VOCI DIAMO
VOCE
SETTEMBRE 2014
AI
DIRITTI
UMANI
NUMERO 0 - ANNO 1
GAZA CRISI SENZA FINE
GAZA CRISI SENZA FINE
VOCI Rivista del Centro di Documentazione per la Promozione e l’Educazione alla Tutela dei Diritti Umani “Peter Benenson”
COMITATO DI REDAZIONE Giuseppe Provenza Responsabile della Redazione Liliana Maniscalco Responsabile Regionale di Amnesty International Daniela Conte Responsabile del Centro di Documentazione per la Promozione e l’Educazione alla Tutela dei Diritti Umani “Peter Benenson” Ignazio Morici Responsabile Relazioni Esterne e Comunicazione di Amnesty International in Sicilia
COLLABORANO Caterina Altamore, Aurelio Angelini, Clelia Bartoli, Giorgio Beretta, Daniela Brignone, Elisabetta Campus, Paola Caridi, Francesco Castracane, Giovanna Cernigliaro, Vincenzo Ceruso, Cissé Mouhamed, Marta D’Alia, Luciana De Grazia, Aristide Donadio, Vincenzo Fazio, Javier Gonzalez Diez, Giuseppe Carlo Marino, Monica Mazzoleni, Maria Grazia Patronaggio, Paolo Pobbiati, Rossella Puccio, Daniela Tomasino, Fulvio Vassallo Paleologo
www.amnestysicilia.org ai.sicilia@amnesty.it Via Benedetto d’Acquisto 30 90141 Palermo
Finalmente ci siamo. identitarie erano stati arrestati Per tanti anni Amnesty International senza avere mai usato la violenza in Sicilia ha progettato di potere o averne invocato l’uso - e lancia offrire, attraverso il suo Centro di la sua prima campagna “Appello Documentazione ed Educazione ai per l’amnistia” dando vita ad un Diritti Umani “Peter Benenson”, effetto domino internazionale e news agli iscritti della biblioteca, forse inimmaginabile anche per agli associati, ai docenti della lui. sua rete e a tutti i simpatizzanti Tuttavia qualche novità rispetto che, nel corso del tempo, hanno alla consuetudine c’è. manifestato interesse verso Il “Benenson” ha infatti l’organizzazione e le sue iniziative. recentemente costituito un Esse rappresentano comitato di esperti che si propone, indiscutibilmente un tra i suoi obiettivi, anche quello di completamento dei servizi donare la propria competenza alla che la struttura eroga già sul tutela e alla lotta alle violazioni territorio siciliano in tema di attraverso questo che speriamo educazione, cultura, archivistica e si riveli strumento di semplice e biblioteconomia dei diritti umani. immediata fruibilità. Oggi, sebbene in forma non Alcuni degli autori di cui leggerete troppo cadenzata, perché gli scritti sono attivisti di sempre compatibile con le attività di che, con il passare degli anni, una redazione di volontari, hanno approfondito la conoscenza diamo principio alla diffusione della situazione geopolitica di una dei temi e delle questioni di cui data zona del mondo o dello stato si occupa l’associazione anche di diritto relativo al rispetto di una con il primo numero di “Voci”, particolare categoria di persone rivista aperiodica dedicata a temi, e hanno assunto la posizione di attività e percorsi a protezione specialisti sulla propria materia della integrità e della dignità della all’interno della sezione nazionale persona. del movimento, finendo poi per Tutto secondo un ordine logico diventare esperti fortemente e insito nella natura di questo rappresentativi. movimento, si potrebbe dire, Altri sono figure non considerando che l’atto di amnestiane docenti universitari, componenti nascita di Amnesty International internazionalisti, è ancora stampato a chiare del mondo del volontariato e lettere sulle pagine dell’Observer della società civile, appassionati del 28 maggio 1961 quando e studiosi di discipline umane Peter Benenson, che poi divenne che si spendono, a prescindere il fondatore di una comunità dal cappello sotto cui agiscono, mondiale di milioni di difensori utilizzando i metodi più diversi dei diritti umani, gente comune e partendo dalle opinioni più per la gente comune, porta sotto disparate, per un mondo dove le luci della ribalta più oscura “Tutti gli esseri umani nascono due giovani studenti universitari liberi ed eguali in dignità e diritti”. che, per avere brindato alla libertà Vi invitiamo a seguire la delle colonie portoghesi, Salazar divulgazione di “Voci” per dittatore, vengono incarcerati, con scoprire chi sono queste persone, un atto dall’ingiustizia più palese. che ringraziamo per il loro Grazie ad una lettera al direttore essere al nostro fianco, che ad della testata, Benenson rivela al alto tasso di motivazione e a titolo completamente gratuito mondo l’esistenza e la storia dei prigionieri dimenticati - coloro che che agiranno anche attraverso in ragione delle proprie opinioni altri canali, oltre a questo che vi e delle proprie appartenenze presentiamo nella sua prima veste. Voci [ Settembre 2014 - N. 0 / A. 1 ] 2
SOMMARIO
Il comitato, infatti si adopererà in altre attività. Fornirà strumenti ai docenti di ogni ordine e grado per portare i diritti umani nella quotidianità dei loro gruppi di apprendimento, sosterrà l’attività di conferenza che è rivolta alla cittadinanza, erogando interventi pubblici nell’ambito di iniziative di Amnesty International e pubblicherà ulteriori occasionali approfondimenti sul sito del Centro di documentazione in una sezione appositamente realizzata, www.amnestysicilia.org. Il comitato animerà, in buona sostanza, ancora e ancora il dibattito sui diritti umani accendendo i riflettori sulle questioni più pregnanti. In particolare, attraverso “Voci”, punterà lo sguardo del lettore su fatti dell’attualità internazionale, sui prodotti culturali, come libri, riviste, film e produzioni artistiche in genere, che trattino i diritti umani, sulla lettura che le varie discipline, come l’antropologia, la sociologia o la psicologia, danno dei fenomeni connessi alla tutela e alle violazioni, sulle metodologie educative e sulle iniziative di Amnesty International sul territorio siciliano. Speriamo che questo prodotto possa dare un apporto reale agli interessati e agli operatori della cultura perché si possa, con certosina quotidianità, contribuire al cambiamento necessario per un rispetto fattivo dal primo all’ultimo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del 1948, un documento tanto fondante per l’epoca contemporanea, quanto purtroppo al momento ancora gravemente disatteso nei principi cardine. Buona lettura.
Liliana Maniscalco - Responsabile Regionale di Amnesty International
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IN QUESTO NUMERO 4
Ucraina oggi: legalità da ripristinare
di Giuseppe Provenza
6 Gaza
di Mouhamed Cissé
8
I diritti delle donne a Palermo
10
L’unione europea e lo strabismo di Venere
12
Frontex Plus non sostituirà Mare Nostrum. Alfano in trappola. Migranti a rischio
di Fulvio Vassallo Paleologo
14
Tutto per la promozione dei Diritti Umani: “Il Centro di Documentazione Peter Benenson”
16
Buone Notizie
di Daniela Tomasino
di Giorgio Beretta
di Daniela Conte
di Giuseppe Provenza
TUTTI I GIORNI www.amnestysicilia.it /amnesty.sicilia /Amnestysicilia Amnesty In Sicilia /amnestysicilia /amnestysicilia /amnestysicilia Questa rivista non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornata senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. Le informazioni contenute in questa rivista, pur fornite in buona fede e ritenute accurate, potrebbero contenere inesattezze o essere viziate da errori tipografici. Gli autori di “Voci“ si riservano pertanto il diritto di modificare, aggiornare o cancellare i contenuti della presente senza preavviso. Alcuni testi o immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate comunicarlo via email. Saranno immediatamente rimossi. Gli autori del blog non sono responsabili dei siti collegati tramite link né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo. Le opinioni espresse negli articoli presenti in questo numero non necessariamente rispecchiano le posizioni di Amnesty International.
ATTUALITÀ
UCRAINA OGGI: LEGALITÀ DA RIPRISTINARE È sotto gli occhi di tutti quanto grave sia la situazione in Ucraina, sconvolta nelle regioni orientali, confinanti con la Federazione Russa, da una guerra civile che vede lo scontro fra i separatisti filo russi e le forze fedeli al governo di Kiev. Ovviamente, in presenza di gravi e continue violazioni dei diritti umani in quelle regioni, l’attenzione di Amnesty International è ai massimi livelli con l’occhio imparziale che è tipico dell’Organizzazione, non influenzata da interessi politici o economici ed interessata soltanto a mettere in risalto violazioni dei diritti umani così come definiti da documenti internazionali a partire dalla D.U.D.U. fino alle principali convenzioni promosse dall’ONU a cui l’Ucraina aderisce. La realtà messa in evidenza da Amnesty è che in Ucraina ci si trova in presenza di continue violazioni dei diritti umani compiute da entrambe le parti. Prima di addentrarci sulle più recenti relazioni di Amnesty,
tracciamo brevemente la storia degli ultimi mesi. Tutto ha avuto origine da alcuni mesi di sommosse popolari e di scontri con i servizi di sicurezza, note come le proteste di EuroMaydan, che portarono il 22 febbraio 2014 alla destituzione del presidente Janukovic, fuggito secondo alcuni in Russia e secondo altri in Bielorussia. Stando al Ministero della Salute Ucraino, gli scontri hanno provocato la morte di 103 manifestanti e di 18 agenti delle forze di sicurezza. Fin dalla caduta di Janukovic, le relazioni fra l’Ucraina e la federazione Russa si deteriorano pesantemente. Un referendum tenuto il 16 marzo in Crimea, non riconosciuto a livello internazionale, sancisce il passaggio della regione alla federazione Russa che viene occupata militarmente, mentre il Parlamento Ucraino dichiara la Crimea “territorio occupato militarmente dalla Russia”. Dopo l’occupazione vengono
segnalate violazioni dei diritti umani da parte delle autorità russe nei confronti della popolazione tatara che non aveva preso parte al referendum. Negli stessi giorni la Russia comincia ad ammassare truppe lungo il confine con l’Ucraina. Ai primi di aprile organizzazioni separatiste, e filo russe, delle regioni orientali, in particolare di Donetsk, prendono il controllo di edifici governativi, episodi a cui reagisce il governo di Kiev che invia forze armate con il compito di restaurare il controllo governativo sul territorio. Lo scontro fra le due parti ha finora provocato la morte di parecchie centinaia di persone fra combattenti e civili involontariamente coinvolti, fra cui anche alcuni giornalisti non ucraini, e ha costretto parecchie decine di migliaia di ucraini a lasciare le proprie case per rifugiarsi alcuni in Ucraina occidentale ed altri in Russia.
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ATTUALITÀ
Il 25 maggio vengono tenute le elezioni presidenziali che vedono l’elezione di Porosenko che, a differenza di Janukovic è favorevole all’accordo di associazione all’UE. Dopo l’elezione del nuovo Presidente si susseguono i colloqui fra lo stesso ed il Presidente Putin, con dichiarazioni di buona volontà e con cessate il fuoco in verità molto sofferte. Negli ultimi due mesi, dall’inizio di luglio all’inizio di settembre, infatti Amnesty International è intervenuta più volte per porre in risalto una situazione particolarmente pesante nonché caratterizzata da grande confusione e notevole mancanza di controllo da entrambe le parti sulle stesse proprie forze, che talvolta agiscono in condizioni di vera e propria anarchia. In un comunicato stampa dell’11 luglio (CS0992014) vengono segnalati casi di rapimenti e torture da parte di gruppi armati sia separatisti che pro Kiev. Riguardo alle violenze da parte dei separatisti vengono riportate le testimonianze di Hanna e Sasha, attivisti pro-Kiev. Entrambi sono stati rapiti e selvaggiamente picchiati ed hanno mostrato le cicatrici delle ferite riportate. Riguardo alle violenze da parte di forze pro-Kiev viene riportato il caso di Vladislav Aleksandrovich, un ragazzo di 16 anni, del quale è apparso un video in cui compare un uomo in tuta mimetica che minaccia di rappresaglie lui e gli altri contrari all’unità dell’Ucraina. Nello stesso comunicato il vice direttore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia Centrale Denis Krivosheev ha lamentato che “a Mariupol né la polizia né l’esercito sono stati visti in alcun posto durante la nostra visita. C’era un vuoto totale di autorità e sicurezza, con la paura di rappresaglie, rapimenti e tortura pervasiva tra la gente. È riprovevole che stiamo assistendo ad una escalation di Voci [ Settembre 2014 - N. 0 / A. 1 ] 5
rapimenti e torture in Ucraina. Tutti gli attori di questo conflitto armato devono liberare immediatamente e incondizionatamente tutti i prigionieri ancora detenuti in violazione di legge, e garantire che fino al loro rilascio siano protetti dalla tortura e altri maltrattamenti.” Il 22 agosto Amnesty ha denunziato che l’auto proclamatasi “Repubblica Popolare di Donetsk” ha pubblicato un documento, denominato “codice penale”, che prevede la pena di morte anche per crimini quali il tradimento, il saccheggio e lo spionaggio. Nella stessa dichiarazione Amnesty ha sottolineato che risultavano già compiute diverse esecuzioni fra cui quelle di due combattenti dei
gruppi armati e di un civile, da parte di formazioni comandate del leader separatista Igor Strelkov. Il 5 settembre il Segretariato Internazionale di Amnesty ha diffuso un’azione urgente (EUR 50/039/2014) per la sparizione di Sergei Dolgov, direttore del giornale filo separatista “Khochu v SSSR” (“Voglio essere in URSS”), rapito il 18 giugno all’uscita dalla sede del giornale in Mariupol da sei uomini armati e mascherati in abiti civili. Nulla si sa di certo sulla sua sorte, se sia stato ucciso o sia prigioniero. Nell’appello viene sottolineato che a fianco delle forze regolari di Kiev stanno combattendo numerosi gruppi armati di volontari, non sufficientemente integrati con il comando ufficiale, che agiscono
indipendentemente e spesso illegalmente. L’azione contempla l’appello rivolto ai Ministri della Difesa e degli Interni del Governo Ucraino perché sia fatta luce sull’episodio. L’8 settembre Amnesty International ha emesso un comunicato stampa (CS124-2014) con il quale chiede la fine degli abusi e dei crimini di guerra da parte dei battaglioni volontari pro-Kiev. Nel comunicato viene riferito che il Segretario Generale di Amnesty International, Salil Shetty, ha presentato tale richiesta al Primo Ministro Arseniy Yatsenyuk incontrato nella stessa giornata. La richiesta è stata manifestata dopo la pubblicazione dei risultati delle ricerche svolte dall’Organizzazione nella regione di Luhansk, da cui sono emersi sequestri di persona, detenzioni illegali, maltrattamenti, rapine, estorsioni e forse anche esecuzioni, commessi dal battaglione Aidar (pro Kiev). Il Primo Ministro Ucraino ha dichiarato ad Amnesty International l’impegno del Governo a chiamare tutti i responsabili degli abusi commessi nel corso del conflitto a rispondere del loro operato. L’auspicio è che presto la legalità ed il rispetto dei diritti umani riprendano il sopravvento in tutte le zone dell’Ucraina e che si ritorni, quindi, alla pace ed alla ragione.
Giuseppe Provenza - Responsabile della Redazione
APPROFONDIMENTI LUOGHI
GAZA L’8 luglio 2014, le forze di difesa israeliane lanciano l’operazione “protective edge”, un’operazione aerea nella “banda di gaza” con l’obiettivo di rispondere ai lanci di razzi di Hamas. Successivamente, il 17 luglio 2014, parte un’operazione terrestre al fine di distruggere i tunnel costruiti da Hamas. La banda di Gaza è un territorio di 6-12 km di larghezza e 41 km di lunghezza in cui risiedono 1.800.000 abitanti. E’ un territorio circondato dal Mar mediterraneo, da Israele e dall’Egitto. 2/3 dei gazaoui ha lo status di rifugiato e vive negli 8 campi costruiti dall’ONU dal 1948. Gaza rappresenta una delle due regioni che compongono il territorio palestinese oltre la Cisgiordania. Occupati dall’esercito israeliano dal 1967, questi territori sono stati affidati all’autorità palestinese nel 1994 in conformità degli accordi di Oslo. Se nel 1994 l’autorità palestinese controllava i 2/3 della banda di Gaza, nel 2005 con lo smantellamento delle colonie ebraiche, tutta la Striscia passa sotto il suo controllo all’eccezione dello spazio aereo e marittimo. Nel 2006 Hamas vince le elezioni legislative contro Fatah, partito politico dell’attuale presidente dell’autorità palestinese, Mahmoud Abbas. A causa della sua ideologia, il risultato delle elezioni non è riconosciuto dalla comunità internazionale e nasce uno scontro tra i due partiti, dal quale Hamas esce vincitore. Le conseguenze sono disastrose per gli abitanti di questa lingua di sabbia: Gaza subisce un isolamento
diplomatico, economico e politico imposto da Israele. L’unico valico con l’Egitto, il valico di Rafah, è stato chiuso nel 2013 a seguito del colpo di Stato in Egitto. Le zone limitrofe tra Gaza ed Israele hanno 5 valichi di cui tre ( Oz, Karni e Soufa ) chiusi e due aperti. Il passaggio di Karem Shalom è aperto per il transito delle merce, mentre il valico di Erez è aperto esclusivamente per il personale internazionale e le urgenze mediche.
Per quanto riguarda le frontiere marittime, i gazaoui non vi hanno accesso. L’accordo di Oslo aveva previsto una zona di 20 miglia per la pesca ma di fatto Israele ha ridotto questa a 6 miglia e, nei periodi più aspri del conflitto, a 3. Secondo le Nazioni Unite, le zone più pescose si trovono nelle zone al di là delle 8 miglia. Questa questione è stata, durante l’ultima guerra, una delle rivendicazioni avanzate da Hamas. Secondo i dati dell’OCHA, durante l’ultimo scontro armato tra Hamas e l’esercito Israeliano, alla data del 22 agosto 2014, tra i palestinesi i morti sono 2042 di cui 1444 morti civili e 478 bambini ; tra gli israeliani, i morti sono 67 di cui 3
civili. Israele è parte alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 che regolano il diritto internazionale dei conflitti armati ed è anche firmatario del III protocollo aggiuntivo alle IV Convenzioni di Ginevra adottato a Ginevra l’8 dicembre 2005. Il 10 aprile 2014, la Palestina ratificava le 4 Convenzioni di Ginevra. I testi fondamentali del diritto umanitario internazionali sono pertanto applicabili alle due parti1. Il conflitto in questione è un conflitto armato internazionale. Secondo quanto riportato dall’ormai famoso rapporto “Goldstone”2 , la banda di Gaza risulta essere un territorio occupato da Israele e pertanto vigono tutte gli obblighi e diritti relativi ai territori occupati conformemente alla IV Convenzione di Ginevra sui civili . In ogni caso vige il diritto internazionale consuetudinario. Di per sé , la guerra non è proibita dal diritto internazionale umanitario ma vi sono delle regole relative alla condotta delle ostilità. Secondo la regola fondamentale della condotta delle ostilità, “le Parti in conflitto dovranno fare, in ogni momento, la distinzione fra la popolazione civile e i combattenti…”3. Il conflitto è iniziato perché Hamas avrebbe ucciso tre civili israeliani violando anche l’interdizione di rappresaglia contro la popolazione civile4. Sempre come rappresaglia, Israele ha colpito e distrutto dei siti ( edifici privati, palazzi) senza che ci fosse necessità militare5. Il rapporto dell’OCHA sul conflitto scoppiato l’8 agosto 2014
http://www.icrc.org/fre/assets/files/annual-report/current/icrc-annual-report-map-conven-a3.pdf UN General Assembly A/HRC/12/48, 25 Septembre 2009, “Human Rights in Palestina and other occupied arab Territories “, Report of the UN Fact-finding Mission on the Gaza Conflict 3 PA I, art.48.1. Israele non è parte al Protocolo aggiuntivo I delle Convenzioni di Ginevra. In questo documento ci limitiamo ad indicare le violazioni delle regole esistenti oggi nei trattati internazionali. 4 PAI , art. 51.6 5 Proibito dalla Statuto di Norimberga, dalle convenzioni di Ginevra (art. 50/I, 51/II, 147/III); Incriminazione prevista dallo statuto del TPIY (Tribunale Penale per l’ex Yugoslavia) (art. 2,d e 3,b) e dalla Corte Penale Internazionale (art. 8,§2, a.IV e b.XIII) e nel progetto del codice dei crimini contro la pace e la sicurezza dell’umanità (art. 20 a,IV) 1 2
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APPROFONDIMENTI LUOGHI
(divulgato alla data del 22 agosto 2014 ) sul numero di morti da una parte e dall’altra non lascia dubbi: in Palestina 70% di morti civili e circa 23,4% bambini morti. La proporzione dei civili morti rispetto ai combattenti porta a pensare che Israele abbia violato la regola fondamentale della condotta delle ostilità. Un altro principio è stato violato, quello che prevede che “gli attacchi indiscriminati sono proibiti”6 e che le parti sono sempre tenute al rispetto della regola generale del principio di precauzione durante gli attacchi7. I razzi lanciati in modo indiscrimato da Gaza verso Israele hanno colpito dei centri abitati: il centro metropolitano di Tel Aviv (4 razzi m75), nelle città israeliane di Beer Sheva, Haifa (un razzo R160) e Jerusaleme (4 razzi M75). Questi attacchi contro delle zone non militari né contro obiettivi militari viola i principi appena citati. Niente giustifica l’attacco di persone civili e di beni a carattere civile. Israele, dal canto suo, ha bombardato numerosi centri medici tra cui l’ospedale di Deir ElBalah il 22 luglio8, una scuola delle
Nazioni Unite violando anch’esso il principio di discriminazione che vieta di dirigere gli attacchi indiscriminati contro degli obiettivi non militari9. La definizione dell’obiettivo militare è un tema di fondamentale rilevanza: Israele ha infatti spesso giustificato i suoi attacchi contro beni civili affermando che i razzi palestinesi partano volutamente da zone densamente popolate, dagli ospedali o scuole, in tal modo trasformando di fatto dei beni civili non attaccabili in obiettivi militari legittimamente attaccabili. Se ciò dovesse essere verificato, i combattenti palestinesi potrebbero esssere accusati di violare il principio che proibisce l’uso di scudi umani. Si ritiene che i combattenti palestinesi, non disponendo di armi sufficienti per vincere la guerra contro Israele, hanno usato il lancio di razzi in modo indiscriminato per diffondere il terrore, violando così l’art.51§2 del PA I. I due belligeranti hanno violato un numero elevato di regole previste dal diritto internazionale umanitario. Qualora questi avessero ratificato il
Trattato di Roma che istituisce la Corte Penale Internazionale, queste violazioni potrebbero portare a delle incriminazioni per crimini di guerra secondo lo statuto della Corte. Israele ha firmato il trattato di Roma, ma ha dichiarato di non aver l’intenzione di ratificarlo. Per quanto riguarda la Palestina , nella sua ultima intervista10 all’indomani dell’ennesimo cessate-il-fuoco tra Palestina e Israele, il Procuratore della Corte Penale Internazionale Fatou Bensouda dichiara che la Palestina, dopo essere stata riconosciuta dall’Assemblea Generale delle Nazioni come Stato osservatore (e non più come entità osservatrice) non ha più chiesto di essere parte al trattato di Roma né ha invocato l’apertura d’indagini da parte della corte in conformità dell’articolo 12.3 dello statuto della Corte Penale Internazionale che prevede che uno Stato non membro possa chiedere al procuratore di fare delle indagini sul proprio territorio per verificare una potenziale violazione dello statuto. Pertando solo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite11 potrebbe chiedere al Procuratore della Corte Internazionale di aprire delle indagini su quant’è successo in quei territori. Amnesty Sicilia chiede ai belligeranti di onorare le regole che avevano preso l’impegno di rispettare, firmando entrambi le convenzioni di Ginevra in modo tale da risparmiare la popolazione civile. Cissé Mouhamed - LL.M Diritto Internazionale dei Conflitti Armati – Geneva Academy - Consulente a titolo gratuito del Comune di Palermo per i diritti umani
PA1 , art. 51.4-5. Questo principio non si applica in una zona con una concentrazione di civili dove sono nascosti degli obiettivi militari. Art.51§8 , 56§7 , e 57 del PA I, che obbliga i belligeranti in modo costante a prendere delle misure di precauzione per non colpire i civili ed i loro beni (si tratta di verificare se l’obiettivo da colpire è davvero un obiettivo militare, scegliere bene le armi e il metodo che rischia il meno di causare dei danni collaterali. 8 E proibito attaccare delle località sanitarie o delle zone di rifugio di civili (CG I art 23 ; CG IV art 14) 9 L’interdizione di colpire i beni civili è rilevata in modo generale all’art.23 g del regolamento dell’Aia e alla IX Convenzione dell’Aia del 1907. Pero è sottolineato che le caratteristiche esterne del bene non sono sufficienti per dire che un bene è civile. 10 http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/aug/29/icc-gaza-hague-court-investigate-war-crimes-palestine 11 In virtù dell’articolo 13.b dello statuto della corte penale internazionale 6 7
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APPROFONDIMENTI AMNESTY
I DIRITTI DELLE DONNE A PALERMO Palermo, la quinta città d’Italia, sta subendo da alcuni anni duri contraccolpi della crisi economica italiana, che si ripercuote in modo rilevante sui diritti dei suoi abitanti. Dal censimento del 2001 a quello del 2011 il numero di abitanti è calato di oltre 44.000 unità, con un incremento del numero di residenti over 65, passati dal 14,7% al 17,8% (20,1% per le donne). Nello stesso periodo, parallelamente, i comuni del Centro-Nord sono cresciuti di oltre 530 mila abitanti, con un incremento del 6,8%: i palermitani e gli abitanti del Sud Italia stanno emigrando verso il Nord Italia e il Nord Europa (Gran Bretagna in particolare), e questa fuga è motivata dalla difficoltà di trovare e mantenere un lavoro. Nel 2013 il tasso di occupazione del Mezzogiorno è al 42%, contro il 63% del Centro-Nord; Se la provincia di Milano arriva al 66,5%, Roma al 59%; il tasso di occupazione di Palermo arriva a stento al 37%.
La situazione occupazionale delle donne, in particolare, raggiunge livelli di emergenza sociale: se a Milano sono occupate due donne su tre, con un tasso di occupazione del 61%, a Palermo, con il 25%, solo una su quattro è occupata. Va evidenziato come secondo l’Istat e secondo l’Inps la Sicilia, nel 2013, con il 32,5 per cento di famiglie indigenti (a fronte di una media italiana del 26%) sia la regione più povera d’Italia. Tra il 2012 e il 2013 il numero degli indigenti è salito del 2,5%. Le domande di disoccupazione sono cresciute vertiginosamente nel primo semestre del 2014:
le Aspi da 41.101 del 2013 sono lievitate a 58.311, mentre le mini Aspi da 7.908 domande del 2013 hanno raggiunto le 25.248 nei primi sei mesi dell’anno. Le previsioni a medio termine non sono confortanti: con oltre 1.700 imprese in meno nel 2013 (con una flessione di 1,8%, a fronte dello 0,7% nazionale) l’economia non manifesta segnali di ripresa. La crisi ha provocato la chiusura di molte imprese storiche, nel campo industriale e terziario, tradizionalmente il settore economico che assorbe la maggior parte di occupati in città. La città offre però anche dei segnali e delle sorprese positive, che testimoniano la volontà di reinventarsi e di mettersi in gioco, investendo su di sé. In primis il boom di imprese giovanili, oltre 15mila in termini assoluti, (15% del totale), dato che pone Palermo tra le prime venti province italiane per disponibilità dei giovani ad avviare imprese e forme di lavoro autonome. In secondo luogo le imprese femminili, che sono il 25,5 percento del totale (+1,6% rispetto alla media nazionale). Conseguenza della situazione è una grave crisi del welfare, che stenta a reggere il peso delle necessità sempre crescenti della popolazione: l’assistenza agli indigenti e ai senza fissa dimora è assicurata solo con il determinante contributo di strutture come la Caritas, la Croce Rossa ed altre realtà private. La missione Speranza e Carità, che ospita oltre 1.000 senza tetto, offrendo loro anche cibo, assistenza medica ed altri servizi, sta attraversando un periodo di grave crisi, anche a causa di problemi di tasse, e rischia la chiusura. La dispersione scolastica si va
riducendo con un trend costante dal 2008, ma resta ai primi posti in Italia e in Europa. Se il tasso di dispersione per la scuola primaria in Sicilia è al 5%, in media a Palermo è del 6,6%, con punte che superano il 26% in quartieri disagiati come lo Sperone o la Magione. Alle superiori la situazione è nettamente peggiore, con punte del 40% di dispersione, raggiunto nel 2013 dall’Alberghiero Borsellino. Sono oltre 9.000 i bambini e gli adolescenti che ogni anno abbandonano gli studi prima del completamento dell’obbligo, spesso in seguito a una bocciatura. Con il 24% complessivo, la Sicilia si piazza all’ultimo posto in Italia, che occupa un poco onorevole quartultimo posto in Europa. La città dispone di un numero insufficiente di asili nido comunali: 24 asili che riescono a coprire meno della metà delle richieste. Parallelamente, la città offre pochi servizi gratuiti per i disabili e per gli anziani, che a fronte di un aumento di richieste, sia in termini ufficiali che in termini percentuali sul totale della popolazione, si dimostra gravemente insufficiente, ed, ancora una volta, affidata alla buona volontà dei privati. Il lavoro di cura di bambini, ragazzi, disabili, malati cronici e anziani ricade di conseguenza per intero sulle spalle delle donne, che come accennato sopra, sono sottooccupate e, a parità di qualifica, sottopagate rispetto agli uomini. La crisi economica e la crisi del welfare sono gli elementi che, più di ogni altra cosa, condizionano la vita delle donne a Palermo. Essere donna a Palermo, nel 2014, vuol dire nella maggior parte dei casi doversi confrontare con una situazione di precariato del lavoro e dei diritti di cittadinanza più elementari. Voci [ Settembre 2014 - N. 0 / A. 1 ] 8
APPROFONDIMENTI AMNESTY
La Sicilia è al primo posto nella stima Istat per gravidanze di madri con meno di 18 anni. Nel 2011 in Sicilia ci sono state 519 madri minorenni, un quarto del totale italiano (2160), più del doppio della Lombardia (212). Bassissima l’incidenza delle ragazze immigrate: con appena 22 immigrate su 519, le madri minorenni sono tutte siciliane, e replicano un modello culturale senza nessuna consapevolezza, autodeterminazione del proprio corpo e conoscenza dei metodi di contraccezione. In città il numero di consultori negli ultimi anni si è ridotto, e la fuitina è un rito di passaggio che segna l’inizio della età adulta, secondo un copione che è stato lo stesso per le madri e le nonne. Maggiore anche la percentuale di aborti da parte di minorenni rispetto alla media nazionale. Le donne risentono della difficoltà, sia culturale che materiale, dato l’alto numero di medici obiettori, che limitano l’accesso all’aborto. Il tasso delle interruzioni volontarie di gravidanza tra le donne fertili (15-49 anni) in Sicilia nel 2012 è del 6,6 per mille, contro una media nazionale del 7,8 per mille. L’isola, e la città, registrano dati allarmanti anche relativamente alla violenze sulle donne. Su 124 donne uccise nel 2012, 14 sono Voci [ Settembre 2014 - N. 0 / A. 1 ] 9
state uccise in Sicilia. Secondo l’Istat nell’Isola il 23,3% delle donne da 16 a 70 anni ha subito una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Come sottolinea Angela Galici, attivista palermitana per i diritti delle donne: “Il dazio più alto lo pagano come sempre le donne, le quali sono costrette ad elemosinare anche i lavori più umili e senza tutele, in nero o in fantomatici call center che non pagano mai per le reali ore di prestazione lavorativa e che molto spesso licenziano prima delle scadenze contrattuali; mi viene in mente l’immagine storica dell’Italia post–bellica che sopravviveva di espedienti e di lavoretti di fortuna, più o meno legali. Ciò comporta delle ricadute importanti in termini di autodeterminazione e di emancipazione nel ruolo delle donne, piombate in un ritorno storico da inizio ‘900, che le àncora per mero bisogno ad un ruolo predefinito e subalterno alle figure maschili dominanti: marito, padre, fidanzato o fratello, poiché in ogni caso, per quel poco che ne rimane sul mercato, in maniera discriminatoria si preferisce selezionare e scegliere un uomo piuttosto che una donna, aggiungo, peraltro, che al momento presente si evidenziano drammaticamente fenomeni di mismatch occupazionali
dovuti alla inadeguatezza delle qualifiche, alla selettività dell’offerta e incompatibilità del livello culturale; la perdita per le donne non è solo un fatto socio antropologico, ma culturale, tant’è che in questo humus sociale e culturale si radicalizzano situazioni di sfruttamento oltre l’idea del caporalato di vecchia memoria, pagando 5,00 Euro l’ora donne sufficientemente scolarizzate per prestazioni di uso domestico e di accudimento ai familiari anziani e senza differenza retributiva, che siano giorni festivi o serali. Le donne laureate rimangono al palo, forse possono sperare in lavori stagionali presso village estivi, call center, commesse o babysitter. Il deserto. Per lo sviluppo e la rinascita lavorativa, intanto, bisogna prendere atto che il trattato di Lisbona, che è già una guida abbastanza completa sui diritti sociali e civili, è del tutto disatteso sul tutto il territorio italiano, figuriamoci al sud. Stante così la situazione, occorre che sia gli organi istituzionali che quelli amministrativi, di fronte a tale disastro si diano una vera smossa partendo con progetti credibili e fattivi.” Daniela Tomasino - Formatrice e Progettista - Consigliera nazionale di Arcigay - Attivista di Amnesty International
APPROFONDIMENTI AMNESTY
L’UNIONE EUROPEA E LO STRABISMO DI VENERE Che l’Unione europea soffra di numerosi malanni – alcuni cronici, altri stagionali – è cosa nota. Ma sostenere che sia affetta anche da strabismo può sembrare azzardato. Eppure, per rendersene conto, basterebbe leggere le conclusioni del Consiglio degli Affari Esteri del 15 agosto scorso (qui in .pdf1). Per la crisi in Ucraina l’Unione europea (Ue) ha deciso diverse misure tra cui l’embargo totale di armi verso la Russia2, ma non ha imposto alcuna sanzione verso Israele per i bombardamenti indiscriminati sulla Striscia di Gaza e di fronte alla tragedia umanitaria nel nord dell’Iraq ha addirittura dato il via libera per l’invio di armi alle forze militari curde3. Due pesi e due misure: con un occhio l’Ue guarda da un lato mentre con l’altro punta a compiacere la Casa Bianca. Uno strabismo grave non solo perché dimostra l’incapacità da parte dell’Ue di assumere una propria posizione coerente di fronte alle varie crisi, ma soprattutto perché non propone nemmeno di attivare tutti strumenti di cui la comunità internazionale disporrebbe per la risoluzione dei conflitti. L’intervento militare israeliano nella Striscia di Gaza ha prodotto un cumulo di macerie e di morte4: sono stati 2.131 i palestinesi uccisi (di cui 1.473 civili tra i quali 501 bambini) principalmente a seguito dei raid aerei e 71 le vittime israeliane di cui 66 militari e 4 civili. Ma non c’è traccia di
loro nel comunicato del vertice: “L’Ue rimane preoccupata della disastrosa situazione umanitaria nella Striscia di Gaza” – si legge, come se quella situazione fosse l’effetto di una catastrofe naturale. Non solo: nella Sessione Speciale5 del 23 luglio del Consiglio delle Nazione Unite per i Diritti Umani, l’Ue si è addirittura astenuta dal sostenere una risoluzione6 che stabilisce l’istituzione di una commissione internazionale indipendente per investigare tutte le violazioni7 della legge umanitaria internazionale e dei diritti umani durante il conflitto. E di fronte alle pressioni di diverse organizzazioni umanitarie, da Amnesty International8 a Oxfam9, dai “Premi Nobel per la pace”10 alle reti europee11 fino a quelle nazionali, come la Rete italiana per il disarmo12, che hanno chiesto con forza almeno una sospensione dell’invio di armi a Israele, l’Ue ha fatto orecchie da mercante. Solo due governi – la Spagna e il Regno Unito – hanno annunciato una revisione delle proprie esportazioni di armi verso Israele, mentre l’Italia, che è il maggior fornitore dell’Ue di sistemi militari13 alle forze armate israeliane, non ha finora accolto le richieste di un ampio gruppo di associazioni e reti14. Su questa questione le affermazioni del ministro degli Esteri, Federica Mogherini, sono
state a dir poco elusive: la titolare della Farnesina ha infatti risposto in sede parlamentare15 che “l’Italia non fornisce ad Israele sistemi d’arma di natura offensiva”. Come se gli aerei addestratori M-346, già predisposti per essere armati, che Alenia Aermacchi ha consegnato16 proprio nei primi giorni dei
bombardamenti su Gaza servissero per fare esibizioni nei cieli. Ma c’è di più: quando alcuni media17 e le associazioni pacifiste18 hanno rivelato che alle prossime esercitazioni militari in programma a Capo Frasca in Sardegna è prevista la partecipazione anche dell’Aeronautica militare
http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/EN/foraff/144316.pdf http://www.eunews.it/2014/07/24/stretta-su-banche-embargo-armi-e-tecnologie-le-nuove-sanzioni-ue-contro-la-russia/20033 3 http://www.lastampa.it/2014/08/15/esteri/iraq-vertice-di-ferragosto-per-i-ministri-ue-mogherini-presto-nuovo-governo-a-baghdad-FUpS8USvCSGwBIiAxftpgL/pagina.html 4 http://www.ochaopt.org/content.aspx?id=1010361 5 http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/HRC/SpecialSessions/Session21/Pages/21stSpecialSession.aspx 6 http://www.ohchr.org/en/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=14897&LangID=E 7 http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=48330 8 http://www.amnesty.it/usa-basta-armi-israele 9 http://www.oxfam.org/en/pressroom/pressreleases/2014-08-21/world-must-suspend-arms-sales-protect-civilians-gaza-violence 10 http://www.bdsmovement.net/2014/nobel-celebrities-call-for-military-embargo-12316 11 http://www.disarmo.org/rete/a/40412.html 12 http://www.disarmo.org/rete/a/40373.html 13 http://www.unimondo.org/Notizie/Raid-di-Israele-su-Gaza-i-prossimi-con-gli-M-346-italiani-146792 14 http://www.disarmo.org/rete/a/40479.html 1 2
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APPROFONDIMENTI AMNESTY
israeliana, il ministero della Difesa ha emanato un nota19 dicendo che le nazioni partecipanti non sono state ancora confermate e che l’esercitazione non prevede azioni a fuoco o utilizzo di armamenti, “ma esclusivamente attività simulata”: insomma una specie di “wargames”.
Nel nord dell’Iraq siamo di fronte ad un fenomeno che le agenzie dell’Onu definiscono di “pulizia culturale” (“cultural cleansing20’’), con “orribili crimini contro l’umanità21” commessi ogni giorno da parte di gruppi armati associati allo Stato islamico in Iraq e Levante (ISIL): il presidente
del Consiglio, Matteo Renzi, non ha esitato a paragonarlo ad un “genocidio22”. In questo contesto, l’Ue e l’Italia avrebbero un dovere prioritario: mettere in atto tutti gli strumenti previsti dalla comunità internazionale per proteggere le popolazioni con interventi, anche di tipo militare, di “peace enforcement23” secondo le regole precise stabilite in ambito24 Onu della “responsabilità nel proteggere” (Responsibility while protecting) che non prevede bombardamenti di aree popolate. L’Unione europea, invece, per quanto riguarda l’Iraq ha deciso di delegare questa responsabilità di proteggere al governo iracheno e alle azioni militari aeree degli Stati Uniti limitando il proprio contributo – e la propria responsabilità – all’assistenza umanitaria e alla fornitura di armamenti. Un auto-confinamento dell’Ue che significa non assumersi in concreto alcuna precisa responsabilità di fronte ad una catastrofe immane ed allinearsi ancora una volta alla strategia militare degli Stati Uniti i cui risultati, dall’intervento unilaterale del 2003 – senza alcun mandato dell’Onu – per rovesciare il regime di Saddam Hussein, sono sotto gli occhi di tutti. Il ministro Federica Mogherini è stata recentemente nominata25 Alto Rappresentante dell’Unione
http://www.ilfoglio.it/aginews/v/2735/mogherini-italia-non-fornisce-a-israele-armi-offensive.htm http://www.aleniaaermacchi.it/it/-/m-346-aircraft-delivered-to-israeli-velivoli-consegnati-israele 17 http://news.panorama.it/esteri/israele-guerra-addestramento-Sardegna 18 http://www.lettera22.it/showart.php?id=12956&rubrica=53 19 http://www.difesa.it/News/Pagine/PoligonimilitariSMD_VEGA2014.aspx 20 http://www.un.org/apps/news/story.asp?newsid=48454 21 http://www.un.org/apps/news/story.asp?newsid=48551 22 http://www.onuitalia.com/2014/08/20/iraq-armi-ai-curdi-si-delle-camere-renzi-e-genocidio/ 23 http://pesd.princeton.edu/?q=node/259 24 http://www.un.org/en/preventgenocide/adviser/responsibility.shtml 25 http://eeas.europa.eu/top_stories/2014/300814_federica-mogherini-appointed_en.htm 26 http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2791 27 http://donna.nanopress.it/salute/strabismo-di-venere-sintomi-cause-e-cure/P411357/ 28 http://www.disarmo.org/rete/a/40596.html 15 16
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europea (Ue). Un incarico che molti giudicano marginale ma che ha una certa rilevanza visto si tratta di “una specie di ministro degli Esteri e della Difesa messi assieme”. “In termini di poteri formali fa quasi concorrenza al Presidente della Commissione e, come lui, ha a propria disposizione un servizio diplomatico autonomo di oltre tremila addetti, con un bilancio dedicato” – scrive un esperto di affari internazionali26. Un ruolo che finora è stato ricoperto solo da donne. Viste le crisi che la nuova “Lady Pesc” dovrà affrontare c’è da augurarsi che anche lei non sia affetta dallo strabismo… di Venere27. PS: Per aiutare l’Ue e l’Italia a curarsi da questa forma di strabismo, domenica 21 settembre numerose reti e movimenti italiani si ritrovano a Firenze (la città che conserva il prezioso dipinto di Botticelli) per presentare le proprie proposte e chiedere un reale cambiamento dopo anni di fallimenti delle politiche dei governi nella gestione dei conflitti in atto dalla Palestina all’Ucraina, dalla Siria all’Iraq. Qui il programma di “Un passo di pace28” Giorgio Beretta - Analista dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere (OPAL) di Brescia - Membro della Rete Italiana per il Disarmo
APPROFONDIMENTI MONDO
FRONTEX PLUS NON SOSTITUIRÀ MARE NOSTRUM. ALFANO IN TRAPPOLA. MIGRANTI A RISCHIO.
Proprio mentre in Libia anche le Nazioni Unite denunciano sequestri, torture stupri ed uccisioni ai danni (anche) dei migranti presenti in quel paese, l’Unione Europea conferma che le nuove operazioni Triton programmate dall’agenzia Frontex avranno una consistenza assai modesta, a seconda di come i paesi dell’Unione contribuiranno con uomini e mezzi, e soprattutto si collocheranno a ridosso delle acque territoriali italiane1. Triton non sarà dunque una missione che sostituirà Mare Nostrum, che attualmente opera salvataggi a 80 miglia dalla costa libica, talvolta anche più a sud, e oltre cento miglia ad est-sudest di Malta, come i salvataggi operati dalla nave della Guardia Costiera Diciotti. Ormai le navi italiane, avvalendosi sempre più spesso della collaborazione di navi commerciali, rispondono alle chiamate di soccorso che provengono dalla zona SAR (ricerca e salvataggio) maltese e libica, ed intervengono al fine di salvare migliaia di vite umane che altri, soprattutto le autorità maltesi, abbandonano al
loro destino, per volontà politica o per carenza di mezzi. Ma ci sono anche migranti che rifiutano di essere soccorsi e sbarcati a Malta, dove li attendono procedure violente di identificazione e mesi di detenzione amministrativa. Dunque la maggior parte dei salvataggi viene ancora operata dalle navi militari italiane o con il loro coordinamento. Almeno, rispetto al passato, sono cessati i conflitti di competenza tra le autorità maltesi e quelle italiane. E forse è anche meglio così se consideriamo le critiche sulla detenzione amministrativa dei migranti a Malta che la commissaria uscente Malmstroem (che non sarà riconfermata nel suo incarico, sembra) ha rivolto al governo maltese, nel corso della sua recente visita a La Valletta2.
Una visita del tutto ignorata dai media italiani, anche perché rendeva evidente la trappola nella quale è caduto Alfano (e l’intero governo italiano) nella notte tra l’incontro di “esperti” della Commissione Europea a Roma il 25 agosto, ed il successivo incontro di Bruxelles il 26 agosto, quando persino la conferenza stampa è stata rinviata di quasi un’ora perché non si trovava evidentemente un’ intesa neppure
sulle dichiarazioni da rendere ai giornalisti. Una conferenza stampa che si è interrotta bruscamente con una scusa risibile (gli aerei che partivano) dopo la prima domanda “scomoda” di un giornalista.
Adesso purtroppo rimane da attendersi un inasprimento delle prassi applicate dalla polizia italiana, anche nella identificazione attraverso le impronte digitali, perché è questo tema che è stato utilizzato a Bruxelles per mettere Alfano alle corde. E probabilmente è in arrivo una ulteriore stretta nelle attività di indagine a carico di presunti scafisti, magari anche minorenni. Sono questi gli argomenti “forti” che rimangono ad Alfano ed al governo per presentarsi ancora una volta a Bruxelles e nelle capitali europee per sollecitare un maggiore impegno nelle missioni Triton di Frontex Plus. La sparata sulla distruzione a terra delle imbarcazioni usate dagli scafisti è durata lo spazio di un mattino. Vedremo comunque come andranno questi rimorchi nel mare in burrasca che caratterizza i mesi invernali, ore preziose sottratte alle operazioni si ricerca e soccorso in mare, forse un ennesimo alibi per ridurre la portata operativa delle missioni
http://www.avvenire.it/Cronaca/Documents/JOU%20Concept%20on%20EPN-TRITON%20%282%29.PDF http://www.independent.com.mt/articles/2014-09-04/news/no-big-announcement-to-make-on-discussions-held-today-on-migration-malmstrom-6460932096/?utm_ source=twitterfeed&utm_medium=twitter
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APPROFONDIMENTI MONDO
Mare Nostrum, in parte già attuato per effetto dei lunghi trasferimenti verso i porti di Napoli, Salerno e Taranto, decisi dal ministero dell’interno. Trasferimenti via mare che si potrebbero evitare, se si ripristinassero i ponti aerei dalla Sicilia verso le altre regioni italiane, come si faceva nel 2008. Un modo per rendere più efficaci le missioni residue di Mare Nostrum fino a novembre, un modo per evitare forse altre stragi, che in questi mesi potrebbero ripetersi. Quello che è certo comunque è che Frontex Plus con le missioni Triton, ammesso che partano alla fine di novembre, come promesso dalla Malmstroem, non sostituirà le missioni di Mare Nostrum. Si può prevedere un maggiore ricorso alle azioni di salvataggio delle navi mercantili, dove non siano presenti mezzi militari o della guardia costiera, ma in questo caso il rischio di “incidenti” è molto più elevato, a causa anche del tipo dei mezzi di cui sono dotate le petroliere ed i cargo. Per questa volta è andata bene. Si vede che le navi di Mare Nostrum non sono riuscite ad arrivare e si è delegato il salvataggio ad una nave commerciale. Anche questo intervento di salvataggio è stato operato a decine di miglia ad est di Malta, non a sud di Lampedusa, come alcuni media
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continuano a ripetere. Ormai chi può, ed ha i mezzi per pagare, parte dall’Egitto e cerca di evitare il passaggio attraverso la Libia, un passaggio che può rivelarsi mortale. Considerata la situazione in Libia e negli altri paesi di transito non c’è da attendere un aumento del numero dei migranti che partono da quel paese, perché l’esperienza insegna che quando la situazione sul terreno degenera la libertà di movimento dei migranti e degli stessi trafficanti diminuisce (come si evince dal blocco delle partenze da Zuwara). Senza l’apertura di canali umanitari, che potrebbe significare tante cose, dal rilascio di visti per un ingresso legale protetto, al ricongiungimento familiare extra UE al trasferimento assistito nell’ UE di persone già riconosciute dall’UNHCR come meritevoli di protezione, o altre forme di ingresso legale per minori non accompagnati e donne vittime di abusi, ci sara’ soltanto un aumento esponenziale delle vittime delle violenze in libia e dei morti in mare. Una prospettiva che dobbiamo cercare di allontanare accrescendo la forza delle reti di solidarietà e moltiplicando i canali di
comunicazione, fino alla creazione di un vero e proprio Osservatorio sulle migrazioni nel Mediterraneo, in modo da esercitare una pressione sempre maggiore sui governi e sulle agenzie dell’Unione europea, per mettere fine a queste politiche di morte alle frontiere. Fulvio Vassallo Paleologo - Docente di Diritto di asilo e statuto costituzionale dello straniero all’Università di Palermo
BIBLIOTECA
TUTTO PER LA PROMOZIONE DEI DIRITTI UMANI: “IL CENTRO DI DOCUMENTAZIONE PETER BENENSON”
In una realtà tanto variegata come quella palermitana, in cui si può passare dal “profumo del gelo di mellone con fiori di gelsomino” all’”abbanniata dello sfincionaro” che offre al palato il gusto di uno sfincione “caldo caldo e appena sfornato”, alla confusione del traffico veicolare che ingoia nelle strade le ore principali delle giornate lavorative lanciando nell’etere suoni di clacson, sirene e impropéri di ogni genere, fino all’incontro di sguardi frettolosi e assenti con quelli di occhi questuanti, appartenenti a dignità perdute... In una realtà simile esiste un piccolo centro – luogo di cultura e di pensiero, spazio propulsivo di mobilitazione – che profuma di libri appena catalogati, che parla di incontri di vita e di esperienze di studio, che si apre al mondo, facendosi largo tra i silenzi assordanti, con “voci” caute e condivise, mai urlate ma incisive, frutto di indagini e di ricerche nel
vasto campo dei Diritti Umani, un luogo dove si respira l’aria della libertà partecipata.… (… “Libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”… cantava Giorgio Gaber.) …Un luogo in cui poter passare dallo studio di un libro in biblioteca, alla ricerca specialistica, all’approfondimento sui vari aspetti dei Diritti Umani e delle aree geografiche ad essi collegate, fino alla condivisione di idee e di iniziative con il mondo dell’associazionismo.
Il Centro di Documentazione all’Educazione dei Diritti Umani Peter Benenson, unico Centro di documentazione e Biblioteca di settore sui Diritti Umani in Italia, è un luogo di incontro, di discussione e di promozione della lettura, in cui si possono sperimentare forme di conoscenza fra lettori, libri e riviste, ed è finalizzato a sviluppare forme di cooperazione con il territorio, con il sistema scolastico e con l’Università, con l’associazionismo e il volontariato.
Diffonde, promuove e pubblicizza le informazioni sulle attività di ricerca e le campagne di azione di Amnesty International contro le violazioni dei diritti umani nel mondo. Il Centro organizza periodicamente Eventi culturali, Corsi di formazione per docenti, Concorsi a premi, Mostre fotografiche, Conferenze su Campagne di studio e Azioni di attivismo di Amnesty International, su fatti e personaggi di rilievo, che determinano la storia contemporanea. Il Centro ospita i materiali documentali dell’Associazione, coordina attività in partnership con altre Associazioni di volontariato e con Enti pubblici e privati, presenta testi di recente pubblicazione sia nella sua sede sia in altri ambienti culturali, invita scrittori e autori di opere significative, diffonde al territorio il patrimonio librario della Biblioteca nell’intento di promuovere nell’opinione pubblica la “Cultura dei diritti”. Voci [ Settembre 2014 - N. 0 / A. 1 ] 14
BIBLIOTECA
Finalità precipua del Centro di documentazione è, infatti, quella di favorire le attività di Educazione e Promozione dei Diritti Umani su tutto il territorio siciliano attraverso azioni comuni con i diversi interlocutori del territorio e la divulgazione di strumenti e di materiali per la Formazione ai Diritti Umani. La formazione all’Educazione dei Diritti Umani rientra all’interno della strategia del Movimento che concepisce l’EDU non come una semplice trasmissione di conoscenze e di informazioni, seppure utili, sul tema dei Diritti Umani e dei valori contenuti nella Dichiarazione Universale del 1948, ma come un’attività finalizzata a far prendere coscienza a ciascuno della propria dignità di essere umano, portatore, come tale, di diritti. Ormai da diversi anni Amnesty International ha affiancato al tradizionale impegno in favore delle vittime delle violazioni dei diritti umani un ampio e articolato progetto educativo.
I programmi di EDU non sono rivolti soltanto alla Scuola e all’Università, ma anche a contesti diversi (formazione categorie professionali, marginalità socioeconomica). Essi intendono favorire, mediante il ricorso a opportune metodologie e a risorse educative, la crescita e lo sviluppo di conoscenze, di abilità e di attitudini coerenti con i principi riconosciuti a livello internazionale in materia di diritti umani. Esiste un ampio campionario di strumenti formativi e kit didattici
messi a disposizione dei docenti di ogni ordine e grado, o consultabili all’interno del sito, utili a chi intende sviluppare nelle proprie classi tematiche inerenti i Diritti umani e i casi di violazione e/o tutela nel mondo. Nucleo fondante del Centro di documentazione resta senza dubbio la Biblioteca che è nata con l’obiettivo di costituire una rete territoriale di biblioteche e di promozione alla lettura ed è oggi un luogo privilegiato di documentazione, un luogo di
conservazione e di preservazione dei documenti. La Biblioteca dispone, infatti, di un patrimonio librario composto da più di 1500 monografie, 400 collane, periodici e riviste in abbonamento, un certo numero di documenti in formato elettronico e documenti di provenienza Amnestiana. I testi sono catalogati con metodo Dewey, registrati con sistema informatizzato So.Se.Bi. TLM 4 e facilmente consultabili all’interno di tre sale lettura, tramite gli appositi scaffali o, in ogni momento, su internet all’indirizzo web “http://www.amnestysicilia. org/wordpress/prestiti-on-line/”. Per la loro specificità essi attribuiscono alla biblioteca un alto valore educativo, poiché sono riconducibili a temi legati ai Diritti Umani e ai principi enucleati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. ...tanto, tutto per la promozione dei Diritti Umani, in un luogo di cultura e di pensiero, in uno spazio propulsivo di mobilitazione… Daniela Conte - Responsabile del Centro di Documentazione per la Promozione e l’Educazione alla Tutela dei Diritti Umani “Peter Benenson”
CONTATTACI www.amnestysicilia.org ai.sicilia@amnesty.it Via Benedetto d’Acquisto 30 - 90141 Palermo 320 4746915 Voci [ Settembre 2014 - N. 0 / A. 1 ] 15
BUONE NOTIZIE
Pena di morte USA Il 16 luglio 2014 il giudice Cormac Carney della corte distrettuale federale della contea di Orange - California, ha dichiarato incostituzionale la pena di morte in California, definendola “arbitraria” e “del tutto malfunzionante”. Ribaltando la condanna a morte di un uomo accusato di aver ucciso la madre della sua ragazza a Los Angeles nel 1992, Carney scrive che il prigioniero è una tra più di 900 persone che sono state condannate a morte in California da quando è stato adottato il sistema attuale nel 1978. “Di questi, solo 13 sono stati giustiziati”, osserva Carney. “Per il resto, l’amministrazione disfunzionale del sistema della pena di morte in California ha provocato, e continuerà a provocare, un anomalo e imprevedibile ritardo nell’effettiva esecuzione. Infatti, per la maggior parte, il ritardo sistemico ha trasformato la pena di morte in carcere a vita.”
Pena di morte USA Il 2 settembre 2014 in Nord Carolina (USA) sono stati liberati i due fratellastri Henrt Lee McCollum, di 50 anni, e Leon Brown, di 46 anni. Nel 1983 McCollum era stato condannato a morte e Brown
all’ergastolo, per lo stupro e l’omicidio di una 11enne. McCollum è il detenuto restato per più tempo nel braccio della morte in Nord Carolina (30 anni). La prova del DNA recentemente effettuata ha coinvolto un altro uomo, a suo tempo non indagato.
Pena di morte USA Il 9 luglio 2014, un giorno prima dell’esecuzione, il comitato per la grazia della Georgia ha disposto la commutazione della condanna a morte di Tommy Lee Waldrip. Waldrip è rimasto nel braccio della morte per due decenni. Era stato condannato a morte nel 1994 per l’ uccisione nell’aprile del 1991 del 23enne Keith Evans. Il consiglio non ha dato alcuna spiegazione per la sua decisione, dicendo solo che aveva esaminato e considerato tutti i fatti e le circostanze del caso, così come gli argomenti a favore e contro la clemenza. Waldrip è soltanto il quinto condannato a morte la cui sentenza è stata commutata dal Comitato della Georgia dal 2002 L’ultima volta era avvenuto per il caso di Daniel Greene il 20 aprile 2012.
Prigionieri di coscienza MYANMAR Il 4 luglio 2014 sono tornati in libertà Zaw Pe (conosciuto anche come Thu Ya Thet Tin), giornalista della Voce democratica della Birmania, e Win Myint Hlaing, dopo che un tribunale ha ridotto la loro condanna da 12 a tre mesi. I due erano stati arrestati nell’agosto 2012 dopo aver tentato di intervistare un funzionario del ministero dell’Istruzione circa un caso di corruzione.
Per questo, nell’aprile 2014, erano stati condannati a un anno di carcere per “ingresso in una proprietà privata” e per “aver aggredito un pubblico funzionario impedendogli di svolgere il suo dovere”.
Prigionieri di coscienza VIETNAM Il 26 giugno 2014 Do Thi Minh Hanh, attivista per il diritto al lavoro e prigioniera di coscienza, condannata a sette anni di carcere, è stata rilasciata. Do Thi Minh Hanh era stata arrestata nel febbraio 2010 per aver incitato a scioperare i lavoratori dell’azienda di scarpe My Phong, insieme ad altri due attivisti, Nguyen Hoang Quoc Hung, e Doan Huy Chuong. Il 27 Ottobre 2010, Hanh fu condannata a 7 anni di carcere con l’accusa di “disturbo dell’ordine pubblico contro l’amministrazione del popolo” ai sensi dell’articolo 89 del codice penale del Vietnam, Nguyen Hoang Quoc Hung fu condannato a 9 anni di carcere e Doan Huy Chuong a 7 anni di carcere. La Corte d’Appello il 18 marzo 2011, confermò le tre condanne.
Difensori dei diritti umani BIELORUSSIA Il 21 giugno 2014, a seguito di un provvedimento di amnistia da lui non sollecitato, Ales Bialiatski è stato scarcerato dopo aver trascorso quasi tre anni dei quattro e mezzo cui era stato condannato nel novembre 2011. Ales Bialiatski, presidente dell’ONG per i Diritti Umani VIASNA, era stato condannato per aver utilizzato i suoi conti Voci [ Settembre 2014 - N. 0 / A. 1 ] 16
bancari personali in Lituania e Polonia per sostenere il lavoro sui diritti umani della sua organizzazione in Bielorussia. Le autorità bielorusse avevano rifiutato di registrare Human Rights Centre Viasna dal 2003. Per effetto di ciò, l’organizzazione non poteva aprire un conto bancario a suo nome in Bielorussia, quindi Bialiatski non aveva altra scelta che utilizzare conti bancari a suo nome nei paesi limitrofi per finanziare la sua organizzazione. In realtà Bialiatski era stato condannato per fermare la sua attività in difesa dei diritti umani.
Pena di morte REPUBBLICA POPOLARE CINESE Nel maggio 2014 la Corte suprema ha annullato, ordinando un nuovo processo, la condanna a morte inflitta nell’agosto 2011 a Li Yan, una donna di 43 anni della provincia del Sichuan, che aveva ucciso il marito dopo mesi di sevizie. Nel 2010 la polizia aveva ignorato le ripetute denunzie di Li Yan contro il marito violento. A novembre del 2010, quando il marito, dopo averla presa a calci, aveva minacciato di ucciderla con un fucile, lei si era difesa con un altro fucile, uccidendolo.
Prigionieri di coscienza UZBEKISTAN Il 31 maggio 2014 un tribunale ha ordinato la scarcerazione per motivi di salute di Abdulrasul Khudoynazarov, giunto all’ottavo anno di una condanna a nove anni e mezzo Voci [ Settembre 2014 - N. 0 / A. 1 ] 17
a causa delle sue attività in favore dei diritti umani. Era stato arrestato nel luglio 2005, due mesi dopo il 13 maggio 2005, quando ad Andijan, le forze di sicurezza avevano sparato su pacifici manifestanti, uccidendo centinaia di persone. Nei giorni successivi furono eseguite decine di arresti anche di difensori dei diritti umani, fra cui Abdulrasul Khudoynazarov.
Prigionieri di coscienza MESSICO Il 28 maggio, un tribunale federale ha ordinato alla procura generale di riconoscere pubblicamente l’innocenza di Jacinta Francisco Marcial, che nel 2009 era stata condannata a 21 anni di carcere per il sequestro di sei agenti di polizia. Jacinta Francisco Marcial, un’indigena Nha-Nhu dello Stato di Querétaro, il 3 agosto 2006 era stata arrestata insieme ad altre due indigene (Alberta Alcàntara e Teresa Gonzàlez) con l’accusa di aver sequestrato sei agenti del’Agenzia Federale di Investigazioni (AFI). Dopo un processo in cui i diritti fondamentali del giusto processo non sono stati rispettati, Jacinta fu ingiustamente condannata a 21 anni di carcere e una multa di 90.000 pesos.
“Henry McCollum dopo aver trascorso 30 anni nel braccio della morte, è stato giudicato innocente il 2 settembre 2014. #USA”
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