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DIRITTO & ROVESCIO CURA ITALIA IL LABIRINTO DEGLI APPALTI
CURA ITALIA
LABIRINTO APPALTI
Gli effetti non desiderati del decreto legislativo che ha segnato l'inizio della Fase 2: meno autonomia tra condominio e imprese, proroga del termine di fine lavori, la possibilità di oneri in più per i committenti
Pietro Maria di Giovanni
Il decreto legge 18/2020, più noto come Cura Italia, è stato convertito, con modifiche, nella legge 24 aprile 2020 n. 27. La conversione in legge ha comportato alcune sorprese che interessano anche l’operatività del condominio.
La disciplina emergenziale degli appalti relativi a lavori edili tra privati
Anzitutto, si segnala la modifica dell’articolo 103: con il comma 2ter, introdotto in sede di conversione, si è innestata sulla originaria norma dedicata alla sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi e agli effetti degli atti amministrativi in scadenza, la proroga, nei contratti tra privati aventi a oggetto l’esecuzione di lavori edili di qualsiasi natura, di 90 giorni, dei termini di inizio e fine lavori. Lo Stato, quindi, interviene pesantemente a vincolare l’autonomia delle parti non soltanto per i contratti già in essere (in corso di validità al 31 gennaio 2020), ma per tutti i contratti che saranno stipulati fino al 31 luglio 2020. Inoltre, la seconda parte del comma 2ter, anch’essa svincolata dalle norme precedenti, ha una dirompente portata economica: infatti, è previsto che, in deroga a qualsiasia altra previsione contrattuale, il committente debba provvedere al paga
mento dei lavori eseguiti sino alla data di sospensione dei lavori.
Le conseguenze
Esaminiamo quali conseguenze potranno avere le citate disposizioni in ambito condominiale, che non è stato per nulla considerato dal legislatore dell’emergenza. Difficile poter ipotizzare come costituzionalmente legittimo l’intervento che ha disposto una così pesante limitazione dell’autonomia delle parti. Considerato che il decreto legge Cura Italia è entrato in vigore il 17 marzo 2020, la proroga del termine di inizio lavori troverebbe applicazione soltanto per i contratti ai quali, a quella data, non è seguito l’avvio dell’attività e potrebbe anche essere letta come una «giustifi cazione normativa» all’impossibilità di svolgere l’attività a seguito del lockdown del 22 marzo 2020. Per quel che riguarda il lavori in corso di esecuzione dalla data di entrata in vigore della norma, certamente l’emergenza epidemiologica in atto potrebbe avere incidenza negativa sul rispetto del termine di fine dei lavori: ma sarebbe stata certamente meno invasiva una disposizione di sospensione di tale termine per tutto il periodo in cui, a seguito del lockdown, l’attività è stata interrotta, ovvero una sospensione fino al termine della fase emergenziale che, a oggi, risulta fissato al 31 luglio 2020. Non trova, invece, alcuna giustificazione l’introduzione della proroga del termine di fine lavori anche per i contratti da stipulare fino al 31 luglio 2020: in tal caso la compressione dell’autonomia negoziale delle parti è massima. Pertan to, salvo censure di costituzionalità, che comunque difficilmente interverranno prima del 31 luglio quando la disposizione cesserà la sua efficacia, occorrerà fare attenzione nel fissare il termine di fine lavori: sarà meglio menzionare espressamente che detto termine è stato computato tenendo conto della proroga prevista dall’articolo 103 del decreto Cura Italia (quindi, il termine fine lavori dovrà essere pattuito necessariamente maggiore di 90 giorni), onde evitare che l’appaltatore che non riesca a rispettare la scadenza pattuita possa avvalersi della proroga normativa senza che nulla il committente possa opporre.
Pagamento dei compensi
Considerata la nuova linfa che i provvedimenti annunciati di prossima pubblicazione con il Decreto Rilancio, con l’amplimento del regime di favore fiscale per gli interventi per il miglioramento sismico ed energetico dei fabbricati, dovrebbero apportare al settore edilizio, una norma che, scavalcando la volontà delle parti, non consente di dare certezza al termine di fine lavori, potrebbe avere l’effetto di rallentare l’avvio di nuovi lavori e, quindi, la ripartenza di un settore strategico in Italia, quale il comparto dell’edilizia. La previsione del pagamento dei compensi maturati dall’appaltatore in deroga alle previsioni contrattuali, invece, sembrerebbe essere più coerente ed armonica con la natura del Cura Italia, il cui impianto normativo è volto a fornire liquidità a cittadini e imprese in un momento di grave crisi non solo sanitaria, ma anche economica. Il condizionale è, però d’obbligo: infatti, con tale previsione lo Stato ha sì fornito liquidità alle imprese appaltatrici, ma lo ha fatto a carico dei committenti, stravolgendo il carico degli impegni economici che gli stessi si erano assunti in fase contrattuale. Si pensi a clausole contrattuali che prevedevano il saldo dell’opera a fine lavoro, ovvero all’esito di collaudo, ovvero a stati di avanzamento sottoposti ad approva zione della direzione lavori e non approvati perché le opere realizzate non sono conformi. Prevedendo il pagamento di tutti i lavori eseguiti sino alla data di sospensione, tutte queste clausole sono state private di efficacia, con il rischio che laddove le opere siano state mal eseguite, il committente non potrà neppure opporre alla richiesta di pagamento dell’appaltatore, l’eccezione di inadempimento.
Effetti condominiali
Gli effetti di tale disposizione in ambito condominiale sono aggravati in conside razione del fatto che molti condomini, privati di risorse economiche per effetto del lockdown, hanno omesso o ritardato il pagamento degli oneri ordinari. Pertanto, è impensabile che facciano fronte spontaneamente a richieste di pagamenti straordinari. Vero è che l’esecuzione di lavori straordinari in ambito condominiale non potrebbe avere inizio se non previa costituzione di un fondo speciale di importo pari al costo delle opere, ma è altrettanto vero che da un lato la prassi porta molti condomini a dilatare i versamenti programmati e dall’altra potrebbero ricorrere ipotesi contrattuali nelle quali l’appaltatore abbia accettato di eseguire i lavori anche se il fondo non è stato costituito oppure avere accettato che il pagamento venga effettuato con riparto da eseguirsi a fine lavori. L’amministratore, quindi, potrebbe tro varsi tra l’impossibilità di convocare l’assemblea per far approvare i riparti e procedere al recupero delle quote al fine di pagare l’appaltatore e quest’ultimo che, potendo reclamare l’ammontare dei lavori svolti, decida di procedere giudizialmente al recupero del proprio credito, con maggiori spese a carico della compagine condominiale. Non va dimenticato, infatti, da un lato che in assenza di un provvedimento normativo ad hoc che consenta di svolgere le assemblee per via telematica, anche in mancanza di una previsione in tal senso nel regolamento di condominio ed in difetto di preventiva adesione di tutti i condomini, tale modalità potrebbe pre stare il fianco ad impugnativa per vizio di annullabilità.
Pietro Maria dI Giovanni
Avvocato cassazionista, giurista d'impresa, opera da più di 20 anni nei settori del diritto civile, penale e consulenza alle aziende. Fin dagli studi universitari ha coltivato la passione per l'informatica giuridica ed il right to privacy.