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Primo Piano. Colonnello Albertario: le Fiamme gialle per la legalità
Il colonnello Luca Albertario ha assunto il Comando provinciale della Guardia di Finanza il 12 settembre 2019. Nelle fotografie di queste pagine: scorci della sede, la caserma “Cesare Battisti” di Cuneo
Il colonnello Luca Albertario, comandante provinciale della GdF Fiamme gialle per la legalità
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Matteo Borgetto
«Non ho parenti nel Corpo, ma diventare Finanziere era un sogno fin da bambino. Una Forza di Polizia importante, un’attività multidisciplinare, dal contrasto all’evasione fiscale alla tutela della spesa pubblica, cioè di come viene impiegato il denaro che il cittadino versa con le imposte, fino alla lotta contro tutti gli illeciti economico-finanziari. Un lavoro anche per chi ama cambiare e viaggiare, perché siamo portati a fare trasferimenti. L’ultimo, purtroppo, qui a Cuneo, fino a oggi, è stato segnato dall’emergenza Covid che ha cambiato tante cose. Non ho ancora potuto approfondire la mia conoscenza, come avrei voluto, di questa provincia meravigliosa». Il colonnello Luca Albertario, 50 anni, dal settembre 2019 è il Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Cuneo. Guida un “esercito” di 300 militari suddivisi nel Nucleo di Polizia economico-finanziaria, reparto che si occupa delle indagini più complesse in tutta la provincia, e nei Gruppi di Cuneo e Bra,
La Guardia di Finanza è direttamente dipendente dal Ministro dell’economia e delle finanze. Istituita nel 1862 come Corpo delle Guardie doganali del Regno d’Italia (ma le origini vengono fatte risalire al 1° ottobre 1774), fino al 1946 divenne Corpo della regia Guardia di Finanza. La festa anniversaria, che fino al 1965 ricorreva il 5 luglio, è stata spostata al 21 giugno, in coincidenza con l’inizio della “battaglia del solstizio”, durante la prima guerra mondiale
il primo per la parte sud-ovest della Granda (con le Compagnie di Cuneo e Mondovì, la Tenenza di Ceva e la Stazione del Soccorso alpino-Sagf), il secondo per l’area del nord-est con, alle dipendenze, le Tenenze di Fossano e di Saluzzo. Nato a Siena, ma sempre cresciuto e vissuto nel grossetano («Mi sento maremmano»), dove ha ancora i genitori («Purtroppo non li vedo da moltissimo tempo»), fa il pendolare perché abita a Torino con il figlio minore, Pier Marco, che studia e gioca da difensore negli allievi nazionali del Torino under 16 («Anche se è juventino, come me»). La moglie, Angela, bancaria, è rimasta in Umbria, dove dirige una filiale, mentre la figlia maggiore, Claudia, ha seguito le orme del padre e frequenta il primo anno della Scuola ufficiali del Corpo, l’Accademia di Bergamo. «Cosa che mi riempie d’orgoglio», dice Albertario. «Quelle pochissime volte che le restrizioni me lo permettono e vado a trovarla, rivivo momenti molto belli, negli stessi luoghi in cui
Il colonnello Luca Albertario è nato a Siena il 24 agosto 1970. Coniugato, ha due figli, un maschio e una femmina. Quest’ultima ha scelto di entrare nella GdF
L’operatività durante la pandemia
Colonnello Albertario, il presente dice che i reati, al tempo del Covid-19, sono diminuiti. «Vale per quelli classici, di competenza delle altre Forze di Polizia, come i reati contro il patrimonio, ma non per i reati economico-finanziari, dalle frodi fiscali al riciclaggio, dalle infiltrazioni alle truffe sofisticate, anche online. Infatti non ci siamo fermati. Dal sequestro di quasi centomila mascherine non conformi, alle grandi frodi tributarie scoperte, fino alla più recente operazione “Tre Cunei” (nella foto sotto: la relativa conferenza stampa) che ha smantellato un’organizzazione a delinquere internazionale con sequestri antimafia milionari in Italia e in Spagna, cosa mai avvenuta prima in questa provincia». Come e dove è cambiata l’attività della Guardia di Finanza durante la pandemia? «Sulla base di espresse direttive del nostro Comando generale, abbiamo modificato la nostra azione, riconvertito le attività più sul contrasto alle illegalità sistematiche o più pericolose, che sulle classiche verifiche fiscali (le quali pure vengono effettuate), perché ci rendiamo conto che, in un periodo così difficile, presentarsi a un imprenditore senza rilevanti elementi di sospetto o precedenti può essere interpretato come una sorta di vessazione. Per esempio, anche i controlli cosiddetti “strumentali” (scontrini e ricevute) sono in questo periodo più mirati e vengono svolti ove si abbia il sospetto di irregolarità sistematiche. Se avessimo adottato lo stesso “modus operandi” di due anni fa, avremmo creato un disastro nel disastro». Quasi tutte le categorie produttive hanno subìto gravissime perdite. Perché dovrebbero pagare le tasse? «Perché il pagamento delle imposte da parte di tutti cittadini, ognuno secondo la propria capacità contributiva, è uno dei fondamenti della tenuta del bilancio dello Stato. Le decisioni strategiche spettano alla politica. Credo si possa pensare a esenzioni importanti, ad esempio sull’imposizione diretta, così come sulle tasse e sulle imposte comunali. Covid a parte, storicamente, le esigenze del bilancio erariale hanno portato a una tassazione molto alta, talvolta poco sostenibile, e questo può indurre il contribuente a pagare meno tasse o a eluderle, a volte a non pagarle affatto. Come è ovvio, dal mio punto di vista, che è quello dello Stato, non può e non deve essere una giustificazione o una scusante. Alcuni parlano di “evasione di sopravvivenza”. Si può comprendere, soprattutto adesso, in alcuni casi. Evidentemente, però, quando mi metto d’accordo con altre persone per evadere/eludere il fisco per milioni di euro, magari anche no». Soluzioni per abbassare la pressione fiscale? «Una politica forte, che possa durare nel tempo, per molti anni, dovrebbe riformare il sistema tributario e abbassare la pressione fiscale. Step by step, senza promesse mirabolanti o demagogia. Così l’imprenditore riuscirebbe a mettere da parte qualche gruzzoletto, scenderebbero le tasse e si innalzerebbe la complessiva fedeltà fiscale». ho vissuto e studiato quattro anni». Tre lauree (Giurisprudenza a “La Sapienza” di Roma, Scienze della sicurezza economico finanziaria a Tor Vergata, ancora nella capitale, e Scienze politiche a Trieste), due master (Studi internazionali e Studi strategico-militari), poi una carriera folgorante. Sei anni in Puglia da tenente all’epoca dell’emergenza contrabbando («Anni complessi, ho anche, purtroppo, perso colleghi a cui tenevo molto»), dopo in Umbria dove ha comandato diversi reparti e coordinato, tra le altre, le indagini sul fallimento del Perugia Calcio della famiglia Gaucci, poi il corso superiore di Stato maggiore a Roma, seguito da una forte esperienza nello Scico (il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) per 5 anni, il grado di colonnello e la nomina a Comandante provinciale di Siena, con, tra le tante, un’inchiesta internazionale sul falso Brunello di Montalcino. Altri quattro anni a Perugia, in qualità di Capo di Stato maggiore del Comando regionale Umbria e, infine, il Piemonte, con la Granda. All’epoca dell’arrivo lei era entusiasta. Oggi? «Confermo l’impressione che mi ero fatto e che mi era stata riferita. Questa è una provincia dove la legalità la fa da padrona. La stragrande maggioranza delle imprese seguono le norme tributarie, ma ci sono comunque “sacche di illegalità” perduranti, che purtroppo il Covid ha ampliato. Tanti imprenditori hanno difficoltà, molti sono tentati dal seguire scorciatoie. Ci sono tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata, che però possiamo contrastare». Usura? Mafia? «Sull’usura non abbiamo grandi segnali, anche se la guardia è alta. Ci sono però indicazioni su fondi di dubbia provenienza, proposti a qualche imprenditore che, dopo un’annata drammatica, può trovarsi di fronte a un bivio: chiudere e mandare sul lastrico le famiglie dei dipendenti, o accettare l’offerta di chi dice: “Posso darti i soldi che ti servono, ma non chiedere da dove provengono”. Siamo anche noi consapevoli del momento, ma l’appello agli imprenditori è di segnalare questi episodi. Un infiltrato magari ti salva nell’immediato, ma, tra ricatti, estorsioni e richieste di denaro, di certo pregiudica il futuro». Il problema del nostro Paese è anche che non
si è mai visto un Governo durare molti anni, con continui cambi di legislatura che complicano e le cose in più settori. La Granda ne sa qualcosa a livello di infrastrutture. «L’autostrada Asti-Cuneo incompiuta, il Tenda bis che chissà quando verrà completato. Evidentemente qualcosa negli ultimi anni è mancato. Questa provincia ha ancora una dimensione molto regionale, non viene percepita a livello nazionale per la sua importanza e grandezza. Quasi 600 mila abitanti, un tessuto imprenditoriale e un reddito elevato, bellezze straordinarie dalle colline di Langa alle montagne del Monviso, eccellenze enogastronomiche, città e centri storici affascinanti. In Toscana ci sono realtà, magari con meno potenzialità della Granda, eppure tutti sanno che esistono. Mi hanno spiegato che preservare il territorio e chiudersi rientra nel carattere cuneese, ma credo sia venuto il momento di aprirsi molto di più». A proposito di carattere, qual è lo stile del colonnello Luca Albertario? «Amo molto il concetto di “squadra”, sono un Comandante “operativo”, cioè non mi limito al coordinamento, voglio conoscere bene e nel merito verifiche, investigazioni, indagini. Ho un rapporto molto stretto con i Comandanti di Reparto. Un ufficiale è un punto di riferimento, un organizzatore, gestore di risorse, uomini, e anche un po’ psicologo. Siamo militari, ma prima di tutto uomini, con tutti i problemi personali, di lavoro e familiari. Prediligo il dialogo e la solidarietà per risolverli. Credo anche nella valorizzazione mediatica di ciò che facciamo, tengo molto a che il cittadino apprezzi e conosca i risultati del nostro lavoro». Non che faccia sempre piacere ricevere una visita della Finanza... «Fino a diversi anni fa, eravamo più che altro “temuti”. Da tempo, tuttavia, i nostri vertici hanno voluto cambiare approccio e ci sono riusciti, perché da temuti siamo diventati soprattutto “rispettati”. Nei sondaggi di gradimento dei cittadini italiani verso le Forze di Polizia, nel 2019 eravamo addirittura primi in classifica». A cosa si deve questa netta inversione di “tendenza”? «Determinante è stato il passaggio, strategico, da Polizia tributaria a Polizia economico-finanziaria. Il Corpo è passato dal fare soprattutto verifiche, in qualche modo andando a “guardare nelle tasche” dei contribuenti, alle grandi inchieste sugli sprechi nella pubblica Amministrazione, sulla corruzione e sulle infiltrazioni della criminalità nell’economia sana. Così facendo, credo abbiamo conquistato un buon favore da parte dei cittadini, che oggi apprezzano molto di più il nostro lavoro. E se lo ricordano». Per tradizione, un Comandante provinciale viene trasferito dopo tre o quattro anni di
Una foto d’archivio che ritrae il colonnello Albertario con l’ex prefetto di Cuneo, Giovanni Russo
«Noi Finanzieri non siamo nemici. Durissimi con il cittadino disonesto, ma vicini a quello onesto. È questo il motto che ho scelto. E sono entusiasta del mio lavoro»
servizio nello stesso incarico. In teoria lei resterà a Cuneo fino al 2022 o al 2023. Come vorrebbe essere ricordato? «Come un Colonnello entusiasta del suo lavoro. Non tutti sanno che al mio arrivo a Siena, la contrada della Selva aveva appena vinto il Palio dell’Assunta. La città di Cuneo è gemellata con la Selva che, come la contrada del Drago (per la quale tifavo, perché c’è il nostro Comando provinciale), non ha contrade nemiche. Anche noi Finanzieri, non siamo nemici. Durissimi con il cittadino disonesto, vicini a quello onesto. È questo il mio motto».