anticipator of the eventual state of glory of all mankind. Titian’s fantasy is apparent in the warm, vibrant colours and an incredible use of light. The iconography is also innovative and was to become an ideal for artists of generations to come. Mary is surrounded by angels sitting on clouds, levitating from ground to sky, while the apostles witness the event with gestures that point upwards. God, an angel on either side, leans toward her in acceptance. The sacred episode is thus articulated in three, but it is the light that represents the clear-cut separation between the terres trial and the heavenly. Natural light illuminates the apostles while Mary is surrounded by a warm, divine, enveloping light emanating from the Heavenly Father. Titian breaks tradition by innovating the structure of the altarpiece. The inner dynamics he was able to create by using diagonals, the original composition that takes the viewer inside the scene were unheard of. As the years passed, Titian felt clearer and clearer that his beloved Church was to guard his eternal rest.

TIZIANO. L’IMPERO DEL COLORE

Diretto da Laura Chiossone e Giulio Boato, scritto da Lucia Toso e Marco Panichella con la supervisione di Donato Dalla valle. Produzione Sky, Kublai Film, Zetagroup, Gebrueder Beetz e Arte ZDF.

Nexo Digital inaugura la nuova stagione dell’imperdibile rasse gna La Grande Arte al Cine ma, con un intenso docufilm dedicato al maestro di Pieve di Cadore, esponente di spicco della scuola veneziana e fra i protagonisti indiscussi del panorama artistico italiano del Cinquecento. La resa cinema tografica, molto riuscita perché giocata sull’impatto del colore e sulla presenza femminile – due fondamentali della poetica pit torica di Tiziano –, e l’inevita bile svolgimento narrativo, non tolgono importanza all’analisi critica sull’opera del grande ar tista, offrendo un’appassionante polifonia di sguardi che concor rono a ricostruire in modo pun tuale ed efficace la sua statura. Esperti, critici, studiosi e altri artisti internazionali si soffer mano sulla vita e sullo stile del pittore, senza tralasciare aspetti chiave della sua vicenda perso nale. E poi c’è Venezia: Tiziano ha attraversato quasi per intero il XVI secolo, trovando la morte nel 1576 a causa della peste, nel corso della lunga carriera, il suo destino si è intrecciato a doppio filo con quello della Serenissima. Sebbene abbia operato anche a servizio delle principali corti europee – Fer rara, Urbino, Mantova, Roma e Spagna –, Venezia è infatti sempre rimasta la sua “base operativa e identitaria”.

La sua influenza restò forte anche dopo la scomparsa, fra le generazioni successive, esten dendosi fino ai giorni nostri.

L’impero del colore chiama in causa un “campione” dell’ar te contemporanea come Jeff Koons per raccontare il fascino duraturo esercitato da Tiziano.

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L’OPERA di Franca Lugato

ncontri

TEATRO

FENICE

Chi segue vocazion non pecca

Non c’è migliore voce di quella del Sovrintendente e direttore arti stico della Fenice, Fortunato Ortombina, per illustrare la prossima Stagione del teatro. Con la competenza e con il grande entusiasmo che denota il suo carattere orientandone l’azione professionale, rac conta di una Fenice che ha saputo re-inventarsi anche nel periodo drammatico della pandemia, senza mai fermarsi, offrendo alla città e al mondo pagine di musica immortale, con un pubblico che non ha mai fatto mancare il suo apporto e la sua presenza, registrando numeri importanti. Il Sovrintendente è un perfetto padrone di casa, sempre presente durante le recite per accogliere e salutare perso nalmente gli ospiti e per comprendere gli umori del pubblico, che cambia ad ogni recita. Non è così frequente riscontrare una piena identificazione del teatro con chi lo dirige; probabilmente questa sensibilità e partecipazione alla vita complessa e fragile della Fenice produce la sintesi ideale di un luogo della cultura vivo e in crescita costante, aperto al nuovo, con un occhio alla tradizione, tra regie innovative e affascinanti e consolatorie letture filologiche.

Sovrintendente, ci racconti la nuova Stagione che inaugura il 18 novembre prossimo con Falstaff.

Inizio con un dato importante per un teatro, la campagna di abbo namenti, che nella prossima Stagione è simile in tutto e per tutto a quella che c’era prima della pandemia, dopo che in questi due anni siamo stati costretti a lavorare con una programmazione di mese in mese, senza poter allungare lo sguardo più di tanto.

Dal punto di vista strutturale abbiamo 10 titoli in abbonamento più altri 6 che pur non essendo compresi nell’abbonamento vengono comunque proposti al pubblico. Una Stagione che come sostengo fermamente deve avere un suo proprio stile per rendere il teatro una vera e propria “casa dell’opera”. Uno stile che dipende dalla società civile che ne ha concepito e favorito la costruzione e l’attività nel corso degli anni.

Nella Stagione della Fenice si deve poter trovare tutto: il Seicento, il Settecento, l’Ottocento, il Novecento e la musica contemporanea. Così è anche quest’anno, secondo il principio che vede due cartello ni paralleli, quello di Lirica e Balletto e quello della musica Sinfonica. Prima della pandemia il cartellone della Lirica era molto più corpo so rispetto a quello della Sinfonica, dal momento che prevedeva quasi il doppio di appuntamenti. Anche a livello visivo, essendo due manifesti cartacei delle stesse dimensioni, il primo cartellone risultava molto più fitto del secondo. Ora, dopo la pandemia, questa tendenza risulta invertita. Prima avevamo in programma una decina

di concerti, oggi ne abbiamo ben 18; viceversa fino a pochissimi anni fa eravamo arrivati a rappresentare 23-24 opere, mentre ora sono 16. Ricordiamo bene che la fruizione di un’opera o di un con certo implica un impegno di tipo diverso anche in termini temporali, e nell’esecuzione vi è un altrettanto differente sforzo realizzativo. Tutto ciò è determinato da un principio di attenta sensibilità che noi ci sentiamo in dovere di portare avanti nei confronti del pubblico, a cui vogliamo dare la possibilità di venire alla Fenice per abbeverarsi di cultura dal vivo, visto che per tanto tempo ne è stato tenuto lonta no, per motivi di diversa natura ma tutti egualmente significativi. Questa urgenza ha fatto sì che si determinasse questa ridefinizione di fondo della struttura complessiva e composita della nostra pro posta musicale, per permettere che più fasce di pubblico possibili frequentino il teatro regolarmente. I concerti della Sinfonica, quindi, per questa ragione sono più delle opere proposte nella Stagione Li rica, pur presentando la Fenice un numero di opere più alto rispetto alla media nazionale degli altri teatri lirici.

Alla Fenice spetta il compito di “fare la Fenice”, mantenendo uno standard produttivo e qualitativo di massimo livello. Si era arrivati in passato a 150 recite l’anno; si tratta di numeri non percorribili ora anche per motivi di organico. Noi oggi possiamo coniugare al meglio con le esigenze della nostra orchestra un’ampiezza di repertorio di 18 concerti.

Serve sempre avere chiaro che svolgiamo un servizio destinato al pubblico e che quindi non possiamo nella nostra attività in alcun modo trascurare quelle che sono le caratteristiche dei fruitori della nostra proposta. Sono fermamente convinto che nel corretto svol gimento del nostro lavoro non si debba mai e poi mai prescindere dall’osservazione della società, dal vivere e sentire il patrimonio emozionale della collettività. Anche da un applauso si possono capire moltissime cose, se si ha la pazienza di osservare. Dobbiamo questa attenzione al nostro pubblico in modo ancora più profondo di prima.

Non va mai dimenticato che per tanti, tantissimi spettatori, sia italiani che stranieri, venire alla Fenice rappresenta prima di ogni altra cosa vivere un’autentica “esperienza”. Il rapporto con lo spettatore non si esaurisce nel momento in cui si esibisce il biglietto e si è accompa gnati al proprio posto, qualunque esso sia, dalla platea al loggione. A prescindere dall’ordine di posto va tenuto bene a mente un concetto che non è in alcun modo monetizzabile: lo spettatore, recandosi a teatro, decide di concedere 3 ore della sua vita. Ogni spettatore è spinto da una motivazione che lo differenzia da ogni altro singolo

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LA
STAGIONE 2022-2023

spettatore presente in sala e se ne va portandosi via un’emozione che sarà anch’essa diversa da quella vissuta da ciascun altro. Il principio guida del nostro lavoro è far pensare ad ogni spettatore di trovarsi nella propria casa, nel proprio ambiente prediletto.

Sembra che della sua attenzione costante verso il pubblico se ne siano accorti fino al Colle più alto!

Con una punta di orgoglio lo scorso luglio ho ricevuto l’onorificenza di Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana, un riconoscimento morale che mi sento di condividere con ogni singolo lavoratore impegnato alla Fenice, soprattutto chi sta dietro le quinte, maestranze fondamentali per il riscontro civile, culturale ed eco nomico che la Fenice è riuscita ad ottenere in questi anni, di cui il pubblico è componente irrinunciabile e nella cui fiducia ci possiamo riconoscere.

Tornando al nostro cartellone, in esso si deve poter trovare la più ampia offerta possibile, affidandosi anche al repertorio meno con sueto e contemporaneo, oltre a dei veri e propri filoni che possono caratterizzare lo svolgimento di una Stagione. Il filone verdiano con il maestro Chung sta andando avanti da anni e quest’anno giunge al suo culmine proprio con il Falstaff, ultima opera di Verdi con cui si apre la Stagione il 18 novembre. Un percorso che abbiamo iniziato nel 2009 con La Traviata e poi andato avanti negli anni con Rigoletto, Otello e così via. Il Falstaff mancava alla Fenice da molti anni e torna nuovamente in scena oggi con la direzione di Myung-Whun Chung e la regia di Adrian Noble, per un lungo periodo direttore della Royal Shakespeare Company. Si tratta di un Verdi nella sua massima maturità; aveva infatti 80 anni quando presentò l’opera a Milano, portando sul palco una commedia che potremmo definire “diverti mento dello stile nello stile”, visto che il libretto viene scritto metten do insieme diverse commedie shakespeariane in un lavoro caratte rizzato da una finezza estrema nella stessa scelta delle parole che lo compongono. Un’opera molto difficile da eseguire; con il maestro Chung discutendone abbiamo convenuto su come, prima di portarla in scena, sarebbe stato importante aver già affrontato prima un gran numero di opere di Verdi, per conoscerne al meglio ogni segreto. A queste due straordinarie figure si aggiunge un cast giovane, con il 44enne Nicola Alaimo nei panni del protagonista, in realtà avanti con gli anni e alle prese con un destino che si prende gioco di sé stesso. Un artista fresco, ma che a mio modesto parere oggi ha un talento senza pari al mondo nella declamazione del testo.

Il secondo titolo che abbiamo in programma è un balletto, La

Those who follow ENG vocation do not sin

To illustrate the upcoming season at Venice’s main opera theatre

– the Fenice – There’s no better voice than Fortunato Ortombina’s. Ortombina is the theatre’s superintendent and art director, and a passionate professional. We will get to know more about a histori cal theatre that never stopped working, even during the pandemic, offering Venice and the world page after page of immortal music. Its audience never lacked in support and presence, either.

The Fenice’s new season, opening on November 18 with the Falstaff

I want to start with data: the number of our season ticket holders is perfectly aligned with what used to be before the pandemic. In the last two years, we couldn’t make schedules longer than a month, for obvious reasons. There is much to be seen in the upcoming season: music from the seventeenth, eighteenth, nineteenth, twenti eth centuries, and from today. As usual, there will be an opera and ballet programme and a symphony programme, though unlike earlier seasons, the two programmes will be roughly equivalent in number. The reason is, we want to reach out to the largest possi ble audience, hence we need a diverse offering and a reasonable number of productions. The times of 150 runs per year are over. What the Fenice needs to do is Being the Fenice, and honour the best of standards in production and quality. Also, what we do is a public service, which means we cannot disregard the preferences of our public. I strongly believe that the right way to do our job is to never ignore society. A round of applause tells so much, if you only are patient enough to observe. We owe our audiences our undivided attention.

For many visitors, going to the Fenice is above all an experience in itself. Our relationship with theatregoers does not limit to accom panying them to their seat after checking their ticket. Each of them gives us three hours of their life, and each has a different experi ence, a different feeling about it. Our job is to make all of them feel at home, feel like they’re in a place they would want to be.

A recognition of your merits, and the upcoming opera programme

Last July, I was made Commander of the Order of Merit of the Italian Republic, a recognition that I feel I should share with all

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Myung-Whun Chung Lac | da Il lago dei cigni Daniel Harding Orlando furioso

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dame aux camélias di Frédéric Chopin con l’Hamburg Ballet e la coreografia del suo fondatore, John Neumeier, forte di un rapporto unico con Venezia, dove ha realizzato diverse prime anche in Piazza San Marco. Alla Fenice, dove è nata La Traviata che proprio dal sog getto de La signora delle camelie trae spunto, un balletto del genere è particolarmente calzante.

Passeremo poi alla musica moderna con il Satyricon di Bruno Maderna, di cui ricorre nel 2023 il cinquantesimo anniversario della morte. Un lavoro eccezionale di questo immenso compositore e geniale direttore d’orchestra che ha diretto la prima di Intolleranza 1960 di Nono a Venezia, lavorando poi con altissimi esiti in tutto il mondo. Consiglio a tutti di ascoltare il repertorio di Mahler da lui registrato con l’Orchestra della BBC, a mio parere una delle più alte vette interpretative di tutti i tempi.

Avvicinandoci al Carnevale cambiamo stile, con Il matrimonio segre to di Domenico Cimarosa che si alternerà con una ripresa del nostro Barbiere di Siviglia. Cimarosa è stato testimone di una Fenice ancora collocata in una capitale sovrana, antecedente cioè all’arrivo di Na poleone. Dopo essere stato in Russia e aver messo lì in scena Orazi e Curiazi, Cimarosa arriva a Venezia dove si fermerà fino alla fine dei suoi giorni, che si consumerà precisamente a Palazzo Duodo, come recita una targa commemorativa.

In marzo andrà poi in scena l’Ernani, sempre di Giuseppe Ver di. Quando prima dicevo che in una Stagione deve esserci tutto, intendevo di sicuro anche i grandi classici. In questo caso si tratta di un nuovo nostro allestimento, che riprende la prima opera che venne proposta alla Fenice nel 1844, quattordici anni dopo che Victor Hugo la portasse in scena in prosa per la prima volta alla Comédie-Française di Parigi. Guadagnarsi la fama di rivoluzionario in quegli anni non era esattamente una cosa molto conveniente, ma nonostante Venezia si trovasse sotto la dominazione austriaca e in presenza di una feroce censura per ogni singola parola dei soggetti presentati, il lavoro di Verdi tratto da Victor Hugo venne autorizza to e anzi, nella scena ambientata nella tomba di Carlo Magno ad Aquisgrana, il coro famoso con il verso “Si ridesti il Leon di Castiglia” venne lasciato, ancora non si capisce perché, a maggior ragione in una città allora sotto dominazione come Venezia legata indissolubil mente alla figura del leone. Non esiste testimonianza che alla pre senza delle autorità austriache sia stato cantato questo coro, perché avrebbe voluto dire far chiudere la Fenice. Ma per strada questo risuonava, proprio per irritare l’invasore. Lungo tutto il territorio nazionale questo coro ha conosciuto versioni diverse, ad esempio a Torino era divenuto: “Si ridesti il Leon di Savoia”. Giuseppe Bandi – allora giovane giornalista formatosi alla Normale di Pisa e che poi fonderà «Il Telegrafo» di Livorno, l’attuale «Tirreno» – in un libro di memorie ricordò che sulle barche che Garibaldi e i suoi Mille rubarono dalla Liguria per arrivare in Sicilia, spedizione di cui egli stesso fece parte, ebbe l’incarico di comporre un inno dei Mille prendendo dei versi e musicandoli proprio con le note del coro dell’Ernani. Proposito che tuttavia non portò a nessun risultato, con delle prove che si rivelarono a dir poco disastrose: uno stonava, l’altro andava fuori tempo, finché un componente piemontese della spedizione non intonò La bela Gigogin e tutti gli andarono dietro... L’allestimento che portiamo in scena è una coproduzione con il Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia, per la regia di Andrea Bernard e la direzione d’orchestra di Riccardo Frizza. Tra l’altro dopo

che si era saputo che lo avremmo messo in cartellone, siamo stati invitati dal Festival di Budapest per proporlo in autunno in forma di concerto.

In abbonamento in primavera sarà la volta dell’Orfeo ed Euridice di Gluck, titolo-icona del repertorio operistico, soprattutto perché dedicato alla figura di uno dei primi cantori della storia. La direzio ne sarà di Ottavio Dantone e la regia di Pier Luigi Pizzi, una figura chiave del Neoclassicismo e della modernità a cui nessuno aveva ancora chiesto però di affrontare quest’opera, con cui era entrato in contatto diversi anni fa da sceneggiatore, per una messa in scena che vedeva la direzione di Muti e la regia di Ronconi. Altro balletto, non in abbonamento, Il lago dei cigni con il Corpo di ballo di Montecarlo, che avremmo dovuto portare in scena lo scorso dicembre prima della cancellazione dovuta al Covid. Ancora un titolo in abbonamento che non è mai stato qui eseguito è Il trionfo del tempo e del disinganno di Georg Friedrich Händel, a maggio al Malibran diretto da Andrea Marcon con la regia di Saburo Teshigawara, Leone d’Oro alla carriera all’ultima Biennale Danza. Händel è legato a Venezia e in modo particolare al Malibran, allora teatro San Giovanni Grisostomo. Nel 1707 arrivò infatti in città desideroso di imparare a scrivere musica d’opera, ricevendo come prima commissione proprio l’Agrippina che venne portata in scena in questo stesso teatro. Il trionfo del tempo e del disinganno nasce come una cantata nel periodo romano; il libretto è addirittura di un cardinale, Pietro Ottoboni, ma noi la proponiamo in forma scenica. Giugno segna per la nostra Stagione il grande e attesissimo ritorno di Wagner. Prima parlavo di scelte da dover portare avanti nella cre azione di un cartellone, con i principi di inclusività e sostenibilità che devono rappresentare sempre dei punti cardinali verso cui tendere per far procedere la nostra attività, condotta che ci ha permesso di rinunciare, a differenza di molti altri teatri, al prestito per le Fonda zioni liriche che era previsto dalla Legge Bray. Wagner mancava da molto nella nostra programmazione; c’era stato il Tannhäuser nel gennaio 2017. Torna ora, con la regia di Marcin Lakomicki e la direzione di Markus Stenz, in una nuova produzione de L’olandese volante, che sarà seguita l’anno prossimo dal Lohengrin, a testimo nianza di un’idea, di una linea molto chiara e meditata che inten diamo perseguire: esistono autori che in ogni Stagione della Fenice dovranno esserci, elementi irrinunciabili della nostra proposta e Wagner dovrà essere di sicuro uno di questi, a lui non vogliamo più rinunciare, nei limiti del possibile naturalmente. Archiviato Wagner, a seguire la Cavalleria rusticana di Pietro Masca gni, capolavoro dell’opera verista che torna da noi in scena alla fine di agosto. Uno spettacolo per la realizzazione del quale confer miamo l’importante collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Sarà proposto un inedito allestimento con la regia di Italo Nunziata e la direzione musicale di Donato Renzetti. Dopo l’estate saremo impegnati in una nuova produzione de La Traviata di Robert Carsen, in un allestimento della Fondazione Teatro La Fenice con i giovani dell’Accademia di Belle Arti, in un percorso di continuità pedagogica, scolastica e accademica che quest’anno ci ha già visto impegnati in Apollo et Hyacinthus, che Mozart scrisse quando aveva solo 12 anni. Erano ormai 4 anni che non portavamo alla Fenice l’allestimento de La Traviata di Robert Carsen e questa occasione ci accompagna idealmente alla Stagione 2023-2024, quando festeggeremo i vent’anni dalla riapertura della Fenice dopo

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l’incendio del 1996, con i concerti che ricominciarono nel 2003 e l’opera nel 2004.

Al Malibran riproponiamo poi, fuori abbonamento, l’Orlando Furioso di Vivaldi diretto dal maestro Diego Fasolis. L’allestimento di maggior successo che abbiamo realizzato in questo teatro, capace di numeri strabilianti anche attraverso il nostro canale Youtube, dove ha rag giunto in 2 anni oltre 600.000 visualizzazioni.

A chiudere la Stagione ancora Verdi, a ottobre 2023, con I due Fo scari per la direzione di Sebastiano Rolli e la regia Grischa Asagaroff, in un allestimento della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.

A tutto questo ricco cartellone vanno infine aggiunti i titoli del com parto Educational, eventi speciali della programmazione, proposti al Teatro Malibran: lo spettacolo Acquaprofonda, vincitore del Premio Filippo Siebaneck al Premio Abbiati 2022, un’opera lirica contem poranea con musiche originali di Giovanni Sollima su libretto di Giancarlo De Cataldo, e l’opera da camera Bach Haus di Michele Dall’Ongaro, in collaborazione con il Conservatorio Benedetto Mar cello di Venezia.

Ed ora la Stagione Sinfonica…

Un calendario che presenta diversi graditissimi ritorni, come quello del maestro Myung-Whun Chung o dello svizzero Charles Dutoit, il più grande tra gli interpreti delle musiche di Ravel e Debussy che arriva alla Fenice con un repertorio dedicato proprio a loro, oltre che a Fauré, e che riceverà in quell’occasione il Premio “Una vita per la Musica”. Avremo poi Tom Koopman, impegnato in musiche di Bach e Mendelssohn, e pezzi di repertorio mai eseguiti in Fenice, come il Requiem di Fauré, che andrà in scena diretto dal maestro Jonathan Darlington a febbraio 2023, o The Planets op. 32 di Gustav Holst, diretto da Dennis Russell Davies nell’ottobre 2023.

Per venerdì Santo, 7 aprile, avremo ancora il Maestro Chung impegnato in musiche di Mozart, mentre a maggio riaccoglieremo il maestro Robert Trevino con un programma di grandi classici e di grande effetto con la Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68 Pastorale di Beethoven e Also sprach Zarathustra op. 30 di Strauss. Si tratta di un concerto che aggiunge una replica rispetto alla consueta doppia data, per un progetto che stiamo portando avanti per venire incontro al pubblico under 35. Con la doppia recita a prezzo pieno ci siamo infatti assicurati la possibilità di aggiungere una data in cui il pubblico sarà esclusivamente composto da giovani che avranno la possibilità di acquistare il biglietto a soli 10 euro. Lo abbiamo già fatto due volte quest’anno, ancora con Trevino a maggio e con Joana Carneiro a fine agosto, riscontrando per entrambe le occasioni un grandissimo successo.

I giovani a teatro ci vengono: non bisogna definirli “il pubblico di domani”. Dobbiamo essere determinati nel considerarli “il pubbli co di oggi”, studiando un’offerta per loro che soddisfi un bisogno immediato. I giovani hanno una tremenda voglia di venire a Teatro e noi dobbiamo assolutamente assecondare questa urgenza culturale e sociale.

Al di là delle due sezioni più importanti della Stagione, quali gli altri appuntamenti da non mancare in nessun modo?

Ci sono date diventate ormai canoniche, penso al Concerto di Capodanno, arrivato alla sua ventesima edizione e che sarà

workers at Fenice, especially the unseen workforce behind the scenes. Their contribution has been essential for the civil, cultural, and economic outreach of our seasonal programme.

Now, speaking of programme, there will be a lot of Verdi in it. Our resident conductor, Maestro Chung, has been working extensively on Verdi over the last several years, and will present the Falstaff, Verdi’s last opera, on the season’s opening day, November 18. It had been years since the Falstaff had been performed at Fenice. The upcoming rendition will be directed by Adrian Noble, a long time member of the Royal Shakespeare Company. Verdi was 80 when he presented the opera in Milan, a piece of comedy that taps from several different comedies by Shakespeare. The cast is quite young, on average, with forty-four-year-old Nicola Alaimo in the title role. Alaimo will bring freshness to the opera, and I think his talent in declamation is unrivalled.

The second title in our programme is a ballet piece, La dame aux camélias by Chopin, a production of the Hamburg Ballet, who will employ the choreography of their founder John Neumeier. It is fitting that we welcome this particular ballet, for it was the story of the dame that inspired the Traviata, which in turned premiered right here at the Fenice Theatre.

Next, there will be modern music. Bruno Maderna’s Satyricon is an outstanding piece. An introduction to the composer’s character, which I suggest looking into, is his interpretation of Mahler’s rep ertoire with the BBC orchestra – in my opinion, one of the highest moment in musical interpretation ever.

As we draw closer to the end of winter, Domenico Cimarosa’s The Secret Marriage will alternate with Rossini’s The Barber of Seville Cimarosa (1749 – 1801) was born in Naples, though visited Venice both before and after his sojourn in Russia. In March, we will stage Verdi’s Ernani. What I meant earlier when I spoke of diversity in theatre programmes is that classics should always be there. The upcoming Ernani is our own production, which we will keep as close as possible to its first Fenice run in 1844, fourteen years after Victor Hugo’s prose version at the Comédie-Française in Paris. Being known as a revolutionary was not the way to go in Venice at the time, for the Venetian was under Austrian occupation and cen sorship was rampant. Surprisingly, though, Verdi’s opera, based on Hugo’s work, has been greenlighted. More, the scene set by Charlemagne’s tomb, with the famous verse “Let the lion awake in Castilia”, was allowed unchanged, which is all the more surpris ing given how the Lion is the symbol of Venice, too. There is no account of the Austrian authorities being present when it was sung – it would have accounted for shutting down the Fenice altogether – but we know that singing that verse to annoy the invader grew common in town.

Later in the spring, we shall have Gluck’s Orpheus and Eurydice, an icon of operatic history dedicated to one of the most ancient figures of cantors of all time. The orchestra will be conducted by Ottavio Dantone and the opera’s director will be Pier Luigi Pizzi. The ballet programme, in turn, will have a Swan Lake rendition by the Monte Carlo Ballet.

Another title that had never been performed here is Georg Frie drich Handel’s The Triumph of Time and Truth – it will be staged at the Malibran Theatre, conducted by Andrea Marcon, and directed by Saburo Teshigawara, who was awarded the Golden Lion at the last Dance Biennale. Handel got his musical education as a com poser in part in Venice, and precisely, at the Malibran Theatre – or, at the time, the San Giovanni Grisostomo Theatre. His first com mission was for an Agrippina, later performed in the same theatre. The month of June 2023 will be dedicated to Wagner. It was about time to have him back, at least since our 2017 production of the Tan nhäuser. Thanks to director Marci Lakomicki and conductor Markus Stenz, we will produce The Flying Dutchman. The next year, it will

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24 Finalmente una mostra che parla di te interattiva, unica, in Piazza San Marco Procuratie Vecchie Piazza San Marco 105, Venezia Dal mercoledì al lunedì 10-19 Tel. +39 041 5037447 visit@thehumansafetynet.org thehumansafetynet.org

i ncontri

diretto anche quest’anno da Daniel Harding, o all’appuntamento estivo in Piazza San Marco, che il prossimo 8 luglio vedrà prota gonista Juraj Valcˇuha ed un classico tra i classici come la Sinfonia n. 9 in re minore op. 125 per soli, coro e orchestra di Beethoven. Con i Carmina Burana quest’anno siamo riusciti a portare in Piazza Orchestra e Coro e ad avere la diretta di Rai Cultura, che ha regalato agli spettatori di Rai 5 e RaiPlay una serata live di grande musica e grande bellezza, a mio avviso una delle migliori trasmissioni che siano state dedicate a Venezia negli ultimi anni. Speriamo che per la prossima estate le vicende drammatiche che stanno caratterizzando il nostro presente possano trovare una so luzione positiva e che la gioia beethoveniana non debba più essere associata ad appelli, ma che rappresenti invece il vertice simbolico attraverso il quale festeggiare una gioia e una pace finalmente ritro vate e soprattutto durature.

La Fenice oltre San Fantin. Ci occuperemo di quello che con tutta probabilità sarà il concerto inaugurale di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, per commemorare il prezzo altissimo che queste due città hanno dovuto pagare durante la pandemia. Ci sarà poi il tour dell’Ernani al Festival di Budapest, mentre è stato rinviato al 2024 un appunta mento che avevamo in programma al Festival dell’Opera di Savonlin na in Finlandia, data la vicinanza del Paese alla Russia. L’area metropolitana è da sempre al centro dei nostri progetti, con concerti e conferenze che negli ultimi 3 anni hanno raggiunto i 300 eventi, con una media di oltre 70 all’anno, che vanno dal concerto di musica da camera alla presentazione di opere attraverso relatori esperti in materia.

In termini di collaborazione con il territorio mi sento di citare proprio l’esperienza educational, che porta i ragazzi delle scuole del terri torio a prepararsi in classe per arrivare poi alla Fenice ed assistere più formati alle prove generali, dopo aver vissuto subito prima della recita un altro momento di formazione con i nostri collaboratori. È stata un’esperienza davvero eccezionale: quando mi sono recato a salutare le scolaresche in occasione del momento di formazione subito precedente alla recita sono entrato in contatto con classi provenienti da ogni parte d’Italia che avevano concepito la gita in città proprio in funzione del momento in cui sarebbero venuti alla Fenice e al Malibran ad assistere alla recita, dopo averne studiato le tematiche in classe. Davvero un’emozione. Per intercettare un pubblico ancora più giovane abbiamo poi in pro gramma gli incontri il sabato e la domenica alle Sale Apollinee in cui i bambini possono giocare con gli strumenti musicali e familiarizzare con i personaggi delle recite, avvicinandosi così proprio corporea mente alle trame delle opere.

Ci consideriamo il Teatro della città e del territorio e vogliamo conti nuare a rivestire questo ruolo, rafforzandolo se possibile, desiderosi di essere ancora più stupiti dalla fedeltà di spettatori che arrivano a Venezia da ogni parte del mondo appositamente per seguire una recita nel nostro Teatro, come accaduto di recente con il Trovatore messo in scena a settembre. Questo è il più grande riconoscimento per noi: poter coltivare il rapporto con un pubblico che si rende per fettamente conto di quanta preparazione di mesi o di anni si possa condensare in una recita che dura qualche ora sul palcoscenico, ma tutta la vita nei ricordi. Fabio Marzari

be Lohengrin’s turn. We believe firmly that each season at Fenice must include essential elements, with Wagner being one of them. Mascagni comes next, with the Cavalleria Rusticana, a verist masterpiece that will be staged in late August and co-produced with the Venice Academy of Fine Arts. The staging is new and original thanks to director Italo Nunziata and musical direction by Donatto Renzetti. Further on, we will work on Robert Carsen’s production of the Traviata together with the students of the Fine Arts Academy, four years after its earlier run. This will take us into the 2023-2024 season, when we will celebrate the twenty years since Fenice’s reopening after the 1996 fire. More concerts at the Malibran Theatre: Vivaldi’s Orlando furioso conducted by Diego Fasolis. This is Malibran’s most successful production, proved also by the view count on our YouTube channel, totalling over 600,000. Closing the season, more Verdi, with I due Foscari to be staged in October 2023 by Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Completing the season are concerts of the Educational programme and other special events, like Acquapro fonda, a modern opera with original music by Giovanni Sollima on a libretto by Giancarlo De Cataldo, and chamber opera Bach Haus by Michele Dall’Ongaro, a co-production with the Benedetto Marcello Music Conservatory of Venice.

On to symphony…

Our programme lists great homecoming events, like that of maes tros Myung-Whun Chung and Charles Dutoit, who will bring to the Fenice his masterful interpretations of Ravel and Debussy. We will welcome Tom Koopman, too, with music by Bach and Mendels sohn, and pieces never played at Fenice before, like Fauré’s Req uiem, which will be conducted by Jonathan Darlington in February 2023, or Gustav Holst’s The Planets op. 32, conducted by Dennis Russel Davies in October 2023.

On Good Friday next year, April 7, Maestro Chung will preside over a Mozart performance, while in May, we will have Robert Tre vino and his classics programme with Beethoven and Strauss. The latter concert will have the usual double night programme, plus a third one, dedicated to an audience strictly under 35, at a reduced price of only ten euro. Young audiences exist, and I prefer not to call them ‘the audience of tomorrow’ – they are the audience of today, and we must address their preferences. They want to go to theatre, and we must support this social, as well as cultural, urgency.

The Fenice beyond Venice

We will most likely participate in the 2023 Italian Cultural Capital programme in Bergamo and Brescia and we will take the Ernani to the Budapest Festival. We will also produce shows in the Metro Venice area – over the last three years, there have been over 300. We work with schools, too, whose classes may watch dress rehearsals together with their teachers and our educators. There’s a programme for younger children every Saturday and Sunday, where they are encouraged to touch and play with musical instru ments and familiarize with the characters of famous operas. We are the theatre of Venice, and we take pride in this role. We love our international and local audiences and work every day on being the place where a show that last a few hours can turn into memo ries that last a lifetime.

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COR MAGNI CANOVAE

L’arte e il destino legano Tiziano, Canova, la Basilica dei Frari e Leopoldo Cicognara: davanti a L’Assunta, in quel periodo conservata ed esposta all’Accademia Veneta di Belle Arti, presieduta da Leopoldo Cicognara, si celebrò nel 1827 il funerale laico di Canova, come testimonia il dipinto di Giuseppe Borsato; sul finire del Settecento (1794), il primo progetto per la realizzazione di un mausoleo nel luogo della tomba del pittore cadorino (già ai Frari) fu di Antonio Canova.

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Monumento ad Antonio Canova 1822–1827 Antonio Bosa, Giuseppe Fabris, Bartolomeo Ferrari, Jacopo De’ Martini, Rinaldo Rinaldi, Luigi Zandomeneghi

Marlene Dumas

28 palazzograssi.it Marlene Dumas, Time and Chimera 2020. Oil on canvas, 300 x 100 cm. Courtesy the artist and Zeno X Gallery, Antwerp Palazzo Grassi Venezia 27.03.22 – 08.01.23
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trac ce

Lo stesso modello, conservato all’Accademia, fu poi ripreso dagli allievi di Canova – Antonio Bosa, Giuseppe Fabris, Bartolomeo Ferrari, Jacopo De’ Martini, Rinaldo Rinaldi, Luigi Zandomeneghi –per il Cenotafio dello scultore di Possagno, realizzato nel 1822-27, che si trova nella navata sinistra della Basilica dei Frari, proprio di fronte al Monumento a Tiziano, realizzato tra il 1843 e il 1853 da Luigi Zandomeneghi. Attorno a L’Assunta, al Cenotafio di Antonio Canova – opere en trambe restaurate, svelate e celebrate – e al Monumento a Tiziano Vecellio ruota la nostra storia, che racconta di un filo rosso che attraversa i secoli e lega indissolubilmente due grandissimi Maestri.

GLI ULTIMI GIORNI DI CANOVA

Al secondo piano di Palazzo Francesconi in Bacino Orseolo, la mattina del 13 ottobre del 1822 si placa la lunga agonia di Antonio Canova, morto all’età di 66 anni. Rientrato da Roma nella sua terra natale, Possagno, il mese precedente, aveva raggiunto Venezia il 4 ottobre per affidarsi alle cure del medico Francesco Aglietti, accet tando l’ospitalità dell’amico Floriano Francesconi, il fondatore della “Bottega del caffè” (Caffè Florian) di Piazza San Marco. I disturbi che accusava oramai da lungo tempo erano sempre più dolorosi e localizzati nella zona dell’addome, una sorta di “malattia professio nale” acutizzata dalla pressione di trapani e strumenti del mestiere.

Il trapasso del grande scultore venne celebrato con due funerali a Venezia e a Roma e con una sentita commemorazione laica, voluta, costruita e coordinata nei minimi dettagli da Leopoldo Cicognara nel salone dell’Accademia Veneta di Belle Arti, che ospitava all’e poca la grande tavola di Tiziano con l’Assunta dei Frari (vedi p. 10).

Le spoglie dell’artista vennero deposte nella vecchia Parrocchiale di Possagno per essere trasferite un decennio dopo all’interno del Tempio canoviano, da lui stesso progettato. Il cuore di Canova, sede dell’anima e dello spirito del “divin scultore”, venne estratto du rante l’autopsia e preservato in un’urna di porfido alla quale venne incisa l’iscrizione latina COR MAGNI CANOVAE, venerato da allievi, discepoli, seguaci e ammiratori come una reliquia laica. Inizialmente conservato presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia assieme alla mano destra che aveva creato tanta bellezza, il cuore fu deposto con un’importante cerimonia all’interno del cenotafio dei Frari cin que anni più tardi, quando il monumento funebre venne concluso e inaugurato il primo giugno del 1827.

IL MONUMENTO DEI FRARI

L’ispirazione per la composizione del mausoleo a memoria dello scultore arrivò dallo stesso Canova, dal progetto – il cui modello in creta è conservato alle Gallerie dell’Accademia – che aveva propo sto per il Monumento a Tiziano, nel 1794, e che poi verrà ripreso nel Monumento a Maria Cristina d’Austria nella chiesa degli Agostiniani di Vienna (1798–1805). La porta, semiaperta al centro della pirami de, segna il trapasso dal mondo dei vivi all’ignoto regno dei morti, passaggio accompagnato dal mesto incedere del corteo di figure sulla destra che si riferiscono alle Arti sorelle. La figura femminile piangente avvolta nel morbido velo allude alla scultura, seguita dalla pittura e dall’architettura, caratterizzate da una sconsolata tristezza nei volti. I tre “genietti” con la torcia accesa simboleggiano l’immortalità dell’arte. Il genio di Canova sta invece sul lato sinistro, raffigurato da una giovane figura maschile alata e dormiente che

tiene in mano una torcia spenta. Anche nel simbolico leone acco vacciato si coglie la partecipazione della città alla perdita del grande artista. Dopo la morte di Antonio Canova l’opera fu compiuta per iniziativa dell’Accademia Veneta di Belle Arti e in particolare dell’al lora presidente Leopoldo Cicognara. La risposta dell’Europa alla sottoscrizione pubblica per la realizzazione del monumento funebre nella Basilica dei Frari fu entusiastica: un gruppo di appassionati discepoli ideò una composizione che fosse soprattutto una pro fonda meditazione sull’arte e sulla morte, grazie alla presenza delle figure simboliche che poggiano su un proscenio di gradoni da dove s’innalza il candore assoluto della piramide in marmo di Carrara.

VICENDE CONSERVATIVE

Costruita interamente con blocchi in marmo di Carrara, tranne il basamento in lumachella, l’intera opera è composta da una grande piramide in marmo di Carrara, la cui base misura circa 8,8 metri, che poggia su un basamento composto da una larga scalinata a tre gradini pure in marmo di Carrara su cui sono collocate le varie statue costituenti l’intera rappresentazione funebre e il tutto poggia su un alto basamento in lumachella.

Sin da principio le vicende conservative del monumento furono avverse, manifestando segni di decadimento a soli vent’anni dall’i naugurazione, in particolare nei gruppi scultorei e nella gradinata realizzate con marmo di seconda scelta. Macchie di ruggine dovute alla corrosione degli elementi metallici affiorarono assieme alle sconnessioni delle lastre di rivestimento del basamento in luma chella a causa di assestamenti. Gli interventi di restauro dell’ultimo decennio del secolo scorso purtroppo non arrestarono le patologie di degrado in atto.

A partire dal 2010 grazie al sostegno offerto dal comitato privato inglese Venice in Peril Fund e le Soprintendenze competenti è stata avviata un’importante campagna di studi e progetti preliminari all’avvio dell’intervento di restauro iniziato nel giugno 2021, durato poco più di un anno, e portato a termine in occasione del bicen tenario della morte di Antonio Canova dal Laboratorio di restauro Ottorino Nonfarmale, restituendo una corretta e pregevole integrità di lettura a questa celebre opera d’arte. Franca Lugato

LA MOSTRA

Io Canova. Genio europeo è una tappa fondamentale nelle ce lebrazioni ufficiali per i 200 anni dalla sua morte (il 13 ottobre 1822 moriva a Venezia). Dal 15 ottobre al 26 febbraio 2023, i Musei Civici di Bassano del Grappa in collaborazione con Villaggio Globale International indagano Canova oltre l’artista, oltre il geniale scultore acclamato dai contemporanei come il nuovo Fidia; oltre il Maestro che, senza rinunciare ad essere moderno, fece risorgere l’antico in scultura, incantando con la bellezza eterna e senza tempo delle sue opere. Curata da Giu seppe Pavanello e Mario Guderzo, con la direzione scientifica di Barbara Guidi, la mostra restituisce un’immagine inedita del grande scultore, affascinante e attualissima, svelando l’uomo, il collezionista, il diplomatico, il protettore delle arti: una tra le personalità più significative del mondo culturale e politico a cavallo tra XVIII e XIX secolo.

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www.museibassano.it

special e

IL TEMPIO DELLA SALVEZZA

L’anno 1630, mentre colpiti la Dominante e lo Stato dall’orrido flagello della peste, il voto di erigere il sacro tempio dedicato a Santa Maria della Salute riuscì mezzo opportuno per placare l’ira del cielo e restituire all’afflitta patria la salute, il commercio e il modo di rimettere le perdite di tanto popolo perito

Giannantonio Moschini

La chiesa e il seminario di Sta. Maria della salute in Venezia, 1842

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BASILICA

Un’imponente gradinata, che sembra quasi emergere dall’acqua, conduce all’ingresso della Basilica a pianta centrale, sormontata da una doppia cupola scenografica. Sulla sommità della cupola mag giore si trova la statua della Vergine con il bastone di Capitana de mar. Progettata dal giovane Baldassarre Longhena, in stile barocco assolutamente innovativo, “la rotonda macchina che mai s’è veduta né mai inventata”, come egli stesso la definì, venne iniziata nel 1631 e però conclusa solo dopo la sua morte nel 1687. Una serie ricchis sima di statue decorano la facciata principale e i lati esterni dell’edi ficio, continuando anche all’interno, secondo il tema della glorifica zione di Maria. L’altare maggiore colpisce per la sua mole imponente e per lo straordinario gruppo marmoreo di Giusto Le Court che si trova sulla sommità: la Vergine appare maestosa con il Bambino in braccio, sopra un masso di nubi con tre putti angelici ai piedi; un angelo con la fiaccola caccia la peste che fugge precipitosa mentre una donna riccamente adornata ricorda la città di Venezia che sta supplice in ginocchio ai piedi della Madonna. Al centro dell’altare la splendida immagine della Madonna della Salute, la Mesopanditissa. N.B. Dalla statua della Peste, raffigurata da Giusto Le Court sull’alta re come una megera vecchia e sdentata, deriva il detto veneziano: Ti xè bruta come ea peste!

ENG An imposingly large staircase seems to rise from the water. Once in, you will see the inside of the double dome construct hovering it. On the top of the larger dome is a statue of the Virgin with the mace of Capitano da Mar (Admiral). Designed by a young Baldassarre Longhena in an innovative Baroque style, the construc tion of the church began in 1631 and was concluded after Longh ena’s death, in 1687. Statues adorn the main façade and the outer sides of the building as well as the inside. The main altar is majestic in its size and is decorated by a marble group by Giusto Le Court. The Virgin Mary appears with the Child in her arms over clouds, puttos at her feet. An angel chases away the plague with a torch while a richly-adorned woman, Venice, reveres the Madonna. Note: Le Court sculpted an allegory of the plague in the shape of a toothless old hag. Hence, the Venetian saying: you’re ugly as a plague!

ICONA

La venerata icona della Madonna delle Grazie detta “della Salute” fu trasportata a Venezia dal Doge Morosini nel 1670 dalla Cattedrale di San Tito di Candia, dopo la fine della guerra. La tavola del XIII secolo in stile bizantino è di particolare suggestione per il volto ombrato e gli occhi penetranti della Madonna. N.B. A Candia era denominata anche “la Mesopanditissa”, dall’uso liturgico locale che la festeggiava a metà ( mezo ) tra la festa dell’Epi fania (6 gennaio) e la festa di Maria Ipapantissa (2 febbraio). Da cui il termine “mesoipapantissa”, trasformato popolarmente in “mesopan ditissa”.

ENG The icon of Our Lady of Graces, also known as Our Lady of Good Health, was brought to Venice by Doge Morosini in 1670 from St. Titus Cathedral in Candia (present-day Heraklion, Crete).

The XIII-century Byzantine plate is highly suggestive for the Ma donna’s shadowy face and piercing eyes.

Note: Mesopandotissa is a Greek/Venetian form of Mesoipapantis sa, an appellative of the Madonna that originated in Crete that used to signify the feast took place midway (miso) to the Ipapantissa, whose day of celebration is February 2.

PONTE VOTIVO

Una fila ininterrotta di persone si reca in pellegrinaggio presso la ma estosa Chiesa della Salute e lo fa percorrendo a piedi il ponte votivo, un ponte temporaneo costruito su barche, che attraversa il Canal Grande e collega le rive di Santa Maria del Giglio (San Marco) con la Basilica del Longhena (Dorsoduro).

N.B. Occasione unica per ammirare da una prospettiva insolita i profili dei palazzi e delle chiese affacciate sul Canal Grande.

ENG Pilgrims can reach the Basilica on foot via the votive bridge, a temporary bridge over the Grand Canal that unites Santa Maria del Giglio and the Basilica.

Note: A chance to see the palaces overlooking the Grand Canal from an unusual perspective.

CANDELE

Il legame ancora vivo e intenso tra Venezia, i veneziani e la Madonna della Salute si traduce nella quantità di candele che durante la Festa vengono raccolte in Basilica, numeri tali da garantire il fabbisogno annuo per tutte le chiese della città. La tradizione vuole infatti che per rendere omaggio alla Madonna vengano portate e accese delle candele – non c’è una regola fissa per il numero, ognuno si com porta in base alle proprie volontà – affinché possa intercedere per la buona salute.

N.B. Nel campo antistante la Basilica numerosi banchetti vendono candele di ogni grandezza.

ENG Venetians are very devoted to Saint Mary up to this day, and you can tell from the number of candles that during the Feast are lit in the church – more than all the other churches in Venice, combined, over a year. Tradition dictates the candles (any number, you get to choose how many) testify your devotion and your plea for good health.

Note: Candles are sold just before the Basilica.

CROCCANTE E PALLONCINI

Il sacro e il profano come ogni festa religiosa che si rispetti convi vono e si fondono perfettamente. Accanto al sincero sentimento religioso convive l’aspetto più laico e gioioso: banchi imbanditi di dolciumi, soprattutto croccante alle mandorle e gigantesche frittelle, aspettano i fedeli fuori dalla Basilica. Immancabili i palloncini colorati e i giocattoli per i più piccoli.

N.B. Da consumarsi rigorosamente per strada. ENG The sacred and the profane, as is the case with any religious feast, peacefully coexist. Stands sell candy, especially almond brittle and beignets and wait for you after church. Balloons and toys are available for the younger ones.

Note: Eat right away! Why wait?

CASTRADINA

Piatto della tradizione a base di cosciotto di castrato (montone salato e affumicato) cucinato per ore e saltato in padella con cavolo verza. Un omaggio alla fedeltà dei Dalmati che, nel lunghissimo iso lamento patito da Venezia durante la pestilenza, sono stati gli unici a rifornire gli abitanti di cibo, soprattutto il montone, diffusissimo in quei territori. Ecco perché a ricordo di quel travagliato periodo si è mantenuta la tradizione di mangiare solo nella festività della Salute la “castradina”.

N.B. Pietanza saporita per palati avvezzi a gusti forti.

ENG A plate of Venetian tradition, it is mutton chop, smoked and slow-cooked with savoy cabbage. An homage to the loyalty of the Dalmatians, who, in the long plague induced isolation of Ven ice, were the only one to send regularly supplies to town and feed the Venetians. Muttons are traditionally raised in their territories.

Note: Beware! Strong tastes ahead.

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Festa della Madonna della Salute 21 novembre Basilica di Santa Maria della Salute basilicasalutevenezia.it
© Felipe Baeza. Courtesy the Artist; Maureen Paley, London

speciale

STORIE

Pochi i luoghi a Venezia dove si possono ancora ammirare i cuoridoro, manufatti frutto di un’arte originaria fin dal XIII secolo del sud della Spagna, transitata a Costan tinopoli e quindi approdata a Venezia, dove nel Cinquecento si contavano oltre settanta botteghe e un traffico commerciale assai attivo e lucroso.

Il cuoio decorato per le sue qualità di resistenza e isolamento veniva usato principalmente come supporto ornamentale per il rivestimen to delle pareti e per vari arredi quali spalliere, paraventi, cortine, soprapporte, drappi, tappeti da tavolo, cuscini, sedie, cassoni, custodie di diverse fogge e utilizzo.

Tutte le chiese più importanti avevano dotazioni complete di cuoi da tappezzeria da alternare alle pareti, da avvoltolare alle colonne e per rivestire gli altari in occasione delle maggiori celebrazioni liturgiche, come risulta dai resoconti archivistici delle visite pastorali tra Sei cento e Settecento per l’inventariazione e la costatazione dello stato di conservazioni dei beni ecclesiastici. La difficile conservazione del cuoio, però, ha provocato il deperimento e, infine, la scomparsa di questo prezioso patrimonio di manufatti. Ancora esistenti nella Chiesa del Redentore rimangono gli splendidi paliotti attribuiti a Francesco Guardi, esibiti durante il periodo dei riti annuali per il voto contro la Peste. Andati irrimediabilmente perduti, invece, i cuoridoro che venivano esposti per la Festa della Salute, attualmente sostituti nel rivestimento delle quattro colonne dell’altar maggiore e delle otto che sorreggono la cupola centrale della basilica dal recente ancorché prezioso tessuto velluto soprarizzo a fondo giallo dorato con decorazioni a elementi architettonici, vegetali e floreali, prodotto dalla Tessitura Luigi Bevilacqua di Venezia. Anche le pareti dei ricchi palazzi veneziani venivano ricoperte da questi preziosi cuoi che rallegravano di colori le stanze e durante l’inverno avevano anche funzione di difendere la temperatura. Si conservano ancora gli esiti di quest’arte nelle sale della Quarantia Criminal e dei Conservatori e gli Esecutori alle leggi a Palazzo Du cale, dove le pareti sono ricoperte da cuoridoro, tuttavia a testimo nianza del loro diffuso impiego nel monumentale edificio, rimangono in alcuni ambienti i ganci in metallo che servivano ad appendere alle superfici murarie le pezze di cuoio decorate. Di straordinaria raffi natezza, nell’Armeria sono esposti diversi scudi da parata a “rotella” e vari preziosi turcassi con le decorazioni a cuoridoro. Altri esempi accessibili al pubblico sono visitabili in una sala di palazzo Vendra min Calergi, ora Casinò municipale, e nella biblioteca di Palazzo Papadopoli, ora albergo, sul Canal Grande. Utile a questo proposito è la testimonianza di Giovanni Grevembroch riportata nel suo Gli abiti de veneziani, a corredo del disegno Fabbricatore di cuoia d’Oro, dove viene menzionato uno dei pochi nomi di artisti sopravvissuto in quest’arte: «Le suppellettili delle Case veneziane della nostra inclita Città, così delle Famiglie grandi che delle mezzane, rispetto alla bellezza e ricchezza loro, sono non che incredibili ma impos sibili a descriverle. È ragionevole cosa che essendo passati tanti secoli, senza che mai Venezia fosse toccata da mano inimica non stupisce si siano preservati, ampliati di cospicui mobili. Fra questi gli Maggiori usarono assai le Cuoia d’oro e d’argento, dipinti a

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di Camillo Tonini
I CUORIDORO A VENEZIA

e

34 special
I CUORIDORO A VENEZIA
Per esser l’arte in sé di gran bellezza, & molto dilettevole da vedere, e ancor di grandissimo guadagno per coloro, che la fanno: percioche questa si chiama l’Arte dell’oro
L.
Fioravanti, Dello specchio di Scientia Universale, Venezia, 1572

fiori, e a grottesco, con animali quadrupedi e volatili, così aprendo le muraglie delle Stanze, grate all’occhio umano e lucide per la qualità della Vernice. La Veneta Nazione è sola che porta il vanto di tale antica bell’arte. Quando del 1574 fu data una pubblica Festa da Ballo al Re di Francia nella Sala del Maggior Consiglio sedevano sopra Banchi, forse lavorati da Pietro Paolo Majorani, allora il più eccellente Maestro, duecento belle gentildonne. Anche i Forastieri ambiscono simili manifatture, per il che la Spagna, la Francia, la Germa nia, la Fiandra, la Turchia ed il Giappone, altre volte ne fecero provvisione abbondante».

A sostenere questa notevole produzione dei cuoridoro, erano le maestranze affiliate all’Arte dei dipintori, che assieme ai di segnatori, miniatori, targheri e doratori, si raccoglievano sotto la protezione di San Luca nella Scuola eretta a Cannaregio, accanto alla Chiesa di Santa Sofia.

Lunga e laboriosa la realizzazione di questi manufatti. L’as semblaggio delle pelli avveniva per cucitura, o si procedeva più comunemente con l’incollaggio sovrapponendone i bordi. Le pelli venivano conciate bagnate, battute, levigate, tagliate a misura e ricoperte di colla per ricevere le foglie metalliche d’argento o di oro che venivano brunite per renderle lucide. I disegni erano riportati con l’impressione di una vernice scura e con rilievi a pressione. Seguiva una sapiente punzonatura con piccoli ferri «quadrati, a occhio di gallo, a spina di pesce e altre sorti» per creare un chiaroscuro tattile, come riportato con dovizia di particolari da Leonardo Fioravanti nel suo trattato Dello specchio di scientia universale. Per ultimo si procedeva alla decorazione cromatica con lacche e pigmenti coprenti con legante oleoso che, specialmente del Settecen to, si accese di una smagliante gamma di colori. Inconfondibile nella decorazione dei cuoridoro l’influenza degli stilemi tipici dell’arte islamica. Fiori e frutti naturalistici o stilizzati, tra i quali frequenti il tulipano e il melograno, si in trecciano a formare mazzi, ghirlande, festoni spesso con ani mali, putti, e al centro stemmi araldici e immagini devozionali. Frequenti anche le decorazioni geometriche e a grottesca. Nel corso del Settecento cominciò ad affermarsi l’uso della carta da parati che portò quest’arte a un rapido declino. Come riporta ancora Giovanni Grevembroch negli anni Sessanta del Settecento le botteghe si erano ridotte a sette «sopra le quali vivevano circa cinquanta Uomeni e nulla più per essersi dismessa l’usanza». Dopo il 1806, con la sop pressione delle corporazioni di mestiere, l’arte dei cuoridoro si spense quasi completamente. Alla fine dell’Ottocento sopravviveva un solo artigiano ca pace di realizzare tali manufatti nel quale Agostino Sagredo riponeva la speranza che «potrà forse far rivivere i cuoi dorati» (A. Sagredo, Sulle consorterie delle arti edificatorie in Venezia, Venezia, 1856).

Nello stesso periodo si afferma un rinnovato interesse storico collezionistico per questa antica arte con la ricerca degli oggetti e dei lacerti che erano ancora disponibili nelle case gentilizie e finiti sul mercato antiquario. Una parte di questi, con lasciti e acquisti, sono confluiti nella bella raccolta di cuoridoro di recente restaurata al Civico Museo Correr, che ci restituisce un raro, quanto diversificato repertorio della luce e dei colori di quest’arte decorativa oramai del tutto scomparsa a Venezia.

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IL LATTE DEI SOGNI OVVERO LA LINFA DELLE REALTÀ

POSSIBILI E

IMMAGINABILI

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Katharina Fritsch, Padiglione Centrale - Giardini Simone Leigh, Arsenale

Potremmo pensare che in risposta alla vis destruens manifestata dai fautori della cancel culture Cecilia Alemani abbia propo sto con Il latte dei sogni una pars construens rileggendo il passato recente della Storia dell’arte dando visibilità anche a chi non ne ha avuta affatto o a sufficienza. Nei racconti brevi della raccolta Il latte dei sogni, Leonora Carrington dà ai protagonisti delle storie la possibilità di ridefinire sé stessi e reinventare la vita e la realtà che li circonda attraverso il filtro della fantasia. Il latte dei sogni, pertanto, è un inno alla libertà dell’Essere ciò che si vuole e di interpretare il mondo come meglio si crede. Cecilia Alemani, partendo da questo concetto, con la mostra ufficiale della 59. Biennale Arte ha proposto una forte e intensa riflessione sulle identità dell’essere umano e sul ruolo che l’arte e più in generale la cultura possono e devono avere per trasmettere, con coraggio e spesso anticipando i tempi, messaggi di impegno civile. La società attuale ha dimostrato una nuova sensibilità e un’urgenza nell’affrontare tematiche per troppo tempo ritenute ‘scomode’, banaliz zate, fatte oggetto di censura e repressioni. Il latte dei sogni in questi sette mesi è stato un nutrimento per la “fauna d’arte” internazionale: un alimento prezioso per stimolare le coscienze, per ravvivare le capacità immaginative di tutti coloro che si sono confrontati con le opere e i ma teriali esposti avendo avuto il coraggio di spogliarsi dalle convenzioni e dai preconcetti per riconsiderare l’esistenza con gli occhi e la fantasia dell’Altro/a. La curatrice, invitando e presentando soprattutto artiste ha cercato di colmare un gender gap millenario, ormai inconcepibile, (Lea Vergine con L’altra metà dell’avanguardia è il precedente più illustre) e lo ha fatto senza trascurare la compagine e la cultura queer. Una Biennale necessaria e stringente sul nostro presente, assolutamente da visitate entro il 27 novembre.

di Francesco Santaniello

Ai Giardini nel Padiglione Centrale, Cecilia Alemani traccia un percorso dal registro più storicistico e retrospettivo, offrendoci la possibilità di vedere opere, oggetti e documenti che testimoniano il contributo imprescin dibile dato dalle artiste e da autori/autrici anticonvenzionali alle avanguardie storiche e non solo. Radunando tali materiali e mettendoli in relazione fra loro, cosa mai avvenuta prima in maniera così sistematica, se ne è amplificato il valore cultu rale poiché si è dimostrato quanto quelle sperimentazioni e sensibilità abbiano influito sugli indirizzi di ricerca delle ge nerazioni successive, fino all’oggi. La mostra caleidoscopica e multiforme obbliga il pubblico, che ormai ha un approccio più consapevole, a riconsiderare aspetti della Storia dell’ar te, scritta quasi sempre da uomini, evidenziando soggetti e dinamiche vitali per la creatività. La mostra mette in luce così i fili che collegano le esperienze attuali e le sperimentazioni avanguardiste e anticonvenzionali del passato proponendo un esercizio mnemonico, non a caso il percorso espositivo inizia con l’elefantessa verde ( Elefant/Elephant) di Katharina Fritsch: il pachiderma, che già nelle antiche iconologie era legato al concetto di memoria, con la sua pelle colorata, richiamo alla problematiche ambientaliste, dimostra che è possibile guar dare il mondo con occhi diversi, poiché differente è il modo di interpretare e raccontare LE realtà che chiamiamo esistenza. Non può esserci una sola, esatta e dogmatica, interpretazione della vita. Addentrandosi nel ventre fecondo del Padiglione centrale si giunge a La culla della Strega dove, accanto al raro e folgorante filmato di Maya Deren, si trovavano le oniriche visioni di Leonor Fini e di Remedios Varo; le immaginifiche narrazioni di Leonora Carrington; le spregiudicate sperimenta zioni delle futuriste capeggiate da Benedetta; la vitale, gioiosa danza-performance di Joséphine Baker. Lungi dal ritenere che la creatività femminile sia legata soltanto agli aspetti surreali, irrazionali, onirici, “stregoneschi” e medianici, alcune rappre sentanti della Bauhaus, e soprattutto la capsula Tecnologie dell’incanto, con l’arte programmata e cinetica di Grazia Vari sco, di Nanda Vigo e di Dadamaino, sono esempi di ricerche impostate sulla razionalità e le scienze esatte. Così è (se vi pare).

All’Arsenale, come ai Giardini, la curatrice ha sviluppato un discorso espositivo complesso e articolato in tre aree tematiche – La rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; Il rappor to individui-tecnologia; Il legame tra l’essere umano e la terra – intrec ciando i fili delle eredità e continuità, ascendenze e derivazioni tra opere, poetiche, esperienze di vita. Alemani ci ha offerto una panoramica più ampia e attenta su talune situazioni dell’arte e della cultura del Novecen to, dalle quali sono germogliate tante esperienze contemporanee. Mag giore spazio è stato dato alle artiste: per la prima volta, ribadiamolo, la loro presenza supera di gran lunga quella maschile. Tuttavia questa bina ria distinzione di genere non ha senso, ora più che mai, poiché Il latte dei sogni ha nutrito e nutre senza distinzioni di sesso, latitudine o condizione sociale e chiunque può immaginare mondi diversi al di fuori del perimetro della realtà. Paradigmatica l’opera di apertura dell’itinerario espositivo alle Corderie, Brick House, scultura monumentale in bronzo di Simone Leigh (Leone d’oro e protagonista del Padiglione USA): il colossale busto raffigurante una donna dai tratti africani, con labbra carnose, capelli acconciati in treccioline fermate a una a una da conchiglie di ciprea. La figura non ha occhi, come a significare che il suo sguardo va oltre il visi bile e il suo busto è modellato come una capanna o meglio una casa di mattoni dalle forme curvilinee. Siamo stati accolti da questa figura totemi ca, che evoca le culture ataviche non europee, l’archetipo del femminile, il desiderio di superare i limiti contingenti. Attinge a immagini ancestrali e simboli archetipici, anche Gabriel Chaile: nelle sue monumentali scultureforni di argilla recupera materiali e stilemi della cultura popolare di comu nità ritenute marginali dalle élite globali (l’autore è argentino di nascita ma discende da una famiglia di retaggio spagnolo, afro-arabo e indigeno di Candelaria). All’Arsenale abbiamo visto tante interpretazioni e variazioni sul tema del corpo umano o parti di esso: i giovani mutanti che vagano nella foresta nel video di Egle˙ Budvytyte˙ ( Songs from the Compost: Muta ting Bodies, Imploding Stars ); la gioiosa e colorata Nana di Niki de Saint Phalle; ma anche l’inquietante (ed eccessivamente fallofobica) Können und Müssen di Raphaela Vogel. Una delle capsule temporali è stata qui riservata alla figura del cyborg, che ha affascinato diverse generazioni di artisti come il rapporto tra robot ed esseri umani. Alla fine del percorso una riflessione sulla società delle comunicazioni (sempre più veloci, in gombranti, incontrollabili, fagocitanti) di Barbara Kruger: uno spazio fatto di parole e segni di una comunicazione visiva, invasiva, che disorienta ma racconta la surreale epoca in cui viviamo.

Il latte dei sogni 59. Esposizione Internazionale d’Arte Fino 27 novembre Giardini, Arsenale www.labiennale.org

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arte

Wemight think that Art Biennale curator Cecilia Alemani opposed the vis destruens of cancel culture fanat ics with her own idea of pars construens, the main exhibition itself at the Biennale, which she curated: The Milk of Dreams. In the short story collection, The Milk of Dreams, Leonora Carrington allows the protagonists of each story to define themselves and reinvent life and reality around them using fantasy. The milk of dreams is, in fact, a hymn to the freedom of Being what one wants, and of interpreting the world as we see fit. Cecilia Alemani, the curator of the 59th Venice Art Biennale, built upon this concept for the Biennale’s main exhibition, a strong, intense reflection on the identity of the human being and on the role that art, and culture more generally, can and must have to convey, courageously and often ahead of its time, messages of civil commitment. Modern society showed sensitivity and urgency in its rela tionship with themes that had been considered for a long time troublesome and worthy of trivialization, censorship, and repression. Over seven months, The Milk of Dreams has proved to be nourishment for the international ‘art fauna’, precious nourishment to stimulate conscience and invigorate the imagination of all those who confronted the art and materials and who had the courage to leave at the door any con vention or prejudice towards the living experience of the other. Alemani mostly invited and presented female artists to try and fill in a millennia-old gender gap that is unconceivable today, without neglecting the queer community and culture. We needed this Biennale, we needed its urgency on the present, and we need to visit it before November 27.

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IN THE CITY THE MILK OF DREAMS
Raphaela Vogel, Arsenale Capsula 3 Tecnologie dell’incanto, Padiglione Centrale - Giardini Courtesy La Biennale di Venezia Capsula 1 La culla della Strega, Padiglione Centrale - Giardini Gabriel Chaile, Arsenale

At Giardini at Central Pavilion, Cecilia Alemani traces an itinerary of historical, retrospective char acter, a collection of art and documents that prove the essential contribution of female artists and non-conven tional authors to the historical avant-gardes, and more. By collecting these materials together and making them work with one another, which is something that never took place in such comprehensive fashion, their individual value has been amplified and their influence on future generations made apparent. This kaleidoscopic, multiform exhibition forces the audience – informed, conscious audiences – to reconsider some aspects of art history, almost invariably written by men, and highlights subjects and dynamics that are the essential elements of creativity. The exhibition also shows the threads that connect modern experiences and pas avant-garde exper imentations using a mnemonic exercise. It is no chance that it all starts with Elefant/Elephant by Katharina Fritsch: the animal, an iconographic representation of long memory since ancient times, with its green skin reminding of environmental policies, shows that it is possible to look at the world with different eyes, because there are different, diverse ways to interpret the many realities we call existence. There is no one single dogma to adhere to, no single correct interpretation of life. As we walk further into the pavilion, we reach The Witch’s Cradle, where we can watch Maya Deren’s original, dazzling piece of video art and Leonor Fini’s and Remedios Varo’s dreamlike visions, Leonora Carrington’s imaginative stories, Benedetta’s and the other futurists’ wild experimentations, Joséphine Baker’s vital, joy-infused performance/dance piece. Far from the framing of feminine creativity as existing only in irrational, dreamlike, withing terms, a number of Bauhaus representatives and the capsule Technologies of Enchantment (with kinetic, pro grammed art by Grazia Varisco, Nanda Vigo, and Dadamaino) are examples of research based on rationality and science. So It Is (If You Think So).

At the Arsenale, as well as the Giardini, Alemani developed a complex exhibition itinerary comprising three themed areas: the representation of bodies and their metamorphosis, the relationship between individuals and technology, the relationship between human beings and the Earth. The curator weaved together heritage and continuity, influences and deriva tion, poetry, life experiences to offer us a larger outlook on selected situations in the art and culture world in the twentieth century, where modern experiences trace their roots. Large space has been given to female artists: for the first time, it’s worth repeating, they outnumber their male counterparts. However, binary gender divisions make little sense, now, for The Milk of Dreams nourishes all, with no distinction of gender, latitude, or social conditions. The perfect example is the opening piece at the Corderie section, Brick House, a monumen tal bronze sculpture by Simone Leigh (who has been awarded the Golden Lion and also worked on the American Pavilion), a bust of an African woman. The woman has no eyes, maybe meaning she looks beyond the visible, and her bust is shaped after a cabin, or maybe a curvy brick house. We are welcomed by this totemic figure that evokes non-European primordial cultures, the archetype of the fem inine, the desire to overcome contingent boundaries. Gabriel Chaile also worked on ancestral images and archetypal symbols in his monumental clay kiln/sculptures, which make use of elements proper of marginalized communities. At the Arsenale, we saw many different interpretations and variation on the theme of the human body or parts thereof: the young forest-dwelling mutants in Egle˙ Budvytyte˙’s video (Songs from the Compost: Mutating Bodies, Imploding Stars), the joyful, colourful Nana by Niki de Saint Phalle, the disquieting Können und Müssen by Raphaela Vogel. One of the temporal capsules has been set aside for the figure of cyborgs, the human/machine combinations that fascinated generations of artists. At the end of our itinerary, we will re flect on communication-based societies (faster, unwieldy, uncontrolla ble, all-encompassing communication) thanks to Barbara Kruger: her space is made of words and signs of visual communication that will disconcert us and show the nature of the surreal times we live in.

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Barbara Kruger, Arsenale Egle˙ Budvytyte˙, Arsenale

arte

NAN GOLDIN

BORN 1953, Washington, USA

LIVES&WORKS New York, USA

Famosa nel mondo per le sue immagini esplicite e per il legame indissolubile tra vita e lavoro, con la macchina fotografica ha fissato le immagini di ciò che la circondava e delle esperienze vissute in prima persona spesso ai margini delle convenzioni di ge nere e di condotta. Con maturità e sensibi lità, e uno stile personale e autobiografico, ha dato forza a temi scottanti: Aids, vissuti LBGTQI+, violenza di genere, dipendenza da farmaci oppioidi. Proprio a quest’ultimo aspetto si lega la grande lotta della sua vita contro il colosso farmaceutico Purdue Pharma e la famiglia che lo controlla, i Sac kler, produttori e promotori di OxyContin, narcotico responsabile di un’epidemia di dipendenza da oppioidi negli USA che ha causato oltre 400.000 vittime. La sua battaglia è stata documentata dalla regista Laura Poitras in All the Beauty and the Blo odshed, Leone d’Oro alla Mostra del Cine ma di Venezia 2022.

GIARDINI

ENG Famous for her explicit pictures and for the inseparability of her life and work, Nan Goldin used her camera to re cord images of what was around her and of her experience as a young artist, often at the limit of societal expectations. With maturity and sensitivity, and a personal, autobiographical style, she touched press ing themes such as AIDS, LGBTQI+ stories, gender-based violence, opioid addiction. Goldin has been fighting a battle against Purdue Pharma and its OxyContin, an opi oid that is behind the addiction epidemics that caused over 400,000 in the United States. Her story has been portrait in Laura Poitras documentary All the Beauty and the Bloodshed, Golden Lion at the Venice Film Festival 2022.

BORN 1993, Kimberley, South Africa

LIVES&WORKS Johannesburg, South Africa

«Noi, popolo di lingue morte, soprav vissuti al genocidio, sopravvissuti alla schiavitù; tutto ciò che avevamo da perdere ci è già stato tolto, questo è il nostro potere». Le sculture, installazioni, video e performance dallo stile astratto e minimalista di Bronwyn Katz attingono alla consapevolezza che la terra è la depositaria della memoria e che i luoghi riflettono le esperienze di coloro che li abitano. Utilizzando materiali ritrovati come punto di partenza, l’approccio dell’artista è regolato da preoccupa zioni formali e da una forte attenzione alla composizione e alla linea. Così è in Gõegõe, la scultura di grandi dimensioni realizzata con molle di letti e pagliette abrasive nere per pentole. Disposta a pavimento, l’opera, larga sei metri, prende il nome da un serpente acqua

BRONWYN KATZ SHEREE HOVSEPIAN

tico mitologico che diviene la metafora del contemporaneo rapporto di sfruttamento dell’Uomo nei confronti della Terra e delle altre creature viventi.

ENG “We, people of dead languages, survivors of genocide, survivors of slavery, everything that we had to lose has already been taken, this is our power.” Her sculp tures, installations, video art, and perfor mances of abstract, minimalist style con front the concept of earth as a repository of memories and the notions of place and time as lived experiences. By using found ob jects as a starting point, Bronwyn Katz reg ulates her creations with formal decisions and attention to compositions and lines. As in Gõegõe, a large sculpture made from bedsprings and black pot scourers. Placed on the floor, the six- meter-wide work is named after a mythical water snake that becomes a metaphor of the contemporary exploitation of Man towards the Earth and other living creatures.

della teoria della fotografia, medium che l’ar tista al contempo decostruisce, mettendolo continuamente in discussione. L’indagine sulla vulnerabilità e sul confine sottile tra permanenza e precarietà è al centro del suo approccio, influenzato in anni recenti da let ture sulle teorie femministe, in particolare dai saggi della critica letteraria francese Hélène Cixous sulla relazione intrinseca tra corpo e linguaggio.

BORN 1974, Isfahan, Iran

LIVES&WORKS New York, USA

Artista americana di origine iraniana, Hovsepian porta in primo piano la matericità e la fisicità della fotografia lavorando con fotocamere a pellicola e carta fotosensibile, utilizzando il proprio corpo insieme a vari oggetti per produr re immagini cerebrali e sensuali secondo la tecnica dell’assemblage a parete. Conturbante e sottile, il suo lavoro riflette una profonda conoscenza della storia e

ENG An American artist of Iranian origins, Hovsepian brings to the fore the materiality and physicality of photography by working with film cameras and photo sensitive paper, using her body together with various objects to produce cerebral and sensual images. Disturbing and subtle, Hovsepian’s work reflects a deep knowl edge of the history and theory of photogra phy, a medium that the artist at the same time deconstructs, constantly questioning it. The investigation into vulnerability and the fine line between permanence and precariousness is at the center of her work, influenced in recent years by readings on feminist theories, in particular Hélène Cixous’ essays on the intrinsic relationship between body and language.

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GABRIEL CHAILE

BORN 1985, San Miguel de Tucumán, Argentina

LIVES&WORKS Buenos Aires, Argentina and Lisbon, Portugal

L’artista argentino unisce nel proprio lavoro moderne e antiche tradizioni, costruendo un suo particolare percorso in cui si incrociano tracce e istanze assai lontane l’una dall’altra, quali la cultura locale e il concettualismo. L’antropologia, il sacro con i suoi rituali e l’aspetto politico si fondono in un incontro critico-poetico che attinge ad una potente simbologia archetipa precolombiana. Attra verso le sue opere, spesso di grande forma to, riesce a dare voce alle diverse comunità oscurate dalla storia e dalle sue strutture di potere. Per Il latte dei sogni l’artista espo ne una serie di cinque sculture di argilla di grandi dimensioni che assumono la forma di fornaci ibride uomo-animale, qui disposte ad evocare un tempio, una fabbrica o un alvea re: un’espressione della capacità del corpo di creare comunità e, nel contesto famiglia re, di dare e prendersi cura. ENG The Argentinian artist uses ancient and modern traditions to build a peculiar itinerary touching diverse topics, such as local culture and conceptualism. Anthropology, sacrality, politics, pre-Co lombian culture and archetypal symbology mix in a critic/poetic blend. His art, much of it large-sized, can give voice to a com munity concealed by official history and by power structures. For The Milk of Dreams the artist exhibits a series of five large clay sculptures that take the form of hybrid man-animal furnaces, here arranged to evoke a temple, a factory, or a beehive: an expression of the body’s capacity to create community and, in the family context, to give and take care.

BORN 1951, Idivuoma, Sápmi/Northern Sweden LIVES&WORKS Övre Soppero, Sápmi/Northern Sweden

L’arte tessile e pittorica di Britta Mara katt-Labba è strettamente legata alla narrativa Sami, una cultura appartenente ad un’area geografica che attraversa il Nord di Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia. Come antichi canti yoik, i suoi ricami narrativi, eseguiti con sottili fili di lana, seta e lino su tessuto bianco, ripercorrono ricordi d’infanzia dai confini labili, opere d’arte in cui il filato si so stituisce al colore disegnando la storia di un popolo poco conosciuto, ancora in cerca di legittimazione nonostante le sue antichissime radici. Evocando immagini di piante, animali, stelle e figu re che indossano capi della tradizione come simboli distintivi dei movimenti per

BRITTA MARAKATT-LABBA JANIS RAFA

l’autonomia – fra cui i tipici copricapi rossi ladjogáphir – le sue opere gettano un ponte tra la storia culturale Sami e il presente.

ENG The textile and pictorial art of Marakatt-Labba is closely linked to the Sami culture, belonging to a geographical area that crosses the north of Norway, Sweden, Finland, and Russia. Her narrative embroi deries, made of thin threads of wool, silk and linen on white fabric, remind of childhood memories of uncertain shape, as do the yoik songs of Sami culture. In her art, thread re places colour as the main element of the sto ry of a people that is little known and is still looking for legitimization, despite its very an cient history. Evoking plants, animals, stars, and figures who wear traditional garments as distinctive symbols of movements for autonomy – e.g. the typical red ladjogáphir caps – her works build a bridge between Sami cultural history and the present.

prevalentemente con il linguaggio cinema tografico attraverso lungometraggi, videoessay e videoinstallazioni caratterizzate da scene accuratamente coreografate. Le sue opere sono spesso permeate da elementi di realismo magico ed esplorano il poten ziale simbolico della relazione tra umani e altre specie, riflettendo su temi universali come mortalità, coesistenza e coscienza ecologica.

ENG In her short film Lacerate, com missioned by Fondazione In Between Art Film as part of an initiative dedicated to the theme of domestic violence, the stag ing portrays the decadent remains of an opulent residence, teeming with restless dogs that roam biting into pieces of meat.

BORN 1984, Athens, Greece

LIVES&WORKS Athens, Greece and Amsterdam, The Netherlands Nel cortometraggio Lacerate, commis sionato dalla Fondazione In Between Art Film nell’ambito di un’iniziativa dedi cata al tema della violenza domestica, la messa in scena ritrae i resti decaden ti di una residenza opulenta, brulicante di cani irrequieti che si aggirano adden tando pezzi di carne. Janis Rafa lavora

Janis Rafa works mainly with the cine matographic language through feature films, video-essay and video-installations characterized by carefully choreographed scenes. Her works are often permeated by elements of magical realism and explore the symbolic potential of the relationship between humans and other species, reflecting on universal themes such as mortality, coexistence and ecological con sciousness.

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arte

Della stessa sostanza delle Comete

Al Padiglione Italia si entra da un accesso che ricorda la facciata di un impianto industriale. Subito alcuni cartelli invitano al silenzio mentre una radiolina d’epoca trasmette la voce di Ornella Vanoni in Senza fine, canzone scritta da Gino Paoli nel 1961. La prima area delle Tese è una fabbrica silente e abbandonata, un capannone spo glio e raggelante dove i segni di vita indicano solo una vita che non c’è più, o che si sta svolgendo altrove. Come vestigia spettrali del boom economico italiano, macchine, attrezzature, colonnine per la timbratura del cartellino e tavoli disposti in file omogenee richiamano alla mente la dimensione monotona e disumanizzante del lavoro meccanizzato. I nostalgici detriti della civiltà industriale proseguono nello spazio successivo, dove l’idea di stabilimento industriale ritorna sotto forma opificio, con macchine da cucire ordinatamente disposte e immerse in una luce fredda. L’alienazione della fabbrica declinata al maschile e al femminile. Infine, la penombra avvolge l’ultimo am biente, invaso da un’acqua scura.

«Quest’ultima visione consuma gli scampoli del primo atto, preparando l’epifania finale: il Destino delle Comete, in cui l’immaginario si ribalta in una vera e propria visione, allucinata e catartica. L’ultimo capannone, infatti, apre la saracinesca del suo grande vano di carico, inaspettata mente, su un mare notturno e agitato che sbatte contro le sue pareti. Una fila di lampioni stradali semisommersi suggerisce che di fronte a noi dev’esserci stato un piazzale e una strada, fino a poco prima. Ma ora c’è solo acqua scura che ha invaso tutto, la cui forza ci ricorda come la Natura oltraggiata non perdoni mai l’Uomo. Sin dalla notte dei tempi». (Eugenio Viola)

L’ambiente è debolmente illuminato anche da piccole luci intermit tenti che richiamano un pensiero di Pier Paolo Pasolini, espresso in un articolo del 1975 per il «Corriere della Sera» poco prima di venire brutalmente assassinato:

«Nei primi anni Sessanta, a causa dell’inquinamento dell’a ria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato…)».

La preoccupazione di Pasolini non era – o non era solo – di carattere ambientalista. La scomparsa delle lucciole stava a rappresenta re una svolta nella vita politica e sociale italiana, un momento di passaggio tra un prima e un dopo la «scomparsa delle lucciole», tra i precedenti «fascismo fascista e fascismo democristiano», ugual mente imbevuti di chiesa, patria e famiglia, e il nuovo capitalismo che svelava l’incapacità della classe politica dominante di capire i

mutamenti e i bisogni della società all’indomani del “miracolo italia no”. I riferimenti letterari non finiscono qui. Su tutti c’è un dichiarato rimando a La Dismissione di Ermanno Rea.

«Il lavoro di Gian Maria Tosatti si è sempre distinto per una forte semantizzazione degli spazi, oltre che dei dispositivi di cui si serve per concretizzare lo spirito dell’opera. Gli spazi del Padiglione andranno in questo modo a rievocare quelli descritti ne La Dismissione di Ermanno Rea, che considero l’ultimo romanzo industriale della letteratura italiana, incentrato sulla dismissione dell’Ilva di Bagnoli, una dismissione da intendersi più estesamente come la demolizione di tutto un sistema di pensiero. Da un accadi mento specifico è possibile quindi parlare più ampiamente di un problema che coinvolge la società tutta e le idee che la sorreggono, o l’hanno sorretta, sino a un momento dato. Una disposizione mentale, una visione direi che connota sia questo importante romanzo che la progettualità del Padiglione, a testimonianza del grande potere metaforico peculiare del fare arte». (E.V.)

Suggestivo, imponente, intriso di una struggente malinconia, il lavoro di Gian Maria Tosatti e del curatore Eugenio Viola è allo stesso tem po un viaggio nel passato del nostro Paese – la Storia della Notte – e uno sguardo sulle contraddizioni della contemporaneità non privo di preoccupazioni per un modello di sviluppo che ha progressivamente allontanato l’uomo dalla sua dimensione naturale, un allarme che si estende anche ai cupi segnali del presente.

«Esiste una parte del Padiglione che si riferisce al tem po che stiamo vivendo, un presente che al momento in cui abbiamo iniziato a lavorare non pensavamo potesse corrispondere a una notte così buia, a un buio così pesto: credevamo, infatti, di stare affrontando in quel momento il punto più basso della nostra storia recente, senza imma

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NATIONAL PARTICIPATIONS PADIGLIONE ITALIA
Courtesy DGCC - MiC

ginare che la tragica dimensione bellica potesse tornare di così stretta attualità. Naturalmente non ci eravamo illusi che la guerra non esistesse più, ma credevamo che fosse un’eventualità relegata a luoghi della Terra in cui problemi enormi hanno reso le armi quale unico strumento cono sciuto per una lotta di sopravvivenza, in aree geografiche in cui mancano i mezzi di sussistenza minimi. Ovviamente non che questo giustifichi i conflitti bellici che si stanno svolgendo da molti anni in quelle aree; ritengo e riterrò sempre la guerra lo strumento più insensato che possa esistere per risolvere problemi e divergenze in qualsiasi luogo della terra. Di sicuro però non mi aspettavo una guerra del genere nell’Occidente che ha costruito la demo crazia ormai diverse centinaia di anni fa, anche se quello che è successo ci fa vedere come parlare di “notte” fosse tristemente appropriato».

Tuttavia il finale si apre alla speranza verso un’umanità che come una Cometa non può che attraversare il proprio Destino cercando di trarne il meglio. L’apertura ad una visione ottimistica è attuata anche attraverso una serie di incontri di carattere scientifico-divulgativo che vedono confrontarsi esperti del settore ecologico-ambientale e pro tagonisti del mondo della cultura per tutta la durata della Biennale, lasciando spazio ad una riflessione sulle modalità più appropriate per tornare a prendersi cura dell’ambiente e incoraggiando un dibat tito pubblico che fa espressamente riferimento agli obiettivi dell’A genda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

«Il Padiglione parla di questo, mettendoci di fronte a una sconfitta, su questo non c’è dubbio, ma anche alla pos sibilità di riscattare questa stessa sconfitta riscrivendo un destino che non può essere prestabilito. La possibilità di cambiare rotta ci viene data continuamente, ogni giorno, più volte al giorno». (G.M.T.)

As Comets are made of ENG

Visitors enter the Italian Pavilion from what looks like a way into an industrial site. They are invited to keep as silent as possible, while a vintage radio plays a popular Italian song from the 1960s. The first section of the Tese building is a silent, abandoned factory, a bare, chilly depot where scarce traces of life show that life isn’t, in fact, there anymore, or at least has moved elsewhere. The spectral legacy of the Italian economic miracle are machinery, tools, punch clocks, tables in equal rows – the alienating dimension of mecha nized labour, in both its male and female variants. Lastly, shadow and a black liquid engulf the last section, barely lit by small flicker ing lights. These are the fireflies, whose disappearance had been lamented by Pier Paolo Pasolini in an article he wrote for the “Corri ere della Sera” in 1975, mere months before his assassination. Paso lini was not worried – or not only worried – about the environment. The disappearance of fireflies was a metaphor of changes in Italian political and social life, a moment of passage between two epochs, between the ‘fascist fascism’ and the ‘Christian democrat fascism’ – both imbued in the rhetoric of God, motherland, and family – and the new capitalism that revealed the inability of the political class to understand the changes and the needs of the newly-minted ‘Italian economic miracle’ social class. Gian Maria Tosatti’s art is suggestive, imposing, and melancholic. It is, at once, a journey into the recent past of our country – La Storia della Notte – and a look on the contradictions of modernity tinged with worry about a model of development that separates people from their natural dimen sion. However, the final piece of the Pavilion opens to hope, which, like a Comet, cannot but reach its Destiny, trying to pick and keep the best of it. The openness to an optimistic vision takes form in a series of meetings with experts in ecology and environment and protagonists of the cultural world. The events are taking place over the course of the Biennale, providing the space for reflecting on the best ways to care for the environment and for public debate on the United Nations 2030 Agenda for Sustainable Development

ITALIA Storia della Notte e Destino delle Comete

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PADIGLIONE
Tese delle Vergini, Arsenale www.notteecomete.it

arte

AROUND TOWN (Palazzo Palumbo Fossati) UGANDA

Radiance: They Dream In Time

bri attivi di istituzioni artistiche, think tank e centri di design nel vivace ambiente culturale della capitale Kampala, mostrano attraverso la propria opera una prospettiva dell’Uganda post-indipendenza.

ARSENALE EMIRATI ARABI UNITI

Mohamed Ahmed Ibrahim: Between Sunrise and Sunset

L’opera di Mohamed Ahmed Ibrahim (1962), uno dei massimi esponenti dell’arte con cettuale emiratina, è ispirata dalla profonda vicinanza dell’artista con l’ambiente naturale della sua città natale, Khor Fakkan, sulla costa est dell’Emirato di Sharjah. Già a metà pomeriggio i monti proiettano la loro ombra sulla città, lasciando solo immaginare il tra monto sulla lontana costa occidentale. Così lo spettro dei colori dell’installazione passa dalle tonalità accese ai toni della terra, dal bianco al nero intenso: dall’alba al tramonto. Pur richiamando alla mente corpi, alberi e animali, le sue figure in cartapesta sfuggono a qualsiasi interpretazione figurativa, lascian do allo spettatore la libertà di decifrarne gli schemi di linee e forme. Raggruppate per colori, le sculture incorporano materiali na turali quali caffè, tabacco e foglie di tè, sug gerendo con i loro movimenti ondeggianti l’idea di metamorfosi e mutazione.

ENG Consisting of human-sized ab stract, organic sculptures, the installation by Emirati conceptual artist Mohamed Ahmed Ibrahim (1962) interprets bodies in their inseparable relationship with the earth. Grouped by colour, the sculptures incorporate natural materials such as coffee, tobacco, and tea – their swinging motions hinting at the idea of corporal metamorphosis. The art has been inspired by the artist’s closeness with the natural environment of his native town, Khawr Fak kan in the Al Hajar mountain range, on the eastern coast of the Sharjah Emirate.

Per mezzo della scomposizione di ma teriali funzionali e dell’utilizzo di creazioni artigianali Acaye Kerunen riporta l’opera alla sua funzione di narrazione di nuove storie e significati. La sua attenzione è rivolta al lavoro delle donne, custodi del territorio, che assume una forte valenza anche nella salvaguardia stessa dell’e cosistema climatico. Collin Sekajugo si rimette alla cultura popolare manipo lando le comuni immagini per rivelarne i pregiudizi intrinsechi conformati ad una visione occidentale, mettendo in luce il capovolgimento antropologico della cul tura contemporanea prevalente. Il suo linguaggio è irriverente, del tutto africa no, con esito di teatro puro. Per la prima partecipazione del Paese alla Biennale Arte, entrambi gli artisti, da tempo mem

GIARDINI FRANCIA

Zineb Sedira. Dreams Have no Titles

ENG By breaking down functional ma terials and using artisanal creations, Acaye Kerunen gives art back its narrative func tion. Her attention is focused on the work of women, the guardians of territory, and their work’s value in safeguarding the climate and the ecosystem. Collin Sekajugo refers to popular culture as he manipulates every day images to reveal inherent prejudice due to western vision, all while highlighting the anthropological inversion of prevalent modern culture. His language is purpose fully disrespectful and very African – re sulting in theatre-like art experience. Both artists, long active members of art institu tions, think tanks and design centers in the vibrant cultural environment of the capital Kampala, bring a perspective of post-inde pendence Uganda, for the first participation of the country in the Venice Art Biennale.

degli anni ‘60 tra Algeria, Francia e Italia. Un sodalizio intellettuale e artistico che coincideva con le utopie di quegli anni. Con il suo film – che richiama Les mains libres (1964) del regista italiano Ennio Lorenzini, il primo lungometraggio realizzato nell’Algeria indipendente – l’artista si interroga intorno a quesiti fondamentali, ancora in larga parte irrisolti e di grande attualità, riguardanti temi come la decolonizzazione, l’identità, il razzi smo, l’accettazione dell’altro, la solidarietà, la famiglia.

In un Padiglione a basso impatto am bientale, l’installazione cinematografica della fotografa e video-artista francoalgerina Zineb Sedira (1963, Parigi) prende le mosse da esperienze perso nali, con uno sguardo artistico rivolto al generale più che al solo privato, ispiran dosi al clima favorevole di co-produzioni venutosi a creare nella cinematografia

ENG In a low-environmental-impact Pavilion, an installation by Algerian pho tographer and video artist Zineb Sedira (Paris, 1963) is inspired by her personal experience, with an art gaze looking at the general picture and influenced by the friendly cooperation, back in the 1960s, of Algeria, France, and Italy in intellectual and artistic fields, which coincided with the utopian visions of the time.

With her film – which recalls Les mains libres (1964) by Italian director Ennio Lorenzini, the first feature film made in independent Algeria – the artist questions decolonization, identity, racism, accept ance, solidarity, and family.

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NATIONAL

ARSENALE MALTA

Astuta

La Decollazione di San Giovanni Battista, capolavoro caravaggesco conservato nell’Oratorio della Catte drale della Valletta, a Malta, viene qui re-immaginato nella forma di un’in stallazione cinetica immersiva, che sovrappone la narrazione biblica al presente. Seguendo il ritmo percus sivo di un canto gregoriano, gocce di acciaio fuso tramite una tecnologia a induzione cadono da una struttura sovrastante in sette vasche riempite d’acqua, ognuna a rappresentare un soggetto dell’opera di Caravaggio. Il metallo fuso crea una luce vivida e, al contatto con l’acqua, sibila, si contrae e si raffredda, per poi ritirarsi nell’o scurità.

ENG The Beheading of St John the Baptist is one of Caravaggio’s masterpieces. It is located at the Val letta Cathedral in Malta, and here at the Maltese Pavilion, it is re-im agined in the form of an immersive, kinetic installation that merges biblical narration with the present. Following the rhythm of Gregorian chant, drops of molten steel fall in seven water-filled vats, one for each of the painting’s subjects. Red-hot metal glows brightly and, as it touch es water, it sizzles, shrink, and cools down into darkness.

GIARDINI GRAN BRETAGNA Sonia Boyce: Feeling Her Way

Realizzato con il supporto di video, suoni, carte da parati e oggetti scultorei, l’inte ro spazio è occupato da un’installazione multimediale che immerge il visitatore nel suono del canto a cappella di cinque mu siciste britanniche di colore. Punto focale del lavoro artistico di Sonia Boyce (1962, Londra), figura chiave del movimento British Black Arts negli anni ‘80, è l’esplorazione di gesti e comportamenti in grado di generare un potenziale, rivolgendo l’attenzione sul carattere dei soggetti e sulle idee anche politiche che li connaturano. I partecipanti, siano visitatori o collaboratori, sono invitati a riunirsi per parlare, cantare e muoversi ciascuno in base al proprio vissuto, in una sorta di gioco partecipato e collaborativo in cui l’aspetto dell’improvvisazione diviene

AROUND TOWN (Procuratie Vecchie) AZERBAIJAN

Born to Love

Abbiamo certezza di quello che i nostri sensi percepiscono? Stiamo vivendo una vita reale o il mondo in cui abitiamo è una simulazione, assai accurata e coinvolgente, concepita, magari per gioco, per esperi mento o per puro caso? A queste doman de cercano di rispondere le sette artiste del progetto azero riflettendo sul rapporto tra la coscienza del genere umano e quel la dell’Universo che lo circonda. L’acqua come luogo della nascita che origina nell’u tero, l’oceano depositario di perle della per cezione, la selezione naturale come princi

fondamentale. Il progetto di Boyce è stato pre miato con il Leone d’Oro per la miglior parteci pazione nazionale.

ENG The whole space is taken up by a multimedia installation of video, sound, wall paper, and sculpture, that immerses the visitor in the sound of Black British female vocalists, embodying feelings of freedom, power, and vulnerability. The focal point of Sonia Boyce’s art is the exploration of gestures and behav iours that can generate potential, and on the character of people and ideas – political ideas, too – that characterize them. Participants, whether visitors or the Pavilion’s team – are invited to talk, sing, and move about accord ing to their own lived experience in a sort of participated, collaborative game where improvisation is essential. Boyce’s project has been awarded the Golden Lion for the best national participation.

pio prioritario di salvaguardia dell’ambiente, la geometria frattale come rappresentazione del subconscio: Born to Love è un’ampia indagine esistenziale attuata attraverso i linguaggi della scultura, della fotografia e del collage. L’allesti mento si ispira al poema Le sette principesse del filosofo azero Nezami di Ganjè, che rac conta delle sette mogli del re sasanide Bahram Gur, ciascuna dimorante in un proprio palazzo associato a un diverso colore, pianeta e giorno della settimana.

ENG Are we sure of what our senses per ceive? Are we living a real life or a simulation, however accurate and engaging, created by a civilization that is more technologically ad vanced than hours? A game, an experiment, a feat of chance? Seven female artists will try to answer these questions by reflecting on the relation between the conscience of human be ings and that of the universe around us. Water as a place of birth that originates in the uterus, the ocean as a depository of pearls of percep tion, natural selection as a priority principle for safeguarding the environment, fractal geom etry as a representation of the subconscious: Born to Love is a deep existential investigation carried out using the language of sculpture, photography, and collage.

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Diplomazija

arte

COLLATERAL EVENTS

PALAZZO CONTARINI POLIGNAC CHUN KWANG YOUNG. TIMES

Foundation

Forte di un’esperienza trentennale sul tema dell’interconnessione tra gli esseri viventi e i valori socio-ecologici delle loro relazioni, l’artista ha creato un “laboratorio estetico” in cui sono contenuti 40 grandi rilievi, sculture e installazioni realizzati su carta di gelso. Un esempio di riproduzione e circolazione eco logica grazie alla particolare resistenza al tempo di un materiale di durata millenaria. Il contesto della mostra è ulteriormente e qua lificatamente caratterizzato dalla struttura architettonica site-specific Hanji House pro gettata da Stefano Boeri, capace di indaga re in maniera originale sul ruolo dell’arte e dell’architettura in rapporto ai temi dramma ticamente contemporanei del cambiamento climatico e del declino della biodiversità.

ENG After a solid thirty-year experi ence on the theme of the interconnection between living beings and the socio-eco logical values of their relationships, the artist has created an “aesthetic laboratory” including 40 large reliefs, sculptures, and installations on mulberry paper. An exam ple of ecological reproduction thanks to the resistance to time of a material which can survive thousands of years. The context of the exhibition is further characterized by the site-specific architectural structure Hanji House designed by Stefano Boeri which investigates in an original way the role of art and architecture in relation to the dramatic contemporary issues of climate change and biodiversity decline.

Pewa Kuryluk (1946) è una rappre sentante di spicco dell’iperrealismo polacco, scrittrice e poetessa plu ripremiata e, soprattutto, pioniera dell’installazione tessile. È con questo materiale, infatti, che alla fine degli anni ‘70 trova una sua espressione formale individuale e riconoscibile, lavorando con tessuti che raffigurano il suo cor po, conservando la sua storia in in stallazioni effimere e personali fatte di ritagli di cotone grezzo, bobine di seta, tempo e aria. Dà il titolo alla mostra un’installazione del 1979, manifesto per l’autoidentificazione della figura di artista in quanto membro di una co munità senza vincoli di genere.

ENG Ewa Kuryuluk (1946) is a peak exponent of Polish hyperrealism. She is an award-winning author and poet and, most importantly, a pioneer of textile art installa tion. She has been using this material since the late 1970s to express, in an individual and peculiar fashion, her own body, by preserving its story in a short-living instal lation made with scraps of raw cotton, silk reels, time, and air. The title of the exhibi tion comes from a 1979 installation, a man ifesto for the self-identification of the artist as a member of a community that recogniz es no genres.

Un sistema di pompaggio attinge ac qua dal Canale di San Pietro traspor tandola in un sistema tubolare di vetro, serbatoi e creazioni sferiche dalla forma organica, dove rilascia il fango dell’alveo, per poi restituirla al luogo d’origine, rigenerando in modo quasi alchemico la laguna stessa. L’opera dell’artista Lara Fluxà riproduce un organismo che utilizza l’acqua e il vetro per interagire con i substrati passati e presenti di Venezia. LLIM (limo) è una performance interpretata dalla materia, è una riflessione su acqua e vetro quali elementi indissolubili, due facce di uno stesso paesaggio che è insieme natu rale e culturale.

ENG A pumping system takes water from the San Pietro Canal and routes it through glass pipes and tanks, where it releases its silt con tent before being channeled back

where it came from, regenerating the la goon in an almost alchemical way. The work by Lara Fluxà is an organism that uses water and glass to interact with the past and pres ent substrata of Venice. LLIM (Catalan for ‘silt’) is a performance on matter and a re flection on water and glass as two elements that cannot exist without one another, two faces of the same landscape that is natural and cultural at once.

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DON’T
REIMAGINED Boghossian
PALAZZO QUERINI EWA KURYLUK. I, WHITE KANGAROO Starak Family Foundation
DOCKS CANTIERI CUCCHINI CATALONIA IN VENICE_LLIM Institut Ramon Llull

VENDRAMIN GRIMANI BOSCO SODI. WHAT GOES AROUND COMES AROUND

Fondazione dell’Albero d’Oro

L’artista messicano Bosco Sodi (1970) ha lavorato alle opere in mostra direttamente a Palazzo Vendramin Grimani in una speciale residenza che gli ha permesso di ‘assorbi re’ l’atmosfera della grande arte e storia di Venezia. La scintilla iniziale dell’esposizione, curata da Daniela Ferretti e Dakin Hart, è stata la cocciniglia, il pigmento rosso inten so e vibrante ricavato da un parassita delle piante, originario del Messico e dell’America Centrale, che raggiunse l’Europa e Venezia nella prima metà del 1500 divenendo uno dei colori pregiati utilizzati dai Maestri più importanti dell’arte rinascimentale venezia na, in primis Tiziano naturalmente. Il colore rosso, quindi, rappresenta il legame profon do che unisce la collezione antica del Palaz zo alle opere create da Bosco Sodi. ENG Mexican artist Bosco Sodi worked on the art exhibited at Palazzo Vendramin Grimani, in a special resi dency that allowed him to ‘absorb’ the atmosphere of the great art and history of Venice. The project was initiated around the bright red pigment made from scale insect, a plant parasite originating from Central America that reached Europe, and Venice, in the early 1500s. Soon, the great est artists of the Venetian Renaissance learned to employ the pigment in their art, above all Titian. The colour red becomes thus a representation of the strong link that unites the ancient art collection at the Pala zzo with Sodi’s art.

CAMPO DELLA TANA - ARSENALE YIIMA ART GROUP. ALLEGORY OF DREAMS

Un’allegoria che descrive il rapporto tra gli esseri umani e l’ambiente in cui vivono, tra arte viva e documentazione. Il collettivo YiiMa (termine che significa “gemelli”), fondato nel 2019 dagli artisti Ung Vai Meng e Chan Hin Io, possiede un’originale visione creativa che reinter preta in chiave onirica la ricchezza e la complessità dei luoghi e delle narrazioni di Macao, lasciando tuttavia dietro di sé tracce tangibili in forma di scultura, fo tografia, video e arte performativa. Alle gory of Dreams è un ritratto dal potente impatto visivo delle sfide poste dall’am biente culturale contemporaneo.

ENG An allegory on the relationship between human beings and their environ ment, between living art and documenta tion. Collective YiiMa (‘twins’), founded in 2019 by artists Ung Vai Meng and Chan Hin Io, displays an original, dreamlike creative vision and the richness and complexity of the places and stories of Macao. Behind it, tangible traces in forms of sculpture, photography, video, and performance art. Allegory of Dreams is a visually powerful portrait of the challenges we face in the modern cultural milieu.

Un dialogo tra la complessità del segno nell’opera di Lucio Fontana, fondatore del movimento spaziali sta, e la relazione tra spazio e corpo nel lavoro di uno tra i più acclamati e articolati scultori contemporanei, Antony Gormley. La mostra, curata da Luca Massimo Barbero, indaga la straordinaria inventiva e comples sità del lavoro dei due artisti po nendo l’accento sull’importanza del rapporto tra la dimensione spaziotemporale e la ricerca sulla tensione segnica, unitamente a una nuova concezione dello spazio, sottoline ata magistralmente dall’ambiente disegnato da Carlo Scarpa che la ospita.

ENG A conversation between the complexity of sign in the art by Lucio Fontana, the founder of the Spatialist movement, and the rela

tionship between body and space in the art of one of the most renowned contemporary sculp tors, Antony Gormley. This exhibition, curated by Luca Massimo Barbero, investigates the ex traordinary inventiveness and the complexity in the works of two artists by highlighting the im portance of the spatial and temporal dimensions and the research on the power of sign, together with a new conception of space that is given its deserved prominence in the space designed by architect Carlo Scarpa.

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PALAZZO
The Macao Museum of Art
NEGOZIO OLIVETTI PIAZZA SAN MARCO LUCIO FONTANA / ANTONY GORMLEY
Associazione Arte Continua

arte

Being Ai Weiwei

Conversazione con Giandomenico Romanelli

Una delle cose migliori da vedere a Venezia in questa stagione densa di accadimenti e presentazioni è certamente la mostra di Ai Weiwei nell’Abazia benedettina di San Giorgio Maggiore sull’Isola di San Gior gio. L’esposizione, davvero imperdibile, inauguratasi all’inizio di set tembre, è stata fortemente voluta, nonché prodotta, da Adriano Be rengo con Galleria Continua. Già conosciutissima, l’opera di Ai Weiwei in ogni nuova produzione espositiva dimostra una pluralità di linguaggi e di materiali, nonché di attitudini creative, incredibili, degni della sua fama e certamente capaci ogni volta di sorprendere critica e pubblico. Fra tutte le sue nuove produzioni, ora le più sorprendenti e intriganti sono quelle realizzate in lego, ben presenti in mostra. Tuttavia qui vorrei parlare di ciò che mi ha colpito in maniera particolare, che è poi l’Opera centrale dell’esposizione, vale a dire il grande candelabro (lampadario) in vetro che pende dall’alto della cupola di San Giorgio all’interno della Basilica. È un’installazione di assoluta novità sotto ogni punto di vista: per i materiali usati e per il modo di assemblarli, nonché per le sue dimensioni. Si tratta di un lampadario alto quasi nove metri, il cui diametro arriva a toccare i sette metri; non sto a dire il peso, naturalmente ingente (la descrizione tecnica del lavoro è possibile leg gerla nella scheda di presentazione dell’opera stessa). Mi ha colpito il modo in cui Ai Weiwei affronta il tema, La Commedia Umana – Me mento Mori, con strumenti che usualmente troviamo nell’immaginario della nostra epoca e soprattutto delle epoche precedenti, che qui vengono destrutturati, decostruiti e poi rimontati dall’artista. La forma esterna dell’opera si presenta di fatto come un grande lampadario di Murano, con uno scheletro metallico da cui partono dei bracci stile lampadario di Ca’ Rezzonico, realizzato in vetro nero opaco, vetro che non fa luce, ma caso mai riflette e rifrange le luci che lo circondano, artificiali o naturali che siano, e da cui viene inondato. Cosa sono gli elementi che costituiscono il corpo vetroso del lampadario? Sono delle parti anatomiche sezionate, scomposte e rimontate in una specie di sarabanda di centinaia di pezzi: rico nosciamo crani, ossa umane e teschi di animali, ma anche parti interne come fegato, milza, genitali, cuore, in un’incredibile, singo lare e assolutamente inedita composizione. Nel grande lampadario prevalgono femori, tibie, soprattutto colonne vertebrali, tutti elementi in vetro nero costruiti pezzo per pezzo con una mirabile tecnica di fusione e di rifinitura a mano. Anche in questo caso, così come nella forma esterna, gli elementi e il materiale usato, ossia il vetro, fanno parte di un immaginario collettivo noto; tuttavia nell’opera assumono una significazione completamente diversa. Rimandano ai corpi dei santi, a quelle incredibili ostensioni di crani o di altre parti anatomi che ancora, la cui tradizione si è trasmessa fino a noi, soprattutto in alcune chiese del Sud Italia, a Otranto per esempio, o a Roma, dai Cappuccini, dove incredibili insiemi di ossa sottolineano la caducità del nostro passaggio in terra. Erano forme e pezzi, singoli elementi di scheletri, quelli che facevano parte dell’immaginario delle danze macabre medievali oppure delle tombe dei re francesi, dei re giacen ti alla Basilique Cathédrale de Saint-Denis, distesi su una specie di cataletto, che in alcuni casi addirittura venivano rosicchiati da ani mali, topi, ragni e insetti, che consumavano la carne e le parti molli del morto, facendo emergere le sue ossa. Una raffigurazione ben

restituita, per esempio, anche dal Carpaccio nei suoi dipinti: nelle raffigurazioni del San Giorgio che uccide il drago l’evento si dispie ga su una specie di tappeto di ossa. Nell’introduzione del piccolo catalogo di questa mostra, Ai Weiwei si sofferma letteralmente sulla condizione umana per cui «eravamo polvere e polvere diventeremo». Il lampadario mi ha ricordato moltissimo anche le performance degli scultori barocchi, per esempio ai Frari, nella tomba di Giovanni Pesaro: una grande macchina celebrativa che alla potenza viva e muscolare dei neri, che sostengono il cataletto della statua del doge, intervalla scheletri che reggono tra le mani cartigli nei quali scorrono osservazioni legate alla morte e alla caducità dell’essere umano. In altri momenti della storia dell’arte più recente i surrealisti, ad esempio, hanno utilizzato questi elementi dell’immaginario nelle loro opere e così anche, ancora prima dei surrealisti, la componente simbolista. Alfred Kubin raffigura una quantità, decine e decine, di scheletri danzanti o impegnati in altri tipi di attività “vitali”. Altri artisti hanno rappresentato una realtà assolutamente costruita, artificiale, partendo da elementi naturali; tra questi Paul Delvaux e Magritte. L’assemblaggio degli infiniti elementi che compongono questa straordinaria opera di Ai Weiwei, l’effetto visivo che genera, questa capacità di mimetizzare i materiali trasformandoli in altro, sono tipiche e proprie del barocco, che usa il marmo come se fosse stoffa e la stoffa come se fosse marmo. L’operazione dell’artista cinese, intelli

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IN THE CITY MAESTRI
© Edward Smith

gentissima anche dal punto di vista del risultato, è di un virtuosismo inimmaginabile: le migliaia e migliaia di pezzi infilati con quelli che vengono chiamati “bicchieri” nei bracci dei lampadari di Murano, con un lavoro enorme e mirabilmen te minuzioso da parte dei maestri vetrai della fornace-laboratorio di Adriano Berengo, fingono di essere altro da quello che rappresentano o da quello che in effetti sono. La capacità tecnica dei maestri che hanno lavorato a un’opera come questa la si vede nei dettagli più incredibili, con questa materia prima capace di regalare una stupefacente morbidezza e una leggerezza infinita alle forme delineate, proprio come nella scultura barocca, quando si facevano i veli che coprivano i corpi con un incredibile virtuosismo tecnico. Una tecnica di mimetizzazione ma an che di metamorfosi che Ai Weiwei ha potuto fare sua grazie alla perizia che caratterizza da sempre il lavoro dello Studio Berengo. L’artista ha avuto certamente l’idea, poi l’esito è frutto di un lungo confronto ravvicinato con Adriano Berengo, il quale ha poi affidato la realizzazione concreta dell’opera ai suoi maestri, conoscitori sopraffini della forgiatura di questa materia come pochi altri a Murano. Un patrimonio di conoscenza che fa della versatilità uno dei suoi tratti distintivi imprescindibili, patrimonio che tutti noi, preoccu patissimi, ci auguriamo resista nel tempo.

Ai Weiwei è a sua volta un artista assolutamente eclettico dal punto di vista dell’utilizzazione dei materiali e del loro assemblaggio: tutti ricor diamo i gommoni che ricoprivano le facciate di Palazzo Vecchio a Firenze e, qui a Venezia, a Sant’Antonin, quella specie di plastico che lo raffigurava quando era prigioniero. Ricordiamo anche altre sue ‘esplorazioni’, come la sua pas sione per il lego di cui si è accennato all’inizio, per cui realizza grandissime composizioni e ritratti con un virtuosismo straordinario. L’artista quindi si è in questa occasione fatto provocare dal vetro ed è diventato a sua volta un provocatore del vetro, provocando chi osserva il vetro. Da questo punto di vista Adriano Berengo lo ha compiutamente assecondato, alcune volte lo ha addirittura stimolato o provocato lui stesso. Anzi, userei più correttamente il verbo “sfidare”: Ai Weiwei e Berengo si sono sfidati reciprocamente nello studio di Murano. Hanno fatto una sorta di duello molto signorile sul vetro, con il vetro e per il vetro. Il risultato è un modo di intendere questa materia assolutamente nuovo e originale.

Berengo ha indicato con spregiudicatezza e genialità in questi anni, assieme ad Ai Weiwei e a tutti gli altri artisti internazionali che lavorano nel suo studio a Murano, che il vetro può avere anche una declinazione diversa e soprattutto può essere un materiale e uno strumento altamente congruo alle produzioni di arte contemporanea. Ormai da diversi decenni sono moltissimi gli artisti che utilizzano il vetro creando le loro opere nel suo studio e nella fornace, confron tandosi con un nuovo modo di leggere e intendere questa materia. Sono stato anch’io qualche mese fa in fornace e ho potuto vedere i pezzi dell’opera che cominciavano a uscire, nonché un modello in scala minore del lampadario. La mia prima reazione non poteva che essere la seguente: «Questo è un grande barocco, un grande artista barocco!».

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Ai Weiwei La Commedia Umana – Memento Mori
Fino
27 novembre Abazia di San Giorgio Maggiore, Isola di San Giorgio
www.fondazioneberengo.org
Very often old skills need a new vocabulary, because they have a new vision. I worked fortunately with Berengo last year and we have created not just a concept but a new language Ai Weiwei
© Francesco Allegretto
PERSONAL STRUCTURES 23.4 - 27.11 2022 Reflections Reflections Reflections Reflections Palazzo Mora Palazzo Bembo Marinaressa Gardens Art Biennial Venice 2022 www.ecc-italy.eu www.personalstructures.com European Cultural Centre Italy @europeanculturalcentre @ecc_italy Free Entry Open everyday 10−18h Closed on Tuesdays Get your free digitalcatalogue! Discover moreabout the exhibition andthe artworks presented.

arte

Vediamoci al museo

Nell’anno in cui la Giornata del Contemporaneo compie diciott’anni, l’immagine guida scelta è quella dell’opera Icarus (2021-2022) di Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979): dalla penombra emerge in primo piano una falena, le cui ali nascondono il volto di un ragazzo che sembra offrirle, con gesto gentile, la mano come sostegno. Il le pidottero e il giovane appaiono in comunicazione, e per un attimo le ali sottili della falena sembrano diventare un’estensione delle dita del ragazzo, come in un principio di metamorfosi che si innesca al calar del sole. L’imbrunire diventa così il momento delle possibilità, quel territorio di passaggio tra il conosciuto e l’ignoto in cui un adolescen te si trasforma in un giovane uomo e, spiegando per la prima volta le sue ali ancora fragili, accoglie la responsabilità di diventare adulto e volare solo nel mondo. Metamorfosi, natura, paesaggio e sostenibilità in tempi di crisi ambientale sono i temi che l’8 ottobre caratterizzeranno eventi, mostre, visite guidate, performance nei musei, fondazioni, istituzioni pubbliche e private, gallerie, studi e spazi d’artista, in tutto il territorio nazionale. Promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani e realizzata con il sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, la Giornata del Contemporaneo 2022 si pone infatti la necessità di ripensare il sistema dell’arte contemporanea tramite una rinnovata consapevolezza e una più diffusa sensibilità.

A Venezia, protagonista è la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro che sabato 8 ottobre aprirà al pubblico gratuitamente, offrendo per l’occasione uno speciale itinerario dedicato ai neo maggiorenni, che ripercorre le tracce dell’arte del Novecento fino a giungere alla mostra Afro 1950-1970. Dall’Italia all’America e ritorno Inoltre, sempre l’8 ottobre, inaugura nella Project Room al piano terra Le beatitudini di Laura Omacini (Venezia, 1991). Selezionata nel 2021 da Ca’ Pesaro per il Premio Level 0 di ArtVerona, l’artista ha creato una nuova serie di opere intorno a un soggetto profondamen te legato a Venezia, che da anni documenta attraverso fotografie, schizzi e appunti: le impalcature, con il loro arrampicarsi intorno agli edifici, le loro velature e camuffamenti. Un percorso verticale che invita lo sguardo a scalare l’immagine attraverso i diversi piani della rappresentazione. M.M.

La storia ai tempi di Kiefer

C’è tempo fino al 29 ottobre per ammirare la grandiosa opera concepita da Anselm Kiefer espressamente per la Sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale, il luogo più iconico, storico e meraviglioso di Venezia. Proprio da Palazzo Ducale parte l’idea di Kiefer di omaggiare la storia della città con una installazio ne a dir poco magica. Ottocento metri quadri coprono i muri della storica sala e i dipinti rinascimentali che lì parlano delle battaglie navali vinte dai veneziani. Kiefer è un artista comple to, intelligente e potente, usa molteplici materiali che ‘incrosta’ nelle vastissime superfici, parla direttamente ai nostri sensi, alla memoria politica e storica, intersecando il suo fare alla memoria personale. Ecco perché le sue gigantesche tele, piene zeppe di riferimenti storici e attuali, ci colpiscono e ci fanno riflettere sulla nostra dimensione umana e la elevano dai paesaggi ghiacciati e quasi lunari fino a un cielo d’oro e d’argento che scoppia nei ba gliori dell’incendio e della creazione. Tutto parte, infatti, dall’in cendio di Palazzo Ducale e dalla lettura del filosofo veneziano Andrea Emo, che colpisce Kiefer; proprio negli scritti di Emo si trova la frase che dà il titolo alla mostra: Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce. È la luce sprigionata dalle pagine bruciate che si rigenerano e portano nuova vita e nuove idee, è la luce che scaturisce dai cieli di oro, argento e piombo fuso, è la luce nella scala di Giacobbe, che sale e scende in un costante mutare. Kiefer è un alchimista della materia e della pittura, capace di trasfigurare uno spazio prezio so come la Sala dello Scrutinio in un racconto storico e intimo. Venezia trionfa, nel sarcofago di San Marco che qui è una bara militare di zinco, continua nel viaggio verso Oriente rappresenta to dai carrelli della spesa carichi di ori e paglia e nomi dei dogi a ricordare la ricchezza strepitosa di Venezia grazie ai commerci, si inchioda nella bellezza della bandiera della città che sventola sul Palazzo Ducale in fiamme e sotto, tragiche, le tute dei soldati intrise di oli e pece e la falce della morte che stermina tutti, anche gli innocenti.

L’esperienza di questa opera, unica, speciale ed emozionante come poche altre, è davvero imperdibile.

Anselm Kiefer. Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce (Andrea Emo)

Fino 29 ottobre Palazzo Ducale, Sala dello Scrutinio

palazzoducale.visitmuve.it

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IN THE CITY STORIE
18. GIORNATA DEL CONTEMPORANEO Laura Omacini. Le Beatitudini 8 ottobre-6 novembre Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’arte Moderna www.amaci.org | capesaro.visitmuve.it

arte

Evolving ENG landscapes

Paesaggi in evoluzione Una performance di danza per il finissage di ALLUVIUM

Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian più che un collettivo sono delle relazioni in costante evoluzione. La casa che i tre condividono con i loro collaboratori è il perfetto esempio di come la loro pratica si sviluppi in un continuum, in cui i luoghi di vita e lavoro sono utilizzati per testare continuamente nuove idee, in relazione tra loro e con il mondo esterno: “i campi di negoziazione di interazione”, come definiscono le loro creazioni scultoree, seguono processi organici di crescita, interazione, rigene razione e contaminazione. La ricerca si muove a partire da oggetti per creare un vero e proprio paesaggio, mentale e fisico, fatto da immagini culturali e informazioni: RHH si comportano come raccoglitori che creano inedite possibili co stellazioni, sommando oggetti a immagini, libri, film e opere d’arte, arrangiati in un ecosistema dal quale emergono nuove relazioni e narrazioni. In ogni mostra questo paesaggio, in cui vita e arte si dissolvono in un unicum assoluto, assume un temporaneo equilibrio, per poi essere poten zialmente rielaborato e modificato, con nuove formalizzazioni, graduali e costanti.

In ALLUVIUM, la mostra che OGR ha pensato per Venezia e per Biennale Arte 2022, curata da Samuele Piazza e ospitata nell’Atrio moderno del Complesso dell’Ospedaletto, il visitatore si trova immerso in un paesaggio creato da sculture sospese, in equilibrio e al contempo in movimen to, che offrono una vera e propria coreografia di immagini provenienti dalle news, una traccia in cui RHH riscrivono l’attualità di un inedito

presente, creando un nuovo immaginario alter nativo. Sovrapposizioni di immagini che vengono modificate, replicate e ridisegnate secondo nuovi assi geometrici. Le sculture sono composizioni di piatti di terracotta poste su strutture metalli che che nascono da una serie di movimenti e coreografie realizzate dagli artisti stessi a partire dalle loro ricerche sul minimalismo e grazie alla collaborazione con la danzatrice e coreografa Deborah Hay, usate per trasmettere informazio ni al saldatore, Mohammed Rahis Mollah, con cui le sculture sono assemblate. Il processo di trasmissione non verbale di questi movimenti, tradotta negli equilibri instabili di queste ‘moleco le’, offre l’occasione di dare continuità alla mostra attraverso un’azione performativa, proposta in occasione del finissage della mostra. Due danzatori, Francesca Ugolini e Andrea Dionisi, il 26 novembre, penultimo giorno di apertura della mostra, saranno impegnati a leggere le sculture come se fossero degli spartiti e a replicare il movimento in esse congelato. Nella loro rein terpretazione, i danzatori saranno ripresi in un video che fungerà da materiale coreografico per gli artisti per la realizzazione di nuove strutture metalliche, “repliche infedeli” dei lavori presenti in mostra, rivisitati dal corpo dei danzatori attra verso un loro personale dizionario di movimenti. La performance, che rientra perfettamente nella pratica degli artisti, sancirà la chiusura di questo loro capitolo espositivo veneziano, esaltandone ancora una volta la loro visione di immanente evoluzione del concetto di arte. M.M.

More than an art collective, Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh, and Hesam Rahmanian are a living, evolving relationship. The house they share with their colleagues is the perfect example of how they work in a continuum – an ideal place where life and work are used to test new ideas. The ‘fields of interactive nego tiations’, which is what they call their sculptures, follow organic processes of growth, interaction, regeneration, and contamination. RHH act as gatherers that create original constellations by com bining images, books, films, and art into an ecosystem of relations and narrations. ALLUVIUM, the exhibition that OGR produced for the 2022 Art Biennale, is a cho reography of images curated by RHH, which they use to rewrite the state of the world into an original, newly minted present. Sculptures are composition of terracotta plates on metal frames, created in cooperation with dancer and choreographer Deborah Hay and welder Mohammed Rahis Mollah. The non-verbal communication of the installation’s motion, translated in the unstable balancing of each ‘molecule’, gives continuity to the exhibition thanks to a piece of per formance art to be staged towards the closing of the exhibition. On November 26, dancers Francesca Ugolini and Andrea Dionisi will ‘read’ the sculptures and replicate the motions that are frozen within. In their interpretation, the dancer will be video recorded, and the video will in turn be used to rep licate the art in new metal frames. The performance befits perfectly the artists’ style and will be the appropriate conclusion of their Venetian exhibition.

Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian

ALLUVIUM Fino 27 novembre

Atrio moderno, Complesso dell’Ospedaletto ogrtorino.it

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IN THE CITY RE-AZIONI

La città riflessa ECC e le visioni contemporanee di Venezia

Alcune calli sono abbastanza strette da far sì che le vetrine delle botteghe si specchino l’una nell’altra, mentre nei canali ricadono le luci di insegne e finestre che se disturbate dalla scia di un barchino generano visioni ipnotiche, quasi psichedeliche. Quando viaggiamo sui vaporetti a ogni fermata salutiamo l’immagine ondulante dei Palazzi catturata dai vetri degli imbarcaderi. E se la marea si alza, mezza città finisce a testa in giù in un mondo a parte, ammaliante e misterioso, quello delle pozze d’acqua su masegni. In fin dei conti i riflessi sono parte integrante del fascino di Venezia e contribuiscono a renderla una fonte eterna e inesauribile di stimoli per creativi e artisti. Sarà per questo che chi decide di farne il soggetto delle proprie opere raramente risulta banale, avendo a disposizione inesauribili sfaccettature di riferimento e una moltitudine di spunti di riflessione sulla città lagunare. Non sorprende affatto, dunque, che anche l’arte contemporanea possa essere affasci nata da Venezia, protagonista di opere inedite e multidisciplinari come accade nella mostra Personal Structures, promossa e curata da ECC – European Cultural Centre, che ha invitato artisti internazionali a raccontarsi attorno al tema Reflections, un concetto che allude sia all’immagine creata da una superficie riflettente che all’atto di riflettere. A Palazzo Mora, Palazzo Bembo e ai Giardini della Marinaressa, le tre sedi dell’esposizione, siamo rimasti colpiti in partico lare da alcuni artisti e dalla “loro personalissima Venezia”.

Deanna Sirlin si è lasciata ispirare dai raggi del sole che riflessi sulla superficie dei canali finiscono per nascondersi sotto i ponti (fenome no noto ai veneziani come gibigiana ) in Borders of Light and Water, un’opera che come accade spesso nella sua produzione si concentra sulle potenzialità del colore. Imitando l’effetto di un prisma colpito dalla luce, è riuscita a portare l’arcobaleno in una stanza di

Palazzo Bembo, grazie al materiale plastico traslucido applicato alle finestre, frutto di una ricerca pittorica e di una rielaborazione digitale. Daniel Ibbotson, che da anni raccoglie scarti di legno, carta da parati e altri oggetti di recupero per dar vita alle sue opere, sceglie questa volta di utilizzarli in quelle che ha definito le sue “riflessioni personali”. Il risultato, Studio 54 (2022) esposto a Palazzo Mora, è un’opera che di Venezia sembra rispecchiare la dolce decadenza, larga oltre tre metri ed alta quasi due, è stata realizzata nell’arco di poco più di tre settimane trascorse in un piccolo appartamento vicino al Ponte di Rialto.

Anche La serenata (2022, olio su tela), lavoro monumentale di Michael Rich a Palazzo Bembo è una reinterpretazione astratta del paesaggio lagunare, un’altra opera in cui colore e movimen to sono essenziali. Ispirata alle onde e ai riflessi delle acque di Venezia, offre allo spettatore un momento di tregua e di romanticismo d’altri tempi in mezzo al caos dei giorni nostri. E d’altri tempi sono anche le vedute di Diana Stelin, che immortala i riflessi più suggestivi dei canali veneziani mostrando secoli di segreti, intrighi e ispirazioni infinite.

Altri artisti, invece, di Venezia hanno impresso fotograficamente i dettagli, in pitture che ne estremizzano i confini. Nei dipinti iperrealistici di Kristin Moore i suddetti confini sono quelli geografici, la sua serie esposta a Palazzo Mora ritrae l’albergo veneziano di Las Vegas. Mentre nella stessa sede Olivier Lambo ray, con la serie Surrealismo (2022), ha combinato cielo, laguna ed edifici storici deco rando questi paesaggi con elementi assurdi, talvolta oggetti anch’essi riflettenti. Il risultato? Più naturale di quanto probabilmente non ci saremmo aspettati, d’altronde è quasi impossibi le superare l’amabile assurdità di una città come Venezia, che vista da certe prospettive somiglia a una magica casa degli specchi.

A city at ENG the mirror

In Venice, some alleys are so narrow that shop windows reflect one another. By the canals, lights and windows mirrored on the wake look hypnotic, almost psychedelic. As our vaporetto ploughs through the water, we acknowledge the wavy mirrored images of the beautiful palazzos. With the highest of tides, half of Venice ends upside down in an otherworldly, mysterious spec ular image. In the end, reflexes are an essential part of this city, which is why it is such a common and fruitful art trope. Exhibition Personal Structures, curated by the European Cultural Centre, in vited several artists to show their interpretation a theme: Reflec tions. Artist Deanna Sirlin found inspiration in sunrays darting over the canals and hiding under the vaults of bridges: her Borders of Light and Water is a mixed media installation that brought the rainbow into a room at Palazzo Bembo. Daniel Ibbotson used lumber scraps, wallpaper, and other scrap items to visualize his ‘personal reflections’: Studio 54, at Palazzo Mora, is an installation that highlights Venice’s sweet decadence. La serenata is an oil on canvas piece by Michael Rich on show at Palazzo Bembo and an abstract reinterpretation of the lu nar surface. Diana Stelin’s vedutas memorialize the most suggestive reflexes in Venetian canals and the secrets, plots, and inspira tion they hide. Kristin Moore’s hyperrealistic paintings explore the geographical boundaries of this city, while Olivier Lambo ray’s Surrealismo combined sky, lagoon, and ancient palaces with absurd reflective elements.

Personal Structures. Reflections Fino 27 novembre ECC – European Cultural Centre Palazzo Mora, Palazzo Bembo Giardini della Marinaressa personalstructures.com

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Deanna Sirlin, Borders of Light and Water - © Federico Vespignani

arte

Testimoni oculari Otto artisti per otto temi urgenti della contemporaneità

Vanishing Points è quel punto ideale e universale da cui dipende la costruzione dell’immagine che l’occhio è invitato a guardare. Tuttavia, è anche il luogo dove paradossalmente la visione si esaurisce. All’interno di questa cornice interpretativa, Fondazione In Between Art Film ha voluto identificare in Vanishing Points il proprio public program, che ha accompagnato in questi mesi la mostra Penumbra al Complesso dell’Ospedaletto. Non un sem plice programma di incontri, ma una vera occasione di indagine complementare delle opere in mostra operata direttamente dagli artisti assieme a curatori, ricercatori e pensatori, un confronto con una molteplicità di prospettive su temi come l’attivismo, l’estetica, l’ecocritica, la geopolitica, la filosofia, il postcolonialismo, la pratica spaziale critica e la cultura visiva. I protagonisti in questi mesi sono stati: Karimah Ashadu e Osei Bonsu; Jonathas de Andrade e Jacopo Crivelli Visconti; Ana Vaz e Filipa Ramos; Aziz Hazara e Natasha Ginwala e Susan Schuppli; He Xiangyu con Kathryn Weir, Hou Hanru; James Richards e Èdwin Carels. I prossimi incontri, che completano il programma dei Vanishing Points, sono: Emilija Škarnulyte˙ e Marina Otero Verzier (06/10); Ippolito Pestellini Laparelli, Formafantasma e Beatrice Leanza (07/10); Janis Rafa e Federica Timeto (13/10); Masbedo e Cristina Baldacci e Andrea Pinotti (20/10).

Vanishing Points si pone dunque come elemento di sintesi di una mostra, Penumbra, che, a partire dall’interpretazione fisica del concetto di “semi-oscurità”, ne estende il significato alle molte zone d’ombra, di incertezza e di trasformazione che costellano il nostro presente. Attraverso sensibilità artistiche e linguaggi tra loro differenti, otto artisti internazionali affrontano in otto video installa zioni temi urgenti della contemporaneità, proponendo una visione corale sulle zone d’ombra dei concetti di vulnerabilità e immunità, memoria e storia, verità e finzione all’interno del panorama delle attuali trasformazioni globali. Tutte le opere sono commissionate e

ONE

Nella propria pratica, il duo artistico Masbedo (Nicolò Massazza, 1973 e Iacopo Bedogni, 1970, Italia) si concentra sull’immagine in movimento per dare voce a quelle storie private che potrebbero mettere in discussione la dimensione pubblica della Storia. I loro film sono laboratori di memoria come quello in mostra, Pantelleria (2022) che si misura con l’eredità storica e mitologica dell’Operazione Corkscrew – nome in codice dell’invasione dell’isola da parte degli Alleati nel 1943 – attraverso un processo partecipativo di riscoperta che coinvolge la comunità locale per esplorare il confine ambiguo tra realtà e finzione.

TWO

La pratica di Karimah Ashadu (1985, Regno Unito) affronta questio ni legate alle condizioni di lavoro, alla cultura patriarcale e all’idea di indipendenza nel contesto sociale, economico e culturale della Nigeria e dell’Africa occidentale. Plateau ( Altopiano, 2021) esplora la relazione tra corpi e paesaggio utilizzando un approccio allo stesso tempo lirico e analitico. Protagonisti un gruppo di minatori clande stini intenti a estrarre stagno nella regione dell’altopiano di Jos. Il film indaga le ripercussioni di questa attività sui lavoratori stessi e i rischi per l’ecosistema nel contesto della fine disastrosa del regime coloniale britannico.

THREE

Tessendo insieme mito e storia, Ana Vaz (1986, Brasile) utilizza gli strumenti del racconto cinematografico per decentrare i confini dello sguardo umano. Il suo film É Noite na América

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IN THE CITY VISIONI
prodotte dalla Fondazione In Between Art Film, l’istituzione fondata e presieduta da Beatrice Bulgari. Di seguito, una breve guida della mostra :
( È notte in America,

2021) è un ritratto meditativo che da una parte osserva le numero se specie che sono state salvate e ora vivono nello zoo di Brasilia e dall’altra sfida l’ideologia della loro conservazione di fronte a un pericolo di cui solo gli esseri umani sono responsabili.

FOUR

Emilija Škarnulyte˙ (1987, Lituania) opera indagini poetiche che, oscillando tra documentario e finzione, individuano gli aspetti mitologici della scienza e dell’architettura. In Aphotic Zone ( Zona afotica, 2022) si immerge a 4 km di profondità nel Golfo del Mes sico, dove gli scienziati marini della Temple University di Filadelfia sono alla ricerca di un super corallo che possa vivere nonostante il riscaldamento e l’acidificazione degli oceani. Il film intreccia gli orrori della distruzione ecologica e del colonialismo in una sottile meditazione sulla sopravvivenza alle devastazioni dell’avidità umana.

FIVE

James Richards (1983, Regno Unito) raccoglie, manipola e com pone insieme suono, immagine in movimento e fotografia con l’o biettivo di svelare l’intima vulnerabilità di immagini e corpi, soggetti e oggetti. Untitled ( Senza titolo, 2022) è un’endoscopia materiale e metaforica che unisce filmati di sistemi fognari e apparati digerenti per guardare più da vicino le dimensioni private e pubbliche del contagio, dell’igiene e della decomposizione.

SIX

La pratica artistica di He Xiangyu He (1985, Cina) contempla e riverbera l’impatto delle turbolenze geopolitiche e storiche sugli individui e sulle comunità. House of Nations ( Casa delle nazioni, 2021), ambientato a Berlino durante la pandemia da COVID-19, è il ritratto intimo di un grafico di origini cinesi che vive in una struttura per studenti internazionali mentre è alle prese con le sue aspirazioni e le sue incertezze esistenziali. Il docufilm è anche una riflessione sull’invisibilità degli individui nel contesto urbano e sulla necessità di offrire la dimensione del racconto anche a tutte quelle esistenze all’apparenza più anonime.

SEVEN

Nelle sue opere, Jonathas De Andrade (1982, Brasile) esplora le dinamiche di potere e i conflitti sociali del Brasile. Interrogandosi su quanto l’arte possa essere uno strumento politico di narra zione speculativa, Boca Livre ( Bocca libera, 2022) si confronta con un gruppo di persone senza dimora riunite per un pranzo domenicale. La familiarità di questa messa in scena apre una serie di riflessioni sulle idee di casa e di famiglia, e sulle modalità di rappresentazione e auto-rappresentazione di coloro che vivono in condizioni precarie. De Andrade è l’artista invitato a rappresentare il Brasile alla Biennale di Venezia 2022.

EIGHT

Il lavoro di Aziz Hazara (1992, Afghanistan) riflette sulle eredità materiali e culturali che persistono in Afghanistan in seguito alle occupazioni straniere del territorio. Essendo cresciuto in una zona di conflitto, Hazara porta spesso all’attenzione del pubblico il rapporto tra trauma, memoria e identità, sia a livello individuale sia collettivo. Takbir (2021) è stato girato a Kabul subito dopo la recente invasione dei talebani, e osserva la dimensione notturna come uno spazio denso da cui fuggire o in cui rifugiarsi. Oscurità e luce, silenzio e suono, operano come dispositivi metaforici per la rappresentazione della storia recente del Paese.

Fino

TEATRINO GRASSI ON SCREEN

THE INTERNATIONAL FESTIVAL OF FILMS ON ART (FIFA)

Per il secondo anno Palazzo Grassi invita The International Festival of Films on Art di Montreal, la rassegna filmica dedicata alle arti visive, performative, mediali, all’architettura e alla vita degli artisti, diretta da Philippe Del Drago. Un ricco programma di incontri e 21 proiezioni tra corti e lungo metraggi, si dispiega lungo quattro sera te tematiche al Teatrino di Palazzo Grassi, un racconto multivisione sul contemporaneo più vivo da non perdere. Un focus particolare e inedito è dedicato alle produzioni e alle culture indigene canadesi. Ingresso libero fino a esaurimento posti.

ENG In collaboration with The International Festival of Films on Art (FIFA), Montreal, the Teatrino di Palazzo Grassi presents an exclusive selection of films. The programming includes short and feature-length films dedicated to a variety of themes such as visual arts, architecture, dance, performances, urban art, and multimedia art, along with portraits of artists. Several works are also dedicated to Canadian indigenous productions and cultures. 6-9 ottobre

INTORNO A NAUMAN

Curato dal critico di cinema e curatore indipendente Dominique Païni e ispirato alla mostra Bruce Nauman: Contrapposto Stu dies, in corso a Punta della Dogana fino al 27 novembre, il ciclo di proiezioni propone film le cui tematiche, sperimentazioni o iconografia fanno eco all’atto di camminare e alla posa classica del “Contrapposto”, due elementi al cuore delle opere di Nauman in mostra. Oltre a stabilire un dialogo con le performance dell’artista, la rassegna ricostruisce una storia accelerata del contrapposto, della contorsione sculturale, del corpo in movimento, al centro della cinematografia fin dalla sua creazione.

ENG The Teatrino presents a cycle of screenings entitled Intorno a Nauman, curated by cinema critic and independent curator Dominique Païni and inspired by the exhibition Bruce Nauman: Contrapposto Studies open at Punta della Dogana until 27 November. The selection includes films that somehow echo the act of walking and the classical pose Contrapposto, two elements at the heart of Nauman’s works on view. As well as establishing a dialogue with the performances of Bruce Nauman, the cycle retraces the story of Contrapposto, of moving bodies, at the center of cinematography since its beginning. 12, 19, 26 ottobre October

UNA SPECIE DI TENEREZZA

MARLENE DUMAS FRA PAROLE E IMMAGINI

In relazione ai temi e alle suggestioni della sua mostra a Palazzo Grassi, Marlene Dumas ha selezionato una serie di film che, nel corso degli anni, l’hanno emozionata, segnata o divertita e che in qualche modo hanno influenzato la creazione delle sue opere. I film esplorano temi cari all’artista, quali erotismo, innocenza, umori smo, tragedia…

ENG In relation to the themes and suggestions of her exhi bition at Palazzo Grassi, Marlene Dumas has selected a series of films that, over the years, have moved, marked or amused her and that in some way influenced the creation of her works. These films explore themes dear to the artist, such as eroticism, inno cence, humour, tragedy… 3, 10, 17, 24 novembre November

novembre

55 Penumbra
27
Complesso dell’Ospedaletto, Barbaria de le Tole, Castello 6691 inbetweenartfilm.com
October
www.palazzograssi.it

arte

Sindrome contemporanea

Una fuga sull’isola che non c’è, una parentesi onirica, una pausa dall’insostenibilità del reale è quanto offre Fondation Valmont con la mostra Peter Pan. La nécessité du rêve a Palazzo Bonvicini. Curata da Francesca Giubilei e Luca Berta, la mostra, ispirata al personag gio inventato da J.M. Barrie nel 1902, è il quarto capitolo espositivo dopo Alice in Doomedland (2021), Hansel & Gretel (2019) e Beauty and the Beast (2017). Perfetta incarnazione del desiderio di evasione e libertà che sempre più attanaglia il contemporaneo, Peter Pan vie ne riletto dallo sguardo dei quattro artisti in mostra tramite il medium dell’immagine in movimento. Stephanie Blake, illustratrice, si misura per la prima volta con il video in WWW – Windows Wings Wrecked : tre cortometraggi girati con il cellulare durante un viaggio in una sel vaggia isola del Mediterraneo. Proiettando lo spettatore in un nonluogo incantato dove la fuga dalla realtà sembra possibile, Blake ripercorre la parabola di Peter e al contempo la propria di artista, dai primi sogni di libertà e indipendenza alla maturità e all’incertezza del futuro. Nella seconda sala, l’opera Blessing in disguise di Didier Guil lon, in collaborazione con la figlia Valentine, si focalizza sui conflitti che pervadono il mondo immaginario di Peter quanto quello reale, trovando nella bellezza e nelle leggi della natura l’unica cura possi bile al caos e alla guerra. La mostra prosegue con TRANSITI. Eros, Thanatos, Chronos di Silvano Rubino, che attraverso la mitologia greca affronta l’emblematica sindrome di Peter Pan, in cui lo stesso artista rivede il proprio ignorare il tempo e il suo scorrere inesorabile, trovando nell’arte la leva attraverso la quale espandere il presente all’infinito. Isao con Shadows and Forms si ispira alla tradizione orientale per concentrarsi sul tema dell’ombra, che rappresenta l’alterità, l’inconscio, il lato oscuro, che in Peter Pan spesso prende il sopravvento, imprigionandolo in un’assenza di sé che sfocia in un eterno presente. Ospite speciale, Gayle Chong Kwan si esprime tra immaginario e realtà con l’installazione Atlantis, un’isola creata con imballaggi alimentari in plastica usati, raccolti da persone che vivono a Londra: una riflessione necessaria sull’urgenza di proteggere il Pia neta, nostra preziosissima isola. Chiara Sciascia

Peter

Le corrispondenze

The Soothsayer, in italiano L’indovino, si riferisce al personaggio di Shakespeare che avvertì l’imperatore Giulio Cesare del suo imminente assassinio, premeditato per le idi di marzo, ma fu ignorato e definito un sognatore. Mouna Rebeiz, artista libanocanadese, sceglie questa allegoria come titolo della sua mostra per riflettere sull’idea della premonizione e sull’improbabile punto d’incontro tra intelligenza artificiale e misticismo. Le sue tre opere campeggiano all’interno della St. George An glican Church in stretto dialogo tra loro, offrendo al visitatore un viaggio alla scoperta della propria sorte.

Appena varcata la soglia della chiesa, infatti, ad accogliere il visitatore davanti alla navata centrale vi è un totem composto da un puzzle a forma di croce latina, i cui pezzi trasparenti sono stati realizzati con plexiglas riciclato, che riporta inciso a caratteri gotici la prima quartina delle Corrispondenze di Charles Baude laire. La scultura rappresenta un tramite capace di comunicare con coloro che regnano su altre dimensioni ed è posta davanti a una maestosa rivisitazione delle carte degli Arcani Maggiori dei Tarocchi di Marsiglia, disposti ad arco lungo la navata centrale. Dipinte su lastre di alluminio lucido, le grandi carte sono state realizzate con una tecnica pittorica singolare, riprendendo e rivisitando i soggetti dei Grandi Maestri. Dietro l’acquasantiera si trova il mezzo che rivelerà la sorte al visitatore e all’umanità: una parete interattiva formata da puzzle di plexiglass variopinti, che simboleggiano il confine tra realtà materiale e spirituale. L’interazione con l’opera avvia l’algoritmo: si è invitati a scegliere un tassello, specchiarsi nella carta scelta dall’indovino e leggere la profezia a essa associata proiettata sulla parete dell’altare. Con questo dispositivo l’artista riprende il principio protagoriano per sottolineare come la società contemporanea sia la mas sima espressione dell’uomo che si fa misura di tutte le cose, utilizzando le tecnologie per soppiantare le dimensioni regnate da mistero e misticismo. L’utilizzo di un algoritmo associato alla premonizione è un invito alla riflessione sul sé e sull’artificialità del nostro contemporaneo: le nostre identità possono essere ridotte ad algoritmi? Le macchine sono capaci di predire il futuro? Ma soprattutto, la tecnologia ha sostituito la spiritualità? Silvia Baldereschi

Mouna Rebeiz. The Soothsayer

27 novembre St. George Anglican Church, Campo San Vio

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IN THE CITY MAGIA
Fino
mounarebeiz.com
Pan. La nécessité du rêve Fino 26 febbraio 2023 Fondation Valmont, Palazzo Bonvicini fondationvalmont.com
58 PENUMBRA KARIMAH ASHADU JONATHAS DE ANDRADE AZIZ HAZARA HE XIANGYU MASBEDO JAMES RICHARDS EMILIJA SKARNULYTE ANA VAZ 20.04—27.11 2022 FONDAZIONE IN BETWEEN ART FILM COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO VENEZIA

arte

Di mente in mente Fondazione Prada, indagine intellettuale sul nostro tempo

Per meglio comprendere il progetto espositi vo Human Brains: It Begins with an Idea che Fondazione Prada – luogo di riflessione e lettura del nostro tempo – ha allestito sui tre piani di Ca’ Corner della Regina a Venezia è necessario ap profondire il processo multidisciplinare di ricerca su tematiche legate alle neuroscienze che la Fondazione ha intrapreso fin dal 2018. Human Brains è innanzitutto un programma di mostre, convegni, incontri pubblici e attività online ed editoriali, risultato di una forte volontà di comprendere il cervello umano, la complessità delle sue funzioni e la sua centralità nella storia dell’uomo, sviluppata in collaborazione con un comitato scientifico presieduto da Giancarlo Comi e costituito da ricercatori, medici, psicolo gi, linguisti, filosofi, divulgatori e curatori. Tutto sembra nascere da un’idea di Miuccia Prada, Presidente della Fondazione: «Durante i 25 anni di attività della Fondazione ho sempre voluto lavorare su questioni rilevanti della cultura contemporanea. Questo progetto dedicato alle neuroscienze è forse tra i più importanti conce piti finora. Per un’istituzione nata da un interesse per le arti visive, occuparsi di scienza è una sfida, in quanto deve dare voce e forma alle idee dei ricercatori. Il dialogo che si concretizza in Human Brains sottolinea l’importanza della colla borazione nel valorizzare e diffondere discipline e ricerche fondamentali per il nostro presente». Human Brains è un’esplorazione molto ampia che investe vari campi: dalla neurobiologia alla filosofia, dalla psicologia alla neurochimica, dalla linguistica all’intelligenza artificiale fino alla robotica.

L’interesse di Fondazione Prada per l’attuale stato delle neuroscienze è un’espansione della sua indagine intellettuale che continua ad af frontare sui temi fondamentali del nostro tem po. Nel corso della storia, scienza e cultura si sono configurate come due entità inscindibili in costante dialogo tra loro. L’avvento dell’ultima “era tecnologica” ha indicato nuove direzioni di ricerca e fatto emergere per l’umanità inediti interrogativi sociali, culturali e politici. La cultura si evolve al passo con questi profondi cambia menti nella conoscenza scientifica, trasforman do la nostra comprensione di ciò che significa essere umani nei tempi sempre più incerti in cui viviamo. Quella di Venezia è stata definita una mostra complessa e coraggiosissima che ha affascinato con un concept espositivo suggestivo, curato magistralmente da Udo Kittelmann, che, tra gallerie e sentieri sempre più simili a vere e proprie cavità cerebrali, ac compagna idealmente il visitatore in un viaggio immersivo alla scoperta della storia dello studio del cervello umano.

«È davvero incredibile come dal cervello dipen dano tutte le funzioni vitali del nostro corpo ma, al tempo stesso, come questo sia l’organo in assoluto di cui sappiamo meno» sostiene in un contributo video uno dei ricercatori intervistati. Cercarne di comprendere il più possibile i mec canismi e il funzionamento è la grande sfida che scienziati, uomini di cultura e, perché no, artisti si trovano sempre più ad affrontare.

Una sfida che Fondazione Prada rilancia con originalità culturale e coraggio intellettuale, an cora una volta degni di nota.

Paolo Lucchetta

Mind ENG to mind

Human Brains is the result of an intensive investigative process undertaken since 2018 by Fondazi one Prada in the field of neurosci ence, driven by a deep interest to understand the human brain, the complexity of its functions, and its centrality to human history. Through a convergence of diverse scientific approaches (neurobi ology, philosophy, psychology, neurochemistry, linguistics, artifi cial intelligence, and robotics) the human brain was examined in the plural – as expressed by the title –to underline its intrinsic complex ity and the irreducible singularity of everyone.

As stated by Miuccia Prada, Presi dent of Fondazione Prada: “We are increasingly interested in relevant subjects that impact the lives of everyone, even when those topics are difficult to understand. For a cultural institution whose identity is rooted in the field of visual arts, dealing with science is an intellec tual and political challenge: how do we make an exhibition about ideas and knowledge?”

The exhibition Human Brains: It Begins with an Idea is curated by Udo Kittelmann in collaboration with Taryn Simon. Covering three floors of the building, the project is the result of a long and in-depth research process carried out with Fondazione Prada and the scientif ic board.

Taken all together, the exhibition navigates a history of neuroscien tific knowledge-making marked by rigor, breakthrough, and discovery as well as error and uncertainty. It traces the outlines of consciousness, the gaps in scien tific research, and what is known and unknown in our understand ing of the human brain.

Human Brains: It Begins with an Idea Fino 27 novembre

Fondazione Prada, Ca’ Corner della Regina www.fondazioneprada.org

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IN THE CITY SCIENZA

art

Ogni cosa è illuminata

«Ogni opera illumina lo sguardo di chi è capace di vedere. Forse è vero anche il contrario: ogni sguardo porta all’opera una scintilla di luce e di vita». Un invito sentito quello di Chiara Bertola, curatrice del progetto espositivo site-specific ospitato e promosso da Fondazione Querini Stampalia in collaborazione con White Cube, che pone in dialogo la pratica artistica di Danh Vo, mentre esplora i mutamenti di significato in base al contesto, facendo un uso strategico del re adymade in installazioni che celano molteplici narrative, con l’opera di Park Seo-Bo (1931), iniziatore del movimento artistico coreano Dansaekhwa (pittura monocroma), che con il suo raffinato vocabola rio materico raggiunge il minimalismo non attraverso la riduzione ma mediante la stratificazione e l’accrescimento, e di Isamu Noguchi, scultore, architetto, designer e scenografo statunitense di origini giapponesi, il suo muoversi tra culture, superando le dicotomie percepite tra Est e Ovest, antico e moderno, naturale e tecnologico, ridefinisce la scultura come forza positiva.

Un invito non solo a vedere e capire, ma anche a vivere e amare la mostra attraverso gli occhi degli artisti che la abitano, offrendo occasioni per approfondire i temi a loro cari che emergono dal pro getto site-specific. Isamu Noguchi. Le luci dovrebbero essere mobili come farfalle è il primo appuntamento (7 ottobre, ore 17) che pone in dialogo Andrea Anastasio, artista-designer, Stefano Arienti, artista, con Chiara Bertola, sul tema della lampada utilizzata come oggetto luminoso e come display espositivo. Park Seo-Bo. Per trovare il tem po devi cercare il ritmo (9 novembre, ore 18) riunisce Francesca Ta rocco e Silvia Tarocco, entrambe docenti dell’Università Ca’ Foscari, moderate da Chiara Bertola sul tema del monocromo e dell’arte come pratica di meditazione. Danh Vo. L’importanza di essere fuori posto (16 novembre, ore 18), vede Anna Cimoli, ricercatrice e do cente dell’Università degli studi di Bergamo, Franco La Cecla, antro pologo, Anna Castelli, ricercatrice indipendente, confrontarsi sempre con la curatrice Bertola sul tema della memoria delle immagini e del Museo dentro il Museo. Tutti gli incontri sono a ingresso libero fino a esaurimento posti. M.M.

Danh Vo, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo Fino 27 novembre Fondazione Querini Stampalia, Campo Santa Maria Formosa, Castello

Atmosfere trasparenti

La luce naturale e il candore delle opere di Antonio Canova han no ispirato i Glass Works dell’artista giapponese Ritsue Mishima, chiamata a dialogare con alcuni spazi “particolari” delle Gallerie dell’Accademia. Il percorso espositivo ha inizio con nove piccoli meteoriti in vetro argentato che riposano sotto i bassorilievi di Canova e prosegue nella sala dei Lottatori con due elementi distinti, lavorati separatamente in vetro soffiato e avvolti a caldo da cordoni anch’essi di vetro. Le due forme astratte si sovrap pongono e si intrecciano evocando in maniera inequivocabile e potente i corpi indissolubilmente legati nella lotta del model lo classico. Il dialogo con i maestri del passato continua con Palladio: nella scala ovata, è sospesa nel vuoto la Colonna di luce, composta da novanta elementi di forma tondeggiante, simili l’uno all’altro ma tutti diversi nella loro unicità. Infine, nell’atrio antistante al monumentale cortile palladiano, un lungo tavolo in metacrilato dalla superficie specchiante accoglie una quindicina di sculture che riflettono e moltiplicano la propria immagine sul supporto che li ospita, creando uno spettacolare effetto ottico d’insieme, come un’unica, affascinante e ipnotica installazione. Sfruttando la traslucenza e la viscosità del vetro veneziano, l’arti sta ha creato sculture in vetro trasparente che fondono i contorni della luce, diventando parte dell’ambiente circostante. Più che dai valori plastici delle forme, più che dagli oggetti in sé stessi e dal materiale con il quale sono realizzati, il senso ultimo della ricerca di Mishima è restituito dall’aura luminosa che circonda le opere. Il vetro, accuratamente scelto e trattato con una tecnica personale sviluppata e affinata nelle fornaci di Murano nel corso dei decenni, è lo strumento attraverso il quale l’artista crea le atmosfere, le percezioni spaziali e le sensazioni ambientali che costituiscono l’essenza del suo lavoro. I singolari esiti estetici ottenuti sono il frutto dell’incontro tra la sua cultura d’origine e la tradizione veneziana della lavorazione del vetro. Un legame forte ed evidente, quello con il maestro Andrea Zilio, che dà vita a una straordinaria e duratura collaborazione e contribuisce alla bellezza delle sue creazioni. M.M.

Ritsue Mishima.

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e IN THE CITY MATERIA LUMINOSA
Glass Works Fino 30 ottobre Gallerie dell’Accademia www.gallerieaccademia.it
5252 www.querinistampalia.org

La forma della luce Venini, la storia di una vetreria-mito

Venini: Luce 1921 – 1985 è una mostra emozionante e sorprendente, che racconta a Le Stanze del Vetro la meravigliosa vicenda di Venini. Partiamo dalla fine, dagli allestimenti speciali e spettacolari ospitati fuori dagli spazi espositivi abituali, in Sala Carnelutti, resi necessari per la ricostruzione di due installazioni in grande scala: quella che ripropone in forma ridotta la schermatura del lucernaio di Palazzo Grassi, realizzata nel 1951 con “velari” in cavi d’acciaio e sfere in vetro di differente formato, e quella che ricrea in uno spazio neutro la grande installazione realizzata da Carlo Scarpa con elementi in vetro poliedrici di tre differenti colori per il Padiglione del Veneto alla Mostra delle Regioni di Italia del 1961 a Torino. Quest’ultima, im magine simbolo della mostra stessa e del bellissimo catalogo edito da Skira, è la vera sintesi del ruolo cruciale svolto dalle produzioni Venini nella storia dell’architettura italiana e del made in Italy, uno spazio-installazione che annunciò al tempo le ricerche degli anni Sessanta.

È proprio la ricerca senza limiti e senza confini che contraddistingue la produzione Venini da Sottsass a Wirkalla, come abbiamo avuto modo di ammirare in questi anni nelle precedenti indagini espositive de Le Stanze del Vetro con allestimenti che ci hanno restituito emo zioni e significati profondi sui tanti miti, ebbene sì, anche industriali e relativamente recenti di questa città infinita.

Il nucleo della mostra Venini: Luce 1921 – 1985 si snoda negli spazi de Le Stanze del Vetro attraverso un percorso puntuale costruito con materiali tratti da archivi d’impresa e d’artista, che costituiscono il consistente patrimonio della vetreria-mito e della sua formidabile produzione illuminotecnica. Una sorta di emblema della reinvenzione dell’artigianato artistico nella prospettiva di un abitare moderno per creare un nuovo stile, elegante e contemporaneo.

Il successo di queste produzioni fu quasi immediato e l’affermazione dell’impresa passò per le grandi esposizioni. Venini, fin dalle sue origini, sarà presente infatti in tutti i luoghi della creazione dello “stile italiano” degli anni Venti, quali la Triennale di Milano, la Biennale Arte di Venezia, la Quadriennale di Roma, l’Esposizione Nazionale e Internazionale di Torino, e poi con lavorazioni speciali allargherà l’offerta incentrata sui vasi verso quella di oggetti stilizzati e manufatti per l’illuminazione pubblica e privata.

Le collaborazioni saranno nel Dopoguerra sempre più talentuose:

non solo Tomaso Buzzi, Gio Ponti e Carlo Scarpa, ma anche giovani emergenti dal glorioso futuro internazionale come Massimo Vignelli, presente in questa mostra con le sue formidabili “Cipolle”.

Le sale si susseguono evidenziando la ricerca incessante nella messa a punto di sistemi a moduli di fasce in vetro, con differenti superfici e disegni, accostabili con supporti in metallo teoricamente impilabili senza fine. Queste produzioni garantiranno, nella costante fornitura per cantieri di opere pubbliche quali stazioni ferroviarie, uffici postali e amministrativi, banche, teatri, alberghi, una dimensio ne industriale capace di supportare la ricerca artistica e la piccola produzione artigianale, che sempre distinguerà il nome Venini. Venini è dunque al centro del sogno della luce artificiale che, grazie al materiale vetroso, partecipa e qualifica lo spazio del residenziale e del pubblico.

Un ulteriore tema fondamentale, messo in rilievo dalla mostra, è la produzione a partire dalla fine degli anni Cinquanta di elementi modulari usati per la creazione di sospensioni, lampade a parete e soprattutto grandi installazioni a soffitto. Un vasto catalogo di tipo logie che spazia dagli iconici poliedri alle canne piene e vuote con diverse sezioni, dimensioni e finiture, come narrata dalla documen tazione fotografica che evidenzia come questi corpi luminosi in vetro caratterizzato i paesaggi domestici, urbani, industriali degli anni del Dopoguerra fino agli anni Ottanta.

Per certi versi si tratta della mostra definitiva de Le Stanze del Vetro, Venini: Luce 1921-1985, curata da Marino Barovier, rappresenta uno sforzo di ricerca notevole sotto diversi punti di vista: la ricostruzione di un archivio immenso e il lavoro di sintesi necessario per rac contare oltre mezzo secolo di produzione della storica vetreria e la riproduzione delle due enormi installazioni letteralmente ricreate per questa mostra – 4000 poliedri realizzati appositamente per ricostrui re l’opera a partire dalle immagini dell’epoca.

Grazie davvero a Marino Barovier e a Le Stanze del Vetro per aver narrato così efficacemente la storia di una vetreria che ha contribuito in modo fondamentale al mito del vetro e della sua capitale, Venezia. Paolo Lucchetta

Venini: Luce

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1921 – 1985 Fino 8 gennaio 2023 Le Stanze del Vetro, Isola di San Giorgio Maggiore lestanzedelvetro.org Venini: Luce 1921-1985, installation view, Ph. Enrico Fiorese

arte

Un mondo in fermento

Il FERMENTO Festival, evento aperto al pubblico dal 20 al 22 ottobre, promosso dall’Associazione Culturale EatArt presso Bar da Dino e Spazio Levante, è prima di tutto un luogo di incontri, una commistione poliedrica di generi che valica i confini dell’u niverso artistico, uno spazio dedicato al consolidamento di un legame, quello tra scienza e arte, negli ultimi anni sempre più sperimentato. Un percorso non solo legato al mondo dell’arte, della musica e della gastronomia ma anche interpersonale e in trospettivo, che porterà i visitatori a interrogarsi, tramite dibattiti, riguardo al proprio inconscio e alla stimolazione dei sensi. Tre le proposte presentate attorno alle quali si svilupperà il Festival: Martin Kaulen (Santiago del Cile, 1988) con l’installazione School of Phospene propone l’esplorazione della parte più recondita e intima della mente, coadiuvata dalla percezione audio-visiva; interazione che verrà ulteriormente stimolata da Claudio Bellini (Bergamo, 1994) attraverso Multiple Reality, un’animazione inte rattiva legata al suono del processo chimico della fermentazione; quest’ultima servirà da tramite e da congiunzione all’esibizione finale, Dispensa Viva, nonché alla danza dionisiaca e propiziato ria della performer Donna Carmela, punto di congiunzione finale tra due “universi” a loro volta interconnessi: arte e gastronomia e fermento chimico e intellettuale.

Aurora Sartori ENG FERMENTO Festival, an artistic event open to the pub lic from 20 to 22 of October, promoted by the EatArt Cultural Association at Dino’s Bar, is first of all a strongly and empha sized link among cultural genres and science. An interconnect ed journey not only among art, music, and gastronomy, but also through the interpersonal and introspective world of the human unconscious. The performances School of Phospene by Martin Kaulen (Santiago, Chile, 1988), Multiple Reality by Claudio Bell ini (Bergamo, 1994), Dispensa Viva, and the Dionysian dance of Donna Carmela, are all linked together through audiovisual perception, art/gastronomy, and chemical/intellectual ferment.

FERMENTO Festival. EatArt Cultural Association 20-22 ottobre Bar da Dino, Spazio Levante www.facebook.com/factfestival.venice

Personale e collettivo

All’interno dei monumentali spazi delle Procuratie Vecchie in Piazza San Marco, da qualche mese restituiti e aperti alla città, ha trovato casa The Human Safety Net, la Fondazione di Generali che perse gue la missione di liberare il potenziale delle persone che vivono in condizioni di vulnerabilità affinché possano migliorare le condizioni di vita delle loro famiglie e comunità. I programmi di THSN operano in Europa, Asia e Sud America, unendo le forze delle organizzazioni no profit con quelle del settore privato, al fine di creare una rete aperta e una collaborazione attiva con società, organizzazioni e fondazioni che condividono gli stessi obiettivi. Per far conoscere al pubblico l’azione della Fondazione e per permettere allo stesso tempo di comprendere le dinamiche dell’azione di The Human Safety Net, in questi primi mesi di attività è possibile confrontarsi con una mostra interattiva certamente unica nel panorama veneziano: A World of Potential, al terzo piano delle Procuratie Vecchie. L’esposizione, curata da nomi di spicco della psicologia americana come Martin Seligman e Christopher Peterson e dalla co-fondatrice di Dialogue Social Enterprise (DSE), Orna Cohen, è stata concepita come una progressione di esperienze che portano i visitatori a scoprire il proprio potenziale partendo da valori come creatività, perseveran za, gratitudine, curiosità, speranza, intelligenza sociale e lavoro di squadra. Questi concetti astratti sono stati tradotti in 16 installazioni multimediali interattive, sia analogiche che digitali, create per la mostra dal duo Migliore+Servetto (Ico Migliore e Mara Servetto), capaci di coinvolgere i pubblici più diversi e di generare riflessioni e autoanalisi. All’interno del percorso espositivo, un ampio openspace è dedicato all’Art Studio, dove trova ora posto CHUTZPAH – Una tenda che non è una tenda, animali che non sono animali di Atelier dell’Errore (AdE) BIG, curato da Gabi Scardi, una serie di opere sitespecific che interpretano i temi inerenti ai programmi di The Human Safety Net e i valori e i punti di forza espressi nella mostra A World of Potential

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La mostra è aperta ai visitatori veneziani e non – per i primi si segna la la possibilità di visitare la mostra gratuitamente ogni giovedì – che potranno “liberare il proprio potenziale”. Aurora Sartori

A World of Potential

The Human Safety Net

San Marco

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IN THE CITY PROGETTI
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Procuratie Vecchie (terzo piano), Piazza
www.thehumansafetynet.org

Guggenheim inclusivo Vedere e toccare: impatto a doppio senso

Riprendono, dopo la pausa dovuta alla pandemia, i percorsi tattili alla scoperta delle opere della Collezione Peggy Guggenheim: visite guidate e laboratori destinati ad adulti e bambini non vedenti o ipo vedenti pensati per rendere più accessibile il patrimonio artistico. Un progetto sperimentale ideato da Valeria Bottalico a partire dal 2015 che, come sottolinea la direttrice del museo Karole P. B. Vail, «si inserisce a pieno titolo nella missione culturale di promozione e diffusione dell’arte, non disgiunta dalla dimensione sociale di un museo concepito come comunità inclusiva». Doppio senso è il nome di questo progetto, nell’accezione di due sensi, vista – purtroppo non scontata per tutti – e tatto, senso per fortuna assai più comune, ma di norma interdetto nei musei per la necessaria tutela e buona conservazione delle opere. I visitatori avranno tra le mani un particolare catalogo che presenta una selezione di riproduzioni tattili di opere della Collezione e relative schede tecnico-descrittive, sia in italiano che in inglese, redatte anche in Braille per i ciechi.

«Lo scopo – spiega Elena Minarelli, responsabile del Dipartimento Educazione – è quello di poter avere la percezione sensoriale anche di un dipinto che, seppur bidimensionale, rinasce nella tridimensio nalità di un’immagine duplicata, senza essere copia, composta da parti in rilievo, ora lisce ora più ruvide, rese in termoform e resina con matrice realizzata a mano presso il Centro del Materiale didattico della Fondazione Istituto ciechi di Milano».

Alcune riproduzioni erano già state collocate nelle sale della casamuseo di Peggy a fianco delle opere originali, tuttavia non sempre ciò era stato possibile per questioni di spazio, da qui l’idea del catalogo portatile pensato per essere fruito autonomamente, seppur limitatamente.

Permane il problema della riproducibilità tecnica e di come rendere al meglio gli originali, che inevitabilmente non possono neppure lontanamente essere paragonabili, se non nei loro ipotetici “involucri esterni”. Occorre tuttavia considerare l’intero processo come una delle poche opportunità nella diversità di concorrere al medesimo fine ovvero carpire il significato delle opere degli artisti attraverso parole e tatto, per chi non ha occhi per vedere ma dita per leggere. Sfregando le sfere di luce come sonagli, si riesce davvero a udire

La voce dell’aria di Magritte (1931) o ad immaginare La nostalgia del poeta di Giorgio De Chirico (1914), attraverso la silenziosa e fredda malinconia del suo profilo d’uomo, indovinando il passato di un manichino di schiena? Si può forse ascoltare il brusio nascosto e l’energia dei corpi degli Uomini in città (1919) di Fernand Léger, che emergono tra muri?

Doppio senso fa uscire l’opera dalla tela, privilegiando “gruppi” o parti di soggetti/oggetti o rendendo il cambio di colori e materiali attraverso asperità o levigatezze. Il percorso tattile consiste nella scoperta di opere significative della Collezione, in particolare i dipinti di Giuseppe Capogrossi, De Chirico, Wassily Kandinsky, René Magritte, Fernand Léger e le sculture di Max Ernst e Alberto Gia cometti, esplorate in originale, in seguito alla valutazione sullo stato di conservazione delle opere e della loro leggibilità al tatto. L’istinto del “toccare” trova qui massima soddisfazione. Sensuale e primitivo al tempo stesso, a questo proposito, il laboratorio con l’artista non vedente Felice Tagliaferri, che guida i visitatori a perdersi in un intrec cio di mani per vivere La donna che cammina di Alberto Giacometti (1936), accarezzandone da capo a piedi le spalle e il busto, i seni, le gambe flessuose colte nell’atto di avanzare lentamente. Doppio senso è stato finanziato da Florim, prima industria cerami ca in Italia ad essere Società Benefit e unica al mondo Certificata B Corp, che attraverso il marchio CEDIT – Ceramiche d’Italia ha realizzato Hotel Chimera, un’opera d’arte in ceramica composta da 80 pezzi unici, disegnati dalla designer e artista Elena Salmistraro, il cui ricavato dalla vendita è andato interamente a sostegno del percorso tattile.

Gli appuntamenti in programma sono il 22 ottobre (per adulti), il 12 e 13 novembre (per adulti, bambini e bambine) e il 3 dicembre (per adulti), la partecipazione è gratuita con prenotazione necessaria. I visitatori non vedenti o ipovedenti possono, su richiesta, prenotare una visita tattile guidata da una formatrice nell’ambito dell’accessibi lità museale. Luisa Turchi

Doppio Senso. Percorsi tattili alla Collezione Peggy Guggenheim Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701-704 doppiosenso@guggenheim-venice.it www.guggeneheim-venice.it

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Photo © FEI XU

arte

La danza delle ombre

Tradurre tramite la materialità della fotografia la realtà figurativa spa ziale ed estetica della Laguna, sottolineandone la proiezione verso l’altrove: Bae Bien-U fissa in Light of Grey la profonda relazione tra Uomo e Natura, tra sondabile e insondabile, che l’artista ha indagato durante le ultime quattro stagioni trascorse a Venezia. Considerato uno dei più grandi esponenti dell’arte contemporanea della Corea del Sud, Bae Bien-U realizza le sue fotografie in modo artigianale, con l’aiuto di tecnici esperti. In occasione della mostra promossa e ospitata da Fondation Wilmotte, in collaborazione con Galleria RX di Parigi, Bae Bien-U si interroga attraverso una serie di 15 fotografie sull’origine della città lagunare e sulla sua natura, impiegando lo spa zio fotografico dell’esistente e dell’inesistente tra i corpi e il mondo, per immergere lo sguardo nella realtà grigia della transizione e del paradosso. Nella ricerca di un’originale visione del paesaggio lagu nare, l’attenzione dell’artista è incentrata sulle numerose isole che la compongono, e sul loro ruolo nella storia della città.

La visione e il desiderio di Bae Bien-U è quello di catturare tramite la sua macchina analogica la dolce oscurità che caratterizza la natura e i percorsi del paesaggio lagunare in assenza del fattore umano. Nato nel 1950, Bae si è specializzato nella pittura e nel design. Inizia a fotografare fin dal suo primo anno di università nel 1970, incoraggiato da un amico. La sua serie fotografica più nota è quella dedicata agli alberi di pino, simboli di longevità e allegoria dell’anima nella cultura coreana, ma le altre opere spaziano nei loro soggetti dalle isole di Tahiti ai templi coreani, dal Domaine de Chambord al Palazzo dell’Alhambra.

L’artista ha esposto nei più importanti musei come il Victoria and Albert Museum di Londra e il Thyssen Museum di Madrid. La mostra personale di Venezia, commissionata direttamente dall’architetto Jean-Michel Wilmotte, ricorda l’impegno del fotografo a favore di un’arte che ripensa e reinventa ciò che è considerato come acquisito. Matilde Corda

Il segreto di Sabine

La Casa dei Tre Oci conclude la sua stagione espositiva dedi cata alla fotografia con un tributo allo straordinario lavoro della fotografa franco-svizzera Sabine Weiss, scomparsa lo scorso anno a Parigi, una delle maggiori rappresentanti della fotogra fia umanista francese insieme a Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis.

Con la mostra Sabine Weiss. La poesia dell’istante, curata da Virginie Chardin e Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci, l’attività promossa dalla Fondazione di Venezia e realiz zata da Marsilio Arte in questi anni nell’iconica sede espositiva della Giudecca passerà il testimone al Berggruen Institute, trovando nuovi terreni comuni di indagine e conoscenza della società con particolare attenzione alla fotografia. Sabine Weiss (Saint-Gingolph, Svizzera, 1924 – Parigi, 2021) iniziò giovanissima la sua carriera di fotografa, al tempo non facile per una donna. Nel 1950 sposò Hugh Weiss e con lui si trasferì a Parigi. Nel 1952 la sua carriera ebbe una svolta decisi va entrando nell’agenzia Rapho, su raccomandazione di Robert Doisneau. Le sue fotografie vennero pubblicate sui maggiori giornali internazionali come il «New York Times», «Life», «New sweek». Grandi musei le hanno dedicato mostre, tra cui il MoMA di New York.

Nelle sue fotografie in mostra, oltre 200 immagini che costitu iscono la più ampia retrospettiva mai realizzata su di lei, salta subito all’occhio come l’obiettivo dell’artista vada dritto sui corpi e sui gesti delle persone per far trasparire le loro emozioni e i loro sentimenti senza filtri. Indubbiamente il lavoro di Sabine Weiss è sorretto da una profonda curiosità e da altrettanto entusiasmo, facendo emergere la sua capacità di entrare sempre in empatia con i soggetti. C’è grande verità nelle sue opere – dai reportage, ai ritratti di grandi artisti o di famose attrici, agli scatti di strada con scene di vita quotidiana, ai famosi volti dei bambini, fino alle immagini dei suoi numerosi viaggi per il mondo, in Birmania, India, Portogallo ecc, e poi i bellissimi servizi di moda pubbli cati da «Vogue» tra il 1952 e il 1961, fino agli scatti inediti, come quelli dedicati ai manicomi –, Sabine Weiss riesce a trasferirci le stesse emozioni che prova lei nel ritrarre i volti di quei bambini, dei passanti, dei lavoratori incontrati negli Stati Uniti. La fotografa mostra i suoi soggetti sempre nella loro dimensione ordinaria, senza enfasi, senza eccessi o espedienti tecnici, semplicemente nella totale normalità con tutte le sue imperfezioni, esaltandone sempre l’umanità.

Diceva: «Fotografare è un alibi, un pretesto per vedere tutto, entrare dappertutto, comunicare con tutti». Elisabetta Gardin

Sabine

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IN THE CITY FOTOGRAFIA
Bae Bien-U. Light of Grey. View of Venice Fondation Wilmotte, Fondamenta dell’Abbazia, Cannaregio 3560 www.wilmotte.com
Weiss. La poesia dell’istante Fino 1 novembre Casa dei Tre Oci, Giudecca treoci.org

arte

Universo universale

Hassan Hajjaj (1961, Larache, Marocco; vive e lavora tra Marrakech e Londra), attraverso la fotografia, l’estetica della moda, la musica, il cinema e il design celebra la cultura visiva popolare del suk, uno spazio sociale simbolo di interazioni e scambi. L’artista prende in prestito dalla cultura marocchina stereotipi pittorici assemblandoli poi audacemente con elementi occidentali per creare un “universo universale”. Hassan, infatti, celebra ciò che ci accomuna come esse ri viventi ma anche le nostre differenze, che sono la nostra ricchezza. Le sue installazioni fotografiche, in mostra alla 193Gallery alle Zattere – galleria parigina molto cool, presente in Laguna in occasione della Biennale –, sono ritratti vividi, esplosioni di colori, pattern, loghi di marca e oggetti trovati a contrasto, passati e super contemporanei, senza limiti, senza confini visivi e culturali. I bordi delle sue immagini sono cornici-sculture decorate con prodotti dei mercati arabi, che rendono omaggio ai motivi tipici dell’arte marocchina: dalle scato lette di olive o pomodori alle lattine e alle scatole da tè, un originale riferimento naturalmente alla pop art. Al centro di ogni immagine si trova una persona reale che ha ispirato Hajjaj, in posa dinamica con abiti rumorosi e sfondi a motivi geometrici. Ogni soggetto sembra pronto a prendere vita.

Segni, simboli e persone da tutto il mondo si incontrano nelle sue fotografie fuori da ogni idea gerarchica, senza traccia alcuna della presunta superiorità di una visione eurocentrica del mondo.

Qual è stato il suo percorso artistico?

Sono nato in Marocco e lì sono cresciuto fino all’età di 13 anni, quando mi sono poi trasferito a Londra. Ho dovuto ricominciare a costruirmi una dimensione di vita e di relazioni in un altro paese e in un’altra cultura, con persone nuove e una nuova lingua. Quando ho finito la scuola a 15 anni sono rimasto disoccupato per circa 6 anni, provando a fare diversi lavori. Poi ho cominciato a organizzare feste underground e in seguito ho aperto una piccola boutique nel 1994. In questo negozio mi sono avvicinato all’arte, alla moda e alla musica: ho incontrato fotografi, video-makers, chef, musicisti e ho sviluppato le mie personali passioni. Ero creativo, sì, ma a modo mio, senza troppi canoni da seguire. Quando organizzavo le feste, per esempio, sceglievo un locale vuoto che decoravo per far star bene la gente. Ho imparato a produrre e a promuovere contenuti di intratte nimento culturale. Questo è stato il mio processo d’apprendimento.

È stato un lungo viaggio. Intorno alla metà degli anni ‘80 ho co minciato a fare foto semplicemente perché mi piaceva, non perché volevo perseguire un percorso artistico. Da quel momento in avanti è stato un viaggio completamente diverso. Ho incontrato una persona molto importante per la mia carriera, una curatrice, che è stata la

persona che ha seriamente “guardato” il mio lavoro, introducendomi nel mondo dell’arte.

Ne è soddisfatto?

Sono molto soddisfatto perché non ho aspettative. Anche quan do ho cominciato ad “essere un artista” non pensavo che nel mio viaggio sarebbe successo ciò che è realmente successo. Persone stupende, esperienze e viaggi incredibili... Tuttavia non devo dimen ticare che non si è mai arrivati, perché tutto cambia e anche tu devi essere pronto a cambiare. Ho realizzato documentari, ho disegnato magliette, sono sempre impegnato in nuovi progetti, grandi o piccoli che siano. Non so cosa farò in futuro, ma fino a quando mi renderà felice fotografare, continuerò a farlo. Mi va di pensare che quando il cambiamento arriverà io sarò pronto a dare una mia personale risposta in quel preciso momento. Ora va tutto molto in fretta, più di quanto sia mai successo prima.

Nelle sue opere la cultura pop e il patrimonio culturale del Marocco si fondono in un risultato sorprendente. Come defi nirebbe le sue installazioni visive? Sono marocchino, quindi nordafricano, e ho vissuto a Londra, che considero casa mia quanto gli altri posti dove ho vissuto. Londra mi ha fatto conoscere molte cose del mondo, molti diversi tipi di perso ne, molte culture. Quando lavoro con la mia arte lo faccio tenendo conto dell’ambiente in cui mi trovo, che è quindi africano, norda fricano, caraibico, londinese, inglese, cosmopolita. Tutto questo caleidoscopico mix esperienziale credo venga fortemente restituito nel mio lavoro. Non è qualcosa a cui penso, non sto lì a capire se sto facendo più arte africana che europea, londinese, o quant’altro. La mia arte fa parte del mio viaggio, dei luoghi e delle persone che fermo con le mie istantanee: è un documentare.

Quale lato, quale angolazione dell’umanità vuole rappresentare nei suoi ritratti?

Penso, senza voler fare l’eroe, che la mia disposizione sia essen zialmente quella di cercare di catturare nella maniera più autentica possibile l’anima della persona in una foto. L’idea è di far sì che siano loro a parlare con il pubblico, io sono solo il tramite che scatta la foto. Se i soggetti riescono a trasmettere umanità, in qualsiasi acce zione, sia essa politica, religiosa, di immagine, allora il mio obiettivo è centrato.

Allo stesso modo cerco anche di catturare il tempo in cui viviamo. Gang of Marrakech (2000) ne è un esempio: un viaggio in una foto. Quello che indossano le persone ritratte nella foto è un tessuto

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IN THE CITY GALLERIES

mimetico che ho comprato a New York, mentre il tessuto a pois l’ho preso a Londra; entrambi sono stati poi confezionati a Marrakech. Quindi in questa foto vedo anche un mio personale viaggio, un processo che mi ha portato fin lì. La cornice è l’ultima cosa, la aggiungo sempre dopo; prima viene l’immagine e solo dopo viene il lavoro sulla cor nice, che deve essere in armonia con la persona ritratta nella foto.

Fotografo, interior designer e fashion designer; ora sta sperimentando anche con la musica. Come vede e sente oggi l’arte contemporanea?

La vedo cambiare, l’arte contemporanea è come il mare quando sei nel mare, l’espe rienza cambia in base a quale mare navighi: Mediterraneo, Caraibico o Atlantico. L’arte contemporanea è diventata molto popolare e con la popolarità arte bella e arte brutta coesistono inevitabilmente. Oggi l’arte è cambiata perché un artista può essere musi cista, pittore e fare riprese al contempo ed essere accettato come tale, mentre prima dovevi essere una cosa sola e non venivi considerato in nessun altro campo. Virgil Abloh ha lavorato con Louis Vuitton portando la sua arte nella moda, per poi farne della musica: è un cerchio.

Universal ENG universe

Hassan Hajjaj (1961, Larache, Morocco; lives in Marrakech and London) works with photogra phy, fashion, music, cinema, and design. His art is a form of celebration of the popular visual cul ture of the souk – a social space and a symbol of interaction and exchange. Hajjaj assembles and opposes eastern and western elements to create a ‘universal universe’, celebrating our common alities as human beings but also our differences, which are our wealth.

What was your artistic path? And, are you satisfied with it?

I was born in Morocco and I grew up there until the age of thirteen. When I moved to London I had to start in a new place, with new people and a new language. I went to school until the age of fifteen and, thereafter, I have been unemployed for about six years. During this period, I started organizing underground parties and, in 1994, I opened up a small boutique. In this shop I’ve learned a lot about art, fashion and music, I met with photographers, video-makers, chefs and musicians. So this is my learning process. In the mid 80s I started taking pictures just because I really loved it, not to become an artist. I’ve always been creative in many different ways. In organizing parties, for example, I would choose an empty space that I decorated to make people feel good. I learned producing and promoting. Photography is something that came later, it was a long journey. I also met a very important person in my career, an art curator who really introduced my work to the art world. I’m very satisfied because I have no expecta tions. Even when I started “being an artist”, I never thought that it was something that could really happen to me: amazing people, an in credible journey indeed! Everything changes and you have to change with it: I can’t see what I will be doing in the future but as long as I feel happy I’ll keep doing it it, when that change ar rives I will decide what to do. I did many things, documentaries, filming, I designed t-shirts, I’m always doing something, so I have many things to change if I’m not enjoying it. I think some times if you are an artist doing only one thing you may get bored after a while, for example if you’re a painter and you’re just painting you might get a blockage. In 15 years’ time we have to change especially with social media and technologies, everything is going very fast, faster than it was ever before.

67 Hassan Hajjaj Fino 28 ottobre 193Gallery, Dorsoduro 556 www.193gallery.com
Ramin Haerizadeh Rokni Haerizadeh Hesam Rahmanian a cura di Samuele Piazza un progetto di OGR Torino

In your pieces of art pop culture and the African heritage of patterns intermin gle. What is the story behind the strong presence of tradition that you bring with your art?

I’m Moroccan, so I’m North African and I’ve been living in London, so it’s also my home and it exposed me to many worldly stuff, many different types of people. When I do my work I do it with the environment I’m in which is North African, African, Caribbean, London, English, travelling and this really comes up in my work. It’s not something that I think of, doing African art or other art. My work is part of my journey, when I look at my pictures I know I was there and the same is for the person that I’m taking the picture of. It’s documenting.

You are a photographer, interior designer, fashion designer and you’re now experimenting with music. What is your take on contemporary art?

I see it changing, and contemporary art is like the sea when you’re in the sea: it differs depending on which sea you’re on, Mediterranean Caribbean, Atlantic. Contemporary art has become so popular, with very good art and very bad art, which is inevitable when something becomes popular. Also I think contemporary art has changed because an artist can be a musician, a painter filming and it’s accepted while before you really had to be one thing, and you weren’t accepted for being in another area. Virgil Abloh, god bless him, worked with Louis Vuitton. He did artistic stuff with a fashion brand and then he did music with it: it’s a circle.

What kind of humanity do you want to represent through your portraits?

I think, I don’t want to be the hero, but I’m really trying to get the spirit of the person in the picture, because I’m taking pictures mainly of people. The idea is to really have them speak to the public, I’m just someone that is taking the picture and if they can talk humani ty, whatever it is: politics, religion, being called fashionable and stuff like that, then it’s fine because the deal is that it has to come from the person in the picture. I’m also trying to capture the time we’re living in.

Gang of Marrakech, 2000, is an example of that. A journey in a picture: what they’re wear ing is a camouflage fabric and I bought that in New York, the polkadot fabric I bought it in London and I had them made in Marrakesh. When I look at that I see a process to get to that point. The frame is the last thing, I always add it later. First I work on the image and then it’s about working out the frame, which has to go with the person in the picture.

arte IN THE CITY GALLERIES MASSENET, MAESTRO DEL SUO TEMPO FESTIVAL D’AUTUNNO FINO AL 28 OTTOBRE 2022 BRU-ZANE.COM GIOVEDÌ 13 OTTOBRE ORE 19.30 PALAZZETTO BRU ZANE TESORI NASCOSTI Mélodies di Massenet, Chausson, Pierné, Février e Hillemacher Marie Gautrot mezzosoprano Frédéric Rouillon pianoforte Palazzetto Bru Zane San Polo 2368, Venezia +39 041 30 37 615 tickets@bru-zane.com Biglietti 15 | 5 euro* *studenti e minori di 30 anni

arte

VICTORIA MIRO MARÍA BERRÍO

The Land of the Sun

Fino Until 29 ottobre October

María Berrío vive a Brooklyn, ma è cresciuta in Colombia. Le sue opere, di grandi dimensioni, caratterizzate dalle trame fatte di carta giapponese lavorate ad acque rello, descrivono storie che confondono la memoria biografica con paradisi lussureg gianti ed esseri appartenenti al folklore sudamericano. Reale e immaginario, vastità e limitazione colorano così le opere surrealiste di Berrío, per creare avvincenti narrazio ni contemporanee. Il suo universo è dominato da donne che l’artista stessa defini sce “ideali di femminilità incarnata” – l’apparente bianchezza dei loro volti e le linee bidimensionali rendono le silhouette diafane un archetipo di spiritualità. Le sue donne sono forti, coraggiose, protettive e vivono la collettività sostenendosi a vicenda. Nel corpus di opere, creato appositamente per la mostra, Berrío evoca uno scena rio apocalittico. Al centro di esso un personaggio prova a resistere: va alla ricerca dell’acqua, di un rifugio o degli aspetti familiari che lo riportano alla sua vita prece dente. Ma tutt’attorno c’è solo un calore insopportabile e una coltre di polvere che rendono vani tutti i suoi sforzi.

ENG María Berrío is a Colombian-born artist based in New York. Her largescale art features complex Japanese paper grain decorated with watercolour and mix personal memories with images of lush South American nature. Real and imaginary, vastness and borders colour Barrío’s surrealist art to create engaging modern narrations. Her universe is dominated by women whom the artist defines as ‘ideals of embodied femininity’. The seemingly whiteness of their faces and their bidimensional silhouettes make them an archetype of spirituality. Strong, brave, protective women live collectively and support one another. The artist also evokes an apocalyptic scenario, with a lone character fighting back, looking for water, shel ter, and the familial aspects of their earlier life. All around, though, is only unbeara ble heat and dust.

Il Capricorno

Calle drio La Chiesa, San Marco

GALLERIA ALBERTA PANE

JOJO GRONOSTAY

DAVID HORVITZ

LUCIANA LAMOTHE EVA L’HOEST NICOLA PECORARO ENRIQUE RAMÍREZ

Be Water, My Friend

8 ottobre October-23 dicembre December

Il lavoro di sei artisti internazionali viene messo in relazione creando una tensione operativa comune.

In Plan di Luciana Lamothe è la dinamica delle fibre di legno di un’impalcatura inusualmente appesa a parete a farsi sensibile. Sospese attraverso lo spazio come gocce d’acqua, ampolle di vetro di duchampiana memoria, realizzate da David Horvitz, contengono l’aria di Los Angeles ( Air de L.A.). Nel film Pareidolia di Eva L’Hoest, lo sguardo della mac china da presa si espande e contrae su una soglia mobile, tesa tra l’acqua e il paesaggio roccioso, minerale e inorganico di un’isola deserta. Un’am biguità della materia e del peso caratterizza le sculture di Nicola Pecoraro, la cui sostanza pare un metallo sconosciuto venuto da uno spazio lontano. È un’ambivalenza visiva e semantica a caratteriz zare la cosmicità poetica e politica de La Gravedad di Enrique Ramírez. Le sculture di Jojo Gronostay ( Kreaturen. V Forest), create a partire da bottiglie di profumo, abitano una fluttuazione di senso tra la rappresentazione dell’alterità e una forma appena inventata.

ENG Curated by Chiara Vecchiarelli, the group show features the work of six international artists, Luciana Lamothe, David Horvitz, Jojo Gron ostay, Eva L’Hoest, Nicola Pecoraro, and Enrique Ramírez, joined together in the operative tension that inhabits their art. Wood fibres, Los Angeles air, a desert island’s rocky landscape, sculptures carved out of a mysterious material, visual and semantic ambiguity in political poetry, and ob jet-trouvé installations inhabit a fluctuating space between otherness and newly invented shapes. Calle dei Guardiani, Dorsoduro 2403/h albertapane.com

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1994 www.victoria-miro.com
IN THE CITY GALLERIES

MARIGNANA ARTE NANCY GENN

Hand made papers 1981-1988

La mostra analizza un momento particolare della ricerca di Nancy Genn (San Franci sco, 1930; vive e lavora a Berkeley), artista riconosciuta nel mondo come una delle esponenti più importanti dell’arte informale del Dopoguerra. Gli anni Ottanta sono par ticolarmente significativi per Genn, che pro prio sul finire del decennio precedente aveva ottenuto la prestigiosa United States/Japan Creative Arts Fellowship, borsa di studio che le avrebbe offerto la possibilità di risiedere in Giappone per almeno sei mesi. Le carte esposte in mostra rappresentano il prodotto di un incontro fondamentale per l’artista, quello con l’Oriente, che da lì in poi avrebbe in vari modi influito su tutto il suo lavoro. «La mia esperienza nipponica – ha scritto Nancy Genn – è stata fantastica. Eseguivo schizzi ispirati all’architettura in cui riportavo i contorni, gli spazi interni e lo spirito dei luoghi. L’impatto visivo di quel periodo si riflette ancor oggi nei miei lavori attraverso la finezza cromatica e l’incisività del tratto». La carta poi diviene per Genn un potente mezzo espressivo, uno strumento antichis simo che se usato in modo innovativo può dare origine a opere capaci di creare un ponte tra Oriente e Occidente e conciliare la sua doppia esperienza di pittrice e scultrice. ENG The exhibition defines a specific time frame in the research of Nancy Genn, one of the most important exponents of post-war informal art. The 1980s have been particularly significant for the artist, who in the late 1970s earned the prestigious Unit ed States/Japan Creative Arts Fellowship, a scholarship that offered her the opportuni ty to reside in Japan for six months. The pa pers on display in this exhibition represent the outcome of a fundamental encounter for the artist, her encounter with the East, which from then on would influence all her work in various ways.

Project Room Rio Terà dei Catecumeni, Dorsoduro 141 www.marignanaarte.it

A plus A GALLERY ENEJ GALA Nevereverevereverevereverever learn

2 ottobre October-17 dicembre December Rivalutando le tracce di Richard Teschner, singolare burattinaio che operava nella pri ma metà del Novecento tra Praga e Vienna, Enej Gala (Ljubljana, Slovenia, 1990; vive e lavora tra Londra, Venezia e Nova Gorica) da forma all’artificialità di un mondo imma ginario per ripensare a fondo il momento in cui la condizione umana è stata stratificata da nuove gerarchie e retoriche conflittuali. La pittura, distillata attraverso la scultura, il video e il teatro di figura, rivela realtà intermedie composte da tenere simbiosi ma anche mondi fallibili d’invenzioni precarie. La mostra ci propone uno spazio fisico e mentale in cui sbagliare diventa una forza motrice, un circuito formato da piccoli loop, che sfidano l’incomprensione generalizzata ad impedire di imparare ad osservare. ENG Enej Gala (Ljubljana, Slovenia, 1990) lives and works between London, Venice, and Nova Gorica. Retracing the footsteps of Richard Teschner, a puppet eer who worked in the first half of the 20th century between Prague and Vienna, the exhibition takes its shape around the artificiality of an imaginary world to rethink the moment when the human condition has been stratified by new hierarchies and conflicting rhetoric.

Painting, sculpture, video, and theatre reveal intermediate realities composed of tender symbiosis but also fallible worlds of precarious inventions regularly dismem bered. The exhibition proposes a physical and mental space where making mistakes becomes a driving force, a circuit formed by small loops, challenging the general ized incomprehensibility that prevents us from learning how to observe.

CASTELLO 925 KAETHE KAUFFMAN

Yoga: Interiore Eterno

Fino Until 13 novembre November

Per l’artista statunitense Kaethe Kauffman

il corpo è fonte inesauribile d’ispirazione, uno strumento insostituibile del processo creativo. La sua ricerca combina la passione per lo yoga e i movimenti del corpo umano, dando vita a una serie composta da ipnotici pannelli di seta, su cui sono state stampate artigianalmente le fotografie di Kauffman.

Per creare queste opere l’artista parte da un filo imbevuto nella pittura, legato attorno a un’articolazione che ne traccia tutti i possibili movimenti, poi immortalati in uno scatto. Le immagini originali, una volta rielaborate, sono difficilmente riconducibili a un corpo umano, le linee vengono combinate creando forme astratte quasi caleidoscopiche che inducono il visitatore a esplorare le proprie sensazioni, trasportandolo in una dimensio ne contemplativa.

ENG According to American artist Kaethe Kauffman, a body is an unlimited source of inspiration and a unique tool for creative process. Her interest in the power of bodies culminates in a combination of yoga and body motion, giving life to a series created with hypnotizing silk pan els, where Kauffman’s photos have been hand-printed. She creates these artworks starting from a string wetted in black paint to trace all the possible movements and capture their outcome in a snapshot. Once elaborated, the original images are no longer related to a human body. Lines are combined and create almost kaleidoscopic abstract shapes that inspire the viewer to contemplate her work and explore the sensations that come with it.

Fondamenta San Giuseppe, Castello

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8 ottobre October-14 gennaio January, 2023
San Marco 3073 www.aplusa.it
925 www.crosscontemporaryprojects.com
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arte

NOT ONLY VENICE

Il destino di un Maestro Paris Bordon, la bellezza tra Tiziano e Palma il Vecchio

È Giorgio Vasari a considerare Paris Bordon (Treviso, 1500 – Venezia, 1571) l’unico allievo di Tiziano meritevole di attenzione, tanto da dedicargli una lunga appendice nella biografia del Vecellio nell’edizione del 1568 de Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori : «Ma quegli che più di tutti ha imitato Tiziano, è stato Paris Bordon, il quale, nato in Treviso da padre trivisano e madre viniziana, fu condotto d’otto anni a Venezia in casa d’alcuni suoi parenti. Dove, imparato che ebbe grammatica e fattosi eccellentissimo musico, andò a stare con Tiziano ma non vi consennò molti anni». Non esistono opere e documenti capaci di fare chiarezza sulle date del suo apprendistato, ma di certo sappia mo che il 21 giugno 1518 Paris è indicato come «pictor habitator in Venetiis in contrata Sancti Iuliani». Il giovane pittore non tarda a dimostrare una certa emancipazione dal maestro, volgendo il suo interesse alle nuove tendenze introdotte da Palma il Vecchio e dal Pordenone. Nel 1665, il grande storiografo veneziano Marco Boschini ne Le ricche Miniere della Pittura veneziana de finisce Paris Bordon “Divin Pitor”, termine usato solo per Raffaello e Tiziano. La sua figura, dal punto di vista storico inevi tabilmente schiacciata da personalità coeve quali Tiziano, Tintoretto e Veronese, viene posta nella giusta prospettiva critica dall’ampia mostra monografica Paris Bordon 1500–1571. Pittore Divino, ospitata e promossa dal Museo di Santa Caterina a Treviso, curata da Simone Facchinetti e Arturo Galansino, prodotta da Marsilio Arte. Di capolavoro in capolavoro, provenienti da prestigiosi musei tra i quali la National Gallery di Londra, il Louvre di Parigi, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, l’Ashmolean Museum di Oxford, le Gallerie degli Uffizi di Firenze e i Musei Vaticani, emerge la sua personalità cosmopolita e territoriale al contempo, in cui forza creativa e qualità straordinaria si fondono nella rappresen tazione di una varietà, originalità e ricchezza di sensuali ritratti femminili e maschili, di rappresen tazioni mitologiche, di scene sacre delle grandi pale d’altare, di piccole opere destinate alla devozione privata e di disegni. Il percorso si articola in otto sezioni tematiche – Eredità di Tiziano; Fortuna storica ; Ritratti ; Mitologie ; Eros ; Invenzioni di Paris ; Quadri di de vozione privata ; Opere devozionali e pale d’altare – che ripercorrono tutte le stagioni del pittore.

In particolare, tramite i ritratti è possibile seguire il percorso – storico, geografico e stilistico –compiuto da Paris: dai primi ritratti “al naturale”, ancora ispirati a Palma il Vecchio e a Tiziano, a quelli segnati da un sofisticato manierismo, nati in un clima internazionale. Nel 1538 Paris è approdato in Francia, a Fontainebleau, alla corte di Francesco I. Nel 1540 ritrae un personaggio originario di Augusta e nello stesso decennio è documentato nella Milano spagnola. Non mancano ritratti destinati alla devozione privata, numerosi sono i soggetti erotici, eseguiti sulla scia dei fortunati modelli di Tiziano e Palma il Vecchio. Sono quadri da stanza, destinati ad ambienti chiusi, riservati a committenti sofisticati. Nella maggior parte dei casi si tratta di ritratti di donne, rappresentate nelle vesti di soggetti mito logici, come Flora o Berenice. L’ideale di bellezza si trasforma ulteriormente e in molti casi assume spiccati tratti androgini.

Tuttavia, le invenzioni di Paris Bordon si connotano di originalità attraverso l’uso dei colori, non più fusi cromaticamente dentro una miscela calda e tonale, ma sele zionati al di fuori della tradizione lagunare. Paris predilige colori freddi, vitrei, carnagioni madre perlacee, divertendosi a contraf fare i tessuti di seta con infinite piegoline cangianti. L’artista fece sua la tradizione toscana ancora prima che i primi pittori di questa scuola approdassero a Venezia negli anni Quaranta.

Paris Bordon 1500–1571. Pittore Divino

Fino 15 gennaio 2023

Museo Santa Caterina, Treviso www.mostraparisbordon.it

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CLASSICO
Venere Dormiente, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, Venezia, Madonna con Bambino, Glasgow Kelvingrove

arte

In ascolto della realtà

Presente nel Padiglione Centrale ai Giardini, una delle protagoniste de Il latte dei sogni di Cecilia Alemani per Biennale Arte 2022, Grazia Varisco (Milano, 1937) offre una piccola ma preziosa incursione nella sua arte nella mostra curata da Paolo Bolpagni alla Fondazione Biscozzi | Rimbaud di Lecce, nata nel 2018 per volontà di Luigi Biscozzi (1934-2018) e di sua moglie Dominique Rimbaud e aperta al pubblico dal 2021.

Dal 9 ottobre all’8 gennaio 2023, la figura centrale dell’arte cinetica e pro grammata si rivela attraverso diciassette opere che coprono l’intero arco della sua carriera – dalla fine degli anni Cinquanta al 2009 –, in un percorso in cui i singoli lavori costituiscono un corpo unitario, pur conservando ciascuno la propria originalità.

La mostra apre con Tema e svolgimento (1957–1959), risalente al perio do dell’Accademia di Brera, opera che rivela già la sensibilità percettiva di Varisco e il suo porsi in osservazione e “in ascolto” costante della realtà. Nel 1959-60 comincia l’avventura del Cinetismo con il famoso Gruppo T, che nasce a Milano con la partecipazione di Grazia Varisco insieme con Giovan ni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo e Gabriele Devecchi: la loro poetica è incentrata sull’idea della variazione dell’immagine nella sequenza temporale. Nascono le tavole magnetiche, di cui in mostra sono presenti Tavola magnetica a elementi quadrati (1959) e Tavola magnetica trasparente “Filamenti liberi” (1960). Della stagione cinetica sono presenti quattro opere: Oggetto cinetico luminoso (1962), Variabile + Quadrionda 130, Scacchiera nera (1964), +Rossonero- (1968) e Oggetto ottico-cinetico (1968-1969). Qui l’artista si basa sul concetto di frammentazione della luce, realizzata in diversi modi. Conclusa l’esperienza del Gruppo T, Varisco prosegue il proprio per corso in autonomia e negli anni Settanta sperimenta la manipolazione libera della carta e del cartoncino, mantenendo sempre al centro l’analisi dei mec canismi percettivi. Nascono serie fortunate come i quattro lavori in mostra: Meridiana 2 (1974), Extralibro (1975), Spazio potenziale (1976) e Extrapagina “Spartito musicale” (1977).

Nella seconda metà degli anni Ottanta, crea il ciclo Fraktur, con l’osservazio ne degli angoli di raccordo tra due o tre piani ortogonali e uno studio delle soglie e delle disarticolazioni. In mostra: Implicazioni B (1986), Incastro giallo (1987) e Fraktur – Ferro 1 (1997) e degli anni Duemila Quadri comunicanti (2008) e Filo rosso (2009). Chiude Silenzi (2006), articolazione di piani e vuoti prodotta dalla sovrapposizione di semplici telai: un altro salto concettuale per interpretare il mondo di un’artista visionaria e ad alto tasso di creatività. M.M.

Grazia Varisco. Sensibilità percettive 9 ottobre-8 gennaio 2023 Fondazione Biscozzi | Rimbaud-Lecce

Arte soggettiva

Olafur Eliasson lo considero, assieme a pochi altri artisti, necessario: il suo contemporaneo è sempre oltre il contemporaneo stesso e le sue opere spingono oltre la semplice percezione visiva, entrano direttamente in chi ne è fruitore, creando una relazione tra corpo e mente sempre diversa, sia individuale che collettiva. Le sue installazioni immersive invitano a riflettere sull’idea di esperienza condivisa e relazionale, destabilizzando la percezione visiva aumentano la realtà percepita. Ecco perché consiglio di non perdere la mostra in corso a Palazzo Strozzi a Firenze, Olafur Eliasson: Nel tuo tem po. Curata da Arturo Galansino, Direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra è il risultato del lavoro diretto di Olafur Eliasson sugli spazi rinascimen tali, dal cortile al piano nobile alla Strozzina, un percorso coinvolgente tra nuove installazioni e opere storiche che utilizzano elementi come il colore, l’acqua e la luce per creare un’interazione tra percezione sensoriale persona le ed effimera e spazio fisico fortemente connotato dal punto di vista architettonico, storico e simbolico. Percezione, movimento, esperienza vissuta, propri sen timenti e quelli della comunità sono il punto di partenza di un’esplorazione artistica che fin dalle prime opere è parsa originale, visionaria e avanguardista, dove scienza, scultura, pittura, fotografia, video, installazione, media digitali formano un linguaggio creativo nuovo. La sua assoluta e naturale azione artistica senza bar riere di genere coinvolge non solo l’opera ma implica anche la sua pratica che non si limita ai confini dei musei e delle gallerie e coinvolge il pubblico attraverso progetti architettonici, interventi negli spazi pubblici, azioni di educazione artistica, sociale e ambienta le. Non a caso lo Studio di Olafur Eliasson, situato a Berlino, riunisce un ampio gruppo di artigiani, architetti, archivisti, ricercatori, amministratori, cuochi, storici dell’arte e tecnici specializzati.

In parallelo con la mostra a Palazzo Strozzi, il 3 novem bre l’artista islandese-danese presenta una sua nuova installazione site-specific al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. M.M.

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NOT ONLY VENICE CONTEMPORANEO
www.fondazionebiscozzirimbaud.it
Grazia Varisco, Variabile + Quadrionda 130, Scacchiera nera (particolare), 1964 Photo Valentina Silvestrini

Doppia identitàSubjective ENG art

I consider Olafur Eliasson a necessary artist: his modernity is one of a kind, and his art goes beyond visual per ception, it touches the individual and inspires a relationship between body and mind that never looks the same. His immersive installations invites us to reflect on shared, relational experi ences by destabilizing perceived vision in favour of perceived reality. This, in short, why I encourage you to visit Olafur’s exhibition at Palazzo Strozzi, in Florence.

Perception, motion, lived experience, feelings own and communal – these are the starting point of an artistic explo ration that since step one is original, visionary, avant-gardist. Science, sculpture, painting, photography, video, installation, and digital art create a language that has never been seen be fore. Absolute, natural art to be found in architecture, public space installations, and public education. It is no chance that the artist’s studio, in Berlin, employs a number of craftsmen, architects, archivists, researchers, administrators, cooks, art historians, and specialized technicians.

La scelta era quasi obbligata in un contesto già fortemente caratterizzato come quello delle fiere d’arte, ma allo stesso tempo era una sfida: saper essere un catalizzatore di esperimenti, ricerche e investimenti di mercato esclusivamente dedicato all’arte con temporanea. E Artissima, Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea di Torino, l’ha vinta! Riconosciuta a livello internazionale per l’attenzione alle pratiche sperimentali e come trampolino di lancio per artisti emergenti e gallerie di ricerca, si conferma a ogni edizione come la preferita da curatori, direttori di istituzioni, fondazioni d’arte e musei di tutto il mondo, coinvolti a vario titolo nel suo programma. La sua forza dinamica ha contribuito in questi quasi trent’anni alla crescita del mercato dell’arte italiano, stimo lando e sostenendo un collezionismo attento e una visione critica e curatoriale capace di continua evoluzione. La vitalità di Artissima e la sua forza innovatrice hanno saputo inoltre riverberarsi sulla città e contagiarla in una quattro giorni, quest’anno da venerdì 4 a domenica 6 novembre, ad alto tasso di Contemporaneo grazie alla collaborazione attiva con numerose istituzioni pubbliche, musei, fondazioni, gallerie e progetti culturali del territorio piemontese.

Primo anno alla direzione, Luigi Fassi conferma la promessa di una fiera sperimentale, di ricerca e cutting-edge, un’Artissima dalla doppia identità di piattaforma di mercato e di produzione culturale, che ha dispiegato la propria azione di ricerca a livello globale per portare negli spazi dell’Oval di Torino quattro sezioni consolidate – Main Section, New Entries, Monologue/Dialogue e Art Spaces & Editions – e tre sezioni “indipendenti”

– Disegni, Present Future e Back to the Future –, per un totale di 174 gallerie italiane e internazionali, garantendo un’esperienza di scoperta con opere e artisti di altissimo livello da Europa, America, Africa e Asia.

Artissima 29, per la prima volta patrocinata dal Ministero della Cultura, è realizzata grazie al sostegno di Fondazione CRT, Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, Fondazione Compagnia di San Paolo e Camera di commercio di Torino. M.M. ENG Artissima – the International Fair of Contemporary Art Torino – is recognized internationally for its attention to experimental art and for its role as a launching pad for emerging artists and research-oriented galleries. Its strength lies in its ability to relate with curators, foundations, museums, and over thirty years, it contributed effectively to the growth of the Italian art market, supporting collectors and defining curatorial visions that are capable of constant evolution. Luigi Fassi, at his first year as general manager of Artissima, confirms the fair will go all-in on experimentation in its double role as market and cultural production platform. Its four sections – Main Section, New Entries, Monologue/Dialogue, and Art Spaces & Editions – plus three independent sec tions – Disegni, Present Future, and Back to the Future – will welcome 174 international galleries with art of the highest levels from all continents.

Olafur Eliasson. Nel tuo tempo

gennaio

Palazzo Strozzi, Firenze

Artissima 2022 4-6 novembre OVAL, Lingotto Fiere, Torino www.artissima.art

75
Fino 22
2023
www.palazzostrozzi.org

a

LA CURA ALTERNATIVA

Non è facile dover gestire i commenti di ogni singolo essere umano sul pianeta che ti dice che ti ama o che ti odia e fare finta che questo non ti condizioni in nessun modo

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Nel momento in cui scrivo, il nuovo album dei The Cure annunciato a maggio non è ancora uscito. Si parla di ottobre e quindi è probabile, ma non sicuro, che il 3 novembre chi come me si recherà alla Kioene Arena di Padova possa sentire live le nuove canzoni di Songs of a Lost World. Sarà il quattordicesimo album in studio, come quattordici sono gli anni già passati dal tredicesimo (4:13 Dream, appunto del 2008); nel mezzo, edizioni de luxe (l’ultima a luglio in occasione dei trent’anni di Wish ), ristampe e fuffa varia.

Ora Robert Smith ha deciso che a 63 anni il ragazzo immaginario aveva ancora qualcosa da dire. Racconta che sarà un album “mar tellante” o “percussivo”, dipende da come si voglia tradurre “ham mering”, ma insomma il senso è quello, dal quale non verrà estratto nessun singolo. Più vicino a Disintegration che all’ultimo, aggiunge, e che in realtà gli album, già belli che scritti dal 2019, sono addirittura due, ma il Covid ha complicato le cose. Massime icone dei dark boys da sempre, in una connotazione che tuttavia fa loro difetto, almeno per quanto riguarda il lato musicale, visto che il look invece rimane forse la più riconoscibile immagine del post punk. Il ragazzo di provincia che arrivava dal Sussex, con i ca pelli sparati, l’eyeliner e il rossetto sbavato, musicalmente è sempre stato capace di variare giocando col pop e le classifiche, precipitan do in atmosfere oniriche, a tratti dandy, spesso decadenti, flirtando col rock e la new wave, esplorando e creando, riuscendo ad essere sempre assolutamente riconoscibile come una sorta di Bowie uscito a festeggiare per Halloween. Lunatico e umorale finché si vuole, ma con una capacità di mettere giù canzoni con una coerenza vecchio stile che lo ha sostenuto per gran parte della carriera. Anche quando non ha sfornato capolavori come Disintegration o Pornography, ha saputo mantenere la barra ben dritta come nell’ultimo 4:13 Dream Quattordici anni senza produrre nulla però sono tanti, pure se vai a letto presto. Ma è anche un tempo sufficientemente lungo per ritrovare la voglia di scrivere e rimandare così al mittente l’accusa di essere ormai una live band alla Stones. Sul palco dovrebbe esserci al suo fianco anche Simon Gallup, entrato nella band nel 1979 e poi uscito, rientrato, uscito di nuovo (in un balletto che ancora conti nua…); senza il suo basso plettro/flanger portato quasi ad altezza ginocchia, alla Paul Simonon, qualcosa mancherebbe, eccome! Pare che la durata del concerto sarà intorno alle due ore, due ore e mezza, e non le solite tre e oltre del passato, quando rivaleggiavano con Springsteen (dieci anni fa a Città del Messico mancarono di battere il record di durata del Boss di 4 ore e 6 minuti, chiudendo corti di 3’).

Ovviamente la scaletta includerà diversi pezzi dal disco nuovo, ma sul resto nulla si sa; tocca aspettare la prima data del tour il 6 otto bre a Riga per saperne di più. L’ultima volta in Italia fu nel 2019 per la chiusura di Firenze Rocks, quando regalarono ai presenti una set list di una trentina di pezzi, non tralasciando quasi nessuno dei vecchi successi. Era giugno, di pandemia e operazioni militari speciali non sapevamo niente...: speriamo sia un nuovo, buon auspicio!

At time of writing , the new album by the Cure, an nounced in May, has not yet been released. There is talk about an October release, and it is possible, though not certain, that those who will join me at the Kioene Arena in Pado

va on November 3 will hear live their new Songs of a Lost World

This is the Cure’s fourteenth studio album, and fourteen is also how many years passed since their earlier album (4:13 Dream of 2008). Over those fourteen years, all we had a few de luxe issues, reprints, and miscellanea. Aged 63, Robert Smith decided that the imaginary boy still had a few things to say. He mentioned how the upcoming album will be ‘hammering’, whatever that means, and that no singles will be taken from it. Closer to Disintegration than to 4:13 Dream, said Smith, who also added that the albums he wrote are in fact two, and they have been ready since 2019. Covid, obvi ously, complicated things.

Dark boy icons since forever, although it’s fair to say that the definition falls short of their style. Their look is probably the most recognizable feature of post-punk. The lad from Sussex – spiked hair, eyeliner, smudged lipstick – has always been able to play with pop, to climb charts, to plunge deep into dream territory, to flaunt dome dandy tastes, to explore decadence, rock, and new wave, always creating and always being recognizable as a sort of David Bowie celebrating Halloween. Moody all you want, Robert Smith’s ability to consistently pen song after song never failed to sustain his career. Even when his pieces weren’t quite the masterpieces Disintegration or Pornography were, he knew how to effectively keep going strong, with 4:13 Dream being a good example. Howev er, fourteen ears with no new albums are too many, no matter how early you go to bed. It seems it is a long enough time to find some creativity, anyway, and shush those who saw them as a live band only, à la Stones. Speaking of stage, Simon Gallup should be there, too. Gallup joined the Cure in 1979, left, joined again, left again (it went on for some time…) and we must say, his pick/flanger bass style would have been missed, otherwise! It seems the concert will be a two-hour affair, two and half, tops, not the usual three and counting they got us used to when they rivalled Bruce Springsteen in concert length. We will hear new songs, that’s a given, but not much is known about the rest. We will know more on October 6, after the concert in Riga that will start the tour. Their last apparition in Italy was in 2019, the closing act at Firenze Rock. On that occa sion, they played some thirty pieces and most all of their success es. June 2019 – no idea of what would come in a few short months… good auspices for what will be!

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The Cure 3 novembre Kioene Arena-Padova www.zedlive.com

Libero scambio

Bene ordinati, in fila zitti e buoni, i Quintorigo non ci sono mai stati in trent’anni di onoratissima carriera.

Impeccabili nel padroneggiare stili differenti, mu sica classica e rock, jazz o musica da camera, reggae, funky, progressive e blues, il gruppo fondato in Romagna arriva al Candiani nell’unio ne di intenti concretizzata da Veneto Jazz e Can diani Groove per il Venezia Jazz Festival – Fall Edition, sodalizio che eleva all’ennesima potenza la volontà di non concepire la musica a compar timenti stagni, ma come insieme di vasi comuni canti in cui lo scambio si fa valore aggiunto. Assieme a Gino Castaldo la loro attenzione il 26 novembre è rivolta ad una leggenda della musica come Charles Mingus: ribelle, antirazzi sta, anticonformista, ma soprattutto uno dei più talentuosi musicisti della storia del jazz. Gino Castaldo, giornalista e critico musicale, conduttore radiofonico e divulgatore della cultura musicale, ma soprattutto tra i pochi ad aver in contrato il grande maestro del jazz, accompagna il pubblico in un racconto di aneddoti e di attenta analisi storica del periodo in cui Mingus ha vissu to e creato, dimostrandosi genio innovativo capa ce di precorrere i tempi con strabiliante lucidità. ENG Quintorigo were never the type to stay in line, orderly and quiet, in their thirty years together. Whether it’s classical or rock, jazz or chamber, funky, progressive, blues –the band know how to master any style, and they’ll show us as part of the Candiani Groove programme on November 26, which include music by one of the greatest jazzists ever, Charles Mingus, and will be accompanied by Gino Castaldo, a journalist and musical critic who met Mingus in person.

La bellezza è semplice Daniele di Bonaventura e il suo bandoneon allo Squero

Nonostante la giovane ‘età’, appena 6 anni, l’Auditorium Lo Squero dell’i sola di San Giorgio ha saputo ritagliarsi uno spazio speciale e centrale nella programmazione musicale veneziana e non solo.

Un luogo unico al mondo, senza tanti inutili giri di parole, a pelo d’acqua e con un panorama mozzafiato, ma soprattutto spazio concepito se condo i più alti standard di acustica possibili che ha già ospitato diversi concerti memorabili.

Veneto Jazz tutto questo lo sa bene e sceglie proprio questa ribalta il 15 ottobre per uno degli appuntamenti di punta del Venezia Jazz Festival in versione autunnale, con Daniele di Bonaventura e il progetto Band’U niòn, composto appunto da uno dei più importanti bandoneonisti italiani con Marcello Peghin alla chitarra a 10 corde, Felice Del Gaudio al con trabbasso e Alfredo Laviano alle percussioni.

Dopo 9 anni dalla prima pubblicazione con Canto alla Terra, il gruppo presenta l’atteso doppio album Nadir che è stato pubblicato per la nuo va etichetta discografica Tuk Music di Paolo Fresu, che con di Bonaven tura ha condiviso il palco in moltissime occasioni, tra cui un indimentica bile concerto nel 2014 a Orvieto, che ricordo nitidamente. Veneto Jazz inserisce nella programmazione un appuntamento di livello altissimo, con una formazione nata dalla necessità di proporre e di rileg gere una letteratura musicale più legata alle proprie origini. Un quartetto che arriva allo spettatore e lo travolge d’emozione, lasciando da parte lo sperimentalismo fine a sé stesso. Davide Carbone ENG The Auditorium Lo Squero is probably one of the ‘youngest’ theatres around, being aged only six, but it soon grew important in the Venetian musical season. The place is just unique, really, with an amazing view on the Venetian Lagoon and the perfect acoustics. Vene to Jazz knows, and it chose this theatre for one of the most important events of the Venezia Jazz Festival: a concert with Daniele di Bonaven tura and the Band’Uniòn project (guitarist Marcello Peghin, double bassist Felice Del Gaudio, and drummer Alfredo Laviano). The band will present their double album Nadir in a concert of the highest level that will touch and inspire the feelings of any audience.

78 musica VENEZIA JAZZ FESTIVAL FALL EDITION #5 Band’Uniòn 15 ottobre Auditorium Lo Squero www.venetojazz.com
Quintorigo-Gino Castaldo 26 novembre Centro Culturale Candiani-Mestre www.venetojazz.com
© Andrea Rotili

Pulsione ritmica

Il Venezia Jazz Festival in laguna è di casa, o meglio di case ne ha tante, luoghi emblematici che hanno fatto la storia della città e della musica in città. Una di queste è di sicuro il Teatro La Fenice, e come potrebbe essere altrimenti quando nella stes sa frase compaiono le parole “musica” e “Venezia?” La Sala Grande, cuore del Teatro, ha vissuto negli anni concerti assolutamente memorabili ospitando i nomi delle più grandi stelle del firmamento musi cale, mentre da alcuni anni le Sale Apollinee si sono confermate come spazio ideale in cui offrire agli spettatori concerti intimi ma non per questo meno seguiti, anzi se possibile intensificando il legame che si crea tra artista in scena e ascoltatore. Questa edizione di VJF – Fall Edition non sfugge alla regola, con 4 concerti e il Premio Tomorrow’s Jazz che tra ottobre e dicembre segnano altrettan te tappe fondamentali di un’edizione che indaga le profondità del jazz e le sue contaminazioni. Sabato 1 ottobre il Festival parte proprio da qui, con Olivia Trummer, pianista, compositrice e can tante tedesca considerata a livello internazionale una delle più interessanti artiste della sua gene razione. In duo con il batterista Nicola Angelucci presenta Dialogue’s Delight Una settimana più tardi è di scena il Tingvall Trio, avanguardistica e pluripremiata band made in Germany, che propone melodie accattivanti e brillanti esecuzioni, con un occhio alla musica pop. Vincitore del prestigioso premio Echo Jazz Award, il Tingvall Trio ha il merito di aver conquistato un pubblico eterogeneo, e presenta Beat, album in studio che definisce i tratti distintivi del sound della formazione.

Artista giovane ma già con una intensa carriera alle spalle, esponente di spicco della generazione dei trentenni, il pianista e compositore americano Emmet Cohen è un autorevole rappresentante della Nouvelle Vague del jazz contemporaneo che conserva ben saldo il legame con il passato ma che con la mente è proiettato verso il futuro. Il 31 ottobre alle Sale Apollinee si presenta in trio, stru mento ideale del suo percorso artistico.

Il 9 dicembre è atteso il visionario pianista e com positore sudafricano Nduduzo Makhathini, con il suo jazz che si fa insieme di mistica contempora neità e religiose tradizioni ancestrali, concretizzate nell’album In the Spirit of Ntu Daniele Pennacchi

Rhythm ENG ‘n’ pulse

The Venezia Jazz Festival may call Venice home, but its homes are more than one. We’ll start with the Fenice Theatre, because that’s what the words ‘Venice’ and ‘music’ put together mean. The main hall at Fenice welcomed the brightest stars, while its Sale Apollinee have been the ideal space for cosier, though by no means less far-reaching, concerts. On the contrary, they seem to amplify the relationship between artist and audience. On October 1, the Festival begins right there, with German pianist, compos er, and singer Olivia Trummer and drummer Nicola Ange lucci performing in Dialogue’s Delight. A week later, German avant-garde band Tingball Trio will play captivating, bub bling melodies, with an eye on pop. American composer and pianist Emmet Cohen, a representative of the modern Nouvelle Vague jazz, will per form with his trio on October 31. Lastly, on December 9, the visionary South African composer and pianist Nduduzo Makhatimi will play his own jazz, a mix of modern mysti cism and ancestral religious traditions.

FONDAMENTA E RADICI

Olivia Trummer | Tingvall Trio Emmet Cohen | Nduduzo Makhathini

1, 8, 31 ottobre; 9 dicembre Sale Apollinee, Teatro La Fenice www.venetojazz.com

Innegabile il ruolo che i club e i locali cittadini hanno rivestito nella storia del jazz. Agli inizi del ‘900 in quel di New Orleans, Lousiana, qualcosa di sicuro stava nascendo, anche se non si sapeva bene cosa. Sonorità mai sentite prima si facevano strada, che pur essendo nuove guardavano al passato più profondo della civiltà da cui nascevano, quella afroame ricana in primis.

Il VJF 2022 lega parte della propria fitta atti vità alla vivacità dell’atmosfera del jazz club, nello specifico il Laguna Libre, sulla Fonda menta di Cannaregio, con importanti artisti della scena nazionale e internazionale. Fra gli ospiti, l’italo-carioca Nagual 4et (7 ottobre); il quintetto della sassofonista altoatesina Helga Plankensteiner, nell’omaggio alla leggenda Jelly Roll Morton (14 ottobre); le sonorità mediterranee di Javier Girotto & Marea (21 ottobre); il Jazz N5 4et con Daria Eibuschitz al violino, Davide Boato alla tromba, Makar Novikov al contrabbasso e Sasha Mashin alla batteria (28 ottobre); EWIVA!, serata in compagnia del jazz fusion ungherese con la dirompente musicista Evelin Toth (4 novem bre); il chitarrista e compositore brasiliano Marco Pereira (11 novembre).

Nella programmazione spicca il 16 dicembre il contrabbassista Larry Grenadier, collaborato re di Pat Metheny e Brad Mehldau, con la jazz singer Rebecca Martin.

ENG There’s no denying the role clubs and cafés had in the history of jazz. In ear ly-1900s New Orleans, something was brew ing, although it wasn’t quite clear what. The sound was new, no question, but it felt like it looked back in the depths of some earlier civilization – African-American, specifically. The 2022 Venezia Jazz Festival celebrates the jazz club atmosphere at a very Venetian venue, the Laguna Libre, with the participa tion of important performers from Italy and abroad: Nagual 4et, Helga Plankensteiner, Javier Girotto & Marea, Jazz N5 4et, Evelin Toth, Marco Pereira, Larry Grenadier, and Rebecca Martin.

Live@Laguna Libre 7, 14, 21, 28 ottobre; 4, 11 novembre; 16 dicembre Laguna Libre www.venetojazz.com

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© Gabriela

Il sogno lucido A Padova gli onirici Sigur Rós

Era il 2005, settembre per la precisione, scoprii poi. Una canzone intitolata Glósóli passa in radio e da subito faccio fatica a capire quanti e quali strumenti siano effettivamente coinvolti, con in più una voce che non si riesce bene a definire, sospesa tra il falsetto e l’indecifrabile, né maschile né femminile, che ad un certo punto come se non bastasse ad aumentare lo smarrimento viene to talmente sommersa e travolta da potentissimi riff di chitarra, che portano a conclusione la canzone sulle tonalità di un delicatissimo carillon.

In un panorama musicale a fortissime tinte statu nitensi o comunque anglofone, l’idea di un gruppo proveniente dall’Islanda e per giunta alfiere di un genere musicale davvero allergico alle definizioni sconquassava orecchie e immaginazione di chi, come il sottoscritto, semplicemente non aveva mai sentito niente del genere prima d’ora.

Takk… dei Sigur Rós viene da esperti e addetti ai lavori descritto come l’album della svolta nel percorso del gruppo islandese fondato nel 1994 da Jón Þór Birgisson, Ágúst Ævar Gunnarsson e Georg Hólm, sodalizio da subito benedetto da una certa Björk, giusto per non mettere eccessiva pressione sulle spalle di quei ragazzi.

Una musica, la loro, che si rimette costantemente in discussione e che si presenta al pubblico senza imporre limiti alla sperimentazione, forte delle proprie convinzioni. Credete possano esserci limiti alla creatività di un personaggio capace di suonare la chitarra elettrica con un archetto?

Parliamo ovviamente di Jón Þór Birgisson, detto Jónsi, che dei Sigur Rós può essere considerato a pieno titolo un simbolo e capace di spingere la

sfida sperimentale oltre i confini della musica, arri vando a concepire una lingua artificiale chiamata vonlenska o hopelandic, traducibile in “lingua della speranza”, capace di adattarsi morfologicamente alle pieghe tutte inaspettate della loro musica e rivelandosi perfetta per le loro liriche.

Il loro ultimo progetto, datato 2020, ha imboccato una delle infinite diramazioni e divagazioni del loro percorso, orgogliosamente incoerente nel senso buono del termine: dopo nove anni di silenzio discografico è arrivato infatti Odin’s Raven Magic, versione orchestrale del poema islandese Hrafna galdr Óðins del XV° secolo che narra la storia di due corvi che il dio Odino inviò a sorvolare la Terra con il compito di riportargli delle informazio ni. Il risultato furono delle profezie apocalittiche, materia tristemente attuale di questi tempi.

Un percorso che affonda le proprie radici nel lon tano 2002, quando il Reykjavík Arts Festival com missionò ai Sigur Rós la composizione di musiche per un capitolo dell’Edda poetica, saga letteraria islandese di origine medievale. Fu così che nacque Odin’s Raven Magic, progetto di musica corale e orchestrale che dopo essere stato proposto dal vivo in quello stesso anno, divenne un ricordo d’archivio testimoniato solo da alcuni video online.

Un incontro che sembra scritto dal destino, quello tra il mito scandinavo e un gruppo che attraverso la propria musica crea ed evoca nuove mitolo gie, con sonorità che danno del tu alla leggenda portandola sul palco e nel nostro quotidiano, in un continuum spazio-temporale che supera i confini del concerto e si tuffa dritto nel nostro intimo.

Lucid ENG dreams

Back in 2005 – in September,

I would later find out – and a song called Glósóli played on my radio. I couldn’t tell how many instruments had been used, or how to define the voice, midway between falsetto and unknowable and neither masculine nor feminine, which at some point is drowned in powerful guitar riffs that take the song to its conclusion of delicate carillon tune. In an an glosphere-dominated musical world, the idea of an Icelandic band and of such an original musical genre shocked our ears and our imagination. Their music has been constantly evolving since their 1994 album Takk…, and they put no limits to experimentation, even linguis tically, with the use of vonlen ska (‘hopelandic’) as a fill-in non-language for part of their lyrics, vocalizations that adapt beautifully to their music.

Sigur Rós’s latest project, back in 2020, came after a nine-year hiatus: Odin’s Raven Magic is the orchestral arrangement of a fifteenth-century Icelandic poem commissioned by the Reykjavík Arts Festival. The commission is part of a cycle of musical arrangements for the Poetic Edda, a collection of ancient Icelandic literature. The combination of old myth and modern music seem to fit Sigur Rós quite well, capable as they are to create and evoke new myth and to play and adapt legend, taking it beyond the stage and straight into our most intimate feelings.

Sigur Rós

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musica LIVE
3 ottobre Gran Teatro Geox-Padova www.zedlive.com

Gio’s

81 Gio’s presents Italian fine-casual cuisine featuring fresh, simple, yet authentic ingredients, exquisitely crafted. The St. Regis Venice, San Marco 2159, 30124, Venezia, Italia, +39 041 240 0001 - gios@stregis.com ©2021 Marriott International, Inc. All Rights Reserved. All names, marks and logos are the trademarks of Marriott International, Inc., or its affiliates.
Restaurant
82 SABINE WEISS LA POESIA DELL’ISTANTE VENEZIA / TRE OCI 11.03.22 > 01.11.22 New York, USA 1955 © Sabine Weiss Tre Oci Giudecca 43, Venezia  fermata / stop Zitelle Info tel.+39 041 24 12 332 info@treoci.org www.treoci.org Prenotazioni / Booking Call Center 892.101 Prenotazioni gruppi 041.0980227 Organizzata da / Organized by Mostra promossa da / Exhibition promoted by Sponsor tecnici / Technical sponsor Media partner prodotta da / produced by in collaborazione con / in association with con il sostegno di / with the support of

musica

Liturgia musicale

Il 22 ottobre al Malibran nell’ambito del Festival delle Idee per Simo ne Cristicchi e Amara con lo spettacolo Torneremo ancora – Con certo mistico per Battiato. Racconta Simone Cristicchi di un incontro avvenuto nel 2007 con Battiato, in cui il Maestro gli chiese chi fosse il suo pubblico, Cristic chi rispose di non saperlo, al che Battiato replicò: «Non è una que stione di qualità o di numeri. Il tuo pubblico è gente che ti somiglia. Tanti o pochi che siano, non fa differenza: il tuo pubblico è formato da entità che vibrano alla tua stessa frequenza, e con le quali entri in connessione attraverso la tua arte».

Per Cristicchi quelle tre parole pronunciate in un torrido pomeriggio siciliano (“entità, frequenza, connessione”) ebbero una fondamentale influenza sulla sua vita, confortandolo nella costruzione di un percor so artistico all’insegna di una grande libertà espressiva. «È la libertà che ho sempre ammirato in Battiato», rivela Simone Cristicchi. «Gli devo molto, devo molto alla sua infinita grazia, al suo modo di concepire l’arte come “missione” per aiutare la crescita e l’evoluzione spirituale dei propri contemporanei. Battiato è un punto di non ritorno: c’è un prima e un dopo di lui, nessun altro. È stato l’unico cantore di un divino che non ha mai saputo di incensi e sa grestie. Con questo progetto sento il privilegio di interpretare insieme ad Amara il suo repertorio mistico, e immergermi ancora più profon damente in quei messaggi che valicano i confini del tempo». F.M. ENG Singer-songwriters Simone Cristicchi and Amara will take their show Torneremo ancora – Concerto mistico per Battiato on stage at the Malibran Theatre on October 22. Cristicchi met the late Franco Battiato, one of the greatest Italian musical authors, in 2007, to discuss what audience was. “Quality or numbers don’t matter – said Battiato – your audience is people that look like you. It doesn’t matter how many there are, your audience is made of people that resonate at the same frequencies you do, people you connect with thanks to art.” Cristicchi felt changed by those words: “I always admired Battiato’s freedom. I owe a lot to him, I owe much to his infinite grace, to the way he saw art as a mission to elevate his contemporaries.”

Torneremo ancora

Let’s groove!

Musiche dal mondo, sonorità contemporanee, influenze e conta minazioni da Oriente a Occidente. Candiani Groove, la rassegna musicale del Centro Culturale Candiani curataquest’anno da Veneto Jazz, è pronta a ripartire con 5 appuntamenti da ottobre a dicembre.

Inaugurata il 2 ottobre dalle musiche balcaniche del Paradox Trio, eclettica formazione jazzistica newyorkese, prosegue il 20 con il live in solo di João Bosco, virtuoso della chitarra, da oltre quarant’anni uno degli interpreti più acclamati della Musica Popular Brasileira. Artista versatile e dinamico, è noto per la sua singolare fusione di cultura araba, musica afroamericana e stili brasiliani bossa nova influenzati dal jazz americano che, grazie alla collaborazione con il paroliere Aldir Blanc, ha conquistato grandi interpreti e cantanti, tra tutti Elis Regina che João ha contribuito a rendere immortale.

Dal Brasile ai Caraibi, con la “luce della speranza” di Soley, nuovo album del pianista franco-martinicano Grégory Privat (12 novembre), figlio d’arte di José, dal 1993 pianista e leader della Caribbean band Malavoi. L’energia che trasuda dalla sua musica non nasconde l’eleganza del tocco e delle composizioni, che rivelano anni trascorsi a studiare musica classica prima di iniziare a comporre e improvvisare trovando nel jazz il terreno ideale su cui riversare la propria creatività. In meno di un decennio è di ventato uno dei pianisti più brillanti e accattivanti della scena jazz francese e Soley è un universo ibrido, dove si mescolano jazz, musica caraibica e musica elettronica, pianoforte e sintetizzato re, eredità di trio jazz, tradizione classica e canto, perché per la prima volta Grégory si rivela anche come cantante, raggiungen do una dimensione vocale tra lo strumentale e la narrativa che conferisce alla sua musica una potenza emotiva straordinaria. La rassegna prosegue poi il 26 novembre con l’omaggio dei Quintorigo a Charles Mingus nel centenario della nascita (vedi articolo p. 78), prima di concludersi l’11 dicembre con il concerto del pianista francese David Tixier e della batterista croata Lada Obradovic.

C.S.

ENG Music from all over the world, modern sound, East and West: Candiani Groove is ready to sound off with five con certs from October to December. The programme opened on October 2 with Balkan music by Paradox Trio, an eclectic New York-based band, and will go on on October 20 with a solo live by guitar virtuoso João Bosco. From Brazil to the Caribbean, with Grégory Privat (November 12), since 1993 pianist and leader of Caribbean band Malavoi. Coming on November 26, Quintorigo’s homage to Charles Mingus in the hundredth year of his birth. The last appointment will be on December 11, with a concert by French pianist David Tixier and Croatian drum mer Lada Obradovic´.

Candiani Groove

20 ottobre;

26

83
LIVE
22 ottobre Teatro Malibran festivalidee.it
2,
12,
novembre Centro Culturale Candiani-Mestre www.comune.venezia.it

musica

Il graffio dolce

Straordinaria interprete del neo-soul con la sua voce riconoscibile tra mille, Macy Gray porta in Italia il suo The Reset Tour con una data al Gran Teatro Geox di Padova il 19 ottobre, l’unica nel Nordest. Sul palco sarà accompagnata dalla band The California Jet Club, per un concerto tra i più attesi della stagione.

Un tour dal titolo quanto mai ricco di significati, primo fra tutti quello di lasciarsi – speriamo per sempre – alle spalle un periodo che ha messo a dura prova l’umanità intera, senza tema di smentita, e che ha visto l’industria del live attra versare il capitolo più buio e drammatico della propria storia.

Appassionata di musica fin da bambina, Natalie Renee McIntyre, in arte Macy Gray, ha sempre coltivato il sogno di diventare una cantante, trasferendosi a Los Angeles e iniziando a esibirsi in alcuni jazz club. Notata da alcuni discografici, viene messa sotto contratto nel 1999 e pubblica subito un album che diventerà un classico del neo-soul: On How Life Is, che contiene la hit mondiale I Try, vincitrice nel 2001 ai Grammy Awards nella categoria Best Female Pop Vocal Performance e nominata nelle categorie Record of the Year e Song of the Year.

Continua a riscuotere successo con la pubblica zione del suo secondo album nel 2001, The Id, prodotto da Rick Rubin e ricco di grandi collabo razioni, come quella con Erykah Badu. Nel corso del decennio resta una delle voci più importanti del pop soul e del contemporary R&B; la sua carriera continua nel 2016, quando torna alle radici soul jazz con l’album Stripped, un’antolo gia completa di brani inediti, cover e remake. Nel 2022 Gray è stata confermata fra i 56 artisti che parteciperanno all’American Song Contest, in rappresentanza dello stato dell’Ohio.

Qualcosa da dire Il ritorno dei Counting Crows di Adam Duritz

«Mi sono anche tagliato la barba, volevo vedermi la faccia. Ero stanco di nasconder mi dietro barba e dread». Così lo storico frontman dei Counting Crows Adam Duritz descrive il cambio di look e di vita che lo ha interessato negli ultimi anni, di forte ispirazione creativa.

Rivelatasi alla ribalta musicale internazionale nel 1993 con l’album August and Everything After e con dei singoli come Mr. Jones, Round Here, A Long December e Accidentally in Love, la band ha pubblicato da allora sette album in studio, vendendo complessivamente più di 20 milioni di copie in tutto il mondo.

Il loro è un rock alternativo, se ancora si può spendere tale “etichetta”, come erano alternativi gli anni ’90 in cui il loro percorso nasce e si dispiega, distaccandosi dall’u niverso grunge di cui ben poco condividevano il nichilismo di fondo per parlare in tutto e per tutto di vita quotidiana a stelle e strisce. L’esordio folgorante non garantirà il medesimo successo di vendite né al secondo album, Recovering the Satellites,

né al terzo, This Desert Life, usciti rispettivamente nel ’96 e nel ’99. Lavori entrambi assai riflessivi, intimi, seguiti tre anni dopo da Hard Candy, impreziosito da una ghost track di Big Yellow Taxi, re-interpretazione del classico di Joni Mitchell.

La band, fondata dal cantante Adam Duritz e dal chitarrista David Bryson, torna ora in Italia il 2 ottobre al Gran Teatro Geox di Padova dopo la trionfale apertura del concerto di Bruce Springsteen and the E Street Band al Circo Massimo di Roma il 16 luglio del 2016. Il tour segue l’uscita di Butter Miracle: Suite One, ep di quattro tracce per una durata complessiva di 19 minuti uscito nel maggio 2021 che resti tuisce il prepotente bisogno da parte di Durtiz di rimettere mano alla propria vita e alla propria musica. Un lavoro la cui gestazione si è consumata durante il lockdown, trascorso dal cantautore in una fattoria nella campagna inglese.

«Siamo il risultato del nostro passato, – spiega Duritz – questo però non significa che dobbiamo portarcelo dietro come una palla al piede…». Ecco, fare i conti con i pro pri trascorsi esistenziali è per definizione sempre difficile, figuriamoci quando sono connotati da tinte assai ingombranti, costringendoti a fare lo slalom tra chi vuole incasellarti in un genere o definirti “erede di…”, senza offrirti la possibilità di esprime re liberamente la tua specifica cifra musicale, espressiva.

Una voce calda e versatile quella di Duritz, che potrebbe far pensare a quella inimita bile di Eddie Vedder, ma che se ne discosta per repertorio e cifra stilistica. Una voce che dalla sua prima ora ha solo e semplicemente avuto voglia di raccontarsi in musi ca ad un pubblico che voleva, e vuole ancora, semplicemente sedersi ad ascoltare.

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LIVE Macy Gray 19 ottobre Gran Teatro Geox-Padova www.zedlive.com
Counting Crows 2 ottobre Gran Teatro Geox-Padova www.zedlive.com
Davide Carbone

L’allievo e i maestri 50 Cent a Jesolo per una data epocale

L’hip hop è passato da essere lo scandalo di una generazione, caratteriz zato dal sangue sparso nelle strade, a strumento di denuncia sociale con l’album Straight Outta Compton dei Niggaz Wit Attitudes, primo gruppo musicale ad essere denunciato per explicit content e a dover intaccare la copertina dell’album con il simbolo del Parental Advisory. Nonostante il mondo dell’hip hop fosse ben più che affermato nelle zone underground delle grandi metropoli, in particolare quelle america ne, N.W.A sono stati i primi a sfondare diventando delle vere e proprie celebrities. Dopo, solo per citarne alcuni, arriverà da New York il Wu-Tang Clan, la faida di Biggie e 2Pac, Puff Daddy, Snoop, Suge Knight, DMX e Coolio, scomparso appena pochi giorni fa. Con l’etichetta Aftermath Entertainment and Interscope Records Dr. Dre lancia la “terza generazio ne” di artisti hip hop, con nomi di spicco dell’industria come Eminem e Kendrick Lamar e ancora prima 50 Cent, preso poi dalla Shady Records fondata da Eminem. Una volta accolto sotto l’ala da 24 carati di Eminem e Dr. Dre, 50 sfonda nel mondo dell’hip hop facendo spesso riferimento alla fama che gli ha portato essere associato a due dei più grandi nomi dell’industria di genere. «Niggas heard I fuck with Dre, now they wanna show me love. When you sell like Eminem […]» recita il suo In Da Club, pezzo spartiacque del 2003. Nel 2000 è vittima di una sparatoria pensata specificatamente per elimi narlo dalla faccia della Terra con nove colpi, di cui uno alla guancia; da questo tragico quanto fatale evento il rapper si riprende miracolosamente, pubblicando tre anni dopo il singolo Many Men nello studio album Get Rich or Die Tryin’, vincitore di vari premi e con una Grammy Award No mination for Best Rap Album. Con più di 30 milioni dischi venduti, Curtis “50 Cent” Jackson è considerato uno dei rapper più ricchi al mondo ed è produttore e guida dell’etichetta discografica G-Unit Records. Eminem e Dre quindi lo hanno buttato nella mischia per farlo camminare sulle proprie gambe, proprio come farà al Palazzo del Turismo di Jesolo, dove il suo desiderio di essere adorato quanto 2Pac diventerà realtà il prossimo 23 ottobre dopo la data sold out di Milano. Il re dell’hip hop è pronto, come sempre, a far festeggiare l’Italia come se fosse il suo compleanno. Matilde Corda

MA PROPRIO

Il Padova Jazz Festival quest’anno è un per corso a stile libero attraverso le innumerevoli possibilità estetiche del jazz: star internazionali (Dave Holland, Kenny Garrett) e nuovi talenti emergenti (Joey Alexander, Joel Ross), tra dizione (Joe Chambers) e modernità (Lykos), percorsi nel miglior jazz italiano (Enrico Rava con Danilo Rea, Dario Deidda e Roberto Gat to, Gegè Telesforo, Claudio Fasoli, Roberto Ottaviano, Ruggero Robin, Piero Principi) e nel sempre più rilevante jazz al femminile (Linda May Han Oh, Melissa Aldana, Rossana Casa le, Silvia Bolognesi).

La ventiquattresima edizione del festival si svolge dal 3 al 26 novembre e di settimana in settimana cambia residenza, toccando i principali palcoscenici cittadini (Teatro Verdi, Multisala MPX, Centro Culturale San Gaetano) e sedi inedite per la manifestazione (l’Aula Ro stagni dell’Università degli Studi di Padova e l’Auditorium La Casa della Musica di Pianiga). Un percorso a tappe che assorbe totalmente la Città del Santo, in un primo ‘turno’ che si svolgerà dal 3 al 5 novembre, con fenomeni emergenti della scena statunitense e italiana. Il secondo round va in scena dal 10 al 12 novembre al Multisala MPX, con artisti di assai diversa estrazione, accomunati da un sempli ce elemento: lo status di musicisti di culto. Per le tre serate previste al Teatro Verdi dal 16 al 18 novembre il Festival porta il motore ai massimi giri: ogni appuntamento prevede l’esibizione di due gruppi, in abbinamenti per nulla casuali, con l’abbagliante all star session di Enrico Rava, Danilo Rea, Dario Deidda e Roberto Gatto a spiccare.

Tre musicisti che hanno portato alla perfezione il linguaggio dei loro strumenti calcano poi il palco del Centro Culturale San Gaetano per le serate conclusive: ecco infatti Joe Chambers, Ruggero Robin e Roberto Ottaviano.

85 50 Cent 23 ottobre Palazzo del Turismo-Jesolo www.azalea.it
24. Padova Jazz Festival 3-26 novembre Padova www.padovajazz.com
TUTTI

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FORMA E SOSTANZA

È questa l’unica vera naturalezza, quella di chi ha grazia e singolarità, la naturalezza della musica di Massenet e della prosa di Musset e dei suoi racconti in versi

Di natura piuttosto riservata, Jules Massenet probabilmente si stupirebbe nello scoprire una rassegna dedicata a lui, magari chiamato sul palco a dire due parole sarebbe anche capace di declinare elegantemente e umilmente l’invito. Gabriel Pierné, Xavier Leroux, Gustave Charpentier, Au gustin Savard, i fratelli Hillemacher, Alfred Bruneau, Paul Vidal, Reynaldo Hahn, Henry Février, Florent Schmitt sono solo alcuni dei suoi tanti seguaci, che porteran no la visione del maestro fino al cuore del XX secolo, consegnando al mondo intero l’immagine di un artista discreto ma ben consapevole dei propri mezzi, professo re di composizione al Conservatorio di Parigi e membro dell’Académie des beaux-arts all’età di trentasei anni e con opere che riscuotevano successo internazionale. “Eclettismo” sembra essere la parola chiave del suo stile: la si potrebbe applicare a ciascuno dei suoi lavori, come anche al suo intero catalogo. I suoi soggetti esplorano la storia dall’antichità fino al mondo moderno, sono ambientati sia in Francia sia in regioni esotiche e toccano di volta in volta la tragedia, il dramma naturalista, la farsa o il racconto fantastico. Affronta senza timore la mitologia e i testi della grande letteratura: pur trovando ben presto uno stile suo, Massenet non si rinchiude in una “maniera” e adatta costantemente la propria musica alla storia a cui si deve adattare.

Per ottenere un incarico prestigioso o per farsi strada nei teatri lirici è generalmente indispensabile il sostegno di personaggi influenti, membri dell’alta società e vicini al potere. Durante la Terza Repubblica, questi mecenati hanno ancora un ruolo importante nella definizione delle

tendenze estetiche e nella scelta dei compositori da favorire. Tuttavia, grazie al suo percorso accademico impeccabile, ai suoi successi precoci e all’aiuto ricevuto da Ambroise Thomas, Massenet non aveva avuto biso gno di corteggiare i salotti parigini per arrivare al vertice della fama; comincia ad avvicinarsi a questo ambiente solo dopo aver lasciato l’insegnamento (e dopo la morte di Thomas).

Non è infatti un caso che il primo concerto del ciclo che Palazzetto Bru Zane gli dedica sia intitolato proprio Dal salotto alla scena : il 1° ottobre alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista arie d’opera e mélodies per voce e pianoforte di Massenet sono affidate alle rielaborazioni di Gabrielle Philiponet (soprano), Marie Kalinine (mezzo soprano), Artavazd Sargsyan (tenore), Philippe-Nicolas Martin (baritono) e Thomas Tacquet al pianoforte per far trasparire come la generazione del compositore fosse desiderosa di raggiungere una certa nobiltà di stile in ogni genere, a prescindere dal contesto in cui la musica incontrava il pubblico.

Il concerto Farfalle nere, farfalle bianche del giorno seguente ha come protagonista François Dumont e si concentra sul pianoforte, di cui Massenet fu ottimo interprete, cominciando molto presto a scrivere per il questo strumento ( Dix Pièces de genre, 1866) prima di abbandonarlo per dedicarsi anima e corpo a forme orchestrali e liriche.

Massenet, maestro del suo tempo 1, 2, 13, 18, 25, 28 ottobre Palazzetto Bru Zane bru-zane.com

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Quite the reserved type,

Jules Massenet would probably be surprised upon knowing about a pro gramme dedicated to him. We are not, though, for many of his disciples took their mentor’s vision well into the twentieth century: Gabriel Pierné, Xavier Leroux, Gustave Charpentier, Augustin Savard, the Hillemacher Brothers, Al fred Bruneau, Paul Vidal, Reynaldo Hahn, Hen ry Février, Florent Schmitt painted an image of a discreet artist who knew what he was capable of. Massenet was professor of composition at the Paris Conservatory and a member of the Académie des Beaux-Arts since age thirty-six. ‘Eclecticism’ seems to be the key to understand his style. It suits every one of his pieces and his oeuvre overall. Subject-wise, Massenet ex plored history, from antiquity to modernity, and geography, from France to exotic locales. He composed tragedies, naturalist dramas, farces, and fantasy pieces.

At Palazzetto Bru Zane, the first concert ded icated to him is From salon to the stage, a pro gramme of opera arias and melodies for piano and voice. On the following day, a collection of piano pieces authored by Massenet before he dedicated heart and soul to symphony and melodrama.

BRU ZANE LABEL

Realizzata all’Auditorium dell’Opéra National de Bordeaux dal 20 al 27 set tembre 2021, la registra zione di Robert le Diable pubblicata da Bru Zane Label presenta un cast internazionale di primo piano. Con oltre 750 rap presentazioni nell’Ottocento, questa nuova pubblicazione offre la possibilità a una par titura fondatrice del romanticismo musicale, edita da Ricordi, di riemergere dall’oblio.

Il Palazzetto Bru Zane e l’équipe artistica coinvolta nella registrazione condividono con gli appassionati il Premio della Critica Franco Abbiati, per “aver contribuito in maniera significativa alla conoscenza e alla diffusione di uno de lavori più rappresen tativi della produzione operistica francese del XIX sec., attraverso un’esecuzione, da segnalare per la coerenza e la competenza della direzione di Marc Minkowski”.

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classical

Voce e tastiera

Benché la mélodie francese ottenga pienamente la propria patente di nobiltà sotto la Terza Re pubblica, in particolare grazie ai lavori di Duparc, Chausson o Fauré, rimane un territorio in cui i compositori si inoltrano con obiettivi diversi: piacere al grande pubblico e ottenere successo commerciale; sedurre l’alta società per otte nerne il sostegno; o, ancora, creare un’opera perfetta, un gioiello in cui quella pietra preziosa che è la poesia sia idealmente valorizzata dalla musica. Intorno a Massenet, un’intera genera zione naviga tra queste mete diverse e cerca di riunirle per produrre un’unica riuscita artistica. Protagonisti il 13 ottobre del concerto di Pa lazzetto Bru Zane sono la mezzosoprano Marie Gautrot e il pianista Frédéric Rouillon.

Originaria della Normandia, Marie Gautrot ha ini ziato lo studio del clavicembalo all’ENM di Diep pe, nella classe di Elisabeth Sotinel. Dopo gli studi in Lettere moderne all’Università di Rouen, si è iscritta all’Ecole de Louvre e poi ha iniziato a cantare con Marie-Claire Cottin, diplomandosi al CNSM di Parigi. Ha già duettato con il pianista Frédéric Rouillon al Grand Théâtre de Dijon, con un repertorio di Schumann e Brahms.

ENG Following the example of French romantic music composer Jules Massenet, a whole generation tried to navigate the territory of mélodie to establish their career, become known to the larger public, or maybe just embellish poetry with dignified music. We will appreciate the legacy of this fecund musical ep och thanks to a concert Palazzetto Bru Zane will hold on October 13. Mezzosoprano Marie Gau trot studied harpsicord at the École Nationale de Musique, literature at the Rouen University, and got her music diploma at the Paris Con servatory. Pianist Frédéric Rouillon had already worked with her at the Grand Théâtre de Dijon.

Influssi benefici

Accanto alle forme classiche che, agli occhi dei francesi, appaiono come il marchio dell’estetica germanica e di una certa austerità, la produzione di musica da camera in Francia si sviluppa anche seguendo percorsi poetici e rendendo omaggio alle produzioni liriche. Così, le formazioni ridotte di due o tre strumentisti non devono più limitarsi alle sonate o ai trii con pianoforte in tre o quattro movimenti, ma possono proporre anche brani popolari di opere liriche, trascinare gli ascoltatori nelle fantasticherie di un’elegia o stupirli incessan temente eseguendo una fantasia. Questi brani, non abbastanza “seri” per entrare nel pantheon dei capolavori, ritornano a incantarci ispirati dal violino di Mi-Sa Yang, il violoncello di Yan Levionnois e il pianoforte di Jonas Vitaud.

Di origine coreana, Mi-Sa Yang è nata e cresciuta a Osaka, in Giappone. Ha studiato al Conservatorio Nazionale di Parigi completando un programma di post-diploma di violinista-solista per concerti, sotto la supervisione di Olivier Charlier e Jean-Jacques Kantorow. Dal suo debutto orchestrale all’età di 12 anni in Giappone, Mi-Sa ha avuto l’opportunità di esibirsi con numerosi ensemble prestigiosi (come la Suk Chamber Orchestra, i London Mozart Play ers, la Sendai Philharmonic Orchestra, la Tokyo Symphony Orchestra). Si esibisce anche in recital, in sedi e festival internazionali. Le sue interpreta zioni, profondamente commoventi e ampiamente acclamate, le hanno fatto guadagnare il rispetto sia della stampa musicale che della critica.

Vincitore di alcuni dei più prestigiosi concorsi inter nazionali di violoncello, come i concorsi Rostropo vitch o Queen Elisabeth, Yan Levionnois si distingue per uno spirito curioso che lo spinge a diversificare le proprie esperienze artistiche. Immerso in un ambiente musicale fin dalla tenera età, inizia il violoncello con il padre prima di partire per studiare successivamente a Parigi con Philippe Muller, a Oslo con Truls Mørk e alla Juilliard School di New York con Timothy Eddy.

Vincitore di numerosi concorsi internazionali sia come solista che come camerista (Lione, ARD di Monaco, Trieste, Beethoven di Vienna), Jonas Vitaud si esibisce in prestigiosi festival come il Roque d’Anthéron, Lille Piano(s) Festival e il Festival Chopin de Bagatelle.

Good ENG vibes

The development of chamber music, in France, mainly followed poetry and opera models, which meant that small formations of two or three instrumen talists may prove worthy of popular opera pieces. While some of them are not quite ‘serious’ enough to be called masterpieces, they are entertaining in their own right, especial ly in the interpretation of violinist Mi-Sa Yang, cellist Yan Levionnois, and pianist Jonas Vitaud. Of Korean origin, Mi-Sa Yang was born and raised in Osaka, Japan, and studied at the Paris conservatory with Olivier Charlier and Jean-Jacques Kantorow. Her career includes an orchestral debut at the age of 12 and recognition of her poignant interpretations. Yan Levionnois is a curious spirit whose career is the most diverse; he studied in Paris, Oslo, and at the Juil liard School with Timothy Eddy. Jonas Vitaud special izes in both solo concerts and chamber music; he participated in prestigious festivals such as the Roque d’Anthéron, Lille Piano(s), and the Festival Chopin de Bagatelle.

In punta di pentagramma

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Tesori nascosti 13 ottobre Palazzetto Bru Zane bru-zane.com
18 ottobre Palazzetto Bru Zane bru-zane.com

Libera interpretazione

Jules Massenet non ha scritto neanche un pezzo per violino solo, ma questo strumento ha beneficiato della sua produzione attraver so trascrizioni; di sue arie liriche, naturalmente, tra cui la celebre Méditation dalla Thaïs, ma anche di frammenti di oratori, come il preludio del Dernier Sommeil tratto da La Vierge. Il concerto con Théotime Langlois de Swarte al violino e Tanguy de Williencourt al pianoforte del 25 ottobre presenta queste opere “d’importazione” accompagnate da lavori originali di allievi di Massenet come Hille macher, Hahn, Halphen, Pierné, offrendoci così un ampio pano rama dell’uso del violino solo durante la Belle Époque, dalle forme canoniche come la Sonata, reinventata, ai pezzi di genere che ci conducono in ambiti meditativi o virtuosistici.

Dopo aver studiato al Conservatorio Nazionale di Musica e Danza di Parigi nella classe di Michaël Hentz, Théotime Langlois de Swarte ha fondato l’ensemble Le Consort con il clavicembalista Justin Taylor nel 2015. L’ensemble è stato rapidamente riconosciuto come uno dei più importanti della sua generazione; ha collaborato con artisti lirici come Eva Zaicik, Véronique Gens e Mathias Vidal. Le loro registrazioni per Alpha Classics/Outhere sono state premiate dalla stampa specializzata. Il pianista francese Tanguy de Williencourt ha ricevuto i più alti riconoscimenti dalla stampa del suo paese natale, venendo definito “musicista completo” (Michel Le Naour), “autorità pianistica dai colori ricchi” (Alain Cochard) oltre che “uno dei futuri grandi del pianoforte”.

ENG Jules Massenet never wrote a single piece for solo violin, but the violin did benefit from his production thanks to transcripts and adaptations of some of his arias: the Méditation from Thaïs, certainly, though also pieces from oratorios such as the Dernier Sommeil from La Vierge. The upcoming concert with Théotime Langlois de Swart and Tanguy de Williencourt, due October 25, will present this ‘imported’ music and offer an outlook on how vio lins were used during the Belle Époque, from canon forms such as the sonata to genre pieces. Théotime Langlois de Swarte founded ensemble Le Consort with harpsichordist Justin Taylor in 2015. Le Consort were soon recognized as some of the best of their gen eration. French Pianist Tanguy de Williencourt has been called a “complete musician” (Michel Le Naour) and a “richly coloured piano authority” (Alain Cochard).

Segno del destino

Il pianoforte può diventare un veicolo per viaggiare, sia nel tempo sia in Paesi lontani. Attraverso brani composti nel 1867 e nel 1894, il 28 ottobre nel concerto conclusivo del Festival di Bru Zane il Duo Geister formato dai pianisti David Salmon e Manuel Vieillard ci fa visitare l’India dell’XI secolo dell’ouverture del Roi de Lahore, vedere una Idylle arabe e una Danse hindoue di Cécile Chaminade e attraversare le nebbie dei Préludes sur des airs populaires irlandais di Reynaldo Hahn. Gli Jeux d’enfants di Georges Bizet, poi, ci ricorderanno il tempo dell’innocenza e della fantasia sfrenata. Posando sulla tastiera quattro mani, non solo si moltiplicano le possibili acrobazie, ovviamente, ma si apre anche la porta a una complicità ludica.

Unanimemente noti per la loro simbiosi artistica e sonora, David Salmon e Manuel Vieillard sono considerati uno dei duetti più promettenti della loro generazione. Premiati nel 2019 dal 2° pre mio del Concorso Internazionale Schubert per duetto pianistico nella Repubblica Ceca e dal 1° premio e premio del pubblico al Concorso pianistico internazionale a 4 mani di Monaco.

Da quando si sono incontrati durante i loro studi al CRR di Parigi fino all’inizio delle loro carriere internazionali, è nata tra di loro una simbiosi musicale, con il desiderio di formare un “vero” duo, non solo di incontrarsi per un concerto. E il loro desiderio si è avverato: dopo quasi dieci anni di collaborazione, l’ensemble l’anno scorso ha vinto il primo premio nel prestigioso Concorso Internazionale di Musica ARD di Monaco.

ENG Pianos can be vehicles to travel on, both through time and to visit distant countries. Using music from 1867 and 1894, a concert by Duo Geister (David Salmon and Manuel Vieillard) will take us into eleventh-century India thanks to the ouverture of Roi de Lahore, followed by an Idylle arabe and a Danse hindou (all by Cécile Chaminade), followed by Rey naldo Hahn’s Préludes sur des airs populaires irlandais. More, Georges Bizet’s Jeux d’enfants will take us back to the times of innocence and unbridled fantasy. Salmon and Vieillard won the second prize at the International Schubert Competition for Piano Duos and the first prize at the Monaco International four-handed Piano Competition. The two have been working together for over ten years.

Sulle ali del pianoforte 28 ottobre Palazzetto Bru Zane bru-zane.com

89 Il violino danzante 25 ottobre Palazzetto Bru Zane bru-zane.com

classical

Ricambio generazionale Matvienko ed Haenchen tracciano nuove geografie

La Stagione Sinfonica del Teatro La Fenice continua nella missione di divulgare il repertorio di ge nere al più ampio pubblico possibile con programmi vari e compositi. Sul palcoscenico del teatro Malibran, sabato 29 e domenica 30 ottobre, Dmitry Matvienko conduce l’Orchestra del Teatro La Fenice in un concerto che vede in programma la Sinfonia in re maggiore di Haydn e la Sinfonia n.1 “Sogni d’inverno” di Cajkovskij, prima sinfonia del compositore che descrive un panorama invernale russo. Il Maestro Matvienko, nato a Minsk nel 1990, si è aggiudicato il Primo Premio e il Premio del pubblico all’ultima edizione della Malko Competition di Copenhagen, il più prestigio so tra i concorsi internazionali per giovani direttori d’orchestra, dopo essersi classificato terzo e aver vinto il Premio della critica al “Cantelli” di Novara nel 2020. Si prosegue sabato 5 e domenica 6 novem-bre, sul palco questa volta del Teatro La Fenice, con Hartmut Haenchen che dirige la Sinfonia n. 5 di Anton Bruckner. Nato a Dresda nel 1943 e cresciuto nella ex Germania dell’Est, Haenchen ha consolidato le sue esperienze musicali non soltanto con le orchestre della DDR ma, malgrado le restrizioni del regime, anche con celebri orchestre tra le quali i Berliner Philharmoniker e l’Orchestra del Concertgebouw. Entrambi i concerti sono preceduti il sabato da un’introduzione tenuta dal musicologo Roberto Mori, per accompagnare il pubblico tra gli aneddoti più suggestivi delle pagine che saranno poi protagoniste del concerto. Katia Amoroso ENG The opera season at Fenice Theatre keeps true to its mission of popularizing its reper toire to the largest possible audience with diverse, rich programmes. At the Malibran Theatre, on October 29 and 30, Dmitry Matvienko will conduct the resident Fenice Theatre Orchestra in a concert that begins with Haydn’s Symphony in D major and follows with Tchaikovsky’s Sym phony No. 1 in G minor, Winter Daydreams. Maestro Matvienko was born in Minsk in 1990, and was awarded the First Prize and the Audience Prize at the latest Malko Competition in Copen hagen. On November 5 and 6, this time at the Fenice Theatre, Hartmut Haenchen will conduct the orchestra in their performance of Anton Bruckner’s fifth symphony. Born in Dresden, East Germany, in 1943, Haenchen not only worked extensively in his country, but was afforded the possibility to work with the Berliner Philharmoniker and the Royal Concertgebouw orchestra.

Concerti 2021-2022

30 ottobre, 5, 6 novembre Teatro Malibran, Teatro La Fenice

Per il concerto inaugurale della 37. edizione della Stagione di musica da camera e sinfonica di Mestre al Teatro Toniolo, martedì 18 ottobre, Massimo Belli dirige la Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio Busoni” in un pro gramma dedicato agli archi e al violino solista. Il giovane virtuoso Giuseppe Gibboni, classe 2001, vincitore del Concorso Inter nazionale di violino Paganini di Genova nel 2021, interpreta le Variazioni su un Tema originale per violino e archi di Wieniawski e il brano virtuosistico La Campanella di Nicolò Paganini. A completare il programma la Serenade per archi di Kalinikov e Due Melodie Elegiache di Grieg. Martedì 1° novembre, il concerto del Trio Boccherini (Suyeon Kang al violino, Vicki Powell alla viola e Paolo Bonomini al violoncello) segna il primo appuntamento di un progetto triennale sull’esecu zione integrale dei trii per archi e dei quartetti per pianoforte di Ludwig van Beethoven. Ogni anno al Trio Boccherini si unirà un pianista diverso. Per questa prima esibizione al pianoforte c’è Davide Ranaldi, vincitore del “Premio Venezia” 2021. In programma anche una prima esecuzione italiana: Sanguigne Clockwork del compositore ame ricano Paul Wiancko. Erede della grande tradizione d’archi veneta, il quartetto VenEthos Ensemble (Giacomo Catana e Mauro Spi nazzè al violino, Francesco Lova to alla viola e Massimo Raccanelli al violoncello) si esibisce martedì 29 novembre, interpretando con strumenti d’epoca i Quartetti per archi n. 2, 4, 6 e 14 di W. A. Mozart. Katia Amoroso

Stagione concertistica 2022-2023

Toniolo-Mestre

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RASSEGNE PRIME TAPPE
Teatro
www.comune.venezia.it/toniolo
29,
www.teatrolafenice.it

classical

La goccia sul vetro

Non è mai superfluo ripetere quanto un luogo come l’Auditorium Lo Squero della Fondazione Giorgio Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore riesca ad amplificare la suggestione delle note con la contemplazione di un paesaggio i cui confini divengono proiezioni di un sublime a lunghezza di sguardo. Prosegue qui nella stagione autunnale la programmazione di Asolo Musica con una serie di ap puntamenti cameristici coordinati dalla direzione artistica di Federico Pupo. L’offerta musicale è varia ed è sempre accompagnata dall’in tento filologico di offrire conoscenza oltre all’ascolto, coinvolgendo il pubblico in una immersione totale tra le note, spaziando attraverso pagine musicali che includono un ampio arco temporale. È previsto un doppio omaggio, in occasione del bicentenario della nascita, al compositore belga César Franck, stabile figura di riferimento nella vita musicale della Francia del secondo Ottocento.

Si parte l’8 ottobre con Gloria Campaner al pianoforte e il Quartetto di Venezia con musiche sue e di Debussy; il 22 ottobre il Quartetto di Venezia esegue musiche di Cherubini e Beethoven; il 12 novembre musiche di Bach con l’esecuzione integrale delle Sonate e Partite per violino solo, con Mario Brunello al violoncello piccolo, unite alle meditazioni bibliche del monaco Lino Breda. Conclusione il 26 novembre con Marco Rizzi al violino, Gabriele Carcano al pianoforte e il Quartetto di Venezia per il secondo omaggio a César Franck e impegnati in Augusta’s company (2022) per violino, pianoforte e quartetto d’archi del compositore americano Curt Cacioppo, nato nel 1951, e il Concerto in re maggiore op. 21 per violino, pianoforte e quartetto d’archi di Ernest Chausson. Marzio Fabi

Il passo lungo

L’Associazione Musikàmera Venezia che dal 2016, anno della sua fondazione, è riuscita a farsi conoscere dal panorama nazionale ed internazionale, si appresta a presentare tante novità anche per il periodo autunnale, nei mesi di ottobre e novembre. Le proposte, che come sempre sono incentrate sul risalto e la promozione della musica da camera, sono dedicate principal mente a strumenti come violino, viola e violoncello oltre che a pianoforte, clarinetto ed arpa.

Sono proprio gli strumenti a corda e ad arco i primi approcci di questa rassegna ottobrina che dal 16 ottobre, alle Sale Apollinee del Teatro la Fenice di Venezia, prende il via con un concerto del Quartetto Adorno impegnato in un’esibizione composta da alcuni tra le composizioni più illustri di Ludwig Van Beethoven. Proprio il compositore tedesco, dopo essere stato il protagoni sta assoluto in apertura di programma, il 30 ottobre (dopo che per tutto il mese si saranno alternati diversi artisti ed eccezionali talenti) sarà oggetto di un concerto per pianoforte eseguito dal pianista Filippo Gorini.

ENG

The autumn programme at the beautiful Auditorium Lo Squero, where the music and the visual experience make for unforgettable memories, is rich in its chamber music offer thanks to the Auditorium’s cooperation with Asolo Musica and with art director Federico Pupo. The programme will begin on October 8, with a concert with pianist Gloria Campaner and the Quartetto di Venezia (music by Campaner herself and Debussy). On October 22, the Quartetto di Venezia will play Cherubini and Beethoven. On November 12, Bach’s integral Sonatas and partitas for violin solo. On November 26, an homage to Belgian Romantic composer César Franck, Augusta’s company by American composer Curt Cacioppo, and Ernest Chausson’s Concert in E major

Stagione 2022 8, 22 ottobre, 12, 26 novembre Auditorium Lo Squero, Isola di San Giorgio Maggiore

Anche novembre è pronto a stupire gli avventori e gli amici di Musikàmera Venezia. Si inizia il 2 ed il 3 ancora con un gruppo, l’Atos Trio che proporrà un concerto per violino, violoncello e pia noforte all’insegna della musica classica di Robert Schuman e Felix Mendelssonhn. Durante quest’ultimo mese autunnale viene dato spazio a diversi interpreti della musica da camera interna zionale ma soprattutto nazionale con brani e composizioni tratte dai repertori di Silvio Omizzolo (il 10 e 24 novembre all’Ateneo Veneto); durante quest’ultima data, prima della rassegna inver nale, sarà possibile assistere anche all’omaggio nei confronti dell’altro padovano in programma, il compositore Guido Alberto Fano, celebrato anche in occasione del concerto del 14 con Federica Tranzillo e Lorenzo Pascucci. Aurora Sartori ENG Chamber music association Musikàmera has been growing non-stop since its foundation in 2016. They recently released their autumn programme, which will focus on violin, viola, and cello as well as piano, clarinet, and harp. The pro gramme will start with strings, with an October 16 concert at the Sale Apollinee, Fenice Theatre. The Quartetto Adorno will perform some of the most revered compositions by Ludwig van Beethoven. The following October 30 concert will also be dedicated to Beethoven, and will see the participation of pianist Filippo Gorini. In November, the first two concerts will be a performance by Atos Trio on Wednesday 2 and Thursday 3. The trio (violin, cello, and piano) will play Schumann and Mendelssohn. Later in the month, more space will be given to Italian musicians, such as Silvio Omizzolo (at Ateneo Veneto on November 10 and 24). Composer Guido Alberto Fano, in turn, will be dedicated a concert on November 14, with the participa tion of Federica Tranzillo and Lorenzo Pascucci.

Musikàmera

17, 30 ottobre; 2, 3, 10, 14, 24 novembre Sale Apollinee, Ateneo Veneto

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www.asolomusica.com
16,
www.musikamera.org
RASSEGNE

eatro

COME USCIRE DALLA NOTTE

94 t h
Hollywood è un posto dove ti pagano mille dollari per un bacio e cinquanta centesimi per la tua anima Marilyn Monroe

Per l’inaugurazione della stagione del Teatro Goldoni una scelta insolita: un monologo in francese con sottotitoli in italiano. Le vertige Marilyn va in scena il 15 e il 16 ottobre con protagonista un’interprete d’eccezione, Isabelle Adjani. Candidata due volte agli Oscar come migliore attrice con il film Adele H e con Camille Claudel, la Adjani è una delle attrici francesi più acclamate ed è l’unica ad aver vinto cinque volte il Premio César per la migliore interpretazione femminile, oltre a numerosi altri riconoscimenti inter nazionali.

In questo spettacolo però le protagoniste sono in realtà due. E per capire il motivo di questo tandem è fondamentale fare un salto indie tro nel tempo. Il 4 luglio 1962, Marilyn Monroe accoglie il giornalista Richard Meryman del magazine «Life».

L’intervista dura un po’ più di sei ore e si tiene nella casa di Brent wood, nella periferia di Los Angeles. È la prima casa che Marilyn ha acquistato e, dopo aver vissuto in tanti luoghi diversi, la diva ritorna in questa casa. La pièce Le vertige Marilyn si sviluppa proprio in queste stanze e nasce da questa ultima speciale intervista pubblica ta il 3 agosto. Marilyn muore il 5 agosto 1962. Così, 60 anni dopo la sua morte, nel 2022, ritorna sulla scena una dimensione che evoca i giorni e i pensieri che precedono la morte dell’attrice… ma non solo. Marilyn non è l’unica stella protagonista dello spettacolo. Quando il pubblico entra a teatro vede infatti in controluce una donna, in un elegante abito nero firmato Dior. È al centro di un’installazione metallica che sembra un’opera d’arte contemporanea: 24 proiettori che formano un totem luminoso, una sorta di Torre di Babele. Si sente sussurrare la sua voce al telefono ma non si sa chi sia. Isabelle Adjani? Marilyn Monroe? Entrambe? Nessuna delle due? Cosa sta andando in scena? Una cerimonia? Un incantesimo? Le vertige Marilyn è il racconto di una star che vacilla, un incontro da lontano tra due icone dello spettacolo che si traduce in un tributo all’eterno mistero femminile. L’idea nasce dallo scrittore Olivier Steiner che collabora con l’artista Emmanuel Lagarrigue. Quest’ultimo crea sulla scena un’installazione di luci e suoni in un’atmosfera rarefatta e di mistero. Steiner si è ispirato al testo Il rapimento di Lol V. Stein di Marguerite Duras, ricavandone nel 2021 un libro inquietante, Il rapimento di Marilyn Monroe (Edizioni Métropolis), con 36 disegni di Anne Gorouben, e da questo progetto editoriale è nato il monologo teatrale che sembra quasi una poesia pervasa dalla sensazione di una perdita totale del mondo e di sé stessi. Una domanda costante e lancinante ritorna più volte nel corso dello spettacolo: «Come usci re dalla notte?». Isabelle Adjani racconta il suo ruolo in questa pièce con altrettante incisive domande esistenziali: «Dirò parole tratte da un’ultima intervista di Marilyn e da alcuni brani di mie dichiarazio ni: una dimensione parallela che si muove confondendosi con un laboratorio, con un sogno a occhi aperti, con un capogiro legato a me. E mi chiedo: perché alcuni esseri umani, non incontrati nella vita reale, ci toccano a questo livello, così fortemente, così fisicamente? E perché le persone che ci toccano ci toccano?».

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year, the opening of the new season at Goldoni Theatre will be unusual: a monologue in French, captioned in Italian. Le vertige Marilyn will be performed on October 15 and 16 by an exceptional interpreter, Isabelle Adjani. Adjani is twice Oscar-nominated actress for her work in Adele H and Camille Claudel as well as one of the most popular French actresses, with five Prix César under her belt. In Le vertige Marilyn, the protagonists will be two, indeed, and to understand how this is possibly, we should go back in time to July 4, 1962. On that day, Marilyn Monroe met Richard Meryman, a journalist for Life magazine, who interviewed her for six hours in her Brentwood home, the first Marilyn ever bought. She had lived in other places before and after, but chose to come back to Brentwood. The theatre piece is set in those rooms, where her famous last interview was taken. Marilyn died a month later, on August 5, 1962. Sixty years later, we remember her thus. Marilyn Monroe does not star alone in the show. As the audience enter the theatre, they will see the silhouette of a woman in an elegant Dior dress. The woman is the protagonist of a metal installation that looks like it might be a piece of modern art: 24 projectors form a totem, a sort of Tower of Babel. We hear her voice over the phone, but we still don’t know who she is. Isabelle Adjani? Marilyn Monroe? Both? Neither? What is going on, here? Le vertige Marilyn is the story of a teetering star, a meeting of two showbiz icons that is also a tribute to feminine mystery. The idea is novelist Olivier Steiner’s, who worked with artist Emmanuel Lagarrigue. Lagarrigue authored the light and sound installation; Steiner wrote Le ravissement de Marilyn Monroe, an unsettling book featuring 36 drawings by Anne Gorouben. The book inspired the play, which is almost a piece of poetry about the loss of the world and of one’s identity. A question keeps being asked throughout it: “How to escape the night?”. “Why do some people, which we never met in real life, touch us so deeply, so strongly, so physically?”

BLONDE

È Marilyn Mania! A cinquant’anni dalla sua prematura scomparsa –era il 4 agosto 1962 – la leggendaria Diva è evocata a teatro, al cinema e in Tv. Presentato alla 79. Mostra del Cinema di Venezia, Blonde di Andrew Dominik con Ana de Armas e Adrien Brody è online su Netflix.

Gli amori, i film, i tormenti interiori di un personaggio pub blico che ha avuto un rapporto conflittuale con l’asfissiante celebrità, croce e delizia di una vita e di una carriera che ne hanno stravolto la personalità a cavallo tra alcune delle epoche più sfavillanti della storia del cinema. Un biopic intimo e non convenzionale in cui il pubblico potrà affrontare l’esperienza di “vivere come Marilyn”, incrociare il suo cammino di icona che supera i confini del cinema.

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di Katia Amoroso
Le vertige Marilyn 15-16 ottobre Teatro Goldoni www.teatrostabileveneto.it

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COME A BROADWAY

Apre all’insegna del grande spettacolo la nuova Stagione del Teatro Toniolo, che richiama le scintillanti atmosfere di Broadway con uno dei musical più amati della storia del teatro. Massimo Romeo Piparo, con la sua PeepArrow Entertainment, inaugura il cartel lone con Mamma Mia! dal 25 al 30 ottobre. Romantica, appassionante, ‘profumata’ di mare e di sole, la celebre commedia musica le che dal suo debutto nel 2018 ha registrato sold-out in tutti i teatri italiani porta in scena un cast di oltre 40 artisti capitanati da Luca Ward e Sergio Múñiz, a cui quest’anno si affianca Clayton Norcross (il primo, indimen ticato, Thorne-fratello-di-Ridge di Beautiful ). Totalmente immerso nell’atmosfera creata da una messa in scena spettacolare e tecnolo gica, che include un pontile sospeso, barche ormeggiate e un vero bagnasciuga, il pubbli co potrà scatenarsi sulle hit cult degli ABBA suonate dal vivo dall’orchestra: da Mamma Mia! a Dancing Queen, da The Winner Takes

It All a Super Trouper e 20 altri brani che, per volere degli autori originali, sono stati tradotti in italiano e, come i dialoghi, curati diretta mente dal regista Massimo Romeo Piparo. Secondo appuntamento della Stagione, Nuda della Compagnia Finzi Pasca va in scena dall’8 al 10 novembre in un allesti mento denso di mistero e poesia, dove la danza acrobatica e aerea si sposano alla perfezione con una narrazione onirica.

Tratto dall’omonimo romanzo di Finzi Pasca, Nuda è uno spettacolo in cui «tutto danza e levita costruendo attimi di giocosità mentre con l’ingenuità dei bambini si parla di mostri che vivono accanto a noi».

Gesti d’eternità

Difficile sfuggire al fascino di Michela Barasciutti. E così anche la conferenza stampa diviene un evento. Michela è la direttrice artistica della XVI edizione del festival VeneziainDanza, ma è conosciu ta come ballerina e coreografa di fama internazionale. Per anni all’Ensemble di Bruxelles diretto da Misha Van Hoec ke (considerato l’erede di Bejart) e poi prima ballerina a La Fenice di Venezia e al Carlo Felice di Genova. Dal 1991 a Venezia dirige una propria compagnia, Tocˇnadanza, ed ha al suo attivo numerosi spettacoli, tra i quali Io Maria, Lei Callas, Peggy Untitled, Le stanze di Satie, Made in Italy, I soliti ignoti, sino all’impegnativo Voci ovvero Magdalena, co-produzione con La Biennale.

Veneziana di origine e di residenza, non cela l’ammirazione per la sua città, non a caso ogni anno si batte per avere una quota di biglietti a prezzo ridotto per i re sidenti. Presenta un programma d’eccel lenza, con l’intento «di offrire una pano ramica sul linguaggio della danza oggi e allo stesso tempo proporre un focus sulle eccellenze italiane che lavorano all’estero». Inaugura questa edizione un Gala, dome nica 13 novembre, come da tradizione in tutti i grandi festival: The Slovenian Na tional Theatre Opera and Ballet Ljubljana, arricchito per l’occasione dalla presenza di due stelle del Marijnsky Theater di San Pietroburgo – forse dovremmo tacere che sia Anastasia che Denis Matvienko sono di origine ucraina. Molteplici i brani previsti, tra cui La morte del cigno, Great Gatsby, Romeo and Juliet, il Danubio Blu. Vari linguaggi, vari stili, varie coreografie, molte delle quali di Renato Zanella, altra

eccellenza italiana all’estero (Staatso per di Vienna, Greek National Opera di Atene, senza dimenticare la coraggiosa esperienza come direttore del Corpo di Ballo all’Arena di Verona). In sala saranno presenti il Sovrintendente dell’Opera di Lubiana e il Console sloveno.

Domenica 20 novembre In Company, ov vero Emanuele Soavi, da Colonia presenta la serata Bach/Beethoven, di cui la prima parte, una coreografia creata su la Ciac cona, è in prima nazionale. Michela così definisce lo spettacolo: «passi di danza, ma anche voce, luce, fuoco, corpi in mo vimento». Un linguaggio molto moderno, contemporaneo, tipico del coreografo ferrarese che ha trovato la sua massima espressione in Germania.

Domenica 27 in scena la compagnia torinese Eko Dance Project con estratti da La Bella Addormentata nell’interpreta zione di Mats Ek e una creazione originale del coreografo Paolo Mohovich, Messia Haendel. Ricordiamo che la coreografa del primo brano è la famosa Pompea Santoro, allieva di Mats Ek in quanto prima ballerina al Cullberg Ballet, unica autorizzata dal Maestro ad utilizzare le sue coreografie. Mohovich, con il suo stile formalista contemporaneo, dà invece vita ad alcune immagini di storia sacra come se fossero quadri di Caravaggio.

Dimenticavamo, tutti gli spettacoli sono al Teatro Malibran alle ore 17.30. Grazie quindi da parte dei non veneziani che potranno finalmente rincasare senza pre occupazioni! Loris Casadei

VeneziainDanza

20, 27 novembre Teatro Malibran

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DANZA & PERFORMANCE
13,
tocnadanzavenezia.com
Mamma Mia! 25-30 ottobre Nuda 8-10 novembre Teatro Toniolo-Mestre www.comune.venezia.it
Photo Antonio Agostini

La Casa dei Ricordi Il progetto itinerante di Irina Brook debutta ai Tre Oci

Regista residente al Teatro Stabile del Veneto, Irina Brook presenta il suo progetto itinerante inter nazionale House of Us part I – The Mother, dal 28 novembre all’11 dicembre tredici performance ad entrata continua dalle 17 alle 21 alla Casa dei Tre Oci. Una esperienza immersiva in cui la regista porta nuova vita nelle stanze del palazzo alla Giudecca, creando una sorta di diario intimo nel quale il pubblico è invitato ad esplorare gli spazi di una casa, metafora della vita dell’artista e della sua famiglia. Le stanze contengono immagini, oggetti e ricordi personali, installazioni visive e paesaggi sonori. Il pubblico entra e attraversa vari spazi, permeati di una intima poesia che evoca i ricordi della madre di Irina, l’attrice Natasha Perry, scomparsa nel 2015. Nel cuore teatrale di questo nuovo spettacolo/laboratorio, gli 11 attori neodiplomati dell’Accademia Teatrale “Carlo Goldoni” abitano una serie di camerini trasparenti. Da questi non-luoghi gli interpreti possono essere osservati nel loro stato d’ani-mo più intimo, mentre provano i complessi dialoghi di Cechov facendo i conti con le proprie emozioni. Lungo il percorso gli spettatori incontrano l’attore Geoffrey Carey che incarna lo spirito del Teatro e della madre di Irina. La passeggiata culmina nella “Stanza de Il gabbiano” dove due giovani performer recitano l’ultima scena della celebre opera di Cechov. Il percorso termina con due video che pro iettano alcune immagini simboliche realizzate in casa della regista. E attraverso queste immagini si sprigiona un senso di liberazione dal peso del passato e una porta sembra aprirsi verso il futuro. Un’esperienza innovativa per lo spettatore che vive da vicino i ricordi, le passioni, i sogni di una famiglia di teatranti, ma non solo, anche la solitudine e l’isolamento, la conseguente necessità di condivisione con l’altro, la fiducia dell’artista verso l’umanità e la sete di contatto. Una performance che è ancora più d’impatto oggi, in questo delicato momento storico legato alla pandemia e alle sue conseguenze. Irina Brook ha dedicato il proprio spettacolo al fenomeno giapponese degli Hi kikomori, i giovani che si rinchiudono nella propria stanza con computer o smartphone e decidono di estraniarsi dal resto del mondo e dai propri simili. Un fenomeno che purtroppo da qualche anno si sta ormai diffondendo anche in Occidente e vede sempre più di frequente gli adolescenti ritirarsi dalla vita sociale con conseguenze deleterie.

Figlia d’arte, Irina Brook è cresciuta tra palcoscenico e camerini, al seguito dei genitori tra Inghil terra e Francia, dove il padre Peter Brook, scomparso a luglio di quest’anno, ha guidato il teatro parigino Theatre des Bouffes du Nord.

A diciotto anni, la regista lascia l’Europa per trasferirsi a Broadway e studiare con Stella Adler e da allora si è sempre divisa tra i due Continenti. Le sue opere più conosciute sono le riletture con temporanee dei maggiori classici, tra cui lo spettacolo En attendant le songe, tratto nel 2005 dal Sogno di una notte di mezz’estate, e interpretato da soli sei attori maschi; pièce che ha ottenuto moltissime repliche tra Francia, Canada e Stati Uniti. House of Us è concepito da Irina come un work in progress, un laboratorio dedicato ai giovani per raccontare i giovani, e sarà costituito da tre capitoli: la Madre, la Figlia, il Figlio, cui forse seguirà il Padre. La sua storia famigliare che si allarga all’umanità e vuole esortare i nostri ragazzi ad uscire dall’ombra.

Katia Amoroso

The house ENG of memories

Irina Brook is the resident director at Teatro Stabile del Veneto. Her international, itinerating project House of Us part I – The Mother comprises thirteen performances at Casa dei Tre Oci from November 28 to December 11, open 5pm to 9pm. The project is an immersive experience where Brook breathes new life into the rooms at the Casa, creating a sort of diary in the process. The several rooms, we will find, are a metaphor of the life of the artist and her family. Each contains images, objects, personal memo ries, visual installations, and sound landscapes to evoke the memory of Brook’s mother, actress Natasha Perry. Eleven new graduates of the local Car lo Goldoni Theatre School take their place inside see-through cabins. From these non-places, the performers can be observed in their most intimate state as they rehearse Chekhov’s dialogues while confronting their feel ings. Visitors will also meet the spirit of theatre and of Natasha Perry, played by Geoffrey Carey. The visit culmi nates in the Seagull’s room, where two young actors play the last scene in Chekhov’s play of the same name. These images will liberate us from the weight of the past and we will feel a door opening on the future. The experience is quite innovative for the audience, who will feel close to the memories, passion, and dreams of a thespian family as well as the loneli ness and solitude, the need to share our lives with others, the artist’s trust towards humanity, and our need for to getherness. Irina Brook dedicated her project to the Japanese phenomenon of hikikomori – youths that withdraw from society and choose extreme degrees of social isolation. The phenomenon is, by the way, not limited to Japan, and its effects are sadly visible in western society, too.

House of Us part I – The Mother 28 novembre-11 dicembre Casa dei Tre Oci, Giudecca www.teatrostabileveneto.it

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Un lettino per Amleto L’urlo della tempesta

Più volte in queste pagine ci è capitato di ragionare sul senso delle riprese di opere classiche che spesso incontriamo nei cartelloni delle varie stagioni teatrali. L’occasione per tornare sull’argomento è la messa in scena di Hamlet a novembre al Teatro Toniolo, per la regia di Francesco Tavassi: sono gli stessi drammaturghi, Alessan dro Angelini e Antonio Prisco, a dichiarare la modernità di un testo che «vive e si nutre ad ogni rivisitazione del tributo che si paga ai capolavori. Adattandolo non se ne scalfisce il valore, semmai lo si rinnova. Ad ogni rivisitazione si scoprono nuove aderenze alla con temporaneità». Ecco, quindi, Giorgio Pasotti interpretare un Amleto modernissimo nella sua incapacità di scegliere, nell’isolamento che arriva a sfiorare la follia, sullo sfondo di un’ambientazione scenica in continuo movimento che ha l’impianto di un film. Un uomo imprigio nato nella sua condizione, macerato dal dubbio, simile in tutto e per tutto a quelli che s’incontrano lungo i marciapiedi delle nostre città a cui si prospetta, in una deroga moderna alla tragedia del Bardo, non già la morte ma un futuro da senzatetto tra spazzatura – rea le e metaforica – e marciapiedi. In scena insieme a lui Mariangela D’Abbraccio, una regina Gertrude che fa ampio uso della chirurgia estetica, corregge il proprio aspetto nel tentativo di fermare il tempo. Chiave di lettura, ribadita anche dall’attualizzazione nel ritmo recitati vo e dalle scelte musicali, è la modernità di Amleto, perfetto paziente psicanalitico ante litteram che conduce una battaglia prima con sé stesso che con il resto del mondo. Oltre le armi, il castello di Elsinore e il linguaggio shakespeariano, c’è un uomo come ce ne sono tanti, irrisolti, incapaci di reagire alle avversità che li hanno presi di mira, paralizzati in attesa di un evento che li strappi alla staticità e li faccia ripartire, animati dal desiderio di rivalsa verso la società che li ha declassati, la donna che li ha delusi, gli affetti che avrebbero dovuto proteggerli. In scena anche Claudia Tosoni (Ofelia), Gerardo Maffei (Re Claudio e lo Spettro), Diego Migeni (Polonio), Pio Stellaccio (Laerte), Andrea Papale (Guildersten) e Salvatore Rancatore (Rosen crantz). Livia Sartori di Borgoricco

Sono passati esattamente quattro anni. Era il mese di ottobre del 2018, quando la tempesta Vaia – così l’hanno chiamata in seguito – ha colpito a macchia di leopardo, risparmiando alcune zone e devastando completamente quelle accanto, come se un gigante si fosse divertito a saltarellare di qua e di là, a volte lanciandosi in lungo, altre volte ruzzolando giù per una vallata a 190 chilometri all’ora. Non era mai successo prima a memoria di vivi. Nemmeno i più anziani, quelli che si aggirano attorno al secolo di vita, ricordano niente del genere. In poche ore, tra il 27 e il 30 ottobre, Vaia ha tirato giù 8,6 milioni di metri cubi di legno, ovvero 16 milioni di alberi su una superficie di 42mila ettari di bosco, dal Trentino al Friuli passando per il Veneto. Le zone più colpite sono state quelle dell’Agordino, del Cadore, del Feltri no, del Comelico, della Carnia, della Val di Fassa e della Val di Fiemme. Sedici milioni di alberi sono tanti: messi in fila uno dopo l’altro coprirebbero la distanza Da qui alla Luna, che è anche il titolo dello spettacolo prodotto dal Teatro Stabile del Veneto e scritto da Matteo Righetto per ricordare i giorni di Vaia, in scena al Teatro Goldoni il 20 e 21 ottobre.

Diretto dal regista Giorgio Sangati e accompagnato dalle musi che di Carlo Carcano e Giorgio Gobbo (presente in scena con la sua chitarra) e l’Orchestra di Padova e del Veneto, Andrea Pennacchi racconta la tempesta attraverso lo sguardo di tre personaggi: il muratore Silvestro, un giovane studente, Paolo, e la vecchissima Agata, abitanti della vallata bellunese. Una suggestiva scenografia allestita con alcuni ceppi degli abeti rossi abbattuti da Vaia e donati dal Comune di Falcade fa da sfondo al suo monologo. Dalla ferita della montagna nasce necessaria mente una riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente e con un paesaggio naturale che consideriamo eterno e immutabile e che invece rivela la sua fragilità, dando a noi la misura di un equilibrio delicatissimo. Marisa Santin

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& LAB Hamlet 18-20 novembre Teatro Toniolo-Mestre www.comune.venezia.it Da qui alla luna – La tempesta Vaia 20-21 ottobre Teatro Goldoni www.teatrostabileveneto.it
© Serena Pea

La danza dei pianeti Nuovi appuntamenti per la rassegna Asteroide Amor

Inaugurata lo scorso maggio, la rassegna teatrale intitolata Asteroide Amor, come il gruppo di asteroidi che sfiora l’orbita della Terra portando segnali da altri pianeti, torna ad animare fino all’11 dicembre i luoghi della cultura veneziana a partire dalla “casa madre”, il Teatro Ca’ Foscari di Santa Marta, passando per il Teatro Goldoni, il Teatrino di Palazzo Grassi, La Casa dei Tre Oci e il Chiostro del Museo M9 di Mestre.

Presentata da Giovani a Teatro 2.0, progetto ideato e promosso dalla Fondazione di Venezia, la rassegna è frutto di una virtuosa sinergia che coinvolge i due atenei cittadini, Università Ca’ Foscari e IUAV, e il Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale. Tre attori che, guidati da Fon dazione di Venezia, si sono attivati nel fare sistema con il duplice obiettivo di offrire alla città e ai giovani una selezione di spettacoli emblematici della scena contemporanea e al contempo sotto lineare il ruolo del teatro come potente strumento di riflessione collettiva e condivisa sul presente. Dopo il successo riscosso dalla prima parte della rassegna, che ha registrato un’affluenza di quasi 2400 spettatori in sala, l’attività riprende coordinata dalla professoressa Susanne Franco, Delegata della Rettrice alle Attività Teatrali di Ca’ Foscari, dalla professoressa Annalisa Sacchi, Direttrice del corso di Laurea in Teatro e Arti Performative dell’Università Iuav di Venezia, e da Carlo Mangolini, responsabile dei nuovi linguaggi del TSV.

La rassegna riparte ad ottobre, martedì 11, da Teatro Ca’ Foscari con Tiresias, progetto firmato dal gruppo romano Bluemotion. Diretto da Giorgina Pi e interpretato da Gabriele Portoghese, lo spettacolo è una potente e poetica storia di iniziazione e trasformazione tratta da Hold Your Own di Kae Tempest, una delle voci più influenti e innovative della spoken word poetry internazionale, già Leone d’Argento alla Biennale Teatro 2021.

Giovedì 13 ottobre, Alessandro Sciarroni – anch’egli Leone d’Oro alla Biennale Danza 2019 –presenta al Chiostro dell’M9, Save the Last Dance for Me, uno speciale progetto articolato in workshop e successiva performance, che mira a diffondere e ridare vita ad un antico ballo popo lare bolognese, la Polka Chinata, oggi a rischio estinzione per mancanza di interpreti. Al Goldoni domenica 23 si continua con la danza di Silvia Gribaudi e il suo Monjour, una sorta di “cartoon contemporaneo” fatto di corpi in carne e ossa guidati dall’ironia della coreografa torinese che si interroga sull’interdipendenza tra pubblico e performer e sulla la responsabilità reciproca tra spettatore e artista.

Venerdì 11 novembre la rassegna torna al Teatro Ca’ Foscari con il collettivo fiorentino Sotterra neo che porta in scena Overload per farci riflettere su quanto l’attenzione sia divenuta una forma d’alienazione e l’interruzione una forma costante del nostro modo di esperire il mondo. Dal 28 novembre all’11 dicembre invece la rassegna è ospitata alla Casa dei Tre Oci, dove avrà luogo la performance immersiva site-specific House of Us part I – The Mother ideata e diretta da Irina Brook (vedi p.93).

Asteroide Amor, torna infine a concludersi a Santa Marta il 30 novembre con Danze per Lau ra Pante, esperimento coreografico nato via Skype durante la pandemia e realizzato per la danzatrice eco-autrice dell’opera Laura Pante dal coreografo francese Jérôme Bel per dare una dimensione scenica alla biografia danzata dell’artista. C.S.

Gioca con me!

Dopo il successo delle scorse edizioni, il Teatro Goldoni rinnova la proposta dei laboratori di teatro di cittadinanza, ideati dal regista e attore veneziano Mattia Berto e promossi dal Teatro Stabile del Ve neto. Dopo aver navigato le inquiete acque della Tempesta shakespe ariana nella prima edizione, aver attraversato Le Mille e una notte con Sherazade nella seconda, aver tentato un epico ritorno a casa con Odisseo nella terza, senza fermarsi nemmeno durante la pandemia con il laboratorio online L’ora d’aria, per poi ritornare nei giardini di Venezia a rievocare le Metamorfosi di Ovidio la scorsa stagione, quest’anno il la boratori del TSV vogliono Giocare in Campo e mettono al centro la città come “teatro ritrovato”.

Il teatro è gioco, è luogo della sco perta, del travestimento, è lo spazio e il tempo del gruppo. Attraverso le parole e lo sguardo di Italo Calvino e di altri grandi autori, Mattia Berto guiderà i partecipanti ad animare i Campi della città con azioni teatrali che coinvolgeranno tutti quelli che avranno voglia di giocare. «In un momento storico di profonde trasformazioni, ancora una volta, l’idea di un teatro di comunità, che si interroga e condivide – scrive il regista –, ci permetterà di costruire uno sguardo limpido sui luoghi che amiamo e viviamo. Eterni sognatori di utopia e vita, il teatro come cura e rivoluzione».

99 Giocare in Campo Dal 22 ottobre Teatro Goldoni www.teatrostabileveneto.it Asteroide Amor 11, 13, 23 ottobre; 11, 28, 30 novembre www.unive.it/asteroideamor
© Filipe Ferreira
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Una forza del passato

Pa’ è la prosecuzione di un viaggio dedicato a Pasolini che il regista Marco Tullio Giordana ha iniziato da diversi anni. Operazione corag giosa e politica in un momento delicato della storia europea e italiana. Progetto che nasce anche per onorare il centenario dalla nascita. Ricordiamo l’attenzione del regista agli anni della Resistenza e agli anni caldi della contestazione giovanile. È del 1980 Maledetti, vi ame rò, del 1981 La caduta degli angeli ribelli, del 1995 Pasolini, un delitto italiano, del 2003 La meglio gioventù, sino al più recente Romanzo di una strage del 2012, dedicato agli eventi di Piazza Fontana. La stessa passione Giordana la dedica al teatro: è del 2020 Fuga a tre voci, delicata storia di due ventenni uniti da ideali di libertà e anti nazismo nella Germania del dopoguerra. Nello spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale e interpretato da Luigi Lo Cascio, Pasolini parla tramite le sue poesie. Se nel cinema e nei racconti il Nostro cede a qualche limatura di natura commerciale, le poesie rappresentano di certo il suo pensiero senza mediazioni. Sono uno schiaffo alla sensibilità del lettore e dello spettatore. Ne La Crocefissione (1948-49) troviamo questi versi: «Bisogna esporsi (questo insegna/il povero Cristo inchiodato?),/la chiarezza del cuore è degna/di ogni scherno di ogni peccato/di ogni più nuda passio ne…». E ricordiamo le scene di Pasolini attore in salita sul Golgota e il messaggio del Cristo riproposto nel Vangelo secondo Matteo: «non sono venuto a portare la pace, ma la spada». Quella di Pasolini è un’Italia che non c’è più? Come si domanda il regista, «o è ancora di una disperata attualità»?

«Io sono una forza del Passato/Solo nella tradizione è il mio amore./ Vengo dai ruderi, dalle Chiese/dalle pale d’altare, dai borghi/dimen ticati sugli Appennini o le Prealpi,/dove sono vissuti i fratelli» (10 giu gno ). Lo spettacolo non è un semplice reading, ma tramite l’interpre tazione di Luigi Lo Cascio una vera drammaturgia, puntuale in alcuni dettagli, come racconta Marco Tullio Giordana, «verrà ad esempio usata la camicia che feci riprodurre per il film Pasolini, un delitto italiano uguale all’originale indossata la notte in cui fu massacrato». Di Luigi Lo Cascio, attore, regista, scrittore, stiamo apprezzando su gli schermi Il signore delle formiche, diretto da Gianni Amelio, appe na presentato alla 79. dalla Mostra del Cinema di Venezia, dedicato ad un altro scandalo degli anni ‘60, il caso Braibanti, con un invito a vederlo a tutti coloro che sanno che la Storia è maestra di vita, per indagare come nasce la discriminazione di un possibile diverso e da dove culturalmente proveniamo. Loris Casadei

La modernità di Argante

Emilio Solfrizzi è il protagonista di un nuovo allestimento de Il malato immaginario per la regia di Guglielmo Ferro, che già in passato aveva diretto questo spettacolo. La novità più evidente è l’aggiustamento generazionale: per anni, da Giulio Boselli a Paolo Bonacelli, la tradizione, avvicinando forzatamente i con cetti di malattia e vecchiaia, ci ha restituito degli Argante molto in là con l’età, portandoci a pensare che, forse, tutti i malanni di cui dicono di soffrire avessero in qualche modo un fondo di verità “anagrafico”. Ecco che qui invece troviamo un protagonista sulla cinquantina, così come l’aveva pensato Molière, che riesce in questo modo a restituire al testo un aspetto «importantissimo e certe volte dimenticato: il rifiuto della propria esistenza».

Argante, lì, chiuso nella sua torre con intarsi e scompartimenti pieni di boccette e medicinali che svetta al centro della scena, un po’ rifugio e un po’ prigione, ha più paura di vivere che di morire, e il suo rintanarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che la vita ti mette davanti. La comicità di cui è intriso l’ultimo, definitivo capolavoro di Mo lière, viene accesa dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno al protagonista e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici improbabili crea situazioni esilaranti che strizzano l’occhio al teatro dell’assurdo. Solfrizzi, che di Molière era già stato il Borghese Gentiluomo, gioca con la sua nevrosi di ipocondriaco e calza alla perfezione i panni di questo Argante, che quando si dimentica di essere malato, è ancora giovane e vigoroso. Tra ironia e arrabbiature velate di malinconia, ci troviamo a vedere questo spettacolo reduci da una pandemia che ha modificato il nostro rapporto con la malattia, la salute e la vita. Quello che ci vuole dire Molière – ed è ancora più potente se pensiamo che scrive questo testo nel suo ultimo anno di vita, consapevole del suo destino – è che vivere di timori e tentare a tutti i costi di preservare la vita, ha un prezzo altissimo – il non vivere. In scena insieme a Solfrizzi ci sono Lisa Galantini, Antonella Piccolo, Ser gio Basile e Rosario Coppolino. Livia Sartori di Borgoricco

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SPETTACOLI Pa’ 17-20 novembre Teatro Goldoni www.teatrostabileveneto.it Il malato immaginario 30 novembre-4 dicembre Teatro Toniolo-Mestre www.comune.venezia.it

VOLEVO ESSERE PIPPI CALZELUNGHE

Per quanto volessi tenere ogni aspetto il più possibile sotto controllo, c’è uno spazio in cui si diventa carne ed ossa, sguardo e testa, intelligenza, nel quale bisogna lasciarsi necessariamente trasportare

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Intervista Carolina Cavalli

Fabio Marzari

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sce nelle sale il 13 ottobre dopo essere stato pre sentato nella sezione Orizzonti Extra al Festival di Venezia Amanda, il primo lungometraggio diretto da Carolina Cavalli, unico film italiano selezionato anche dal Toronto Film Festival.

Il film ha come protagonista Benedetta Porcaroli, astro nascente del cinema italiano, affermatasi con la serie tv Netflix Baby. Al suo fianco troviamo anche Galatea Bellugi, Giovanna Mezzogiorno, Michele Bravi, Monica Nappo e Margherita Maccapani Missoni.

La storia del film, scritta dalla stessa regista, ci racconta di Amanda, una ragazza di 24 anni che non ha mai avuto amici. Quando scopre come, da piccole, lei e Rebecca passassero un sacco di tempo in sieme, Amanda sceglie la sua nuova missione: convincerla che sono ancora migliori amiche.

Un lavoro interessante, godibile, con una recitazione ben dosata tra i vari personaggi che si muovono in un mondo in cui il disagio relazionale è ben presente, narrato in maniera credibile, con il gusto elegante di un’intelligente ironia distribuita senza esasperazioni. L’intervista che segue è stata realizzata nei giorni del Festival di Venezia ed è anche il racconto di una giovane regista che con pas sione parla del proprio lavoro, con una sincera e coinvolgente carica di entusiasmo e simpatia.

Un film sul bisogno di amicizia, in cui emerge un elegante rigore della forma architettonica che si contrappone al disordine dei personaggi. È solo un’impressione o ci conferma che l’architettura non è un elemento del tutto estraneo alla narrazione?

Essendo un’opera prima molte cose le ho scoperte lavorando, tra cui comprendere quanto l’ambiente potesse essere importante nel delineare al meglio un personaggio. Questo è stato utile per disegnare la figura della madre di Rebecca, l’amica desiderata da Amanda, interpretata da Giovanna Mezzogiorno. La dimensione architettonica mi è servita molto, abbiamo trovato una casa non ancora finita ma già ‘rovinata’ e questo senso di incompletezza è stato funzionale al mio racconto, così come la grande villa in cui vive la famiglia di Amanda restituisce sempre un senso di soffoca mento, anche se caratterizzata da vasti spazi. Non ho mai avvertito la presenza di un luogo nelle nostre vite come girando questo film, la commistione di chi siamo e di quali ambienti occupiamo e in cui viviamo. Io prediligo tutto ciò che a livello materiale è austero e astratto, ma serve cercare una forma per rendere questa astrazione. Ci sono alcuni ambienti che si sono prestati a creare anche fisica mente l’idea di un “non luogo” molto più di altri. Averli messi insieme è risultato molto utile per poter creare quella sensazione di spaesa mento, vissuta da tutti i personaggi.

Come è andata formandosi la scrittura del personaggio di Amanda?

Mi capita spesso di scrivere insieme ad altri. Scrivere da sola qui invece mi ha dato la possibilità di non pianificare la storia a priori, dovendola organizzare solo con me stessa. Per questo film sono partita dal personaggio di Amanda e mi piaceva immaginare una ragazza che vive nella solitudine, pur non essendone vittima. Solitu dine intesa non solo in termini di relazione interpersonale, ma anche come isolamento fisico, in un contesto o in un luogo dato. Amanda non si dà per vinta nei confronti della realtà: ha degli atteggiamenti che potrebbero passare per infantili, adatta la realtà smussandola in

termini decisamente propri. Un po’ come la mia adorata Pippi Calze lunghe, che ha avuto un ruolo importante nel definire il personaggio di Amanda, perché anche lei nella sua vita contorce e ridireziona la realtà. Mi chiedevo spesso come sarebbero stati alcuni personaggi bambini una volta cresciuti e questo pensiero mi ha condotto alla definizione di Amanda. Lei è fuori dagli schemi convenzionali, ma alla fine ha la matura una spiccata consapevolezza di una visione più nitida del senso comune.

Non manca nella storia un sottile filo di ironia, che riesce anche a strappare delle risate…

L’ironia è funzionale alla storia. Amanda riesce a prendere in giro la vita, deve fare i conti col grottesco, osservando un mondo di scom binati che le ruota intorno, e lo fa con disperazione, esagerando il confronto con la realtà delle cose, anche se alla fine neanche tanto. Il film non vuole trasmettere angoscia, piuttosto racconta lo sgomen to che viviamo nel quotidiano, esasperando la solitudine dei nostri giorni. È un’ironia figlia di una certa disillusione che definirei “gene razionale”. Anche nella vena malinconica delle bellissime musiche di Niccolò Contessa, non manca mai una cifra piuttosto ironica.

La scrittura e la regia presentano specificità tecniche proprie. Come è stato dirigere un film? Non c’è dubbio che siano attività assai differenti tra loro. Io fino ad oggi mi ero occupata di sceneggiature; l’idea di non avere l’abitudine di confrontarmi con elementi che fossero all’esterno del foglio mi ha portato a vedere, mentre giravamo, non Benedetta Porcaroli che si recava sul set, bensì Amanda che veniva in casa sua. Lavoravo non con gli attori, ma direttamente con i personaggi. L’abitudine a stare molto con le storie conduce un po’ fuori della realtà, si crede molto nella propria storia e quindi durante le riprese era per me fondamen tale avere una buona sceneggiatura. Non sono in grado di improv visare e non volevo farlo ora. Dirigere un film da esordiente è stato naturalmente molto interessante e direi abbastanza facile.

Ho trovato molte più persone coraggiose di quanto non mi sarei im maginata, disposte a rischiare su una sceneggiatura e una regia che non offrivano molte certezze: ho avuto la fortuna di avere attorno a me produttori, attori molto capaci e una troupe molto attenta. Non so se questa sia la regola, ho l’impressione che non lo sia…

Come ha scelto il cast?

Ho parlato con più di sessanta ragazze per i ruoli di Amanda e Rebecca, andati poi rispettivamente a Benedetta Porcaroli e Galatea Bellugi. Per il ruolo affidato a Giovanna Mezzogiorno ero da subito convintissima di lei, altrettanto per Monica Nappo. Le ho cercate io, chiedendo agli agenti di leggere la sceneggiatura, prima di ricevere il loro assenso.

Michele Bravi interpreta Dude, un po’ Vincent Gallo e un po’ Dean Stockwell quando canta in Blue Velvet. Ho trovato con gli attori, tutti davvero eccellenti, una reciproca comprensione. Per quanto volessi tenere ogni aspetto il più possibile sotto controllo, c’è uno spazio in cui si diventa carne ed ossa, sguardo e testa, intelligenza, nel quale bisogna lasciarsi necessariamente trasportare.

103 di
Amanda Dal 13 ottobre al cinema www.comune.venezia.it/cinema

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ATTORE

Che cosa accomuna Pierfrancesco

Favino, Sabrina Ferilli, Francesca Neri, Paolo Virzì, Iaia Forte e Alessio Boni? Il talento, certo, ma anche un altro tratto in comune: sono stati tutti scoperti da Lino Capolicchio, protagonista del cinema ita liano scomparso nel maggio di quest’an no che tenne una cattedra al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma insegnando recitazione per diversi anni. Circuito Cinema dedica una rassegna alla sua memoria proiettando in ottobre alla Casa del Cinema pellicole che han no fatto la storia del cinema italiano e in cui Capolicchio mette in mostra, con la discrezione di chi grazie al talento può permettersi modi gentili, un talento puro e incontestabile.

Quarant’anni di carriera come attore, doppiatore, sceneggiatore, regista e docente che scorrono dal 4 al 25 ottobre sul grande schermo della Videoteca Pa sinetti, consegnandoci anche quello che è probabilmente rimane il suo ruolo più famoso, vale a dire il Giorgio protagonista de Il giardino dei Finzi Contini, la versione filmica di Vittorio De Sica dell’omonimo romanzo di Bassani che si aggiudicò l’Orso d’Oro a Berlino e l’Oscar come mi glior film straniero. Lo stesso Capolicchio vinse il David di Donatello per la migliore interpretazione maschile.

La casa delle finestre che ridono del 1976 e Le strelle nel fosso del ’79 altri due titoli proposti che sanciscono il sodalizio con un altro grande del nostro cinema, Pupi Avati, che esaltò il talento di Capolicchio prima per un horror che ha fatto scuola e poi per un film a basso budget ambienta to nella bassa bolognese.

Lino Capolicchio. Per amore di cinema e teatro 4, 11, 18, 25 ottobre Casa del Cinema

Genesi di un istrione

«La morte? Non giriamoci tanto intorno, credo che sia un errore del Padreterno, una grande seccatura. Io non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me... che farete da soli?».

Così Vittorio Gassman rispondeva a chi gli chiedeva del suo rapporto con la morte, appuntamento a cui nessuno è riuscito a mancare a memoria d’uomo (!).

Una frase in cui c’è tanto del grande attore genovese, nato proprio il 1° settembre del 1922 e che a distanza di un secolo rimane incontrastato simbolo del cinema italiano del secondo dopoguerra, contribuendo alla rina scita nazionale della settima arte e alimen tando con il suo talento una cinematografia – quella nazionale – che arriverà ad essere la più importante del mondo proprio negli anni della maturità artistica di Gassman stesso.

Circuito Cinema Venezia sposta però l’atten zione appena fuori dal cono di luce puntato sui grandi titoli che ne hanno scandito la vita e la carriera, concentrandosi negli anni dal ’45 al ’54 in cui il nostro affinava le proprie capacità attoriali, ovviamente potendo fare affidamento su un talento mai messo in discussione.

Il primo appuntamento è con Il cavaliere misterioso, regia di Riccardo Freda. Una classica trama di intrighi e spionaggio ambientata nella Venezia del XVIII secolo è impreziosita dall’interpretazione di un giova ne Gassman, qui nel ruolo di un inesperto Giacomo Casanova.

L’ebreo errante, secondo titolo della rasse gna, permette a Gassman di mettersi alla

prova in un ruolo drammatico, meno istrioni co e che tuttavia non rinuncia ad una fisicità che si fa tratto stilistico. Condannato ad errare sulla terra per aver impedito un atto di pietà nei confronti di Gesù, Mathieu Blu menthal si ritrova – secoli dopo – nella Parigi del 1940 dove, pur avendone la possibilità, rifiuta di scampare alla barbarie nazista condividendo la sorte degli altri compagni di sventure nei campi di concentramento.

Si prosegue con Lo sparviero del Nilo, pellicola dal gusto esotico e favoleggiante ambientata in un’Africa mediterranea luogo di avventure e duelli di cappa e spada caratte rizzata da un Gassmann nel ruolo di cattivo La rassegna si conclude con Il muro di vetro, secondo dei quattro film di Gassman girati ad Hollywood. In questo film Gassman ha un ruolo minore che diventa però emble matico del suo periodo americano: le poche soddisfazioni di quegli anni lo convinceran no a rientrare in patria per lavorare in quei film che lo renderanno “il Mattatore”.

«Io sono un istrione, ma la teatralità scorre dentro di me. Quattro tavole in croce e qual che spettatore, chi sono lo vedrai, lo vedrai». Così cantava un altro grande, Charles Azna vour, in Io sono un istrione del 1969. Difficile non pensare a Vittorio Gassman e alla sua carriera eclettica, incarnazione del miracolo di cui sono capaci solo i grandi: coniugare la cultura alta con lo spettacolo popolare.

Katia Amoroso

Gassman prima di Gassman

13, 20, 27

del Cinema

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RASSEGNE
6,
ottobre Casa
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© Archivio Storico Luce
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La storia non si ferma Cibo per l’anima

Per gli habituè dei festival i film di Jafar Panahi sono una costante fin dal 1997, anche se la sua presenza fisica viene negata dal 2010. Jafar Panahi è infatti accusato dalle autorità del suo Paese, l’Iran, di propaganda antigovernativa, nonostante il suo nome sia acclama to in tutto il mondo come uno degli autori più influenti del cinema iraniano. Nel 2010 però arriva la condanna a sei anni di prigione e al divieto per 20 anni di dirigere film, scrivere sceneggiature e lasciare il Paese. Una condanna passata agli arresti domiciliari, durante i quali Panahi non si è arreso e ha continuato a girare, mettendo in scena sé stesso (dentro casa, dentro un’auto), per poter continuare a fare cinema, riuscendo poi, in maniere più o meno rocambolesche, a far superare ai suoi lavori i confini della costrizione. È il caso di No Bears, Premio speciale della Giuria all’ultima Mostra di Venezia, dal 6 ottobre nelle sale. Panahi prende in affitto una casa in un villaggio rurale al confine con la Turchia, dove è in corso la lavorazione di un suo film, che può dirigere solo via Zoom. Ci sono quindi due piani di racconto: il film nel film in cui una coppia di innamorati sta cercando di ottenere i documenti per fuggire dall’Iran, e la situazione persona le di Panahi, colto-borgese cittadino tra semplici agricoltori, regista a cui viene negato di avere un punto di vista e “nemico” di un Paese che ama. Tanta carne al fuoco, che Panahi gestisce riuscendo nel miracolo di creare un grande film, personale e universale, in un gioco continuo tra vero e falso. Perché il cinema è falso, come gli orsi che minacciano gli abitanti del villaggio che si avventurano di notte fuori dai sentieri consentiti. Ma il cinema è anche vero, come quel confine invisibile che Panahi sceglie di non attraversare, in uno dei momenti più toccanti del film.

Per comprendere appieno No Bears bisogna conoscere la situa zione del suo regista/attore, e forse questo è l’unica pecca di un capolavoro etico, umano e sociale. Intanto dall’11 luglio scorso Jafar Panahi è in prigione, dopo aver chiesto aggiornamenti alla procura di Teheran sul caso di Mohammad Rasoulof, altro regista arrestato.

Gli orsi non esisteranno, ma sanno come far male. Sara Sagrati

Fortemente influenzato sin da ragazzino dal paesaggio ame ricano e dall’immaginario del cinema hollywoodiano, Luca Guadagnino torna all’horror mettendo in scena il copione del sodale David Kajganich, abile sceneggiatore incline al genere dell’orrore: è lui l’ideatore della magnifica serie The Terror (2018), con il quale aveva già collaborato in Suspiria (2018) e in A Bigger Splash (2015).

Un road movie, tratto dal romanzo di Camille DeAngelis Fino all’osso del 2015, che parla di emarginazione e solitudine, raccontando la storia di giovani drifter alla deriva attraverso un viaggio nell’evocativo e soprendente Midwest: a creare l’atmo sfera anche le musiche stilizzate della partitura sonora creata da Trent Reznor ed Atticus Ross dei Nine Inch Nails. Siamo negli anni Ottanta, quando il sogno americano era ancora vivo e fungeva da traino per il mondo intero: la giovane pro tagonista Maren, abbandonata dal padre, scopre di avere un disturbo che la spinge a nutrirsi di carne umana.

Come in The Addiction (1995) di Abel Ferrara o in Martin (1977) di George A. Romero, ma anche nei più recenti Raw (2016) di Julia Ducournau o The Neon Demon (2016) di Nicolas Winding Refn, l’orrore antropofago e vampiresco viene immerso nella quotidianità come una sorta di dipendenza/malattia. L’incontro da parte della protagonista di persone come lei, tra cui il mentore Sully, interpretato da un istrionico Mark Rylance che ci riporta alla mente l’iconico Hannibal Lecter, e il giovane Lee, la spingono ad intraprendere un viaggio alla ricerca delle sue origini ed a comprendere come solo il vero amore possa salvarla dal baratro.

Citando il titolo italiano di un film del 1973, 2022 – I sopravvissuti, nel quale l’umanità si ciba del misterioso prodotto Soylent Gre en, i protagonisti del film di Guadagnino sono dei sopravvissuti nell’immensa orgia cannibalista ed edonista del consumismo e neoliberismo reaganiano.

Guadagnino si aggiudica il Leone d’Argento alla regia e Taylor Russell il Premio Marcello Mastroianni per la migliore attrice emergente alla 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Andrea Zennaro

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No Bears Dal 6 ottobre in sala www.comune.venezia.it/cinema Bones and All Dal 23 novembre in sala www.comune.venezia.it/cinema

Magnifica incoerenza

Jean-Luc Godard, un pezzo di cinema che scompare

Se n’è andato un viandante del cinema: se Werner Herzog attraversò a piedi mezza Europa per andare a visitare la morente Lotte Eisner, Jean-Luc Godard s’è fatto metaforicamente una camminata creativa quasi senza precedenti. Pre suntuoso e irriverente, se si fosse imbattuto in un qualcuno che avesse osato chiamarlo “mostro sacro” sarebbe stato capace di prenderlo a schiaffi. Salvo poi, un minuto dopo, ‘esserlo’ quel mostro sacro e impartire lezioni di cine ma, di inquadrature, di punti di vista, con la medesima aria fra l’annoiato e lo strafottente. Per stracitare il principe De Curtis: maestri si nasce e lui, del tutto immodestamente, lo nacque. Sarcastico, irrispettoso, autodistruttivo nel momento stesso in cui costruiva il proprio mito, era ed è uno cui noi fanatici del cinema dobbiamo tantissimo: per quanto ha fatto lui (anche se per il concetto di ‘prolificità’, bisogna andare altro ve: l’uomo non era un accumulatore seriale) e per quello che ha portato gli altri a fare, consapevoli o meno di andargli dietro anche e soprattutto quando vo levano prendere le distanze da quell’ometto che aveva strafottenza e distacco necessari e sufficienti per dire cose come: oggi questa pellicola è arte, domani ci impacchetto il cabaret delle paste domenicali da portare a zia Giulia. Dopo essere stato feroce e intransigente critico cinematografico nei «Cahiers du Cinéma» e avere fin da giovane, come si suol dire, indicato la linea, esordiva col botto – e non poteva essere altrimenti – realizzando Fino all’ultimo respiro e dando il via ad una storia di artista mai riposatosi sugli allori, bensì sempre pronto ad abbracciare ogni tipo di innovazione, dotato com’era di un’apertura mentale in grado di accoppiare Mozart e Beethoven con la musica elettronica. Autore di una delle sequenze più poetiche ed evocative di tutti i tempi (la corsa a tre nei corridoi del Louvre in Bande à part del ‘64) a un certo punto della sua vita si era appartato e mandava messaggi sotto forma di film. Come al solito, come sempre, indifferente a ogni cosa, anche al Leone d’Oro vinto nel 1984 e all’Oscar alla carriera del 2011 e interessato a tutto, come dev’essere uno che, camminando, vede un’orizzonte che sa di non raggiungere mai, ma proprio per questo continua a inseguirlo.

Cesare Stradaioli

Fedeltà al paesaggio

L’impegno per la salvaguardia del patrimonio paesaggistico veneto ha caratterizzato la vita e l’opera di Andrea Zanzotto, poeta e scrittore fedele a quel paesaggio che fino a settant’anni fa era ancora quello dei quadri di Giorgione e di Cima da Conegliano, in cui Zanzotto si era immerso, di cui si era quasi ‘ve stito’. Paesaggi che cambiano, rasse gna cinematografica organizzata da Fondazione Benetton Studi e Ricerche, dedicata al poeta veneto, sposa il suo straordinario spirito “resistenza” all’ag gressione del progresso, alla «bruttezza che sembra quasi calata dall’esterno». Per il ciclo autunnale, Paesaggi che cambiano inaugura il cartellone il 12 ottobre con Il monte interiore di Michele Sammarco (2020), storia di un conta dino veneto che per salvare il suo asino malato si reca in pellegrinaggio al san tuario di Sant’Antonio Abate. Mercoledì 26, doppia proiezione con Alpinestate di Michele Trentini (2022) e Saluti dall’An tropocene di Lucas Ackermann (2021) a stimolare una riflessione su quanto siano indispensabili natura e paesaggio alla vita umana. A novembre, proseguono gli appuntamenti, il 9 con il corto Corri spondenze di Marco Zuin e Alessandro Padovani e il film Ha Futura Memoria di Giovanni De Roia; mentre il 15 Chiara Andrich, direttrice del Sole Luna Doc Film Festival presenta Arica di Lars Edman, sullo scandalo dei rifiuti tossici scaricati in Cile dall’industria mineraria svedese Boliden. Il 23 novembre, il regista Giovanni Cioni presenta invece il suo Dal Pianeta degli umani (2021), una storia dimenticata che diventa fiaba fan tastica narrata da un coro di rane. C.S.

Paesaggi che cambiano 2022-23 12, 26 ottobre; 9, 15, 23 novembre

Auditorium Spazi Bomben-Treviso www.fbsr.it

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TALENT SCOUTING

Oltre a una corposa selezione di film “da tappeto rosso” riuniti nella sezione Grand Public (alcuni dei quali di prossima uscita nelle sale, vedi p. 146), la 17. edizione della Festa del Cinema di Roma (13-23 ottobre) sceglie di presentare per la prima volta 12 film in Concorso, scelti dalla neo-direttrice Paola Malanga con l’intenzione di ‘scovare’ registi «che in futuro potrebbero essere scelti dai grandi festival internazionali». Su cinque di questi scommettiamo anche noi.

LA CURA di Francesco Patierno

Una rilettura de La peste sullo sfondo di una Napoli spettrale, svuotata dal lockdown. I disorientamenti rimangono gli stessi, anche se motivati qui dalla reclusione a cui la pandemia ha for zato l’intera città, da Corso Umberto I al Rione Sanità, mentre una troupe si aggira fra le vie desolate per girare un film proprio sul romanzo di Albert Camus.

CAUSEWAY di Lila Neugebauer

Sullo sfondo di un’inedita New Orleans il dramma dei soldati che ritornano a casa portando su di sé i segni della guerra fa emergere anche i motivi che in primo luogo li hanno spinti ad arruolarsi. Un’opera prima che ha già in partenza dei buoni argomenti per farsi notare, uno su tutti la presenza di Jennifer Lawrence nella doppia veste di produttrice e protagonista.

SHTTL di Ady Walter

Mendele, giovane di belle speranze che lavora nel mondo del cinema a Odessa, sta facendo ritorno al suo paese (“shtetl” in yiddish) al confine con la Polonia. In un bianco e nero infra mezzato da sequenze a colori, Ady Walter restituisce il clima che si respira nella comunità ebraica nel giorno che precede l’invasione nazista. L’assenza della “e” nel titolo è un omaggio a La scomparsa di Perec.

RAYMOND & RAY di Rodrigo García

Ethan Hawke e Ewan McGregor interpretano due fratellastri che al momento della morte del padre si vedono costretti ad affrontare vecchi dissidi mai veramente risolti. Il regista-sce neggiatore colombiano Rodrigo García, figlio di Gabriel García Márquez, ha al suo attivo collaborazioni illustri, tra cui quella con Alfonso Cuarón, produttore del film.

JEONG-SUN di Jeong Ji-hye

Fotografata in un momento di intimità, un’operaia di mezz’età si trova disarmata di fronte al diffondersi in rete della propria immagine. Il giovane regista sudcoreano affronta un tema di grande attualità nel suo Paese, dove i cyber-crimini sessuali sono in forte aumento a causa della disparità di genere e della difficoltà da parte delle vittime di perseguire azioni legali efficaci.

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Hotel Cipriani presents an artistic immersion with Galleria Continua curated by Belmond with Hervé Mikaeloff

COOKING THE WORLD

in the gardens of CIPRIANI , a Belmond Hotel, Venice

To book your experience please visit www.belmond.com/cipriani

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Follow The Art PathMITICO

LA POLITICA SPIEGATA AI CITTADINI

Tanti sono gli interrogativi prodotti da un’accelerazione della storia che toglie prevedibilità al futuro, obbligandoci a cercare di indovinare i contorni del mondo che verrà

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Intervista Nicola Pellicani

di Fabio Marzari

In un momento di grande transizione politica, con il Pa ese che ha svoltato in modo netto a destra e con un governo in fase di formazione dai contorni ancora da definire, abbiamo colto l’opportunità di intervistare Nicola Pellicani, deputato uscente del Partito Democratico, giornalista e segretario della Fondazione Gianni Pellicani, per parlare dell’edizione numero 11 del Festival della Politica, in programma a Mestre dal 20 al 23 ottobre. Il festival è promosso dalla Fondazione Pellicani che venne inaugurata alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel marzo 2007, il cui scopo da statuto è proporsi di «favorire la crescita culturale, sociale e politica della collettività, nonché di stimolare la formazione del pensiero politico e l’evoluzione delle tecniche di gestione della cosa pubblica». Ad animare il festival, che ha come titolo La terra trema, 75 ospiti tra i principali protagonisti del panora ma politico-culturale italiano.

Il Festival della Politica 2022 cade in un momento comple tamente nuovo per il Paese. Come può un festival incidere nella coscienza collettiva diffondendo un pensiero critico e partecipato tra i cittadini-elettori?

Occorre precisare da subito che il festival è stato ideato molto prima dell’esito delle elezioni politiche. È stato pensato per avviare un confronto aperto attorno ad un tema così declinato nel suo titolo provocatorio: “la terra trema”. L’intenzione era quella di avviare e di sviluppare una riflessione sulle tematiche legate all’ambiente e ai cambiamenti climatici che stanno sconvolgendo di anno in anno l’equilibrio del nostro Pianeta. Poi è scoppiata la guerra in Ucraina e quindi la terra ha iniziato a tremare davvero e tragicamente, esten dendo così anche sul terreno dell’immediatezza geopolitica il senso primo di questo titolo. Sono tempi molto complicati da decifrare; il festival quindi per noi rappresenta un’occasione di offrire un con tributo plurale a meglio capire il presente e a immaginare il futuro. Questa edizione a poche settimane dalle elezioni costituisce anche un’occasione per capire quale futuro attenda l’Italia dopo il voto che ha segnato un’affermazione netta e chiara della destra, quella vera. Economisti e politologi di diversa estrazione analizzeranno e appro fondiranno i motivi e le ragioni di questa svolta storica. Sono previsti inoltre varie presentazioni di libri, tra cui quello di Michele Santoro. Torna anche quest’anno la Libreria della Politica, in collaborazione con l’associazione dei librai italiani, con cui si è stabilito un rapporto fittissimo di collaborazione. Si potranno qui trovare testi che tradizionalmente non si trovano nelle normali librerie e che sono legati sia agli autori che partecipano agli incontri, che più in generale ai temi del festival 2022: ambiente e cambiamenti climati ci e sconvolgimenti geo-politici. Avremo modo di ricordare alcune figure che hanno segnato profondamente la politica ambientale del nostro territorio, come Maurizio Calligaro, e altre ancora fortemente radicate qui a Venezia che hanno segnato la vita letteraria del nostro Paese, come Daniele Del Giudice. Il festival, per propria natura, da sempre ha cercato di affinare il suo progetto culturale attraverso un approfondimento serio dei temi dibattuti, aprendosi a tutti i punti di vista, invitando i principali protagonisti del dibattito culturale nazionale, di orientamenti politici diversi. Ciò facendo ha però tenacemente cercato di coinvolgere un pubblico largo, andando oltre le ristrette minoranze che hanno consuetudine verso questi temi, assecondando quindi una tensio

ne divulgativa quanto mai necessaria per uscire dalla dimensione autoreferenziale che spesso questi incontri rischiano di avere. Una scommessa non facile da vincere, che però noi intendiamo giocare in maniera sempre più decisa.

I festival solitamente sono molto riconoscibili territorialmente. Cosa manca al vostro ancora per identificarsi pienamente con la città che lo ospita?

Occorre lavorare ancor più duramente per creare una piena iden tificazione con la città di Mestre, questo è sicuro. Il Festival della Politica dovrà diventare il festival di Mestre, come è per Mantova con la letteratura o Modena con la filosofia. Le Istituzioni dovreb bero crederci di più, per poter contribuire fattivamente a farci fare quel salto di qualità in termini di comunicazione che al momento non è stato ancora compiuto. Ciò significa investire maggiori risorse consapevoli dell’importanza culturale e mediatica della manife stazione. Anche perché è del tutto evidente che il festival oltre ad essere un importante appuntamento culturale, rappresenta anche una formidabile opportunità per la promozione del territorio e per l’economia cittadina.

Quali le novità dell’edizione 2022?

Più degli ospiti in sé, che sono come sempre molti e autorevoli (da Cacciari al Direttore di «Repubblica» Molinari, da Ilvo Diamanti a Bergonzoni, da Damilano a Giavazzi, De Romanis, Farinetti, Ghisle ri...), vorrei porre l’accento sulla novità rappresentata dalla maratona sull’alfabeto dell’ambiente, in programma sabato 22 ottobre, in cui 14 relatori tra scienziati, ricercatori, opinionisti si avvicenderanno sul palco del Chiostro di M9 introducendo i temi intorno ai quali si deci derà il futuro del Pianeta, così da comporre una sorta di prontuario di concetti e strategie che ci aiuti a pensare le forme di un nuovo paradigma per la nostra società. Da A come “Alberi” fino a Z come “Zoobiquità”, passando attraverso “Biodiversità”, “Colori”, “Diritti”, “Energia digitale”…: 21 concetti chiave, uno per ogni lettera dell’al fabeto, per guidarci attraverso le sfide del cambiamento climatico e della riconversione ecologica.

Vorrei inoltre ricordare la sezione speciale, curata dal filosofo ed editorialista di «Repubblica» Antonio Gnoli, che nel ciclo di quattro incontri Piccole apocalissi crescono porterà l’attenzione sul senso di smarrimento che pervade la nostra epoca, dominata da sfide e mi nacce sempre più connotate dal senso dell’apocalittico. Il geografo Franco Farinelli analizzerà come la nostra concezione del Pianeta si va modificando alla luce di eventi come la pandemia, la guerra, la questione climatica, la crisi della globalizzazione, mentre lo psicolo go Luigi Zoja racconterà il modo in cui questi stessi processi globali si riflettono sulla psiche individuale e di massa. Con la grecista Eva Cantarella cercheremo nei miti greci le radici più profonde del nostro modo di comprendere e reagire alle accelerazioni storiche. Con l’architetto Mario Botta, infine, discuteremo del futuro della cultura occidentale, sottoposta da lungo tempo a un incalzante processo di “distruzione del sacro”.

Festival della Politica - La Terra trema

ottobre M9, Teatro Toniolo-Mestre

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19-23
www.festivalpolitica.it

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Il fabbricante di emozioni

Emozioni collettive è il filo conduttore del Festival delle Idee 2022, che fino al 23 ottobre con incontri, presentazioni e spettacoli si riversa in città, tra Mestre e Venezia, partendo da M9 – Museo del ‘900, fulcro e cuore pulsante dell’iniziativa. Tra i numerosissimi ospiti e appunta menti in calendario (vedi il programma completo sul sito festivalidee. it), abbiamo avuto l’occasione e il piacere di incontrare lo scrittore spagnolo Juan Gómez-Jurado, uno che di emozioni ne sa davvero qualcosa, autore della trilogia thriller Regina Rossa, Lupa Nera e Re Bianco che è già un caso letterario da milioni di copie vendute in Spagna e sta facendo il giro del mondo, tradotto in 17 lingue, portato in Italia da Fazi editore, e serie già in lavorazione per Amazon Prime, pronta ad eguagliare il successo del ‘fenomeno’ La casa di carta. Nato a Madrid, classe 1977, Juan Gómez-Jurado è giornalista e autore di romanzi di grande successo, tradotti in 40 paesi. Nel 2019 pubblica Regina Rossa primo best-seller della trilogia – li bro più venduto in Spagna sia in quell’anno che nel 2020, rimasto 115 settimane consecutive in classifica – che vede protagonista la coppia di detective che ha conquistato i lettori di tutto il mondo: la geniale Antonia Scott, definita già “l’erede di Lisbeth Salander” o una “Clarice Starling con l’intelligenza di Hannibal Lecter”, e il fedele collega Jon Gutiérrez, gigante buono, poliziotto gay, esilarante mix tra Don Chisciotte e Sancio Panza. Una Madrid contemporanea fa da sfondo, e da ulteriore personaggio, alle indagini di Antonia e Jon, che perlustrano il mistero nelle sue forme più sconfinate. Appassionato di libri fin da bambino, Gómez-Jurado è cresciuto credendo nella magia che si sprigiona tra le pagine, nell’immagina zione, trovando ispirazione per i propri personaggi nelle persone che hanno attraversato la sua vita, a partire da mamma e papà. Un narratore dalla freschezza irriverente, capace di divertire senza mai turbare la gravitas dei suoi thriller, libri da oltre 4oo pagine che si leggono tutti d’un fiato.

Lei è un autore di successo, i suoi libri vendono moltissime copie e sono stati tradotti in più di 40 lingue. Antonia Scott e Jon Gutiérrez sono due personaggi molto familiari per schiere di lettori. Come è nata la sua passione per la scrittu ra e cosa rappresenta per lei scrivere? Quali i suoi riferimenti letterari e i suoi “miti”?

Sono praticamente nato con un libro tra le mani. Ricordo la mia infanzia immersa tra i libri; quando tutti i miei compagni di classe giocavano a calcio, io mi sedevo tranquillo in un angolo del parco giochi a leggere.

Nella mia vita sono sempre stato circondato da donne forti, donne che sono state capaci di arrivare molto lontano con poco, come la mia stessa madre, che tanto mi ha ispirato nella creazione di perso naggi come Antonia Scott, nonostante lei non credesse nella magia dei libri. Mio padre, al contrario, era una persona per cui l’immagina zione era la cosa più importante, ed è sicuramente anche la figura che ha maggiormente influenzato la mia vita. Questa risoluta volontà di fare bene le cose anche quando si ha tutto contro è ciò che mia madre mi ha lasciato ed è probabilmente la lezione più importante che ho imparato da lei. Tutto questo si trasferisce, senza alcun dubbio, nelle pagine dei miei romanzi. Tolkien, Stephen King e Arturo Pérez-Reverte sono i miei massimi riferimenti, i fari che mi hanno guidato nel diventare, o perlomeno nel cercare di diventare, uno scrittore.

L’approdo consequenziale di questa sua trilogia di enorme successo ( Regina Rossa, Lupa Nera, Re Bianco ) è una serie tv per Amazon Prime. Inutile quasi citare La casa di carta, ma sono molte le serie spagnole di successo presenti nelle diverse piattaforme. Quale secondo lei l’ingrediente in più, spero non misterioso come la formula della celeberrima bevanda di Atlanta, che decreta il gradimento del pubblico internazionale per le produzioni made in Spain? Il segreto è il lavoro. In Spagna ci sono dei creativi eccezionali. I professionisti che abbiamo nel nostro Paese non hanno nulla da invi diare (e non è un luogo comune) a nessuna produzione del mondo. Regina Rossa, per esempio, ha avuto un processo di pre-produzio

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LIBRI

Sono praticamente nato con un libro tra le mani. Ricordo la mia infanzia immersa tra i libri; quando tutti i miei compagni di classe giocavano a calcio, io mi sedevo tranquillo in un angolo del parco giochi a leggere

ne molto lungo per una serie in Spagna, più di tre anni, ma sono molto felice per tutti noi, perché l’obiettivo è sempre stato quello di realizzare una serie di grande qualità. Ho avuto l’immensa fortuna di essere presente dalla prima all’ul tima stesura della sceneggiatura, non solo come consulente, ma anche come produttore esecutivo della serie. Una fortuna che pochi autori hanno. Sia Amaya Muruzábal (Dopamine Produc tion) che Koldo Serra (regista) e Adriana Izquierdo (Prime Video Production) mi hanno coinvolto sin dall’inizio in tutte le fasi della lavorazione.

Antonia Scott, la protagonista della trilogia, è una donna forte dotata di un senso logico ferre. È una donna capace di provare anche emozioni? Spesso l’intelligenza di qualcuno provoca negli altri una risposta che è un misto di fascino e rifiuto, ed è proprio questo che ho trovato interessante quando ho creato Antonia Scott. Da bambino un giorno incontrai in spiaggia una ragazza un po’ più grande di me che era davvero molto intelligente. Suo padre veniva di tanto in tanto a porle dei quesiti matematici e lei li risolveva sempre. Ricordo che avere la possibilità di parlare con una persona così in telligente mi ha lasciato completamente ammaliato; ho desiderato, perciò, che questo personaggio fosse esattamente così. L’emozio ne è estremamente soggettiva e non credo che Antonia Scott si emozioni allo stesso modo e per le stesse cose di chiunque altro, ma l’emozione è senza dubbio uno dei suoi tratti distintivi, anche se non si coglie immediatamente.

Chiara Sciascia

REGINA ROSSA

(Fazi, 2021)

Antonia Scott è una donna molto speciale, non è una poliziotta né una criminologa, eppure ha risolto dozzine di casi, ma sta rinchiusa nella sua soffitta, non trova più senso nel vivere. Jon Gutiérrez, 43 anni, omosessuale, ispettore della polizia nazionale a Bilbao, è nei guai, rischia la prigione. A farli co noscere è Mentor, misteriosa figura a capo dell’unità spagnola di Regina Rossa: un programma segreto volto alla cattura di criminali di alto profilo in Europa. Così, loro malgrado, Antonia e Jon si trovano a collabo rare a un caso spinoso in una disperata corsa contro il tempo, fra false piste, pestate di piedi e trappole mortali, attraverso i meandri più oscuri di Madrid.

LUPA NERA

(Fazi, 2022)

Scott e Gutiérrez, vengono nuova mente convocati da Mentor per un caso scottante: la moglie di un im portante tesoriere di un clan mafioso di Malaga scompare il giorno in cui qualcuno tenta di ucciderla in un centro commerciale. Mentre la don na svanisce nel nulla, il marito viene trucidato nella villa della coppia. Jon e Antonio si mettono così alla ricerca della donna, ma scoprono di non essere gli unici, perché anche la Lupa Nera, enigmatica quanto letale sicaria russa al soldo dei mafiosi, sta seguendo le stesse tracce. Sempre alle prese con i suoi demoni, Antonia Scott, questa volta deve affrontare una temibile nemica.

RE BIANCO

(Fazi, 2022)

«Spero che tu non ti sia già dimenticata di me. Giochiamo?». Quando Antonia Scott riceve questo messaggio, sa già benissimo chi glielo ha inviato. Sa anche che questa partita è quasi impossibile da vincere. Ma ad Antonia non piace perdere. Dopo tutto questo tempo in fuga, la realtà l’ha finalmente raggiunta. Antonia è cintura nera nel mentire a sé stessa ma ora è chiaro che se perde questa battaglia le avrà perse tutte. «La regina è la figura più potente sulla scacchiera», dice il Re Bianco. Ma per quanto potente sia un pezzo degli scacchi, non deve mai dimenticare che c’è una mano che lo muove. «Vedremo», risponde Antonia. La fine è solo l’inizio.

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SCEGLIERE

Stiamo vivendo un periodo della nostra vita che ci appare, per la verità, tutto speciale.

Un periodo in cui abbiamo la sensazione che sia più comples so del solito formarci un’opinione, un giudizio. E per definire una nostra idea, quando ci sono tanti elementi, oc corre conoscerne quanti più possibile. Ma questo non è sufficiente: bisogna approfondirli, confrontarli, utilizzare le nostre vecchie espe rienze, non trascurare insegnamenti ricevuti, passati e recenti, e alla fine, però, è necessario scegliere. Sembra facile… Non è un processo semplice. Comporta tanti richiami, forse molti di più di quanti ci possa sembrare a prima vista. Dobbiamo ritornare a insegnamenti ricevuti in famiglia, a scuola, osservazioni anche soltanto accennate dai docenti (talvolta forse qualcuno che abbiamo particolarmente ammirato e stimato da ragazzi ritorna nitido alla mente, anche dopo tanti anni), esperien ze della nostra vita, compagnie degli amici, letture di libri e anche inclinazioni caratteriali. Senza rendercene conto tutti questi elementi ci hanno formato e inconsciamente, in un attimo, ci aiutano e scegliere, optando per una soluzione che ci persuade maggiormente, che ci fa sperare anche di essere in grado di prevedere le conseguenze migliori, le più convenienti o forse anche, talvolta, quelle eticamente più elevate. Uno di quei professori sopra citati, quello che ci insegnava latino, aveva ipotizzato l’etimologia della parola italiana “scegliere” come fosse proveniente dal latino “e-ligere” (portar via dal legamento), slegare. Cioè da una serie di opinioni, apparentemente aggrovigliate, estrarne una in particolare, distinguerla, renderla chiara, sceglierla e, se del caso, farla prevalere. Valutiamo, ad esempio, la scelta apparentemente inconscia di una squadra di calcio per cui fare il tifo: non farebbe eccezione a questo “meccanismo”. La simpatia, l’origine, la città che rappresenta, i colori della maglia, l’ammirazione per un giocatore famoso. Molti altri ele menti possono influire in forma palese o inconsapevole a orientarci verso una certa soluzione. Quante componenti possono determina re una scelta!

Malgrado questo sofisticato procedimento, può capitare di consta tare poi che la nostra scelta risulti sbagliata. Al momento di scegliere forse non abbiamo tenuto conto di tutti gli elementi corretti oppure ne abbiamo sottovalutati altri, oppure non siamo stati in grado di collegarli alle possibili conseguenze.

In questo caso, dobbiamo essere sinceri, possiamo essere in diffi coltà: non sempre ci è possibile un mutamento di rotta oppure ben di rado ci è data una seconda possibilità di scelta. E quanto è diffici le ammettere di aver commesso un errore di valutazione! Quanto ci sembra indecoroso o addirittura umiliante ammettere: ho preso una cantonata, ho sbagliato!

Temiamo di esser giudicati incapaci, inaffidabili, di perdere prestigio. Ma siamo sicuri che sia sempre così? Non è vero forse il contrario?

Il riconoscimento di un errore non è forse indice di una forza non comune, di una dote di equilibrio, di capacità di giudizio oggettivo? Attenzione, però. Il cambiamento di giudizio non deve però sottosta re soltanto a motivi di comodo, non deve essere ispirato a esclusiva utilità. A questo punto non mi dite, sinceramente, di non aver fatto riferimento immediato e spontaneo a quei politici che “saltellano” di sinvoltamente da un partito a un altro per convenienza o da un’idea a un’altra diametralmente opposta o addirittura antitetica, per ragioni di opportunismo.

È corretto allora ricordare che in un paese democratico, le elezioni costituiscono un momento di scelta particolarmente importante. La valutazione delle idee proposte dai candidati, la determinazione della validità delle stesse comporta una valutazione, una scelta, che poi determina l’espressione della propria volontà, cioè il voto. Tutta la nostra vita procede con scelte continue, grandi o piccole, importanti o futili.

Il nostro pensiero può prevalere su quella di un’altra persona o può accettare quelle dell’altro.

Si tratta di un gioco di equilibri che determina il nostro futuro, il nostro destino.

(Non è quindi una cosa di poca importanza!).

Qualche volta di fronte a un problema scomodo o che ci sembra di poca importanza per le conseguenze minime che comporta, possiamo pigramente scegliere addirittura di non scegliere. Tuttavia, malgrado il tentativo di sfuggire alla norma, per essere sinceri, anche questa è una scelta!

Esistono, e non possono esser sottaciute, anche le scelte inconsa pevoli. E non sempre sono di poca importanza.

La scelta del partner qualche volta può essere una di queste. Una miriade di fattori ci conduce, senza rendercene conto, a uno stato di piacevole benessere che non analizziamo sempre a dovere. Il carattere, l’aspetto fisico, l’intelligenza, l’allegria, l’originalità, la fan tasia, il sorriso, la cultura, la sensibilità di una persona ci inducono a frequentarla o a sceglierla come completamento di noi stessi (ho detto sceglierla. Ma qualche volta, non rara, sarebbe più corretto dire: “ad essere scelti!”).

Tutti questi sono fattori molto spesso inconsci, eppure indirizzano e determinano le decisioni. E quanto importanti sono queste decisioni! In momenti come quelli che stiamo vivendo ho ritenuto opportuno approfondire il verbo: “scegliere”. Ma se la mia valutazione, se la mia scelta, se la mia decisione non vi sembrasse corretta, se ho sbaglia to, dopo quanto più sopra ho esposto, per coerenza devo ammette re correttamente il mio errore e rimediare scegliendo un’altra parola per divertirci assieme sul prossimo numero!

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PAROLE a cura di Renato Jona
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A lezione di fantasia

Anche gli adulti amano giocare e lo fanno da sempre. Pare che il gioco più antico abbia 4.500 anni e sia stato inventato dai Sumeri. Oggi uno dei più grandi creatori al mondo di giochi da tavolo è un veneziano, Leo Colovini.

È lui che ha inventato “Inkognito”, “Lex Arcana”, “Cartagena”, “Ca rolus Magnus” e “Clans”, diffusissimi a livello internazionale tanto che alcuni di questi giochi sono arrivati a quasi un milione di copie vendute. Il prossimo anno Colovini raggiungerà un traguardo davve ro invidiabile: uscirà il suo centesimo gioco, coronando un successo planetario frutto di grandi capacità, fantasia, creatività e talento. È socio fondatore della studiogiochi di Venezia, società leader in Italia che si occupa di giochi da tavolo e di editoria enigmistica, oltre a pubblicare libri e a organizzare eventi, tra cui il Premio Archimede, un concorso internazionale dedicato a giochi inediti che richiama centinaia di partecipanti in ogni sua edizione. Colovini ha iniziato ad essere attratto da questo mondo mentre frequentava le scuole medie: aveva solo 12 anni quando incontrò l’americano Alex Randolph, geniale creatore di giochi, che negli anni ‘70 si era trasferito a Venezia. Lo conobbe giocando a scacchi al Cir colo Esteban Canal, rimanendo immediatamente folgorato da quello che sarà per sempre il suo Maestro, colui il quale saprà scoprire ed esaltare le sue capacità, il suo talento. Proprio dal sodalizio con Randolph nel 1988 nasce “Inkognito”, un successo travolgente. Il primo gioco di Colovini come unico autore è “Die Magische Sieben”.

Lascia presto il lavoro in banca, si laurea in Storia e si dedica piena mente alla sua grande passione, che gli dona un enorme riscontro di critica e di pubblico. La sua carriera è costellata di premi vinti e di libri pubblicati.

In un mondo digitale, dove tutto è veloce, lei non propone nulla di elettronico, ma lavora con carta, dadi, pedine, tabelloni per un intrattenimento che unisce la famiglia, il gruppo di amici, in controtendenza con l’individualismo dei videogio chi. Crede ci sarà sempre spazio per i giochi da tavolo?

Il gioco da tavolo e i videogiochi hanno in comune solo la parola “gioco”. In realtà si tratta di due settori nettamente distinti sia per pubblico, che soprattutto per modalità di creazione e di produzione.

Il gioco da tavolo è rivolto alle famiglie, agli amici, a persone che amano trascorrere il loro tempo in compagnia di altre persone, im pegnandosi in un’attività stimolante e prevalentemente intellettuale.

I videogiochi sono fruiti in maggior parte da persone che amano tra scorrere il loro tempo da soli, davanti al computer, impegnandosi in

attività che stimolano più che altro la loro capacità di reazione, abilità manuali e più raramente intellettuali.

Dal punto di vista creativo siamo due pianeti diversi: il gioco da tavolo è prevalentemente un lavoro di una o due persone, con l’aiuto di qualche playtester occasionale, dal budget sostanzialmente irrile vante. I videogame sono imprese che impegnano decine di persone con budget sostanziosi. Possiamo paragonare i giochi da tavolo ai libri e i videogame al cinema.

Quindi, rispondendo alla sua domanda, penso ci sarà sempre spa zio per i giochi da tavolo, sì, perché ci saranno sempre persone che ameranno stare in compagnia per mettere alla prova le proprie ca pacità intellettuali e strategiche o anche semplicemente per divertirsi assieme in modo più stimolante di quanto non sia stare semplice mente seduti attorno a un tavolo a bere qualcosa e chiacchierare.

Lavorare con i giochi suona quasi come un ossimoro. Qual è la dote più importante per chi fa il suo lavoro?

Fantasia e creatività e, come in tutti i lavori, anche un bel po’ di “mestiere”. Bisogna sapere come mettere in pratica le proprie idee creative costruendo un meccanismo di gioco che funzioni e che valorizzi appieno l’idea. Gli autori principianti tendono, ad esempio, a coprire le loro idee, magari bellissime, con sovrastrutture troppo complesse e inutili.

Tra tutte le sue ‘creature’, di quale gioco è più orgoglioso? Domanda a cui è davvero difficile rispondere, come chiedere a quale figlio si vuole più bene. Tuttavia, se proprio dovessi scegliere, direi probabilmente “Cartagena”.

La sua società, studiogiochi, ha istituito un concorso internazionale. Come è nata l’idea del Premio Archimede?

Il Premio Archimede nasce come rassegna dimostrativa nel 1992 durante il Festival dei Giochi a Gradara. Fu un’intuizione del mio socio, Dario De Toffoli, che capì che esistevano moltissime persone con delle buone idee di giochi, ma prive sia di mestiere per svilup parle che di agganci utili per provare a trovare editori interessati al loro lavoro. Il Premio ora è diventato una realtà davvero importante a livello internazionale, tanto che sono gli editori stessi a sponsoriz zarlo, perché sanno che quando arriveranno a Venezia a provare i giochi selezionati potranno trovare dei potenziali grandi successi. L’ultima edizione, che avrebbe dovuto svolgersi nel 2020 ed è stata rinviata al 2021, comunque senza pubblico per via della pandemia,

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GIOCHI

Il gioco, come la pittura, la scultura e la musica, è inutile, ma necessario, e quindi si tratta di una forma d’arte

è stata un grandissimo successo: 236 prototipi e ben 7 giochi tra i finalisti hanno trovato un editore. I primi giochi, tra cui il vincitore “Overbooking”, verranno già presentati alla prossima fiera di Essen a inizio ottobre.

Alla nuova edizione, la cui finale si terrà nel 2023, si sono già iscritti una ventina di partecipanti. Per un autore di giochi è una vetrina di altissimo livello perché i membri della giuria finale sono i redattori dei principali editori di tutto il mondo, dagli USA alla Corea, dall’Olanda alla Germania, dalla Francia all’Austria e ovviamente all’Italia.

Dove trova ancora la fantasia per inventare sempre nuovi giochi?

Le idee vengono in modo naturale. Tuttavia se con il passare degli anni diventa sempre più difficile avere idee fresche e originali, aumenta in compenso l’esperienza e la capacità di discernere tra le idee buone e quelle meno, tra quelle realizzabili e quelle che difficil mente lo sono.

Spesso i suoi giochi sono caratterizzati da temi storici, da ambientazioni che vanno dai tempi di Alessandro Magno a quelli di Carlo Magno. Non a caso lei è laureato in Storia. Qual è il suo periodo storico preferito? Pensa che perderebbe fascino un gioco che attingesse solo dalla realtà, dal presente?

La storia offre spunti sempre molto interessanti e di grande fascino. Va anche detto che i giochi che creiamo noi fanno parte del genere “European games”, quindi non sono giochi di simulazione e l’am bientazione è nella maggior parte dei casi un vestito per rendere più accattivante il meccanismo di gioco. L’ambientazione storica più facile e affascinante è quasi sempre quella medioevale. Castelli, guerrieri, mura, commerci, esplorazio ne, magia, sono tutti elementi di grandissimo fascino, ma al tempo stesso sono familiari a tutti. Fanno viaggiare con la fantasia in mondi incantati con maggior immediatezza. Altre ambientazioni come la fantascienza, o altri periodi storici meno noti, sono più difficili da far digerire al grande pubblico. Lo stesso vale per gli argomenti di attualità o troppo legati alla realtà: quando gioco mi piace pensare di essere l’imperatore del mondo, non un esattore delle tasse, un gran de esploratore, non un postino (con tutto il rispetto per il postino).

Si dice che “Inkognito” sia ispirato al Carnevale. Ma ci sono anche altri titoli, come “Doge” o “Marco Polo”, che mostrano come Venezia sia spesso la protagonista delle sue creazioni. La Serenissima rimane sempre una grande fonte di ispirazio ne? Crede che sarebbe stato diverso l’esito della sua carrie ra se non fosse nato e vissuto in questa città davvero unica?

Venezia è un’opera d’arte unica al mondo e come tale non può non ispirare qualsiasi artista, compresi noi cultori di questa particola re forma d’arte che è la creazione di giochi. Non vorrei sembrare presuntuoso nel definirmi ‘artista’, ma, come diceva Alex Randolph, «il gioco, come la pittura, la scultura e la musica, è inutile, ma necessario, e quindi si tratta di una forma d’arte». E non è quindi un caso se Randolph scelse Venezia come sua dimora, dopo aver vissuto in giro un po’ per tutto il mondo. E non è tantomeno un caso se studiogiochi ha sede a Venezia e se, sempre a Venezia, abitano altri due autori di giochi conosciuti in tutto il mondo come Francesco Nepitello e Marco Maggi.

Come ambientazione per un gioco poi è una città perfetta: ha una storia millenaria, è misteriosa, le sue strade sono un piano di gioco naturale, anzi, le vie di terra e di mare sono due labirinti sovrapposti. Inoltre è conosciuta e amata da chiunque nel mondo. Uscirà a breve per un editore tedesco un mio nuovo gioco ambien tato a Venezia, una sorta di “escape room” tascabile, basato proprio sui luoghi e i personaggi della storia di Venezia. Il gioco successivo della serie era stato pensato e costruito basandosi sui bellissimi musei di Berlino. L’editore però ha preferito mantenersi sul generico, senza ambientare davvero il gioco nella Capitale tedesca, perché Berlino non è Venezia! E l’editore, sottolineo, è tedesco. Questo per dire che cosa susciti questa città irripetibile nell’immaginazione di chiunque spenda il suo impegno, il suo lavoro sul terreno della creatività. Elisabetta Gardin

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www.studiogiochi.com

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LIBRI Pensieri di un pittore di storie Dino Buzzati, la scrittura e l’arte

Sono trascorsi cinquant’anni dalla morte di Dino Buzzati, una delle figure più alte nel panorama culturale del Novecento italiano. Talento poliedrico, scrittore, drammaturgo, poeta, giornalista e persino pitto re, ispirandosi al mito di Orfeo e Euridice realizzò la prima graphic no vel pubblicata in Italia, così diceva di sé «che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie». Autore ingiustamente oggi un po’ dimenticato, vincitore del Premio Strega nel 1958, viene spesso accostato a Kafka. Con Calvino è considerato il maestro del “realismo magico” e del fantastico. Ci ha lasciato una grandissima eredità e andrebbe riscoperto dai giovani e dai bambini, a cui ha dedicato bellissimi racconti. Proveniva da una ricca famiglia alto borghese, profondamente catto lica. Era nato nella antica villa di San Pellegrino, a due chilometri da Belluno, dove trascorse poi tutte le estati. Ricevette un’educazione molto rigida; fin da piccolo amava leggere e fu sempre uno studente molto brillante, creativo. Studiò al Liceo Parini a Milano, per laurearsi poi in Legge. A 56 anni sposò la giovane modella Almerina Antoniaz zi, che dopo la morte del marito divenne custode attenta, capace e generosa di tutte le sue opere.

Esperto scalatore amò tantissimo la montagna, soprattutto le ‘sue’ Dolomiti. Altra sua grande passione fu la pittura. Sempre elegan te, dai modi raffinati, schivo, molto riservato; si definiva “timido”, certo era un uomo di poche parole, dai lunghi silenzi. Non amava la mondanità, ma forse quell’aspetto così severo, taciturno, celava umorismo, autoironia e anche un’inquietudine diffusa che non gli dava pace.

Era entrato poco più che ventenne al «Corriere della Sera»: ci rimase per quarant’anni. Dal 1950 al 1963 fu anche vicedirettore della «Do

menica del Corriere». Definiva il giornalismo “meraviglioso mestiere”, il suo settore preferito era la cronaca nera. Probabilmente sono state le tante ore trascorse in redazione, le pause, il vuoto in attesa della grande occasione che non arrivava, a suggerirgli il Deserto dei Tartari, uno dei più significativi romanzi italiani del Novecento. L’opera di Buzzati è infatti sempre alimentata e ispirata dalle sue vicende personali: impossibile separare l’uomo dall’artista, la sua complessa personalità e le esperienze vissute affiorano in tutti i suoi lavori. La sua arte era intrisa dalla storia della sua vita; ad esempio il romanzo Un amore è lo specchio del suo tormentato legame senti mentale, così come Il reggimento parte all’alba parla della sua ma lattia, della morte che stava sopraggiungendo e che non gli avrebbe permesso di terminare il libro, pubblicato postumo.

Il suo esordio come romanziere è del 1933 con Bàrnabo delle mon tagne e due anni dopo pubblicherà Il segreto del Bosco Vecchio Entrambi i romanzi sono diventati film, il primo con la regia di Mario Brenta e il secondo firmato da Ermanno Olmi. Anche la sua opera più famosa, Il deserto dei Tartari, vedrà una trasposizione cine matografica diretta da Valerio Zurlini con un cast stellare: Max von Sydow, Vittorio Gassman, Giuliano Gemma, Fernando Rey. Questo adattamento cinematografico era un progetto a cui Buzzati teneva moltissimo, ma purtroppo morì prima che l’opera fosse completata. Il romanzo s’incentra sul protagonista, il tenente Drogo, ed è la me tafora di un’esistenza incompiuta, oppressa da un’attesa logorante, carica di angoscia e insoddisfazione.

Il giornalista Lorenzo Viganò ha da poco pubblicato per Mondadori Buzzati. Album di una vita tra immagini e parole, in cui racconta la vita e le opere dello scrittore bellunese attraverso documenti, foto, lettere, pagine di diario. Abbiamo chiesto al Sindaco di Belluno, Oscar De Pellegrin, cosa rappresenta Dino Buzzati per la sua città: «Buzzati incarna l’anima più autentica del bellunese, inteso come territorio e come spirito. Schivo, silenzioso, riflessivo, amante della montagna e delle lunghe escursioni, lo scrittore, pur essendo vissuto per gran parte della sua vita a Milano, aveva in sé i caratteri della nostra terra, a tratti aspra ma generosa e capace di sorprendere. E a Belluno d’altra parte, lo sappiamo, ha trascorso molte estati, qui aveva la casa di famiglia e amici.

Buzzati era così, un bravissimo scrittore di rara sensibilità ma che ha fatto poco parlare di sé. Ha pubblicato i suoi libri senza clamore e fino a qualche anno fa in molti non sapevano della sua ottima vena artistica, delle sue opere pittoriche».

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© Archivio Eredi Buzzati
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La bellezza del remo Venezia raccontata dai Gondolieri

Maglia a righe bianche e rosse, pantaloni neri, cappello di paglia: la divisa del gondoliere è inconfondibile, un simbolo di Venezia e della sua storia. Mestiere antico, orgoglio della Serenissima quando ogni famiglia nobile aveva il suo gondo lier de casada, ritroviamo gondole e gondolieri nei capolavori di Carpaccio, Bellini, Veronese, dei vedutisti del ‘700 come Canaletto, che li ritrae nei suoi meravigliosi scorci veneziani. Il nome dell’imbarcazione forse deriva dal latino “cuncula”, conchiglia. Quello in gondola rimane indubbiamente il giro più iconico, desiderato, direi imperdibile, per migliaia di coppie innamorate che giungono a Venezia da ogni parte del mondo.

Dai due gondolieri raccontati sul grande schermo da Dino Risi, nell’esilarante Venezia, la luna e tu, tutto è cambiato. Oggi in città i gondolieri sono circa 600, rappresentano anco ra la tradizione, ma sono proiettati verso il futuro con entusia smo e dedizione al loro lavoro. I Bepi e Toni dei nostri giorni si scontrano con nuovi, preoccupanti problemi: l’enorme traffico nei canali, la sicurezza, la tutela della città, l’inquina mento, il moto ondoso. Non possiamo dimenticare che ogni giorno quasi 1400 imbarcazioni dedicate alle merci solcano rii e canali; a queste si sommano i mezzi riservati al trasporto delle persone, la flotta Actv e i taxi, e infine i mezzi privati. Il moto ondoso è, quindi, una delle priorità assolute da affrontare e da risolvere in questa a dir poco complessa città. I traghetti con le gondole rappresentano un piccolo significativo deterrente a questo problema che provoca dissesti in tutto il delicato sistema lagunare. I traghetti da parada oggi sono pochi, ma anticamente ce n’erano almeno dodici. Si tratta di un servizio per trasportare le persone da una parte all’altra del canale e agevolare quindi l’attraversa mento veloce della città. Proprio partendo da questo insolito trasporto pubblico e dal punto di vista di chi vive ogni giorno la città sempre dall’acqua, dopo un lungo lavoro fortemente voluto dall’ex Presidente dei Bancali Aldo Reato, supporta to da tutta l’Associazione Gondolieri e dal suo Presidente Andrea Balbi, è nata l’idea di una nuova pubblicazione dal titolo Venezia. La Guida ufficiale dei Gondolieri. Il volume ci fa conoscere itinerari particolari, luoghi interessanti, spesso insoliti, ricchi di storia e di fascino. Edito da Linea d’Acqua in collaborazione con Terrazza Aperol, è stato già tradotto in inglese e in francese. Si sta ora già pensando alle traduzioni riservate ai numerosi turisti che giungono dall’Oriente. Sono cinque i capitoli dedicati ad altrettanti percorsi: Santa Sofia – Mercato di Rialto; Riva del Vin – Riva del Carbon; Sant’Angelo – San Tomà; Santa Maria del Giglio – Salute; Parada Dogana – San Marco. A questi si aggiungono due iti nerari che vanno oltre San Marco verso le isole. Ad ogni per corso vengono dedicati approfondimenti sui luoghi da visitare con diverse curiosità, prendendo in esame anche le realtà commerciali di tradizione e l’artigianato di qualità. Insomma un vero e proprio omaggio a Venezia e alla sua unicità.

Incontriamo gli artefici di questo progetto Andrea Balbi, Presidente dell’Associazione Gondolieri, e Aldo Reato, ex Presidente dei Bancali, oggi consigliere comunale.

Qual è il percorso da non perdere tra quelli consigliati dalla vostra Guida?

A.B. Sono tutti bellissimi, non è facile sceglierne uno, perché in ognuno di essi c’è qualcosa di speciale che li rende unici e interessanti.

Siete stati molto in affanno a causa del lockdown, avete vissuto un periodo difficilissimo, oggi la città è nuovamente traboccante di turisti, come stanno andando le cose?

A.B. Abbiamo passato due anni difficilissimi, sì! Anche quest’anno fino a maggio la città era ‘vuota’, poi da giugno sono ritornati i turisti. Siamo anco ra lontani dai numeri pre-Covid, ma per fortuna si lavora. Siamo felici di aver ripreso la normalità.

Cosa vi preoccupa di più nel vostro lavoro e che soluzioni proponete.

A.B. Le cose che ci preoccupano di più in questo momento sono le possibili restrizioni, perché limiterebbero gli arrivi e per questo non ci sono soluzioni, e il moto ondoso, che crea grandissimi problemi alla sicurezza nostra e dei nostri passeggeri e, cosa più grave, distrugge la nostra bellissima città. La soluzione a questo problema è più controllo da parte delle forze di polizia e una presa di responsabilità da parte di chi porta le imbarcazioni a motore.

Le guide dedicate a Venezia sono tantissime. Che cosa ci offre di nuovo e in più la vostra?

A.R. La nostra Guida indica ai visitatori della città i percorsi per raggiungere i 5 traghetti da parada, riscoprendo questo antico servizio e dando la possi bilità a tutti di raggiungere luoghi meno conosciuti, ma non per questo meno interessanti, semplicemente camminando e salendo su una gondola per attraversare il Canal Grande, senza essere costretti a prendere mezzi pub blici affollati che portano sì a destinazione, ma di fatto non ti fanno “vivere la Venezia che ti fa sognare”, quella delle calli e dei campielli.

Tra i vari itinerari proposti dalla vostra guida qual è il suo preferito?

A.R. Personalmente non ho un itinerario preferito per il semplice fatto che camminare per la mia Venezia mi emoziona ogni giorno e mi fa scoprire sempre qualcosa di “magico”.

Quando salgo sulla gondola da traghetto penso sempre che sia un’espe rienza a dir poco straordinaria. Elisabetta Gardin

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www.veneziadeigondolieri.it
GUIDE

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CI SI VEDE TRA LE STELLE

La cucina è un pensiero lento e un’esecuzione veloce

Massimo Bottura

Abbiamo posto lo sguardo in varie occasioni sulla mostra Gusto! Gli italiani a tavola 1970-2050 e ne abbiamo sempre tratto spunti interessanti di approfondimento. Il gran finale, nell’ulti mo periodo della mostra con Chef on Chef. Il Gusto del dialogo nei giorni 7 e 13 ottobre – una doppia conver sazione tra Antonia Klugmann con Massimiliano Alajmo e Massimo Bottura con Niko Romito – rappresenta l’apoteosi di un importante impegno profuso da M9 nel diffondere la cultura del nostro presente attraverso una ricerca sul come eravamo, come siamo e soprattutto come saremo, dal punto di vista delle abitudini alimentari. In un periodo assai angosciante e colmo di interrogativi quasi ontologici, la profonda leggerezza di un dialogo con quattro protagonisti tra i più blasonati del mondo, pardon dell’empireo, della cucina ai suoi livelli apicali, diviene un necessario rifugio tra le idee rivoluzionarie di questi filosofi del cibo, che sembrerebbero nati per parlare allo stomaco, mentre in realtà nutrono il cervello e accarezza no l’anima con le loro raffinate lavorazioni della sempli cità. Parliamo di Re Mida degli ingredienti, che sanno trasformare in oro ogni singolo dettaglio di una ricetta e collocare i valori della tavola secondo le giuste classifica zioni anche ideali, aedi di un mondo aperto, di contami nazioni formidabili e di mescolanze in grado di suscitare il risveglio di ancestrali ricordi che le nostre omologazioni banali del gusto avevano tristemente sepolto.

Ho la fortuna di aver sperimentato più volte il modus operandi di due dei quattro Paladini del Gusto e trovo esaltante la loro abilità di avvicinare i pensieri all’azione della creazione di un piatto, pur essendo un renitente all’assaggio inconsapevole. Le stelle Michelin non sono solo il riconoscimento di un talento fuori dal comune, riportano un’idea di ricchezza dei sapori che si alimenta di un pensiero raffinato e complesso, come le specula

zioni di un filosofo che racconta le percezioni semplici attraverso un ragionamento strutturato, non per com plicare la realtà, piuttosto per esaltarne la complessità nell’apparenza di un percepito quasi ovvio. Fuor di metafora se ci si trova seduti a Rubano (Pd) alle Calandre o a Modena alla Francescana l’immersione sensoriale è totale, e queste esperienze non sono volgari ostentazioni di un potere economico, al contrario sono “umili” omaggi all’esaltazione di una infinita varietà di sfumature che i nostri sensi ci permettono di frequentare, spingendoci a non abdicare mai alla navigazione nel gusto, partendo dalla riconoscibilità.

Lo chef stellato porta con sé un’aura quasi misteriosa, lo si immagina o come uno scienziato chiuso nel suo laboratorio a compiere strani esperimenti, inseguendo la pietra filosofale, oppure come un irascibile comandante capriccioso a capo di una schiera di tremebondi e devoti sottoposti, vessati di continuo. Forse ci sarà pure un fondo di verità nelle leggende ed è bello anche poterlo pensare, ma la realtà è molto diversa, stare in cima è faticoso e non ci si improvvisa numeri uno, forse si nasce tali o si è fortemente predestinati.

Doppiamente interessante quindi poter assistere al dia logo a più voci sul tema: cucina italiana, rapporto con il territorio, processo creativo, sostenibilità, paure e sogni. Nello specifico l’incontro Alajmo/Klugmann ha come tema principale la cucina del Nord-Est e la condivisio ne delle rispettive esperienze in Laguna. Il confronto Bottura/Romito è, invece, la prima occasione di incontro tra quelli che sono universalmente considerati i due più significativi rappresentanti della cucina italiana contem poranea.

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Chef on Chef. Il Gusto del dialogo 7, 13 ottobre Auditorium M9-Mestre www.m9museum.it

Massimiliano Alajmo. Padovano, nato nel 1974, insieme al fratello Raf faele e alla sorella Laura rappresenta la terza generazione di una famiglia di ristoratori. Le Calandre è il suo laboratorio di ricerca, cuore pulsante del Gruppo Alajmo insignito, nel 2002, con le tre stelle Michelin che hanno reso Max, a soli 28 anni, il più giovane chef al mondo a ottenere questo prestigioso riconoscimento. Il Gruppo è attualmente composto da 15 risto ranti localizzati tra Padova, Venezia, Roncade (Treviso), Parigi, Marrakech e a breve Cortina. Comprende inoltre un’ampia struttura di produzione e spazio di ricerca e sviluppo denominato “Mamma Rita Lab”, una linea di design, di gastronomia e di eventi e la onlus “Il Gusto per la Ricerca”, fondata nel 2004 da un’idea dei fratelli Alajmo per promuovere l’impegno sociale e sostenere la ricerca scientifica. Nel 2022, a vent’anni dalla terza “stella”, Alajmo ottiene un ulteriore, importante riconoscimento con l’inseri mento al decimo posto nella classifica “World’s 50 Best Restaurants”.

Antonia Klugmann. Nata a Trieste nel 1979, ma friulana d’adozione a tutti gli effetti. La cucina che propone è infatti legata al territorio in cui i ristoranti erano e saranno situati, ma anche ai ricordi personali legati alle materie prime e agli ingredienti. Una ricerca costante di nuovi accosta menti e sensazioni e non di una rivisitazione della tradizione. Apre a fine 2014 L’Argine a Vencò, a Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia, a pochi chilometri dal confine sloveno. Il menù del ristorante cambia con il susseguirsi delle stagioni ed è caratterizzato da un rimarchevole contribu to vegetale. Le materie prime, mai rare, sono quanto più possibile locali, nella ricerca costante di una maggiore sostenibilità. Una cucina personale e mai statica, come il territorio da cui trae ispirazione, tesa a valoriz zare, grazie alla sensibilità del cuoco e all’uso della tecnica, ogni parte dell’ingrediente. Dal 2015 il ristorante si è sempre aggiudicato una stella Michelin. Antonia Klugmann è uno dei 9 chef italiani inseriti nella lista “The Best Chef Top100”.

Massimo Bottura. Nato a Modena il 30 settembre 1962, è Chef Patron di Osteria Francescana, Fondatore Food for Soul e UNEP Goodwill Ambassador, una delle figure più innovative e influenti del panorama gastronomico mondiale. Nel 1995 apre l’Osteria Francescana a Modena. I numerosi riconoscimenti del ristorante – tre stelle Michelin nel 2012 e il primo posto nella classifica “The World’s 50 Best Restaurants” nel 2016 e nel 2018 – contribuiscono ad affermare la reputazione di Bottura a livello globale. Negli anni nascono altri progetti che oggi fanno parte del Gruppo Francescana: in Italia, Franceschetta58, il Cavallino, Gucci Osteria Firenze e la guesthouse Casa Maria Luigia, mentre nel mondo, Torno Subito a Dubai e Gucci Osteria a Beverly Hills, Tokyo e Seoul. Nel 2015 insieme alla moglie Lara Gilmore fonda Food for Soul, associazione non-profit volta a contrastare lo spreco alimentare e l’isolamento sociale. A riconoscimento dell’impegno umanitario e ambientale, nel 2020 Bottura viene nominato Goodwill Ambassador per il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente e Osteria Francescana ottiene la stella verde Michelin.

Niko Romito. Nato a Castel di Sangro (L’Aquila) nel 1974, dal 2000 gesti sce con Cristiana Romito il ristorante Reale. Cuoco autodidatta, profonda mente legato al suo Abruzzo, Niko Romito ha iniziato il suo percorso nella ristorazione a Rivisondoli, nell’ex pasticceria di famiglia, divenuta trattoria. Nel 2011 il ristorante Reale viene trasferito a Casadonna, un ex monastero del ’500 a Castel di Sangro, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Casadonna diventa la “casa” del nuovo ristorante Reale insieme a 10 camere di charme per gli ospiti e una scuola di cucina professionale (Accademia Niko Romito). Attraverso una ricerca incessante, Romito percorre la strada dell’essenzialità, dell’equilibrio e del gusto. Il ristorante Reale ha raggiunto le 3 stelle Michelin in soli sette anni e oggi è 15mo nella classifica dei 50’s Best Restaurant’s Awards e 14mo chef del mondo per The Chef’s Awards.

123 I PROTAGONISTI
© Mattia Mionetto © Marco Poderi
© Andrea Straccini
A TRIUMPH OF EXCEPTIONAL TASTE A delightful tasting journey of indigenous and seasonal ingredients, and aromas that recall the city’s heritage trade routes. Join us at Restaurant Terrazza Danieli for a new era of Venetian culinary tradition, refined blend of taste, beauty and style. FOR RESERVATIONS, PLEASE CALL +39 041 522 6480 OR VISIT TERRAZZADAIELI.COM ©2022 Marriott International, Inc. All Rights Reserved. All names, marks and logos are the trademarks of Marriott International, Inc., or its a liates. THE LUXURY COLLECTION HOTELS & RESORTS TERRAZZA DA NIELI REST AU R ANT

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Tanto di Cappello

Il 15 ottobre si disputa la nona edizione della Venice Hospitality Chal lenge, un’importante competizione velica che è cresciuta negli anni, sostenuta da sempre e vissuta in prima persona dai rappresentanti dell’alta hôtellerie veneziana, che con l’indispensabile supporto di skipper di fama internazionale, cui è demandata la parte prettamen te tecnica e agonistica, si contendono il Cappello del Doge, che per la sfida 2022 è stato realizzato dalla vetreria muranese CAM. Sono l’Hotel Excelsior, JW Mariott, Ca’ di Dio VRetreats, Londra Pa lace, Hotel Danieli, Bauer Palazzo, St. Regis, The Gritti Palace, SINA Centurion Palace, Palazzina Grassi, Ca’ Sagredo, Hotel Cipriani, Hilton Molino Stucky nonché Raffaele Alajmo, a nome della famiglia di ristoratori, cui quest’anno si sono aggiunti tre team: il Città di Venezia/Salone Nautico, che si avvale delle prestazioni del Moro di Venezia, la Scuola navale “Morosini”, rappresentata da New Zealand Endeavour, e lo Yacht Club Venezia, padrone di casa, che può fare affidamento sull’apporto di un’altra imbarcazione che ha fatto la storia della vela contemporanea, ovvero Kiwi.

La partenza è prevista per le 13.30 dal Bacino di San Marco: il percorso prevede un primo giro di boa al Lido e poi un altro alla Giu decca, con arrivo fissato nuovamente a San Marco, con premiazioni programmate per le ore 17 alle Zattere. Il pubblico al solito può seguire la regata dalle rive del bacino di San Marco, da Punta della Dogana, dalla Giudecca e dalle Zattere. Il presidente dello Yacht Club Venezia, Mirko Sguario ha dichiarato: «Sono particolarmente felice perché questa manifestazione, nata nel 2014, da una mia idea – ovvero quella di unire la tradizione mari nara della città e l’ospitalità d’eccellenza veneziana, è rapidamente cresciuta nel tempo, anche grazie alla collaborazione del Salone Nautico, dell’Amministrazione Comunale, dell’Autorità di Sistema Portuale e della Marina Militare confermandosi come una regata uni ca al mondo non solo per la spettacolarità, ma anche per le difficoltà tecniche: con barche di queste dimensioni gli equipaggi devono affrontare spazi ristretti e se poi consideriamo che rispetto alla prima edizione le imbarcazioni sono più che raddoppiate, ora si tratta di una vera e propria sfida di abilità fra fuoriclasse!» Marzio Fabi

Metti una sera a cena

Del lavoro artistico dell’indiano Subodh Gupta nei giardini Casa nova del Belmond Cipriani avevamo avuto già modo di parlare, raccontandone il messaggio poetico che parte da un semplice strumento come una pentola che è presente in ogni casa, e rimanda essa stessa ad una qualche idea di focolare domestico, come si sarebbe detto in tempi passati. Non avrei mai sospetta to di avere la fortuna di cenare dentro quella casa così buffa, che pare atterrata per caso in quell’incantevole giardino quasi ada giato sulla Laguna. Un invito ricevuto parlava genericamente di un aperitivo di benvenuto cui sarebbe seguita una performance di arte contemporanea all’interno di Cooking the World. A onor del vero meriterebbe più di un plauso l’aperitivo di benvenuto servito al Porticciolo, in perfetta aderenza alla cucina di Riccardo Canella, in grado di entusiasmare anche nella semplicità di un canapé, ma questa volta è Gupta che ha saputo lasciare i pochi fortunati ospiti letteralmente a bocca aperta.

Arrivati alla casetta di pentole, lo stupore di trovare l’Artista ai fornelli con dei collaboratori pronti a servire direttamente la cena, rigorosamente indiana, raccontando col sorriso i vari piatti, come uno chef consumato è stato davvero grande. Non capita sovente di essere serviti da uno degli artisti più importanti del panorama mondiale, ma soprattutto è come, mutatis mutandis, se Michelangelo mi avesse chiesto di porgergli della polvere di cocciniglia per preparare del colore!

Posso dire di aver vissuto un’installazione-opera artistica nel suo significato più profondo, un tableau vivant commestibile in cui il pensiero e la sensibilità divengono nutrimento non solo metafo rico. Ahimé debbo auto-denunciarmi nell’essere ostinatamente legato alla mia ristrettezza mentale che implica una scarsità di assaggi di cibo ignoto, quindi ho contrapposto alla gentilezza e disponibilità del maestro Gupta la mia buffa gagliofferia con cui cercavo di nascondere il cibo non consumato, creando una tavolozza pasticciata che benché agitata mai si sarebbe decom posta allo sguardo, ma tant’è, conta l’esperienza vissuta e non il cibo ingerito. Vedendo un’opera d’arte diventare funzionale ad un utilizzo reale è come se mi fossi seduto al bar di Hopper, ma per davvero.

F.M.

Subodh Gupta. Cooking the world Fino 19 novembre Giardini del Cipriani, A Belmond Hotel, Giudecca belmond.com/cipriani

www.galleriacontinua.com

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EXPERIENCES
Venice Hospitality Challenge 15 ottobre www.facebook.com/VeniceHospitalityChallenge
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r eservations

Tre di tutto

L’autunno a Venezia presenta tre imperdibili appuntamenti con la tradizione dolciaria, come se i mesi precedenti o seguenti non offrissero delle occasioni per i golosi! Però l’inizio del mese parte con le imperdibili fave del giorno dei Morti, l’11 novembre con il San Martino di pasta frolla, sine qua non e il 21 per la Festa della Salute l’immancabile cioccolata calda con la panna.

Sensi di colpa a parte, le tradizioni contano e specie in un periodo di grande e autentica sofferenza come il presente, dei piccoli gesti di dolcezza verso sé stessi e chi ci è vicino, possono dare qualche percettibile momento di felicità. Le fave dei morti sono un dolce tipico veneziano che affonda le proprie origini in un’antica tradizione, ricordata sin da Plinio nell’antica Roma in cui le fave erano ritenute un “incantesimo protettore”, simbolo dei morti e della loro prosperità. Hanno sostituito le fave arrostite che si mangiavano in passato in occasione della ricorrenza del giorno dei Morti, il 2 novembre. Le autentiche fave dovevano essere confezionate con i soli pinoli perché le mandorle le rendevano più pesanti. Oggi si trovano comunemente in entrambe le versioni nei tipici tre colori: marro ne, pesca e panna. Altro must è il cavallo di San Martino, un delizioso biscottone di pasta frolla riccamen te decorato con cioccolatini e confetti colorati, a foggia del Santo a cavallo con l’elsa rivolta verso l’alto. Una festa fortunatamente ancora sentita in città, con i pochi bambini abitanti rimasti felici di girare per strada chiedendo una moneta o un dolcetto ai passanti e nei vari negozi, accompagnati dal fragoroso rumore di pentole usate come tamburi, intonando in coro una simpatica filastrocca in cui si narrano le gesta del Santo in chiave veneziana. Spesso ci si scorda che la chiesa di San Martino Vescovo a Castello conserva alcune reliquie del Santo: un drappo del mantello, un osso del dito e una tibia. E anche qui c’è una interessante storia di sfondo: la tibia del Santo di Tours era stata ceduta alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista nel XVI secolo, in cambio di un aiuto econo mico per il restauro della Chiesa, con la promessa, però, di riportarla ogni anno nella sua sede originaria con una lunga processione che attraversava Venezia, da San Polo fino a Castello. Viva viva San Martin!

La cioccolata calda con gli sbuffi di panna accompagnata da qualche baicolo è la neces saria conseguenza premiale del gesto di devozione alla Madonna della Salute. Secondo tradizione e perché lo merita davvero per bontà, una tazza fumante di cioccolata al Florian in piazza San Marco è il miglior omaggio “laico” che si possa compiere.

DOLCE AUTUNNO

PASTICCERIA DAL MAS

Una certezza in fatto di dolcezze, tutto l’anno. La sosta golosa appena arrivati in treno a Venezia o quando si è in partenza. Fave veneziane e triestine preparate secondo la tradizione, con mandorle o pinoli. Dolci di San Martino di tutte le misure, dai più piccoli a quelli fuori standard, bianchi o al ciocco lato e anche i sempre più rari medaglioni di mela cotogna con il loro fiocchetto rosso d’ordinanza. Rio Terà Lista de Spagna 149-150/A www.dalmaspasticceria.it

ROSA SALVA

La pasticceria di Venezia, da moltissimi anni sinonimo di qualità e bontà quotidiana, ubicata in più punti in città e in terraferma, con un nuovo locale di San Salvador anch’esso pronto a tentare i golosi con le ricche offerte di dolce e salato. Le fave si sciolgono in bocca e i loro cavalli di San Martino hanno come punto di forza la pasta frolla, che rimanda al sapore squisito e semplice dei tipici biscotti di Burano, con una buffa forma rigonfia nella pancia del quadrupede. varie sedi in città www.rosasalva.it

FLORIAN

Il caffè di Venezia, anzi del mondo intero. Nato nel 1720 e da allora sempre rimasto dov’era stato aperto da Floriano Francesconi, è un’istituzione indiscussa. Le sue preziose sale hanno ospitato schiere di personaggi importanti ed è un must per chi si reca a Venezia. La sua celebre cioccolata calda è considerata unanimemente tra le migliori al mondo e si può avere anche nella variante “Casa nova”, con panna alla menta e scaglie di cioccolato. Piazza San Marco 57 www.caffeflorian.com

DAL NONO COLUSSI

Il signor Colussi, il nonno più famoso di Venezia, la vora dal 1956 sfornando le focacce dolci più soffici della città. Il suo segreto? Ore e ore di lievitazione dei suoi prodotti più venduti a “testa in giù”. Anche il San Martino è fatto con l’amore per la tradizione in questo piccolo paradiso a gestione familiare. Calle Lunga San Barnaba 2867A dalnonocolussi.com

PASTICCERIA RIZZARDINI

Se sforna dolci dal 1742 un motivo ci sarà. Rizzardi ni è una vera istituzione a Venezia che grazie a una vetrina in stile Art Nouveau sempre rifornita di de liziosi bussolà, meringhe e mandorlati ingolosisce anche i tanti turisti in transito verso Rialto. Inutile sottolineare quanto siano buone le fave preparate per l’inizio di novembre e i dolci di San Martino, con una pasta frolla che profuma di burro e tradizione. Campiello dei Meloni, San Polo 1415

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VENUES, CLUBS, RESTAURANTS, BACARI a cura di Fabio Marzari
HOTEL HEUREKA VENICE T 00 39 041 524 646 0 HOTEL-HEUREKA.COM ©COLLAGE: MASTERPLAN-A.COM HEUREKA!
city diary agenda pag. 130 art biennale pag. 138 e xhibitions pag. 140 et c... pag. 142 b ooks pag. 145 s creenings pag. 146 design&more pag. 148 Un autunno per tutte le Stagioni arte, musica, teatro, danza, cinema, libri, moda, design october-november2022 129

a genda

MUSICA , CLASSICA, TEATRO, CINEMA

OttOct 02

domenica Sunday

PARADOX TRIO Jazz

“Candiani Groove“ Centro Culturale Candiani-Mestre h. 18

COUNTING CROWS

Rock Gran Teatro Geox-Padova h. 21

03 lunedì Monday

SIGUR RÓS

Post-rock

:music a

Gran Teatro Geox-Padova h. 21

07 venerdì Friday

NAGUAL 4TET Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“ Laguna Libre h. 20.30

NINOS DU BRASIL Electro punk

Argo16-Marghera h. 22.30

VENETO BLAZE

Reggae convention Centro Sociale Rivolta-Marghera h. 22.30

08 sabato Saturday

TINGVALL TRIO Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“ Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 19.30

VENETO BLAZE

Reggae convention

Centro Sociale Rivolta-Marghera h. 22.30

09 domenica Sunday

DAVID GARRETT

Classic pop

Gran Teatro Geox-Padova

13 giovedìThursday

MARION J Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“ Splendid Venice Hotel h. 19

THE EXTRABEDS

Rock

Al Vapore-Marghera h. 19.30

14 venerdì Friday

HELGA PLANKENSTEINER

Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“

Laguna Libre h. 20.30

ANNA OXA

Musica leggera

Teatro Corso-Mestre h. 21

HACKOUT! Jazz

Al Vapore-Marghera h. 19.30

COUNTERS FOR THE DAMNED THRONE COUNTERPARTS

Hardcore

Centro Sociale Rivolta-Marghera h. 22.30

ROCCO HUNT

Rap

Gran Teatro Geox-Padova h. 21

15 sabato Saturday DANIELE DI BONAVENTURA

BAND’UNION Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“

Auditorium Lo Squero h. 19.30

WOLFS AND OTHER ANIMALS Rock

Al Vapore-Marghera h. 19.30

MARA SATTEI Pop

New Age Club-Roncade h. 21

16 domenica Sunday

BANDA CLANDESTINA

Loredana Bertè tribute

Al Vapore-Marghera h. 19.30

NEGRAMARO

Pop Gran Teatro Geox-Padova h. 21

17 lunedì Monday YELLOWJACKETS

Fusion Teatro Del Parco-Mestre h. 21

19 mercoledìWednesday

MACY GRAY

THE CALIFORNIA JET CLUB Soul

Gran Teatro Geox-Padova h. 21

20 giovedìThursday

JOÃO BOSCO

Musica popular brasileira

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“

Centro Culturale Candiani-Mestre h. 21

FRANCESCO BEARZATTI

Led Zeppelin tribute

Al Vapore-Marghera h. 19.30

THE VERY BEST OF JOHN WILLIAMS

Colonne sonore

Gran Teatro Geox-Padova h. 21

21

venerdì Friday

JAVIER GIROTTO & MAREA Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“

Laguna Libre h. 20.30

BORTOLAMI BULLO DATO

LINCETTI

VERRILLO Jazz

Al Vapore-Marghera h. 19.30

XAVIER RUDD

Alternative rock Gran Teatro Geox-Padova h. 21

LITTLE PIECES OF MARMELADE Grunge

New Age Club-Roncade h. 21

22 sabato Saturday

SIMONE CRISTICCHI AMARA

Battiato tribute

“Festival delle Idee“ Teatro Malibran h. 21

POP PORNO Pop New Age Club-Roncade h. 21

23

domenica Sunday

ALMA LIVRE

Samba

Al Vapore-Marghera h. 19.30 50 CENT

Rap

Palazzo del Turismo-Jesolo h. 21

27 giovedìThursday

DEBORAH JOHNSON

SOUL NIGHT Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“

Splendid Venice Hotel h. 19

GIOVANNI PERIN 5TET Jazz

“Padova Jazz Festival“ Caffè Pedrocchi-Padova h. 21.30

28 venerdì Friday

JAZZ N5 4ET Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“ Laguna Libre h. 20.30

SEZIONE FRENANTE

Progressive rock

Al Vapore-Marghera h. 19.30

29 sabato Saturday

RENAUD GARCIA FONS Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“ Auditorium Lo Squero h. 19.30

SILENT BOB SICK BUDD

Indie

New Age Club-Roncade h. 21

30 domenica Sunday

ONEREPUBLIC

Pop Kioene Arena-Padova h. 21

31 lunedì Monday

EMMET COHEN TRIO Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 19.30

130
h. 21

NovNov

03

giovedìThursday

THE CURE Rock

Kioene Arena-Padova h. 21

PIERO PRINCIPI 4TET Jazz

“Padova Jazz Festival“

Auditorium La Casa della MusicaPianiga h. 21

04 venerdì Friday

EVELIN TOTH Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“ Laguna Libre h. 20.30

LYKOS FEAT. SIVLIA BOLOGNESI Jazz

“Padova Jazz Festival“ Auditorium La Casa della MusicaPianiga h. 21

05 sabato Saturday

BRIT FLOYD

Pink Floyd tribute Gran Teatro Geox-Padova h. 21

09

ELIO

mercoledìWednesday

Enzo Jannacci tribute

Gran Teatro Geox-Padova h. 21

10 giovedìThursday

DAVE HOLLAND CHRIS POTTER LIONEL LOUEKE

ERIC HARLAND

Jazz

“Padova Jazz Festival“ Multisala MPX-Padova h. 21

11 venerdì Friday

MARCO PEREIRA Jazz

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“ Laguna Libre h. 20.30

JOEY ALEXANDER TRIO Jazz

“Padova Jazz Festival“ Multisala MPX-Padova h. 21

DANIELE SILVESTRI

Musica d’autore Gran Teatro Geox-Padova h. 21

12 sabato Saturday

GREGORY PRIVAT

World music

“Candiani Groove“ Centro Culturale Candiani-Mestre h. 18

DOUG LAWRENCE MASSIMO FARAÒ TRIO Jazz

Al Vapore-Marghera h.

CLAUDIO FASOLI

NEXT QUARTET Jazz

“Padova Jazz Festival“

Multisala MPX-Padova

13 domenica Sunday VERDENA Rock d’autore

Gran Teatro Geox-Padova h.

16

mercoledìWednesday GEGÈ TELESFORO 5TET

ENRICO RAVA

DANILO REA

ROBERTO GATTO DARIO DEIDDA Jazz

“Padova Jazz Festival“ Teatro Verdi-Padova h. 20.30

17 giovedìThursday

LINDA MAY HAN OH ROSSANA CASALE Jazz

“Padova Jazz Festival“ Teatro Verdi-Padova h. 20.30

18 venerdì Friday

MELISSA ALDANA

KENNY GARRETT 5TET Jazz

“Padova Jazz Festival“ Teatro Verdi-Padova h. 20.30

STEVE HACKETT Rock

Gran Teatro Geox-Padova

19 sabato Saturday

GREGORY PORTER Soul

Gran Teatro Geox-Padova

WILL Indie New Age Club-Roncade h.

20 domenica Sunday

MELANCHOLIA

Goth rock

New

martedìTuesday

SALMO

giovedìThursday

PASSPORT QUARTET FEAT.

JOE CHAMBERS

Jazz

“Padova Jazz Festival“ Centro Culturale

GaetanoPadova

25 venerdì Friday

RUGGERO ROBIN TRIO

Jazz

“Padova Jazz Festival“ Centro Culturale San GaetanoPadova h. 20.30

26 sabato Saturday

QUINTORIGO

Charles Mingus tribute

“Venezia Jazz Festival - Fall Edition“ Centro Culturale Candiani-Mestre h. 21

ALESSANDRA AMOROSO

Pop

Palazzo del Turismo-Jesolo h. 21

ROBERTO OTTAVIANO

ETERNAL LOVE 5TET

Jazz

“Padova Jazz Festival“ Centro Culturale San GaetanoPadova h. 20.30

INDIRIZZI

AL VAPORE

Via F.lli Bandera 8-Marghera www.alvapore.it

AUDITORIUM LA CASA DELLA MUSICA

Via Noalese Sud 40-Pianiga www.padovajazz.com

AUDITORIUM LO SQUERO Isola di San Giorgio Maggiore www.venetojazz.com

CAFFÈ PEDROCCHI

Via VIII Febbraio-Padova www.padovajazz.com

CENTRO CULTURALE

CANDIANI

Piazzale Candiani 7-Mestre www.venetojazz.com

CENTRO CULTURALE

SAN GAETANO

Via Altinate 13-Padova www.padovajazz.com

CENTRO SOCIALE

RIVOLTA

Via F.lli Bandiera 45-Marghera Fb: Centro Sociale Rivolta

GRAN TEATRO GEOX

Via Tassinari 1-Padova www.zedlive.com

KIOENE ARENA

Viale San Marco 53-Padova www.zedlive.com

LAGUNA LIBRE

Fondamenta Cannaregio www.venetojazz.com

MULTISALA MPX

Via Bonporti 22-Padova www.padovajazz.com

NEW AGE CLUB

Via Tintoretto 15-Roncade www.newageclub.it

PALAZZO DEL TURISMO

Piazza Brescia 11-Jesolo www.azalea.it

SPLENDID VENICE HOTEL Mercerie 760 www.venetojazz.com

TEATRO CORSO

Corso del Popolo 31-Mestre www.amceventi.it

TEATRO DEL PARCO Parco Albanese-Mestre www.dalvivoeventi.it

TEATRO LA FENICE

Campo San Fantin 1965 www.venetojazz.com

TEATRO MALIBRAN

Campiello del Teatro 5873 www.teatrolafenice.it

TEATRO VERDI

Via dei Livello 32-Padova www.padovajazz.com

131
Age Club-Roncade h. 21 22
Rap Kioene Arena-Padova h. 21 24
San
h. 20.30
19.30
h. 21
21
h. 21
h. 21
21

a genda

OttOct 08

sabato Saturday

QUARTETTO DI VENEZIA GLORIA CAMPANER pianoforte

Musiche di Debussy, Franck “Stagione 2022“ Ingresso/Ticket € 44/11 Auditorium Lo Squero h. 16.30

09

domenica Sunday

APOLLO ET HYACINTHUS

(vedi venerdì 7 ottobre)

“Stagione 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/55 Teatro Malibran h. 15.30

11

:classica l

15 sabato Saturday

APOLLO ET HYACINTHUS

(vedi venerdì 7 ottobre)

“Stagione 2021-2022“

Ingresso/Ticket € 143/55

Teatro Malibran h. 15.30

16 domenica Sunday

LA FILLE DU RÉGIMENT

(vedi venerdì 14 ottobre)

“Stagione 2021-2022“

Ingresso/Ticket € 143/55

Teatro La Fenice h. 15.30

QUARTETTO ADORNO

Edoardo Zosi violino

Liù Pelliciari violino

Benedetta Bucci viola Stefano Cerrato violoncello Musiche di Beethoven

martedìTuesday

APOLLO ET HYACINTHUS

(vedi venerdì 7 ottobre)

“Stagione 2021-2022“ Ingresso/Ticket

143/55 Teatro Malibran

13 giovedìThursday

FABIOLA TEDESCO violino MARTINA CONSONNI pianoforte

Musiche di Beethoven, Strauss “Musica con le Ali” Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 18

APOLLO ET HYACINTHUS (vedi venerdì 7 ottobre)

“Stagione 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/55 Teatro Malibran

19

MARIE GAUTROT mezzosoprano FRÉDÉRIC ROUILLON

pianoforte

Tesori nascosti

Musiche di Massenet, Chausson, Hillemacher

“Massenet, maestro del suo tempo“ Ingresso/Ticket € 15/5 Palazzetto

14

venerdì Friday

LA FILLE DU RÉGIMENT

Opéra-comique in due atti Direttore Stefano Ranzani Regia Barbe & Doucet

Musiche di Donizetti “Stagione 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/55 Teatro La Fenice

20 giovedìThursday

DANIEL ROSCIA clarinetto ROSANNA ROLTON arpa Musiche di Debussy, Schubert “Musikamera“ Ingresso/Ticket € 10 Ateneo Veneto h. 18

LA FILLE DU RÉGIMENT

(vedi venerdì 14 ottobre) “Stagione 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/55 Teatro La Fenice h. 19

22

“Musikamera“ Ingresso/Ticket € 25/20

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

17 lunedì Monday

QUARTETTO ADORNO

(vedi domenica 16 ottobre)

“Musikamera“ Ingresso/Ticket € 25/20 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

18 martedìTuesday

LA FILLE DU RÉGIMENT

(vedi venerdì 14 ottobre)

“Stagione 2021-2022“

Ingresso/Ticket € 143/55

Teatro La Fenice h. 15.30

MI-SA YANG violino

YAN LEVIONNOIS violoncello JONAS VITAUD pianoforte

In punta di pentagramma Musiche di Massenet, Alder, Fevrièr

“Massenet, maestro del suo tempo“ Ingresso/Ticket € 15/5 Palazzetto Bru Zane h. 19.30

ORCHESTRA DA CAMERA FERRUCCIO BUSONI MASSIMO BELLI direttore GIUSEPPE GIBBONI violino Musiche di Paganini, Grieg “Stagione 2022-2023“ Ingresso/Ticket € 25/15 Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

sabatoSaturday

LA FILLE DU RÉGIMENT

(vedi venerdì 14 ottobre) “Stagione 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/55 Teatro La Fenice h. 15.30

QUARTETTO DI VENEZIA Musiche di Cherubini, Beethoven “Stagione 2022“ Ingresso/Ticket € 44/11 Auditorium Lo Squero h. 16.30

23

domenica Sunday

ANNA KRAVTCHENKO pianoforte Musiche di Haydn, Schumann “Musikamera“ Ingresso/Ticket € 25/20 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

24

lunedìMonday

ANNA KRAVTCHENKO pianoforte (vedi domenica 23 ottobre) “Musikamera“ Ingresso/Ticket € 25/20 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

25

martedìTuesday

ISABELLE FAUST violino ANTOINE TAMESTIT viola Musiche di Mozart, Kurtàg “Musikamera“ Ingresso/Ticket € 50/35 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

THÉOTIME LANGLOIS DE SWARTE violino TANGUY DE WILLIENCOURT pianoforte Il violino danzante Musiche di Massenet, Hillemacher, Pierné “Massenet, maestro del suo tempo“ Ingresso/Ticket € 15/5 Palazzetto Bru Zane h. 19.30

26 mercoledìWednesday

ISABELLE FAUST violino

ANTOINE TAMESTIT viola

(vedi martedì 25 ottobre)

“Musikamera“ Ingresso/Ticket € 50/35 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

28 venerdì Friday

KARSKI QUARTET

FABRIZIO BUSSI contrabbasso

Musiche di Dvoràk, Cherubini

“Stagione 2022“ Ingresso/Ticket € 44/11

Auditorium Lo Squero h. 19

MANUEL VIEILLARD pianoforte

DAVID SALMON pianoforte Sulle ali del pianoforte

Musiche di Massenet, Chaminade, Bizet

“Massenet, maestro del suo tempo“ Ingresso/Ticket € 15/5 Palazzetto Bru Zane h. 19.30

29 sabato Saturday

DMITRY MATVIENKO

direttore

Musiche di Haydn e Tchaikovsky

“Stagione Sinfonica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 66/25 Teatro La Fenice h. 20

30 domenica Sunday

DMITRY MATVIENKO

direttore

(vedi sabato 29 ottobre)

“Stagione Sinfonica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 66/25 Teatro La Fenice h. 17

FILIPPO GORINI pianoforte

Musiche di Beethoven

“Musikamera“ Ingresso/Ticket € 25/15

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

132
h. 19
h.
Bru Zane h. 19.30
h. 19
MUSICA, CLASSICA , TEATRO, CINEMA

NovNov

01

martedìTuesday

TRIO BOCCHERINI

Suyeon Kang violino

Vicki Powell viola

Paolo Bonomini violoncello Musiche di Beethoven

“Stagione 2022-2023“ Ingresso/Ticket € 25/15

Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

02 mercoledìWednesday

ATOS TRIO

Annette von Hehn violino Stefan Heinemeyer violoncello Thomas Hoppe pianoforte Musiche di Schumann, Mendelssohn “Musikamera“ Ingresso/Ticket € 25/20

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

03 giovedìThursday

ATOS TRIO

Annette von Hehn violino Stefan Heinemeyer violoncello Thomas Hoppe pianoforte (vedi mercoledì 2 novembre)n “Musikamera“ Ingresso/Ticket € 25/20

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

05 sabato Saturday

HARTMUT HAENCHEN direttore

Musiche di Bruckner “Stagione Sinfonica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/77 Teatro La Fenice h. 20

06 domenica Sunday

HARTMUT HAENCHEN direttore (vedi sabato 5 novembre)

“Stagione Sinfonica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/77 Teatro La Fenice h. 20

10 giovedìThursday

CLARA RICCUCCI clarinetto FEDERICO PULINA pianoforte

Musiche di Busoni, Widor, Weber “Musica con le Ali” Ingresso/Ticket € 20/10

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 18

ANDREA MARIANI pianoforte

Musiche di Chopin “Musikamera“ Ingresso/Ticket € 10 Ateneo Veneto h. 18

12 sabato Saturday

MARIO BRUNELLO violoncello

LINO BREDA voce narrante

Musiche di Bach “Stagione 2022“ Ingresso/Ticket € 44/11 Auditorium Lo Squero h. 16.30

14 lunedì Monday

FEDERICA TRANZILLO violino

LORENZO PASCUCCI pianoforte

Musiche di Fano, Martucci “Musikamera“ Ingresso/Ticket € 10 Ateneo Veneto h. 18

18 giovedìThursday

FALSTAFF

Commedia lirica in tre atti Musiche di Verdi Direttore Myung-Whun Chung Regia di Adrian Noble “Stagione Lirica e balletto 20222023“ Ingresso/Ticket € 400/310 Teatro La Fenice h. 19

20 domenica Sunday

FALSTAFF

(vedi giovedì 18 novembre)

“Stagione Lirica e balletto 20222023“ Ingresso/Ticket € 209/132 Teatro La Fenice h. 15.30

22 martedìTuesday

FALSTAFF

(vedi giovedì 18 novembre)

“Stagione Lirica e balletto 20222023“ Ingresso/Ticket € 209/132 Teatro La Fenice h. 19

24 giovedìThursday

RICCARDO PES violoncello

PIERLUIGI PIRAN pianoforte

Musiche di Fano, Omizzolo “Musikamera“ Ingresso/Ticket € 10 Ateneo Veneto h. 18

FALSTAFF

(vedi giovedì 18 novembre) “Stagione Lirica e balletto 20222023“

Ingresso/Ticket € 209/132 Teatro La Fenice h. 19

26

sabato Saturday

QUARTETTO DI VENEZIA

MARCO RIZZI violino

GABRIELE CARCANO

pianoforte

Musiche di Franck, Cacioppo, Chausson

“Stagione 2022“ Ingresso/Ticket € 44/11 Auditorium Lo Squero h. 16.30

FALSTAFF (vedi giovedì 18 novembre) “Stagione Lirica e balletto 20222023“ Ingresso/Ticket € 209/132 Teatro La Fenice h. 15.30

29

martedìTuesday

VENETHOS ENSEMBLE

Giacomo Catana violino Mauro Spinazzè violino Francesco Lovato viola Massimo Raccanelli violoncello Musiche di Mozart “Stagione 2022-2023“ Ingresso/Ticket € 25/15 Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

INDIRIZZI

ATENEO VENETO

Campo San Fantin 1897 www.musikamera.org

AUDITORIUM

LO SQUERO

Isola di San Giorgio Maggiore www.cini.it

PALAZZETTO BRU ZANE

San Polo 2368 bru-zane.com

SCUOLA GRANDE SAN

GIOVANNI EVANGELISTA

San Polo 2454 bru-zane.com

TEATRO LA FENICE

Campo San Fantin 1965 www.teatrolafenice.it

TEATRO MALIBRAN

Campiello del Teatro 5873 www.teatrolafenice.it

TEATRO TONIOLO

Piazzetta Malipiero 1-Mestre www.comune.venezia.it

133

a genda

OttOct 09

domenica Sunday

TALISMANI

Lettura scenica di Matteo Porru Adattamento e regia: Lorenzo Maragoni

Premio Campiello Giovani 2019 Ingresso/Ticket

Teatro

11 martedìTuesday

TIRESIAS

:t h eatro

da Hold your own/Resta te stessa di Kae Tempest per la traduzione di Riccardo Duranti

Regia di Giorgina Pi Con Gabriele Portoghese Un progetto di BLUEMOTION

“Asteroide Amor” Ingresso/Ticket € 14/5

Teatro Ca’ Foscari

13 giovedìThursday

SAVE THE LAST DANCE FOR ME

Invenzione Alessandro Sciarroni Con Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini Collaborazione artistica Giancarlo Stagni Musica Aurora Bauzà e Pere Jou

“Asteroide Amor” Ingresso libero/Free entry Chiostro M9 – Museo del ‘900-Me stre

15 sabato Saturday

LE VERTIGE MARILYN

di Olivier Steiner, Isabelle Adjani Con Isabelle Adjani

Regia di Olivier Steiner e Emmanuel Lagarrigue “Heart • Art – Stagione 2022-23” Ingresso/Ticket € 35/7 Teatro

16 domenica Sunday

LE VERTIGE MARILYN

(vedi sabato 15 ottobre) Ingresso/Ticket € 35/7 Teatro Goldoni

20 giovedìThursday

DA QUI ALLA LUNA

LA TEMPESTA VAIA

di Matteo Righetto

Con Andrea Pennacchi

Regia di Giorgio Sangati

Musiche di Giorgio Gobbo “Heart • Art – Stagione 2022-23” Ingresso/Ticket € 35/7 Teatro Goldoni h. 20.30

21 venerdì Friday

DA QUI ALLA LUNA

LA TEMPESTA VAIA (vedi giovedì 20 ottobre) Teatro Goldoni h. 19

22 sabato Saturday

LA FIABA DELL’AUGELLINO

BELVERDE di Carlo Gozzi

Adattamento e regia di Matteo Spiazzi

Con Sofia Lys e gli attori della Compagnia Giovani del TSV “Palcoscenici Metropolitani 2022” Teatro Momo-Mestre h. 16

23

domenica Sunday

AAA CERCASI CUSTODE

PER PICCOLO PIANETA di Carlo Presotto

Con Matteo Balbo, Carlo Presotto e Pierangelo Bordignon La Piccionaia (dai 4 anni) “Domeniche da Favola 2022-23” Ingresso/Ticket € 7 Teatrino Groggia h. 16.30

MONJOUR di Silvia Gribaudi

Con i disegni di Francesca Gher mandi

Con Salvatore Cappello, Nicola Simone Cisternino, Silvia Gribaudi, Riccardo Guratti, Fabio Magnani, Timothée-Aïna Meiffren Consulenza drammaturgica Matteo Maffesanti “Asteroide Amor” Ingresso/Ticket € 14/5 Teatro Goldoni h. 20

LA FIABA DELL’AUGELLINO

BELVERDE (vedi sabato 22 ottobre) Teatro Momo-Mestre h. 16

GLI INNAMORATI (vedi giovedì 13 ottobre) Teatro Maddalene-Padova h. 16

25 martedìTuesday

MAMMA MIA!

Musiche e testi di Benny Anders son, Björn Ulvaeus e brani di Stig Anderson Libretto di Catherine Johnson Regia e adattamento di Massimo Romeo Piparo

Con Luca Ward, Clayton Norcross, Sergio Muniz, Sabrina Marciano “Stagione di Prosa 2022/23” Ingresso/Ticket € 36/33 Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

26 mercoledìWednesday

MAMMA MIA! (vedi martedì 25 ottobre) Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30 27 giovedìThursday

MAMMA MIA! (vedi martedì 25 ottobre) Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30 28 venerdì Friday

MAMMA MIA! (vedi martedì 25 ottobre) Teatro Toniolo-Mestre h. 21 29 sabato Saturday

LA FIABA DELL’AUGELLINO BELVERDE (vedi sabato 22 ottobre) Teatro Momo-Mestre h. 16

MAMMA MIA! (vedi martedì 25 ottobre) Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

30 domenica Sunday

LA FIABA DELL’AUGELLINO

BELVERDE (vedi sabato 22 ottobre) Teatro Momo-Mestre h. 16

MAMMA MIA! (vedi martedì 25 ottobre) Teatro Toniolo-Mestre h. 16.30

NovNov 06 domenica Sunday

FAVOLA

Performer: Marianna Andrigo, Va lentina Milan, Pippo Gentile, Angela Graziani

Drammaturgia di Paola Brolati Regia Collettiva

“Domenica a Teatro 2022-23” Ingresso/Ticket € 7 Teatro Momo-Mestre h. 16.30

08 martedìTuesday

NUDA

Scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca Con Melissa Vettore, Beatriz Sayad, Jess Gardolin, Micol Veglia, France sco Lanciotti

“Stagione di Prosa 2022/23” Ingresso/Ticket € 30/27 Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

09 mercoledìWednesday

NUDA

(vedi martedì 8 novembre)

Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

SPETTRI di Henrik Ibsen

Versione italiana e adattamento di Fausto Paravidino

Regia di Rimas Tuminas Con Andrea Jonasson

“Heart • Art – Stagione 2022-23” Ingresso/Ticket € 35/7 Teatro Verdi-Padova h. 20.30

10 giovedìThursday

NUDA

(vedi martedì 8 novembre)

Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

SPETTRI

(vedi mercoledì 9 novembre)

Teatro Verdi-Padova h. 19

11 venerdì Friday

OVERLOAD

Concept e regia di Sotterraneo

In scena Sara Bonaventura, Clau dio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini Scrittura di Daniele Villa

“Asteroide Amor”

Ingresso/Ticket € 14/5 Teatro Ca’ Foscari h. 20

SPETTRI

(vedi mercoledì 9 novembre)

Teatro Verdi-Padova h. 20.30

134
€ 3
Momo h. 19
h. 20
h. 17
Goldoni h. 19
h. 16
MUSICA, CLASSICA, TEATRO , CINEMA

12 sabato Saturday

SPETTRI

(vedi mercoledì 9 novembre)

Teatro Verdi-Padova h. 20.30

OTELLO DALLA PARTE

DI CASSIO

Adattamento di Tommaso Mattei Voce recitante Alessandro Preziosi Pianoforte Carlo Guaitoli

“Heart • Art – Stagione 2022-23” Ingresso/Ticket € 35/8

Teatro Mario Del Monaco-Treviso h. 20.30

13 domenica Sunday

GALA DI DANZA

The Slovenian National Theatre Opera and Ballet Ljubljana con Etoiles ospiti dal Marijnsky Theater di San Pietroburgo

“VeneziainDanza 2022” Ingresso/Ticket € 30 Teatro Malibran h. 17.30

LA BARCA DEI COMICI

da Carlo Goldoni Produzione La Bautta “Fulvio Saoner”

“Divertiamoci a Teatro 2022-23” Ingresso/Ticket € 10/8 Teatro Momo-Mestre h. 16.30

SPETTRI

(vedi mercoledì 9 novembre) Teatro Verdi-Padova h. 16

17

PA’

giovedìThursday

Da testi di Pier Paolo Pasolini Drammaturgia di Marco Tullio Giordana, Luigi Lo Cascio Regia di Marco Tullio Giordana Con Luigi Lo Cascio

TSV – Teatro Nazionale

“Heart • Art – Stagione 2022-23” Ingresso/Ticket € 35/7 Teatro Goldoni h. 20.30

18 venerdì Friday

PA’

(vedi giovedì 17 novembre) Teatro Goldoni h. 19

HAMLET

da Amleto di William Shakespeare Traduzione e adattamento di Ales sandro Angelini e Antonio Prisco Con Giorgio Pasotti e Mariangela D’abbraccio

Regia di Francesco Tavassi “Stagione di Prosa 2022/23” Ingresso/Ticket € 30/27 Teatro Toniolo-Mestre h. 21

SPETTRI

di Henrik Ibsen

Versione italiana e adattamento di Fausto Paravidino

Regia di Rimas Tuminas

Con Andrea Jonasson

“Heart • Art – Stagione 2022-23” Ingresso/Ticket € 35/8

Teatro Mario Del Monaco-Treviso h. 20.30

19

sabato Saturday

PA’ (vedi giovedì 17 novembre) Teatro Goldoni h. 19

HAMLET

(vedi venerdì 18 novembre)

Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

SPETTRI

(vedi venerdì 18 novembre)

Teatro Mario Del Monaco-Treviso h. 20.30

20 domenica Sunday

PA’ (vedi giovedì 17 novembre) Teatro Goldoni h. 16

SERATA BACH / BEETHO

VEN MAREA1 – MAREA2

Una produzione di Emanuele Soavi Incompany

In Coproduzione con Oper Köln, Duisburger Philharmoniker, TanzFaktur Köln

“VeneziainDanza 2022”

Ingresso/Ticket € 20 Teatro Malibran h. 17.30

HAMLET

(vedi venerdì 18 novembre)

Teatro Toniolo-Mestre h. 16.30

SPETTRI

(vedi venerdì 18 novembre)

Teatro Mario Del Monaco-Treviso h. 16

27 domenica Sunday

TANGRAM

Regia Andrea Buzzetti Con Matteo Bergonzoni, Giada Ciccolini e Lorenzo Monti La Baracca (1-4 anni)

“Prime esperienze teatrali 2022-23” Ingresso/Ticket € 4 Teatrino Groggia h. 11/16.30

EKO DANCE PROJECT

Estratti da La Bella Addormentata

Coreografia Mats Ek, musica Piotr Tchaikovsky

Estratti da MESSIAHAENDEL

Coreografia Paolo Mohovich, musica G.F. Haendel

“VeneziainDanza 2022” Ingresso/Ticket € 20 Teatro Malibran h. 17.30

FEMMINE DA MORIRE

di Filippo Facca

Produzione La Bottega “Divertiamoci a Teatro 2022-23” Ingresso/Ticket € 10/8 Teatro Momo-Mestre h. 16.30

28 lunedì Monday

HOUSE OF US – PART I THE MOTHER

Ideazione e regia di Irina Brook Collaborazione artistica, Angelo Nonelli

Con la partecipazione di Geoffrey Carey

E con i neo diplomati dell’Accade mia Teatrale “Carlo Goldoni”

“Heart • Art – Stagione 2022-23”

Casa dei Tre Oci, Giudecca h. 17-21

29

martedìTuesday

HOUSE OF US – PART I THE MOTHER

(vedi lunedì 28 novembre)

Casa dei Tre Oci, Giudecca h. 17-21

30

mercoledìWednesday

HOUSE OF US – PART I THE MOTHER

(vedi lunedì 28 novembre)

Casa dei Tre Oci, Giudecca h. 17-21 DANZE PER LAURA PANTE

di e con Laura Pante Concept Jérôme Bel Consulenza artistica e direzione esecutiva Rebecca Lasselin Direttore di produzione Sandro Grando

Con estratti da coreografie di Cri stina Rizzo, Xavier LeRoy e Scarlet Yu, Silvia Costa (suono di Lorenzo Tomio) “Asteroide Amor” Ingresso/Ticket € 14/5 Teatro Ca’ Foscari h. 20

IL MALATO IMMAGINARIO di Molière

Adattamento e regia di Guglielmo Ferro

Con Emilio Solfrizzi, Lisa Galantini

“Stagione di Prosa 2022/23”

Ingresso/Ticket € 30/27

Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30

IL MERCANTE DI VENEZIA

di William Shakespeare

Regia e adattamento di Paolo

Valerio

Regia di Rimas Tuminas

Con Franco Branciaroli, Piergiorgio Fasolo, Francesco Migliaccio

“Heart • Art – Stagione 2022-23”

Ingresso/Ticket € 35/7 Teatro Verdi-Padova h. 20.30

INDIRIZZI

M9 – MUSEO DEL ‘900

Via Alessandro Poerio 34 Mestre www.m9museum.it

TEATRINO GROGGIA

Sant’Alvise, Cannaregio 3150 www.comune.venezia.it

TEATRO CA’ FOSCARI

Santa Marta 2137 www.unive.it/asteroideamor

TEATRO GOLDONI

Rialto, San Marco 4659 www.teatrostabileveneto.it

TEATRO MADDALENE

Via San Giovanni Verdara 40 Padova www.teatrostabileveneto.it

TEATRO MALIBRAN

Campiello del Teatro San Marco 5873 www.teatrolafenice.it

TEATRO MARIO DEL MONACO

Corso del Popolo 31-Treviso www.teatrostabileveneto.it

TEATRO MOMO

Via Dante 81-Mestre www.comune.venezia.it

TEATRO TONIOLO

Piazzetta Malipiero-Mestre www.comune.venezia.it

TEATRO VERDI

Via dei Livello 32-Padova www.teatrostabileveneto.it

135

a genda

OttOct 01

sabato Saturday

GLI ORSI NON ESISTONO

Regia di Jafar Panahi (2022)

“Festival delle Idee 2022”

IMG Cinemas Candiani-Mestre h. 10.30

02 domenica Sunday

TIZIANO

L’IMPERO DEL COLORE

Regia di Giulio Boato (2022)

“Festival delle Idee 2022”

IMG Cinemas Candiani-Mestre h. 10.30

04 martedìTuesday

: c inema

07 venerdì Friday

PALAZZO GRASSI INVITA

THE INTERNATIONAL FESTIVAL OF FILMS ON ART (vedi giovedì 6 ottobre)

Teatrino di Palazzo Grassi h. 18.30

08 sabato Saturday

PALAZZO GRASSI INVITA

THE INTERNATIONAL FESTIVAL OF FILMS ON ART (vedi giovedì 6 ottobre)

Teatrino di Palazzo Grassi h. 17.30

09 domenica Sunday

PALAZZO GRASSI INVITA

INTORNO A NAUMAN #4 ERRANCE SÉRIELLET

Programma della serata: Dance or Exercise on the Perimeter of a Square Regia di B. Nauman (1967-1968, 8’)

The Brown Bunny

Regia di Vincent Gallo (2003, 89’) Teatrino di Palazzo Grassi h. 21

PSYCHO

(vedi luned’ 10 ottobre)

IMG Cinemas Candiani-Mestre h. 16.45/19.25/21.20

IL MONTE INTERIORE

Regia di Michele Sammarco (2020) “Paesaggi che cambiano 2022-23” Auditorium Spazi Bomben-Treviso h. 20.30

13

METTI UNA SERA A CENA

Regia di Giuseppe Patroni Griffi (1969)

“Lino Capolicchio. Per amore di cinema e teatro” Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30

05 mercoledìWednesday

VITTORIO

RACCONTA GASSMAN

Una vita da mattatore

Regia di Giancarlo Scarchilli (2010)

La proiezione del documentario sarà preceduta dalla presentazione del libro I tre volti del Mattatore: Vittorio Gassman tra cinema, teatro e letteratura (SensoInverso Edizioni, 2022) di Alessandro Ticozzi Videoteca Pasinetti h. 17

06 giovedìThursday

IL CAVALIERE MISTERIOSO

Regia di Riccardo Freda (1948)

“Gassman prima di Gassman” Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30

PALAZZO GRASSI INVITA

THE INTERNATIONAL

FESTIVAL OF FILMS ON ART

Si rinnova la collaborazione con il Festival International du Film sur l’Art (FIFA) di Montreal per una nuova rassegna di film proiettati al Teatrino di Palazzo Grassi. Il programma include corti e lungometraggi incentrati su diversi temi quali le arti visive, l’architettura, la danza, la performance, l’arte urbana, l’arte multimedia e i ritratti d’artista Teatrino di Palazzo Grassi h. 18.30

THE INTERNATIONAL FESTIVAL OF FILMS ON ART

(vedi giovedì 6 ottobre)

Teatrino di Palazzo Grassi h. 17.15

10

lunedì Monday

PSYCHO

Regia di Alfred Hitchcock (1960) v.o. sottotitoli in italiano “IMG Cult” IMG Cinemas Candiani-Mestre h. 16.45/19.25/21.20

11 martedìTuesday

IL GIARDINO

DEI FINZI CONTINI

Regia di Vittorio De Sica (1970) “Lino Capolicchio. Per amore di cinema e teatro” Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30

PSYCHO

(vedi luned’ 10 ottobre)

IMG Cinemas Candiani-Mestre h. 16.45/19.25/21.20

12 mercoledìWednesday

LE MURA DI SANA’A

Regia di Pier Paolo Pasolini (1973) a seguire

SOPRALLUOGHI IN PALESTINA

Regia di Pier Paolo Pasolini (1965) Precede le proiezioni la presentazione del libro Pasolini (Ed. L’Ours de granit, 2021), scritto a molte mani e dedicato allo sguardo sul mondo del grande intellettuale “Intorno a Pier Paolo Pasolini – 2” Videoteca Pasinetti h. 17

giovedìThursday

L’EBREO ERRANTE

Regia di Goffredo Alessandrini (1948)

“Gassman prima di Gassman” Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30

14

venerdì Friday

PIERROT LE FOU

Regia di Jean-Luc Godard (1966) v.o. sottotitoli in italiano “Alliance Française incontra Circuito Cinema” Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30

15

sabato Saturday

NOSTALGIA

Regia di Mario Martone (2022)

“Festival delle Idee 2022”

IMG Cinemas Candiani-Mestre h. 10.30

16

domenica Sunday

IL SIGNORE

DELLE FORMICHE

Regia di Gianni Amelio (2022)

“Festival delle Idee 2022” IMG Cinemas Candiani-Mestre h. 10.30

18 martedìTuesday

LA CASA DALLE FINESTRE

CHE RIDONO

Regia di Pupi Avati (1976)

“Lino Capolicchio. Per amore di cinema e teatro”

Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30

19 mercoledìWednesday

INTORNO A NAUMAN #5

DANSE

Programma della serata: Playing a Note on the Violin While I Walk around the Studio

Regia di Bruce Nauman (1968, 11’10)

Quadrat I+II

Regia di Samuel Beckett (1981, 14’58)

Fase

Regia di Thierry De Mey (2002, 57’)

L’homme du Pincio

Regia di Alain Fleischer (1993, 60’)

Teatrino di Palazzo Grassi h. 21

20 giovedìThursday

LO SPARVIERO DEL NILO

Regia di Giacomo Gentilomo (1950)

“Gassman prima di Gassman” Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30

24 lunedì Monday

THE FILMMAKER’S HOUSE

Regia di Marc Isaacs (2020, 75’) v.o. sottotitoli in inglese “CinemARTa – Zone di Contatto” Teatro Ca’ Foscari h. 19

25 martedìTuesday

LE STRELLE NEL FOSSO

Regia di Pupi Avati (1979) “Lino Capolicchio. Per amore di cinema e teatro” Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30

26 mercoledìWednesday

PASOLINI E LA PITTURA

Incontro a cura di Vincenzo Patanè per scoprire e ricordare l’universo rigoglioso dell’arte pittorica, per Pasolini fondamentale alla narrazione

“Intorno a Pier Paolo Pasolini – 2” Videoteca Pasinetti h. 17

INTORNO A NAUMAN #6 VISAGE(S)

Programma della serata: Pulling Mouth

Regia di Bruce Nauman (1969, 10’36)

Calino s’endurcit la figure di Jean Durand (1e diff. 1912, 5’31) Grimace

Regia di Erró (1962-1967, 43’30 )

Teatrino di Palazzo Grassi h. 21

136
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA

ALPINESTATE

Regia di Michele Trentini (2022) a seguire CORDIALI SALUTI

DALL’ANTROPOCENE

Regia di Lucas Ackermann (2021) “Paesaggi che cambiano 2022-23” Auditorium Spazi Bomben-Treviso h. 20.30

27

giovedìThursday

IL MURO DI VETRO

Regia di Maxwell Shane (1953) “Gassman prima di Gassman” Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30

NovNov 03

giovedìThursday

MARLENE DUMAS FRA

PAROLE E IMMAGINI #1 Programma: Un Chien Andalou di Luis Buñuel (1929, 16’) Essai cinématographique: Poison di Man Ray (1933-35, 3’30’’) Nosferatu (1922, 95’) di Friedrich Wilhelm Murnau Teatrino di Palazzo Grassi h. 20.30

07 lunedì Monday

CAER (CAUGHT)

Regia di Nicola Mai (2021, 61’) v.o. sottotitoli in italiano “CinemARTa – Zone di Contatto” Teatro Ca’ Foscari h. 19

MUNCH – AMORI, FANTASMI E DONNE VAMPIRO

Regia di Michele Mally (2022) “La Grande Arte al Cinema”

IMG Cinemas Candiani-Mestre

08 martedìTuesday

MUNCH – AMORI, FANTASMI E DONNE VAMPIRO

Regia di Michele Mally (2022)

“La Grande Arte al Cinema”

IMG Cinemas Candiani-Mestre

09 mercoledìWednesday

MUNCH – AMORI, FANTASMI E DONNE VAMPIRO

Regia di Michele Mally (2022) “La Grande Arte al Cinema”

IMG Cinemas Candiani-Mestre

HA FUTURA MEMORIA

Regia di Giovanni De Roja (2022) a seguire CORRISPONDENZE/ CORRISPONDENCES

Regia di Marco Zuin e Alessandro Padovani (2022) “Paesaggi che cambiano 2022-23” Auditorium Spazi Bomben-Treviso h. 20.30

10 giovedìThursday

MARLENE DUMAS FRA PAROLE E IMMAGINI #2

Programma:

Un Chant d’Amour di Jean Genet (1950, 26’) Extase di Gustav Machatý (1933, 87’) Teatrino di Palazzo Grassi h. 20.30

14

lunedì Monday

MIS HERMANOS SUEÑAN DESPIERTOS

Regia di Claudia Huaiquimilla (2021) v.o. sottotitoli in inglese “CinemARTa – Zone di Contatto” Teatro Ca’ Foscari h. 19

15 martedìTuesday

ARICA

Regia di Lars Edman e Johansson Kalén (2020) “Paesaggi che cambiano 2022-23” Auditorium Spazi Bomben-Treviso h. 20.30

17 giovedìThursday

MARLENE DUMAS FRA PAROLE E IMMAGINI #3

Programma:

Une partie de campagne di Jean Renoir (1936, 40’) The Virgin Spring di Ingmar Bergman (1960, 89’) Teatrino di Palazzo Grassi h. 20.30

23 mercoledìWednesday

DAL PIANETA DEGLI UMANI

Regia di Giovanni Cioni (2021) “Paesaggi che cambiano 2022-23” Auditorium Spazi Bomben-Treviso h. 20.30

24 giovedìThursday

MARLENE DUMAS FRA

PAROLE E IMMAGINI #4

Programma:

The Apple-Knockers and the Coke di autore anonimo (1948, 8’)

MARILYN TIMES FIVE di Bruce Conner (1968-1973, 13’50)

Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini (1962, 105’) Teatrino di Palazzo Grassi h. 20.30

26 sabato Saturday

CINEMA FLUX

una giornata di incontri e proiezioni a flusso continuo incentrata sulla riflessione intorno al cinema e alle sue contaminazioni con l’arte contemporanea Teatrino di Palazzo Grassi h. 10-23

28 lunedì Monday

BOTTICELLI E FIRENZE

La nascita della Bellezza Regia di Marco Pianigiani (2022) “La Grande Arte al Cinema” IMG Cinemas Candiani-Mestre 29 martedìTuesday

BOTTICELLI E FIRENZE

La nascita della Bellezza (vedi lunedì 28 novembre) IMG Cinemas Candiani-Mestre

30

mercoledìWednesday

BOTTICELLI E FIRENZE

La nascita della Bellezza (vedi lunedì 28 novembre) IMG Cinemas Candiani-Mestre

INDIRIZZI AUDITORIUM

SPAZI BOMBEN

Via Cornarotta 7-Treviso www.fbsr.it

IMG CINEMAS CANDIANI

Piazzale Candiani-Mestre imgcinemas.it

TEATRO CA’ FOSCARI

Santa Marta 2137 www.unive.it/asteroideamor

VIDEOTECA PASINETTI

CASA DEL CINEMA

San Stae 1990 www.comune.venezia.it

137

THE MILK OF DREAMS National Pavilions, Collateral Events Giardini, Arsenale, Around Town

art biennale

59. ESPOSIZIONE

INTERNAZIONALE D’ARTE

23 April> 27 November 2022

GIARDINI, ARSENALE, AROUND TOWN

Opening times

23 April > 25 September 11 am-7 pm (last admission 6.45 pm)

27 September > 27 November 10 am-6 pm (last admission 5.45 pm)

Only Arsenale until 25 September on Fridays and Saturdays extended opening until 8 pm

Closed on Mondays Except 25/04, 30/05, 27/06, 25/07, 15/08, 5/09, 19/09, 31/10, 21/11

www.labiennale.org

GIARDINI

IL LATTE DEI SOGNI

THE MILK OF DREAMS Padiglione centrale

NATIONAL PARTICIPATIONS

AUSTRALIA

AUSTRIA

BELGIO BRASILE CANADA

Repubblica di COREA

DANIMARCA

EGITTO

ESTONIA (Padiglione Paesi Bassi)

FINLANDIA (Padiglione Alvar Aalto)

FRANCIA

GERMANIA

GIAPPONE

ARSENALE

IL LATTE DEI SOGNI

THE MILK OF DREAMS

Corderie

NATIONAL PARTICIPATIONS

ALBANIA Artiglierie

ARABIA SAUDITA Sale d'Armi

ARGENTINA Sale d'Armi

CILE Artiglierie CINA Repubblica Popolare Cinese Magazzino delle Vergini

EMIRATI ARABI UNITI Sale d'Armi

FILIPPINE Artiglierie

GHANA Isolotto

IRLANDA Artiglierie ISLANDA Artiglierie

Repubblica del KOSOVO Artiglierie

LETTONIA Artiglierie

LIBANO Artiglierie

Granducato di LUSSEMBURGO Sale d'Armi

MALTA Artiglierie

MESSICO Sale d'Armi

GRAN BRETAGNA

GRECIA

ISRAELE

PAESI NORDICI

(Finlandia, Norvegia, Svezia)

POLONIA

ROMANIA/1

SERBIA

SPAGNA

STATI UNITI D’AMERICA

SVIZZERA

UNGHERIA

URUGUAY

Repubblica Bolivariana del

VENEZUELA

PADIGLIONE VENEZIA

NUOVA ZELANDA Artiglierie

Sultanato dell’OMAN Artiglierie

PERÙ Sale d'Armi

SINGAPORE Sale d'Armi

Repubblica di SLOVENIA Isolotto

Repubblica del SUDAFRICA Sale d'Armi

TURCHIA Sale d'Armi

UCRAINA Sale d'Armi

Repubblica dell’UZBEKISTAN Fianco Teatro delle Tese

PADIGLIONE ITALIA Tese e Giardino delle Vergini

138

AROUND TOWN

NATIONAL PARTICIPATIONS

Repubblica ARABA SIRIANA

Isola di San Servolo

ARMENIA

Campo della Tana, Castello 2125

Repubblica dell’AZERBAIJAN

Piazza San Marco Procuratie Vecchie 139-153

Repubblica Popolare del BANGLADESH

Palazzo Pisani Revedin, San Marco 4013

BOLIVIA

Artspace4rent, Cannaregio 4120

BULGARIA

Spazio Ravà, San Polo 1100

Repubblica del CAMERUN

Liceo Artistico Guggenheim, Dorsoduro 2613 Palazzo Ca’ Bernardo Molon, San Polo 2186

CANADA/2

Magazzini del Sale 5, Dorsoduro 262

COSTA D’AVORIO

Magazzini del Sale 3, Dorsoduro 264

CROAZIA

Via Garibaldi, Castello 1513

CUBA Isola di San Servolo

GEORGIA

Spazio Punch, Giudecca 800/O

GRENADA

Il Giardino Bianco Art Space Via Garibaldi 1814

GUATEMALA

SPUMA – Space For The Arts Giudecca 800/R

Repubblica del KAZAKHSTAN

Spazio Arco, Dorsoduro 1485

KENYA

Fàbrica 33, Cannaregio 5063

Repubblica del KIRGHIZISTAN

Hydro Space, Giudecca Art Center Giudecca 211/C

LITUANIA

Campo de le Gate, Castello 3200

Repubblica della

MACEDONIA DEL NORD

Scuola dei Laneri, Santa Croce 113/A

MONGOLIA

Calle San Biasio, Castello 2131

MONTENEGRO

Palazzo Malipiero, San Marco 3078-3079/A

NAMIBIA

Isola della Certosa

NEPAL

Sant’Anna Project Space One, Castello 994

PAESI BASSI

Chiesetta della Misericordia – Art Events Campo de l’Abazia, Cannaregio 3548

PORTOGALLO

Palazzo Franchetti, San Marco 2847

ROMANIA/2

New Gallery of the Romanian Institute for Culture and Humanistic Research Palazzo Correr Campo Santa Fosca, Cannaregio 2214

SAN MARINO

Palazzo Donà dalle Rose Fondamenta Nove, Cannaregio 5038

UGANDA Palazzo Palumbo Fossati, San Marco 2597

Repubblica dello ZIMBABWE

Istituto Santa Maria della Pietà Calle della Pietà, Castello 3702

AROUND TOWN

COLLATERAL EVENTS

ARSENALE DOCKS Alberta Whittle. “deep dive (pause) uncoiling memory” Docks Cantieri Cucchini San Pietro di Castello 40

CAMPO DELLA TANA Angela Su: Arise, Hong Kong in Venice Castello 2126 (fronte ingresso Arsenale)

CSDCA Angels Listening. Rachel Lee Hovnanian Loggia della Temanza, Dorsoduro 1602

FONDATION LOUIS VUITTON APOLLO, APOLLO Calle del Ridotto, San Marco 1353

FONDAZIONE DELL’ALBERO D’ORO Bosco Sodi a Palazzo Vendramin Grimani. What Goes Around Comes Around Palazzo Vendramin Grimani, San Polo 2033

ARSENALE DOCKS Catalonia in Venice_LLIM Docks Cantieri Cucchini San Pietro di Castello 40

PALAZZO CONTARINI POLIGNAC Chun Kwang Young. Times Reimagined Dorsoduro 874

PALAZZO CAVANIS Claire Tabouret. I Am Spacious, Singing Flesh Dorsoduro 920

PALAZZO LOREDAN Eugen Raportoru. The Abduction from the Seraglio Roma Women. Performative Strategies of Resistance Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti Campo Santo Stefano, San Marco 2945

PALAZZO QUERINI Ewa Kuryluk. I, White Kangaroo Calle Lunga San Barnaba, Dorsoduro 2691

PALAZZO MORA From Palestine With Art Cannaregio 3659

PALAZZO DELLE PRIGIONI Impossible Dreams Castello 4209

SPAZIO OLIVOLO

Lita Albuquerque. Liquid Light San Pietro di Castello 59/C

NEGOZIO OLIVETTI Lucio Fontana / Antony Gormley Piazza San Marco 101

ARCHIVI DELLA MISERICORDIA Pera + Flora + Fauna

The Story of Indigenousness and the Ownership of History Campo de l’Abazia, Cannaregio 3549

PALAZZO ZEN Road of Faith Cannaregio 4924

CHIESA SANTA MARIA DELLA VISITAZIONE

Rony Plesl. Trees Grow from the Sky Fondamenta Zattere ai Gesuati Dorsoduro 919/A

PALAZZO TIEPOLO PASSI Stanley Whitney. The Italian Paintings San Polo 2774

SALONE VERDE

Take Your Time

Calle della Regina, Santa Croce 2258

FONDAZIONE ERES Tue Greenfort. Medusa Alga Laguna Ca’ Sarasina, Castello 1228

CONSERVATORIO

BENEDETTO MARCELLO Uncombed, Unforeseen, Unconstrained Campiello Pisani, San Marco 2810

ATELIER MURANESE

Vera Molnár. Icône 2020

New Murano Gallery

Calle Alvise Vivarini 6, Murano

PALAZZO DONÀ BRUSA With hands, signs grow San Polo 2177

ASSOCIAZIONE SPIAZZI Without Women

Calle del Pestrin, Castello 3856

CAMPO DELLA TANA YiiMa Art Group. Allegoryof Dreams

Fino Until 20ottobre October Castello 2126/A (fronte ingresso Arsenale)

139

e xhibitions

193 GALLERY

Thandiwe Muriu

Hassan Hajjaj

Derrick Ofosu Boateng

The Colors of Dreams

Fino Until 28 ottobre October Zattere, Dorsoduro 556 www.193gallery.com

AKKA PROJECT African Identities Group

Exhibition

Fino Until 27 novembre November

Ca’ del Duca, Corte Duca Sforza San Marco 3052 www.akkaproject.com

BEL AIR FINE ART Carole Feuerman Richard Orlinski

Fino Until 27 novembre November

Calle dello Spezier, San Marco 2765 Dorsoduro 728 www.belairfineart.com

BIBLIOTECA MARCIANA/1 Federica Marangoni

Memory The Light of Time

Fino Until 27 novembre November

Sala Sansoviniana, Biblioteca Nazionale Marciana, Piazza San Marco

BIBLIOTECA MARCIANA/2 Erwin Wurm

Avatar

8 ottobre October-13 novembre November Sala Sansoviniana, Biblioteca Nazionale Marciana, Piazza San Marco

CA’ D’ORO

GALLERIA GIORGIO FRANCHETTI

Da Donatello a Alessandro Vittoria 1450 – 1600 150 anni di scultura nella

Repubblica di Venezia

Fino Until 30 ottobre October Calle Ca’ d’Oro, Cannaregio 3934 www.cadoro.org

CA’ PESARO/1 Bice Lazzari

Fra spazio e misura

Fino Until 23 ottobre October Galleria Internazionale d’Arte Moderna Santa Croce 2076 capesaro.visitmuve.it

CA’ PESARO/2 Afro 1950-1970

Dall’Italia all’America e ritorno

Fino Until 23 ottobre October Galleria Internazionale d’Arte Moderna Santa Croce 2076 capesaro.visitmuve.it

CASA DEI TRE OCI

Sabine Weiss

La poesia dell’istante

Fino Until 1 novembre November Giudecca 43 www.treoci.org

CASTELLO 925

Kaethe Kauffman

Yoga: Interiore Esterno

Fino Until 13 novembre November Fondamenta San Giuseppe, Castello 925 www.crosscontemporaryprojects.com

CENTRO CULTURALE CANDIANI

Kandinsky e le Avanguardie.

Punto, linea e superficie.

Fino Until 21 febbraio February, 2023 Piazzale Candiani, Mestre muvemestre.visitmuve.it

CHIESA DELLA PIETÀ

Carole Feuerman. My Stories

Fino Until 27 novembre November Cappella, Riva degli Schiavoni Castello 3701 www.belairfineart.com

CIPRIANI GIUDECCA

Subodh Gupta

Cooking the World

Fino Until 27 novembre November Giardino dell’Hotel Belmond, Giudecca 10

COMPLESSO

DELL’OSPEDALETTO/1 Penumbra

Fino Until 27 novembre November Ospedaletto CON/temporaneo Barbaria de le Tole, Castello 6691 inbetweenartfilm.com

COMPLESSO

DELL’OSPEDALETTO/2 Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh, Hesam Rahmanian ALLUVIUM

Fino Until 27 novembre November Ospedaletto Contemporaneo Barbaria de le Tole, Castello 6691 ogrtorino.it

EUROPEAN CULTURAL CENTRE (ECC)

Personal Structures

Reflections

Fino Until 27 novembre November Palazzo Mora, Strada Nova Cannaregio 3659 Palazzo Bembo, Riva del Carbon San Marco 4793 Giardini della Marinaressa, Riva dei Sette Martiri, Castello

FONDACO DEI TEDESCHI Leila Alaoui

Storie Invisibili/Unseen Stories Fino Until 27 novembre November Rialto (accanto al Ponte)

FONDACO MARCELLO Wallace Chan. Totem Fino Until 23 ottobre October Calle del Traghetto, San Marco 3415 www.wallace-chan.com

FONDATION VALMONT Peter Pan. La nécessité du rêve Fino Until 26 febbraio February, 2023 Palazzo Bonvicini, Calle Agnello San Polo 2161/A fondationvalmont.com

FONDATION WILMOTTE Bae Bien-U

Light of Grey/View of Venice Fino Until 27 novembre November Gallery, Fondamenta dell’Abbazia Cannaregio 3560 www.fondationwilmotte.com

FONDAZIONE BERENGO ART SPACE 7. GLASSTRESS

State of mind

Fino Until 27 novembre November Campiello della Pescheria 4, Murano www.fondazioneberengo.org

FONDAZIONE BEVILACQUA

LA MASA/1

DA> A

GLI ARTISTI DELLA

COLLEZIONE BEVILACQUA LA

MASA 1998 > 2018

8 ottobre October-4 dicembre December

Galleria di Piazza San Marco 71/C

FONDAZIONE BEVILACQUA

LA MASA/2

Saverio Tonoli

Tinture/Dyes

Fino Until 6 novembre November Chiostro SS. Cosma e Damiano Giudecca 620

FONDAZIONE BEVILACQUA

LA MASA/3

Out of Sight

Marina Ballo Charmet Walter Niedermayr

16 ottobre October-4 dicembre December Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826

FONDAZIONE EMILIO E

ANNABIANCA VEDOVA

Rainer - Vedova: Ora

Fino Until 30 ottobre October Magazzino del Sale e Spazio Vedova Zattere 266 www.fondazionevedova.org

FONDAZIONE PRADA Human Brains

It Begins with an Idea

Fino Until 27 novembre November Ca’ Corner della Regina, Santa Croce 2215 www.fondazioneprada.org

FONDAZIONE QUERINI

STAMPALIA

Danh Vo¯, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo

Fino Until 27 novembre November Campo Santa Maria Formosa Castello 5252 www.querinistampalia.org

GALLERIA ALBERTA PANE

Jojo Gronostay | David Horvitz | Luciana Lamothe | Eva L’hoest | Nicola Pecoraro | Enrique Ramírez Be Water, My Friend

8 ottobre October-23 dicembre December

Calle dei Guardiani, Dorsoduro 2403/h albertapane.com

GALLERIA A plus A Enej Gala Nevereverevereverevereverever learn

2 ottobre October-17 dicembre December Calle Malipiero, San Marco 3073 aplusa.it

GALLERIA CATERINA TOGNON

Lilla Tabasso

Fino Until 27 novembre November

Corte Barozzi, San Marco 2158 www.caterinatognon.com

140
Mostre a Venezia Not Only Biennale

GALLERIA RAVAGNAN

Bruno Catalano

Fino Until 27 novembre November Piazza San Marco 50/A Dorsoduro, 686 www.ravagnangallery.com

GALLERIE

DELL’ACCADEMIA/1

Anish Kapoor

Fino Until 9 ottobre October Campo della Carità, Dorsoduro 1050 www.gallerieaccademia.it

GALLERIE

DELL’ACCADEMIA/2

Ritsue Mishima

Glass Works

Fino Until 30 ottobre October Campo della Carità, Dorsoduro 1050 www.gallerieaccademia.it

GALLERIE

DELL’ACCADEMIA/3

Gianbattista Tiepolo

Circoncisione di Cristo

6 ottobre October

26 febbraio February, 2023 Campo della Carità, Dorsoduro 1050 www.gallerieaccademia.it

GIARDINI DELLA

MARINARESSA

Richard Orlinski

Solo exhibition

Fino Until 27 novembre November European Cultural Centre, Giardini della Marinaressa, Riva dei Sette Martiri www.belairfineart.com

IKONA GALLERY

Gli Halberstadt

Michèle che raggiunge Max

Fino Until 30 ottobre October Campo del Ghetto Nuovo Cannaregio 2909 www.ikonavenezia.com

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/1

Venini: Luce 1921-1985

Fino Until 8 gennaio January 2023 Le Stanze del Vetro lestanzedelvetro.org

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/2

Ai Weiwei

La Commedia Umana –Memento Mori

Fino Until 27 novembre November Abazia di San Giorgio Maggiore www.fondazioneberengo.org

M9 – Museo del ‘900/1 GUSTO! Gli italiani a tavola. 1970-2050

Fino Until 23 ottobre October Museo del ’900 Via Giovanni Pascoli 11 - Mestre www.m9museum.it

M9 – Museo del ‘900/2 Letizia Cariello (Letia) Fuso orario

Fino Until 25 novembre November Museo del ’900

Via Giovanni Pascoli 11 - Mestre www.m9museum.it

MAOV Museo d’Arte Orientale di Venezia

Vivaci Trasparenze: ceramiche di Yaozhou dalla Collezione Shang Shan Tang

Fino Until 23 ottobre October Ca’ Pesaro, Santa Croce 2076

MARIGNANA ARTE/1

QUAYOLA

Forze / Vettori / Cromie Tempeste digitali e moti in espansione

Fino Until 27 novembre November

Rio Terà dei Catecumeni Dorsoduro, 141 www.marignanaarte.it

MARIGNANA ARTE/2 Nancy Genn

Hand made papers 1981-1988

8 ottobre October

14 gennaio January, 2023 Project Room Rio Terà dei Catecumeni Dorsoduro, 141 www.marignanaarte.it

MUSEO CORRER/1 Huong Dodinh. Ascension

Fino Until 6 novembre November Sala delle Quattro Porte Piazza San Marco correr.visitmuve.it

MUSEO CORRER/2

Il libro di Bessarione in difesa di Platone: nell’officina dell’ultimo filosofo bizantino Fino Until 31 ottobre October Piazza San Marco correr.visitmuve.it

MUSEO CORRER/3 Venezia nelle fotografie di Massimo Listri Fino Until 20 ottobre October Piazza San Marco correr.visitmuve.it

MUSEO CORRER/4

Canova e Venezia 1822-2022 Fotografie di Fabio Zonta 29 ottobre October 5 febbraio February, 2023 Piazza San Marco correr.visitmuve.it

MUSEO DI STORIA NATURALE

GIANCARLO LIGABUE

The Living Sea Fotografia subacquea di Hussain Aga Khan

Fino Until 9 ottobre October Fontego dei Turchi, Santa Croce 1730 msn.visitmuve.it

MUSEO DEL VETRO

Tony Cragg Silicon Dioxide

Fino Until 16 ottobre October Fondamenta Giustinian 8, Murano museovetro.visitmuve.it

PALAZZO DIEDO Berggruen Arts & Culture Sterling Ruby. A Project in Four Acts

Fino Until 27 novembre November Santa Fosca, Cannaregio 2386 www.berggruen.org

PALAZZO DUCALE

Anselm Kiefer

Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce (Andrea Emo)

Fino Until 29 ottobre October Sala dello Scrutinio Piazzetta San Marco palazzoducale.visitmuve.it

PALAZZO FRANCHETTI/1 Antoni Clavé

Lo spirito del guerriero

Fino Until 23 ottobre October

ACP (primo piano), San Marco 2842 www.acp-palazzofranchetti.com

PALAZZO FRANCHETTI/2 ACP Green Art Award

Giorgio Andreotta Calò

Fino Until 27 novembre November ACP (primo piano), San Marco 2842 www.acp-palazzofranchetti.com

PALAZZO GRASSI

Marlene Dumas. open-end

Fino Until 8 gennaio January, 2023 Campo San Samuele, San Marco 3231 www.palazzograssi.it

PALAZZO GRIMANI/1 Mary Weatherford

The Flaying of Marsyas

Fino Until 27 novembre November Castello 4858/a polomusealeveneto.beniculturali.it/ musei/museo-di-palazzo-grimani

PALAZZO GRIMANI/2 Georg Baselitz. Archinto

Fino Until 27 novembre November Castello 4858/a polomusealeveneto.beniculturali.it/ musei/museo-di-palazzo-grimani

PALAZZO MANFRIN VENIER

Fondazione Anish Kapoor

Fino Until 9 ottobre October Fondamenta Venier, Cannaregio 342

PROCURATIE VECCHIE The Human Safety Net A World of Potential Piazza San Marco 1218/B www.thehumansafetynet.org

PUNTA CONTERIE ART GALLERY

Forme del bere

Fino Until 31 dicembre December InGalleria, Fondamenta Giustinian 1 Murano puntaconterie.com

PUNTA DELLA DOGANA Bruce Nauman: Contrapposto Studies

Fino Until 27 novembre November Dorsoduro 2 www.palazzograssi.it

SCALA CONTARINI DEL BOVOLO MIRESI | RADICI À rebours

8 settembre September 27 novembre November San Marco 4303 www.artecommunications.com

SCUOLA GRANDE DELLA

MISERICORDIA

Oscar Murillo. A Storm Is Blowing From Paradise

Fino Until 27 novembre Novembre

Scuola Grande della Misericordia Cannaregio 359 stormfromparadise.com

SPARC* Spazio Arte

Contemporanea Jacques Martinez

Stagione Ticinese/Paper

Landscapes

Fino Until 27 novembre November Santo Stefano, San Marco 2828A jacquesmartinez.com

SPAZIO BERLENDIS

Gwangju Biennale to where the flowers are blooming

Fino Until 27 novembre November Cannaregio 6301 gwangjubiennale.org

SPAZIO THETIS

gEnki

1st Annual METAVERSE Art

Fino Until 27 novembre November Officina Lamierini e Tesa 106 Arsenale Nord www.annualmetaverseart.com

ST. GEORGE ANGLICAN CHURCH

Mouna Rebeiz

The Soothsayer

Fino Until 27 novembre November Campo San Vio, Dorsoduro mounarebeiz.com

VENICE PHOTOGRAPHY

Paolo Della Corte

Michele Alassio

Fino Until 23 novembre November Ruga Giuffa, Castello 4745 www.venicephotography.it

VICTORIA MIRO

María Berrío

The Land of the Sun

Fino Until 29 ottobre October Il Capricorno Calle drio La Chiesa, San Marco 1994 www.victoria-miro.com

141

cc...

e

MUSEI IN FESTA

6, 23 ottobre; 3, 20 novembre

Torna l’iniziativa Musei in Festa: tutti i residenti dei 44 comuni della Città Metropolitana di Venezia e di Mogliano Veneto troveranno aperte le porte dei Musei Civici di Venezia, dei musei collegati e delle esposizioni temporanee comprese nel biglietto d’ingresso alle collezioni permanenti. www.visitmuve.it

KIDS DAY!

Ogni domenica la Collezione Guggenheim apre le porte ai più piccini per un ciclo di laboratori gratuiti in Museo, per bambini dai 4 ai 10 anni.

LASCIARE IL SEGNO

9 ottobre h. 11-15

Durante il laboratorio, ispirato all’opera Superficie 236 (1957) di Giuseppe Capogrossi, i bambini scopriranno lo stile peculiare dell’artista, in un divertente gioco d’incastri e ripetizioni!

IL PALAZZO NON FINITO DI PEGGY

16 ottobre h. 15-16.30

I bambini potranno scoprire le leggende e i miti che hanno segnato la storia di Palazzo Venier dei Leoni e, per l’occasione, saranno invitati a trasformarsi in giovani architetti.

LE MASCHERE DI PEGGY

23 ottobre h. 15-16.30

Il laboratorio accompagnerà i bambini alla scoperta delle maschere africane collezionate da Peggy Guggenheim per creare la propria maschera che li rappresenti al di là degli stereotipi.

DOPPIO SENSO

13 novembre h. 15-16.30

Visita tattile e laboratorio di scultura per bambini non vedenti, ipovedenti o vedenti in chiave inclusiva Collezione Peggy Guggenheim www.guggenheim-venice.it

CASA DELLE PAROLE

Casa delle Parole torna al Teatrino per nuovi appuntamenti mensili dedicati alla lettura di testi letterari provenienti da tutto il mondo. Ogni mese una selezione tematica di testi viene letta in lingua originale seguita dalla traduzione in italiano.

LA DANZA

11 ottobre h. 18.30

PRIGIONIERO

15 novembre h. 18.30 Teatrino di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

IL VELARIO VENINI

DI PALAZZO GRASSI

13 ottobre h. 18.30

Incontro dedicato al velario di Venini che nel 1951, in occasione dell’apertura di Palazzo Grassi come sede del Centro Internazionale delle Arti e del Costume, impreziosiva l’atrio. Il monumentale velario, costituito da migliaia di sfere in vetro di Murano, sarebbe poi stato smontato nel 1985, in occasione dei lavori di ristrutturazione. La storica del vetro Carla Sonego ricostruisce le vicende di questo straordinario manufatto, non più visibile da decenni e parzialmente riallestito in occasione della mostra Venini: Luce 1921-1985 a Le Stanze del Vetro fino all’8 gennaio 2023.

Teatrino di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

CANOVAVENEZIA 1822-2022

13 ottobre h. 9

Ateneo Veneto, Comitato Nazionale per le

celebrazioni del Bicentenario della morte di Antonio Canova presentano la Giornata di Studio CanovAvenezia. Dopo i saluti della Presidente Antonella Magaraggia e Vittorio Sgarbi, Nico Stringa coordina la sezione mattutina con interventi di:Giuseppe Pavanello, Giandomenico Romanelli, Maria Grazia Messina, Federico Piscopo, Paola Marini, Andrea Bellieni, Rosa Barovier Mentasti. A seguire, sezione pomeridiana coordinata da Paola Marini, con interventi di Fabrizio Malachin, Johannes Myssok, Mario Infelise, Paolo Mariuz, Guido Zucconi, Fernando Rigon Forte, Leonardo Mezzaroba, Nico Stringa. Aula Magna, Ateneo Veneto ateneoveneto.org

MATTEO UFOCINQUE CAPOBIANCO

13 ottobre h. 15-18

Matteo Ufocinque Capobianco conduce COSMO, un percorso artistico partecipativo finalizzato alla realizzazione di una grande installazione in tre dimensioni di carta e basato sul concetto di arte processuale. I partecipanti intervengono su piccoli moduli, con gesti semplici ed istintivi, realizzando uno o più elementi, che l’artista assembla, creando un cosmo di elementi che contaminano le pareti dello spazio. Teatrino di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

VENEZIA CITTÀ LABORATORIO

DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI

17 ottobre h. 17.30

Incontro pubblico. Modera Antonella Magaraggia, Presidente Ateneo Veneto Intervengono Nicola Pellicani, Carlo Giupponi, Paola Marini, Alessandro Costa. Aula Magna, Ateneo Veneto ateneoveneto.org

PORNOTERRORISMO

18 ottobre h. 20

Presentazione del libro Pornoterrorismo (D Editore). L’autrice Diana J. Torres incontra la compagnia Le Zoccole Dure. Libreria MarcoPolo, Dorsoduro 2899 www.libreriamarcopolo.com

IL PROCESSO DI CONDANNA

DI GIOVANNA D’ARCO

21 ottobre h. 20

Presentazione del libro Il processo di condanna di Giovanna d’Arco (Marsilio). L’autrice Teresa Cremisi conversa con la scrittrice Chiara Valerio. Libreria MarcoPolo, Dorsoduro 2899 www.libreriamarcopolo.com

HÉLÈNE DELPRAT

25 ottobre h. 18.30

Hélène Delprat, artista della Pinault Collection, incontra il pubblico al Teatrino di Palazzo Grassi per una conferenza dal titolo Me without me / io senza di me / moi sans moi, dedicata alla questione dell’immagine e la rappresentazione di sé attraverso l’uso di pratiche e dispositivi diversi. Teatrino di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

SANGUEMISTO

27 ottobre h. 20

Presentazione del libro Sanguemisto (La Nuova Frontiera) con l’autrice Gabriela Wiener.

Libreria MarcoPolo, Dorsoduro 2899 www.libreriamarcopolo.com

VISITE PER TUTTI

Una volta al mese una Visita per tutti invita a sperimentare linguaggi artistici diversi, così da percorrere le mostre con modalità creative: la danza e la performance, l’illustrazione e la fotografia stimolano uno sguardo alternativo e giocoso nell’incontro con le opere di Marlene Dumas e Bruce Nauman.

RACCONTI IN MOVIMENTO

29 ottobre h. 16

Visita guidata per tutti dedicata al movimento e alla performance, nelle sale della mostra Marlene Dumas. open-end a Palazzo Grassi.

REGOLE DELLA PERFORMANCE

26 novembre h. 16

Visita guidata dedicata alle regole della performance, nelle sale della mostra Bruce Nauman. Contrapposto Studies a Punta della Dogana. www.palazzograssi.it

EACH WORK IS A RISK

3 novembre h. 18.30

La storica dell’arte Elisabeth Lebovici, autrice del catalogo della mostra Marlene Dumas. open-end conduce una conferenza dedicata al lavoro di Dumas in mostra a Palazzo Grassi fino all’8 gennaio 2023. Teatrino di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

I LOVE YOU TOO

Conversazioni tra autrici 8 novembre h. 18.30

Palazzo Grassi – Punta della Dogana, l’Università Iuav di Venezia e M9 – Museo del ‘900, in collaborazione con Libreria MarcoPolo, presentano una serie di conversazioni tra autrici, ispirate ai temi delle loro più recenti pubblicazioni. In questo ambito, il Teatrino di Palazzo Grassi accoglie l’incontro tra Maria Luisa Frisa, autrice di Le forme della moda. Cultura, industria, mercato, comunicazione (Il Mulino, 2022), e Chiara Tagliaferri, autrice di Strega comanda colore (Mondadori, 2022). Teatrino di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

STRAPPI

23 novembre h. 18.30

Tra ottobre 2021 e maggio 2022 Palazzo Grassi ha portato a termine il progetto Strappi, il restauro aperto al pubblico di due affreschi di grandi dimensioni realizzati da Carlo Innocenzo Carloni (1687–1775) tra il 1740 e il 1745 per la Villa Colleoni Capigliata di Calusco d’Adda. L’intervento di restauro, particolarmente complesso e caratterizzato dall’uso di procedimenti innovativi, sarà illustrato al pubblico durante una serata dedicata.

Teatrino di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

IL TEATRO A PALAZZO GRASSI

30 novembre h. 18.30

La conferenza Chi è di scena: il teatro a Palazzo Grassi dagli anni ’60 agli anni ’80 dello scrittore, critico e performer Luca Scarlini indaga il periodo compreso tra gli anni ’60 e gli anni ’80, quando il Teatrino all’aperto di Palazzo Grassi ha ospitato numerosi protagonisti del teatro mondiale e importanti eventi teatrali - tra cui il Kabuki, il No, il teatro per bambini. Attraverso ricerche d’archivio, Scarlini ha ricostruito questa storia importante, quasi del tutto dimenticata. Teatrino di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

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Incontri, laboratori, presentazioni, festivals
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books

READINGS & REVIEWS

REBECCA WRAGG SYKES Neandertal. Vita, arte, amore e morte Bollati Boringhieri

Un viaggio straordinario iniziato con una fascinazione d’infanzia verso il passato; ha guadagnato slancio con la scoperta della ricchezza del Pleistocene; ed è infine diventato una carriera accademica spesa alla scoperta dell’archeologia dei Neandertal. L’Autrice ci accompagna in que sto viaggio scavando siti antichi, tenendo in mano gli eleganti manufatti che i Neandertal hanno lasciato. Dalla loro scoperta –avvenuta più di 160 anni fa – i Neandertal si sono trasformati, da perdenti dell’albero genealo gico umano, in ominini di serie A.

TELMO PIEVANI Serendipità. L’inatteso nella scienza Raffaello Cortina Editore

Quante volte ci è capitato di cercare qualcosa e trova re tutt’altro? Agli scienziati succede spesso: progettano un esperimento e scoprono l’inatteso, che di solito si rivela assai importante. Questo affascinante fenomeno si chiama serendipità, dal nome della mitica Serendip po da cui, secondo una favola persiana, tre principi partirono all’esplorazione del mon do. Nella storia della scienza molte grandi scoperte sono avvenute così. Le più sor prendenti storie di serendipità svelano infatti aspetti profondi della logica della scoperta scientifica. Non è solo fortuna: la serendipità nasce da un intreccio di astuzia e curiosità, di sagacia, immaginazione e accidenti colti al volo. La serendipità, soprattutto, ci svela che non sapevamo di non sapere.

BENJAMÍN LABATUT

Quando abbiamo smesso di capire il mondo Adelphi

C’è chi si indispettisce, come l’al chimista che all’inizio del Settecen to, infierendo sulle sue cavie, crea per caso il primo colore sintetico, lo chiama «blu di Prussia» e si rimette subito alla ricerca dell’elisir. C’è chi si esalta, come un brillante chimico al servizio del Kaiser, Fritz Haber, quando a Ypres constata che i nemici non hanno difese contro il composto di cui ha riempito le bombole. E c’è invece chi si rende conto, come il giovane Heisenberg durante la sua convalescenza a Helgoland, che probabilmente il traguardo è smettere di capire il mondo come lo si è capito fino a quel momento e avventurarsi verso una forma di comprensione assolutamente nuova.

PIETRO MARTIN Le 7 misure del mondo Edizioni Laterza

Da sempre misu riamo il mondo. Ci sono voluti però millenni perché due rivoluzioni, quella scientifica iniziata con Galileo e quella france se, avviassero il percorso per rendere il sistema di misura con diviso. Oggi con solo sette unità di misura fondamentali misuriamo e cerchiamo di comprendere la complessità e le meraviglie della natura, dal microcosmo delle particelle elementari ai confini dell’universo. Queste unità fonda mentali sono protagoniste di sette affasci nanti racconti che conducono il lettore in un viaggio alla scoperta della fisica e di come la scienza aiuti a costruire un futuro sostenibile e rispettoso dell’ambiente. Con un finale a sorpresa.

FRANCESCA BUONINCONTI

Senti chi parla. Cosa si dicono gli animali

Codice Edizioni

Il mondo animale pullula di messag gi. C’è chi canta come un usignolo, anche negli abissi, e chi utilizza casse di risonanza parti colari come la pro pria vescica. Altri si arrangiano con puzze e profumi, o lasciano parlare il proprio colore.

E c’è persino chi mente. Ma cosa si dicono? Davvero gli uccelli cantano ogni volta che aprono becco? Perché esiste il canto nel regno animale? Cosa passa per la testa di una gazzella inseguita da un predatore che, invece di scappare,inizia a saltare? I pesci sono davvero muti come dice il proverbio? I delfini si chiamano per nome?

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Il Premio Letterario Galileo per la divulgazione scientifica, giunto alla XVI edizione, ha selezionato le 5 migliori pubblicazioni di ambito scientifico pubblicati in Italia negli ultimi due anni. Il 15 ottobre a Padova la cerimonia di premiazione

serie,

creenings

AMSTERDAM

di David O. Russel (USA, Canada, 2022)

Ambientato negli anni ‘30, al centro la storia di tre amici: il medico Burt (Christian Bale), l’infermiera Valerie (Margot Robbie) e l’avvo cato Harold (John David Washington). Tutti loro sono testimoni di un omicidio, ma finiscono per diventare dei sospettati. È così che i tre, mentre cercano di ristabilire la loro reputazione, scopriranno di essere al centro di una delle trame più sconvolgenti della storia americana, capace di coinvolgere dinamiche e poteri che sfuggo no totalmente al loro controllo. Un film che vedremo alla Festa del Cinema di Roma e che annovera in un cast davvero stellare grandi volti del cinema contemporaneo come Anya Taylor-Joy, Robert De Niro, Rami Malek e molti altri.

Dal 27 ottobre al cinema

BABYLON BERLIN

La serie dallo stile noir ha ottenuto il favore della critica e l’apprezzamento degli spettatori sin dalla prima stagione, nel 2017. Il 15 ottobre viene diffusa la quarta stagione, che promette di tenere incollati alla poltrona gli spettatori che fino a questo momento hanno seguito l’intreccio fitto e appassionante degli eventi che ne scandiscono la trama. Ambientata a Berlino, negli anni a cavallo tra il Venti e il Trenta del Novecento, con la civiltà tedesca e mondiale sconvolta dai cambiamenti politici e sociali dovuti alle conseguenze della guerra, il commissario Gereon Rath dovrà confron tarsi con le tensioni di una società pervasa da complotti e lotte politiche, sullo sfondo delle rivendicazioni operaie.

Dal 15 ottobre | Sky Atlantic

LA STANZA DELLE MERAVIGLIE

In streaming fino al 28 ottobre, con due nuovi episodi ogni giorno per quattro giorni, la serie creata si presenta come una raccolta di otto sofisticate e sinistre narrazioni senza prece denti e che ridefiniscono il genere, destinate a sfidare le nozioni tradizionali di horror. Storie che vanno dal macabro al magico, dal gotico al grottesco o al classico creepy. «Vogliamo mostrare le realtà esistenti al di fuori del nostro mondo, le anomalie e le cose strane, – ha spiegato Guillermo del Toro, au tore di due delle storie – scegliendo e curando un insieme di storie e narratori per presentare questi racconti che provengono dal cosmo, dalle tradizioni soprannaturali o semplice mente dalle nostre menti. Ciascuno di questi otto racconti è una meravigliosa sbirciatina all’interno dell’armadietto delle meraviglie che esiste sotto la realtà in cui viviamo».

Dal 25 ottobre | Netflix

THE CROWN

«Buckingham Palace sta pubblicando la dichiarazione che, con dispiacere, il Principe e la Principessa del Galles si sono separati». Inizia così il trailer che annuncia la data di uscita della quinta attesissima stagione di The Crown : il prossimo 9 novembre. Le aspetta tive sono state rispettate, la nuova stagione che vedrà un cast tutto nuovo sarà incentrato proprio sul periodo più turbolento attraversato dalla monarchia.

La quinta stagione racconterà la fine del matrimonio tra Carlo e Diana, che nel nuovo cast saranno interpretati da Elizabeth Debicki e Dominic West.

Anche Elisabetta ha una nuova interprete, l’attrice Imelda Staunton che a 65 anni e dopo una lunga carriera debutta nel ruolo più impe gnativo, soprattutto dopo la morte di Elisabet ta II avvenuta l’8 settembre scorso .

Dal 9 novembre | Netflix

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Mi piacciono sempre gli outsider, le persone ai margini, ai confini. Volevo fare un film incentrato sulle nozioni di amicizia e di lealtà tra persone che hanno attraversato esperienze simili, ognuna a modo proprio David O. Russell
s
Film,
uscite in sala a cura di Davide Carbone SERIALE

IL COLIBRÌ

di Francesca Archibugi (Italia, Francia, 2022)

Tratto dal romanzo di Sandro Veronesi vincitore del Premio Strega 2020, il film racconta la vita di Marco Carrera (Pierfrancesco Favino), narrata tramite i ricordi dell’uomo in un percorso di vita che parte dai primi anni ‘70. Mentre si trova al mare, un Marco ragazzino conosce una sua coetanea, Luisa Lattes, una bambina bellissima e dal tem peramento particolare. È amore a prima vista e, nonostante i due non avranno mai modo di stare insieme, Marco resterà per sempre innamorato di lei. La sua compagna di vita sarà, infatti, un’altra don na, Marina, con cui dopo il matrimonio andrà a vivere nella Capitale e dalla quale avrà una figlia, Adele. Dal 14 ottobre al cinema

LA STRANEZZA

di Roberto Andò (Italia, 2022)

1920. L’omaggio per l’ottantesimo genetliaco di Verga è l’occasione per un ritorno in Sicilia di Luigi Pirandello. All’arrivo a Girgenti una notizia dolorosa, la morte dell’amata balia Maria Stella, lo porta ad incontrare due becchini, Nofrio e Bastiano, soggetti particolari che per diletto praticano anche il teatro. Un banale disguido impedisce e ritarda il funerale della balia e costringe lo scrittore ad addentrarsi con i due becchini nei gironi infernali della corruzione degli addetti al cimitero e poi ad attendere che l’incidente si risolva nella sua casa nella valle del Caos. Ossessionato da un’idea strana e ancora inde finita, la creazione di una nuova commedia, Pirandello trascorre lì ore inquiete e febbrili durante le quali si susseguono visioni spettrali, ricordi, malinconiche apparizioni.

Dal 27 ottobre al cinema

L’OMBRA DI CARAVAGGIO

di Michele Placido (Italia, Francia, 2022)

Siamo nell’Italia del XVII secolo, quella in cui l’artista Michelangelo Merisi in arte Caravaggio, era noto sia per la sua genialità che per il suo carattere sovversivo. Un uomo tormentato, trasgressivo e con un animo smosso da dissidi interiori, che lo hanno consacrato nel tempo come artista maledetto. È un ribelle Michelangelo Merisi (Ric cardo Scamarcio), che si ritrova costretto alla fuga a causa di una vita spericolata o, in altri versi, troppo vissuta. Dopo la condanna a morte per aver commesso un omicidio durante una rissa, il pittore si dà alla fuga, a un’esistenza clandestina per evitare la pena capitale. La sregolatezza di un genio, che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita tra i timori e i propri demoni, divenendo un’icona sovversiva tutt’oggi attuale.

Dal 3 novembre al cinema

DIABOLIK. GINKO ALL’ATTACCO

dei Manetti Bros. (Italia, 2022)

Il film diretto da Antonio e Marco Manetti segue ancora una volta il ladro e genio del crimine Diabolik (Giacomo Gianniotti, che prende il posto di Luca Marinelli, protagonista del primo capitolo) e la sua amata complice Eva Kant (Miriam Leone) in una nuova avventura, mentre l’ispettore Ginko (Valerio Mastandrea) non smette di seguire le loro tracce, deciso ad arrestarli una volta per tutte. In questo secondo capitolo ecco Monica Bellucci nei panni di Altea, eterna fidanzata dell’ispettore, nobildonna stravagante e anticonvenzionale, dal carattere forte e dal grande carisma.

Dal 17 novembre al cinema

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7-DAY WEEKEND

148 design &more Venice Design Week, Festival dei Giardini, Venice Fashion Week a cura di Mariachiara Marzari

Di settimana in settimana, Venezia si mostra nelle sue molteplici speci ficità: arte, vetro e ora design, giardini e fashion. Anticamente conosciuta in ogni dove per la sua capacità di creare e far sue eccellenze in tutti i campi dell’alto artigianato artistico, la città mostra oggi, proprio attraverso queste “settimane” intense di scambi e di presentazioni di “creazioni” in forma di evento, la strada da intraprendere per essere nuovamente il polo creativo dell’eccellenza a carattere internazionale.

La vocazione è nel DNA e le dimensioni della città sono perfette per lo sviluppo (o il recupero) di un tessuto artigianale a carattere industriale, che ancora resiste ma che potrebbe ampliarsi mirando a crescere come settore produttivo, volano di economie e di residenzialità. Non solo vetrina, anzi energia pura per la città: la forza arriva dalle idee e Venezia dimostra con queste iniziative private, promosse dalla capacità di singoli o di associazioni, di voler ritrovarsi proprio in queste “settimane” per recuperare le originali e incredibili radici di città unica al mondo.

VENICE DESIGN WEEK, organizzata dall’Associazione Culturale Arte e Design, ruota in questa edizione attorno al tema Origini: un viaggio nella creatività dallo slow design alla sostenibilità, animando dall’1 al 9 ottobre il tessuto cittadino con mostre ed eventi dedicati. Designer da tutto il mondo, artigiani, architetti e pubblico sono invitati a portare il loro contributo al dialogo tra tecnologia e tradizione, in cui i tipici sistemi di pro duzione locale vengono abbinati alle innovazioni tecniche in una prospettiva di crescente sostenibilità ambientale e culturale. Ambiente, intelligenza artificiale, design per il benes sere della persona e destino dell’artigianato nelle città turistiche sono i focus delle con ferenze organizzate con esperti e storici del settore. Le sedi espositive sono disseminate per Venezia, con specifici percorsi tematici come quello dedicato alla “Luce” o quello del “Gioiello”, incentrato sull’artigianato dei maestri orafi, che prevede anche il concorso VDW Jewerly Selection, giunto alla nona edizione. www.venicedesignweek.com

Il FESTIVAL DEI GIARDINI VENEZIANI, promosso e sostenuto da Wigwam Club Giardini Storici Venezia, giunto alla sua 13. edizione, dal 7 al 9 ottobre offre uno speciale sguardo su Venezia è un giardino del mondo. Nell’arco delle tre giornate si susseguono incontri e visite private alla scoperta dei diversi giardini della città e delle tante piante arrivate da altri continenti, testimonianza vivente di una civiltà fondata su scambi commerciali e fruttuose contaminazioni di stili e culture. Accompagnati da paesaggisti, giardinieri e autori è possibile indagare la tipica forma del “giardino alla veneziana” nelle visite esclusive ai prestigiosi esempi della Fondazione Giorgio e Armanda Marchesani e dell’Excess Venice Boutique Hotel a Dorsoduro; del celebrato giardino di Palazzo Albrizzi a San Polo; a Cannaregio del Giardino Rosso e del Madama Garden Retreat. www. giardini-venezia.it

VENICE FASHION WEEK. La parola “fashion”, dal Middle English fare, forma e apparenza, deriva dal francese antico façon, che a sua volta affonda le sue radici etimo logiche nel latino facere. “Fashion” è un concetto che caratterizza il tempo in cui stiamo vivendo e da cui tutti i campi, economici e non, attingono. Venezia è sempre stata im portante per la moda e l’artigianato, dai tessuti di produzione veneziana a quelli importati dall’Oriente, dai travestimenti mascolini delle meretrici nel ‘500 allo sfarzo del ‘600 che scatenò l’ira divina, comportando limitazioni che si estendevano perfino al guardaroba della dogaressa. Dal 19 al 29 ottobre Venice Fashion Week 2022. Nuovi stili di vita per il futuro ribadisce il ruolo storico di Venezia come città della creatività. Venezia da Vivere organizza la settimana portando da 10 anni pubblico, istituzioni e stampa a scoprire la moda sartoriale e sostenibile, designer emergenti, artigiani e brand internazionali in un programma di sfilate, cocktail, conferenze, location innovative e mostre tenute nei palazzi e atelier veneziani. www.venicefashionweek.com

Dettagli di stile

Che Venezia sia una città del tutto fuori dai confini dell’ordinario è evidente sin dalla sua conformazione urbanistica, così come è noto che i suoi abitanti, per quanto merce rara, vivono la contemporaneità im mersi nel passato con totale naturalezza. La quasi totalità delle abitazioni ha origini secolari e gli intrecci con la modernità stu piscono gli osservatori non abituati a simili inusuali commistioni. A tutti i veneziani, di nascita o per scelta di vita, Servane Giol dedica la sua nuova pubblicazione: Un in vito a Venezia per Marsilio Arte. Chi meglio di lei, parigina di nascita e veneziana da molti anni, con splendida casa affacciata sul Canal Grande, può raccontare le sug gestioni di una città che non finisce mai di svelare i suoi tesori nascosti, ben conser vati nelle residenze private, che per una volta si offrono all’obbiettivo del fotografo Mattia Aquila, guidati dal tocco delicato di Giol che si insinua con garbo tra i dettagli di uno stile veneziano che rimane ancora unico dopo molti secoli?

Attraverso accurate ricerche condotte negli archivi Arrivabene e Frigerio Zeno, Servane Giol ha potuto svelare, almeno in parte, il modus vivendi degli abitanti di quei meravigliosi palazzi durante il Novecento, la loro raffinata arte del ricevere, in cui giocano un ruolo fondamentale gli oggetti legati all’artigianato e a tutte le eccellenze cittadine. Un’arte del ricevere ancora viva, come testimoniano le tavole apparecchiate con magnificenza fotografate nel volume. Il libro si apre con la prefazione di Pierre Rosenberg, cui segue il testo introduttivo dell’autrice e si articola in tre capitoli che descrivono lo straordinario modo di vivere veneziano sotto diverse angolazioni. F.M.

Servane Giol

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Un invito a Venezia Marsilio Arte, 2022

Gusto!

Gli italiani a tavola.

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1970�2050
151 M9 Museo del ’900 25.3> 25.9.22 a cura di Massimo Montanari e Laura Lazzaroni Media partnerIn collaborazione con Mostra ideata e prodotta daM9 è un progetto di Main sponsor Con il supporto diCon il patrocinio di M9Museo del ’900 via G. Pascoli 11 Venezia Mestre www.m9museum.it info@m9museum.it t. 041 0995941

Mensile di cultura, spettacolo e tempo libero Numero 268-269 - Anno XXVI Venezia, 1 Ottobre 2022

Con il Patrocinio del Comune di Venezia Autorizzazione del Tribunale di Venezia n. 1245 del 4/12/1996

Direzione editoriale Massimo Bran

Direzione organizzativa Paola Marchetti

Relazioni esterne e coordinamento editoriale Mariachiara Marzari

Redazione

Chiara Sciascia, Davide Carbone

Speciali Fabio Marzari

Coordinamento Newsletter e progetti digitali Marisa Santin

Grafica Luca Zanatta

Hanno collaborato a questo numero

Katia Amoroso, Maria Laura Bidorini, Silvia Baldereschi, Loris Casadei, Sergio Collavini, Matilde Corda, Elisabetta Gardin, Renato Jona, Paolo Lucchetta, Franca Lugato, Elena Migotto, Sara Sagrati, Francesco Santaniello, Aurora Sartori, Livia Sartori di Borgoricco, Fabio Di Spirito, Cesare Stradaioli, Camillo Tonini, Luisa Turchi, Andrea Zennaro

Si ringraziano

Giulio Manieri Elia, Fortunato Ortombina, Ai Weiwei, Adriano Berengo, Hassan Hajjaj, Nicola Pellicani, Juan Gómez-Jurado, Leo Colovini, Andrea Balbi, Aldo Reato, Oscar De Pellegrin

Traduzioni Andrea Falco

Foto di copertina

Ai Weiwei, La Commedia Umana – Memento Mori, courtesy Fondazione Berengo, Photo Edward Smith

lo trovi qui: Bookshop Gallerie dell’Accademia; Qshop (c/o Querini Stampalia, Santa Maria Formosa); Alef (c/o Museo Ebraico, zona Ghetto); Mare di Carta (Fondamenta dei Tolentini); Studium (zona S. Marco); Toletta, Toletta Cube e Toletta Studio (zona Campo San Barnaba) e in tutte le edicole della città.

Direttore responsabile Massimo Bran Guida spirituale

“Il più grande”, Muhammad Alì

Recapito redazionale

Cannaregio 563/E - 30121Venezia tel. +39 041.2377739 redazione@venezianews.it www.venezianews.it

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Stampa Chinchio Industria Grafica Srl

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Redazione Venezianews

La redazione non è responsabile di eventuali variazioni delle programmazioni annunciate

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