![](https://assets.isu.pub/document-structure/210607101220-52a2b26a85d016f008571720004d2221/v1/39d2cc126bb8a017aa02acde77c0c6e2.jpeg?width=720&quality=85%2C50)
4 minute read
Fondazione Adapt: così evolvono le aziende. La filosofia e l’imprenditoria
A colloquio con il presidente, Francesco Seghezzi La filosofia, attraverso i più Fondazione Adapt: grandi pensatori della storia dell’umanità, così evolvono le aziende come utile mezzo per affrontare la situazione post Covid
“Mezzogiorno-Riposo dal lavoro” di Vincent Van Gogh
Advertisement
Mariachiara Giacosa
Francesco Seghezzi è il presidente di Fondazione Adapt, nata nel 2013 da Adapt, il centro studi fondato dal giuslavorista Marco Biagi per essere un ponte tra il mondo accademico e quello delle imprese e del sindacato. Cresciuta nel tempo, oggi fa ricerca e anima percorsi di alta formazione sulle tematiche del lavoro e delle relazioni industriali. In particolare Fondazione Adapt ha anche una scuola di alta formazione per i giovani con l’Università di Siena, dove sono stati attivati circa sessanta percorsi di dottorato che coinvolgono le imprese, i sindacati e le associazioni di categoria. Con la Fondazione, Seghezzi
Parlare del mondo del lavoro durante l’emergenza sanitaria non è un vuoto esercizio retorico: è preparare il domani di tutti
organizza cicli di incontri e approfondimenti per affrontare il tema del lavoro a 360 gradi. Emergenza lavoro, dramma lavoro, perdita e ricerca del lavoro: quando si parla di occupazione, si associano sempre concetti molto concreti, tempi stretti e prospettive difficili. Dopo un anno, la pandemia sanitaria ha assunto i chiari contorni della pandemia economica e sociale, con il rischio che siano questi aspetti a prendere il sopravvento quando i vaccini inizieranno ad avere effetto e, quindi, a placare la forza del virus. Professor Seghezzi, quanto è attuale, nel pieno dell’emergenza sanitaria, parlare di lavoro? «È attualissimo, anche se ancora non è chiaro quali saranno le prospettive di questa crisi. Sono convinto che il lavoro sarà centrale nei prossimi anni, e nel post pan-
demia. Il Coronavirus ha cambiato profondamente il nostro concetto di lavoro: abbiamo iniziato a lavorare da casa, abbiamo compreso il peso e lo spazio che il lavoro assume nella vita. Credo che, alla fine dell’emergenza sanitaria, ci sarà una forte volontà di ritrovare un equilibrio tra vita e lavoro. Cambierà
Guarda il video
anche il volto delle città, ci saranno da ripensare gli uffici, le città e le modalità in cui si organizzerà l’attività». Non è paradossale, però, affrontare questi temi, così drammaticamente pratici e urgenti, con un approccio filosofico come farete anche nell’àmbito degli appuntamenti programmati ad Alba? «No, anzi. Credo piuttosto che questo sia il momento giusto per ragionare ad alto livello su quale lavoro vogliamo progettare. Alla luce di quello che abbiamo vissuto, chiederci: qual è la nuova idea di lavoro più sostenibile e relazionale che in questi mesi ci è tanto mancato? Come saranno l’organizzazione del lavoro, i processi produttivi e gli effetti sulla società? Queste sono domande molto concrete, è vero, ma ritengo che si possano affrontare con un approccio filosofico, purché la filosofia non si limiti alla mera astrazione. E, se qualcuno nega l’opportunità di questo approccio, in realtà lo sta applicando, seppur al contrario. Non solo, il nostro ciclo di incontri, all’interno del programma di Alba capitale della cultura d’impresa 2021, è fissato in autunno quando ci auguriamo che l’emergenza abbia un po’ mollato il morso sulla quotidianità per consentirci di alzare lo sguardo, buttare l’occhio un po’ più in là. Altrimenti caliamo tutto nell’emergenza, senza una visione di lungo periodo». Cosa cambierà nel mondo del lavoro dopo la pandemia? «Parlando con le imprese, alcune ci dicono: “Tranquilli, tornerà tutto come prima”. Altre, invece, pensano a riorganizzare gli spazi, vendere immobili puntando molto sullo smart working per contenere i costi. Io credo che alla fine il punto starà in mezzo. Si faranno investimenti per creare, anche nei luoghi di lavoro, spazi di condivisione dove fare riunioni e sviluppare processi di creatività e innovazione. Credo anche che cambierà la geografia
![](https://assets.isu.pub/document-structure/210607101220-52a2b26a85d016f008571720004d2221/v1/7a26a52b893204f298760d81ca1e5ea5.jpeg?width=720&quality=85%2C50)
![](https://assets.isu.pub/document-structure/210607101220-52a2b26a85d016f008571720004d2221/v1/6ec09d9e98113f377cfba812d82b9b16.jpeg?width=720&quality=85%2C50)
Marco Biagi
Giuslavorista assassinato nel 2002 dalle Brigate Rosse
Adapt (Associazione per gli studi internazionali e comparativi in materia di lavoro e relazioni industriali) nacque nel 2000, a seguito di un’intuizione del professor Marco Biagi, quale modo nuovo di “fare università”. Ispirata alla strategia europea per l’occupazione e, in particolare, al pilastro sulla “adattabilità” di lavoratori e imprese a fronte delle sfide aperte dai moderni mercati del lavoro, Adapt è un’associazione senza fini di lucro con sede presso il centro studi Deal dell’Ateneo di Modena e Reggio Emilia
del lavoro: non più grandi città piene di uffici, ma alcune parti dell’hinterland e delle aree interne con paesini più piccoli, destinati a diventare microhub di conoscenza, con spazi di coworking dislocati in queste realtà. Quartieri unicamente residenziali avranno spazi per uffici diffusi, i quali concilino l’esigenza di evitare un’ora e mezza di macchina per andare in ufficio ogni giorno, ma per contro, anche l’isolamento del lavoro da casa». Tra i tanti effetti della pandemia c’è stata la riscoperta dei corpi intermedi, che in passato erano stati dati per agonizzanti, se non morti. È d’accordo e, secondo lei, a cosa è dovuta questa rinascita? «Senza dubbio i corpi intermedi hanno riconquistato centralità. Basta pensare a ciò che è accaduto nelle imprese: gli accordi raggiunti un anno fa nelle aziende tra sindacati e imprese hanno tenuto insieme il tessuto produttivo di questo Paese e messo in sicurezza migliaia