ZEITPAPER
Il 2022 è stato un anno speciale per Bolzano: è stata scelta dal Ministero dell’Interno come “Città della Memoria”, un riconoscimento dell’intenso impegno portato avanti dalla nostra città sui temi legati alla Memoria della Seconda Guerra Mondiale. Anche per noi di ZeitRoom è stato un anno speciale: abbiamo dato vita a questo nuovo progetto – ZeitPaper – un newspaper collettivo e partecipato! Grazie al contributo di 28 ragazzi e al prezioso supporto dell’Archivio Storico della Città di Bolzano, abbiamo raccontato alcune delle iniziative del ricco programma della “Città della Memoria”. Nel corso di questi mesi abbiamo intervistato storici, raccontato viaggi, conosciuto attivisti per i diritti umani, fotografato documenti storici, abbiamo riaperto i libri di storia, siamo entrati negli archivi e nei musei, siamo stati a teatro,… Insomma, abbiamo fatto nostra questa “Città della Memoria” e abbiamo voluto raccontarla in tre edizioni di ZeitPaper attraverso illustrazioni, canzoni, parole e fotografie.
Quest’anno abbiamo capito ancora una volta quanto sia importante fare e trasmettere Memoria. Ringraziamo tutte e tutti coloro che hanno dedicato il loro tempo a questo progetto e alla promozione di una consapevolezza sempre più forte!
Il team di ZeitRoom
MUSICA E LIBERTÀ
I consigli musicali dei ragazzi di Bolzano
• Baraye
Shervin Hajipour
“Baraye rappresenta la protesta della società civile iraniana in questi ultimi mesi. È una canzone per l’amore, per i diritti civili, per le donne e per la vita in uno Stato che ogni giorno cerca di privare i cittadini della loro libertà.”
- Lucia Di Michele
• Killing in the name Rage Against The Machine
“È un inno contro la brutalità delle forze dell’ordine negli Stati Uniti. La band si è sempre battuta per i diritti e per la libertà di tutti. La loro musica controcorrente è un messaggio contro il razzismo.”
- Dylan Mezzanotte
• Il sentiero Modena City Ramblers
“Tratta il tema della rivolta partigiana e della conquista della libertà. Il testo si ispira gran parte al libro Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, che parla proprio di quel periodo storico attraverso gli occhi disillusi di un bambino. Penso che sia un testo molto toccante e particolare, poiché parla di un periodo delicato della nostra Storia che necessita di essere ricordato.”
- Sarah Sartoretto
• Notti
Sfera Ebbasta
“La libertà che intende il cantante Sfera è quella di emergere nelle situazioni complesse delle periferie. Questa canzone insegna a non arrendersi, di credere ed impegnarsi per un futuro migliore e sprona verso la perseveranza.”
- Michele Barba
TUTTI I PETALI DEL PAPAVERO
InchiostroVIVO è una rassegna letteraria, teatrale e musicale nata nel 2021 a COOLtour, servizio de La Strada - Der Weg, con l’obiettivo di ravvivare la letteratura.
DI ANNA MICHELAZZI
Nell’ambito del percorso
“Bolzano, Città della Memoria 2022”, grazie al sostegno dell’Ufficio Giovani del Comune di Bolzano e della Ripartizione Giovani della Provincia Autonoma di Bolzano, InchiostroVIVO ha dato vita allo spettacolo “Tutti i Petali del Papavero”, un’opera ispirata alla vita e alle opere di Beppe Fenoglio, scrittore e partigiano piemontese nato esattamente cent’anni fa.
Con i giovani attori del collettivo abbiamo costruito lo spettacolo, con la guida dell’attrice Diletta La Rosa, a partire da alcune delle opere resistenziali dell’autore — “Primavera di bellezza”, “I ventitré giorni della Città di Alba”, “La paga del sabato” — e da canzoni partigiane. Quest’anno abbiamo affrontato la realizzazione
del progetto con una responsabilità in più: il peso e la trasmissione di valori e temi importanti come l’antifascismo, la resistenza e la pace, oltre che la promozione della letteratura. Il pubblico è invitato ad essere protagonista del viaggio di un ragazzo italiano nel contesto dell’armistizio dell’8 settembre 1943 e ripercorrere, attraverso alcune pagine dell’autore, i momenti di scelta, di coraggio, di paura e di normalità di un soldato che diventerà partigiano e tornerà, alla fine, ad essere ragazzo. Durante lo spettacolo, la recitazione si alterna a musica dal vivo e annunci storici originali. InchiostroVIVO non vuole solo ridare vita alle parole dell’autore, ma anche ascoltarle a un livello storico, oltre che letterario, e riflettere su temi attuali:
la pace e l’antifascismo. Fenoglio non scrive di una Resistenza neorealista, di eroi immacolati, ma descrive con semplicità e incisione una Resistenza fatta da uomini e ragazzi, a volte poco più che bambini, tutti con i propri pregi, difetti, le proprie paure ed indecisioni. È una Resistenza difficile fatta di scelte e impegno, è vita ed esperienza, è errore e coraggio, è paura, ripensamento e iniziativa. Lo spettacolo vuole essere uno spunto per indagare la nostra realtà quotidiana e un ricordo non solo di fatti che sono realmente accaduti, ma delle persone che li hanno vissuti. Vuole mettere in evidenza i valori per cui molti hanno combattuto, lasciando sottinteso che queste, alla fine, sono le fondamenta per l’Italia democratica che viviamo oggi. I temi che corrono lungo
tutto il copione sono quelli del coraggio di fare scelte difficili nel nome di un bene più grande, di rimanere fedeli a sé stessi anche mettendosi in discussione e dovendosi riadattare a una società diversa superando, o provandoci, traumi profondi. La rappresentazione vuole essere un ricordo delle persone che hanno lottato per permetterci di avere una Costituzione e di avere il diritto di rappresentanza. Parliamo di coloro che hanno resistito per mettere fine a un ideale fatto di atrocità e discriminazioni e che hanno
gettato le basi per permettere ai posteri — ovvero noi — di crescere e avere la libertà di esistere nella propria individualità Abbiamo lavorato a questo progetto con dedizione e fiducia forti della speranza che chiunque venga ad assistere a “Tutti i Petali del Papavero” possa portare via con sé nuovi spunti e una rinnovata memoria dell’importanza di tutto ciò che abbiamo voluto trasmettere. Ci rende felici e orgogliosi poterci far carico della trasmissione di questi valori essenziali e di poterlo
fare in questo modo: dando voce ai giovani, anche e soprattutto non professionisti, in modo inclusivo e divertendoci. Vediamo questo spettacolo itinerante anche come un momento di unione in cui attori e pubblico saranno legati sia dallo spazio che dai temi che stanno, o dovrebbero stare, a cuore di ogni persona. Vogliamo che sia uno spettacolo che porti a riflettere, ma anche che faccia sentire bene, fieri della nostra storia e responsabili per il nostro futuro. In sintesi: che ci faccia sentire una comunità.
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Di Diego Baruffaldi, Salvatore Cutrì ed Evi Unterthiner
UOMINI NON NUMERI
Una performance teatrale per raccontare e ricordare le 432 persone deportate con il “Trasporto 81”, il lungo convoglio di carri merci partito da Bolzano il 5 settembre 1944 e arrivato due giorni dopo al lager di Flossenbürg in Baviera.
DI VERONICA TONIDANDEL, SAMIRA MOSCA E DIEGO LARATTA
Nell’ambito delle iniziative per “Bolzano Città della Memoria 2022”, sono state proposte al Museo Civico le mostre “Trasporto 81: un viaggio, un ritorno 19441945”, a cura dell’Archivio Storico della Città di Bolzano, e “I Deportati del Trasporto 81” a cura dell’Associazione Nazionale ex Deportati (ANED).
Le due esposizioni raccontano il trasporto del 5 settembre 1944, il cosiddetto “Trasporto 81”, con il quale centinaia di prigionieri del Lager di Bolzano furono trasferiti in quello di Flossenbürg in Germania. Su impulso dell’Archivio Storico
cittadino, è stata realizzata la performance teatrale
“Uomini non numeri”, uno spettacolo bilingue che funge da guida alle due mostre.
Diego Baruffaldi, autore di questa performance, racconta che “non dobbiamo mai perdere di vista che gli altri sono importanti, che tutte le persone hanno un valore e una storia bellissima. Non dobbiamo mai dimenticarci che la nostra vita e la vita degli altri è stupenda”. Con questa premessa, ha scritto i testi e la musica della performance che ha preso vita insieme agli attori Salvatore Cutrì ed Evi Unterthiner
Lo spettacolo teatrale accompagna i visitatori attraverso i corridoi delle mostre con musiche e parole ispirate dalle testimonianze di ex-deportati dei campi di sterminio, come ad esempio Ubaldo Pesapane e Italo Tibaldi. Lo spettacolo deve il suo nome proprio a quest’ultimo: “Per scrivere quest’opera, ho studiato molto. Ho iniziato leggendo gli scritti di Tibaldi. Dopo la
guerra, si dedicò molto alla ricerca e allo studio della deportazione, nello sforzo di ricostruire il numero e i componenti dei trasporti dall’Italia ai Lager nazisti.” racconta Diego.
“Italo Tibaldi scrisse che dentro ogni numero ci sta una vita. Dobbiamo riconoscere che questa vita ha diritto ad una sua narrazione ad un suo ricordo. Con quest’opera teatrale abbiamo narrato le vicende di molti deportati, in particolare quelli politici, la cui storia è purtroppo sconosciuta a molti.” aggiunge Salvatore Cutrì.
“Sembra passato molto tempo da quando sono successi questi fatti, ma se ci pensiamo bene non sono passati poi così tanti anni” - spiega l’attrice
Evi Unterthiner - “Non sapere e non studiare cosa è successo ieri nelle nostre città e nelle strade dove camminiamo ogni giorno, è come nascondere
il nostro passato e la nostra memoria sotto un tappeto. Quelli legati alla Memoria sono temi difficili da affrontare, ma penso che un’opera teatrale come questa, anche grazie a quel pizzico di ironia e di leggerezza che ha inserito Diego, ci aiuti ad essere curiosi, ci inviti a farci delle domande, ci possa aprire un mondo.”
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LE LETTERE DI NONNO PIETRO
L’Archivio Storico di Bolzano ha ricevuto una nuova donazione: le lettere originali di Pietro Meloni spedite clandestinamente alla moglie Enrica durante la sua prigionia nel campo di transito di Bolzano. Abbiamo intervistato la nipote Carmen Meloni per scoprire la storia dietro questi preziosi documenti.
Carmen, parlaci delle lettere scritte da tuo nonno Pietro. Da dove arrivano? Non ho mai conosciuto mio nonno, è morto quando suo figlio - mio padre - era un bambino. Mia nonna Enrica non mi ha mai raccontato nulla di lui. Alla sua morte siamo andati con tutta la famiglia a dismettere la casa e a ritirare gli effetti personali. Ho aperto l’armadio e sul fondo, sotto degli stivali neri appartenuti al nonno, ho visto dei pezzetti di carta ingialliti e ammalorati dal tempo. Furtivamente li ho tirati fuori e li ho nascosti, come se avessi trovato un segreto prezioso da custodire. Me le portai a casa e non le feci vedere mai a nessuno. Come mai hai deciso di tenerle nascoste?
Mi sono interrogata molto sul perché. È come se avessi
voluto rispettare la volontà della nonna e mantenere il silenzio. Ora che mi sto approcciando al mondo della Memoria, inizio a capire perché la nonna non avesse mai parlato del nonno e di cosa gli era successo durante la guerra. Alcuni familiari di deportati nei lager nazisti mi hanno spiegato come fosse difficile ricordare le vittime delle deportazioni, tanto era il dolore e l’incredulità. Dopo molti anni, decidi di condividere le lettere del nonno. Cosa è cambiato?
Un giorno, nel febbraio del 2021, mentre leggevo il quotidiano locale di Rho, la mia attenzione è stata catturata dal titolo “Rho ricorda con le pietre d’inciampo 7 deportati civili”. Non ho capito subito di cosa si trattasse, ma sentivo che dentro di me qualcosa si stava sciogliendo. Mi sono alzata di scatto come una molla
e sono andata a cercare le lettere del nonno. Erano talmente nascoste bene che non riuscivo a trovarle. Nel momento di concitamento non riuscivo a focalizzare mentalmente dove le avevo messe. Con un po’ di fatica le ho trovate con le mani che tremavano dall’emozione. L’indomani del ritrovamento ho chiamato l’assessora di Rho che insieme all’ANPI si era occupata della realizzazione delle 7 pietre d’inciampo. L’assessora si è subito impegnata per dedicare una pietra anche al nonno Pietro. Perché sono così importanti questi documenti?
Non sapevo nulla di mio nonno e queste carte mi raccontano un pezzetto della sua storia. Come attesta una cartolina postale che riuscì a spedire dal carcere di San Vittore, il nonno era stato arrestato dalla polizia germanica il 22 luglio del 1944 a Milano.
Chiaramente la cartolina doveva passare dalla censura e non poteva scrivere molto, diceva solamente di essere stato arrestato non capendone il motivo e chiedeva alla nonna di portargli alcuni effetti personali: la schiuma da barba, un paio di pantofole,
un cambio d’abito. Scoprii in seguito che segretamente era un oppositore politico. Queste lettere ora sono conservate presso l’Archivio Storico di Bolzano. Come mai hai scelto di donarle? Perché le lettere parlano di Bolzano. Il nonno era stato
portato al campo di transito di Bolzano, dove riuscì a scrivere alcune lettere clandestine, dunque non censurate. Mi sono informata in merito a questo luogo e ho scoperto il grande lavoro portato avanti dall’Archivio Storico, in particolare dalla
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Intervista a Carmen Meloni
responsabile Carla Giacomozzi. I documenti conservati nell’Archivio, nello specifico nel fondo Ubaldo Pesapane, mi hanno portato al ritrovamento di altre informazioni relative a mio nonno.
Le storie come queste ci fanno capire quanto sia importante il ruolo di un Archivio Storico, sia a livello collettivo sia personale...
Grazie all’Archivio Storico di Bolzano che conserva un quaderno appartenuto al Maggiore Ubaldo Pesapane, ho potuto ritrovare una lettera che aveva scritto a mia nonna Enrica dove le dava informazioni sul nonno: lo aveva conosciuto nel carcere di San Vittore, aveva continuato il percorso con lui fino al lager di Bolzano e insieme sono stati deportati al campo di concentramento di Flossenbürg in Germania. Il Maggiore Pesapane scrive che il nonno era stato mandato a lavorare nel sottocampo di Hersbruck da dove era tornato moribondo in condizioni ormai disperate. I compagni di baracca avevano tentato di aiutarlo
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rubando qualche medicinale dall’infermeria o un pezzo di pane per cercare di alimentarlo. Morì intorno al Natale del ‘44. Venne poi portato al forno crematorio. Dopo la ri-scoperta delle lettere di nonno Pietro sei entrata a far parte del direttivo ANPI di Rho. Com’è cambiato il tuo rapporto con la Memoria?
Mi sento in dovere, soprattutto per il nonno e per tutti coloro che hanno perso la loro vita combattendo per la libertà, di fare memoria delle eportazioni civili nelle scuole. La Memoria è un seme che deve essere sempre coltivato. Ci vuole pazienza, implica impegno epreparazione. La Memoria è qualcosa che ci identifica ancora come uomini. Come uomini del nostro tempo e come uomini dei tempi che verranno. È una costante che non può mancare nella formazione della coscienza di qualsiasi essere umano. Le persone come mio nonno hanno fatto una scelta: da che parte stare.
La Memoria deve essere qualcosa che porta i ragazzi e le generazioni future a formare una coscienza e a poter scegliere.
SEGNI DELL’ANIMA
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Riflessione
La vita a volte lascia ferite sul corpo, sull’anima, nelle memorie e nei ricordi. Segni che si tramandano di generazione in generazione, di padre in figlio, da nonna a nipote. Come macchie su importanti documenti, crepe o strappi più volte rammendati, più volte aggiustati, ma mai rimarginati. Tracce del nostro passaggio, cicatrici ancora da curare che con costanza e dedizione tornano al mondo, mostrati alle nuove generazioni per farle proprie, per non nasconderle e valorizzarle. Alcune storie lasciano percorsi, ci indicano la strada, la loro presenza diventa così un continuo monito per le nostre azioni future. Segni su lettere rimaste a lungo in un cassetto, ma mai dimenticate. Segni del tempo, segni di una vita, di più vite, di dolori e lacrime, di affetti e carezze.
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MUSICA E DIRITTO: DA MOZART
Sono state due serate di musica e riflessione quelle proposte a metà novembre 2022 presso il Conservatorio di Bolzano dall’associazione Musica in Aulis. Parlano il Direttore Fornari e la giurista Beretta.
DI ANDREA DALLA SERRA
Etica, giustizia, solidarietà e rivoluzione. Ecco il glossario di due serate che hanno avuto come protagonisti la musica e il diritto: l’innovazione musicale e sociale di Mozart, i brani composti nei campi di sterminio nazisti, le riflessioni di Hannah Arendt e Piero Calamandrei si sono alternate presso la Sala degli specchi del Conservatorio Monteverdi di Bolzano lunedì 14 e martedì 15 novembre fornendo un valore aggiunto ai due concerti. “Siamo stati ambiziosi: non volevamo proporre esclusivamente della musica, ma una messa a fuoco sull’etica della giustizia. Per farlo – spiega Sonya Beretta, giurista e Presidentessa di Musica in Aulis – abbiamo invitato a parlare Guido Rispoli, Procuratore Generale di
Brescia, e Sergio Bonini, Professore di diritto penale delle Università di Trento e Bologna”.
“Nessuno ha il diritto di obbedire”
“Il 14 novembre abbiamo proposto una rilettura della figura e del personaggio di Mozart, non tanto della sua musica. Il compositore austriaco ha agito all’interno della sua epoca proponendo però nuove visioni della società e grandi innovazioni”, dice il Direttore del Conservatorio nonché Direttore artistico di Musica in Aulis, Giacomo Fornari. “Questo è evidente nel teatro lirico, dove sono presenti delle allusioni ad alcune idee
rivoluzionarie: penso a Il flauto magico e a Don Giovanni”. I duetti per viola e violino proposti nella serata, il KV 423 e 424, sono solo due degli esempi nei quali i valori
rivoluzionari trovano un’applicazione concreta, in questi casi
la solidarietà con un amico: “Forse perché ammalato, un amico di Mozart non poteva comporre questi duetti e così, con un gesto di fratellanza, li compose Mozart stesso. E il pubblico del tempo accolse in maniera positiva gli innovati procedimenti formali introdotti, che danno vita a una musica senza precedenti, a un repertorio mai ascoltato, nonostante Mozart fosse molto ligio alle regole tradizionali”. Valori musicali che si sono intrecciati con la riflessione proposta dal Procuratore Rispoli, già sostituto procuratore del Tribunale di Bolzano, dove, ogni mattina, recandosi in ufficio, si trovava difronte gli Uffici finanziari e la scritta luminosa di Hannah Arendt: “Nessuno ha il diritto
AD ARENDT
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di obbedire”. Una frase formulata durante il processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann che, come scrive Arendt ne “La banalità del male”: «improvvisamente dichiarò con gran foga di aver sempre vissuto secondo i principi dell’etica kantiana, e in particolare conformemente a una definizione kantiana del dovere». Una definizione evidentemente distorta che, come prosegue Arendt, «Kant non si era mai sognato di dire».
Calamandrei e il camerata
Kesserling
Siamo negli anni ‘50 quando Albert Kesserling, comandante delle forze di occupazione tedesche in Italia, viene scarcerato nonostante la condanna all’ergastolo e fa ritorno in Germania, dove, pubblicamente, dichiara che gli italiani avrebbero dovuto dedicargli un monumento. «Lo avrai / camerata
Kesserling / il monumento che pretendi da noi italiani / ma con che pietra si costruirà / a deciderlo tocca a noi [...] Su queste strade se vorrai tornare / ai nostri posti ci ritroverai / morti e vivi collo stesso impegno / popolo serrato intorno al monumento / che si chiama / ora e sempre / RESISTENZA». È su questa epigrafe scritta da Piero Calamandreiaccademico italiano nonché uno dei padri della Costituzione - in risposta all’affermazionedi Kesserling che ha riflettuto il Professor Sergio Bononi nella serata del 15 novembre. “Il secondo appuntamento – sottolinea Fornari - ha previsto l’esecuzione di musiche composte nei campi di sterminio nazisti, come i brani di Schulhoff, Klein, Ullmann, e quelle in ricordo di quei momenti tragici dell’umanità, come quelli
di Messiaen”.
I rapporti con la memoria “Sono nata in una famiglia con un nonno paterno perseguitato dai fascisti che è stato costretto a lasciare la propria casa e la propria terra e a venire a vivere in Alto Adige proprio durante il processo di italianizzazione coatta voluta dal regime di Mussolini. Mio padre –racconta Sonya Beretta – si sarebbe dovuto chiamare Walter, ma i nomi ‘stranieri’ non potevano essere attribuiti. Il nome Walter ha potuto darlo poi in seguito a suo figlio, mio fratello. Il mio rapporto con la Memoria mi coinvolge innanzitutto con questo episodio basato su un diritto fondamentale: il diritto al nome”. E sul valore della memoria, Fornari ha concluso: “Credo che la Memoria sia necessaria e indispensabile; una società senza passato è una società senza futuro”.
CRUCIVERBA
TESTIMONIANAZA DI DON DANIELE LONGHI
«In noi, come in ognuno dei nostri condetenuti transitati dal campo di concentramento di Bolzano, resterà conficcato nella memoria, a guisa di pugnale d’acciaio immerso nelle carni, l’angosciosa, straziante visione ultima, dei nostri 23 compagni, che uscivano dal campo diretti alla morte, incamminati verso la soglia dell’eternità. Erano sempre stati altissimi di morale, durante tutto il periodo della loro permanenza in campo, provenienti dai Forti di Verona; pur presentendo, anzi, esattamente consapevoli che ogni giorno poteva segnare la data di una loro tragica fine, non erano mai apparsi afflitti agli occhi dei compagni, che li potevano vedere durante il loro disvago giornaliero, quando era loro consentito passeggiare nel cortile antistante il loro blocco recintato; la sera precedente avevano giocato a calcio, ultimo sollievo che l’avrebbe per un poco distolti dal pensiero preoccupante e nero della morte, anche se questa morte sarebbe stata gloriosa.»
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DEL RICORDO
ORIZZONTALI
1. Cognome del comandante delle SS che ordinò l’eccidio.
4. Cognome del ventiduenne detenuto nel campo di transito di Bolzano che, eludendo la vigilanza delle sentinelle germaniche, riuscì a consegnare a Don Signorato una lettera contenente nomi e cognomi dei trucidati.
3. Sigla dell’organizzazione formatasi nel 1943 con lo scopo di fermare il nazi-fascismo in Italia.
6. Quartiere di Bolzano dove è situata la targa commemorativa dell’eccidio.
8. Nome della caserma dove si svolse l’eccidio.
VERTICALI
2. Cimitero militare dove riposano i 23 giovani trucidati dalla Gestapo.
3. Nome della vittima più giovane dell’eccidio.
5. Cognome del sacerdote del quartiere operaio delle Semirurali, che nel 1945 stilò l’elenco dei 23 giovani martiri dell’eccidio.
7. Età media delle vittime dell’eccidio.
STORIE SEGNATE, SCELTE CHE SEGNANO
Con l’annessione dell’Alto Adige al Regno d’Italia, si avviò la campagna di italianizzazione. Per non rinunciare alla propria identità, molte famiglie di cultura tedesca scelsero di emigrare nel Terzo Reich, mentre altre scelsero di non lasciare la propria terra e di resistere.
DI ILENIA DELLAI E ANNA ZAMPERETTI
Le guerre da sempre segnano i tempi, qualcosa avviene prima e qualcosa dopo. Segnano le persone, chi le vive in prima persona e chi le ascolta, chi le studia e chi le osserva intimorito da lontano. Le guerre da sempre segnano le storie. Poco più di 5 anni fa ho conosciuto una signora con una storia segnata indelebilmente dalla guerra. Una storia che sarebbe potuta essere diversa, ma a cui la guerra ha fatto percorrere binari che altrimenti non avrebbe seguito. Ha dovuto fare i conti con una scelta presa da altri.
Marina, nata in Veneto ed abbandonata dalla madre, venne affidata fin da piccola ad una famiglia di Lana. Lì crebbe con loro e il tedesco diventò la sua prima lingua. La sua vita era scandita tra il gioco con i
bambini e le bambine che la circondavano e l’aiuto a casa, portava infatti spesso il pranzo al padre affidatario che lavorava alla miniera. Tutto ciò fino a quando la politica sovranazionale giunse nella sua, ancora agli inizi, storia. A partire dagli anni ‘20 del 900, con l’annessione dell’Alto Adige al Regno d’Italia si avviò la campagna di italianizzazione della regione. Tra le misure contenute nel manifesto pubblicato da Ettore Tolomei il 15 luglio 1923, chiamato “Provvedimenti per l’Alto Adige”, si parlava anche di introduzione dell’italiano come unica lingua ufficiale. Con ciò si intendeva la traduzione dal tedesco all’italiano dei toponimi, delle iscrizioni pubbliche, dei nomi delle strade e dei cognomi germanici, con contestuale divieto d’uso delle versioni di questi
ultimi in lingua tedesca. Il provvedimento ha altresì previsto il parallelo sostegno alla cultura e lingua italiana, attraverso l’istituzione di scuole materne e scuole elementari e secondarie italiane. Con forza molte famiglie di cultura tedesca - perché quella terra fino a pochi anni prima tedesca lo era - non si arresero, e mantennero lingua e identità. Nacquero scuole clandestine, le Katakombenschulen (“scuole nelle catacombe”) o anche Geheimschulen (“scuole segrete”), con il fine di insegnare e mantenere la lingua e la cultura tedesca. Nel 1939 giunse il termine ultimo per prendere la propria decisione: alle famiglie venne data la possibilità di scegliere la cittadinanza italiana o tedesca. Tuttavia, per coloro che avessero scelto per quest’ultima, sarebbe stata prevista
SEGNANO
MARINA
l’espulsione. Questo, assieme all’impossibilità di vivere secondo la propria identità culturale e tradizione, portò intere famiglie e villaggi a scegliere di emigrare nel Terzo Reich. Di preciso su una popolazione totale di 253.953 abitanti, di cui 42.936 appartenenti al gruppo
etnico italiano, 179.503 optarono per la Germania; 31.514 per l’Italia. Entro il termine massimo fissato per lo sgombero (31 dicembre 1942) però, soltanto 72.749 si trasferirono nei paesi tedeschi. Chissà se tra questi la famiglia affidataria di Marina arrivò davvero nel Terzo Reich, o se semplicemente non partì. A prescindere da questo, Marina lasciò quella casa e venne spostata in un orfanotrofio a Bressanone. Di quella famiglia Marina non seppe più nulla. Sebbene molte famiglie ebbero la triste fortuna di scegliere cosa abbandonare per sempre tra casa e terra, oppure lingua e cultura, lei non scelse nulla e perse tutto. Marina in questi ultimi suoi anni cercò con brama storie simili alla sua, storie spezzate, per riuscire in qualche modo a comprendere cosa questa imposizione
avesse portato nelle vite degli altri e come le persone con una storia simile alla sua avessero reagito. Per darsi delle risposte, cercò di conoscere e capire quello che accadde a livello storico e politico. Le risposte a queste domande sono molte, ma è la domanda in sé che dovrebbe essere impressa nella nostra mente e nel nostro cuore. Perché se ci chiediamo cosa può comportare nella vita di ciascuno di noi una scelta, forse la possiamo cambiare. Tutte e tutti dobbiamo tenere a mente come una nostra scelta abbia sempre delle conseguenze, in noi e in chi ci circonda. Queste storie vanno raccontate oggi più che mai per tenere sempre a mente il rispetto per le identità tutte a prescindere da tutto. Le guerre, le invasioni, le imposizioni e le scelte segnano le storie e le narrazioni delle persone.
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ZeitPaper è realizzato da ZeitRoom – Giovane museo virtuale
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Un progetto di Associazione Volontarius ODV
Ideato da PianoB – Social Design
Con il sostegno di Comune di Bolzano
Ufficio Famiglia, Donna e Gioventù
Con la supervisione di Archivio Storico della Città di Bolzano
Con il supporto di Intendenza scolastica Italiana della Provincia di Bolzano
Con la collaborazione di COOLtour
Progetto grafico di Valentina Gentili