CARDIOCHIRURGIA REGGINA
VIVI BENE · Trimestrale di salute e benessere · Testata registrata al Tribunale di Reggio Calabria n. 4/2016 · Anno IV - Dicembre 2019
Il dott. Fratto: “In Calabria tanta professionalità”
MALANNI DI STAGIONE, LA PAURA DEI GENITORI: “Dottore, mio figlio è sempre malato”
MANGIARE PICCANTE? CERTO CHE SI
L’ORO ROSSO FA BENE ALLA MENTE E AL CUORE
CERETTA DOLORE ADDIO
5 METODI EFFICACI
BAMBINI AL PRONTO SOCCORSO
Quando portarli?
SOMMARIO SALUTE
4 SPORT E TIROIDE. FUNZIONI, EFFETTI E BENEFICI. PAROLA ALL’ESPERTO ························································································································ 6 INIEZIONI ADDIO? IN ARRIVO LA PILLOLA CHE ‘ABBATTE’ L’AGO ························································································································ 8 I MALANNI DI STAGIONE, LA PAURA DEI GENITORI: “DOTTORE, MIO FIGLIO È SEMPRE MALATO”
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10 BAMBINI AL PRONTO SOCCORSO. QUANDO È GIUSTO PORTARLI? ························································································································ 12 OSTEOPATIA PEDIATRICA. DOLCE TRATTAMENTO PER BAMBINI E NEONATI. COSA CURA E QUANDO È UTILE
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14 LEZIONI DI RESPIRO. AUTOMATISMO ISTINTIVO, MA SI PUÒ SBAGLIARE ························································································································ 16 I CONSIGLI DELL’ESPERTO PER SCEGLIERE LE LENTI A CONTATTO ························································································································ 18 INSUFFICIENZA VENOSA? GAMBE IN FORMA CON LE CALZE ELASTO-COMPRESSIVE (PREVENTIVE E TERAPEUTICHE)
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MAI PIÙ SENZA DENTI. PROTESI MOBILI, FISSE O ‘FLEX’. QUALE SCEGLIERE? L’INTERVISTA
CARDIOCHIRURGIA REGGINA. IL DOTT. FRATTO: “EVITATE I PREGIUDIZI. IN CALABRIA C’È TANTA PROFESSIONALITÀ” ALIMENTAZIONE
MERENDA, LO SPUNTINO (PERFETTO) SANO E NUTRIENTE 8 CONSIGLI PER PREPARARLA
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MANGIARE PICCANTE? CERTO CHE SI L’ORO ROSSO FA BENE ALLA MENTE E SOPRATTUTTO AL CUORE
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SUPERFOOD: LE PROPRIETÀ DELL’ALGA SPIRULINA ECCELLENTE INTEGRATORE ALIMENTARE NATURALE BENESSERE
28 CAPELLI DEL NEONATO. TRA PRIMO TAGLIO, LAVAGGIO E CURE SPECIFICHE ························································································································ 29 GIOVANNI BRANCATO. LO ‘SQUALO’ NUTRIZIONISTA CHE AMA L’ACQUA E L’AMBIENTE ························································································································ 32 COPPIA E COMUNICAZIONE. CHIAMAMI ANCORA AMORE QUANDO L’ESSENZIALE È DIRSI ‘TI AMO’
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34 CERETTA DOLORE ADDIO. 5 METODI EFFICACI ························································································································ 35 DANZATERAPIA. BENESSERE GLOBALE TRA MOVIMENTO E ASCOLTO COS’È E A COSA SERVE
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VIVIBENE
SPORT
MINIBASKET, ALZIAMO IL TIRO. IL MONDO DEI RAGAZZI SOTTO CANESTRO #InCittà
REPERTI SULLO STRETTO. RIAFFIORANO NAVI E ANTICHE ANFORE IL MIBACT STANZIA 100 MILA EURO
#HAPPINESSALUTE
SICUREZZA, UN ‘BIP’ PER SALVARE I NOSTRI FIGLI. MA QUANDO CI SVEGLIEREMO? VIVI BENE Trimestrale di salute e benessere Testata registrata al Tribunale di Reggio Calabria n. 4/2016 Anno IV - Dicembre 2019 Editore Farmacia Fata Morgana dei Dottori Elvira Caridi e Mario Pulitanò Caridi s.n.c. Via Osanna, 15 · 89127 Reggio Calabria www.farmaciafatamorgana.it Direttore Responsabile Vincenzo Comi Farmacia Fata Morgana Hanno collaborato: Dott.ssa Giovanna Barillà Dott. Mario Pulitanò Caridi Dott.ssa Consuelo Ieracitano Dott. Fortunato Nato Dott.ssa Maria Teresa Piane Dott.ssa Annamaria Russo Dott.ssa Antonella Siciliano Redazione: Daniela Gangemi Pasquale Romano Contributi di: Dott. Antonio Balestrieri Dott. Francesco Catanoso Dott.ssa Marika Micalizzi Dott.ssa Maria Celeste Paviglianiti Dott. Demetrio Plutino Dott. Giuseppe Quattrone Dott. Antonio Virduci Grafica KGMarketing · www.kgmarketing.it Pubblicità KGMarketing direzionekgmarketing@gmail.com 347.0942756
di Vincenzo Comi
Quale genitore ‘sano di mente’ lascerebbe il proprio figlio in macchina? Come è possibile solo lontanamente dimenticare quello che di più caro al mondo esiste dentro la propria autovettura? È la domanda che tutti noi ci siamo posti all’arrivo della legge che obbliga a dotarsi del seggiolino anti-abbandono. Eppure l’allarme c’è ed esiste. Anche se i casi di abbandono in Italia, nell’ultimo anno sono solamente otto, il principio secondo cui “la sicurezza prima di tutto” vince sui dubbi nati negli ultimi mesi in merito al successo o all’insuccesso dei seggiolini anti–abbandono. Anche solamente una vita salvata dal dispositivo infatti placherebbe ogni polemica al riguardo. I dubbi sul nuovo aggeggio tuttavia sono tanti ed è già pronta una petizione che chiede l’abrogazione della legge ‘anti-abbandono’. Secondo molti i seggiolini costringono i bambini ad un contatto diretto con le onde elettromagnetiche e dunque ad elevati rischi per la salute del proprio piccolo. A nostro avviso affidarsi al miglioramento dell’attenzione dei genitori e del proprio stile di vita evitando black-out, piuttosto che alla tecnologia, sarebbe forse preferibile.
Che sia in macchina, in giardino o dentro la propria abitazione il problema della sicurezza dei più piccoli esisterà sempre e per questo non può e non deve essere trascurato. Il nostro compito dunque, quello dei genitori, dei nonni, dei babysitter, delle maestre e degli istruttori è fare in modo che ogni luogo sia a misura di bambino per salvaguardare le loro distrazioni, con o senza tecnologia. Quanto alle distrazioni dei più grandi invece, se da un lato siamo in grado di ricordare password, mail, profili social, conto corrente on-line, blocco del telefono e così via, dall’altro corriamo il rischio di dimenticare nostro figlio sul seggiolino della macchina. Indice e testimonianza di una società tutt’altro che ‘sana’. Vivere bene vuol dire allontanare lo stress che porta a pazzie di questo genere. Questa follia ha un nome, si chiama amnesia dissociativa, il male dei nostri frenetici e snervanti giorni. Al di là dei facili moralismi, abbiamo completamente perso di vista le cose davvero importanti, a cominciare da noi stessi. Ben venga il seggiolino anti-abbandono ma le patologie (perché di questo parliamo) vanno curate caso per caso. Chi ne pagherà le conseguenze? Di sicuro i nostri figli se non ci sveglieremo.
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SALUTE
SPORT E TIROIDE
Funzioni, effetti e benef ici PAROLA ALL’ESPERTO
di Daniela Gangemi - Il binomio sport e tiroide è senza dubbio poco noto, ma rappresenta invece un legame molto significativo, che va preso in considerazione quando si pratica un’attività agonistica o amatoriale. Incontriamo il dott. Domenico Tromba (endocrinologo responsabile del Day service Tiroide presso casa della salute di Siderno-Consigliere ordine dei medici di R.C-Membro da Unime) per approfondire la correlazione tra sport e tiroide nel corso di un importante evento di prevenzione che si è svolto a novembre a Reggio Calabria. “Sebbene la maggior parte delle persone ignori funzioni ed effetti degli ormoni tiroidei questi ultimi sono sostanze indispensabili per ogni tipo di azione o processo corporeo. Una normale funzione tiroidea risulta quindi essenziale per una pratica sportiva salutare ed efficace a qualunque livello essa sia praticata. E se la tiroide non dovesse funzionare a dovere, la terapia ormonale sostitutiva con levotiroxina o triiodiotironina può risultare fondamentale”. A cosa serve la ghiandola tiroide? “La tiroide ha la funzione di produrre gli ormoni tiroidei, che prendono il nome di T3 e T4, chiamati anche triiodotironina e tiroxina. La funzione degli ormoni è regolata dal TSH prodotto dell’ipofisi. Il TSH è regolato a sua volta dal TRH, ormone prodotto dell’ipotalamo”. Quali sono le azioni fisiologiche degli ormoni tiroidei? “La produzione di un’adeguata quantità di ormoni tiroidei è indispensabile al normale accrescimento corporeo, allo sviluppo e alla maturazione di veri organi e apparati. L’ipotiroidismo durante la vita fetale o neonatale provoca un arresto irreversibile della maturazione dell’encefalo con gravi conseguenze sullo sviluppo intellettivo”. 4
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Quindi per fare sport: la tiroide è importante? “Per una corretta e sana attività sportiva è essenziale una normale funzione tiroidea. In caso di ipotiroidismo, l’organismo non riuscirà a perforare uno sforzo muscolare adeguato, non avendo sufficienti riserve di energia e zuccheri circolanti. In caso di ipertiroidismo, gli elevati livelli di ormoni tiroidei, aumentano la già fisiologica tachicardia che insorge in corso di esercizio fisico, riducendo la durata dello sforzo ed esponendo la persona a rischio aumentato di aritmie ventricolari maligne. Appare quindi chiaro che prima di intraprendere una attività fisica costante nel tempo, specialmente se a livello agonistico, è consigliabile dosare almeno una volta il TSH reflex, e se, quest’ultimo è alterato, anche gli ormoni tiroidei e gli anticorpi”. I disturbi della tiroide possono quindi incidere sulle prestazioni sportive? “Come è noto, l’esercizio fisico è un fattore che regola l’assunzione e il consumo di energia; praticare sport, infatti, influenza la nostra capacità di metabolizzare macronutrienti come glucosio, lipidi e proteine. Per questi motivi, un esercizio fisico intenso e, o, di lunga durata cambia inevitabilmente anche la risposta del nostro sistema endocrino alle modifiche metaboliche”. Consigli per non rinunciare all’attività sportiva in caso di malfunzionamento della tiroide? “In via preliminare, diciamo come non esistono indicazioni specifiche se non quelle di consultare il medico, qualora si evidenzia uno stato di malessere ed una incapacità di adattamento adeguato alla pratica sportiva. Qualunque sportivo anche e soprattutto nella fase iniziale è tenuto a verificare, con opportuni esami ematochimici, la funzione tiroidea, soprattutto se esiste una familiarità positiva ed eventuale successivo consulto con lo specialista endocrinologo, per la terapia atta a dare la possibilità di poter praticare una attività sportiva anche in caso di malfunzionamento della ghiandola”.
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SALUTE
INIEZIONI ADDIO? In arrivo la pillola che ‘abbatte’ l’ago Siamo ancora in una fase di ricerca ma le sperimentazioni, al momento, sono soddisfacenti. Lo studio parte, come sempre, da oltreoceano, dove già da qualche anno si sta cercando di mettere in cantina aghi e siringhe attraverso un sistema alternativo di farmaci in pillole.
gendo un gruppo di 20 persone a cui è stata somministrata una versione della pillola priva di sostanze medicinali e non ci sono stati problemi nel deglutire la capsula, nel farla uscire e, cosa più importante, nessuna sensazione quando il pallone si è gonfiato e sgonfiato.
E presto, forse, potremo dire addio alle iniezioni sottocutanee. Il merito va all’inventore Mir Imran, ed alla sua compagnia, la Rani Therapeutics, situata in California a San Jose.
Secondo Imran il prossimo obiettivo è quello di testare la pillola con l’aggiunta del medicinale e sviluppare inoltre un sensore wireless miniaturizzato in corrispondenza del modulo che contiene il micro ago.
Il dispositivo innovativo in questione (Ranipill) è una pillola ingeribile dotata di uno speciale rivestimento che ne protegge l’integrità nel passaggio all’interno dell’ambiente acido dello stomaco. Una volta nell’intestino, il pH raggiunge il valore di circa 6,5 ed il meccanismo si attiva: il rivestimento si dissolve liberando un palloncino polimerico inizialmente sgonfio. L’ambiente intestinale contribuisce poi ad attivare la reazione chimica che produce biossido di carbonio. In questo modo il palloncino si gonfia e la pressione sviluppata permette ad un micro ago dissolvibile, che conterrà il medicinale, di penetrare la parete intestinale. I rimanenti detriti della pillola verranno poi facilmente espulsi nell’arco di pochi giorni. I primi test sull’essere umano sono stati già effettuati coinvol6
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In questo modo, sarà anche possibile ricevere una notifica quando il medicinale è stato effettivamente somministrato, così da avere un monitoraggio continuo della terapia. I pazienti con diabete dunque potranno dire addio, un domani non troppo lontano, alle iniezioni di insulina evitando così di bucarsi la pelle più volte al giorno. Gli studi ipotizzano che oltre a migliorare la qualità di vita delle persone diabetiche, le pillole possano andare anche a diminuire gli effetti collaterali legati all’attuale uso di iniezioni. Una scoperta rivoluzionaria quindi che in futuro stravolgerà le abitudini di milioni di persone.
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SALUTE
MALANNI DI STAGIONE, LA PAURA DEI GENITORI:
“Dottore, mio figlio è sempre malato”
Negli ambulatori dei pediatri si presentano molto spesso genitori esasperati che sentono la necessità di visitare il bambino perché “si ammala spesso”. Nella richiesta di papà e mamma si avverte la necessità di escludere patologie importanti che compromettono le difese immunitarie. Spesso si tratta di bambini fra i 3 e i 5 anni che si ammalano in coincidenza della scolarizzazione. Durante l’inizio della prima stagione fredda il bambino, attraverso la scuola, incontra infatti una miriade di virus a lui sconosciuti. L’incontro determina una risposta flogistica che si presenta con i ‘malanni di stagione’ ovvero con infezioni delle alte vie aeree. Non sono mai patologie importanti dal punto di vista del medico, ma sono fastidiose per il bambino. Con l’elevata frequenza delle aule scolastiche, i bambini hanno febbre, mal di gola e scolo mucoso dal naso. In posizione supina, ovvero quando dormono, il muco scivola nella gola provocando tosse catarrale. Disturba molto ma non è pericolosa e non è tale da essere sedata con prodotti anti tussigeni. Non vi è indicazione, in pediatria, dell’uso dei sedativi della tosse, a meno che non siano prescritti dal pediatra e sotto la sua attenta e vigile osservazione. Ma perché i bambini non possono usare i sedativi della tosse? L’albero bronchiale è fornito in tutto il suo percorso dai cosiddetti recettori della tosse. Situati in abbondanza nel retro-faringe, hanno il compito di impedire ai muchi, prodotti durante una infezione (virale) delle prime vie aeree (rinite, rinofaringite), di scivolare verso le basse vie respiratorie (bronchi, bronchioli, alveoli polmonari) determinando patologie ben più importanti. Come fanno? Il muco scivolando nella gola stimola i recettori che producono un riflesso espiratorio molto potente capace di espellere dalle pareti i muchi prodotti. Ecco che i sintomi delle infezioni delle alte vie aeree sono caratterizzati prevalentemente da tosse. I recettori della tosse sono dei “cani da guardia” messi nella gola per impedire che “il ladro” entri nelle basse vie respiratorie. Quando bisogna preoccuparsi? Quando andare dal dottore? Le preoccupazioni di mamma e papà sono facilmente comprensibili ma, al contrario, quasi sempre non ne hanno motivo clinico. 8
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Spesso la mamma arriva dal dottore chiedendo “possiamo sentirgli le spalle?”. Tale richiesta, pur non avendo alcun significato semiologico, riferisce al medico quale è la preoccupazione che ha indotto la richiesta di visita medica. Il “sentire le spalle” è la dizione popolare dell’auscultazione del torace il cui obiettivo clinico, tra l’altro, è quello di percepire rumori intratoracici causati dall’aria che entra nell’apparato respiratorio. Serve pertanto, per semplificare, ad escludere patologie delle basse vie aeree ovvero broncopolmonite, bronchite asmatica, pleurite, ecc… Ma queste importanti patologie hanno la caratteristica di rendere il bambino “veramente sofferente” e quasi mai il sintomo tosse è predominante. Al contrario le infezioni delle alte vie respiratorie disturbano il bambino (ed i suoi genitori) ma meritano soltanto un’attenzione relativa e non necessariamente da trattare. I sintomi presenti nelle infezioni delle alte vie respiratorie ovvero tosse e febbre, sono meccanismi di difesa che l’organismo applica, disturbano un pò, ma servono a far guarire prima il bambino. Si può aiutare con interventi che favoriscono l’espulsione dei muchi attraverso la fluidificazione locale con prodotti a base di acqua in formulazione isotonica (soluzione fisiologica allo 0,9%) o con soluzioni ipertoniche (soluzione al 3%) in spray nasale. Anche bere molto aiuterà il bambino a fluidificare i muchi; inoltre può essere utile far inalare vapore d’acqua riscaldato, creando una specie di bagno turco in casa. Ricorrete all’intervento medico quando il bambino mostra segni di sofferenza in primo luogo dispnea ovvero aumento della frequenza respiratoria specie se vengono utilizzati i muscoli respiratori accessori. Genitori, state tranquilli e non allarmatevi al primo muco. Nella maggioranza dei casi sono solo ‘malanni di stagione’. Dott. Giuseppe Quattrone Specialista in Pediatria Via Giudecca 18 · Reggio Calabria Cell. 393.9926007
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SALUTE
BAMBINI AL PRONTO SOCCORSO Quando è giusto portarli?
L’amore incondizionato e viscerale che si ha per i propri figli può determinare, in maniera errata, la scelta di portare il bambino al pronto soccorso e l’apprensione può spesso farci sbagliare nella valutazione dei sintomi. Mettiamo subito in chiaro un principio: l’urgenza dipende dall’età. I sintomi, ad esempio come febbre, tosse, vomito o diarrea, rientrano nell’emergenza sotto i 6 mesi di vita. Successivamente si potranno risolvere attraverso il consulto di un pediatra. Valutare lo stato generale è senza dubbio tra le prima cose da fare. Se il bambino è attivo, è improbabile che abbia qualcosa di grave. Discorso a parte va fatto invece per i neonati. Tutti i sintomi infatti, come detto, sono da ritenersi più gravi nei bambini di pochi mesi. Se il bambino presenta sintomi allarmanti, è consigliato chiamare prima il pediatra, o chiamare il 118. Una telefonata permette di ottenere, da personale competente, le giuste informazioni sul modo di comportarsi in attesa dell’ambulanza. È chiaro che, in caso di emergenze, ovvero quelle che mettono a rischio le funzioni vitali, è necessario recarsi presso l’ospedale più vicino. 1 0
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Bisogna andare al Pronto Soccorso dunque in caso di traumi al torace, cranici e agli arti, dopo un incidente in auto, anche se lieve, in caso di ustioni o bruciature. In caso di febbre alta e se la temperatura non si abbassa, a qualsiasi età, è necessario andare al Pronto Soccorso. È necessaria un visita urgente anche quando un bambino appena nato ha la febbre o ha una temperatura inferiore a 35,5 gradi. Gli altri sintomi per cui è meglio portare il bambino al Pronto Soccorso sono: forti difficoltà respiratorie, vomito con sangue, convulsioni febbrili, diarrea o feci con sangue, diminuzione del livello di coscienza accompagnato da sintomi gravi, tosse con sangue. È consigliabile invece chiamare prima il pediatra in caso di mal d’orecchio o di gola, leggeri sintomi influenzali, raffreddore, nausea, vomito o diarrea leggeri, mal di stomaco passeggero o lieve mal di testa. In questi casi, in genere basta una telefonata al proprio pediatra o alla guarda medica di riferimento. Trasmettete in ogni caso tranquillità e serenità al bambino e siate il più possibile collaborativi con medici ed infermieri.
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SALUTE
OSTEOPATIA PEDIATRICA DOLCE TRATTAMENTO PER BAMBINI E NEONATI Cosa cura e quando è utile L’osteopatia pediatrica utilizza trattamenti delicati adatti a tutte le fasce d’età. L’approccio osteopatico è naturale e non invasivo e corregge problemi posturali evitando così inconvenienti in età adulta. L’osteopatia rappresenta un valido e prezioso intervento in disturbi ricorrenti quali: problemi respiratori, otiti, riniti e faringiti, scoliosi, problemi posturali, disturbi del sonno, disturbi dell’apparato gastro-enterico, ritardo nello sviluppo fisico e intellettuale, problemi urinari, disturbi comportamentali e difficoltà nell’apprendimento. L’osteopatia è una medicina naturale – complementare – che si occupa dei problemi strutturali e meccanici del corpo umano. Si avvale di una metodologia dolce e priva di effetti collaterali in quanto non fa uso di farmaci per la cura delle varie patologie e studia l’individuo nel suo complesso, analizzando le cause delle disfunzioni o dei disturbi, cercando di ristabilire l’equilibrio dell’organismo. L’osteopatia pediatrica, nello specifico, si avvale di una valutazione generale delle condizioni fisiche del bambino prendendo in esame non solo l’apparato scheletrico e muscolare, ma anche l’aspetto neurologico e comportamentale che lo caratterizza. Una terapia non violenta generalmente ben tollerata dai piccoli pazienti che sembrano quasi accettarla piacevolmente. Perchè portare un bambino dall’osteopata? “I tessuti posseggono una loro memoria” e tutto rimane impresso. Per questo è importante l’osteopatia nei bambini, perché evita che le disfunzioni si strutturino. Il passaggio della testa del feto lungo il canale del parto determina un modellamento delle ossa craniche ed uno stimolo meccanico essenziale per uno sviluppo 1 2
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regolare e di tutto il corpo. Se questo viene a mancare, come in caso di parto cesareo, l’intervento dell’osteopata può rendersi necessario per favorire una crescita più corretta possibile. La pressione subita dal cranio al momento della nascita può rappresentare un fattore determinante per l’ossificazione delle ossa craniche. In età fetale il bambino possiede una grande malleabilità delle ossa del cranio e, a causa dell’espulsione e delle enormi pressioni cui è sottoposta la testa durante la nascita, questi può subire una deformazione del cranio stesso. Si spiega infatti come, per via di un difficile travaglio ad esempio, molti neonati hanno una forma strana del cranio. Se le deformazioni durante l’espulsione non vengono riassestate completamente l’osteopata interviene per riequilibrarlo e per permettere una migliore fisiologia, eliminandone le disfunzioni. La presenza di disturbi del sonno, suzione difficoltosa, rigurgiti, difficoltà a deglutire, agitazione e irritabilità, coliche possono essere legate ad una tensione o compressione delle suture o dei tessuti membranosi intracranici che tendono a creare un’irritazione di strutture nervose alla base del cranio. Le alterazioni a carico della colonna e del sacro possono dare luogo a manifestazioni posturali che si evidenzieranno durante la crescita come scoliosi, dismetrie e dimorfismi degli arti inferiori. La presenza di emicranie, cefalee, strabismo, cattive occlusioni possono essere legate infine a lesioni o tensioni delle membrane intracraniche o cranio-sacrali. Dott. Francesco Catanoso Osteopata Cell. 328.6174697 - francesco.catanoso@gmail.coma
SALUTE
LEZIONI DI RESPIRO Automatismo istintivo, ma si può sbagliare
È un atto naturale alla base del nostro benessere. Un’attività inconsapevole che va necessariamente tramutata in un’azione conscia e ‘informata’.
E a rimanere in buona salute. Il respiro può influire su psiche e fisico”. Gli errori infatti, secondo gli esperti, sono dietro l’angolo.
Parliamo del respiro, tecnicamente identificato nelle parole ‘ispirazione’ ed ‘espirazione’. Nel Regno Unito il National Health Service promuove esercizi per capirlo mentre in Italia ancora non sappiamo analizzarlo o ne sottovalutiamo l’importanza nonché il ’ritmo giusto’. Fil rouge della nostra esistenza umana, la valutazione del respiro diventa essenziale per un corretto stile di vita. Nessuno lo insegna nelle scuole, né esistono, almeno alle nostre latitudini, corsi specifici per il corretto utilizzo del respiro. Eppure è il cardine su cui si basa la nostra vita. Il giornale britannico “The Guardian” ne sottolinea l’importanza attraverso l’iniziativa del National Health Service. L’invito che arriva d’oltremanica sta nel promuovere esercizi di respirazione per ridurre lo stress grazie ai cosiddetti ‘influenzatori del benessere’. “La respirazione cosciente sta coinvolgendo il mondo – spiega il presidente della International breathwork Foundation Geert De Vleminick – perché tutti sperano di trovare felicità, gioia e amore. 1 4
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Secondo il direttore di pneumatologia dell’azienda dei Colli di Napoli Giuseppe Fiorentino: “Con i ritmi frenetici odierni consideriamo il respiro un attacco meccanico. Rischiamo di limitarci a inspirazioni superficiali e rapide, senza sfruttare appieno la nostra capacità polmonare. Una respirazione sbagliata può sfociare in ansia e stress”. L’energia vitale corre dunque di pari passo con il respiro. Il controllo ritmico della respirazione deve avvenire in due fasi: inspirazione ed espirazione, intervallate da due pause. Metodologia che prevede respiri lenti, profondi e ritmici per favorire la concentrazione ed esercitare un maggiore controllo sulla mente, influendo così sulla emotività. E se si avverte, all’improvviso, un respiro alterato? Nessun allarme. Può succedere in situazioni di ansia o stress. Di notte invece si verificano le ‘apnee notturne’, che colpiscono genericamente le persone che russano o chi è portatore di condizioni anatomiche particolari.
SALUTE
I CONSIGLI DELL’ESPERTO PER SCEGLIERE LE
LENTI A CONTATTO Utilizzate da milioni di persone ogni giorno, le lenti a contatto sono disponibili in tantissimi modelli diversi: rigide, morbide, semirigide, usa e getta, sono solo alcune delle possibilità presenti in commercio.
Questo comodissimo dispositivo, che rappresenta una valida alternativa agli occhiali in quanto ben più pratica e meno invasiva dal punto di vista estetico, deve essere scelto in maniera coscienziosa tenendo conto delle proprie necessità e delle caratteristiche dei propri occhi, aspetto di fondamentale importanza che deve essere attentamente valutato da un contattologo specializzato.
A differenza dei classici occhiali da vista, infatti, non sono in alcun modo invasive dal punto di vista estetico, e al tempo stesso non creano nessun disagio anche a chi pratica sport. Quando si scelgono le lenti a contatto da acquistare, è bene tenere in considerazione il “coefficiente di permeabilità” (al passaggio di un gas), il quale indica in quale misura il materiale delle lenti a contatto può essere attraversato dall’ossigeno. Più grande è il coefficiente maggiore sarà la quantità di ossigeno che traspira, e dunque anche il livello di comfort.
Le lenti a contatto, sono lenti di dimensioni particolarmente ridotte che vanno applicate sulla superficie della cornea, ovvero la zona trasparente esterna e anteriore dell’occhio.
Fondamentale è inoltre analizzare le proprie abitudini di vita per la scelta di lenti a contatto giornaliere o mensili. In ogni caso è sempre opportuno, durante la visita da un contattologo optometrista, misurare tutti i parametri oculari per selezionare una lente specifica in base ai risultati ottenuti.
Questi dispositivi, che consentono di correggere praticamente molti vizi di refrazione e numerose anomalie visive come la presbiopia, l’astigmatismo, l’ipermetropia e la miopia, possono essere indossati ogni giorno con una pausa notturna.
È da evitare assolutamente l’acquisto di lenti a contatto “a scatola chiusa”, magari online, che non garantisce la piena trasparenza e potrebbe rivelarsi un autentico disastro soprattutto per i propri occhi.
Le lenti a contatto possono inoltre essere utilizzate anche dai bambini, peculiarità che le rende così versatili e apprezzate in tutto il mondo.
Antonio Virduci Optometrista
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SALUTE
INSUFFICIENZA VENOSA?
Gambe in forma con le calze elasto-compressive (preventive e terapeutiche)
Dott. Antonio Balestrieri - Le semplici azioni quotidiane comportano numerose sollecitazioni per le nostre gambe e possono diventare molto difficoltose se svolte da soggetti che soffrono di malattie circolatorie tali da creare disfunzioni vascolari e generare gonfiore alle gambe e vene varicose. Queste ultime, oltre ad essere un fastidioso inestetismo, sono il presagio di un problema circolatorio che può essere attenuato grazie all’utilizzo delle calze elastiche che, esercitando una compressione graduata, massima a livello della caviglia e gradualmente minore fino al ginocchio o alla coscia, favoriscono il ritorno del sangue al cuore, migliorando quindi la circolazione venosa. I soggetti ai quali è consigliato l’utilizzo delle calze elastiche sono: • persone con problemi vascolari di tipo ereditario; • donne che utilizzano la pillola anticoncezionale; • donne durante la gravidanza; • coloro che sono costretti a rimanere a lungo nella medesima posizione. Le calze elastiche si dividono in due categorie: preventive e terapeutiche. Ciò che differenzia queste due tipologie è la pressione che esse esercitano sulle gambe. Più in particolare, la pressione esercitata a livello della caviglia, che viene misurata in millimetri di mercurio (mmHg). Difatti le prime hanno una compressione che varia tra i 6 e i 15/18 mmHg. Le seconde hanno un livello di compressione suddiviso in classi variabili dai 18/21 a oltre 40 mmHg: • Classe di compressione I (compressione alla caviglia di 18-20 mmHg); 1 8
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• Classe di compressione II (compressione alla caviglia di 21-32 mmHg); • Classe di compressione III (compressione alla caviglia di 33-46 mmHg); • Classe di compressione IV (compressione alla caviglia maggiore di 49 mmHg). Le calze terapeutiche necessitano di prescrizione da parte del medico che stabilirà la classe di compressione valutando la patologia, vascolare o linfatica, del paziente e identificando il tipo di trama, tubolare o piatta, e il formato: gambaletto, autoreggente, collant o mono collant. Riguardo all’utilizzo e alla manutenzione di tali dispositivi medici è consigliabile seguire alcuni accorgimenti: infilare le calze al mattino, quando le gambe non saranno ancora gonfie, con l’ausilio di guanti in grado di agevolare l’operazione. Una volta indossate è fondamentale che le calze non facciano pieghe in modo da evitare eccessive compressioni in determinate aree. Per prolungare l’efficienza delle calze elastiche bisogna lavarle a mano con acqua tiepida e sapone neutro, evitare la lavatrice, solventi o candeggina e dopo il lavaggio non strizzarle e non esporle direttamente al sole, nemmeno su caloriferi o fonti di calore. Infine ricordatevi di asciugarle distese su un piano, fra due panni asciutti, senza appenderle o provocarne alcuna tensione.
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SALUTE
MAI PIÙ SENZA DENTI Protesi mobili, fisse o ‘flex’. Quale scegliere? Dott. Demetrio Plutino Direttore sanitario - Spec. Ortodonzia
La protesi fissa, che non può essere tolta dal paziente ma esclusivamente dall’odontoiatra, sostituisce i denti che sono caduti o andati persi e corregge in maniera funzionale ed estetica il sorriso. I più conosciuti sono le capsule, gli intarsi e le faccette.
Perdere i denti a qualsiasi età, non è mai un’esperienza piacevole. Tutt’altro. Sono numerosi i problemi che derivano dall’assenza di uno o più elementi dell’arcata dentale, sia a livello estetico che funzionale.
Le protesi dentali mobili, comunemente chiamate dentiere, sono un’alternativa più tradizionale, e vengono di solito utilizzate per pazienti in età avanzata o come protesi provvisorie in alcuni piani di cura in cui sia necessaria una rigenerazione ossea.
Nel mondo di oggi si riesce a colmare questa assenza grazie alle protesi dentali, dispositivi medici individuali realizzati allo scopo di riabilitare le funzioni orali dei pazienti che sono sprovviste di uno o più denti. Ogni protesi è uno strumento particolarmente complesso e variegato che necessita di soddisfare tanto i requisiti estetici e funzionali tanto quanto quelli naturali preposti ad una corretta masticazione.
Si tratta di apparecchi mobili volti a sostituire i denti naturali.
Queste protesi si suddividono in due grandi categorie: protesi fissa e protesi mobile. protesi mobile
Per la pulizia basta un semplice spazzolino apposito e una goccia di detersivo sgrassante per eliminare tutti i residui di cibo. Una delle novità odierne nel mondo dell’odontoiatria sono le protesi mobili flex: altamente estetiche e resistenti, che garantiscono al paziente massimo confort e massima igiene dell’apparecchio. Ottimo per i pazienti che non vogliono i cosiddetti ganci in metallo. Quest’ultimi sono connessi alle protesi tramite ganci estetici invisibili, cosi da permettere all’apparecchio di non inficiare l’estetica del dente e di evitare di compromettere in maniera ingombrante il sorriso.
protesi fissa
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Al contrario delle protesi fisse, la rimozione viene effettuata dal paziente dopo ogni fine pasto (colazione, pranzo e cena) per avere una massima igiene dell’apparecchio.
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L’INTERVISTA
CARDIOCHIRURGIA REGGINA
Il dott. Fratto: “Evitate i pregiudizi. In Calabria c’è tanta professionalità”
di Vincenzo Comi - La recente pubblicazione sul ‘The Journal of Heart Valve Diseas’ della Cardiochirurgia del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria su un’importante rivista inglese, che si occupa delle malattie delle valvole cardiache, testimonia l’elevato standard qualitativo raggiunto da tutto il Centro Cuore del “G.O.M.B.M.M.”.
“Dalla mia città natale Catanzaro, come tanti giovani dell’epoca, sono andato via dopo il liceo per fare l’università fuori dalla Calabria. Mi sono laureato a Milano specializzandomi in cardiochirurgia. Ho avuto poi varie esperienze tra Stati Uniti, Gran Bretagna, Edimburgo e Berlino. L’ultima esperienza lavorativa è stata per quasi vent’anni all’ospedale Niguarda di Milano”.
La cardiochirurgia reggina nasce nel 2011 ma viene realizzata fattivamente a dicembre del 2016. È l’unica cardiochirurgia pubblica ed è costituita da una degenza ordinaria di 12 posti letto ed una terapia intensiva di 8 posti, ha due sale operatorie di cui una ibrida e si inserisce nel contesto di un centro cuore completo in cui tutto si trova su un unico livello. “È una struttura moderna ed efficiente in cui tutto è a portata di mano per offrire maggiori vantaggi al paziente – ci spiega il direttore dott. Pasquale Fratto - I tempi di trasporto del malato e la vicinanza delle varie aree rendono dal punto di vista dei risultati il senso dell’efficienza e della completezza. Emodinamica, sala operatoria e terapia intensiva sono in pratica uno attaccato all’altro”.
La media dei medici tra le corsie del reparto di cardiochirurgia è molto giovane, sotto i 40 anni. “A seguito dei concorsi fatti, abbiamo avuto nell’agosto 2016 ben 60 domande per cardiochirurghi. Non è vero dunque che in Calabria non si vuole venire a lavorare. Abbiamo un gruppo molto giovane anche come anestesisti di cui molti già formati con esperienze in Italia e all’estero – continua il dott. Pasquale Fratto - Abbiamo anche uno staff di infermieri molto giovane e determinato che ha molta voglia di confrontarsi con una realtà così complessa. Siamo riusciti a costituire un gruppo di collaboratori fortunato ed efficiente”.
Una struttura eccellente ha bisogno di uno staff all’altezza. E perché il team sia anch’esso eccellente c’è bisogno di una valida guida che abbia una lunga e brillante esperienza. 2 2
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Non tutti i reparti però vivono una situazione di eccellenza. “Non mi piace pensare al mio reparto come una realtà d’eccellenza. Penso piuttosto che stiamo facendo un buon lavoro con ottimi risultati e che dà alla popolazione tante risposte con numeri positivi sempre in aumento. Questo centro ha buone potenzialità e
in questi anni lo ha dimostrato”. Come giudica allora la malasanità in Calabria il dott. Fratto? “La cardiochirurgia reggina dimostra come, le cose si possano fare bene anche in Calabria. Basta trovare i giusti presupposti che varrebbero in ogni parte del mondo per poter sviluppare centri d’eccellenza. Le risorse, in questo, svolgono un ruolo determinante. Avere medici qualificati scelti per capacità e competenza, dare risorse e rispettare la legalità. Basterebbe semplicemente questo”. Il reparto di cardiochirurgia, nonostante sia un centro molto giovane, si sta distinguendo anche per innovazione. “Facciamo tanta mininvasiva, con interventi alla valvola mitrale e alla valvola ortica con piccole incisioni attraverso la telecamera fatte in modo moderno con numeri sempre in crescita. Abbiamo pazienti che credono sempre più in questa struttura”. Tra le novità del prossimo futuro, svelate dal dott. Fratto, quella del robot è un’idea che potrebbe tradursi molto presto in realtà. “Penseremo anche al robot. Ci sono tutta una serie di progetti che verranno fuori col tempo. Il nostro centro è un reparto giovane e ha bisogno di tempo per diventare davvero eccellente”. Solo per dare qualche numero la cardiochirurgia nel 2017 ha effettuato oltre 200 interventi, con percentuali sempre maggiori. “La popolazione comincia finalmente a fidarsi di noi. Non nascondo che inizialmente c’era tanto scetticismo. I calabresi sono abituati ad emigrare per le maggiori patologie e c’era inizialmente molta diffidenza che però poi col tempo si vince. La gente nel momento in cui vede il centro non va più via. Quello che dobbiamo ancora combattere è il pregiudizio iniziale ovvero di chi non ne vuole proprio sapere e che dà poi giudizi spesso non corretti. Non è possibile giudicare un ristorante se non ci si va a mangiare – conclude il dott. Pasquale Fratto - C’è un cattivo modello educativo perché per 30 – 40 anni la gente è andata sempre via e quindi pensa che sia meglio andare altrove ma in questi anni stiamo dimostrando il contrario…”
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ALIMENTAZIONE
Merenda, lo spuntino (perfetto) sano e nutriente 8 consigli per prepararla
Una sana alimentazione andrebbe insegnata fin da piccoli poiché crescere bambini sani e felici non può prescindere dal tipo di alimentazione: salutare, bilanciata e ricca di alimenti sicuri, controllati e nutrienti. Dei cinque pasti di cui si compone la nostra giornata, non meno importanti di pranzo e cena sono gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio.
Cracker fatti in casa. Impastare 200 g di farina di grano duro integrale con mezzo bicchiere di acqua e un cucchiaio di olio extravergine d’oliva. Stendete con un mattarello l’impasto molto sottile, tagliatelo nelle forme che preferite, spennellate la superficie con olio extravergine di oliva ed erbe aromatiche e infornate a 200 °C per circa 10-15 minuti.
La merenda è infatti un pasto estremamente importante al quale dedicare la giusta attenzione. Una merenda sana dovrebbe avere almeno tre caratteristiche: gustosa ma con ingredienti semplici e genuini; pratica, facile da trasportare e mangiare; varia, cambiando spesso le proposte, così che non subentri la noia. La merenda purtroppo viene spesso sottovalutata, tanto che a volte ci si dimentica di farla oppure è consumata in gran fretta, all’uscita di scuola o durante il tragitto verso l’attività sportiva pomeridiana. Eppure il momento del meritato riposo dopo le ore trascorse a scuola è fondamentale per il ragazzo e ha come obiettivo quello di ricaricare sia il corpo che la mente. Ecco qualche consiglio utile su come organizzare la merenda dei bambini a scuola ed a casa in maniera sana e genuina:
Frullato di frutta fresca. Il frullato di frutta è una valida alternativa al succo di frutta industriale. Per realizzarlo, in associazione a una porzione di frutta di stagione, si può utilizzare una tazza di latte preferibilmente vegetale.
Chips croccanti di mela. Naturali, dolci e saporite ma leggere. Farle è semplice, basta togliere picciolo e torsolo da una mela e tagliarla a fettine sottilissime (di circa 2 mm). Posizionatele sul grill del forno per essiccarle e lasciatele per un’ora e mezza circa. Potete provare anche con le banane o con le carote.
Ceci tostati. Uno snack gustoso e bilanciato. Basta lessare i ceci con un po’ di sale. Una volta ammorbiditi, stendeteli sulla carta forno e schiacciateli con il fondo di un bicchiere. Infine metteteli in forno con il grill per 10 minuti e, se gradito, spolverizzateli con paprika dolce o altre spezie a piacere.
Pane e… Una fettina di pane tostato dà il via libera alla fantasia. Ad esempio un velo di marmellata con scaglie di mandorle tostate o granella di nocciole o pomodorini freschi con origano e un filo di olio.
A queste buone e sane merende possiamo aggiungere una ottima spremuta d’arancia ricchissima di vitamina C fondamentale micronutriente per difendere l’organismo dall’attacco dei radicali liberi, aumentare le difese immunitarie e favorire l’assorbimento del ferro.
Frutta parzialmente ricoperta di fonduta fredda. Anche in questo caso la preparazione è semplice, basta far sciogliere poco cioccolato fondente a bagnomaria e versarlo a filo su fette di frutta di stagione. 2 4
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Popcorn. Fare i popcorn in casa, magari insieme, può essere un momento divertente per tutti. Partite dal mais da tostare in padella ed una piccolissima aggiunta di sale. Dolcetti di cereali soffiati e cioccolato. Sciogliete il cioccolato fondente a bagnomaria e aggiungete i cereali soffiati. Mettete un cucchiaio di impasto su carta da forno dandogli una forma tonda e mettete in frigo: dopo un paio di ore i dolcetti sono pronti per essere gustati.
Dott.ssa Maria Celeste Paviglianiti · Biologa - Nutrizionista
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ALIMENTAZIONE
MANGIARE PICCANTE? CERTO CHE SI
L’ORO ROSSO FA BENE ALLA MENTE E SOPRATTUTTO AL CUORE Alzi la mano chi non possiede almeno una piantina di peperoncino sul balcone o davanzale della propria cucina. Alle nostre latitudini poi è d’obbligo avere sempre a portata di mano e possibilmente fresca e genuina la classica bacca di peperoncino. Che il cibo piccante faccia bene al cuore e alla mente è ormai risaputo. Dimentichiamo però spesso quelli che sono i benefici specifici del peperoncino rosso che, grazie al composto chimico chiamato capsaicina, aiuta il nostro fisico ed il sistema cardiovascolare e metabolico. Mangiare piccante quindi non fa bene solo alla mente (ottimo afrodisiaco naturale) ma anche e soprattutto al cuore e alla circolazione. Secondo uno studio di ricercatori cinesi pubblicato sul British Medical Journal, chi mangia piccante sei giorni a settimana, diminuisce il rischio di mortalità del 14% rispetto a chi lo fa meno di una volta a settimana. Occhio però a mangiare esclusivamente peperoncino fresco. I micronutrienti e i principi attivi benefici per l’organismo sono ovviamente maggiori rispetto al peperoncino essiccato e la capsaicina conserva maggiormente le proprietà benefiche. 2 6
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In particolare l’uso costante di peperoncino fresco abbassa il livello di colesterolo nel sangue, aiuta il cuore e agisce come vasodilatatore. Quanto al seme del peperoncino, gli acidi polinsaturi presenti eliminano dalle arterie il colesterolo in eccesso e i trigliceridi. La capsaicina esercita infine un’attività benefica sui vasi sanguigni che circondano i muscoli, favorendone la circolazione. Qui in Calabria ed in particolare nella provincia reggina, il peperoncino rappresenta una vera e propria cultura e viene consumato abitualmente. Non dimentichiamo tuttavia che l’abuso o l’uso inappropriato può provocare controindicazioni come emorroidi, irritazioni alla mucosa intestinale, infiammazioni gastrointestinali allo stomaco e anche ai reni. Non ne deve abusare quindi chi soffre di acidità di stomaco, epatite, cistite, emorroidi, ulcera e di prostatite in fase acuta. Chi mangia regolarmente peperoncino ha dunque un’aspettativa di vita maggiore. Continuate ad innaffiare e consumare le vostre bacche di peperoncino. Vivrete meglio e più a lungo...
ALIMENTAZIONE
SuperFood: le proprietà dell’Alga Spirulina Eccellente integratore alimentare naturale Partiamo dal nome che fa riferimento proprio alla sua forma di spirale. L’alga spirulina è un eccellente integratore naturale ricco di proprietà che favorisce il benessere dell’organismo.
Per comprendere le qualità e le sue proprietà benefiche è sufficiente pensare che la spirulina viene data agli astronauti in missione per via della sua ricchezza in principi nutritivi. Dal colore verde-azzurro l’alga spirulina è un superfood tanto che nell’ambito di terapie naturali o in fase di prevenzione, si consiglia di assumerla ciclicamente. Se si prende in modo costante potremmo notare alcuni cambiamenti sul nostro organismo tra cui un sistema immunitario più forte. L’alga spirulina stimola le naturali difese del nostro corpo e per questo c’è chi la assume in periodi particolarmente critici dell’anno (ad esempio in autunno-inverno per evitare il più possibile raffreddore e influenza). È un integratore naturale che dà maggiore energia grazie alle vitamine A, B, C, E e ai sali minerali come ferro, calcio, magnesio e potassio. Molto apprezzata anche dagli sportivi per la sua carica energeti-
ca, la sua assunzione giornaliera assicura una maggiore probabilità di raggiungere il fabbisogno proteico necessario all’organismo. Depura, disintossica, tiene a bada il colesterolo e migliora la pelle. Ma come assumerla? La spirulina viene venduta sotto forma di polvere o integratore. Esistono poi prodotti alimentari già pronti addizionati con la spirulina ad esempio pasta, birra, piadine, barrette energetiche e altro. Per il dosaggio è bene sempre chiedere ad un esperto che potrà consigliare un consumo di spirulina che oscilla tra 1 grammo e 5 grammi. È bene infine precisare che la spirulina non comporta particolari effetti collaterali o controindicazioni. Tuttavia, in caso di sovradosaggio possono comparire vomito, nausea, stitichezza o febbre. L’alga spirulina, che contiene gli otto amminoacidi essenziali (Fenilalanina, Isoleucina, Leucina, Lisina, Metionina, Treonina, Triptofano, Valina) è una microalga che vive principalmente nei laghi, soprattutto salati con acque alcaline e calde, delle aree sub-tropicali e possiede molteplici proprietà nutrizionali e terapeutiche. L’alga spirulina è dunque un superfood, ovvero un alimento naturale di origine vegetale, ricco di nutrienti e poco lavorato.
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CAPELLI DEL NEONATO Tra primo taglio, lavaggio e cure specifiche
di Daniela Gangemi - Il taglio e la cura dei capelli dei neonati spesso causano dubbi nelle neo mamme riguardo al come intervenire ed ai prodotti da usare. Ogni bambino, poi, è diverso. Alcuni nascono già con tantissimi capelli, ad altri invece crescono lentamente dopo la nascita. I capelli dei bambini, delicati e sottoposti a molti stress, vanno tagliati per mantenere la capigliatura ordinata e in salute e, per questo, un salto dal parrucchiere è inevitabile di tanto in tanto. La sabbia nei giardinetti, la mania di stendersi per terra e toccare qualsiasi cosa e il vizio di toccarsi le ciocche dei capelli e arricciarle su un dito quando arriva il sonno, il movimento continuo sia da svegli che nel lettino, tutto ciò influisce sulla salute dei capelli dei nostri bambini. La prima peluria che appare sulla testa dei neonati se ne va in fretta. Questi primi capelli sono peli molto fini e quasi senza struttura. Solo dopo circa un anno cominciano ad apparire i primi veri capelli. I bambini vengono di solito sottoposti al ‘primo taglio’ intorno ad un anno di età ed è questo che consente di impostare, per la prima volta, una pettinatura definita sulla testa del nostro piccolo. Rapido e indolore serve semplicemente per accorciare una frangetta e i capelli alla nuca al fine di dare una prima forma alla capigliatura. Il volume dei capelli è infatti ancora basso e la capigliatura si svilupperà ulteriormente in seguito e avrà presto bisogno di ulteriori ritocchi. 2 8
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Un professionista abituato a trattare coi bambini saprà come tranquillizzarli ed a far apparire tutto come un gioco. Dal giorno in cui il bambino arriva a casa, la routine del bagnetto inoltre dovrebbe includere il lavaggio dei capelli e del cuoio capelluto. Per evitare allergie, arrossamenti o pruriti è necessario utilizzare prodotti adeguati. Di solito shampoo o gel a pH neutro che non irritano gli occhi. Attenzione alla crosta lattea che è un disturbo comune in molti neonati e può durare sino a tre anni di età. A differenza del nome, il disturbo non è legato al consumo del latte, ma alla dieta e all’igiene del bambino. È una dermatite seborroica infantile, che si presenta con squame o croste sul cuoio capelluto. Per dare maggiore sollievo, si può massaggiare il cuoio capelluto con l’olio di mandorle o di oliva. Districare i capelli è un altro dei consigli importanti per prendersi cura dei capelli del neonato. Una volta asciugati per bene, è meglio utilizzare un pettine per districarli delicatamente. I capelli del neonato sono molti sottili, quindi meglio evitare fermagli o altri accessori che con l’umidità potrebbero danneggiarli. Il consiglio utile è fare in modo che lavare, asciugare e pettinare i capelli del vostro bambino diventi un momento divertente per lui. Se vedete che il bambino prova disagio o dolore non forzate la situazione, ma con pazienza e affetto, i capelli del vostro bambino cresceranno forti e sani.
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GIOVANNI BRANCATO
Lo ‘squalo’ nutrizionista che ama l’acqua e l’ambiente È il giorno del suo 65esimo compleanno. Lo contattiamo telefonicamente, si trova a Roma e si sta preparando per il suo intervento ad un importante convegno.
La voce però non sembra affatto essere quella di un over sessanta. Energia da vendere, impegni uno dietro l’altro e ritmi frenetici. Capiamo subito chi abbiamo dall’altro lato della cornetta. Giovanni Brancato è un biologo nutrizionista specializzato nell’alimentazione con l’innata passione per il mare, la pesca e l’ambiente. Consulente di importanti aziende alimentari e farmaceutiche diventa recordman con le sue innumerevoli traversate a nuoto. Una sfida continua quella del dott. Brancato che ha come obiettivo la ricerca di record ma anche la verifica dello stato di salute del mare. Corsica – Alassio, Africa – Sardegna, Olbia – Ostia, Alassio - Montecarlo, oltre al periplo delle Eolie e così via, tante altre. “La mia prima traversata? Stromboli – Strombolicchio all’età di 9 anni – ci spiega Giovanni Brancato - Da lì, dopo una pausa di qualche anno ho ripreso a nuotare e negli ultimi 15 anni ho nuotato nelle acque di gran parte del mondo. La situazione non è affatto buona. In questo momento sembrerebbe che ci sia una presa di coscienza da parte della popolazione mondiale ma le plastiche stanno invadendo i nostri mari ed è necessario intervenire al più presto. Bisogna fare interventi diretti mirati al loro recupero”.
Sport e ricerca dunque. Ma come ci si prepara atleticamente e fisicamente ad avventure no limits di questo tipo? “La preparazione inizia a tavola associata ad un buon allenamento. Per preparare una traversata ci vuole oltre un anno con tanti e tanti sacrifici. Non conosco alcool né caffè. Il mio stile di vita è sano, fin troppo (ride ndr)”. Nutrizione e idratazione, le parole chiave che scandiscono la vita di Giovanni Brancato. “Idratarsi è fondamentale, ad ogni età e gioca, nella vita di ciascuno, un ruolo importantissimo. Ho avuto la fortuna di incontrare, nelle mie imprese, Farmacqua, azienda leader nella depurazione dell’acqua che oggi mi sponsorizza e promuove la mia attività di nuoto e ricerca”. Giovanni Brancato simboleggia per Farmacqua la prova vivente che una corretta alimentazione, idratazione e una corretta attività fisica quotidiana, portano grandi risultati e grandi successi tanto da produrre e dedicargli un’acqua adatta alle sue imprese. “Bevo l’acqua ‘intelligente’ di Farmacqua che mi consente di nuotare oltre 10 ore. L’azienda ha studiato un’acqua particolare adatta alle mie esigenze che mi dà più ossigeno grazie alle sue proprietà e che svolge funzioni dinamiche all’interno del nostro organismo. Grazie a Farmacqua non ho mai sofferto di disidratazione durante le mie traversate”. MINIMA L
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COPPIA E COMUNICAZIONE
CHIAMAMI ANCORA AMORE: QUANDO L’ESSENZIALE E’ DIRSI ‘TI AMO’ M’ama o non m’ama... m’ama o non m’ama... m’ama o non m’ama? Quante volte capita di farci questa domanda pensando al nostro partner? Forse è questo il vero dilemma e non lo shakespiriano “essere o non essere”. Il dubbio di essere amati dall’altro ci assale sempre, in modo spesso invadente. Vogliamo saperlo, dobbiamo saperlo. Dirsi “ti amo” è diventato il termometro delle relazioni: tanto più si dice tanto meglio si sta. Ma è davvero così semplice dirsi ‘ti amo’? Esprimere l’amore nei confronti di qualcuno è una grande sfida per ogni individuo. La vita di coppia è molto complessa poiché passa dal mettersi in discussione come individui fino al tentativo di incastrarsi attraverso un vero e proprio processo di negoziazione. 3 2
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All’interno della coppia, i partner, portano i propri bisogni e le proprie modalità di stare in relazione con qualcuno. Ci si scontra con la fatica di farla funzionare finché non si giunge alla creazione della relazione d’amore. È opportuno dunque avere le giuste garanzie e avere la certezza che il sentimento sia reciproco e che “ne valga la pena” per entrambi. E il dire “Ti Amo” diventa fondamentale. Inserire un sentimento grande come quello dell’amore in un piccolo binomio diventa un’esperienza complessa. Uno dei più grandi errori che possiamo fare è quello di credere che la comunicazione sia una cosa semplice e scontata. Quando pensiamo questo, il più delle volte, siamo concentrati a guardare col microscopio un nostro bisogno e cioè quello di dover trasmettere un messaggio specifico senza però tenere in considerazione una serie di fattori.
Comunicare non è affatto un processo semplice, anzi, ci mette quasi sempre a dura prova. La comunicazione è un’azione che quotidianamente svolgiamo spesso, praticamente sempre. Il primo assioma della comunicazione ci dice che è impossibile non comunicare. Ognuno, però, lo fa a modo suo. Facciamo un esempio. Relazione di Coppia, lui e lei (o lei e lei o lui e lui, va bene uguale!). Lei, la sera dopo una cena in attesa di essere lasciata sotto il portone di casa, se ne esce con “Tu non mi dici mai che mi ami!”. Accidenti, duro colpo. Il destinatario di questa bella botta, convinto che la serata sarebbe finita con un bacio e una buonanotte pronto a correre a casa a guardare il replay dell’ultimo gol della Juventus al 92° contro il Napoli, se ne sta lì e esordisce con “Ma non è vero! Te lo dico sempre” Com’è possibile? È possibile perché nella comunicazione esistono due moduli a cui possiamo far ricorso: uno definito numerico e uno analogico. Possiamo, cioè, comunicare usando le parole, le frasi, facendo ricorso alla sintassi e attenendoci a regole grammaticali ben precise oppure possiamo comunicare attraverso il nostro corpo o attraverso, ad esempio, delle immagini. Torniamo all’esempio. Il destinatario del messaggio probabilmente non dice mai “Ti amo” ma, magari, apre la portiera della macchina per farla salire o per farla scendere, le manda spesso messaggi contenenti le emoticon con un bacio, sa esattamente come prende il caffè e con quanto zucchero o la sera prima di
una partenza. Ma proprio non verbalizza che la ama, non ce la fa! In questo caso il partner lo dice o, meglio, lo comunica che la ama seguendo, però, un canale analogico. Ognuno di noi ha una predisposizione all’utilizzo di un canale piuttosto che un altro. Ma bisogna fare attenzione perché se la comunicazione numerica dà maggiori garanzie sulla trasmissione del messaggio e sulla sua comprensione da parte del destinatario (se si condivide il codice), la comunicazione analogica fornisce garanzie sulla natura della relazione consentendo di scansare l’ambiguità che potrebbe generarsi (e che il più delle volte ci confonde). Entrambi i canali sono, quindi, fondamentali all’interno della nostra esperienza relazionale. Senza dubbio, l’espressione dei sentimenti è un aspetto fondamentale all’interno della relazione. La vita di coppia si nutre dell’amore reciproco e dell’espressione di questo amore. È sicuramente importante che i partner all’interno della coppia riconoscano il sentimento d’amore che è un aspetto individuale “io so che ti amo” ma il passaggio successivo è quello di comunicarlo al proprio partner “io so che ti amo… e tu devi saperlo” in un modo o nell’altro. È importante, infatti, che i partner riescano a dirsi “Ti amo” ma anche a dimostrarselo reciprocamente con attenzioni e gesti di cura. Ci si può dire “Ti amo” in tutte le lingue del mondo, ma dobbiamo stare attenti a “capirle” tutte! Dott.ssa Marika Micalizzi · Psicologa Specialista Mente&Relazioni
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CERETTA DOLORE ADDIO 5 METODI EFFICACI
È uno degli ‘incubi’ che da sempre inseguono donne e uomini. La ceretta è un trattamento oramai irrinunciabile per tutti o quasi, negli anni ha conosciuto evoluzioni e modifiche, ma bisogna ancora fare i conti con il dolore. Numerosi e differenti i metodi per dire ‘arrivederci’ ai peli superflui, alcuni di questi permettono di diminuire il fastidio nel momento della ceretta. Ma quale la differenza tra ceretta ed epilazione, l’altro metodo sempre più in voga negli ultimi anni? Con l’epilazione, il pelo viene rimosso per intero. Al contrario, la depilazione prevede soltanto l’eliminazione della parte di pelo che fuoriesce dal follicolo, tagliandolo superficialmente. Esistono diverse tipologie di ceretta: a caldo, a freddo, con il rullo, ceretta allo zucchero o araba, i metodi più utilizzati. Si possono limitare dolori nel momento della ceretta e fastidi seguenti? Ecco alcuni consigli da seguire. 1. Quando depilarsi. La mattina è preferibile evitare di depilarsi perché l’epidermide è poco elastica. Sempre meglio optare per la depilazione il pomeriggio o la sera. 3 4
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2. La depilazione è un trattamento che va fatto con cura e senza fretta, altrimenti si rischia di incorrere in tagli, irritazioni ed escoriazioni molto fastidiose e dannose per la pelle. 3. A tutto relax: una bella doccia calda o un bagno profumato qualche ora prima della ceretta rendono morbidi i peli e dilatano i pori, consentendo una depilazione decisamente meno dolorosa. 4. Nel verso giusto: le estetiste lo sanno bene, tra i loro segreti per la ceretta c’è quello di stendere la cera nel verso di crescita del pelo perché così si limita il dolore. Quanto allo strappo, procediamo con decisione: secco, veloce e contropelo per un risultato eccellente e con dolore contenuto. 5. Anche dopo lo strappo della ceretta potremmo avere qualche dolorosa sorpresa. Come arginare il trauma? Qualche ora di relax sarà un ottimo medicamento: no alla palestra, così eviteremo che il sudore ci dia fastidio sulla pelle irritata. Sì invece a coccole e massaggi a base di oli naturali e senza alcool, come quello di mandorle dolci, per restituire morbidezza e idratazione all’epidermide.
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DANZATERAPIA
Benessere globale tra movimento e ascolto Cos’è e a cosa serve
L’American Dance Therapy Association definisce la danzaterapia, oggi DanzaMovimentoTerapia, come “l’utilizzazione terapeutica del movimento in quanto processo per aiutare l’individuo a ritrovare la propria unità psico-corporea”.
Il termine “danza” non si riferisce ad una danza codificata che viene trasmessa dall’esterno ma ad un movimento “danzato” che scaturisce dall’interno del corpo per esprimere emozioni e vissuti e per entrare in relazione con l’altro.
In Italia nel 1997 nasce l’APID® (Associazione Professionale Italiana DanzaMovimentoTerapia) che propone la seguente definizione: “La DMT, attraverso le risorse del processo creativo, del movimento, è una disciplina specifica orientata a promuovere l’integrazione fisica, emotiva, cognitiva e relazionale, la maturità affettiva e psicosociale, il benessere e la qualità della vita della persona. La sua specificità sta nell’espressione corporea attraverso il linguaggio del movimento”.
La DMT è utilizzata come terapia primaria o integrata in lavoro di equipe in setting individuali o di gruppo per trattare diversi utenti di fasce di età, un ampio range di bisogni e patologie, fra cui: disturbi dell’umore (ansia/depressione), disturbi della condotta alimentare, disturbi relazionali, scarsa stima di sé, autismo, ritardo mentale, psicosi, problemi connessi all’età evolutiva e della maturità, problemi organici come Parkinson, ecc. Al di là della dimensione terapeutica e riabilitativa, la DMT esprime anche competenze e tecniche del disagio psicosociale al lavoro educativo (scuole).
Possiamo dunque asserire che la DMT favorisce, attraverso il movimento, il gesto e la relazione, la crescita, la consapevolezza e l’ascolto di quei movimenti vitali interni che ci aprono alla dimensione dell’ascolto e alla dimensione creativa. Attraverso l’esperienza diretta di sensazioni, emozioni, movimento, gioco corporeo, è possibile riaprire quei canali sensoriali che rappresentano la chiave di accesso per l’ascolto dei nostri bisogni e quelli degli altri. Il termine “terapia” in questo contesto è collegato al termine di benessere globale della persona secondo la definizione che l’OMS dà al concetto di salute.
Chi è il DanzaMovimento Terapeuta L’APID® definisce la figura del DMTerapeuta “una classe di figure professionali operanti dopo aver conseguito la laurea nel campo clinico e/o socioeducativo, con funzione di prevenzione, riabilitazione e terapia per mezzo del linguaggio corporeo (attraverso l’espressione corporea) nelle sue valenze rappresentative, comunicative e simboliche”. Il DMTerapeuta è in grado di formulare piani di intervento nell’ambito del disagio sensoriale, motorio, psicologico, relazionale e sociale; svolge la pratica di DMTerapeuta in ambito pubblico e privato nel rispetto della deontologia professionale.
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SPORT
Minibasket, alziamo il tiro Il mondo dei ragazzi sotto canestro Non chiamatelo pallacanestro in miniatura. Il minibasket è molto di più. Momento educativo sportivo rivolto ai più piccoli, il minibasket è un gioco in continua evoluzione. Una disciplina che immerge i ragazzi in un viaggio di emozioni. Come afferma il presidente della Federazione Italiana di Pallacanestro Giovanni Petrucci: “L’obiettivo è quello di rendere i bambini capaci di pensare e scegliere, così da metterli nelle condizioni di riconoscere e affrontare le diverse situazioni che il gioco, come la vita, porrà loro di fronte”. Il minibasket si rivolge ai bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni con l’obiettivo di affinare le competenze socio relazionali, motorio – funzionali, neuro cognitive ed infine tecniche. Palleggiare e fare canestro vengono messi in secondo piano e le gesta tecniche sono secondarie, almeno nei primi anni. L’istruttore che i ragazzi troveranno sul parquet sarà dunque, prima di tutto, un educatore e un insegnante dotato però di tecniche della pallacanestro che incanteranno i piccoli cestisti. Ma a che età è giusto cominciare? Già a cinque, sei anni sarà possibile far divertire i bambini at3 6
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traverso la scoperta e ricerca delle potenzialità del proprio corpo affinando le proprie competenze motorie di base, sviluppando le capacità sensopercettive e coordinative. Inizialmente si farà ‘abbracciare’ la palla senza necessariamente farla rimbalzare. Dai sette, otto anni si passa al palleggio e al passaggio fino al tiro. Solo successivamente si arriverà alla conoscenza delle regole del gioco e degli spazi in funzione del minibasket con le prime competizioni sul parquet. I gesti tecnici verranno col tempo e dagli undici anni lo sport del minibasket verrà fuori con la pallacanestro vera e propria in cui alla base c’è sempre la famosa legge morale del fair play. Spesso il minibasket si rivela molto utile per bambini inizialmente scoordinati che hanno difficoltà nel correre correttamente, saltare o lanciare la palla. Compito del minibasket è dunque anche quello di insegnare a coordinarsi. I bambini capiranno che dal loro impegno e dalla loro abilità può dipendere il successo di un team. Parquet diventa sinonimo quindi di palestra di vita sin dalla tenera età tra altruismo, amicizia, responsabilità e divertimento.
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M A G A ZINE
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#InCittà
REPERTI sullo STRETTO
Riaffiorano navi e antiche anfore Il Mibact stanzia 100 mila euro
di Vincenzo Comi – Il patrimonio culturale reggino ha acquisito, ormai da qualche mese, ancora più valore grazie al ritrovamento di alcuni reperti al largo dello Stretto. Il vasto tesoro sommerso, ritrovato dai due sub calabresi Demetrio Serranò e Francesco Sesso a pochi passi dall’arena dello Stretto e ad una profondità di 49 metri, rappresenta oggi la più grande scoperta degli ultimi tempi. La Soprintendenza reggina, attraverso il dott. Fabrizio Sudano e l’archeologa subacquea dott.ssa Alessandra Ghelli, sta coordinando le attività con costanti immersioni a cadenza mensile. Il tutto sotto la lente d’ingrandimento del Segretariato Regionale del MiBACT. Ma cosa c’è esattamente sul fondale dello Stretto? “Finora sono emersi, oltre alle anfore, parzialmente integre o frammentate e precedentemente non visibili, anche frammenti lignei, porzioni di fasciame, pertinenti ad almeno un relitto – spiega la dott. ssa Alessandra Ghelli – Uno lungo circa tre metri e largo 30 – 40 cm, altre tavole sono parzialmente coperte e non è possibile ancora misurarle con esattezza. Allo stato attuale non è possibile fornire elementi più puntuali, soprattutto per quanto attiene l’inquadramento cronologico. In considerazione delle profondità saranno indispensabili nuovi sopralluoghi. L’attività ricognitiva, documentata in ogni singola fase, si è conclusa con la messa in sicurezza delle porzioni di fasciame affioranti, procedendo con una copertura delle stesse con geotessuto ed assicurandole, intorno, da sacchetti di sabbia”. 3 8
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Nessun campione né reperto è stato ancora prelevato. La Convenzione di Parigi del 2001, recepita nel Codice dei Beni Culturali dà chiare disposizioni, il sito va tutelato lasciandolo integro e documentandolo. Solo dopo la completa documentazione si deciderà se prelevare o meno i reperti. Dopo l’incessante lavoro della Soprintendenza, a poco più di tre mesi dall’attività di ricerca, è arrivato il primo risultato. Il MIBACT stanzia € 100.000,00. Il finanziamento è diretto ad una definizione e delimitazione più puntuale dell’area archeologica sommersa attraverso attività di rilevamento strumentale, prelievo di campioni per le analisi delle essenze lignee e delle fibre vegetali, redazione delle schede dei reperti archeologici sommersi e ove necessario, all’eventuale recupero dei reperti mobili. Dal 22 al 24 ottobre si è svolta la prima attività di monitoraggio periodico che con costanti e puntuali immersioni, interesserà l’area archeologica sommersa, sotto la direzione scientifica del funzionario archeologo subacqueo del Segretariato Regionale MiBACT per la Calabria, dott.ssa Alessandra Ghelli, di concerto con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio RC-VV, retta dal dott. Fabrizio Sudano, e con il supporto del Nucleo Carabinieri Subacquei di Messina, comandato dal Mar.Ca. Domenico De Giorgio. Reggio Calabria e l’intera area dello Stretto attende dunque di comprendere, nel dettaglio, cosa si nasconde sul fondale nella speranza di poter ammirare un giorno, con i propri occhi, il ‘proprio’ tesoro.