Zoom Giappone 11

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Odaira Namihei per Zoom Giappone

gratuito - numero 11 settembre - dicembre 2018

Rivista

gratuita

www.zoomgiappone.info

In viaggio


ZOOM EDITORIALE

A forza di percorrere il Giappone in lungo e in largo per realizzare reportages e scrivere articoli, i nostri collaboratori hanno avuto dei veri e propri colpi di fulmine per alcuni luoghi in particolare, senza magari avere la possibilità di descriverli in un articolo, così da tenere per sè queste scoperte…ma sarebbe stato un peccato non raccontarle ai nostri lettori! Così abbiamo immaginato di chiedere ai giornalisti e ai fotografi che collaborano con noi di condividere i loro luoghi preferiti. Ciascuno ha deciso di descriverli a modo proprio, secondo il proprio stile, per regalarci il piacere di scoprire il Giappone in maniera inedita.

LA REDAZIONE info@zoomgiappone.info

L O SGUARDO DI ERIC RECHSTEINER Lungo la rete ferroviaria di Isumi, nella prefettura di Chiba

© Eric Rechsteiner

In viaggio

Mentre alcune regioni, come Hokkaido, chiudono le linee dei treni che reputano inefficienti, altre regioni cercano di mantenerle, prendendo ad esempio la compagnia Isumi che gestisce un tratto di 26,8 km tra Isumi e Kazusa Nakano, nella prefettura di Chiba, a est di Tokyo. Per poter sopravvivere e continuare a far circolare i suoi treni, la compagnia sta dando vita a iniziative alquanto originali, come il partenariato siglato nel 2014 con la piccola linea taïwanaise Jiji dove si può trovare un venditore di pop-corn fuori dal comune.

Ambizioni olimpiche

ECONOMIA Consumi

Il comitato nazionale avrebbe fissato a trenta il numero di medaglie d’oro da conquistare ai prossimi giochi di Tokyo nel 2020. Un risultato che costituirebbe, in caso di riuscita, un record storico per il paese, che sino ad oggi non ha mai ottenuto più di sedici titoli olimpici (perfomance collettiva realizzata a Tokyo nel 1964 e ad Atene nel 2004). Alle ultime olimpiadi di Rio, nel 2016, il Giappone ne ha collezionati appena 12.

I consumi delle famiglie si sono ulteriormente ribassati ad aprile, registrando il loro terzo mese consecutivo di calo. Il governo fatica a rilanciare l’economia. I consumi si sono abbassati dell’1,3% in un anno, dopo aver già registrato una deflessione dello 0,7% a marzo e dello 0,9% a febbraio. Questa situazione si spiega, in parte, per l’inquietudine e l’incertezza rispetto al futuro in un arcipelago che invecchia sempre di più e che si confronta con delle importanti spese sociali.

SPORT

946.060 Tale è il numero di nascite registrate nel 2017 in tutto l’arcipelago, la cifra più bassa mai registrata dall’inizio delle statistiche ufficiali nel 1899. Per il secondo anno consecutivo, meno di un milione di bebé sono nati in Giappone e questo trend demografico negativo non dà segno di invertirsi.

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in

ribasso



collectzione Calude Leblanc

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Grazie ad una densa rete ferroviaria, è facile spostarsi in tutto il paese. Questo ha spinto gli editori a creare magnifiche carte turistiche.

In viaggio Da nord a sud dell’arcipelago, vi invitiamo a scoprire luoghi originali e autentici.

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uest’anno ancora, il Giappone dovrà battere nuovi record nell’ambito del turismo poiché, da diverso tempo ormai, l’arcipelago è diventato una destinazione alla moda. Orde di turisti provenienti principalmente dai paesi asiatici (Cina, Taiwan, Corea del Sud, Hong Kong o Singapore) vengono qui per scoprire questo paese. Il primo approccio col Giappone è spesso rappresentato dalla scoperta della cucina o della cultura popolare. Gli asiatici non sono i soli a recarsi nel paese del Sol Levante. Nel corso degli anni il numero di europei è considerabilmente aumentato. Francesi, inglesi, tedeschi, spagnoli o italiani vogliono anch’essi vivere la loro “esperienza giapponese”,

ma come tutti gli altri, hanno tendenza a concentrarsi sulla celebre “golden road”, ossia Tokyo, Kyoto e Hiroshima, dimenticando che il Giappone dispone di un vasto territorio ricco di paesaggi diversi, con una gastronomia molto varia ed una popolazione accogliente tanto a nord quanto a sud, da Hokkaido a Okinawa. A forza di raggrupparsi attorno alle stesse zone turistiche, i visitatori stranieri finiscono per incontrare soltanto altri turisti stranieri, al punto che talvolta è possibile assistere a scene comiche quali un occidentale che fotografa un’asiatica in kimono credendola una giapponese in tenuta tradizionale, mentre magari si tratta di una coreana o di una cinese. Certi luoghi, d’altra parte, sono disertati dai giapponesi stessi. Questa forte concentrazione turistica ha poi come conseguenza negativa quella di spingere i promotori immobiliari a distruggere i vecchi

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quartieri per costruire delle infrastrutture alberghiere dimenticando che a breve questa soluzione contribuirà a impoverire i luoghi e a far fuggire i turisti, deviandoli su altre mete. Ecco perché abbiamo scelto di proporvi un dossier nel quale abbiamo chiesto ad alcuni dei nostri collaboratori di presentare un luogo particolarmente amato. In totale abbiamo riunito sei luoghi, distribuiti sull’insieme del territorio nipponico. Si tratta ogni volta di un invito personale a scoprire siti spesso ignorati dai turisti, compresi quelli giapponesi, ma che possiedono tutte le qualità per attirare la curiosità, procurare emozioni e soddisfare le esigenze dei viaggiatori più esigenti. Ecco dunque un Giappone diverso da quello spesso proposto dalle brochure turistiche: vi invitiamo oggi a scoprirlo. ZOOM GIAPPONE


ZOOM INCHIESTA Un territorio da scoprire Città Montagna Isola Hokkaido Sapporo

Oga p. 10

M a r e

d e l

G i a p p o n e

Sendai

Honshu

Kyoto

Tokyo

Cartografia : Aurélie Boissière, www.boiteacartes.fr

Yasugi

p. 16

p. 12 Osaka

Shichimen-san p. 6

Isola Kurahashi p. 13 Fukuoka

Shikoku

Kyushu

O c e a n o

P a c i f i c o Okinawa

150 km

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Shichimen-san Il monte Fuji come non l’avete mai visto

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Benjamin Parks per ZOOM Giappone

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Benjamin Parks per ZOOM Giappone

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Si ha l’impressione che il monte Fuji sia a portata di mano.

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e esperienze grandiose cominciano generalmente in modo banale, e questa che sto per raccontarvi non fa eccezione. Il mio amico Nicolas stava scrivendo un testo sui misteri che ci avrebbero atteso in cima al monte Shichimen. Il nostro viaggio è cominciato a bordo di un treno a destinazione di Shimobe Onsen. Tre ore più tardi Nicolas ed io siamo arrivati a Minobu, nella prefettura di Yamanashi, un luogo dove molte cose sembrano rimaste immobili nel tempo. Le ragnatele ricoprono vecchie biciclette arrugginite che giacciono davanti a negozi

aperti a metà, affacciati su vie sonnolente. Il nostro albergo tradizionale, un ryokan, era gestito da una donna anziana molto energica, che ci ha portati a fare un giro d’esplorazione. Come gran parte degli antichi ryokan, sebbene non fosse un edificio gigantesco, il numero delle stanze, dei corridoi e degli angoli nascosti sembrava infinito. Inoltre, siccome era costruito in legno, il rumore dei nostri passi si accompagnava a un permanente quanto gradevole scricchiolio. Avventurandoci nel sottosuolo alla ricerca degli onsen, abbiamo provato la sensazione di essere sorvegliati dai fantasmi. C’erano numerosi cor-

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ridoi bui e stretti che conducevano ad armadi a muro e sgabuzzini dimenticati. Alla fine siamo riusciti a localizzare i bagni termali grazie al forte odore di zolfo. Dopo il lungo viaggio in treno, era quello che ci voleva per riposarsi. Il mattino seguente, ci siamo svegliati nella nostra grande stanza, sui tatami. Dopo aver consumato una colazione tradizionale a base di té verde, pesce e soia fermentata, abbiamo salutato la proprietaria e cominciato la nostra ascensione verso la cima della montagna. Per cinque ore abbiamo trascinato le nostre gambe stanche verso le alture, chiedendoci quali ragioni avessero spinto qualcuno a realizzare un sentiero su questa montagna. Giunti finalmente in cima, abbiamo capito. Dopo aver oltrepassato un boschetto, siamo stati accolti da una magnifica vista su un lago verde smeraldo (sembra che nelle sue profondità viva un drago), poi, dopo aver affrontato una serie di scalini ripidi, ci siamo trovati di fronte a un panorama mozzafiato sul monte Fuji. Avevamo davvero la sensazione di essere in piedi di fronte alla celebre montagna, senza ostacoli davanti a noi. Ed è li che abbiamo incontrato la nostra guida, un giovane e simpatico monaco che viveva in cima allo Shichimen. Il nostro albergo per la notte era un monastero buddista simile a un labirinto composto da innumerevoli corridoi e porte scorrevoli, a prima vista tutte identiche. Siamo stati condotti in una vasta stanza, le cui pareti e il cui soffitto erano adorni di sculture dorate. “Perché tanto oro?”, ho domandato, tanto l’aspetto della stanza mi sembrava in contraddizione rispetto all’immagine spartana che in genere si ha dell’universo monastico buddista. “Perché l’oro è eterno” mi è stato risposto. In seguito è stato dato inizio a 90 minuti di sutra, un’onda di suoni apparentemente interminabili, intonati da una quindicina di monaci dalla voce gutturale, interrotti ogni tanto dal suono di un gong o di un tamburo. Nicolas ed io eravamo seduti su sedie dallo schienale rigido, osservando ed ascoltando i sutra come sotto ipnosi. Alla fine, era tempo di andare a dormire. Genga-san ci ha chiesto a che ora volevamo svegliarci. Ho risposto: “alle 4h30”, senza realizzare che conseguenze avrebbe avuto questa decisione. L’indomani, alle 4h30 precise, siamo stati improvvisamente svegliati dal suono dei tamburi. Le porte scorrevoli si sono aperte e tre monaci

PER ARRIVARE IN PARTENZA DALLA STAZIONE DI SHINJUKU A TOKYO, prendete il treno Azusa fino a Kofu sulla linea Chuo, dove cambierete poi sulla linea Minobu fino a Shimobe Onsen. Da lì, prendete l’autobus fino a Shichimenzan-tozanguchi e un taxi fino a Hagomoro.


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hanno fatto la loro apparizione, chiedendoci di consegnare loro il nostro futon, in cambio di una teiera e di qualche tazza. Tutto questo si è svolto così rapidamente che avevo l’impressione di star ancora sognando, ma la teiera fumante era lì per confermarmi che ciò che stavo vivendo era assolutamente reale. Inerpicandoci sulla montagna per osservare la cima del Fuji avvolta in una luce color porpora, abbiamo percepito via via un ronzio sempre più forte, come se migliaia di zanzare ci circondassero. Arrivando, abbiamo incontrato circa 500 adolescenti. Tutte vestite con tenute immacolate (simili a divise da karaté) di fronte al sole che cominciava lentamente a comparire all’orizzonte, cantavano un sutra con passione, agitando le mani energicamente. C’era un aspetto surreale nel ritrovarsi in questo luogo, apparentemente isolato dal resto del mondo, circondati da centinaia di ragazze intente a cantare, di fronte a distese di nuvole che invadevano lo spazio, come un oceano infinito, davanti al sole che sorgeva piano, come un anziano attore abituato a recitare con lentezza e metodo la sua apparizione in scena. Il sole si è alzato in cielo e i suoi raggi si sono riversati su di noi con ampie lame di luce, inondando tutto di un intenso riflesso dorato. Le

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L’incredibile visione delle 500 ragazze venute ad osservare l’alba in cima al monte Shichimen.

In cima al monte Shichimen, una porta si apre direttamente sul monte Fuji.

adolescenti si sono piano piano allontanate e ci siamo ritrovati soli, Nicolas, Genga-san ed io, poi soltanto Nicolas ed io. Eravamo là, ancora un po’ stanchi della camminata del giorno prima, ma riscaldati dal sole. Mi sentivo pronto. Pronto ad affrontare tutti gli obblighi e le faccende da

risolvere che mi attendevano a Tokyo, e pronto allo stesso modo per i momenti di gioia, di risate e di leggerezza. Pronto a ricevere tutto e a ricordarmi, grazie a questa esperienza, che la vita è un magnifico regalo. BENJAMIN PARKS

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Laura Liverani per ZOOM Giappone

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Grazie a un folklore molto vivace, ai suoi paesaggi mozzafiato, a una cucina saporita e a numerose curiosità, Oga vi affascinerà.

Oga, la costa selvaggia Fra i luoghi più pittoreschi del paese, la penisola di Oga vale sicuramente una visita.

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erché andate ad Oga ? Non c’è niente da vedere laggiù”, chiede una donna di circa sessant’anni seduta accanto a me nello shinkansen diretto ad Akita. E’ nata nella penisola di Oga, nella prefettura di Akita. Come molti altri, anche lei ha lasciato la sua terra natale per la città, abbandonando dietro di sé le case di legno vuote e gli anziani pescatori. La donna è

sorpresa. Pensa probabilmente che siamo i soli passeggeri su questo treno a recarsi verso questa improbabile destinazione. Lei ci va una volta all’anno per recarsi in visita ai parenti, sebbene questi vivano quasi tutti altrove adesso. Per quanto mi riguarda, viaggio per scoprire un luogo di cui so che mi innamorerò, anche se non ci sono mai stata prima. La penisola di Oga è un frammento di terra a forma di ascia che si allunga nel mare del Giappone. Ci sono poche attrazioni e ancor meno infrastrutture per i turisti. Non è una destinazione di

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viaggio molto comune. Malgrado ciò, Oga è uno dei luoghi più pittoreschi del Giappone, con il suo litorale frastagliato e il suo mare agitato, le sue foreste, i suoi laghi vulcanici, le sue sorgenti termali, i suoi sentieri di montagna deserti che conducono ai santuari. Come altre regioni spopolate del Giappone rurale non c’è molta gente, e i turisti sono pochissimi. Al posto di quest’ultimi vi è molto vento e un mare infinito. Senza dimenticare le storie, soprattutto i racconti popolari. Sono queste le ragioni per cui ho deciso di venire qui.


“Batti le mani tre volte e noi scenderemo dalle montagne”. La voce gutturale proviene da un omone coperto di paglia. Le sue mani sono gigantesche e rugose, il suo viso è nascosto da una maschera diabolica: si tratta di un Namahage. Il demone si rivolge ad un piccolo pubblico di bambini e genitori, che osservano attenti la ricostituzione di un’antica tradizione, all’interno di una casa tipica ricostruita presso il museo del folklore Oga Shinzan. La sera di capodanno gli abitanti del villaggio travestiti da demoni fanno il giro delle case per sgridare “i bambini disobbedienti e le donne pigre”, ricevendo in cambio cibo e bevande. La tradizione del Namahage è in declino, ma ci si sforza di mantenerla in vita. Al museo ad essa consacrato c’è un impressionante numero di orchi in grandezza naturale, vestiti di diverse maschere e costumi. Le copie del Namahage, grandi e piccole, sono onnipresenti a Oga: ci sono le statue di una decina di metri che accolgono i visitatori all’ingresso della penisola, fino al Namahage da cui fuorisesce acqua calda al villaggio termale di Oga Onsen. Questi mostri sono associati a un certo numero di siti diversi attraverso Oga. Secondo la leggenda, i 999 scalini che conducono al santuario Akagami Goshado sono stati costruiti dai Namahage stessi. Circondato da cedri giganti, il santuario Shinzan accoglie invece il festival Namahage ogni inverno. Qui i giovani del villaggio si riuniscono per portare maschere che sono state preventivamente purificate da un monaco scintoista, diventando esse stesse dei Namahage. In questa regione guidare è un’esperienza unica. La strada serpeggia tra le montagne e il mare, lungo la costa disseminata di villaggi di pescatori e pini nodosi, passando attraverso strane formazioni rocciose e città fantasma dove si ergono complessi alberghieri e ristoranti all’abbandono. Alcune tappe pittoresche impongono una sosta: l’osservatorio del monte Kanpu, che offre una vista panoramica a 360°, i paesaggi lunari della spiaggia di Unosaki o ancora la roccia Godzilla o il capo Nyudo. L’acquario GAO, con più di 2000 creature marine nel bacino di acqua marina, merita ugualmente una visita. Un’altra buona ragione per fare una pausa lungo la strada è quella di provare i ristoranti di pescatori dove pranza la popolazione locale, luoghi come il Kasen-ya o il Sandaime Hotaru. Il sashimi super fresco o l’hata-hata alla griglia, un pesce locale, non vi deluderanno certamente. Per finire su una nota d’eccellenza, si consiglia di trascorrere la notte in uno dei ryokan del villaggio termale , come lo Yuzankaku o il Banseikaku. Lì potrete degustare l’ishiyaki, lo stufato locale di frutti di mare, presentato in un contenitore in cedro e cotto affogandoci dentro una pietra bollente. Le porzioni sono generose a Oga ed è raccoman-

Laura Liverani per ZOOM Giappone

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I Namahage sono onnipresenti nella penisola di Oga.

dato, dopo la cena, fare un buon bagno. Fuori stagione non è impossibile che possiate approfittare delle terme all’esterno (rotenburo) in beata solitudine. Se il vostro budget è limitato, l’hotel Moroi, il solo hotel della città di Oga, è una buona alternativa ai ryokan più costosi. È un po’ decrepito, ma il suo look anni Cinquanta gli offre un certo charme. La prenotazione non è necessaria, poiché è quasi sempre vuoto. Per quanto riguarda lo shopping, non perdetevi i souvenir vintage legati alla pesca e il negozio di antichità che si trova giusto a fianco dell’hotel. Ci troverete dei galleggianti in vetro, dei caschi per le immersioni, dei vecchi vinili di rock ’n roll

e del caffè. Il vecchio pescatore che gestisce la boutique non vi permetterà di lasciare la città senza avervi prima raccontato i suoi ricordi di Oga, quando ancora era un luogo prospero, visitato da molti viaggiatori. Le sue storie saranno il ricordo più prezioso da portare a casa. LAURA LIVERANI

PER ARRIVARE IN PARTENZA DALLA STAZIONE DI TOKYO, prendete lo shinkansen fino a Akita. Da lì, i treni della linea Oga vi condurranno fino alla città di Oga in circa un’ora. All’ingresso della stazione, il centro di informazioni turistiche è particolarmente accogliente. https://oganavi.com

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Odaira Namihei per ZOOM Giappone

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Dietro a vetrate immense, il visitatore può osservare man mano che trascorre il tempo, il cambiamento che viene operato nella natura.

Yasugi, sapore d’eternità Grazie al museo d’arte Adachi e al magnifico giardino circostante, la cittadina è una tappa da non perdere.

F

rançois Berthier, uno dei grandi storici dell’arte giapponese e fine conoscitore di giardini nipponici, spiegava che “nel giardino, riassunto compatto della natura, l’uomo può riconoscere il proprio volto”. Questa frase mi ha sovente accompagnato nei miei numerosi spostamenti nell’arcipelago dove - è vero - i giardini sono numerosi. Esistono persino delle classifiche che permettono ai curiosi di scoprire qua e là qualche meraviglia nella vasta gamma dei giardini giapponesi. Ce ne sono addirittura tre che si distinguono da tutti gli altri poiché da decenni occupano i tre primi posti: il Kenroku-en a Kanazawa, il Koraku-en a Okayama e il Kairaku-en a Mito. Meritano

evidentemente di essere visitati dal momento che sono testimoni di un savoir-faire unico e offrono ai visitatori dei veri momenti di piacere. Devo dire però che nessuno fra essi mi ha procurato tante emozioni quanto il giardino del museo d’arte di Adachi, nella prefettura di Shimane, a ovest dell’arcipelago. Oltre a possedere una delle più ricche collezioni d’arte giapponese, questa istituzione, voluta dall’uomo d’affari Adachi Zenko, si è dotata di un capolavoro naturale in sei quadri che si

PER ARRIVARE IN PARTENZA DALLA STAZIONE DI TOKYO, prendete lo shinkansen fino a Okayama. Da lì, un treno della linea Hakubi in direzione di Izumo vi porterà fino alla stazione di Yasugi (2h20). Una navetta gratuita (20 minuti) vi condurrà poi fino al museo. www.adachi-museum.or.jp/en/

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possono ammirare attraverso immense vetrate. Non è possibile restare indifferenti di fronte a tanta bellezza. Al di là della sua disposizione, questo giardino è capace di esprimere la nozione di eternità, nozione che per i giapponesi si manifesta attraverso il cambiamento, il moto permanente (mujo). Vicino ai quadri dove vengono immortalati degli istanti, il quadro vivente rappresentato da questo giardino illustra perfettamente il passare del tempo grazie alle variazioni della natura, sebbene quest’ultime possano sembrare talvolta impercettibili. Raramente mi perdo un’occasione per andarci, durante le diverse stagioni dell’anno, giustamente per meglio lasciarmi avvolgere da questa grazia che dà un senso alla mia esistenza molto più che certi grandi discorsi. Pensateci durante il prossimo viaggio in Giappone. ODAIRA NAMIHEI


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Spesso utilizzata come set cinematografico, la piccola isola è un paradiso da cui non si vorrebbe mai partire.

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hi non ha mai sognato di andare a vivere su un’isola? Ebbene, nel mare Interiore giapponese, questo sogno può diventare ancora realtà. Questo mare ospita un autentico labirinto di isole. Se alcune non sono altro che un lembo di roccia frastagliata, altre sanno restituire l’atmosfera affascinante dell’autentico Giappone rurale. La vita si svolge a un ritmo diverso rispetto al resto del Paese. Il tempo rallenta, così come il traffico. “Amo questi posti perché sono così calmi..” mi ha confidato un giorno una delle mie ex-studenti. “ La notte si fanno sentire solo i grilli. Il luogo poi, è fra i più sicuri del Giappone: usciamo spesso senza chiudere la porta a chiave. “ La giovane parlava di Kurahashi, un’isola situata di fronte alla città portuale di Kure, nella prefettura di Hiroshima. Soltanto un canale largo 90 metri conosciuto sotto il nome di “distretto Ondo” separa la frenetica città da questa magnifica isola. Ogni volta che attraverso il ponte ho l’impressione di penetrare in un altro mondo. Appena giungete al lato opposto del distretto, il ritmo dell’isola prende il sopravvento. Vi ritroverete cosi in un regno di piantagioni di agrumi e risaie strette tra i rilievi delle montagne. Le foreste arrivano fino in riva al mare. Quando giunge la sera, i cinghiali si fanno vivi. Alcune bancarelle di frutta senza venditori si trovano lungo la strada, a intervalli regolari. E’ sufficiente lasciare qualche moneta e servirsi. Dopo la chiusura del cantiere navale, gli agrumi - i mandarini in particolare - rappresentano la principale risorsa dell’isola. Kurahashi è la seconda isola più grande nell’arcipelago delle Geiyo, situato nel mare Interiore occidentale tra le prefetture di Hiroshima e di Ehime. Con una superficie di 69 km2, è due volte più estesa della vicina isola di Miyajima, Nel passato, l’isola era celebre per il suo cantiere navale. A partire dal regno dell’imperatrice Suiko (554-628), gli isolani hanno iniziato a fabbricare le imbarcazioni che trasportavano gli emissari giapponesi in Cina e nel resto del mondo. Ma la vera ragione per cui mia moglie Angeles ed io torniamo a Kurahashi è la spiaggia di Katsuragahama. Tutti abbiamo nel cuore il ricordo di una serie di belle spiagge ammirate nel corso dei nostri viaggi, vero? Questa possiede una dimensione storica e sacra. Si trova a sud dell’isola. La sua bellezza venne celebrata nell’VIII secolo

nel Man’yoshu, la più antica antologia conosciuta di poesia giapponese. In quest’opera un poeta anonimo ha scritto: “Se soltanto la mia vita avesse la grazia e gli innumerevoli anni di questa pineta sull’isola Nagato…” (Nagato è l’antico nome di Kurahashi.) Poco importa il numero di volte in cui siamo venuti qui, avverto sempre la stessa emozione quando attraversiamo la montagna e contempliamo la cittadina dai tetti blu con lo sfondo di isole che si stendono nella nebbia, sul mare illuminato dai raggi solari. Come dice la poesia, esiste ancora quella “piccola pineta” tra la strada e la spiaggia. La leggenda ci narra che ci sono qui 500 pini. Un altro poeta scrisse: “consacrerò la mia vita ai pini della costa di Nagato. Mi chiedo quante generazioni siano state necessarie per farne un’entità divina”. Là dove i pini si confondono con la spiaggia, un immenso torii in pietra compare sulla sabbia bianca. Per coloro che, nei tempi antichi, approdavano

La bellezza dell’isola è celebrata fin dall’ VIII secolo.

qui, il messaggio era chiaro: qui vivono gli dei. Se oggi possiamo ammirare una realtà bucolica, durante l’VIII secolo, Katsuragahama fu il centro nevralgico di un intenso traffico marittimo. Da qui gli emissari giapponesi presero la rotta per Shiragi, in Corea, nel 736. Questo evento permise a Kurahashi di essere citata una seconda volta nel Man’yôshû. Ed è anche la ragione per cui, nel 1944, il governo prefettorale di Hiroshima la designò come sito di interesse storico. Storia a parte, il panorama da solo vale il viaggio, con le sue montagne ricoperte di dense foreste che scendono verso il mare su ognuna delle due estremità di Ka¬tsuragahama, racchiudendo la spiaggia in un’intima baia a mezzaluna. Nelle acque sognanti del mare Interiore, le innumerevoli isole delle prefetture di Ehime, di Hiroshima e di Yamaguchi vanno e vengono nella nebbia mutevole come una flotta di galeoni fantasma. Se venite a metà settimana è facile trovare

un posto all’ombra sotto i pini ed ascoltare il canto delle cicale. Kurahashi non costruisce più navi, ma i suoi legami col mare perdurano. In fondo alla spiaggia troverete il museo di storia della costruzione navale di Nagato. Davanti all’edificio è stata eretta una replica a grandezza naturale dell’imbarcazione utilizzata per il trasporto degli inviati giapponesi in Cina durante la dinastia Tang (618-907). Somiglia a un palazzo galleggiante, con i suoi alberi arancio vivo e la sua linea particolare. Un altro accenno al patrimonio marittimo dell’isola si trova lungo la strada dietro la spiaggia. Lì, tre barche decorate sono ormeggiate in un piccolo riparo di legno per imbarcazioni. Durante la serata del 17 luglio le tre barche escono in mare per il festival di Kangensai a Miyajima. Qui dovranno rimorchiare il Goza-bune, la barca sacra e illuminata, sulla quale alcuni musicisti suonano una musica di corte, il Gagaku. Questo festival risale all’era Heian (794-1185) ed è una delle celebrazioni più importanti di Miyajima. Rilassandovi sulla spiaggia noterete probabilmente in lontananza il ponte di Kashima, risplendente sotto il sole, alla punta sud dell’isola. Se, come me, trovate che i ponti marittimi giapponesi siano irresistibili, fateci un giro prima di lasciare Kurahashi. Incrocerete poche vetture, ma è necessario in ogni caso guidare prudentemente poiché gli anziani del villaggio hanno per abitudine quella di mettere le sedie sulla strada per chiacchierare la sera, rallegrandosi per la brezza leggera. Al crepuscolo, le luci del ponte deserto di Kashima si riflettono sull’acqua come fuochi d’artificio nella notte. Dall’altra parte del ponte si trova l’isoletta di Kashima. Potrete incontrarvici magari qualche giovane intento a pescare, seduto sul molo di cemento, ma perlopiù, il villaggio pare vuoto. Il solo rumore è lo stridore delle boe da ormeggio in polistirolo che sfregano contro gli scafi di legno dei pescherecci, stretti nel piccolo porto. Al ritorno, potrete così raccontare che effetto fa visitare un paese così sovrappopolato! STEVE JOHN POWELL

PER ARRIVARE IN PARTENZA DALLA STAZIONE DI TOKYO, prendete lo shinkansen fino a Hiroshima. Da lì, la linea Kure fino alla stazione di Kure (circa mezz’ora). Gli autobus della linea KureKurahashi si trovano davanti alla stazione, piattaforma 3. Scendete a KatsuragahamaOnsen-kan.

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Angeles Marin Cabello per ZOOM Giappone

Kurahashi, eletta dagli dei


ZOOM INCHIESTA A Kurahashi, avverto sempre la stessa emozione quando attraversiamo la montagna e contempliamo la cittadina dai tetti blu, con le isole all’orizzonte.

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Kyoto, il piacere dei sensi Celebre per i suoi santuari e i suoi templi, l’antica capitale imperiale riserva numerose altre sorprese.

Jérémie Souteyrat per ZOOM Giappone

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Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone

La cucina di Kikunoi è fonte di piacere e gioia.

l telefono, reliquia di un tempo che fu, è ricoperto da un lembo di stoffa beige, non tanto con l’intento di nasconderlo: si vuole semplicemente dissimulare il solo elemento capace di collegare quella stanza al mondo esterno. Da Kikunoi non si mangia, si viaggia. Si entra in un mondo a parte. Il ristorante, situato un po’ fuori dal circuito classico e dalle orde di turisti di Higashiyama, è tuttavia profondamente tipico e locale. Dal 1912 e da tre generazioni, rappresenta l’immagine stessa del lusso alla giapponese: semplicità, qualità e servizio, in un ambiente tradizionale senza fronzoli. Ogni cliente è servito in una delle 11 sale private con vista sul giardino. Quando il primo piatto viene posato in tavola, il viaggio ha inizio. Nel menu invernale, i pesciolini marinati vengono proposti con le uova di merluzzo in terrina e i ravioli di fiore di loto farciti al foie gras dialogano col sorbetto kumquat-wasabi. Con gran dispetto del padre, allora chef del ristorante, il giovane Murata Yoshihiro voleva

L’hotel Hoshinoya Kyoto ha la sede in un’antica dimora del XVII secolo nelle montagne di Arashiyama. 16 ZOOM GIAPPONE N. 11 settembre - dicembre 2018

studiare la cucina francese e a vent’anni ha lasciato Kyoto per Parigi. Qualche anno più tardi è tornato per aiutare il padre. “Smontiamo la tradizione per meglio ricostruirla” afferma adesso Murata, che ha ripreso le redini del ristorante facendogli prendere una direzione più contemporanea, senza tuttavia tradire la tradizione. Oggi può vantare un totale di sette stelle Michelin per i suoi tre indirizzi (due a Kyoto e uno a Tokyo) e figura nelle classifiche dei migliori ristoranti al mondo. Lo chef si reca ogni giorno a piedi dal suo domicilio di Gion al ristorante. Questa camminata di 40 minuti, mattino e sera, rappresenta senza dubbio una fonte di ispirazione per la base della sua cucina kaiseki, adattata ai prodotti di stagione. La sua notorietà lo conduce spesso ai quattro angoli del pianeta, dove raccoglie gli elementi che verranno a completare la sua opera gastronomica senza tempo, ma incredibilmente contemporanea. Capo a ovest, bisogna attraversare la città per raggiugnere le montagne di Arashiyama al tramonto. L’acqua del fiume Oi è turchese in questa stagione, regalando una strana impressione di esotismo in un ambiente familiare. L’imbarcazione avanza lentamente e si allontana



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L’hotel si trova sulla riva del fiume Oi.

Jérémie Souteyrat per ZOOM Giappone

dall’agitazione, mentre il fiume si fa più stretto. Come Chiiro, usciamo nuovamente dal mondo reale per sbarcare qualche minuto più tardi all’hotel Hoshinoya Kyoto. Hoshino Yoshiharu, proprietario del gruppo alberghiero, ha confidato al talento dell’architetto Azuma Rie e del paesaggista Hasegawa Hiroki il rinnovo di un’antica dimora dell’XVII secolo, al fine di trasformarla in un lussuoso resort contemporaneo dove l’artigianato locale tradizionale è sublimato o reinventato. I due giardini, il giardino d’acqua e il giardino nascosto, rappresentano una rivisitazione originale di tecniche secolari. Superbe rocce, di tutte le taglie e forme, guidano il visitatore lungo il percorso nel sito e indicano l’entrata di ogni alloggio. Nelle camere ogni dettaglio è una stupefacente meraviglia, dagli shoji (pannelli scorrevoli) contemporanei agli arazzi karakami, realizzati dal maestro Honjo Takeo grazie a blocchi di legno scolpiti risalenti a 130 anni fa. Il soggiorno è scandito da diverse attività. Se l’incontro con una maiko non accade tutti i giorni, è tuttavia l’iniziazione al kodo, l’arte di apprezzare e distinguere i profumi -la più sconosciuta fra le tre arti tradizionali - (le altre sono la cerimonia del tè e l’ikebana) che merita l’esperienza. Seduti sul tatami si sta ad “ascoltare” diverse fragranze di incenso, dopo aver costruito con cura un mucchietto di ceneri che contribuirà a rafforzare gli aromi dell’incenso posato sulla sommità. Una cena sontuosa preparata dallo chef Kubota Ichiro e una degustazione di nabé all’anatra per colazione verranno ad aggiungere un delizioso tocco finale a questo soggiorno. Mai il gusto di Kyoto si sarà rivelato così vario. JÉRÉMIE SOUTEYRAT

Jérémie Souteyrat per ZOOM Giappone

Sentieri di roccia

INFORMAZIONI PRATICHE KIKUNOI. Con le sue 3 stelle presso il Michelin Kansai, il ristorante di Murata Yoshihiro possiede un sito in francese. http://kikunoi.jp/french/index.html HOSHINOYA KYOTO. L’hotel dispone di un sito informativo in inglese : https://hoshinoya.com/kyoto/en/

Gli ospiti sono accolti a suon di musica.

18 ZOOM GIAPPONE N. 11 settembre - dicembre 2018



ZOOM CULTURA Il Giappone di Maraini

MOSTRA

MOSTRA Il

Fino al 20 ottobre, presso l’Istituto Giapponese di Cultura, sarà possibile visitare Endocosmo Maraini – Il Giappone di Fosco Maraini, una mostra dedicata al famoso antropologo e fotografo. Curata dalle nipoti Nour Melehi e Mujah Maraini-Melehi, questa mostra ripercorre visivamente l’esperienza umana ed estetica di Maraini in Giappone, proponendo una selezione di oltre quaranta fotografie (bianco/nero e colore) provenienti dall’archivio privato della famiglia e dagli Archivi Alinari. Accanto alle immagini, saranno presenti testimonianze e ricordi delle sue figlie, Dacia e Toni Maraini, testi di Giorgio Amitrano, Gloria Manghetti, direttrice del gabinetto Vieusseux di Firenze, e un montaggio video della regista Mujah Maraini-Melehi. Istituto Giapponese di Cultura, via Gramsci 74, Roma. www.jfroma.it/endocosmo-maraini

Le Gallerie delle Prigioni di Treviso presenta fino al 4 novembre I Say Yesterday, You Hear Tomorrow. Visions from Japan. L’esposizione partirà dall’era atomica, con testimonianze dalle collezioni Hiroshima/Nagasaki e Ainu, per sviluppare una riflessione sul futuro del Giappone. Visions from Japan esamina la vita frenetica nella megalopoli, il rapporto tra natura e tecnologia, tra tradizione e innovazione, la ritualità e i fermenti della cultura pop che divengono oggetto dell’indagine degli artisti sotto diverse forme. Installazioni, pittura, scultura, video

Matsumoto Leiji a Lucca

MANGA

Giappone fra passato e futuro

Yamato, mentre in Italia è conosciuto sopratutto per la saga di Capitan Harlock. Matsumoto ha ricevuto premi e onorificenze in tutto il mondo, tra cui la Purple Medal of Honour in Giappone e l’Ordre des Arts et des Lettres in Francia. Oltre a Matsumoto, ci saranno altri due ospiti dal Giappone: Ikemoto Mikio (Boruto) e Ito Junji (Tomie). https://www.luccacomicsandgames.com

Akiyama Nobushige a Trieste

ARTE

Il grande Matsumoto Leiji sarà ospite di Lucca Comics & Games, la cui edizione di quest’anno si svolgerà dal 31 ottobre al 4 novembre. Matsumoto ha debuttato nel 1954 ancora liceale, vincendo a un concorso il primo premio per il suo lavoro “Le avventure di un’ape” (“Mitsubachi no Bouken”). Ha prima lavorato agli shojo manga per passare in seguito alle serie per ragazzi, specializzandosi in quelle di fantascienza che lo hanno reso celebre. I suoi capolavori riconosciuti, caratterizzati da un tratto più attento alle suggestioni che al realismo, sono Galaxy Express 999 e La corazzata

Fino al 14 ottobre, presso il Civico Museo d’Arte Orientale di Trieste, sarà possibile visitare la mostra La nave di carta – Opere di Nobushige Akiyama. Per il Museo di Trieste l’artista ha realizzato un’installazione apposita trasformando una sala espositiva in un ambiente magico in cui la luce, il suono e la percezione visiva risultano alterate. La carta che proviene da frutti della terra, diviene veicolo di dialogo con lo spettatore che è sollecitato a distaccarsi dalla realtà per immergersi in quella naturale. Oltre all’installazione sono in mostra una trentina di opere: sculture e rilievi in carta dalle forme metamorfiche e una serie di lavori in carta e resina in cui il dialogo tra i due materiali così diversi sottolinea la complessità del mondo contemporaneo e l’esigenza di una ricerca di equilibrio.

20 ZOOM GIAPPONE N. 11 settembre - dicembre 2018

e musica accompagnano lo spettatore in un viaggio alla scoperta delle radici della modernità. Oltre ai pezzi della collezione, anche contributi di artisti ospiti: Nobumichi Asai, Don’t Follow the Wind, Taro Furukata, Shigetoshi Furutani, Jacob Hashimoto, Yutaka Inagawa, Hiroyuki Masuyama, Keita Miyazaki, Adoka Niitsu, Kenichi Ogawa, Junya Oikawa, Shu Takahashi, Masahiro Usami. Ingresso libero. Gallerie delle Prigioni, piazza Duomo 20, Treviso. Martedì-venerdì 14:30-19:00, sabato e domenica 10:00-19:00. http://imagomundiart.com/museum

Ingresso libero. Civico Museo d’Arte Orientale, via San Sebastiano 1, Trieste Martedì-giovedì 10:00-13:00, venerdì e sabato 16:00-19:00, domenica 10:00-19:00, lunedì chiuso. www.museoarteorientaletrieste.it

Cosplay a Romics 2018

OTAKU

La XXIV edizione di Romics si tiene dal 4 al 7 ottobre e conferma l’atteso appuntamento con il Romics Cosplay Award, la prestigiosa sfilata dedicata alle grandi selezioni internazionali dove i cosplayer di tutta Italia, gareggiando a suon di costumi e show, sono chiamati a sfidarsi sul palco di Romics per rappresentare l’alto livello del cosplay Italiano. Nella vita di tutti i giorni sono persone come tante altre, ma nelle fiere e nelle convention a tema si trasformano con sorprendente destrezza in eroi e protagonisti di film, fumetti e cartoni animati. La rassegna di quest’anno viene ospitata in una sala da 10.000 posti. Il Romics Cosplay Award offrirà la possibilità di partecipare alle selezioni internazionali per il World Cosplay Summit 2019 di Nagoya, in Giappone, e per la Yamato Cosplay Cup International 2019 di San Paolo, in Brasile. https://www.romics.it/it



ZOOM CULTURA

serie conquista il Giappone

A ottobre i giapponesi potranno godere dell’adattamento televisivo di Radiant, il manga made in France di Tony Valente.

D

alla sua uscita in Francia, nel luglio 2013, la serie Radiant, edizioni Ankama, ha raggiunto le 200.000 copie. Il manga con i suoi nove volumi in francese (sei quelli tradotti in italiano), di cui l’ultimo uscito a maggio, continua ad avere sempre nuovi fans in tutto il mondo. Radiant, ormai tradotto in varie lingue, fa parte dei rari manga e fumetti francesi che dispongono di una versione giapponese, che, dal 2015, ha già venduto oltre 65.000 copie (sette volumi sono anche in versione dorata e già disponibili nella lingua di Mishima). Una delle primissime lettrici giapponesi è stata Yonemura Yuko, produttrice della NHK, fin da subito colpita dalla trama e dalla caratterizzazione dei personaggi, soprattutto da Seth, l’eroe della serie; “Alla NHK abbiamo da sempre una tradizione di diffusione di anime pensate apposta per il pubblico dei più giovani, per questo siamo sempre alla ricerca di novità. Quando abbiamo scoperto Radiant, appena uscito in libreria in Giappone, tutto lo staff ha avuto un colpo di fulmine, ne abbiamo letto uno dietro l’altro, condividendo il medesimo entusiasmo per un prodotto di reale qualità”. Innamorata di Radiant, Yonemura Yuko inizia

ad immaginare per lo studio NHK un adattamento dell’opera francese: una novità assoluta per un manga arrivato dalla Francia. “Ciò che ci è fin da subito piaciuto in Radiant sono state la trama e la caratterizzazione dei personaggi,

accompagnata da una visione manicheista del mondo che arriva dritta al cuore dei bambini. Pur essendo chiaramente sulla scia dei grandi classici del manga shonen, come noi lo concepiamo in Giappone, ci sono delle tematiche proprie

Radiant di Tony Valente © Edizioni BF Publishing

MANGA La

Il volume 5 du Radiant è uscito a settembre, diciotto mesi dopo l’uscita del primo.

DOVE STAI ANDANDO? Il tuo futuro per noi è IMPORTANTE Vieni a scoprire nuove opportunità di carriera con il Master in Global Business Japan! www.unive.it/japan 22 ZOOM GIAPPONE N. 11 settembre - dicembre 2018


ZOOM CULTURA

Radiant par Tony Valente © Ankama Éditions (Francia)

a Radiant, messaggi forti e interessanti rispetto al razzismo e alla discriminazione, che accompagnano le avventure di Seth”. La produttrice sorride compiaciuta: l’attesa attorno a questo anime, che sarà diffuso sul canale educativo NHK E dal prossimo ottobre, è grande, e per lui sarà la prova di un successo non solo in Giappone, ma nel mondo. “Radiant, pur rispettando il più puro e autentico spirito del manga giapponese, innova e evolve verso un universo fantastico, ricco e appassionante, tutto da scoprire. Per questo sono persuasa che piacerà ai bambini non solo giapponesi, ma di tutto il mondo”. Concretamente, come è riuscito il lavoro del tolosiano Tony Valente, autore della serie, a conquistare il cuore dei produttori giapponesi della NHK? Per comprendere il percorso non comune di questo manga francese bisogna tornare indietro di qualche anno. La storia del successo di Radiant comincia nel luglio 2013, quando uscì il primo volume per Ankama edizioni; l’opera racconta le avventure di Seth, un aspirante stregone della regione di Pompo Hills, che, come tutti gli stregoni, è anch’esso “un maledetto”, ovvero una delle poche persone sopravvissute al contatto avuto con uno dei cattivi, i Nemesis. La sua apparente immunità e la sua temerarietà gli fanno scegliere la sua strada: la lotta contro questi stregoni. Egli stesso perseguitato dall’Inquisizione, cerca il Radiant, la “tana” dei Nemesis, con l’obiettivo di distruggere e liberare definitivamente il mondo dalle forze del Male. L’universo fantastico, ricco e colorato nel quale si svolge l’intrigo, promette molti colpi di scena, nonostante i riferimenti agli eroi classici degli anime quali Dragon Ball Z, Naruto o One Piece, di cui Tony Valente è un grande ammiratore e profondo conoscitore. Il trentaquattrenne mangaka francese è stato cresciuto nel culto dell’animazione giapponese e racconta con piacere di aver scoperto i disegni animati giapponesi al Club Dorothée, quando era ancora un bambino, e cita, tra i manga che

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Tokyo international comic festival

ZOOM CULTURA

Radiant, Tony Valente, ed. it. Mangasempai.

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più l’hanno influenzato, i grandi classici, tra cui anche Full Metal Alchemist. Tutti questi sono pietre miliari del manga detto“shonen”, avventure destinate ai ragazzi più giovani, i preadolescenti. Dalla sua uscita nel 2013, Radiant è stato un successo e Tony Valente, atteso in Giappone in autunno per il lancio della diffusione televisiva delle anime, vive ora a Montréal, in Canada, dove sta lavorando al volume dieci delle avventure di Seth. Frédéric Toutlemonde, responsabile della casa editrice Euromanga e detentore dei diritti di Radiant per il Giappone, è molto contento per questo risultato: “I produttori di NHK sono stati colpiti innanzitutto dal manga in sé, un racconto avventuroso con personaggi particolari che fanno comunque riferimento ai grandi classici del genere shonen. Un tipo di storie per il pubblico dei più giovani che non risente troppo dell’influenza della produzione giapponese attuale, questo è piaciuto alla produttrice: la possibilità di realizzare una serie TV che, pur rispettando i canoni estetici del shônen, avesse degli elementi fortemente innovativi”. Un altro punto forte che ha conquistato i giapponesi è, secondo lui, “l’attenzione a tematiche più adulte come l’immigrazione, il pregiudizio e l’esclusione; Seth, l’eroe, viene da una famiglia di stregoni immigrati, quindi il razzismo è parte integrante del racconto”. Yonemura Yuko concorda con questo, “Per noi le questioni sociali che questo manga solleva sono fondamentali; insieme all’aspetto del divertimento è essenziale che i personaggi abbiano carattere e personalità forti: una storia intrigante e divertente che veicoli però anche dei messaggi significativi. L’aspetto pedagogico è inerente agli obiettivi del nostro lavoro”. In Giappone più di cento persone tra disegnatori, produttori e professionisti dell’animazione hanno partecipato a questo progetto, lavorando a stretto contatto con Tony Valente, affinché il risultato restasse fedele al lavoro creativo autoriale. “Ogni settimana abbiamo fatto delle chiamate Skype per discutere ogni punto e verificare la comprensione di ogni passaggio della storia”, precisa


la produttrice. La stagione 1 comprenderà 21 episodi e debutterà ad ottobre in Giappone, con una diffusione settimanale sul canale NHK E; se avrà successo seguiranno altre stagioni, già in preparazione. Il cartone animato e il manga made in France hanno ottime possibilità di conquistare il mercato, come spiega la produttrice: “Ad oggi il pubblico giapponese non ha accesso ad un’ampia scelta di fumetti tradotti in giapponese, benché ci sia interesse e richiesta; la serie Lastman o Blacksad, o le opere di Nicolas de Crécy, sono esempi di successo di una nuova generazione di autori francesi che realizza manga caratterizzati dalla sensibilità e dalla cultura europea che tanto amiamo noi in Giappone. Tony Valente ha letto tantissimi manga, ha visto altrettante anime, è cresciuto con l’animazione giapponese, e questo emerge in ogni dettaglio del suo lavoro, infatti il fatto di essere un prodotto francese non ha influito sul nostro processo di lavoro”. Una sfida per una nuova generazione di disegnatori francesi, quello di scegliere di continuare con questo tipo di racconto, un omaggio ai maestri giapponesi dello stile shonen, come spiega Frédéric Toutlemonde. ”Una rarità nell’arcipelago, attualmente, e NHK ha visto esattamente le potenzialità di

Eric Rechsteiner per Zoom Giappone

ZOOM CULTURA

YONEMURA Yuko e FUJITA Yusuke, produttori della serie Radiant adattata dall’omonimo manga di Tony Valente.

Radiant, tanto da produrre una serie TV, che, pur facendo riferimento alla tradizione, ha saputo

innovare, inglobando anche una prospettiva pedagogica.” JOHANN FLEURI

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ZOOM CUCINA IMPEGNO E PASSIONE

Un casaro antropologo

Yoshida Zensaku, molto impegnato nella produzione casearia, diffonde il suo savoir-faire in Nepal e in Buthan.

SEKIGUCHI Ryôko per ZOOM Giappone

U

n contadino giapponese che parte in Nepal e in Bouthan per insegnare le tecniche di produzione del formaggio italiano a dei pastori… basterebbe questo per fare un bell’articolo di giornale, ma non stiamo parlando di un singolo e lodevole esempio umanitario. Yoshida Zensaku, a capo della fattoria Yoshida con la sua famiglia, è un uomo che ama lo scambio anche quando si trova a casa sua in Giappone, nelle montagne di Okayama. Lui è, infatti, sia il precursore nipponico della produzione del famoso formaggio italiano caciocavallo, sia un vero contadino che alleva in maniera naturale le mucche della razza Brown Swiss da cui ricava la materia prima per i suoi prelibati formaggi. Un vero lavoratore, che ha costruito da solo, con le proprie mani, la sua casa con il forno per il pane e la cantina per i formaggi, mentre la moglie Chifumi si occupava dell’orto e il figlio Genya della produzione di formaggi francesi. Gli chef dei migliori ristoranti arrivano da tutto l’arcipelago per procurarsi i suoi ottimi prodotti caseari. Yoshida Zensaku è anche un uomo con uno sguardo da antropologo che ama andare per il mondo alla ricerca dei diversi sistemi di allevamento e di produzione di formaggi e sono state questa curiosità e questa passione ad averlo condotto ad un giorno in Nepal per incontrare degli allevatori. La prima volta fu nel 1998, per insegnare il metodo di produzione del caciocavallo nel villaggio di Lantan, poi vi si recò nel 2015, a seguito del terremoto e della valanga che ne causarono la distruzione. Propose in quel momento di costituire un consorzio per far fronte comune al pericolo incombente che aveva messo a repentaglio il mestiere dei pastori iniziando una produzione di formaggio da vendere agli alpinisti, con l’obiettivo di far perpetuare questa

Per Yoshida Zensaku il formaggio è un eccellente mezzo che favorisce gli scambi.

antica tradizione. Per quanto riguarda il Buthan, Yoshida Zensaku si era recato inizialmente nel paese per cercare un formaggio che risultava solo nei documenti e di cui nessun giapponese aveva mai fatto esperienza. Lui, pur di scovarlo, è salito oltre i 4000 metri! Per diversi anni Yoshida Zensaku si è recato in Buthan per imparare la lavorazione dei formaggi locali, sino a quando la nonna del re, fondatrice di un’associazione di aiuto al reinserimento lavorativo di giovani disoccupati, gli ha chiesto di insegnare loro le tecniche da lui apprese… non prima di averle insegnate anche allo chef del re! Alla domanda se sia difficile insegnare ad un debuttante l’arte casearia, egli risponde così: “preparare del formaggio non è difficile, ma allevare delle mucche sì, nessun prodotto vale la materia prima utilizzata per produrlo. Nel caso del Nepal i pastori conoscono

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bene il latte dei loro dzomo (un animale tra lo yak e la mucca), quindi lasciano il formaggio affumicare naturalmente all’interno delle loro case, trasformandolo così in una sorta di scamorza, un caciocavallo affumicato, il cui gusto è eccellente. Dal punto di vista storico il caciocavallo è uno dei più antichi formaggi ed è sufficiente una pentola per prepararlo. Ho imparato più io da loro che essi da me, mi sono avvicinato ai pastori del Buthan con quello che sapevo fare, il formaggio appunto, e loro mi hanno insegnato la loro filosofia di vita, il loro pensiero; quindi se produrre del formaggio è trasmettere un sapere e un pensiero, allora insegnarne l’arte di prepararlo potrebbe essere una sorta di dialogo.” Il prossimo anno Yoshida Zensaku ritornerà in Buthan per proseguire questo dialogo attorno alla produzione del cosiddetto “caciocavallo locale”. SEKIGUCHI RYOKO


ZOOM CUCINA L A RICETTA DI HARUYO Chicken burger teriyaki

MAEDA Haruyo per ZOOM Giappone

(Chikin fire baga)

PREPARAZIONE 1 - Appiattire i petti di pollo prima di tagliarli a metà 2 - Mescolare tutti gli ingredienti per la marinatura 3 - Mettere il pollo a macerare per circa 2 ore (l’ideale sarebbe farlo la sera prima) 4 - In una pentola mescolare a freddo tutti gli ingredienti per la salsa e poi far bollire il tutto mescolando con una frusta. Mettere da parte. 5 - Infarinare il pollo ben macerato nella marinatura e poi passarlo nell’uovo sbattuto. Friggere in olio bollente per 5/6 minuti. 6 - Tostare il pane in una padella. 7 - Disporre il pollo fritto sul pane, aggiungere la salsa e infine la maionese. 8 - Disporre la lattuga e poi l’altra metà di pane. 9 - Servire subito.

INGREDIENTI (per 4 persone) 2 petti di pollo (circa 700 g) 4 panini per burger 2 grandi foglie di lattuga Un po’ di farina 1 uovo

Per la marinatura 2 cucchiai di maionese 1 cucchiaio di mostarda 1 cucchiaio di sakè o di vino bianco 1 cucchiaino di zenzero grattugiato

Per la salsa 2 cucchiai di salsa di soya 2 cucchiai di sakè o di vino bianco 1 cucchiaio di zucchero 1 cucchiaio di liquore di riso (mirin) 1 cucchiaio d’acqua 1 cucchiaino di fecola Un po’ di maionese

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Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone

In questa parte del Giappone la neve è abbondante e occorre una notevole abilità per potersi spostare.

SCOPERTA Nel

paese dei Matagi

Nel nord ovest del paese i cacciatori tradizionali preservano le loro tecniche ancestrali, pur aprendosi a qualche novità.

A

Saito Shigemi, esperto cacciatore di 68 anni, è sufficiente un semplice sguardo al terreno innevato delle sue montagne per riconoscerne ogni traccia nascosta: “ecco due lepri, sono salite verso la cima per trovare un rifugio”, mormora con l’accento grave del nord del Giappone. Al suo fianco c’è Ebihara Hiroko, la sua giovane allieva di 33 anni, che lo ascolta atten-

tamente; nel silenzio assoluto della gola innevata i due avanzano verso la cima, alla ricerca degli animali nascosti all’ombra dei tronchi. “In inverno le lepri diventano tutt’uno con l’ambiente grazie alla loro pelliccia bianca, bisogna quindi fare attenzione alle punte delle orecchie e agli occhi, che restano neri”, afferma il cacciatore mentre sale sul pendio con passo leggero, malgrado la neve compatta. Saito Shigemi e Ebihara Hiroko fanno parte degli ottanti matagi che abitano a Oguni, una cittadina di settemila abitanti, alle pendici di due massicci coperti di neve. In questa regione del nord del

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Giappone i cacciatori tradizionali, conosciuti per la loro cultura animista, in inverno cacciano non solo lepri e fagiani, ma anche gli orsi. Tra loro Ebihara Hiroko rappresenta un’eccezione; questa piccola donna, che parrebbe una maestra di scuola elementare, è probabilmente la prima a scalare i ranghi dei matagi, fino ad oggi riservati esclusivamente agli uomini. “Si ritiene che la divinità delle montagne sia una dea, prima era infatti sconsigliato portare delle donne a cacciare, si temeva che questo potesse far ingelosire la divinità, portando sventura”, spiega Saito Shigemi, con una sigaretta in bocca e lo sguardo penetrante.


Ci sono voluti in effetti tre anni prima che lei potesse partecipare alla caccia all’orso al pari degli uomini matagi, nel mondo di questi cacciatori tradizionali le donne sono considerate quasi delle intruse. Una volta si proibiva persino di avere rapporti sessuali nel mese prima di partire per le montagne: per i matagi la caccia rappresentava un simbolico matrimonio con la dea che venerano così tanto. “Ecco perché prima di andare in montagna bisognava essere puri”, aggiunge Saito Shigemi. Come ha fatto allora Ebihara Hiroko a farsi strada nel mondo dei matagi? La sua storia comincia dieci anni fa, quando era una studentessa di pittura giapponese a Yamagata, una città a quaranta chilometri a nord-est di Oguni; lavorava molto sugli animali dello zoo, ma, secondo lei “mancava qualcosa, una specie di vitalità, probabilmente la forza stessa della natura, propria degli animali selvaggi”. Un giorno, il suo professore, esperto della cultura dei matagi, le propose di seguire una spedizione di cacciatori. “Per me era prima di tutto un’occasione per osservare gli animali in libertà e nel loro habitat”, ci ricorda Ebihara, che accettò all’istante, non potendo immaginare che dieci anni dopo avrebbe percorso le montagne con i matagi. Una volta sulle montagne rimase impressionata dalla loro minuziosa conoscenza dell’ambiente e degli animali: “Un buon matagi- spiega Saito Shigemi- deve imparare a conoscere perfettamente l’ambiente in cui si trova”. Saito, che vaga per le montagne in compagnia del suo fucile da quando era bambino, conosce a memoria l’ubicazione delle sorgenti, i luoghi più pericolosi all’arrivo dell’inverno o ancora come dedurre la taglia di un orso osservando le sue tracce. “Sono delle persone capaci di arrampicarsi su un pendio innevato come se nulla fosse!” esclama Ebihara Hiroko. Effettivamente, da dicembre ad aprile, qualsiasi cosa è ricoperta di neve, addirittura fino a quattro metri in certi punti, ci vuole quindi una certa abilità anche solo per potersi spostare tra i monti. Il suo maestro, Saito Shigemi, è uno degli ultimi

Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone

ZOOM VIAGGIO

Ci sono voluti dieci anni ad Ebihara Hiroko per essere ammessa in questo mondo, fino ad ora riservato esclusivamente agli uomini.

ad aver vissuto nell’epoca in cui i matagi vivevano ancora vendendo pellicce e fegato d’orso; oggi le proprietà medicinali di quest’organo sono messe in forte dubbio, ma allora, prima degli anni ‘50, esso valeva “quanto l’oro” spiega con nostalgia il vecchio cacciatore. Nella cultura matagi, l’orso è

un animale speciale, perché permetteva di arricchire il villaggio intero e di sopravvivere al rigido inverno, valeva quindi la pena passare una settimana nelle montagne pur di catturarlo. “Ci si nutriva come si poteva e con quello che si cacciava, di notte ci si scaldava con un fuoco da campo”

settembre - dicembre 2018 N. 11 ZOOM GIAPPONE 29


Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone

ZOOM VIAGGIO

Ogutan, capostazione onorario, originario di Oguni.

aggiunge. All’epoca i matagi comunicavano tra loro durante la caccia in una lingua particolare, derivata dal dialetto degli ainu, un popolo che viveva nella regione. “Quando ero giovane evitavo di parlare in questa lingua poiché la punizione, in caso di un errore, era infatti pesantissima: dovevi gettarti nel fiume per farti perdonare”, spiega Saito. Il matagi racconta di aver affiancato dei cacciatori leggendari, capaci di scovare degli animali nascosti dietro ai tronchi fino a due chilometri di distanza e senza binocolo; questi anziani gli hanno raccontato dell’epoca in cui i cacciatori usavano delle lance per abbattere gli orsi. Quando Ebihara Hiroko si avvicinò ai matagi, il loro mondo magico e antico era ancora chiuso alle donne. All’inizio poteva certamente seguirli, ma soltanto perché il suo professore conosceva bene i cacciatori e il maestro Saito, che così spiega le difficoltò iniziali: “non mi disturbava che lei venisse con noi, che ci osservasse, ma i più anziani erano diffidenti verso le donne, volevano far rispettare la tradizione”. Inizialmente i matagi la accettavano soltanto quando cacciavano degli animali semplici, come delle lepri: “era quasi una gita, non mi trattavano come una adulta”, scherza la giovane cacciatrice. Per diventare una matagi a pieno titolo ha seguito una strategia: “Ho cercato di accompagnarli il più possibile per le montagne, perché imparassero a conoscere almeno il mio nome e il mio viso, era molto importante, se non altro per mostrare che potevo marciare senza essere aiutata”, confida Ebihara. Seguendoli, è rimasta affascinata dalla loro cultura, specialmente dalla concezione della natura. “Non

pensano che le montagne siano una loro proprietà, le considerano un tesoro tramandato dagli antenati, che devono trasmettere alle generazioni future; per questo non catturano mai troppi animali, per loro non ha senso”, spiega la giovane cacciatrice. Anche cacciare l’orso, animale simbolico, è considerato un “duello”. “Prima della caccia, impiegano molto tempo per andare all’altare della dea e pregare davanti a lei; sarebbe certamente più semplice usare delle trappole, ma non se ne servono, per loro sarebbe meschino”. Nonostante il sessismo ancestrale, questo mondo ha sedotto profondamente Ebihara Hiroko, cresciuta ”nell’assenza di un contatto con la natura”, nella città di Kumamoto, nel sud dell’arcipelago, “volevo continuare a seguirli e imparare tutto quello che sapevano sulla natura”. La sua ostinazione ha infine portato a dei risultati: “alcuni temevano che la sua presenza potesse portare sfortuna, ma tutto è andato per il meglio ” spiega Saito Shigemi. Se è riuscita a diventare matagi lo deve anche ad un colpo di fortuna, infatti ogni volta che accompagnava i cacciatori, questi prendevano degli orsi. “Alcuni dicevano che c’era qualcosa di bizzaro”, aggiunge Ebihara Hiroko, con un certo sarcasmo. Tre anni più tardi, nel 2010, ha ufficialmente ottenuto la sua licenza di caccia e ha fatto domanda d’ ammissione al club dei cacciatori locali. Una semplice pratica amministrativa, ma molto importante per lei. Al seguito della riunione i matagi hanno deciso di accettarla, facendola partecipare alla festa di capodanno del club in qualità di nuovo membro. “Ora non sono più

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una dilettante, sono responsabile di quello che faccio”, si diceva allora. Sette anni più tardi era capace di cacciare delle lepri da sola. “È una buona matagi e in più assorbe come una spugna qualsiasi cosa io le dica”, commenta il suo maestro, “il fatto che sia una donna non dà più alcun problema”. “Ormai non conta più”, taglia corto Ebihara Hiroko, “caccio come tutti, mi darebbe fastidio se fossi trattata diversamente solo perché sono una donna”, prosegue. Se i matagi di Oguni hanno preso questa decisione storica, bisogna dire che è stato anche per salvare la loro stessa cultura. Infatti nessuno vive più di caccia dal 1950, dopo la quasi totale sparizione delle pellicce dal mercato, causata dall’avvento dei tessuti sintetici. Il fegato d’orso si può ancora vendere ma il prezzo continua a calare drasticamente. L’attività è ormai un semplice “hobby” e i matagi lavorano in settimana negli uffici, come tutti gli altri. Lo spopolamento della regione e l’invecchiamento della popolazione rendono la situazione ancora più critica, da quattrocento cacciatori nel 1975, non sono oggi che ottanta, con un’età media superiore ai 60 anni. Ormai sembra che sia giunto per i matagi il turno di essere minacciati di estinzione, mentre il numero di orsi bruni in Giappone resta stabile o addirittura cresce. L’allora capo dei matagi, Saito Kaneyoshi, ben conscio di queste dinamiche, ha insistito per accogliere Ebihara Hiroko; “Se rifiutiamo persone come lei, interessate alla nostra cultura, presto non potremo più cacciare”, ha sostenuto davanti agli anziani che la rifiutavano in quanto donna. “Ancora oggi molti pensano di non poter più nulla di fronte alla sparizione delle loro tradizioni, ma io non voglio assolutamente che svanisca” afferma Ebihara Hiroko. Per passare più tempo con gli altri matagi si è trasferita a Oguni, dove lavora in comune. “E’ giunto il momento di passare il testimone ai giovani, devo trasmettere loro tutto ciò che so”, confida invece Saito Shigemi. Fortunatamente ormai è quasi una moda interessarsi alle culture minoritarie regionali, già una decina di persone non originarie di Oguni sono diventate dei matagi. Ebihara Hiroko dal canto suo cerca invece di attirare degli studenti attraverso il suo vecchio professore “se sono i più anziani a parlare, non funzionerà, tocca a me far valere la mia giovinezza” dice sorridendo. YAGISHITA YUTA

COME ARRIVARE PARTENDO DA TOKYO, Potete prendere la linea di shinkansen Yamagata fino a Yonezawa (2 h) poi la linea JR Yonesaka fino a Oguni (90’). È possibile utilizzare la linea di shinkansen Joetsu fino a Niigata (2 h), dove cambierete per la linea JR Uetsusen fino a Sakamachi (1h), per poi prendere infine la linea JR Yonesaka fino ad Oguni (45’). www.town.oguni.yamagata.jp



Il divertimento è sul ring: il Grande SUMO su NHK WORLD-JAPAN In d diretta iretta e on d demand emand d durante urantte tut tutti tti i S Sei ei TTornei ornei

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