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Azerbaijan: violazioni dei diritti umani e giochi europei /Attualità

AZERBAIJAN: VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI E GIOCHI EUROPEI

di Giuseppe Provenza

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L’Azerbaijan – un paese di quasi dieci milioni di abitanti, con popolazione a maggioranza musulmana sciita – faceva parte dell’impero russo. Dopo il crollo di questo fu per breve tempo indipendente (1918-1920). Successivamente fu incorporato nell’Unione Sovietica per settanta anni. In seguito alla fine dell’Unione Sovietica, nel 1991, divenne indipendente.

L’Azerbaigian non ha ancora risolto il suo antico conflitto con l’Armenia per il Nagorno-Karabakh, una regione prevalentemente armena situata all’interno del territorio azero. La contesa, di antica data, si intensificò dopo che entrambi i paesi conseguirono l’indipendenza dall’Unione Sovietica, in seguito a cui il Nagorno-Karabakh proclamò la propria indipendenza. Ciò provocò la reazione dell’Azerbaijan e l’inizio del conflitto nel gennaio del 1992 che si protrasse fino al cessate il fuoco del maggio 1994.

Da quella data formalmente lo stato di belligeranza fra Azerbaijan da una parte e Nagorno-Karabakh ed Armenia dall’altra, non è mai cessato, ed il Nagorno- Karabakh mantiene una sostanziale indipendenza, pur non essendo stato riconosciuto a livello internazionale.

Dal punto di vista economico l’Azerbaijan attraversa un periodo chiaramente positivo. Il tasso di crescita del 2014 è stato del 4,5% mentre nel 2013 era stato del 5,8%, anche se va tenuto conto che il paese partiva da un PIL pro-capite non molto elevato. Il PIL pro-capite del 2014 è stato infatti di $ 17.900 (per un confronto, nel 2014 il PIL pro-capite in Italia è stato di $ 34.500).

La forte crescita economica dell’Azerbaijan è attribuibile al grande sviluppo delle esportazioni di petrolio e gas, di cui il paese è ricco. Dall’Azerbaijan partono infatti diversi oleodotti a cui va aggiunto un importante gasdotto in costruzione che porterà nuova ricchezza al paese.

Dal punto di vista politico, l’Azerbaijan è una repubblica. Presidente è dal 2003 Ilham Aliyev, che, con referendum del 2009, ha fatto abolire i limiti del mandato presidenziale, divenendo, in pratica, presidente a vita ed instaurando nel paese un regime comunemente considerato, a livello internazionale, “autoritario”. Va notato che, in occasione dell’elezione di Aliyev nel 2003, l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) considerò quelle elezioni presidenziali “Non corrispondenti agli standard internazionali”, espressione diplomatica, ma comunque eloquente.

In Parlamento ha la maggioranza dei seggi (71 su 125) il partito YAP, di cui Ilham Aliyev è presidente (molto indicativo che il Presidente della Repubblica sia anche presidente di un partito politico!).

Particolarmente grave è la condizione in cui sono costretti ad operare gli oppositori politici per i quali il rischio del carcere è costantemente incombente, come chiaramente evidenziato da Amnesty International nel rapporto “AZERBAIJAN: I GIOCHI DELLA REPRESSIONE”, pubblicato alla vigilia dell’apertura dei primi GIOCHI EUROPEI, una sorta di Olimpiadi del Continente.

Ciò che particolarmente colpisce nel rapporto è l’elencazione dei PRIGIONIERI DI COSCIENZA di cui sono noti i nomi, ma ai quali certamente ne vanno aggiunti tanti altri non noti. Nel rapporto sono elencati ben venti prigionieri di coscienza, fra cui sono compresi membri di partiti politici e movimenti d’opposizione, come Ilgar Mammadov, presidente del partito d’opposizione REAL, i coniugi Leyla e Arif Yunus, rispettivamente presidente e membro dell’ONG ”Institute for Peace and Democracy”, Khadija Ismayilova, giornalista di “Radio Free Europe/Radio Liberty” nonché vari membri del partito d’opposizione Musavat, e vari membri del movimento civile giovanile NIDA.

Alla denunzia di Amnesty si affianca, con la sua metodologia, quella di Freedom House, l’Organizzazione americana indipendente che assegna annualmente alla maggior parte dei paesi del mondo un punteggio sulla libertà, e dei punteggi di dettaglio sulle libertà civili e sui diritti politici.

Tali punteggi vanno da 1 (il migliore) a 7 (il peggiore). Per il 2015 all’Azerbaijan Freedom House ha assegnato un punteggio complessivo sulla libertà di 6 e punteggi egualmente di 6 per le libertà civili e di 6 per i diritti politici.

Eppure, malgrado una situazione politica assolutamente ed indiscutibilmente deprecabile, dal 12 al 28 giugno si sono svolti in Azerbaijan i primi GIOCHI EUROPEI, concedendo ad un paese in cui non sono rispettati i più elementari principi delle libertà personali, e quindi dei DIRITTI UMANI, una visibilità ed una risonanza, realizzate mediante centinaia di ore di servizi televisivi, che certamente non dovevano essergli consentiti e che non fanno onore ad un organismo internazionale come il COMITATO OLIMPICO EUROPEO, che, da promotore in Europa dello sport olimpico, dovrebbe avere come obiettivo, come del resto proclamato dalla CARTA OLIMPICA, “la promozione di una società pacifica protesa a salvaguardare la dignità dell’uomo”.

Ma forse per alcuni la DIGNITÀ DELL’UOMO passa in secondo piano quando in gioco entrano i grandi interessi economici e finanziari che sono, poi, interessi di pochi, se non pochissimi, per sostenere i quali si può ignorare e calpestare la libertà, e quindi la dignità, di milioni di persone, cosa che subivano, negli stessi giorni di svolgimento dei Giochi Europei, tante persone in Azerbaijan.

Per questa ragione, in tutto il mondo, tante persone, anche per difendere la loro stessa libertà pur vivendo in paesi liberi, hanno appoggiato, con le loro firme, la battaglia che Amnesty International sostiene per la libertà dell’Azerbaijan, battaglia che è la stessa che quotidianamente conduce per la difesa dei diritti umani ovunque siano violati, o semplicemente minacciati.

A riprova del grande fastidio che l’azione di Amnesty sta provocando al governo dell’Azerbaijan, in data 10 giugno è stato impedito alla delegazione dell’Organizzazione l’ingresso nel paese ove intendeva pubblicare, alla vigilia dei Giochi, il rapporto sopra citato sulla situazione dei diritti umani in quel paese.

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