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AMMINISTRAZIONE GUIDA PRATICA AL CONSIGLIO

AMMINISTRAZIONE

GUIDA PRATICA AL CONSIGLIO

La figura del consigliere di condominio ha una lunga storia, ma registra anche alcune scivolose interpretazioni. Eppure nei grandi complessi può essere utile, se non pretende di sostituire chi partecipa all’assemblea

Daniela Zeba

Il consiglio di condominio ha una storia lunga: si tratta di un istituto previsto per la prima volta nel Regio DL 56 del 15.01.1934, poi convertito nella legge 10/1935, che rappresenta la prima organica e articolata regolamentazione del fenomeno condominiale in Italia. In tale norma, ovviamente non più in vigore, l’articolo 16 prevedeva che, nei condomini numerosi, l’amministratore fosse coadiuvato da un consiglio composto da almeno due membri, scelti tra i partecipanti al condominio. Tale consiglio aveva poteri consultivi, di controllo e di conciliazione delle vertenze tra condòmini. Lo stesso articolo 16 prevedeva che i regolamenti di condominio potessero affidare al consiglio di condominio altre attribuzioni tra quelle riservate all’amministratore, anche se al medesimo consiglio non potevano essere attribuite funzioni di amministrazione attiva.

Sopravvissuta

Il Codice civile del 1942 non ha più riportato la figura del consigliere di condominio, ma tale figura è sopravvissuta e la si trova spesso prevista nei regolamenti di condominio. La nomina di uno o più consiglieri è sempre stata considerata prassi abituale, anche nei casi in cui non vi è un regolamento di condominio che preveda tale organ ismo. Il consigliere, spesso più di uno, assume i compiti che gli vengono attribuiti dal regolamento di condominio o dall’assemblea. La riforma del condominio ha introdotto nel Codice civile (e quindi reintroduce nel nostro ordinamento) la figura del consigliere. L’articolo 1130 bis del Codice civile dispone che «l’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno 12 unità immobiliari». La norma chia risce che il consiglio di condominio ha «funzioni consultive e di controllo». Il riferimento alle unità immobiliari, nella laconicità della norma, sembra slegare l’esistenza del consiglio dal numero dei condòmini, tuttavia, a parere di chi scrive, si intende che la reale intenzione del legislatore, inquadrata nel contesto normativo complessivo, sia quella di consentire l’istituzione del consiglio solamente nei condomini con almeno dodici partecipanti.

I controllori

In merito alle funzioni del consiglio, la norma prevede che abbia funzioni consultive e di controllo. La figura del consigliere è contenuta in un articolo che tratta più ampiamente il rendiconto e la sua composizione: l’articolo 1130 bis dettaglia le caratteristiche del rendiconto, introduce la nota sintetica esplicativa della gestione e la figura del revisore dei conti condominiale. Completa il quadro l’affermazione esplicita del diritto dei condòmini (e anche degli inquilini) all’accesso ai documenti giustificativi di spesa, in ogni tempo, quindi anche al di là del contesto assembleare. La riforma del condominio non con ferisce poteri particolari ai consiglieri, lasciando la loro area di competenza abbastanza indefinita, ma il fatto che tale istituto sia inserito in un articolo che disciplina in modo dettagliato e puntuale il rendiconto, fa presupporre che, principalmente, le funzioni consultive e di controllo debbano riguardare l’aspetto contabile dell’amministrazione.

Funzione di supporto

In realtà, molto spesso l’istituzione di tale organo collegiale risponde anche alla necessità di dare un supporto all’amministratore nello svolgimento del proprio mandato, coadiuvandolo e svolgendo un importante raccordo tra lo stesso e i singoli condòmini, talvolta facendo da filtro alle singole proposte o lamentele. D’altra parte, il consiglio di condominio può svolgere una fun zione consultiva e di stimolo anche in favore dell’assemblea, manifestando pareri sui vari aspetti della vita condominiale ovvero controllando che la gestione condominiale e il relativo operato dell’amministratore vengano effettuati nel pieno ed esclusivo interesse della comunità dei condòmini. Il compito principale che il consiglio di condominio assume, abbiamo detto che riguarda la verifica delle voci di spesa

che compongono il rendiconto condominiale: tutti i condòmini, peraltro, possono svolgere questa attività di controllo contabile ma, in pratica, per una serie di motivi, sono i consiglieri che si incaricano dell’esercizio di questo diritto di controllo dell’operato dell’amministratore. I consiglieri, inoltre, possono concordare con l’amministratore l’ordine del giorno delle assemblee, seguire i lavori in corso e segnalare immediatamente eventuali ritardi o omissioni.

Confronto

In caso di lavori urgenti, inoltre, l’amministratore può confrontarsi con i consiglieri prima di dare corso ai lavori: quando l’intervento sarà riferito in as semblea, come prevede la legge, l’amministratore si presenterà in quel contesto forte del consenso del consiglio. Può accadere che l’assemblea decida di effettuare dei lavori di manutenzione, votando l’impegno di spesa, ma demandando all’amministratore la scelta della società appaltatrice. Al fine di aiutare il professionista nella scelta della stessa è possibile che tale attività sia demandata ai consiglieri. In questo caso, la firma del contratto di appalto spetta sempre all’amministratore come previsto dall’art 1130 del Codice civile, ma il supporto del consiglio sarà stato utile nel dare all’assemblea garanzie di una scelta corretta e trasparente. Oc corre considerare con grande cautela questa possibilità, perché la magistratura non si è espressa in maniera univoca. La sentenza della Corte di Cassazione numero 10937 dell’11 luglio 2003 ha ammesso che non deve essere presa all’unanimità dei condòmini la delibera che deleghi all’amministratore la facoltà di scegliere egli stesso la ditta esecutrice di lavori condominiali. Questa previsione sarebbe applicabile anche ai casi, più frequenti, in cui la delega sia conferita a una commissione, normalmente proprio il consiglio di condominio, che valutati diversi preventivi e scelga quello ritenuto migliore. Il problema è che, essendo l’approvazione delle spese una competenza esclusiva dell’assemblea, è ipotizzabile una carenza di potere di quest’ultima a delegare detta funzione a organi diversi, con la conseguente radicale nullità della delibera.

L’alt della Cassazione

In effetti, la più recente sentenza della Corte di Cassazione numero 5130 del 06 marzo 2007 esprime un diverso orientamento: il consiglio non potrà in nessun caso esercitare poteri attribuiti per legge all’assemblea. Pur ammettendo la nomina della commissione, la Cassazione in questa decisione esclude in modo categorico la possibilità di «delegare ai singoli condòmini anche riuniti in gruppo, le funzioni dell’assemblea». Sarà quindi opportuno che l’amministratore anticipi il momento del confronto con i consiglieri in relazione ai preventivi da sottoporre all’esame dell’assemblea, facendo in modo che l’assemblea si pronunci espressamente sul conferimento dell’appalto, come pure su altri aspetti rilevanti, come il cadenzamento dei pagamenti all’impresa, il cadenzamento delle rate condomini ali a copertura delle spese (in ossequio ora al nuovo articolo 1135 comma 1 n 4 che prevede il fondo speciale per i lavori di manutenzione straordinaria e per le innovazioni), il conferimento dell’incarico di direttore dei lavori ed altri.

Il caso lavori

Un esempio chiarirà la portata di questi concetti. Si pensi, all’ipotesi in cui l’assemblea decida di effettuare dei lavori di manutenzione di rilevante entità, demandando, con deliberazione, all’amministratore i criteri di scelta della società appaltatrice. Al fine di aiutare il professionista nella scelta della stessa, nonché di controllarne l’operato e la piena trasparenza dei criteri di selezione, è possibile che tale attività venga demandata al Consiglio, il quale, seppur la scelta finale e la firma del contratto spettano sempre ai poteri di esecuzione dell’amministratore fissati dall’articolo 1130 del Codice civile, potrà servire a coadiuvare e agevolare le operazioni, appianare eventuali divergen ze e, soprattutto, esercitare un controllo, sia nelle fasi delle trattative che in quelle esecutive. I compiti del Consiglio, inoltre, nell’attività di collaborazione della gestione condominiale potranno spingersi anche nella richiesta di convocazione dell’assemblea per approfondire eventuali questioni non esaminate o emerse successivamente, il tutto nell’esclusivo interesse

dell’intero condominio. Trattasi di carica non remunerata, anche se non sarebbe illegittima una clausola di regolamento che prevedesse un compenso o un gettone di presenza per i consiglieri.

Il quorum

Relativamente al quorum richiesto per l’istituzione del Consiglio e dei singoli consiglieri, nulla dice in merito la norma, ma a parere di chi scrive, la deliberazione deve essere adottata dalla maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio. A supporto di tale tesi il fatto che molto spesso la figura del consigliere di condominio sia presente nei regolamenti di condomino, la cui maggioranza (per l’approvazione e la modifica) è proprio quella dell’articolo 1136 cel Codice civile II comma: maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio. Vi sono però pareri discordanti in merito, che limitano alla minima maggioranza deliberativa, ovvero la maggioranza deg li intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio, la nomina dei consiglieri. Il numero dei componenti del consiglio è stabilito dall’assemblea, ma in caso di condomini con almeno 12 unità immobi

La deliberazione per l'istituzione dei consiglieri di condominio deve essere adottata dalla maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio. Ma c'è qualche parere discorde

liari, secondo l’espresso dettato legislativo, non può essere inferiore a 3. Il testo del Codice civile è, in verità piuttosto ambiguo: «L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condòmini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo». Tale norma è stata letta da alcuni nel senso che non vi possa essere un consiglio di condominio ove le unità immobiliari siano meno di 12. Si tratta, però, di un’interpretazione discutibile. L’assemblea ben potrà disporre la nomina di consiglieri, avendo cura di nominarne almeno tre se il numero delle unità immobiliari è superiore a undici.

Il supercondominio

Discorso a parte va fatto per i supercondomini, ovvero quando una pluralità di edifici formano una «fattispecie legale», ovvero un ente distinto e autonomo che rappresenta palazzi che hanno in comune alcune parti come le zone verdi, l’illu minazione o la guardiola del portiere. A maggior ragione, in questi casi, il consiglio di supercondominio può essere utile. Ciascun edificio nominerà il proprio

rappresentante quando i partecipanti al supercondominio sono più di 60. Su un punto, invece, la norma si esprime chiaramente: considera, infatti, che il consiglio di condominio debba essere composto da condòmini e quindi proprietari di unità immobiliari nell’edificio in condominio. In assenza di diverse indicazioni nel regolamento contrattuale di condominio, dovremmo quindi ritenere, applicando la normativa vigente, che i consiglieri debbano essere scelti tra i condòmini e non possa quindi essere nominato consigliere un soggetto estraneo. Quanto alla durata dell’incarico, il consiglio può intendersi sia istituito a tem

po indeterminato, sia, al pari dell’amministratore, durare in carica un anno, con prorogatio della carica per i consiglieri uscenti, in caso di impossibilità di rielezione per mancanza del quorum. Il consiglio dura in carica per il tempo necessario all’esecuzione della delibera, se è stato istituito ad hoc (per esempio, fino al termine dei lavori), ovvero per il tempo stabilito nel regolamento o nella delibera che ne regolamentano il funzionamento. In mancanza di questo elemento, trattandosi come detto sopra di organo consultivo e di controllo dell’operato dell’amministratore, è ragionevole sostenere che il consiglio dei condòmini resti in carica per un anno (quanto la durata dell’incarico dell’amministratore) e debba essere rinominato con l’assemblea annuale di conferma o revoca dell’amministratore.

Questioni di regolamento

In ogni caso, sarà il regolamento del condominio a contenere la disciplina relativa al Consiglio dei condòmini ovvero, in caso contrario, l’assemblea, la quale, oltre a istituirlo con propria deliberazione, prov vederà a delinearne i compiti, i poteri e l’eventuale durata. Ribadiamo che il consiglio non potrà in nessun caso esercitare poteri attribuiti per legge all’assemblea. Sul punto, gli articoli 1138 e 72 delle disposizioni di attuazione del Codice civile vietano espressamente al regolamento di condominio di derogare alle norme relative alle attribuzioni dell’assise.

I limiti

L’amministratore, infatti, deve eseguire le deliberazioni assembleari ed è sottoposto solamente alle limitazioni impostegli dalla legge e da quest’ultima. Inoltre, il parere espresso dal consiglio dei condòmini potrebbe essere contrastante con la volontà assembleare e ciò di per sé basta a dire che non potrebbe mai prevalere sulle decisioni dell’assise. La funzione consultiva, dunque, si esaurisce nella possibilità di fornire indicazioni operative ferma restando la finale autonomia decisionale del

mandatario della compagine. Il consiglio ha un ruolo di garanzia che, soprattutto nei condomini di grosse dimensioni, è utile per snellire il rapporto tra amministratore e singoli condòmini. Le assemblee di condomini di grosse dimensioni, infatti, spesso si limitano a ratificare l’operato dell’amministratore senza un reale controllo sull’attività svolta. In questo contesto, allora, il consiglio di condominio può essere un ottimo strumento di raccordo tra l’organo collegiale ed il suo braccio esecutivo. Controllare l’operato dell’amministratore nel corso dell’anno vuol dire arrivare all’assemblea ordinaria annuale preparati e renderla luogo di efficace indirizzo della gestione condominiale. Come per la funzione consultiva, è bene che anche nel caso di funzioni di controllo il regolamento o la delibera istitutiva indichino specificamente gli ambiti d’esercizio di questo potere. Riguardo alle modalità di convocazione del consiglio di condominio non può dirsi altro se non che è necessario normarle nel regolamento o nella deliberazione istitutiva.

L’analogia

In assenza di indicazioni ad hoc si applicheranno, per analogia, le norme dettate per la convocazione dell’assemblea. La soluzione più logica sembrerebbe proprio questa, tuttavia la differente funzione svolta, unitamente al fatto che il parere del consiglio non è per nulla vincolante, potrebbero fare concludere per una maggiore autonomia rispetto a questi adempimenti. Nonostante ciò non può ignorarsi che i condòmini potrebbero lamentarsi del fatto che egli non tenga in giusta considerazione il consiglio non convocandolo, o facendo in modo da ren dere praticamente impossibile l’adunanza. In ragione di queste considerazioni è consigliabile, sebbene con minore formalismo e maggiore snellezza (per esempio, non rispettando i cinque giorni liberi fra convocazione e adunanza) l’amministratore faccia in modo che delle convocazioni del consiglio rimanga sempre traccia, in modo da garantire ai condòmini la trasparenza nella gestione del condominio, e a se stesso l’inconveniente di malcontento o rimprovero per non aver operato dili gentemente. Al pari della convocazione, anche per lo svolgimento del consiglio non esistono norme di legge. Nel silenzio di regolamento o deliberazione, è consigliabile fare in modo che rimanga traccia documentabile degli incontri svolti: in questi casi quindi, la redazione del verbale al pari di quello assembleare sembra utile e doverosa.

Pro e contro

In conclusione, per ragioni di cui sopra, si può affermare che, dal punto di vista dei proprietari di unità immobiliari in condominio, la nomina dei consiglieri può essere ritenuta un vantaggio. È necessario, però, ricordare che l’amministratore riceve il mandato dal condominio nel suo complesso e, quindi, deve rendere conto del suo operato a tutti i condòmini, i quali tutti hanno diritto a contattare l’amministratore, avere da questi chiarimenti, segnalare problematiche di vario genere di interesse condominiale. Il buon amministratore dovrà quindi fare attenzione a considerare i consiglieri una risorsa, ma deve tenere bene a mente che tutti i condòmini sono suoi committenti e che la legge e la giurisprudenza non

consente che il consiglio di condomin io finisca con l’esautorare l’assemblea: ogni proprietario dovrà quindi avere cura del proprio diritto a partecipare alle decisioni che riguardano l’immobile nel suo complesso. D’altra parte, per l’amministratore, vale la considerazione che costruire con i consiglieri un rapporto di reciproca fiducia e rispetto professionale e personale è importante, ma dovrà fare attenzione a ricordare che il solo rappresentante legale del condominio è proprio lui e che solo lui stesso ha la responsabilità della corretta gestione del condominio da tutti i punti di vista. In ultimo, occorre ricordare che è importante che i condòmini non abbiano la sgradevole impressione di trovarsi di fronte a una sorta di comitato di affari, per cui pos sano ritenere che il supporto all’amministratore da parte dei consiglieri sia conseguente a benefici economici per i medesimi o per i loro sodali: anche da questo punto di vista è opportuno che la comunità dei condòmini abbia cura del proprio diritto alla corretta partecipazione alla gestione al condominio nei termini di legge; l’alternanza tra i condòmini nella funzione di consigliere dovrebbe essere considerata con attenzione e ritenuta una buona prassi.

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