Voci - Numero 1 Anno 2 - Amnesty International in Sicilia

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Approfondimenti

Europa e Asia Centrale

IN MEMORIA DI ANDREY MIRONOV di Giuliano Prandini

Andrey Mironov era giornalista, e prigioniero politico sovietico, all’associazione Memorial.

ex-dissidente appartenente

L’avevo incontrato a Mosca alcuni anni fa nella sede di Memorial, dove si stava allestendo il museo del Gulag e Andrey faceva da interprete alla direttrice Svetlana Fedotova. Raccontò che dopo un anno di pedinamenti, nel 1985, fu arrestato dalla polizia segreta Kgb con l’accusa di aver rivelato una notevole diminuzione dell’estrazione di petrolio, da cui l’economia sovietica dipendeva totalmente, di aver distribuito clandestinamente (samizdat) “I racconti della Kolyma” di Varlam Salamov e criticato il governo, in particolare riguardo l’invasione dell’Afghanistan e della Cecoslovacchia e la mancanza di democrazia nell’Urss. Durante il processo venne simulata un’impiccagione, che gli fece perdere i sensi. Il suo processo si concluse con una condanna a quattro anni di detenzione e tre di esilio interno per propaganda sovversiva antisovietica in base all’art. 70 del codice penale. La condanna portava la firma di Gorbaciov (ritrovata negli archivi del Kgb, dopo il golpe di stato fallito nel 1991). Spedito in un campo di lavoro (Glavnoe upravlenie ispravitelno-trudovykh lagerej, “Direzione principale dei campi di lavoro correttivi”) destinato ad autori di reati contro lo stato considerati particolarmente pericolosi, lo Zh Kh 385/3-5 in Mordovia, a circa 600 chilometri a est di Mosca, fu rinchiuso in cella di punizione per sei volte. Il cibo che riceveva era immangiabile e pieno di vermi e l’acqua sporca. Gli impedivano di dormire prima delle udienze in tribunale e lo lasciavano al freddo insopportabile nelle celle di punizione. Nel 1986 viene liberato quando, a seguito dell’incontro tra il presidente statunitense Reagan e quello sovietico Gorbaciov, si decise la scarcerazione di 140 detenuti, tra cui Mironov. Dopo la liberazione, cominciò il suo lavoro in difesa dei diritti umani. “Non credo si possa difendere i diritti umani come un concetto astratto, ma solo come diritti di una persona concreta. Io mi concentro sui singoli casi, uno per uno”. Dal 1991 iniziò a lavorare come ricercatore specializzato in diritti umani per diversi media e dall’anno

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successivo lavorò in diverse zone di conflitto, come Nagorno Karabakh, Tagikistan, Cecenia e Afghanistan. Durante la guerra in Cecenia, Mironov organizzò incontri tra rappresentanti ceceni e deputati russi per una soluzione pacifica del conflitto. Le sue iniziative furono in contrasto con i piani governativi di reprimere con la forza l’insurrezione. Nel 2003, Andrei Mironov fu nuovamente preso di mira: a Mosca, il 3 luglio, venne aggredito. Il ministero degli Interni bloccò le indagini nonostante le prove rivelassero l’identità dell’aggressore. Parlava bene l’italiano, l’aveva imparato frequentando studenti italiani all’istituto Puskin di Mosca, in Italia aveva numerosi amici, vi era venuto più volte. Con la Sezione Nazionale organizzammo la sua visita a diversi gruppi. Avevamo lunghe telefonate, mi aggiornava sulla situazione in Russia, sugli arresti illegali, sui processi iniqui come quelli contro i manifestanti di piazza Bolotnaya del 7 maggio 2012 per la rielezione di Putin, ammirava il coraggio delle Pussy Riot, denunciava l’invio di Mikhail Kosenko in un ospedale psichiatrico, come nel periodo sovietico, era preoccupato per il lungo sciopero della fame di Sergei Krivov. Ma parlavamo anche di storia, di letteratura, del futurismo, dei profughi giuliani e dalmati... era interessato a tutto. Nei primi mesi del 2014 era stato in Crimea, a Kiev, brevemente in Italia, e poi di nuovo in Ucraina, nella zona di Sloviansk dove ha trovato la morte, il 24 maggio, con il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli. Un uomo pulito, coraggioso, con un’indole mite e pacifista, una vita dedicata agli altri senza mai apparire. La Sezione Italiana gli ha dedicato l’archivio storico, sono stati organizzati eventi. Come per la Politkovskaya e la Estemirova continuiamo a ricordare Andrey e seguire l’esempio della sua integrità, attivismo instancabile, stile di vita frugale.

Giuliano Prandini Membro del Coordinamento Europa della Sezione Italiana di Amnesty International

GENNAIO 2016 N. 1 / A.2 - Voci


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