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ATTUALITÀ
“Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”, e sempre sulla stessa linea di pensiero Falcone diceva: “Perché la società progredisca e ciascuno abbia la possibilità di crescere e di migliorarsi, bisogna che ognuno faccia semplicemente il proprio dovere”, quindi non ho mai chiesto alla gente grandi atti di eroismo, ma solamente che ciascuno nel privato compia azioni di ordinaria legalità e sia consapevole di essere parte di un organismo più grande. Vedi, la mafia prende posto quando c’è una divisione tra Stato e cittadino, quando quest’ultimo si sente abbandonato e trascurato o non si identifica con lo Stato.
Chi ti ha ispirato a diventare un magistrato?
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In realtà, è stata una cosa naturale, quando ho iniziato a studiare giurisprudenza non ho mai pensato di fare altro. Ritenevo che il rispetto della legge e della legalità fosse un compito importante, meritevole di sacrificio.
Secondo te le nuove generazioni continueranno la lotta alla mafia?
Secondo me c’è una diversa presa di coscienza da parte di tanti, soprattutto nei Paesi in cui la mafia è radicata, perché la sua presenza si sente costantemente; quanto questo si tradurrà in atti concreti è, però, un po' difficile a dirsi. Quando si chiede: “vorresti che la mafia cessasse di esistere?”, la risposta è inevitabilmente sì, il problema è l’applicazione pratica di queste affermazioni di principio. Un passo in avanti comunque è sicuramente stato compiuto, perché c’era un periodo in cui in certi territori, soprattutto al Nord, non si ammetteva neppure l’esistenza della mafia.
Il futuro è in mano ai giovani, pensi che sia un futuro sicuro?
Io mi auguro di sì, però sai che cosa può salvare davvero il futuro dell’Italia? La cultura, la preparazione, lo studio: più una persona è preparata, più ha capacità di valutare i fatti, di interpretare la storia e di credere nelle proprie possibilità, riuscendo a migliorarsi e a migliorare gli altri. L’ignoranza impedisce di distinguere il vero dal falso e quindi di prendere in mano il proprio destino.
Qual è stato il momento nel quale hai avuto più paura? Hai mai pensato di mollare tutto?
Io non ho mai pensato di mollare, mai. Personalmente, ti posso dire che non ho avuto paura per me stesso, perché un magistrato ha tante possibilità di gestirsi in altri ambiti lavorativi, per esempio c’è il magistrato che si occupa di diritto di famiglia, civile o societario. È come se un chirurgo avesse paura del sangue, non dovrebbe fare il chirurgo. Quindi, avendo scelto questo lavoro, sono sempre stato a conoscenza delle conseguenze, e anzi, siccome ho dovuto andare in pensione in virtù di una legge che anticipava l’età pensionabile, quello è stato un momento di fortissima tensione interiore, perché avevo in mente dei progetti da realizzare sulla criminalità delle nuove leve della Camorra, che non ho mai potuto portare a termine.
Quali sono i sacrifici più grandi che hai dovuto fare a causa del tuo lavoro? Ne è valsa sem-
pre la pena?
Io ho scelto il mio lavoro per passione, come ritengo si debba fare. Il lavoro già di per sé comporta fatica e se non ci sono la passione e la voglia di farlo diventa particolarmente gravoso. Chiaramente ho dovuto sacrificare qualcosa della mia vita privata, del tempo sottratto alla famiglia o a me stesso, ma non me ne sono mai pentito, nonostante, chiaramente, qualche volta i dubbi ci siano stati e non sempre i risultati siano stati pari alle aspettative. Un magistrato, però, non può pensare di fare giustizia in assoluto, è un obiettivo troppo grande, troppo complesso: deve assicurarsi che l’applicazione della legge sia coerente con la realtà dei fatti di cui uno dispone. Uso questa espressione perché molte volte le prove, sia nel giudizio civile, sia nel processo penale, sono diverse dalla realtà che uno può immaginare o supporre, ma si deve sempre giudicare secondo quelle che sono le risultanze degli atti.
Che consiglio daresti ai ragazzi che vogliono intraprendere la tua stessa carriera?
Direi loro di intraprendere questo tipo di carriera solo nel caso in cui abbiano una particolare passione per questo lavoro, che presuppone dedizione e la necessità di un’ottima preparazione che deve essere continuamente aggiornata. Se si vuole essere un buon magistrato si deve capire che si hanno delle responsabilità molto grandi e che si deve continuare a studiare sempre, perché il diritto è in continua evoluzione e necessita di aggiornamenti costanti.
Ancora Una Volta Il Match Si Gioca In Tribunale
di edoardo bonalumi , alessia petrera e mattia sessa vitali
Il 20 gennaio 2023 sarà ricordato come un giorno storico per il calcio italiano: ancora una volta, purtroppo, per un ciclone abbattutosi su di esso, e in particolare sulla Juventus, dalla sala di un tribunale. La Corte Federale d’Appello ha infatti sanzionato la società torinese con ben 15 punti di penalizzazione da scontare nel campionato di Seria A tuttora in corso, per il cosiddetto “caso plusvalenze”: una bastonata micidiale per le speranze bianconere di partecipare alla prossima Champions League.
Prima di scendere nei dettagli occorrerebbe però spiegare esattamente cosa si intende con il termine “plusvalenza”. La plusvalenza è data dalla differenza tra il ricavo della cessione ed il valore contabile con il quale il bene oggetto di vendita risulta essere iscritto a bilancio. Per esempio, poniamo che la società calcistica A compri un giocatore a 10 milioni di euro per un contratto di cinque anni. Per calcolare la quota di ammortamento bisogna dividere il prezzo del cartellino per gli anni del contratto: in questo caso, quindi, ammonterà a 2 milioni. Così, alla fine del primo anno di contratto, il valore contabile - ossia la differenza tra il costo di acquisto e la somma delle quote di ammortamento stanziate fino a quel punto – corrispon- derà a 8 milioni, dopo due anni a 6 milioni, e così via, fino a cinque anni dopo, quando il valore sarà pari a zero. Se però una società dovesse decidere di rivendere il calciatore prima della fine del contratto ad un prezzo superiore al valore contabile, si genererà la plusvalenza.
Fin qui non c’è nulla di strano, trattandosi esclusivamente di alta finanza. Il problema si verifica nel momento in cui si abusa di questo sistema, dando vita alle plusvalenze fittizie. Anche dette “a specchio”, si creano attraverso lo scambio di giocatori, non dando valutazioni reali dei cartellini, ma appunto gonfiando il valore di cessione. Si tratta di operazioni che offrono vantaggio a entrambe le società che eseguono lo scambio, poste in essere per “sistemare” i bilanci. A questo proposito esiste infatti il cosiddetto Fair Play Finanziario, introdotto dalla UEFA nel 2009. L’FPF altro non è che un meccanismo attraverso il quale vengono controllati i bilanci dei singoli club per verificare il principio del pareggio di bilancio, ossia un equilibrio tra le spese affrontate dalle società, come il costo degli stipendi o i cartellini dei giocatori acquistati, e i ricavi da esse ottenuti. Nello specifico esso deve risultare in positivo, pari tra le due voci di entrata e uscita, essendo comunque ammessa una lieve perdita di massimo 5 milioni per ognuna delle tre annualità prese in esame ad ogni controllo.
Considerando ciò, viene comunque da chiedersi come mai solamente il club torinese abbia ricevuto un tale colpo, in quanto le altre otto squadre coinvolte nel processo sono state tutte assolte. Pare che la causa di questa punizione sia la natura ripetuta su più anni del comportamento censurato e dunque la sistematicità dell’evento e la rilevanza della reiterata violazione dei principi di verità e correttezza dei bilanci interessati. Rimane però il dubbio che la Juventus possa essere stata immolata come esempio per le altre squadre: le plusvalenze si fanno in due e la mancanza di condanne per gli altri club insinua il sospetto. Per non parlare del fatto che una vera regolamentazione delle plusvalenze non è in vigore: non ci sono norme che definiscano quando questa diventi reato, facendo sì, quindi, che la condanna della squadra di Agnelli sia basata su un crimine che effettivamente non esiste.
In ogni caso, però, ci si continua a chiedere se sia giusto penalizzare una squadra di calciatori e i suoi tifosi per degli errori commessi dalla dirigenza, falsando inoltre l’esito di un intero campionato. Se la Vecchia Signora saprà rialzarsi ce lo potrà dire ancora una volta soltanto il pallone.