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Il “rinascimento digitale” secondo il Direttore di InfoCamere
sterà nell’aiutare il maggior numero di imprese a intercettarla». In questo momento fare previsioni è difficilissimo, ragiona: «Il Paese è sospeso: chi voleva aprire un’impresa aspetta di farlo non appena si capirà se davvero ci saranno le condizioni per operare; chi voleva chiuderla, allunga l’attesa per accedere ai sostegni del Governo e verificare se vi siano le condizioni per continuare. Non dimentichiamoci che c’è ancora il blocco dei licenziamenti». Insomma siamo fermi, ma non durerà a lungo. E, se oggi è un azzardo capire quali imprese resisteranno alla pandemia, quali sapranno ripartire e quali, invece, dovranno arrendersi, gli elementi che possono facilitare il salvataggio sono chiarissimi.
Direttore, come vede il futuro delle nostre imprese? «Con la pandemia ci siamo accorti di quanto sia strategico e fondamentale il digitale per la nostra vita quotidiana e anche per le nostre attività. Il problema è che siamo indietro rispetto alla maggior parte degli altri Paesi. Peraltro lo certifica anche il Desi, il Digital economy and society index, l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società in Europa: l’Italia è al terz’ultimo
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Cuneo è ai vertici nazionali per densità di startup innovative
Il “rinascimento digitale” secondo il Direttore generale di InfoCamere
«In Italia le startup innovative sono dodicimila, e Cuneo si colloca al quinto posto tra le provincie della penisola per densità di questo tipo di imprese. La Granda viene subito dopo Milano: è una ricchezza, su cui lavorare e da coltivare»
GhezziPaolo
«Quando devi recuperare, non basta fare bene i compiti. Servono “salti quantici”. In questo la pandemia ha aiutato: per l’Italia, si è rivelata un acceleratore incredibile»
posto su ventisette. È una posizione stabile da anni e riguarda imprese, cittadini e istituzioni. Nonostante il salto degli ultimi anni, il gap resta: se devi recuperare non basta fare bene i compiti, servono “salti quantici” e noi non li stiamo facendo. Ma la pandemia ha aiutato, è stata un acceleratore incredibile. Pensiamo alla scuola: senza di essa, quanto avrebbe impiegato ad adeguarsi alla didattica a distanza e ad attrezzarsi con le tecnologie e con le competenze necessarie per farlo?».
Anche le imprese hanno fatto questo scatto? «In tante hanno fatto passi avanti incredibili. Nel 2018 InfoCamere, con
Unioncamere, aveva distribuito un questionario alle nostre imprese. La domanda era: “Internet è importante nella tua attività?”. Quattro imprenditori su dieci risposero che non serviva e non sarebbe servito nemmeno in futuro. Potremmo dire che erano aziende destinate a chiudere e che avrebbero chiuso anche senza la pandemia. Oggi non c’è più nessuno che pensi che internet non serva. Il lockdown ci ha insegnato a usare la rete per fare la spesa, non solo per lavorare. Tuttavia il gap non si è azzerato, e anche chi è consapevole dell’utilità della digitalizzazione non è detto che abbia i mezzi per metterla in pratica. In Italia abbiamo 6 milioni di imprese, di cui la metà, 3 milioni, sono imprese individuali: come si può chiedere a un imprendere individuale di digitalizzare la sua impresa? Non ha tempo e risorse per farlo, se non è aiutato. Le grandi multinazionali si stanno riversando su questo mercato, come consulenti, ma non per tutte le imprese sono costi sostenibili. Servono programmi di cultura digitale che coprano i vuoti di mercato. Per le grandi aziende di consulenza è antieconomico intercettare il malgaro della Valle Maira per spiegargli che ha bisogno del digitale: forse dovrebbe farlo il pubblico, che deve coprire i vuoti di mercato, andare a trovare l’imprenditore mentre lavora, non fargli perdere tempo, e assisterlo lì dove ha bisogno. C’è poi un tema di strumentazioni: pare assurdo, ma nelle nostre aziende non tutti hanno un computer».
E, quindi, come si può favorire il “rinascimento digitale”? «È complicato, ma da qualcosa si
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InfoCamere (sopra: la sede centrale di Roma) è la società consortile delle Camere di commercio italiane. Ha realizzato e gestisce il sistema telematico che collega gli Enti camerali e le loro 300 sedi distaccate
deve cominciare. Gli esempi del passato non mancano. Negli anni Novanta il sistema delle Camere di commercio ha avuto la forza, per primo in Europa e forse nel mondo, di attivare l’anagrafe di tutte imprese in forma digitale. È una best practice a livello globale: l’intuizione è del 1993, la legge venne varata nel 1995 ed è stata di una lungimiranza che di rado si è vista nel legislatore, specie negli anni successivi. Secondo la normativa, l’impresa nasce nel momento in cui i suoi dati sono pubblicati e tutti possono interrogare il Registro e verificare che essa esista. Questo strumento è stato l’àncora di salvezza del nostro sistema economico. Se non avessimo avuto il Registro delle imprese, i nostri imprenditori avrebbero avuto molte più difficoltà a muoversi in un mondo dominato dal web e con una concorrenza sempre più serrata. Serve agli imprenditori per dimostrare e raccontare chi sono, e serve al mercato che, in questo modo, è assai più trasparente».
Quali sono ai giorni nostri gli strumenti strategici per le imprese? «Sono quelli che permettono interazioni digitali semplici, veloci e sicure con un’attenzione particolare all’uso in mobilità. InfoCamere, ad esempio, ha deciso
di sviluppare un apposito prodotto per gli smartphone, perché, a differenza del computer, oggi quello ce l’hanno tutti. Ci siamo ispirati a Steve Jobs e alla filosofia di Apple: la testa delle persone non la cambi, ma, se cambi gli strumenti che usano, si può cambiare il mondo. E così abbiamo portato tutti i servizi per l’impresa letteralmente nelle mani dell’imprenditore: il bilancio,
lo statuto, il certificato d’impresa e molto altro ancora che prima era solo dal commercialista. Si chiama “Cassetto digitale dell’imprenditore” ed è scaricabile sul web, da impresa.italia.it, lo stesso dominio dove c’è anche la app Io (io.italia.it), destinata ai cittadini. È una webapp gratuita, dove l’imprenditore trova tutti i documenti digitali della sua attività, compresa la visura camerale in inglese, perché possa mandarla, ad esempio, a un partner all’estero senza bisogno di farsela tradurre. La app è stata già scaricata da un milione di imprenditori, con un boom nell’ultimo anno. Abbiamo fatto cultura digitale, a volte anche riducendo le distanze nelle famiglie: con i figli, ad esempio, che hanno aiutato i genitori imprenditori a inviare il bilancio su Whatsapp. È questa la strada da seguire».
E come si può proseguire? «Si devono moltiplicare i servizi facili. Lo deve fare la Pubblica Amministrazione, ma possono farlo anche realtà come le banche, le quali, infatti, stanno riconvertendo il proprio operato: per i cittadini che possono fare tutto con l’home-banking, ma anche per le imprese con nuovi servizi. In questo le banche cooperative, che in Piemonte e nella provincia di Cuneo in particolare sono una realtà molto consolidata, fanno da apripista. Qui sta anche la forza del sistema camerale che può offrire vicinanza alle imprese, insieme a strategia e respiro nazionali».
Il piano Industria 4.0 ha dato impulso all’innovazione nelle imprese. Servirebbe una riedizione? «Sì, ma non uguale per tutti. Non si può usare lo stesso strumento per le imprese grandi e per quelle piccole o micro che sono la maggior parte in Italia».
Le Camere di commercio possono avere un ruolo? «Il sistema camerale ha la forza di conoscere bene i territori, presidia ultimo miglio verso le imprese. Nel cuneese, ad esempio, Camera di commercio e Confindustria Cuneo lavorano insieme per fare cultura di impresa digitale, per dare una vera e propria alfabetizzazione informatica di base. Riferisco un dato che mi ha stupito: in Italia le startup innovative sono dodicimila, e Cuneo è al quinto posto nella penisola tra le province per densità di questo tipo di imprese. Viene subito dopo Milano: è una ricchezza, su cui lavorare e da coltivare».
Lei è ottimista in merito alla ripartenza dopo la fine dell’emergenza sanitaria?
Sotto: la classifica delle prime dieci province italiane per densità di startup innovative. Sono considerate “nuove società di capitali” quelle costituite da non più di cinque anni, con un ultimo fatturato dichiarato inferiore a 5 milioni di euro e in stato attivo
Classifica Provincia Startup innovative 4° trimestre 2020 % Rapporto startup innovative sul totale nuove società di capitali della provincia
1 2
TRENTO TRIESTE 3 PORDENONE 4 MILANO
5 CUNEO
6
UDINE 7 ASCOLI PICENO 8 BOLOGNA 9 PADOVA
10 AOSTA 184 60 71 2.282 112 104 83 316 298 22 7,73 6,30 6,03 6,01 5,47 5,12 5,00 4,96 4,94 4,87 «Sono molto ottimista. Con i vaccini usciremo dalla pandemia. E il Recovery Fund sarà il vaccino per la nostra economia. Sono molti soldi. Se verranno spesi bene, daranno una grandissima opportunità di rilancio, perché le nostre imprese hanno creatività e capacità di innovazione. Il brand “made in Italy” è il terzo al mondo dopo Coca-Cola e Visa. Ripartiamo da qui e andremo lontano».