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Cinque appuntamenti dedicati ai giovani studenti su argomenti legati al lavoro

Francesco Seghezzi

Presidente di Fondazione Adapt e assegnista di ricerca presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, PhD in formazione della persona e mercato del lavoro, Francesco Seghezzi coltiva tra i temi di ricerca la sociologia del lavoro e le relazioni industriali, con particolare attenzione alla fascia giovanile e territoriale, e al rapporto tra lavoro e innovazione tecnologica. Con studi e master negli Usa all’attivo, è editorialista presso diverse testate di lavoratori. Sono tornati i turni notturni in aziende che non li facevano più da tempo, si sono organizzati protocolli sanitari per garantire le attività e per proteggere la salute dei lavoratori, riducendo il più possibile il rischio di contagio da Covid-19. Si è fatto molto e i corpi intermedi sono stati protagonisti». Come immagina la ripresa? «È difficile dirlo. Io non credo che ci sarà un’ecatombe, piuttosto un numero di licenziamenti fisiologico che sarebbe avvenuto comunque e che, però, si concentrerà in un arco di tempo specifico. Alcune imprese falliranno; a molte è già accaduto, come si nota guardando una qualsiasi via cittadina e contando le serrande dei negozi abbassate. Per contro, però, il settore manifatturiero sta già recuperando molto. Credo ci sia la possibilità seria, per larghe fette di persone, per le quali la propensione al risparmio è aumentata, di avere maggiore capacità di consumo. Penso a un lavoratore pubblico che non ha visto calare il proprio reddito e non ha avuto spese e, quindi, adesso ha più soldi da spendere». Nell’ottica di un mondo del lavoro da ridisegnare, lei ha citato la sostenibilità e l’ambiente. È un tema molto attuale, penso all’Ilva di Taranto, ma anche a tante realtà nelle quali si contrappongono gli aspetti occupazionali e di produzione alla tutela dell’ambiente. Secondo lei, nel post pandemia, si potranno trovare nuovi equilibri? «Nel bel mezzo della pandemia sembrava che nuovi equilibri fossero alla portata, quando ad esempio si

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Cinque appuntamenti autunnali, dedicati in particolare ai giovani studenti,

«È sempre più chiaro che serve ripensare il concetto di lavoro e le sue declinazioni contrattuali e organizzative», sostiene Francesco Seghezzi proponendo un punto di vista originale. Lo porterà anche nella città delle cento torri, all’interno del calendario di appuntamenti per Alba capitale della cultura d’impresa 2021. Professor Seghezzi, quale sarà il vostro contributo all’interno della manifestazione? «Confindustria Cuneo ci ha chiesto di proporre una serie di incontri all’interno dell’evento Alba capitale della cultura d’impresa. Saranno cinque appuntamenti, previsti dal 5 ottobre al 2 novembre. Ospiteremo docenti di materie filosofiche per declinare alcuni dei temi legati al lavoro. Lo spunto nasce da un ciclo di incontri, tuttora in corso, che abbiamo organizzato in streaming sul nostro canale YouTube: parliamo di occupazione, ma lo facciamo attraverso Aristotele, Martin Lutero (a destra, nel celeberrimo ritratto, opera di Cranach il Vecchio), Filippo Brunelleschi e Benvenuto Cellini, per fare degli esempi. Sono incontri con un approccio particolare, propongono percorsi di filosofia del lavoro, per ragionare di come il lavoro sia stato pensato nel corso dei secoli, per approfondire concetti che diamo per scontati, ma che hanno una genesi che vale la pena di essere approfondita e raccontata. Insomma, un approccio diverso da quello che si ha di solito quando si affrontano questi temi. Il programma di Alba sarà una declinazione di questo tipo di impostazione». Quali saranno i macrotemi? «Gli argomenti trattati saranno diversi e coinvolgeranno vari pensatori. Parleremo di Adam Smith e del concetto di arricchimento e dell’homo

parlava della preoccupazione che lo sfruttamento sconsiderato della Terra e delle risorse potessero contribuire alla diffusione di nuovi virus. Ora mi sembra che questa sensibilità sia ridimensionata, ma va detto che il Recovery plan si basa sui due assi della digitalizzazione e della sostenibilità ambientale, per cui abbiamo un buon motivo per fare investimenti che contribuiscano a favorire un miglior equilibrio ambientale. Abbiamo la possibilità di riqualificare interi settori industriali, competenze, filiere, grazie alla possibilità di usare risorse che, in questa entità, capitano una volta nella vita». Il tessuto produttivo è pronto? «Per le aziende inserite nelle filiere internazionali, in cui c’è sensibilità anche solo per immagine e reputazione, credo ci sia già una buona attenzione. Sta a loro coinvolgere i più piccoli per far capire che la sostenibilità non è una gentilezza che facciamo per l’ambiente, ma è in realtà un percorso virtuoso. Dimostrano grande attenzione anche le aziende che sono nate da giovani imprenditori, i quali hanno una sensibilità più spiccata e possono cercare di convincere quelle più datate e più conservatrici». A questo proposito, quale ruolo potrebbero avere i giovani? «Vanno motivati, e riattivati quando ci sarà nuovo mercato del lavoro. Il Next generation Eu d’altra parte vede protagoniste appunto le nuove generazioni. Mi auguro che avvii processi di formazione a tutto tondo, di formazione in azienda, di ricambio generazionale, verso profili che possano aiutare l’intero sistema industriale a mantenere alti livelli di produzione». Ci sono pensatori del passato da cui attingere ricette utili in questa fase delicata? «Dopo le grandi crisi ci sono sempre grandi rinascite. Allo stesso tempo, queste crisi rivelano grandi livelli di vulnerabilità di cui non eravamo coscienti. Pensatori a cui ispirarsi ce ne sono molti, e anzi mi auguro che ne spuntino di nuovi con ricette adatte alle sfide che abbiamo davanti. Uno spunto però voglio darlo: Hannah Arendt ci dice come il lavoro possa lentamente passare dalla produzione di qualcosa, o dallo sforzo per garantirsi la sussistenza, e diventare un’azione, ossia comunicazione di sé, che va oltre la mera produzione. Questa credo sia una sfida non banale. La pandemia ha riempito di senso il lavoro. Abbiamo scoperto che lavoratori che abbiamo sempre considerato marginali sono diventati essenziali, penso ai cassieri del supermercato, a chi fa le pulizie, ai rider. Si è ristrutturato il concetto di carriera

Hannah Arendt

Politologa, filosofa e storica

Francesco Seghezzi nel colloquio con “Made In Cuneo” cita una delle tesi sull’evoluzione del lavoro di Hanna Arendt (1906-1975), politologa, filosofa e storica tedesca naturalizzata statunitense dopo il ritiro della cittadinanza del Paese d’origine deciso dai nazisti

e carrierismo, nel suo rapporto con le relazioni che abbiamo del tutto azzerato. Abbiamo riscoperto questi aspetti e dovremo trovare il modo per rendere funzionale il lavoro a nuove esigenze e stili di vita a cui tutti speriamo di tornare presto».

per approfondire gli argomenti legati al lavoro

economicus. Parleremo di filosofia dell’ecologia, da Prometeo alla cura della Terra, e della critica di John Maynard Keynes all’utilitarismo. Ci saranno anche altri spunti, ma lasciamo un po’ di suspense». Alba ha una storia economica e industriale abbastanza peculiare: dalla malora a terra di grande ricchezza e turismo. È un caso di studio? «Sicuramente è il caso, ben riuscito, in cui si è scelto di declinare la bellezza e l’estetica per crearne una vocazione “industriale”. Mi riferisco in particolare all’enogastronomia e alle eccellenze della ristorazione nate in questo territorio negli ultimi trent’anni, e alla costruzione di un’esperienza personalizzata. Questa zona del Piemonte ha saputo con coraggio puntare su quello. Ha individuato una specializzazione, un mercato, ha lavorato sull’internazionalizzazione di un brand che valorizza molto le professionalità dei lavoratori. E sappiamo bene quanto, anche in Piemonte, il tema della carenza di profili di specializzazione sia presente».

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