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SCUOLA ITALIANA

Della redazione manifesti e slogan pubblicitari; c’era una grande creatività, un grande desiderio di sperimentazione. Tuttavia, oggi la situazione sembra essere diversa: secondo lei ci sono stati dei cambiamenti notevoli?

Ci sono stati dei cambiamenti dovuti in parte anche all’atteggiamento piuttosto “supponente", se posso permettermi, di una certa parte degli intellettuali che non vogliono sporcarsi le mani con la pubblicità: non capisco, in realtà, per quale ragione ci si debba “sporcare le mani”, poiché l’industria, e quindi la pubblicità, fanno parte del nostro paesaggio. Voglio dire che apprezzo molto l’atteggiamento di Puccini, di D’Annunzio, di Giordano, i quali si sono prestati alla pubblicità. Credo che dietro alle grandi pubblicità ci siano delle menti particolarmente brillanti anche oggi, solo che sono specializzate, cioè nate fondamentalmente per quello. C’è una specializzazione nel messaggio pubblicitario, perciò non si chiede più, come un tempo, l’aiuto ai grandi intellettuali, che vengono in un certo senso “rimpiazzati” da persone che non si improvvisano, ma che lo fanno di mestiere. Credo quindi che dietro ad alcuni dei messaggi pubblicitari ci siano delle menti di primo ordine. Un tempo avrebbero fatto gli intellettuali, oggi fanno i pubblicitari.

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Nella presentazione ha descritto L’Orfeo di Monteverdi (1607) come un’opera estremamente moderna; ma che cos’è, per Lei, la modernità?

È moderna qualunque opera che rompe le barriere del tempo e che, invece di parlare soltanto a quelli a cui fu rivolta, magari secoli addietro, continua, per la sua forza, a parlare a persone nate anche dieci secoli dopo di essa. Trovo modernissimo, ad esempio, anche l’Oreste di Euripide: le sue pagine sull’amicizia e il valore che si dà al silenzio mi paiono assolutamente senza tempo. L’abilità con cui Monteverdi e Alessandro Striggio (il librettista, n.d.r.) hanno unito un mito antico, come quello di Orfeo, al nostro Dante Alighieri mi pare anch’essa senza tempo. Il fatto che i personaggi siano trattati come se fossero uomini e donne comuni va ben al di là del 1607. Questo fa riflettere anche su ciò che doveva essere il mito allora: ben diverso da quello che ci insegnano a scuola, che è qualcosa di lontano; in quest’opera, il mito è vicino e sempre con noi, continua a parlarci.

Quali potrebbero essere le misure giuste per riaccendere l’interesse verso uno degli elementi più importanti del nostro patrimonio artistico e culturale?

Il tema è di cultura in senso molto ampio: quanti ragazzi del Liceo Parini si sono lasciati sedurre dal nome Puccini e penna Parker? E quanti adulti, invece, si sono anch’essi lasciati affascinare da questo binomio? Si è visto che c’erano più adulti che ragazzi, nonostante ci fosse molta gente. La musica purtroppo non entra nelle scuole e a gran parte dei professori, anche quelli che insegnano materie umanistiche, è concesso di laurearsi senza sapere nulla di musica. Questo implica che agli studenti parleranno di letteratura romantica, ad esempio, professori bravissimi che non spenderanno una sola parola sulla musica. E, magari, che quell’unica parola che spenderanno sulla musica non sia poi così corretta. Questa è un’anomalia che ci portiamo dietro dalla prima riforma della scuola, la Riforma Gentile, che poi non è mai cambiata, poiché i vari ministri della Pubblica Istruzione che si sono succeduti di musica e di opera non sanno assolutamente niente. Nessuno si preoccupa del fatto che questo patrimonio, che appartiene profondamente alla storia del nostro Paese, debba essere diffuso tra le giovani generazioni, mentre invece lo si lascia da solo a soccombere. Richiede infatti un po’ di sforzo: anch’io, quando sono stanco, ascolto la prima cosa che capita, come Luigi Tenco, e non la prima Sinfonia di Brahms, che richiede un certo impegno. Come dice Tenco, “lontano lontano”: penso che quel mondo lontano della musica classica e dell’opera lirica mi appartiene, che mi sta accompagnando. Esso però è sempre più lontano dalla stragrande maggioranza anche dei miei coetanei e amici. Tutta- via, se non partiamo dalla scuola, sarà difficile. Ora sono nati i licei musicali: una persona, però, ci si iscrive per un interesse già presente nella musica. Sarebbe stato invece più producente inserire lo studio, insieme alla Storia dell’arte, anche della Storia della musica. È necessario apprezzare e fare musica, attraverso, ad esempio, i cori e le orchestre del liceo. E tutto questo non solo nei licei classici, ma anche scientifici: la musica è trasversale. È una materia umanistica, ma con delle profonde radici matematiche: del resto faceva parte del Quadrivium – aritmetica, astronomia, geometria e musica. Starebbe bene anche al Politecnico, secondo me, poiché credo che un ingegnere con una forte radice di tipo umanistico sarà sempre superiore ad un ingegnere che è solo ingegnere.

Dunque esiste un legame fra musica e letteratura?

Certo, ed è un legame che esiste da tempo immemore; dagli antichi Greci al canto gregoriano, che ha un legame con la Bibbia, la quale, se vogliamo, è comunque un grande libro. Quindi sì, questo legame esiste, e anzi ci permette di cogliere i grandi cambiamenti avvenuti all’interno della musica e della sensibilità degli ascoltatori. Per esempio, una volta c’erano dei testi molto pensati e ragionati, con una musica piuttosto indifferente, che sembrava andare per la sua strada. Poi c’è stato un avvicinamento forte tra la musica e la letteratura. Il bello è questo: che ci sono sia testi altissimi, accompagnati da musiche altissime, sia testi modestissimi che diventano eterni grazie alla musica.

Quale consiglio darebbe a una persona che si avvicina per la prima volta al mondo della musica classica?

Le direi di accostarsi a questo mondo senza pregiudizi e senza timori, con la stessa naturalezza con cui, per esempio, potrebbe ascoltare cantanti come Baglioni o gruppi come i Måneskin. Perché non mettere la Pastorale di Beethoven durante una passeggiata, o magari il finale della Nona sinfonia, l’Inno alla gioia, che è conosciuto da tutti, ma tiene compagnia?

La musica classica non è necessariamente difficile, e sicuramente ha qualcosa da dirti, anche se non è accompagnata da un testo. Quando ti avvicini alla musica classica esplori qualcosa di bello e alto, ma che non deve farti paura: è qui affinché tu possa ascoltarla. E se è sempre tra noi, è perché ha continuato a parlarci nel tempo: cerca di capire cosa vuole dire anche a te.

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