Voci - Numero 1 Anno 2 - Amnesty International in Sicilia

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Approfondimenti

Teatro e Letteratura

SE L’ARTE FECONDA LA RIVOLUZIONE di Paola Caridi

La sequenza di angeli lungo il muro di via Mohamed Mahmoud era struggente. Ragazzi, tutti sorridenti, immortalati sul muro di uno dei più importanti centri culturali del Cairo, l’American University, a due passi da piazza Tahrir. Molti di loro, molti dei ragazzi, erano stati uccisi proprio a piazza Tahrir, quando era cominciata la rivoluzione, nel gennaio 2011. E altri erano stati protagonisti di una sanguinosa battaglia nell’autunno dello stesso anno con le forze di sicurezza egiziane proprio su quella via. Via Mohammed Mahmoud. Di loro, dunque, non ci si doveva dimenticare, e così Ammar Abo Bakr li aveva cristallizzati nei suoi inimitabili graffiti. Anche i graffiti, però, possono essere politica, e così nel corso degli anni gli angeli-martiri di Ammar Abo Bakr sono stati via via coperti di bianco, come per nascondere il prezzo di sangue che i ragazzi egiziani hanno pagato. Ammar Abo Bakr era venuto da Luxor al Cairo. Aveva lasciato il suo lavoro, di insegnante di arte, e se ne era andato nel cuore della rivoluzione. E della rivoluzione è diventato il cantore attraverso la street art. Un cantore che con la sua arte dà fastidio alla vulgata perfettamente controllata dal regime egiziano. L’arte, insomma, può dare - e dà ancora - molto fastidio al potere autoritario di turno, nella regione araba. Dà fastidio non solo per la sua testimonianza, per l’abilità di raccontare con altri termini la Storia, e anche per il rapporto empatico con la gente che popola le strade. 21

Questi elementi raccontano solo una parte della storia recente, al Cairo e a Damasco, a Beirut e a Tunisi. Tutto parte da molti anni prima. Da quando la nascita dell’era digitale e di una tecnologia più abbordabile (anche in termini economici) ha creato le condizioni per produrre idee, arte, letteratura attraverso computer, internet, social. Da allora, in particolare dal 2005 a oggi, il web arabo è stato un giardino pieno di germogli buoni, sani. Blog, grafica e design digitali, comics, letteratura, poesia. Il web arabo non ha insomma avuto solo un parte - estremamente minoritaria - di pagine radicali e fondamentaliste. Ha avuto, soprattutto, una rinascita artistica di tutto rispetto, che ha riguardato molti settori artistici e della comunicazione. E laddove questa (ri)nascita artistica è stata più profonda, ha influenzato con più forza i percorsi politici delle generazioni più giovani (e native digitali) e le stesse basi teoriche delle rivoluzioni. Troppa importanza ai graffiti di Ammar Abo Bakr o all’arte digitale di Ganzeer, entrambi artisti digitali egiziani? Troppo valore al percorso di una rivista di fumetti come la libanese Samandal? Troppa enfasi sul ruolo dei giovani scrittori che hanno aggirato gli ostacoli della censura e dell’editoria tradizionale attraverso i loro blog? No, quello che è successo, da parte degli osservatori e degli analisti (sia europei sia arabi) è stata semmai una sottovalutazione della produzione artistica giovanile araba, spesso GENNAIO 2016 N. 1 / A.2 - Voci


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