L’aspera montis secondo Bombino.
VIVI BENE · Trimestrale di salute e benessere · Testata registrata al Tribunale di Reggio Calabria n. 4/2016 · Anno II - Marzo 2017
"L’ASPROMONTE? UN’ECCEZIONE DI CUI ANDARE FIERI!"
MENINGITE COME DIFENDERSI? Ecco i consigli dei medici reggini
BERGAMOTTO:
oro di Calabria GIUSY VERSACE: “La mia vita leggera e felice (senza gambe)”
PILATES equilibrio fisico e mentale
SOMMARIO
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L’ASPERA MONTIS SECONDO BOMBINO. IL PRESIDENTE DEL PARCO NAZIONALE: “L’ASPROMONTE? UN’ECCEZIONE DI CUI ANDARE FIERI!”
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NUOVE METODICHE DI TRATTAMENTO DELLA GONALGIA DA GONARTROSI
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È VERDE IL COLORE PANTONE DEL 2017
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GENERAZIONE SELFIE: MODA PASSEGGERA, NUOVA COMUNICAZIONE O ‘MALATTIA’?
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BERGAMOTTO: ORO DI CALABRIA
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REISHI: IL FUNGO DELL’IMMORTALITÀ
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DERMATITE DA PANNOLINO: ECCO COME VA AFFRONTATA!
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GIUSY VERSACE: “LA MIA VITA LEGGERA E FELICE (SENZA GAMBE)”
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PILATES: EQUILIBRIO FISICO E MENTALE
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TORNA LA PRIMAVERA: (RI)METTIAMOCI IN FORMA!
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L’ARTE DEL RALLENTARE, IMPARIAMO A RESPIRARE E AD ASCOLTARCI NEL SILENZIO
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PIANTE MEDICINALI, UN SAPERE DA RISCOPRIRE
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MENINGITE: COME DIFENDERSI? ECCO I CONSIGLI DEI MEDICI REGGINI
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PSICOLOGIA ESTETICA: I CONSIGLI DEL DOTT. GIUSEPPE POLIPO
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LEA 2017, ECCO COSA CAMBIA NEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
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INES BARONE, LA RICERCATRICE TORNATA DAL TEXAS PER STUDIARE IL CANCRO
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WIG HOUSE: LA CASA DELLA PARRUCCA
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CICATRICI, CURARLE CON L’OSTEOPATIA
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PROBLEMI ALLA TIROIDE IN CRESCITA. I DIVERSI DISTURBI, LE CAUSE E I RIMEDI
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CANNABIS TERAPEUTICA DI STATO: AL VIA LA DISTRIBUZIONE
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I DEFIBRILLATORI E MANOVRE ANTISOFFOCAMENTO. IL DOTT. FABIO FOTI: “TUTTI POSSONO IMPARARE A SALVARE UNA VITA”
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VIVIBENE
SIETE DAVVERO SICURI DI QUELLO CHE MANGIATE? ECCO COME ‘STARE TRANQUILLI’ A TAVOLA
EDITORIALE
BUON COMPLEANNO VIVI BENE! VIVI BENE Trimestrale di salute e benessere Testata registrata al Tribunale di Reggio Calabria n. 4/2016 Anno II - Marzo 2017 Editore Farmacia Fata Morgana dei Dottori Elvira Caridi e Mario Pulitanò Caridi s.n.c. Via Osanna, 15 · 89127 Reggio Calabria www.farmaciafatamorgana.it Direttore Responsabile Vincenzo Comi Farmacia Fata Morgana Hanno collaborato: Dott.ssa Giovanna Barillà Dott. Mario Pulitanò Caridi Dott. Giuseppe Cutrupi Dott.ssa Consuelo Ieracitano Dott.ssa Annamaria Russo Dott.ssa Antonella Siciliano Contributi di: Vincenzo Comi Manuela Di Vietri Federica Geria Pasquale Romano Daniela Romeo Dott. Michele Biancorosso Dott.ssa Fabiola Branca Dott.ssa Vittoria Chilà Dott.ssa Maria Celeste Paviglianiti Dott. Giuseppe Polimeni Grafica KGMarketing · www.kgmarketing.it Pubblicità KGMarketing direzionekgmarketing@gmail.com 347.0942756 Distribuzione esterna Agenzia Publiworld
di Mario Pulitanò Caridi
Questa rivista è sempre più vostra e sempre meno nostra. Proponete suggerimenti, commenti e, grazie al cielo, non mancano nemmeno critiche, giuste ed indispensabili per migliorarci. Molti si sono lamentati per il ritardo dell’ultimo numero. Vi dobbiamo delle scuse. Colpa nostra. Siamo ancora stupiti, dopo un anno di vita, del favore e delle attenzioni di cui gode Vivi Bene. Non è nella nostra indole lodarci, o celebrarci, e l’essere giunti a festeggiare il suo compleanno, e di esserci arrivati con sempre maggiore diffusione ed apprezzamenti, non è motivo di orgoglio, ma solo di maggiori responsabilità. Abbiamo accolto per questo motivo con soddisfazione e gioia altri collaboratori professionisti. Noi non siamo giornalisti e seppur continueremo a scrivere con umiltà, siamo lieti di accogliere l’aiuto di chi il giornalista lo fa per mestiere, ed ha accettato con convinzione la sfida di una proposta editoriale come questa. Insieme speriamo di migliorarla ancora e di essere sempre in linea con l’intento che ci siamo prefissi al suo nascere: essere piacevolmente utili nel dare consigli per “vivere bene”. Vivere bene vuol dire anche conoscere chi ci aiuta a vivere bene e siamo per questo grati a coloro che in ogni numero hanno accettato il nostro invito a chiacchierare insieme per farvi conoscere il loro lavoro e la loro missione. Come già avvenuto con il dott. Iacopino per
l’assistenza ai profughi e con il presidente dell’Avis per la nobile impresa di non fare mai mancare le trasfusioni a chi ne ha bisogno, cercheremo sempre in futuro di aprire le porte della rivista a chi arricchisce la società col proprio lavoro. Essere sempre a contatto con voi ci consente di cogliere e condividere i tanti problemi che vi assillano. Avremmo da raccontare tante cose che non funzionano come dovrebbero, soprattutto nel mondo della sanità in cui operiamo, ma è nel nostro spirito prevenire prima che curare e siamo certi di essere più utili a consigliarvi sul come non incappare in certe difficoltà piuttosto che denunciare quelle che già vi assillano. Preferiamo quindi mettere in evidenza chi opera per il bene del nostro territorio. Lo avrete capito anche frequentando la nostra farmacia: cerchiamo sempre di contrastare ogni allarmismo e di affrontare le vostre preoccupazioni sempre nel modo più semplice e sereno, e soprattutto efficace. Certe abitudini alimentari, comportamentali, e perfino certi approcci psicologici sono “medicine” di gran lunga più efficaci, e sono pure gratuiti! Se riusciremo anche attraverso questa rivista ad infondere in voi un po’ di ottimismo, a correggere qualche comportamento negativo, ed a suggerirvene altri positivi, saremo felici di avere svolto la nostra missione con maggiore efficacia di qualunque “pillola” miracolosa e costosa. Grazie a tutti voi per questo anno trascorso insieme, sappiate che altre novità bollono in pentola e faremo di tutto perché anche il 2017 sia all’insegna del vivere bene.
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L’aspera montis secondo Bombino. Il Presidente del Parco Nazionale:
"“L’ASPROMONTE?
UN’ECCEZIONE DI CUI ANDARE FIERI!"
Photo Paolo Giosuè Genoese
di Vincenzo Comi - Manca poco più di un anno e mezzo alla scadenza del suo mandato. In volto gli si legge chiaramente la voglia di spendersi fino all’ultimo giorno. Il suo sguardo conferma la volontà di continuare nel suo ruolo di Presidente del Parco Nazionale d’Aspromonte che porta avanti unitamente a quello di docente dell’Università Mediterranea. Incontriamo il prof. Giuseppe Bombino proprio all’interno delle aule del suo amato Dipartimento di Agraria. Dal suo ufficio si scorge una distesa verde, la vallata di Vito, uno dei tanti accessi verso l’Aspromonte. “Ho trovato fin dai primi giorni del mio insediamento - giugno 2013 – un ente molto maturo anche se formato da poche unità. La dimensione di circa 65.000 ettari di area in cui operiamo suggerisce una sproporzione rispetto alle competenze che abbiamo e che dobbiamo esprimere sul territorio”. Esordisce così il presidente Bombino che ricorda il lavoro iniziale del suo mandato. “Abbiamo sempre dimostrato tempi di risposta rapidi, solo due o tre giorni per dar conto alle esigenze delle 37 amministrazioni comunali che si rivolgono all’Ente Parco. La macchina organizzativa procedeva bene tuttavia mancava la percezione sul territorio. L’Ente Parco non era affatto conosciuto soprattutto a Reggio Calabria. Abbiamo cercato di elevare quindi il significato di un ente importantissimo per farlo diventare da un lato un punto di riferimento e dall’altro per farlo comunicare con gli altri enti. Tengo molto alla mia presenza a tutti i tavoli per poter interagire con i vari protagonisti del territorio”. 4
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Il presidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte ha una mobilità paragonabile a quella di un presidente di Regione o di un sindaco di una grande città. La presenza ed il contributo del Parco vengono sempre richiesti dalle varie realtà territoriali. “I tanti inviti che riceviamo quotidianamente – spiega Giuseppe Bombino – rappresentano un segnale importante. Vuol dire che l’obiettivo di aumentare la nostra presenza si è concretizzato. L’altro aspetto al quale ho sempre tenuto tantissimo è quello della cultura. Dovevamo restituire la giusta dimensione alla parola Aspromonte, che rimane ruvida alla pronuncia ma in realtà conserva ben altro. A questa operazione immateriale di sensibilizzazione abbiamo accompagnato negli anni alcuni interventi incisivi per non dire rivoluzionari. Sul binomio Natura e Cultura, abbiamo incentrato molteplici sforzi e promosso numerose iniziative: la sinergia con il MAaRc, ne è l’esempio più qualificante”. Tra le azioni intraprese dall’Ente Parco Nazionale, l’utilizzo della legge della montagna che consente di affidare lavori, opere ed interventi alle cooperative montane. Una legge che favorisce i processi di sviluppo e che sostiene la fragile economia delle aree interne. E ancora ricucire i rapporti con la gente che popola l’Aspromonte in particolare con i pastori. “Abbiamo affidato a cooperative di giovani aspromontani la manutenzione straordinaria della rete dei sentieri. Oltre un centinaio di ragazzi hanno potuto prestare la propria opera in Aspromonte. Con un investimento di oltre un milione di euro abbiamo coinvolto le comunità montane nella gestione del territorio recuperando 130
km di rete sentieristica – continua Giuseppe Bombino – Questa operazione verrà ripetuta adesso con il progetto ‘Adotta un sentiero’ in quanto i sentieri vanno mantenuti nel tempo riservando la cura ed il racconto attraverso pubblicazioni alle associazioni escursioniste ed ambientaliste. La figura del pastore poi è indice di mille contraddizioni. Una figura emarginata che non ha mai incontrato il volto dello Stato e che ha sempre vissuto la montagna senza la consapevolezza del suo ruolo. Abbiamo instaurato un nuovo dialogo incontrandoli e dandogli fiducia. Abbiamo così fatto l’avvistamento agli incendi boschivi tramite i pastori ai quali è stata affidata una porzione di territorio. Vogliamo inoltre regolarizzare la loro produzione e quindi la vendita dei prodotti attraverso il progetto ‘La via lattea’ rivolto alla figura dell’eco-pastore”. Ma cosa si nasconde, secondo il presidente Bombino, dietro la parola “Aspromonte”? “È uno spasmo, una contrattura geologica, un sussulto al centro del Mediterraneo. E’ un’eccezione frutto di una migrazione avvenuta milioni e milioni di anni fa. È una montagna irrequieta ed aspra. Crediamo che Aspromonte derivi dal latino ‘aspera montis’, l’asperità della montagna. L’Aspromonte infatti non è un monte, non c’è un’unica vetta ma un sistema montuoso. Quando pensiamo all’Aspromonte non dobbiamo pensare ai peccati dell’ultima generazione, saremmo i traditori di questa montagna. In questa montagna avvennero le cose più grandi del Mediterraneo in tutti i sensi. Dobbiamo avere una nuova visione storica di quello che è successo in Aspromonte e non ricordare gli ultimi tristi decenni che non danno giustizia ad un territorio virtuoso. L’Aspromonte è quindi un’eccezione. Non dimentichiamo che l’Aspromonte è stato un rifugio o meglio un riparo per tante specie animali e vegetali che oggi popolano le Alpi e le montagne del Nord Europa”. La montagna è l’unica chance che abbiamo per lo sviluppo della
Calabria. Per il 90% è infatti composta da colline e montagne. “La gran parte del territorio su cui bisogna immaginare processi di sviluppo e riordino è la collina e la montagna. Le pianure costiere rappresentano solo una minima percentuale dello spazio produttivo della nostra regione. È chiaro quindi che dobbiamo porre al centro della nostra politica l’agricoltura. Questo ci consentirebbe di mantenere il paesaggio, produrre e allo stesso tempo proteggere il suolo sfruttando tutti quegli aspetti che esaltano la qualità della vita”. La chiave di sviluppo della Calabria, secondo Bombino sta dunque nell’agricoltura e nella natura. L’Aspromonte tuttavia ancora non attrae per ovvi motivi. Manca da parte della politica una strategia di sviluppo. “La nostra città metropolitana è l’unica al mondo che ha al suo interno per intero un parco nazionale. Non si può pensare quindi all’Aspromonte come un qualcosa di separato ma piuttosto come un elemento di metropolizzazione”. Il presidente Bombino dà infine un consiglio ai tanti calabresi e non che visitano l’Aspromonte anche solo per una semplice passeggiata. “Passate dalla bellezza architettonica e quella naturale. Da Gerace ad esempio andate a visitare i boschi e le foreste dell’Aspromonte dove l’azione dell’uomo è assente. Esplorate zone tipiche e foreste vergini. Presto inoltre a Precacore ed Africo Antico verranno recuperati alcuni ruderi in cui si svolgeranno attività culturali con l’Università Mediterranea e verrà creata una scuola di giornalismo naturalistico. In particolare consiglio ai tanti giovani di visitare le aree più remote... vi porterete per sempre l’impronta aspromontana...”.
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NUOVE METODICHE DI TRATTAMENTO DELLA
GONALGIA DA GONARTROSI L’ANALISI DEL DOTT. BIANCOROSSO
Una delle situazioni cliniche più difficili che quotidianamente l’ortopedico si trova ad affrontare è il paziente con patologia degenerativa del ginocchio, spesso peraltro giovane, con esigenze importanti ed altrettanti aspettative. L’articolazione del ginocchio comprende, dal punto di vista anatomico il femore distale, la tibia prossimale e la rotula. L’articolazione è tricompartimentale e consiste nell’articolazione femoro-rotulea in quella femoro-tibiale laterale ed in quella femoro-tibiale mediale. Le patologie degenerative dell’articolazione del ginocchio sono caratterizzate da usura e dall’eventuale perdita di cartilagine articolare. I pazienti con gonartrosi avanzata presentano dolore, tumefazione, limitazione articolare e deformità, che può essere in varo o valgo con o senza contrattura in flessione. A ciò si accompagna la degenerazione meniscale che precede i cambiamenti strutturali e radiografici dell’osso. Il sintomo fondamentale dei processi degenerativi del ginocchio è il dolore. Inizialmente il dolore è di tipo meccanico ed è esacerbato dal movimento. I pazienti spesso lamentano dolore anche a riposo. Compare tumefazione articolare accompagnata da versamento intraarticolare, sinonimo di infiammazione della capsula articolare o di una sinovite. La perdita di osso a causa dell’artrosi aggrava le deformità del ginocchio e contribuisce allo sviluppo secondario di contratture dei tessuti molli. La diagnosi gonartrosi si basa sulla storia clinica del paziente, sull’esame obiettivo e sullo studio radiografico del ginocchio. I protocolli di trattamento variano in rapporto al grado di degenerazione del ginocchio. Negli stadi iniziali ed intermedi il trattamento conservativo volto a ridurre la sintomatologia algica si avvale di kinesiterapia, utilizzo di fans laddove non sussistono patologie che controindicano l’utilizzano degli stessi e la visco-supplementazione con cicli infiltrativi intraarticolari con acido ialuronico. È confermato dalla bibliografia mondiale che l’acido ialuronico esogeno migliora le lesioni condrali e che le proprietà viscolelastiche di questo agente svolgono un evidente effetto antalgico interrompendo il circolo vizioso che si viene a determinare all’interno dell’articolazione, dovuto all’infiammazione sinoviale che altera la struttura dell’acido ialuronico endogeno con variazione delle proprietà viscoelastiche e danno cartilagineo che incrementa ulteriormente l’infiammazione. Dott. Michele Biancorosso Medico chirurgo, specialista in ortopedia e traumatologia. 6
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È VERDE IL COLORE PANTONE DEL 2017 di Manuela Di Vietri - Si tratta del Greenery, (codice 15-0343), ecco il verde che invaderà il 2017. Dal design allo streetstyle, fate caso, e di certo, vedrete Greenery un po’ ovunque… È il Pantone Color Institute, con il consueto annuncio che fa ogni anno, a proclamare Greenery il colore Pantone del 2017. Saranno quindi tonalità vivaci e accese quelle che coloreranno l’anno in corso. Tonalità che simboleggiano un nuovo inizio! Si dice che il verde si traduca con speranza… Un bell’augurio dunque per il 2017. Lo abbiamo già visto in passerella per la Primavera Estate 2017 nelle sfilate di Emilio Pucci, Balenciaga e Sies Marjan, ma presto lo vedremo apparire anche nell’interior design e nello streetstyle. Ecco come Greenery viene definito dall’azienda Pantone: “una fresca e frizzante sfumatura giallo-verde che evoca i primi giorni della primavera, quando il verde della natura si rinvigorisce e rinnova”. Come dichiarato dal direttore esecutivo del Pantone Color Institute, Leatrice Eiseman: “Abbiamo di fronte un panorama politico e sociale complesso e le persone sentono il bisogno di rivitalizzarsi e rinnovarsi. Il Greenery simboleggia la connessione che cerchiamo con la natura e con gli altri, per non parlare di obiettivi ancora più grandi”. Teniamoci pronti, selezioniamo qualche abito per il nostro armadio o qualche mobile o accessorio per la nostra casa. Non lasciamoci sfuggire il colore must-have del 2017. Greenery!
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GENERAZIONE SELFIE: MODA PASSEGGERA, NUOVA COMUNICAZIONE O ‘MALATTIA’?
di Pasquale Romano - Rivoluzione selfie. È, con ogni probabilità, l’attività quotidiana più diffusa al mondo, freneticamente svolta in ogni angolo della terra, senza distinzione alcuna di età, sesso o religione. La sua introduzione ha sconvolto non solo gli aspetti sociali ma anche commerciali, di spettacolo e comunicazione. Ogni anno l’Oxford English Dictionary rende nota la lista delle nuove parole coniate nella lingua inglese: nel 2013 selfie è stata eletta la parola dell’anno. Anche Papa Francesco non è sfuggito alla nuova tendenza facendosi fotografare con alcuni giovani, un gruppo di scout, dopo la messa in Vaticano.
Il ‘big bang’ del selfie è probabilmente datato 2014. In occasione della serata degli Oscar, il selfie di gruppo scattato dall’attrice e conduttrice Ellen DeGeneres è impazzato sul web, in particolare su Twitter. In poco più di due ore l’immagine che riunisce tra gli altri Brad Pitt, Angelina Jolie, Meryl Streep, Julia Roberts, Jennifer Lawrence, Bradley Cooper e Kevin Spacey è stata ritwittata oltre 2 milioni di volte facendo il giro del mondo. Quella dei 2000, proprio per enfatizzarne l’assoluta ‘devozione’, è stata appunto definita ‘generazione selfie’. Una volta si chiamava autoscatto, ma l’importanza e l’incidenza nella quotidianità degli esseri umani era infinitamente minore. L’avvento dei social network, con tanto di smartphone sempre a portata di mano, ha favorito l’esplosione di questa moda, vero e proprio comportamento virtuale, in alcuni casi divenuta mania irrefrenabile. Non è errato collegare ai selfie l’assoluta voglia, forse necessità, 1 0
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di accentrare su noi stessi attenzione. Tipico comportamento dei ragazzi che crescono insieme ai computer, vivono la tecnologia e utilizzano i social network. Gli studi dimostrano come tale fenomeno però non sia esteso in modo uniforme a tutto il globo. Gli asiatici hanno generalmente un’autostima inferiore ed è estremamente buffo se si pensa che è proprio tale popolo, se paragonato agli altri, ad avere i più alti tassi di successo sia in campo scolastico che lavorativo. C’è una preoccupante incidenza del disturbo narcisistico di personalità tra i ventenni di oggi, con percentuali significativamente più alte se si effettua un confronto con la generazione precedente. Lo afferma Joel Stein l’autore dell’articolo sul Time dal titolo “ME ME ME Generation”, con dati di ricerca alla mano. Nell’impossibilità di incontrare il limite, la frustrazione, tanti giovani restano fissati alla propria immagine in una sorta di rapimento autocontemplativo. Non potendo reggere la ferita di un divieto, o di un rifiuto, o di un abbandono, non sono in grado di cogliere ciò che li rende singolari, unici. Sono persi, perchè bombardati continuamente da messaggi che si ripetono all’infinito. Sono smarriti, talvolta, depressi, perchè la loro vita è ricca di agi e quasi del tutto priva di negazioni. Avete una nuova ragazza o un nuovo ragazzo? Condividete. Avete trascorso una splendida vacanza? Condividete. Avete cucinato una cena deliziosa? Condividete. Il più delle volte, appunto, in formato ‘selfie’, ovvero con noi stessi a scattare un qualcosa con l’obiettivo puntato sulla nostra vita.
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BERGAMOTTO: oro di Calabria
Il bergamotto è una pianta dalle origini antichissime e in parte sconosciute. Si pensa derivi dal limone o dall’arancio amaro, ed è esclusivo della Calabria, nello specifico del litorale che va da Villa San Giovanni a Monasterace.
Il frutto matura da ottobre a marzo, è caratterizzato da un’intensa colorazione gialla e da un sapore acre e amaro. Il bergamotto è ampiamente utilizzato in profumeria, come base di moltissime fragranze e acque di colonia; in cucina, per aromatizzare dolci, creme, succhi, liquori e pietanze; e negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede anche nell’industria farmaceutica. Il frutto è ampiamente conosciuto per l’olio essenziale, ottenuto dalla spremitura a freddo della buccia. Contiene sostanze importanti tra cui il limonene dalle proprietà antisettiche e tonificanti, e l’acetato di linalile dalle proprietà antivirali. L’olio essenziale presenta anche proprietà antibatteriche, antiinfiammatorie, cicatrizzanti, digestive, sedative e seboregolatrici. Sulla pelle con eccesso di sebo può essere utilizzato come rigenerante e purificante: poche gocce di bergamotto possono essere aggiunte al tonico, alle creme idratanti o nei bagni di vapore. Come cicatrizzante e antinfiammatorio è utile in caso di dermatiti, eczemi e psoriasi. Nell’aromaterapia il bergamotto è sfruttato per le sue capacità antidepressive, per alleviare ansia, paure, stress e nervosismo. È un toccasana in caso di coliche, indigestione, flatulenza, meteorismo, infezioni e irritazioni del tratto uro-genitale. Può essere utile in caso di gengiviti, stomatiti, ascessi e alitosi. 1 2
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In campo farmacologico, il bergamotto è continuamente oggetto di numerosi studi e ricerche. In commercio sono presenti numerosi integratori utili per regolarizzare trigliceridi, colesterolo e glicemia. Nuovi studi hanno dimostrato gli effetti cardiovascolari ed antiossidanti della frazione non volatile dell’olio essenziale. Generalmente l’olio di bergamotto è atossico e non irritante; per utilizzarlo sulla cute deve essere privato dei bergapteni, furocumarine fototossiche che possono causare, dopo esposizione al sole, pigmentazione e scolorimento della pelle. Non deve comunque essere utilizzato sui bambini, dalle donne incinte o in caso di allattamento. “L’essenza del bergamotto - precisa il prof. Vittorio Caminiti, presidente dell’Accademia del Bergamotto - è da tempo usata nell’industria alimentare e dolciaria, in liquoristica, nella produzione di the, caramelle, canditi ed in una serie di prodotti dal gusto esaltante e delicato che arricchiscono la cucina di nuovi sapori. Addirittura con le ‘bucce’ essiccate si creano rose, bambole, fiori, tabacchiere, oggettistica. L’Accademia ha organizzato alcune esposizioni agrumarie per la divulgazione mondiale dell’agrume. Manifestazioni allestite non solo con lo scopo di far conoscere l’agrume, pregiato per la molteplicità del suo impiego, ma anche per far cultura di cibo genuino, biologicamente sano, oltre che per la possibilità di curarsi bene con prodotti farmaceutici derivati dal pregiato agrume, giustamente denominato l’ORO VERDE della nostra provincia, unica fascia territoriale ove il bergamotto cresce e prospera oggi valorizzato come merita per la bontà delle sue proprietà”.
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REISHI: il fungo dell'immortalita' Ci ritroviamo a parlare di Micoterapia. Oggetto del nostro articolo questa volta il Reishi e le sue molteplici proprietà curative. Il Ganoderma Lucidum, altrimenti detto Reishi, è soprannominato fungo dell’immortalità e, nell’antichità, rappresentava il benessere e la longevità. Considerata la sua rara presenza in natura, solo i nobili potevano permetterselo e, anche per questo, si credeva che il fungo fosse sacro e che cresceva solo nella “casa degli immortali”.
stenza e, quindi, di rimozione di cellule neoplastiche o displasiche. Ormai la letteratura scientifica si è pronunciata a favore nel sostenere le varie attività immunostimolanti del Reishi: diverse componenti del fungo sono in grado di migliorare la proliferazione e la maturazione dei linfociti T e B, cellule mononucleate della milza, cellule NK e cellule dendritiche in coltura in vitro e in studi su animali in vivo; migliorano sia l’immunità adattiva che quella innata e aumentano la produzione di citochine antinfiammatorie.
In tempi abbastanza recenti, si sono scoperte le sue caratteristiche nutrizionali e enzimatiche che lo fanno sembrare un vero e proprio farmaco e, quindi, utilizzato per patologie ben specifiche con ottimi risultati. Le applicazioni e i benefici per la salute indotte dall’utilizzo del Reishi includono il controllo dei livelli di glucosio nel sangue (glicemia), la modulazione del sistema immunitario, la detossificazione epatica, l’azione battericida e altro ancora.
L’utilizzo del Reishi permette una generale modulazione del sistema immunitario con riassetto di un corretto equilibrio Th1/ Th2. Questo permette di combattere l’infiammazione e ricevere un efficace supporto contro la sintomatologia allergica; quest’ultimo meccanismo è legato all’inibizione del rilascio dell’istamina da parte dei triterpeni che rallentano o bloccano l’azione dei mastociti.
Il Reishi è stato riconosciuto come fungo medicinale già da oltre 2000 anni e nei manoscritti più antichi inerenti la Medicina Officinale, veniva quasi sempre nominato per gli effetti terapeutici legati al suo uso. Una delle sue peculiarità più importanti è sicuramente il tropismo per il sistema immunitario. La componente polisaccaridica (betaglucani e triterpeni) conferisce a questo fungo medicinale la capacità di regolare la risposta immunitaria dando efficace supporto all’organismo. Gli agenti che migliorano il funzionamento del sistema immunitario potrebbero migliorare la salute in termini di maggiore resi-
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La Medicina Integrata dimostra dunque ancora una volta di svolgere il suo compito a dovere; del resto, la natura ci ha donato armi incredibili per combattere le patologie che ci affliggono. Anche le sostanze naturali però devono saper essere usate nel modo giusto, per poterne sfruttare il meglio ed evitare potenziali effetti collaterali, proprio come accade con i più comuni farmaci; è per questo che consigliamo sempre di rivolgersi al proprio medico di fiducia. Dott.ssa Fabiola Branca
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DERMATITE DA PANNOLINO:
ecco come va affrontata!
Sederino arrossato? Pianto disperato a ogni cambio del pannolino? Capita spesso che il contatto della pelle sensibile e delicata del neonato con sostanze che ne alterano il normale equilibrio, come urina, feci o detergenti aggressivi, provochi un’infiammazione cutanea che si manifesta con chiazze di colore rosso vivo sul sederino, la dermatite da pannolino. Quali sono le cause? Quali i rimedi? La dermatite da pannolino di solito è causata dal contatto prolungato con urine e feci, quando il bambino non viene cambiato spesso oppure da pannolini e vestitini troppo stretti che fanno attrito contro la pelle oppure da un’elevata sensibilità della cute. Questa condizione, molto frequente e molto fastidiosa per il bambino, può anche iniziare dopo l’introduzione di nuovi alimenti nella dieta, oppure se la mamma mangia determinati cibi durante l’allattamento o se la mamma che allatta e/o il bambino sono sotto terapia antibiotica, spesso senza l’utilizzo di fermenti lattici. Anche l’impiego di prodotti aggressivi può aggravare il problema come le salviettine usa e getta, un detergente o anche un detersivo utilizzato per la biancheria del piccolo. È possibile prevenire la dermatite da pannolino con pochi semplici accorgimenti: 1. Cambiate spesso il pannolino e cambiate il prima possibile il pannolino sporco. 2. Rinfrescate il sederino di vostro figlio, quando cambiate il pannolino, con acqua e bicarbonato o amido di riso o con oli e bagno crema, evitando il più possibile l’uso di salviette che contengano alcol o profumi. 3. Asciugate molto bene con un asciugamano in fibra naturale, tamponando e non sfregando la pelle. 4. Evitate di stringere troppo il pannolino, perché i pannolini troppo stretti creano un ambiente umido che favorisce la comparsa di micosi. 5. Quando possibile, lasciate vostro figlio senza pannolino. 6. Usate regolarmente creme specifiche per prevenire l’irritazione della pelle. 7. Dopo aver cambiato il pannolino, lavatevi bene le mani per impedire la diffusione di batteri o funghi. La cura migliore con i nostri piccoli è sempre un’igiene accurata, accompagnata dall’uso quotidiano di creme specifiche e rimedi naturali ad hoc. 1 6
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Nel caso tutto questo non fosse sufficiente, è possibile intervenire con prodotti che aiutano a proteggere e riparare la pelle. Pantenolo e ossido di zinco sono i principi attivi più utilizzati, contenuti in diverse pomate e paste, da usare a ogni cambio del pannolino applicando uno strato sottile sulla zona irritata, per idratare e proteggere la pelle del bambino. Il Pantenolo, noto anche come provitamina B5 possiede caratteristiche che ne favoriscono l’utilizzo come idratante ed emolliente e, grazie alla sua capacità di favorire la riepitelizzazione cutanea, come antinfiammatorio, antiprurito e lenitivo. L’ossido di zinco è utilizzato grazie alla sua capacità di lenire infiammazioni e irritazioni cutanee: aiuta a rimarginare le ferite favorendo la guarigione dell’epidermide e funziona anche in prevenzione evitando la comparsa di arrossamenti. Inoltre ha un elevato potere antisettico, evitando la proliferazione di microrganismi patogeni, antinfiammatorio e astringente. Un altro rimedio molto efficace da utilizzare è la crema alla calendula, nota per le sue proprietà cicatrizzanti e lenitive. Ha un’azione emolliente e filmante, aiuta ad eliminare prurito e fastidio e a far cicatrizzare prima la zona. Esistono, inoltre, diversi prodotti per la dermatite da pannolino contenenti olio di mandorle e d’oliva, bisabololo, betaglucano, allantoina, principi attivi naturali con azione lenitiva, disarrossante e dermoriparatrice. Se il problema non si risolve nel giro qualche giorno, se l’infezione è estesa e le condizioni della pelle peggiorano potrebbe trattarsi di una micosi. La maggior parte delle infezioni che colpisce la pelle del sederino è dovuta alla Candida Albicans, un fungo di norma presente nell’intestino del bambino, che nella zona coperta dal pannolino, calda e umida, può trovare un ambiente particolarmente adatto alla proliferazione, da innocua diventa aggressiva e provoca l’infezione, con formazione di piaghe nella pelle, con puntini rossastri diffusi. La candida è facilmente curabile con una crema antimicotica, acquistabile in farmacia senza ricetta medica, ma chiedete sempre consiglio al medico o al farmacista prima di acquistarla.
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GIUSY VERSACE:
“La mia vita leggera e felice (senza gambe)” di Pasquale Romano - Non si coglie mai, ascoltando Giusy Versace procedere con il racconto di una vita straordinariamente disordinata, il senso di un ‘prima’ e un ‘dopo’. Il grave incidente stradale che l’ha coinvolta fa parte del percorso, una tappa imprevista e traumaticamente necessaria. “Ho amato correre dopo che ho perso le gambe, non è un paradosso?” racconta sorridendo, facendo emergere un’autoironia naturale e travolgente. Traspare con forza invece, dalle sue parole, una forte consapevolezza. Di vittorie e sconfitte, gioie e dolori ugualmente inevitabili. Cornici di vita, e di sport. Ed è stato proprio lo sport a rappresentare la svolta di Giusy Versace. “Non ho mai fatto nulla di programmato, non avevo previsto di ottenere cosi tante soddisfazioni con lo sport. Dietro tutto questo c’è stato un duro lavoro, anni di sacrifici, la forza di volontà è andata a braccetto con il sudore. La corsa ha rappresentato l’ideale metafora, con i suoi saliscendi – spiega Giusy - Vittorie ostinatamente ricercate, brucianti delusioni, accettate come nuovi ostacoli da superare. ‘Mi sono sempre rialzata, dalle lacrime sono nate nuove vittorie. Lo sport educa ed insegna a vivere, pretende rigore e sacrificio. Mi ha fatto crescere e reso più forte un carattere già determinato. Per tutte le persone disabili rappresenta qualcosa di ancora più importante, una vera e propria rinascita”. La Paralimpiade di Rio 2016, il luogo di maggiore orgoglio e rimpianto allo stesso tempo. Il sogno è diventato realtà, interrompendosi però sul più bello. “Avevo già vestito la maglia azzurra in competizioni internazionali ma le Olimpiadi sono davvero un’altra cosa, si respira un’atmosfera unica. Sono tornata con il cuore a metà, ha pesato la squalifica nelle semifinali dei 400 metri. Ho commesso un errore stupido, mai fatto in precedenza, ovvero toccare la linea che separa le corsie. Al traguardo sapevo già che sarei stata squalificata, è stata una coltellata. Sentivo di essere da podio, credevo di poter conquistare una medaglia”. Piccola consolazione la finale dei 200 metri, ottenuta dopo una qualifica da record. “Poi ho finito la benzina, concludendo all’ottavo posto. Ma mia madre ci tiene a ricordarmi sempre ‘Giusy, sei tre le otto più veloci al mondo’ e mi tira su il morale. Mi tengo strette le medaglie di bronzo e argento ottenute ai Campionati 2 0
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Europei Paralimpici di Grosseto”. Dopo un 2016 dai ritmi particolarmente intensi, per Giusy Versace è arrivato il momento di uno stop. “La preparazione alla Paralimpiade è stata particolarmente tosta, da due mesi sono in stand-by. Prossimi obiettivi? Non ci penso, valuterò con calma”. Le vittorie sportive non sono che una delle molteplici facce dell’atleta reggina, capace di conquistare il primato anche nella celebre trasmissione Rai ‘Ballando con le Stelle’. “Anche in quel caso mi sono fatta trascinare da un pizzico di sana incoscienza. Sapevo di rischiare molto, ma volevo mettermi in gioco ed è andata come meglio non avrei creduto”. ‘Stay hungry. Stay foolish’. Il celebre motto di Steve Jobs che invita a ‘mordere’ la vita è un tatuaggio indelebile per Giusy Versace, una lezione da tramandare alle nuove generazioni. “Loro rappresentano il nostro futuro, e voglio rivolgermi in particolare ai giovani della mia terra. Dico loro che bisogna osare nella vita, rischiare e capire che ci si può rialzare dopo qualsiasi caduta. Io, ad esempio, mi sono reinventata dopo l’incidente senza piangermi addosso. Li esorto a viaggiare, ad arricchirsi interiormente, credere nel fondamentale insegnamento della gavetta”. Giusy Versace e la Calabria, il talento si è forgiato nella propria terra prima di migrare altrove. “Purtroppo gli impegni mi tengono lontana dalla mia città, ci ritorno appena possibile. Adoro l’umanità della gente, solo noi del sud siamo cosi calorosi. Spesso però manca il coraggio, assieme alla capacità di guardare al ‘diverso’ con gli stessi occhi con i quali osserviamo le cose più usuali. Viviamo in un territorio dove il disabile talvolta si deve nascondere, questo è inaccettabile ed è quello che voglio combattere con manifestazioni come l’Happy Run”. Diversi anni fa, dopo l’incidente, Giusy Versace per la prima volta tornava nell’amata Scilla. Dopo essersi sdraiata al sole, ha ‘parcheggiato’ le gambe vicino a sè con la dovuta naturalezza. Una madre, poco distante, copriva gli occhi della figlia che guardava incuriosita. Un male antico, quello del diverso che quasi spaventa, difficile da estirpare ad ogni latitudine.
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PILATES equilibrio fisico e mentale
L’insegnante Silvana Iacopino: “Disciplina che tonifica il corpo e non solo”
di Federica Geria - Il Pilates è un sistema di allenamento sviluppato all’inizio del ‘900 da Joseph Pilates, il quale traendo ispirazione da antiche discipline orientali, quali yoga e Do-In, ha scritto due libri in cui illustra il suo metodo: “Return to Life through Contrology” e “Your Health: A Corrective System of Exercising That Revolutionizes the Entire Field of Physical Education”. Il metodo Contrology di Pilates si sviluppa attraverso un programma di esercizi che coinvolge i muscoli posturali e incoraggia l’uso della mente per il loro controllo. Silvana Iacopino, insegnante qualificata di pilates, racconta per “Vivi Bene” la passione per questa disciplina, spiegandoci i principi su cui si fonda e i suoi benefici. “Ho iniziato fin da piccolina. Ho studiato danza per molti anni, specializzandomi a Roma. Ho lasciato poi la danza, dedicandomi al fitness e ne ho testato proprio sul mio corpo i risultati, lavorando a livello cardiovascolare, insegnando aerobica, total body, jump, sempre qualificandomi. Mi sono resa conto dunque perso-
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nalmente che il pilates aiuta tantissimo come preparazione base per affrontare un altro sport cardiovascolare aerobico. Favorisce lo sviluppo della resistenza e della propriocezione, permettendo di raggiungere l’equilibrio e l’autocontrollo del proprio corpo. Chi fa pilates è consapevole di partecipare ad una vera e propria lezione, per cui bisogna concentrarsi ascoltando il respiro ed il corpo. È una disciplina che si sposa perfettamente con la danza”. Gli esercizi di pilates fanno dunque acquisire consapevolezza del proprio respiro e del corretto allineamento della colonna vertebrale, grazie al rinforzamento di tutti i muscoli del corpo e contribuiscono così all’alleviamento e alla prevenzione del mal di schiena. “I benefici sono davvero tanti. L’ho testato su di me e mi sono resa conto come veramente il corpo si modelli – spiega Silvana Iacopino - Naturalmente bisogna essere pronti psicologicamente al fatto che ci si inizia a preparare a ottobre e le sessioni devono essere seguite con costanza. A dicembre ti accorgerai, dopo circa 60 sessioni, che il tuo corpo è più tonico, la massa grassa va via ed esce fuori quella muscolare. Infatti pesandoti durante i primi mesi
di pratica avrai circa 1 kg in più. Poi c’è la fase centrale durante la quale inizierai a vederti già modellata. Si lavora tantissimo con la parete addominale, e si lavora molto per la schiena. Una persona che ha svolto tanti anni di danza e poi si ritrova a fare pilates non fa altro che consolidare la propria postura. Spesso la nostra postura sbagliata porta conseguenze negative. Tendiamo a sederci in maniera scorretta e ciò negli anni provoca problemi alla schiena. Gli esercizi di pilates aiutano moltissimo in questo – continua Silvana Iacopino - ci sono diverse lezioni, quella in Mat Work, con il tappetino, e quella in piedi volta a sviluppare la propriocezione. Mi sono specializzata a fondo anche nel pilates con i piccoli attrezzi, attività in cui si lavora sfidando il proprio corpo, appunto attraverso l’utilizzo di elastic band, ring, bolle grandi e piccole”. Eppure il pilates è una disciplina che ancora non tutti conoscono e che molti sottovalutano. Il consiglio di Silvana Iacopino è quello di provarla e prendere parte almeno a tre lezioni. “C’è purtroppo una cattiva pubblicità sul pilates, molti lo associano a qualcosa che fa addormentare, stiamo cercando di invogliare la gente a praticarlo per far capire davvero di cosa si tratti. Ogni figura e posizione ha un suo nome. Ci sono esercizi, come ad esempio il push up che, facendoti rimanere in posizione prona sui gomiti, aiuta a tonificare tutta la parte anteriore del corpo. Il pilates tonifica il corpo, ma non solo! Senza accorgertene lavora ogni parte del tuo corpo, se con uno specifico esercizio agisci su addome e gambe, contemporaneamente attivi circolazione e articolazioni. È un’attività molto complessa”. Per comprendere al meglio i traguardi che si possono raggiungere basterebbe osservare i risultati, in termini di modellazione, sul fisico di una persona che pratica pilates da circa un anno. Sono
tanti i benefici che si possono ottenere e non solo fisicamente. “Osservare il corpo di chi ha praticato questa attività due volte a settimana per circa un anno, è importante per accorgersi della differenza, non solo a livello posturale, ma anche in termini di tonificazione. Se si riesce a svolgerlo bene il pilates allontana ansia e stress. Mi accorgo che alcune persone appena iscritte scappano durante gli esercizi… si ha l’abitudine di correre, persino a lezione! Siamo abituati ad andare di fretta durante tutto il giorno e mi rendo conto che molta gente non si accorge che ha davvero bisogno di fermarsi un attimo. Il messaggio che mi hanno trasmesso i miei insegnanti e che io cerco di trasmettere, è questo: se il corpo si muove lentamente (spesso negli esercizi di pilates bisogna immedesimarsi come se fossimo bradipi) ciò non significa che non stia lavorando, anzi è proprio lì che si sviluppa la resistenza, il muscolo infatti lavora perché lo attiviamo. Se si acquisisce una postura corretta e si impara a tenere l’addome fermo, per esempio, si possono anche prendere 500 kg e sollevarli. La postura dunque è la base che permette di lavorare bene, anche con tutte le altre discipline”. Il pilates è dunque una disciplina che coniuga equilibrio fisico e mentale, in cui la concentrazione e il controllo, si fondono con la fluidità e la precisione, il tutto accompagnato da una buona postura e un’attenta respirazione. Un ultimo consiglio di Silvana: “Abbinate al pilates un’altra attività, come ad esempio una sana corsa, allo scopo di ottimizzare al 100% i risultati!”
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TORNA LA PRIMAVERA: (ri)mettiamoci in forma!
di Maria Celeste Paviglianiti – L’inverno sta finendo e le giornate pian piano si allungano regalando più luce. Con la primavera la natura si risveglia e anche il nostro corpo ha bisogno di prepararsi ad affrontare la bella stagione nel modo migliore per poter stare bene sia dentro che fuori. Durante l’inverno spesso si eccede con il cibo, si accumulano più tossine, si prendono più farmaci. Il corpo può andare incontro a fenomeni di “affaticamento”; tra l’altro questa condizione può essere favorita anche dal continuo passaggio tra ambiente esterno e gli interni spesso surriscaldati, dalle tensioni e dallo stress dei ritmi serrati della vita lavorativa e anche dalla poca attività fisica all’aperto che durante i mesi invernali è quasi assente. Il desiderio di rimettersi in forma è il sentimento che avvicina gran parte della persone in questo periodo, sia uomini e sia donne. I centri benessere sono presi d’assalto e le palestre sempre più affollate, per non parlare poi della ricerca alla dieta perfetta che ci faccia perdere in fretta quei tanto antipatici chili di troppo accumulati durante l’inverno. La dieta è una cosa seria, così come dimagrire e perdere peso. Partiamo con alleggerire il regime alimentare in modo equilibrato. Talvolta, semplicemente eliminando merendine e snack, bibite gassate, dolcetti e cioccolatini vari, bevande alcoliche (ad eccezione di una birra o un bicchiere di vino ogni tanto), patatine fritte e tutto ciò che si tende a piluccare durante il giorno; sostituendo queste calorie vuote con quelle della frutta fresca, della verdura e tisane spezza-fame, riusciamo naturalmente a dimagrire anche consumando pasti normali. Bevete almeno 1,5-2 litri di acqua al giorno. Circa il 70% del corpo umano è composto da acqua, che anche se non contiene calorie o particolari sostanze nutritive è essenziale per la vita. Pensate che una persona può sopravvivere anche per alcune settimane senza consumare cibo, ma senza l’acqua non potrà resistere che un paio di giorni. Un rischio da evitare è quello di bere solo quando ne avvertiamo strettamente il bisogno, perché potrebbe essere già troppo tardi. Infatti, il senso di sete è controllato dall’ipotalamo, ma questa ghiandola del cervello non è un indicatore sempre affidabile e a volte può scattare in ritardo. Perciò, bisogna imparare a idratarsi regolarmente durante la giornata, anche quando si crede di non averne bisogno. L’acqua è determinante anche per il controllo del peso corporeo; persone che bevono poco sono maggiormente esposte al ristagno di tossine oltre ad incentivare la ritenzione idrica. Questa situazione gioca nettamente a sfavore della perdita di peso e del rassodamento dei tessuti. Riprendete gradualmente a fare sport. Se durante l’inverno abbiamo poltrito, ricominciamo con calma, magari andando in bicicletta, passeggiando, andando a piedi a lavoro, in alternativa iscrivetevi in palestra, in piscina, oppure scoprire il parco più vicino a voi e via alla corsa, che deve essere tassativamente preceduta da un lungo momento di stretching!
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L’ARTE DEL RALLENTARE Impariamo a respirare e ad ascoltarci nel silenzio
Nella società attuale, spesso viviamo la sensazione di non essere più padroni del nostro tempo, ci sentiamo travolti dalle centinaia di cose da fare, i ritmi sempre più frenetici, il lavoro, la casa, i figli, la palestra, le settimane volano, i giorni si susseguono rapidamente senza darci tregua. È facile sperimentare agitazione, irrequietezza, ansia, preoccupazione di non riuscire a portare a temine tutti gli impegni, disagio nel vedere accumulare le cose da realizzare, sensi di colpa per ciò che lasciamo indietro. A questo si aggiunge la tecnologia che ci mantiene costantemente dentro una rete, i nostri smartphone ricevono decine di messaggi quotidianamente, le notifiche dei social network catturano la nostra attenzione ed il nostro tempo, è come trovarsi al centro di un vortice di stimoli, sensazioni, emozioni e pensieri. In tutto questo caos, ci sentiamo sfiniti, smarriti, privi di energia. Tutto corre, tutto accelera. È fondamentale imparare a rallentare, per iniziare a recuperare i ritmi naturali del corpo e della mente. Un primo passo è prendere consapevolezza del proprio respiro, perché respirare è un processo involontario, che accade automaticamente, per questo non ci fermiamo mai a chiederci come stiamo respirando. Ne diventiamo rapidamente consapevoli quando diventa affannoso, corto o ci viene a mancare, ma appena recupera il suo ritmo naturale non gli diamo più importanza; eppure, se ci prendiamo qualche secondo per osservarlo ci accorgiamo che spesso non è fluido. In qualunque luogo ci troviamo, che sia al lavoro, a casa, con gli amici, quando sentiamo di accelerare, di correre, di lasciarci travolgere dagli eventi, è fondamentale ricordarci di 2 6
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respirare lentamente, bastano un paio di respiri profondi per attenuare la sensazione di pressione interiore. La consapevolezza del respiro ci aiuta ad ascoltare gli stati d’animo, ad entrare in contatto con la rabbia, la tristezza, la delusione, così come la gioia, l’allegria, l’entusiasmo. È necessario allenarsi a riconoscere le emozioni, impararne l’alfabeto, comprendere che cosa stiamo sperimentando, darci il giusto tempo per viverle, elaborarle e tornare a fluire con la vita, perché rappresentano una dimensione fondamentale di ogni essere umano. Non possiamo scappare da noi stessi, dal nostro mondo interno, ci servono momenti di silenzio, di ascolto profondo. Quando sentiamo che il disagio diventa importante, ci impedisce di vivere serenamente, ci ostacola nelle attività quotidiane possiamo chiedere aiuto ad uno psicologo, ed insieme costruire la strada per imparare ad ascoltarsi ed a fluire. Rallentare è un’arte necessaria in questo mondo così frenetico, la natura ce lo insegna quotidianamente, basta osservare un fiore, si prende tutto il tempo per crescere, superare le difficoltà, svilupparsi, ed emanare profumo e bellezza. Il contatto con la natura facilita la tranquillità interiore, dedicarsi lunghe passeggiate in riva al mare, guardare un tramonto, camminare nei boschi, ascoltarne i suoni, tutto è più calmo, più tranquillo. Impariamo a rallentare, respirare profondamente ed ascoltarci nel silenzio. Dott.ssa Vittoria Chilà Psicologa
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PIANTE MEDICINALI UN SAPERE DA RISCOPRIRE
di Daniela Romeo - Gli integratori a base di estratti vegetali sono ormai una realtà su cui puntano farmacisti, erboristi e consumatori, che si rivolgono alla medicina complementare non convenzionale con sempre maggiore interesse e fiducia. L’uso delle piante medicinali in cucina, specie in Asia, ha radici lontane nel tempo; solo di recente ne riscopriamo le ragioni, che non risiedono tanto nel gusto e nell’aroma, quanto nelle loro documentate proprietà curative. Esaminandone oggi i componenti attivi e gli effetti che producono, anche in abbinamento con altri estratti vegetali altrettanto efficaci, scopriamo un sapere di cui è un bene riappropriarsi. L’ingrediente attivo curcumina, ad esempio, deriva dal rizoma della pianta medicinale di Curcuma Longa, usato da secoli nella medicina ayurvedica e nell’erboristeria occidentale per favorire l’attività biliare epatica e la funzionalità articolare, per le sue notevoli proprietà antinfiammatorie, immunostimolanti, analgesiche, ma anche in quanto potente antiossidante naturale. L’azione antinfiammatoria della curcumina si sviluppa inibendo l’enzima ciclossigenasi-2 e lipossigenasi. Inoltre, la curcumina migliora la resistenza cellulare all’ossidazione da stress e protegge dai danni al DNA, due fattori coinvolti nei processi di invecchiamento e lo stress tossico.
È inoltre dimostrato che la curcumina aumenta la transferasi, il glucagone-S e l’attività del citocroma P450 nel fegato, migliorando la risposta dell’organismo ai disturbi metabolici. Inoltre, gli integratori a base di curcumina ad elevate concentrazioni e biodisponibilità, sono utilizzati con notevoli benefici come coadiuvanti della Terapia Laser Intravenosa; tale sostanza è fotosensibile e assorbe la luce monocromatica che favorisce l’attività mitocondriale, e presenta effetti antinfiammatori che sollecitano il processo di guarigione e contribuiscono a ridurre il dolore. La Boswellia Serrata è invece un albero originario dell’India la cui resina, estratta dalla corteccia, è tradizionalmente usata nella medicina ayurvedica per la cura di diabete, artriti, febbre. La principale attività della boswellia è dovuta alla presenza, nella sua frazione resinosa, di acidi triterpenici pentaciclici: acido beta boswellico e suoi derivati, piccole quantità di acido alfa boswellico e suo derivato. L’attività biodinamica principale consiste nell’inibizione della sintesi dei leucotrieni, anche qui con un blocco enzimatico sulla cascata della ciclo e lipo ossigenasi. I leucotrieni sono considerati oggi tra i principali elementi circolanti responsabili dell’innesco di tutti i fenomeni infiammatori tessutali, con particolare riguardo al danno endoteliale vascolare.
Per saperne di più: Bright JJ Curcumin and autoimmune disease. Adv Exp Med Biol, 2007 Menon et al Antioxidant and anti-inflammatory properties of curcumin. Adv Exp Med Biol, 2007 Rao CV Regulation of COX and LOX by curcumin. Adv Exp Med Biol, 2007 Venkatesan N, Punithavathi D, Babu M. Protectiion from acute and chronic lung diseases by curcumin. Adv Exp Med Biol, 2007
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MENINGITE: COME DIFENDERSI? Ecco i consigli dei medici reggini
di Vincenzo Comi - Un’emergenza più mediatica che reale. Se si considera che il numero dei casi di meningite del 2016 è uguale a quello dell’anno precedente e che nel 2014 i casi riscontrati in Italia di meningococco C sono stati addirittura maggiori viene da chiedersi il perché di tanto allarmismo. In realtà molte regioni, a seguito del tam tam mediatico degli ultimi mesi, hanno voluto tranquillizzare i cittadini. “Nessuna emergenza né carenza di vaccini” assicurano gli esperti. Eppure i media non fanno che parlarne.
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Molte sono le domande relative a questa malattia che presenta diversi approcci di prevenzione. Giovedì 26 gennaio è stato organizzato un incontro presso la sala convegni della Provincia di Reggio Calabria organizzato dal Rotary Club Reggio Calabria Sud Parallelo 38 e dal Rotary Club Reggio Calabria. “Il nostro obiettivo è quello della eradicazione della polio nel mondo – spiegano i presidenti Ing. Antonello Scopelliti e il dott.
Antonio Enrico Squillace – Assieme a questo progetto che è il principale cerchiamo di sensibilizzare ed essere vicini alle popolazioni del terzo mondo per le tematiche inerenti le vaccinazioni e la prevenzione delle malattie”. Esperti del settore si sono confrontati in un dibattito teso ad informare i cittadini dei reali rischi di questa patologia ed evitare pericolosi e molto spesso anche inappropriati allarmismi. Il consiglio che ne esce è quello di vaccinarsi ma senza ansie e soprattutto evitando lunghi e inutili pellegrinaggi nei centri assediati. Ma cos’è la meningite? Lo spiega il dott. Filippo Zema “La meningite è una malattia dovuta all’infiammazione delle meningi, le membrane che rivestono il cervello. L’infiammazione genera gravi sintomi neurologici che possono portare nei peggiori casi alla morte oppure a postumi gravi come sordità, ritardo mentale, paralisi motorie, epilessia. I casi in Italia del 2016 sono sovrapponibili a quelli del 2015. Tuttavia c’è stato un aumento di casi in Toscana e quindi si è creata la paura di una epidemia – continua il dott. Zema - L’allarmismo ha portato ad una vaccinazione di massa in Toscana e ad un ritorno alle vaccinazioni”. Rimane valida dunque l’esortazione di aderire alle campagne di vaccinazione, come fattore di prevenzione, rivolte ai bambini dai 13 ai 15 mesi di età e agli adolescenti di 13-14 anni, secondo i calendari vaccinali ordinari. È questa la misura più efficace per contrastare la diffusione del batterio. “Non c’è nessuna vera concentrazione di casi rispetto agli scorsi anni – afferma Giuseppe Foti direttore dell’Unità Operativa Malattie Infettive dell’Ospedale Riuniti di Reggio Calabria - Solo in alcune province della Toscana c’è stato un maggiore numero di casi soprattutto per il meningococco C. Anche nei nostri reparti continuiamo a riscontrare quei 10/15 casi l’anno. I giovani devono seguire e rispettare le indicazioni del piano vaccinale nazionale”. La verità è che spesso e volentieri la stampa evidenzia, dandone molto risalto, i casi che evolvono sfavorevolmente e non la quasi totalità dei casi di guarigione. I vaccini quindi vanno fatti a determinate categorie. Bambini, adolescenti, persone affette da malattie croniche e persone che viaggiano all’estero in zone non protette.
“Si tratta di una vera e propria epidemia mediatica. Mi ricorda quella del 2009 quando si parlava di influenza H1N1 e allora c’era grande preoccupazione. I mass media avevano gonfiato a dismisura un’infezione influenzale che c’è sempre stata e ci sarà sempre – spiega il dott. Demetrio Costantino, primario del reparto di Pediatria degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria - Tolta l’attenzione dei media è scomparsa la preoccupazione ma il virus è rimasto. Tornando alla meningite non vi è nessuna emergenza in quanto i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità dicono che i casi di meningite registrati e denunciati nel 2016 sono sovrapponibili a quelli dell’anno precedente”. Da un paio di settimane, dopo il diffondersi delle prime notizie di decessi per meningite, centinaia di persone si stanno recando nei centri vaccinali. La situazione è critica, in particolare, nella struttura di Reggio Calabria, ospitata in locali insufficienti per accogliere le centinaia di persone che si recano quotidianamente. I due responsabili ed i tre dirigenti medici in servizio nella struttura stanno effettuando 120 vaccinazioni al giorno. “Tutte le richieste, al momento, sono state soddisfatte – affermano i medici del centro vaccinale – ma non sappiamo fino a quando riusciremo, nelle attuali condizioni, a fare fronte a questa emergenza”. Intanto la prevenzione e l’informazione arriva anche tra i banchi di scuola. “Cerchiamo di offrire una corretta informazione ai nostri ragazzi – spiega la prof.ssa Anna Lucianò, referente del Liceo Scientifico Volta – È importante il coinvolgimento delle famiglie nella prevenzione dei nostri studenti. Le scuole si devono impegnare insieme agli altri enti nel predisporre incontri e convegni come questo al fine di istruire i ragazzi. La scuola è il secondo luogo di incontro per eccellenza dopo la famiglia. È necessario quindi che la scuola offra una conoscenza corretta per non creare inutili allarmismi”. Ad oggi in Calabria si registra un solo caso di morte per meningite all’Ospedale di Vibo Valentia. A rimetterci la vita un 50enne imprenditore di Lamezia Terme. Nessun pericolo particolare tuttavia sotto il profilo statistico e nessun caso di mala sanità perché l’imprenditore ha ricevuto cure adeguate e tempestive.
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PSICOLOGIA
ESTETICA I consigli del dott. Giuseppe Polipo
di Daniela Romeo - L’obiettivo di chi lavora nel settore dell’estetica è ‘creare’ bellezza e benessere, processo che racchiude diverse dinamiche psicologiche in quanto dietro ogni ‘richiesta’ di bellezza, c’è una richiesta di benessere emozionale. La psicologia estetica nasce per scandagliare il mondo della bellezza e del benessere allo scopo di comprendere il modo in cui le persone sentono e aspirano all’armonia individuale e sociale, indagando i processi mentali riferiti alla percezione, all’esperienza e alla comunicazione emozionale del bello, e l’impatto sociale che questi ambiti hanno sulla vita di milioni di persone in tutto il mondo. Incontriamo il dr. Giuseppe Polipo, ispiratore di questa nuova disciplina. “La cosmesi è una forma di comunicazione sociale, l’estetica non è vanità ma possibilità di espressione emozionale; ogni atto estetico è una dichiarazione, un atto comunicativo della nostra psiche. In quest’ottica, l’esperto di psicologia estetica ha il compito di aiutare le persone ad integrare gli aspetti esteriori della propria vita in funzione relazionale ed espressione emozionale. Il corpo e la pelle non sono soltanto tessuti biologici; è attraverso indumenti e ornamenti che possiamo riconfigurare continuamente la nostra immagine per esprimere valori e bisogni. Ogni persona percepisce e risponde alla realtà secondo la sua particolare mappa del mondo, che è in stretta relazione con la sua storia personale, le sue emozioni, il suo mondo interiore…” ESTETICA E SFERA EMOZIONALE “L’emozione può essere considerata la chiave di volta per comprendere come psiche e corpo siano interconnessi: emozionarsi significa esprimere il proprio stato mentale e fisico, e c’è sempre una risposta fisica alle emozioni. Sono il principale alimento della mente: è possibile nutrirsene in modo equilibrato e sano, ma un nutrimento emozionale eccessivo, scarso, o inibito nella sua espressione fisica, può generare squilibri e disagi psicologici e fisici. È con le emozioni che dobbiamo fare i conti se vogliamo stare bene. La mancanza di conoscenza dei propri bisogni e motivazioni, può essere ragione di malessere e disagio. Non star bene con se stessi, sentirsi poco desiderati, può generare disturbi che vanno dal lieve malessere psicologico a disturbi nevrotico-ossessivi invalidanti. L’empatia è la capacità di comprendere lo stato mentale delle persone con cui veniamo a contatto, di metterci nei loro panni, è all’origine di ogni benessere relazionale ed è una dote indispensabile per gli operatori di bellezza e benessere. La psicologia estetica non intende rivoluzionare solo la formazione di chi si occupa di bellezza e benessere, ma anche il paradigma dell’e3 2
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stetica, attraverso la contaminazione di competenze specialistiche (estetica professionale, medicina, psicologia, cosmetologia), per integrare aspetti tecnici ed emozionali del benessere. E ridefinire il valore sociale della bellezza, esaltando gli aspetti affettivi, creativi, comunicativi, relazionali, simbolici del bisogno di bellezza individuale”. MONDI CHE SI INCONTRANO “Diversamente dalla scienza, l’estetica incontra il giudizio soggettivo di ogni individuo, dando vita ad una ricerca artistica e umanistica che indaga il mondo psicologico, inconscio ed emozionale dell’individuo. Chi si occupa di bellezza non lavora direttamente sulla bellezza, ma sulla gestione del desiderio di bellezza, che è individuale. Farsi carico di definire la bellezza e fare proposte per il benessere, significa assumersi una grande responsabilità nei confronti delle aspettative di felicità degli individui. Questo implica il riconoscimento di un forte legame tra estetica ed etica, che impone un esame delle conseguenze sociali e individuali delle proposte estetiche (moda, lifestyle, cosmesi, medicina e chirurgia estetica,…). Per conoscere il mondo dell’estetica, è dunque necessario acquisire anche le competenze psicologiche per poter gestire bisogni, desideri, conflitti, paure e aspirazioni alla bellezza delle persone. Il continuo ricorrere alla cosmesi e alla chirurgia estetica per corrispondere ad una bellezza standard imposta, da indossare come una maschera o da ostentare come status - prosegue Polipo - è diverso dall’usare l’estetica come libera espressione della propria individualità. Gli standard di bellezza ‘imposti’ da pressioni culturali e media, rischiano di alimentare il mito di un’estetica ideale, creando ansia e insoddisfazione. Compito degli operatori è mettere in risalto l’unicità di ogni individuo. Possiamo pensare al benessere come ad uno stato d’animo che si può riempire di contenuti propri e che porta l’individuo nella direzione di maggior serenità, gioia, e salute. Esso poggia sull’accettazione della propria autenticità fisica e psichica, del naturale scorrere del tempo e sulla qualità delle relazioni. Questo può fare la differenza tra il ricorrere all’estetica come gioco creativo di natura sociale, o l’arrivarci come ultimo rifugio nevrotico. È tempo di sostenere lo sforzo di creatività e di libertà emozionale: una rivoluzione che accetti la bellezza come il fluire libero della propria essenza…” Dott. Giuseppe Polipo, medico estetico Psicoterapeuta, presidente dell’Associazione Italiana Psicologia Estetica, autore di ‘La Mente Estetica’, 2009 e ‘Psicologia dell’Estetica. Istruzioni per una bellezza consapevole’, 2014.
MINIMA L
M A G A ZINE
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LEA 2017, ECCO COSA CAMBIA NEL
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
di Daniela Romeo - I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) comprendono le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a erogare a tutti i cittadini gratuitamente o dietro pagamento di un ticket.
I LEA sono organizzati in tre aree: l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, ossia le attività di prevenzione rivolte alla collettività ed ai singoli (tutela dagli effetti dell’inquinamento, dai rischi infortunistici negli ambienti di lavoro, sanità veterinaria, tutela degli alimenti, profilassi delle malattie infettive, vaccinazioni e programmi di diagnosi precoce, medicina legale); l’assistenza distrettuale, vale a dire le attività e i servizi sanitari e sociosanitari sul territorio, dalla medicina di base all’assistenza farmaceutica, dalla specialistica e diagnostica ambulatoriale alla fornitura di protesi ai disabili, dai servizi domiciliari agli anziani e ai malati gravi ai consultori (familiari, SERT, servizi per la salute mentale, servizi di riabilitazione per i disabili, ecc.), alle strutture semiresidenziali e residenziali (per gli anziani e i disabili, centri diurni, case famiglia e comunità terapeutiche); l’assistenza ospedaliera, in pronto soccorso, in ricovero ordinario, in day hospital e day surgery, in strutture per lungodegenza e riabilitazione. Tutto quanto è compreso nei LEA rappresenta il livello di cura e trattamento essenziale garantito a tutti i cittadini, ma ogni Regione può utilizzare risorse proprie per erogare servizi e prestazioni ulteriori. I nuovi LEA 2017 sono stati resi noti da pochi giorni, e prevedono l’aggiornamento delle prestazioni garantite e delle liste delle malattie croniche il cui trattamento è a carico del Servizio Sanitario. Le new entry includono la broncopneumopatia cronica ostruttiva, le malattie renali croniche e il rene policistico autosomico dominante, osteomielite cronica, endometriosi, sindrome 3 4
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da talidomide, celiachia ed i trattamenti contro autismo e ludopatia. La lista delle malattie rare vedrà l’aggiunta di 110 nuove patologie, tra cui la sarcoidosi e la sclerosi sistemica progressiva. Per contro, l’elenco delle prestazioni associate all’ipertensione, quando non è causa di danni d’organo, verrà ridotto. Confermato dal disegno di Legge di Stabilità 2017 il Piano Nazionale Vaccini 2016-2018, che prevede l’inserimento nei LEA dell’anti papilloma (anche per gli uomini), dell’anti pneumococco e dell’anti meningococco. Molto atteso l’aggiornamento del Nomenclatore Protesico fermo al 1999, che introduce gli ausili informatici e di comunicazione come quelli per i malati di Sla, ma anche apparecchi acustici digitali e carrozzine a tecnologia avanzata. Cambia anche l’assistenza ospedaliera; verranno garantite le prestazioni assistenziali ordinarie in caso di patologie acute richiedenti assistenza medica prolungata, osservazione medico-infermieristica per 24h e immediata accessibilità alle prestazioni. Una delle novità di maggior rilievo è che rientrano nelle prestazioni garantite anche la terapia del dolore, le cure palliative, la diagnosi precoce della sordità neonatale e diverse prestazioni erogate durante la gravidanza: oltre alle visite ostetrico-ginecologiche, saranno gratuiti i corsi di accompagnamento alla nascita e la procreazione medicalmente assistita, anche eterologa. Escluse invece dal ticket tutte le prestazioni necessarie a monitorare la gravidanza in caso di minaccia di aborto… Fonte: Ministero della Salute
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Ines Barone, la ricercatrice tornata dal Texas per studiare il cancro di Pasquale Romano - Una storia comune. Quella di una giovane ricercatrice che ha deciso di tornare nella propria terra d’origine, la Calabria. Dopo un periodo di perfezionamento in Texas per studiare il tumore alla mammella, la ricercatrice calabrese infatti ha deciso che poteva continuare a fare ricerca anche nella sua terra, la Calabria, dove è nata. “Dopo la laurea – racconta Ines Barone – ho scelto di proseguire con un dottorato di ricerca qui nell’ateneo calabrese e ho avuto la fortuna di essere selezionata per un borsa di studio negli Stati Uniti. Dopo i tre anni trascorsi in America, avrei potuto scegliere di restare ancora Oltreoceano, ma nonostante le opportunità e le strade offerte che sono innumerevoli, competitive e stimolanti, avevo voglia di ritornare e di investire le mie energie in Calabria”. Grazie ad una borsa di studio congiunta Airc-Marie Curie, un programma speciale che la Comunità europea sostiene in collaborazione con l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro per favorire il ritorno in patria dei ricercatori che sono fuori, la ricercatrice calabrese ha avuto la possibilità di tornare nella sua terra e proseguire il proprio percorso professionale. Ora, a 32 anni e con una laurea in Farmacia e un dottorato alle spalle, è una delle studiose su cui l’Airc ha deciso di puntare e svolge la sua attività di ricerca nei laboratori di Patologia 3 6
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generale dell’Unical. La passione per questa branca della medicina è nata durante la redazione della tesi per il completamento degli studi universitari, che riguardava la relazione tra i recettori per gli estrogeni nel carcinoma mammario e la leptina (un ormone i cui livelli sono particolarmente elevati nei soggetti obesi). Sincero e intenso il legame che unisce Ines Barone alla Calabria, più forte anche del fattore economico. La borsa di studio triennale post-dottorato che aveva vinto al Baylor College of Medicine di Houston, in Texas, le garantiva infatti uno stipendio di 3200 dollari al mese. Il richiamo però è stato troppo forte, e oggi Ines può non far parte della fuga di cervelli all’estero che è uno dei problemi principali non solo del Sud ma di tutta l’Italia. Ma è possibile quindi fare ricerca in Calabria, dove la sanità non è certamente ai livelli del nord-Italia e dove sono tante le lacune da colmare? La risposta di Ines non lascia spazio a dubbi: “Assolutamente sì e i risultati raggiunti dal gruppo di Oncologia endocrina coordinato dal professore Sebastiano Andò, del quale faccio parte, ne sono la dimostrazione. Certo - ammette ai microfoni del Corriere della Sera - rispetto ad altri atenei italiani più grandi e a strutture estere, le difficoltà sono notevolmente maggiori e i fondi minori… ma le menti non mancano, così come la volontà di contribuire al progresso scientifico”.
WIG HOUSE
LA CASA DELLA PARRUCCA
Pubbliredazionale - Wig House è il centro parrucche di Reggio Calabria, nato con lo scopo di fornire una soluzione ai problemi estetici e psicologici, causati dalla perdita dei capelli. Nel nostro punto vendita potrete provare senza impegno, in un ambiente confortevole e riservato, il vasto assortimento di modelli, seguiti e consigliati nell’acquisto da un personale preparato e completamente disponibile. Le nostre parrucche, in capelli naturali e sintetici, vengono realizzate con le più avanzate tecniche di lavorazione garantendo, oltre ad una perfetta traspirazione, anche risultati estetici eccellenti. Tutti i nostri articoli sono realizzati con materiali anallergici certificati, conformi alle normative CE e considerati dispositivi medici. I nostri modelli sono ideati per non irritare la pelle e garantire una sensazione di benessere e comfort. Adatti per affrontare un trattamento chemioterapico o un caso di alopecia di qualsiasi natura.
Da Wig House troverete anche soluzioni alternative e integrative alla parrucca. Abbiamo a disposizioni i migliori turbanti per chemioterapia presenti sul mercato, realizzati con tessuti naturali come il cotone, la seta e la fibra di bambù. I nostri prodotti sono ovviamente perfetti anche per chi vuole semplicemente cambiare look o trovare un’acconciatura particolare per un’occasione. Parrucche, infoltitori graduali, code posticce, toupet, clip extensions. La giusta soluzione per ogni esigenza! Wig House si trova in via Paolo Pellicano, 1 a Reggio Calabria. Venite a trovarci dal Lunedì al Venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19. Il Sabato solo di mattina, su appuntamento. Per qualsiasi ulteriore informazione o chiarimento, non esitate a contattarci allo 0965.28830 o all’indirizzo wighouse@hotmail.it Visita il sito www.wighouse.it
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CICATRICI
curarle con l’osteopatia
La cicatrice è un segno lasciato nella cute da una guarigione di una ferita o di una incisione chirurgica, in cui un tessuto funzionale normale è ricostituito da tessuto connettivo cicatriziale (più rigido del normale). Questo, a seconda della profondità del taglio o dell’incisione chirurgica, crea con i tessuti sottostanti delle aderenze, cioè zone in cui tutti i tessuti interessati si accollano e interrompono il giusto scorrimento e la giusta condizione fisiologica tra tutte le strutture.
l’indipendenza dai tessuti sottostanti; oppure della cicatrice per esiti di appendicite, oppure in una cicatrice di protesi d’anca. Tutti questi esempi di perdita di normali rapporti fisiologici tra i vari strati tissutali, creano disfunzioni, o mancanza di corretta fisiologia di movimento, che porterà a situazioni di sofferenza locale e a distanza, dolorabilità in situ, come mal di schiena o cambiamenti della normale postura corporea per fare degli esempi più eclatanti.
Un esempio potrebbe essere cucire insieme, in un punto, un maglione con la maglia interna: normalmente le due maglie nei movimenti riescono a scorrere una sull’altra senza che una influenzi l’altra se non per il normale attrito che viene a crearsi; se invece esiste una cucitura le due maglie non saranno più indipendenti, ma una influenzerà l’altra.
Il ruolo della medicina manuale in generale e dell’osteopata nello specifico è quello, attraverso manipolazioni manuali fasciali che mirano al ripristino del normale rapporto tra i vari tessuti, di evitare l’instaurarsi di queste aderenze o di attenuarle qualora il tessuto cicatriziale sia “vecchio”.
La stessa cosa succede quando più tessuti vengono cuciti insieme durante una ferita o dopo un’incisione chirurgica. È questo il caso della cicatrice del cesareo, in cui l’utero perde 3 8
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Giuseppe Polimeni D.O. e-mail: osteopoli@gmail.com Pagina facebook: @osteopoli
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PROBLEMI ALLA TIROIDE IN CRESCITA: I DIVERSI DISTURBI, LE CAUSE E I RIMEDI
di Pasquale Romano - Sono in aumento i problemi di salute legati alla tiroide: ma di cosa si tratta di preciso, quali sono i sintomi, i disturbi e i rimedi? La tiroide è una ghiandola importantissima che secerne l’ormone tiroideo, è una sorta di ‘centrale elettrica’ del corpo umano. Quando non funziona a dovere (troppo o troppo poco) tutto l’organismo va in sofferenza. Contribuisce infatti a regolare i processi metabolici, cardiaci, i livelli di colesterolo, il peso, la forza muscolare a tanti altri fattori. Sei milioni di persone, solo in Italia, soffrono di una malattia della tiroide. Negli ultimi 20 anni i casi di tumore sono aumentati di oltre il 200%, le malattie autoimmuni (come la tiroidite di Hashimoto) sono triplicate. Come spesso accade con malattie e problemi di salute, la parola d’ordine è prevenzione. Anche nel caso di malattie tiroidee, se la diagnosi arriva in modo precoce, le possibilità di trattare la patologia in modo positivo cresce sensibilmente. Controlli del sangue e visite specialistiche, come in caso di complicanze cardiovascolari, ossee e metaboliche, aiutano a comprendere e definire il problema. Chi soffre maggiormente di patologie legate alla tiroide? Le donne, secondo le statistiche, ne soffrono da 5 a 8 volte più degli uomini, e solitamente una donna su otto sviluppa una simile patologia. Attenzione in modo particolare al periodo della gravidanza. In quei mesi infatti la tiroide è costretta ad aumentare di circa il 50% la produzione dell’ormone tiroideo dal momento che il feto, fino alla 12esima settimana, è privo di una sua tiroide. Quindi prima di iniziare una gravidanza il consiglio è di assumere iodio in quantità sufficiente. In generale, i disturbi tiroidei cresco4 0
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no progressivamente nelle varie fasce di età, fino a raggiungere la massima diffusione nei 55-64 anni, specie per l’ipotiroidismo, per poi decrescere. Quali le cause di un funzionamento difettoso della tiroide? Diverse, principalmente carenza di iodio, malattie autoimmuni della tiroide, esiti di intervento chirurgico o assunzione di iodio radioattivo, gozzo e noduli tiroidei, oppure ipo e ipertiroidismo. Quest’ultima è una malattia spesso fortemente sintomatica, caratterizzata da tachicardia, tremori e dimagrimento. I trattamenti dei disturbi tiroidei sono, nella maggioranza dei casi, efficaci e vanno scelti e applicati tenendo conto delle specificità del paziente, come età, sesso, condizioni generali di salute, stile di vita. I trattamenti per l’ipertiroidismo sono essenzialmente di 3 tipi: farmacologico (solitamente il primo approccio utilizzato), radioterapico, chirurgico, tutti mirati a inibire la produzione in eccesso degli ormoni. Il trattamento chirurgico è utilizzato soltanto in casi particolari, ovvero in presenza di noduli tumorali, di forte ipertrofia tiroidea con presenza di gozzo molto evidente, o in caso di gravidanza, non essendo possibile utilizzare la radioterapia. Con l’intenzione di sensibilizzare l’opinione pubblica e il mondo scientifico sui crescenti problemi legati alle malattie della tiroide, con particolare riguardo all’azione preventiva della iodoprofilassi, ogni anno si tiene la ‘Settimana mondiale della tiroide’. Per saperne di più: www.settimanamondialedellatiroide.it e la pagina Facebook dedicata “Settimana Mondiale della Tiroide”.
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Cannabis terapeutica di Stato: al via la distribuzione. Come funziona, chi può richiederla
di Pasquale Romano - Sin dalle prime settimane del 2017, è ufficialmente partita la distribuzione della cannabis italiana ad uso terapeutico nelle farmacie territoriali e ospedaliere che desiderano farne richiesta. Si conclude quindi l’era della marijuana olandese, anche in questo settore via al “made in Italy”. Per i pazienti dunque c’è la possibilità di fruire della cannabis italiana senza dover passare dalla burocrazia riguardante l’importazione del farmaco e di conseguenza diminuendo i tempi di attesa per il malato. È stata battezzata cannabis di Stato perché la produce e la confeziona lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Di qui l’acronimo “Fm2” che si troverà nei blister in vendita nelle farmacie. Negli stabilimenti si lavora su entrambe le direzioni, quantità e qualità. Attualmente si produce un solo tipo di cannabis, simile a quella olandese, ma i ricercatori presto potrebbero aggiungere una variante che contiene Thc in una concentrazione più elevata. Come fare per richiederla? Semplice, basta seguire le indicazioni riportate per esteso sul sito internet dell’Istituto farmaceutico militare, oltre che sul sito del Ministero della Salute. Importante sottolineare come serva la prescrizione per poterne richiedere l’utilizzo, è legale solo dietro ricetta medica. Prescritta e a pagamento per alleviare i dolori, è gratis solo per determinate cure. Può agire contro ansia, insonnia, gli effetti collaterali della chemioterapia e i sintomi della Sla. Spesso a richiederli è chi deve convivere con il dolore: dolore da infortuni, dolore oncologico, dolori spinali, vengono prescritti anche a chi ha problemi di spasticità o forme particolari di sclerosi. Solo in alcuni casi particolari, viene prescritta in presenza di forti emicranie. 4 2
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Quali le differenze con la cannabis importata? Non solo economiche, come sembrerebbe ad un primo sguardo. I distributori esteri infatti negli ultimi mesi hanno abbassato il prezzo, con l’intento di arrivare ad un prezzo concorrenziale con quello italiano, una volta messo in commercio quest’ultimo. Il certificato di analisi della cannabis di Stato ha alcuni aspetti più chiari rispetto a quello di importazione, anche la composizione è differente. Trattandosi di infiorescenze femminili essiccate e macinate, dunque una polvere, potrebbe essere facilitato l’allestimento di capsule preriempite invece che di cartine. Come si assume la cannabis terapeutica? In vari modi: come un infuso, o anche inalato grazie a un vaporizzatore. Il principio attivo è molto più basso (massimo 24%) rispetto a quella “di strada” che arriva anche al 70%. Quale il costo della cannabis di stato? In media 15 euro circa al grammo, serve un piano terapeutico per la rimborsabilità che varia da regione a regione. Fumare cannabis, scontato sottolinearlo, non è come fumare una sigaretta, non ci sono finora prove che ne hanno dimostrato l’incidenza su tumori alla gola, collo o polmoni. La ricerca evidenzia soltanto che fumare marijuana regolarmente è un’abitudine associata alla bronchite cronica e alla produzione di muchi. Tra i critici però, c’è chi afferma che il consumo di cannabis potrebbe aumentare il rischio di sviluppare schizofrenia, ansia e, anche se in misura minore, depressione. Attualmente non ci sono studi che hanno dato un’interpretazione univoca, le certezze sono legate all’abuso in età adolescenziale o pre-adolescenziale e che in età adulta può favorire lo sviluppo di malattie mentali.
Defibrillatori e manovre antisoffocamento. Il Dott. Fabio Foti: “Tutti possono imparare a salvare una vita” di Federica Geria - Nato a Reggio Calabria, classe ‘66, laureato in medicina e responsabile del Centro di Formazione Aifos La Feluca, direttore di corsi Irc Council ed Irc Comunità Blsd, istruttore irc p-blsd (pediatric basic life support and defibrillation) e formatore della sicurezza su primo soccorso aziendale (a-b-c), rischio biologico, chimico, cancerogeno, igiene degli alimenti, e sulle ferite in sanità. Il Dottore Fabio Foti vanta un curriculum ricco e diversificato che rappresenta al meglio la sua dinamica carriera in continuo aggiornamento. “Ho 50 anni, come si vede dai capelli - racconta ironicamente - e in questi 25 anni di medicina ho seguito due percorsi distinti e separati: prima un percorso in ambito pubblico, appunto con la Laurea in Medicina, e la specializzazione in Microbiologia e Virologia Clinica, che mi ha portato a lavorare a Catanzaro e poi all’estero, dove ho preso un’ulteriore specializzazione in Medicina Tropicale e Igiene, e girando vari paesi ho fatto il parassitologo. La seconda parte del percorso è molto più semplice: ho aperto un poliambulatorio a Reggio Calabria, nel 1998, chiamato La Feluca. All’interno della struttura svolgiamo tante attività, soprattutto riguardo la prevenzione e la diagnosi in terapia nel campo della rieducazione funzionale, cardiologica, neurologica, con aspetti riabilitativi”. Da qualche tempo il Dott. Foti ha scelto di dedicare il proprio impegno anche in un altro ambito, non solo medico ma anche, in qualche modo, sociale. “Da una quindicina di anni abbiamo sviluppato i moduli formativi per la cardioprotezione di comunità. Ci occupiamo di rendere cardioprotetti e sicuri i luoghi dove accede il pubblico, quindi di fornire defibrillatori e formare personale, soprattutto non sanitario, all’utilizzo di questo strumento. Dal 2001 c’è una legge che autorizza tutte le persone non sanitarie a utilizzare un defibrillatore, previo ottenimento di un piccolo brevetto o certificato, che attesti il conseguimento di un breve corso della durata di 5 ore. Cerchiamo di mettere i defibrillatori in posti con accesso pubblico per un motivo molto semplice: ogni anno muoiono più di 70mila persone, soprattutto sotto i 50 anni, e il decesso è dovuto proprio ad un ar4 4
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resto cardiaco. È un’evenienza che si può tranquillamente neutralizzare senza essere medici attraverso le manovre salvavita e quindi il massaggio cardiaco e l’utilizzo tempestivo del defibrillatore, entro i primi 4 minuti dall’evento. Un intervento del genere, mentre sta per arrivare il 118, potrebbe essere essenziale per salvare la vita di una persona”. Ancor più importane è il ruolo determinante che un defibrillatore ricopre all’interno dell’ambito sportivo. Il Governo italiano ha emanato un apposito decreto che obbliga per legge le società sportive a dotarsi di defibrillatori semiautomatici. “È stato emanato il Decreto Balduzzi da circa due anni, che però è già al terzo rinvio, ogni 6 mesi ne rinviano l’applicazione e attualmente l’obbligo dovrebbe scattare tra giugno e luglio del 2017. Secondo tale decreto tutte le associazioni sportive dilettantistiche devono possedere il defibrillatore, anche chi gestisce palestre, piscine e impianti di ogni genere”. Ma quanto è importante il pronto soccorso dello sport? Fabio Foti ci risponde con grande convinzione. “È fondamentale e decisivo! Molto spesso leggiamo notizie di soggetti non medici che salvano la vita ad altre persone: la cassiera, il portiere, il professore. Se c’è il defibrillatore e se c’è qualcuno che lo sa usare, le persone possono essere salvate davvero, adulti, bambini e anziani. L’arresto cardiaco purtroppo può colpire tutti, non si tratta di infarto, è una cosa abbastanza diversa: l’infarto è un fatto idraulico, l’arresto cardiaco è un fatto elettrico, cioè il cuore per qualche motivo va in corto circuito e ciò può avvenire a tutte le età, è ovvio che nell’ambito dell’attività sportiva a maggior ragione bisognerebbe essere muniti di defibrillatore”. Il dottore reggino Fabio Foti, insieme ad altri colleghi, si impegna inoltre giornalmente nella divulgazione della manovra di Heimlich. Qualche tempo fa si è diffusa la tragica notizia di una bimba morta a causa di soffocamento all’Ikea e da allora l’azienda ha istituito i centri di primo soccorso antisoffocamento, addestrando il personale a mettere in atto la manovra salvavita.
“Stiamo facendo sempre più divulgazione delle manovre antisoffocamento nelle attività ristorative, anche in alcuni locali di Reggio, a titolo gratuito. Purtroppo può accadere in qualunque momento e il personale di un locale dovrebbe sapere come agire. Solo l’anno scorso sono morti 100 bambini, una cosa inaccettabile. Stiamo trattando molto le manovre salvavita pediatriche, sia il massaggio, che soprattutto al disostruzione da corpo estraneo. È importante capire che quando c’è un minimo di formazione, possono succedere cose eccellenti”. L’appello che il Dott. Foti lancia è che, qualsiasi tipo di attività, oltre ad avere come priorità quella di fornire un servizio di qualità per quelle che sono le proprie competenze, non può ormai prescindere, nel 2017, dall’attenzione alla tutela e alla salute delle persone che sono all’interno del locale stesso e che in quel momento oltre a voler mangiare bene, stare bene ed essere in totale relax, hanno anche l’esigenza di essere sicuri.
“Sicuri vuol dire che il personale della struttura può, con la frequentazione di corsi, essere istruito ed eseguire le manovre salvavita. La presenza di un defibrillatore completa questa triade virtuosa e fa si che tutti i clienti si possano sentire tranquilli e sicuri. Tutto ciò potrebbe diventare anche un elemento di marketing. Lo fanno infatti negli Stati Uniti, ad esempio una persona che ha una struttura sportiva può trasformare la cardioprotezione proprio in un elemento di marketing, per incrementare le iscrizioni e la clientela. Può essere una marcia in più, il locale si caratterizza anche per questo impegno sociale e dimostra di essere attento alla sicurezza dei propri clienti. Abbiamo anche fatto alcuni flashmob sul lungomare di Lazzaro, buttando dei manichini a terra e abbiamo mostrato le manovre…”. Spesso si pensa erroneamente che queste siano manovre e situazioni di competenza medica, invece si tratta di vere e proprie urgenze e chiamare il medico a volte potrebbe non bastare. “È molto semplice e chiunque può imparare in pochissimo tempo – conclude il dott. Foti - Il messaggio è questo: tutti possono salvare una vita”.
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Siete davvero sicuri di quello che mangiate? Ecco come ‘stare tranquilli’ a tavola Diciamo subito la verità. Nessuno di noi è sicuro al 100% di quello che entra nelle nostre cucine. O meglio, ne conosciamo l’origine, ne presumiamo la qualità ma non sappiamo quasi mai cosa si nasconde dietro a quel frutto, a quel pane, a quella pasta. Ne apprezziamo il sapore al palato e spesso facciamo il bis e il ‘tris’ di pietanze per noi deliziose. Ma siamo davvero sicuri della qualità del cibo? Siamo sicuri di conoscere quello che mangiamo? Il primo suggerimento è quello di prestare attenzione a ciò che compriamo. Informatevi e cercate di capire la vera origine del prodotto. Dove è nato, chi sono i ‘genitori’, informatevi sulla storia dell’azienda, chi li ha coltivati, dove sono ‘cresciuti’ e soprattutto come si sono evoluti. Fare la spesa è diventata spesso e volentieri un momento che toglie tempo. Una ‘cosa da fare’ e non rappresenta più un piacere. Il risultato? Spese frettolose con carrelli colmi di prodotti inutili. Quindi fate la spesa con responsabilità e non lasciatevi ingannare dal prezzo! A cosa prestare attenzione? Qualità e freschezza al primo posto. Affidatevi a piccoli coltivatori locali che curano i propri giardini come una volta, con tecniche di coltivazione naturali e soprattutto consumate prodotti di stagione. Più freschi, meno costosi ma soprattutto più buoni: il rispetto della tradizione e il contatto diretto tra produttore e consumatore sono il vero segno della contemporaneità ed un valido antidoto alla crisi economica. Informatevi quindi sui migliori agricoltori più vicini a casa vostra da cui comprare prodotti gustosi, artigianali e sostenibili. Distanze di trasporto più brevi significano emissioni di gas inferiori. Avere più rispetto per il nostro pianeta, a partire dal nostro territorio vuol dire anche, meno inquinamento, più biodiversità, più equità e salute. Stop a spese distratte e ‘last minute’. Il consiglio è dunque quello di consumare prodotti locali provenienti da aziende a km 0 ‘sfruttando’ le risorse del nostro territorio e consumando sempre cibi freschi, (sono da evitare i cibi precotti), frutta e verdura di stagione di produzione locale, pasta e riso integrali, carni e pesci provenienti da zone non troppo lontane. In conclusione, è importante non solo abbinare correttamente gli alimenti, ma anche imparare a conoscerne l’origine, le proprietà, la composizione e l’impatto ambientale. Riscoprire i profumi, i colori delle stagioni e della natura fa sicuramente bene al palato ed al pianeta. 4 6
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