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ACQUA IN BOCCA!
QUALE ARTISTA MUORE CON ME! Di francesco sciarrino
con un bicchierino d’acqua non proprio in regola, il figlio del defunto Claudio, Britannico. Agrippina ci era rimasta male, visto che progettava di fare l’imperatrice da dietro le quinte, lasciando a Nerone la parte del fantoccio; gli aveva anche dato un precettore di lusso, Seneca, per distrarlo con la retorica (ma non con la filosofia, quella per i tiranni è sconsigliata). Nerone, invece, era attratto da tutt’altre prospettive: governare gli piaceva, soprattutto aggiungendoci un tocco personale. Molti sono a conoscenza della grande passione che l’imperatore nutriva per i piaceri della carne e per gli spettacoli, due divertimenti che sua madre non vedeva affatto di buon occhio; nel primo caso, stando a Svetonio, Agrippina era arrivata a una concessione alquanto “tebana”, pur di accontentare il figlio intemperante. Ma per il secondo “vizio” non c’erano scuse, andava tenuto a freno. Così Nerone, stufo di questa e altre ingerenze, aveva risolto la questione, senza farsi troppi scrupoli, con un matricidio. Tacito racconta l’episodio della morte di Agrippina con l’abilità di un vero maestro: mentre i sicari pugnalavano la donna più potente di Roma ormai inerme, lei avrebbe urlato, strappandosi le vesti, di colpire al ventre da dove era venuto fuori quel suo figlio di- sgraziato. Forse però la maestria di Nerone supera anche quella di Tacito. Cosa avrà fatto per stornare le chiacchiere sull'accaduto? Esattamente, recitò nientemeno che nei ruoli di Oreste e di Edipo. Il suo istrionismo non aveva limiti (Svetonio racconta che abbia costretto un poveretto a rievocare il mito di Icaro con un paio di ali finte, e con ovvie conseguenze), così come l’indignazione degli aristocratici: all’epoca infatti, mestieri come quello di attore o mimo erano considerati fra i più vili in circolazione. E chissà cosa potevano pensare i Senatori di un princeps che si faceva incatenare nudo in teatro di fronte a tutto il popolo per recitare nella parte di Ercole! Nerone, dal canto suo, si vendicava del disprezzo degli aristocratici obbligandoli a fare i domatori di belve nell’arena. Un simile personaggio con l’appeal autoritario del monarca ellenistico era troppo scomodo per vivere a lungo: infatti una rivolta di legionari in Gallia e in Spagna e un decreto speciale del Senato lo costrinsero alla fine a togliersi la vita in un podere di campagna. Prima di morire però, non sapendo che la sua cattiva fama sarebbe durata a lungo grazie al veleno degli storici come Tacito e Svetonio, fece un’ultima, lapidaria esclamazione: Quale artista muore con me!
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