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L’Intervista. Vincenzo Bennardo: «La ricompensa per i Vigili del fuoco? Essere utili a tutti»

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Comandante provinciale dei Vigili del fuoco dal 2019 La ricompensa? Essere utili a tutti

Matteo Borgetto

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«Sono un alto funzionario, ma di incendi in carriera ne ho spenti tanti anch’io. Il primo intervento fu durante il corso per dirigenti a Roma: crollò una palazzina nel quartiere Portuense, diversi morti, situazione terribile. Rientrato a

Torino appena finito il corso, era il 24 marzo 1999, quello stesso giorno ci fu l’incendio nel traforo del Monte Bianco: 39 vittime. A volte, se chiudo gli occhi, rivedo gli avvenimenti drammatici e le tragedie che spesso hanno spezzato tante vite, segnando anche la mia. E non è facile conviverci». Vincenzo Bennardo, 52 anni, è il comandante provinciale dei Vigili del fuoco di Cuneo, un incarico che ricopre dal maggio 2019. Guida un “esercito” di 300 Vigili permanenti distribuiti tra la sede centrale e caserma di corso Alcide De Gasperi, nel capoluogo, i distaccamenti dell’aeroporto di Levaldigi, Saluzzo, Alba e Mondovì. Coordina anche l’attività dei quasi 300 pompieri volontari nei sedici distac-

Lo stemma araldico del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. «Blasonatura: di verde, al drago d’oro, di due zampe, passante, la coda in anello e desinente in dardo all’insù, ignivomo di rosso, allumato e armato, dello stesso; al capo di rosso, caricato da sei asce d’argento, in tre gruppi, decussate, i manici in sbarra attraversanti. Lo scudo è timbrato dalla corona, formata dal cerchio, con due cordonate a muro sui margini, sostenente quattro torri quadre, tre visibili, chiuse e finestrate di nero, merlate in ogni lato di tre alla guelfa, riunite da cortine di muro, esse cortine merlate alla guelfa di venti, dieci visibili, cinque e cinque, alternanti le torri, il tutto d’oro e murato di nero. Sotto lo scudo, su una lista bifida e svolazzante d’oro, il motto, in lettere maiuscole di nero, “FLAMMAS DOMAMUS DONAMUS CORDA” (“Domiamo le fiamme, doniamo i cuori”, ndr)». Decreto del Presidente della Repubblica del 24 novembre 2009; registrato nei registri dell’Ufficio onorificenze e araldica il 27 novembre 2009, registro anno 2009, pag. 41; trascritto nel Registro araldico dell’Archivio centrale dello Stato il 26 novembre 2009.

camenti che coprono e garantiscono gli interventi di soccorso in tutta la Granda. Originario di Torino, perito industriale in costruzioni aeronautiche, laurea in ingegneria aeronautica con una tesi sugli incendi boschivi e gli aerei antincendio, poi tre anni di dottorato di ricerca in energetica, con una tesi sugli incendi in galleria. Il primo incarico a Torino, dov’è rimasto 12 anni occupandosi di formazione, corpi speciali, Polizia giudiziaria, area di soccorso, pianificazione emergenza. Promosso a primo dirigente nel 2010, è stato comandante a Prato, comandante vicario a Torino (con una breve reggenza a Biella), poi ha guidato il Comando provinciale di Savona e circa due anni fa è arrivato a Cuneo. Abita nell’alloggio di servizio della caserma, insieme alla moglie Anna (lavora al Tribunale di Cuneo), in una sorta di “full immersion” operativa quotidiana. Sempre presente al Comando, dall’alba al tramonto.

Che idea si è fatto di Cuneo? «La conoscevo da torinese, solo in modo indiretto, perché alle superiori e all’Università ho avuto compagni di scuola e di corso cuneesi, ma non conoscevo la realtà effettiva. La percezione è di una provincia laboriosa, a livello imprenditoriale e artigianale, con un buon tenore di vita e un positivo tessuto sociale. Gente che si dà da fare, forse un po’ timida nel proporsi, nel pubblicizzarsi, ma comunque tuttora un’isola felice».

La provincia di Cuneo è anche terra di alta enogastronomia. «I formaggi mi piacciono tutti. Il piatto indimenticabile è il bollito di Carrù, però adoro anche la battuta di carne di fassona e la salsiccia cruda di Bra».

E la città? «A causa della pandemia, non sono ancora riuscito a godermela. Il mio luogo preferito è la parte centrale, da via Roma a piazza Duccio Galimberti. Dispiace anche non aver potuto visitare meglio la provincia, dove mi sono mosso più per lavoro».

Che anno è stato, quello della pandemia? «Strano. Da una parte abbiamo vissuto il problema sociale che ha portato alla riduzione di alcune tipologie di interventi. Gli incidenti stradali durante il lockdown sono crollati, vertiginosamente. Finito il confinamento, sono aumentati di colpo, come se da un mese all’altro la gente avesse dimenticato come si guida. Nei primi due mesi del 2021, tuttavia, l’attività è stata abbastanza in linea con gli standard: 1.040 interventi, di cui 755 per incidenti di vario tipo».

Quali sono state le principali difficoltà? «Il territorio è molto esteso. Si dice “provincia Granda”, ma te ne rendi conto solo quando ci sei. Cuneo ha una superficie maggiore dell’intera Liguria, con grandi distanze da percorrere e luoghi nelle vallate dove non è facile arrivare, servono tempi lunghi e le attività diventano impegnative».

A leggere il suo curriculum, non sembra un aspetto insuperabile. «In carriera ne ho viste tante, il funzionario mediamente assiste agli interventi più impegnativi. Penso all’alluvione del 2000 a Torino, che ho vissuto da Vigile del fuoco e anche da alluvionato, all’incendio del castello di Moncalieri, a un rogo a Prato in una fabbrica cinese (sette morti), a una mareggiata a Savona con un migliaio di auto poi distrutte dalle fiamme, senza dimenticare il Monte Bianco, il terremoto de L’Aquila, gli interventi umanitari all’estero».

Qui e nella pagina successiva: interventi dei Vigili del fuoco del Comando provinciale di Cuneo che nei primi due mesi del 2021 ne hanno effettuati 1.040

Bennardo Vincenzo

L’ingegner Bennardo guida il Comando composto da 300 Vigili permanenti e coordina l’attività dei quasi altrettanti volontari suddivisi in sedici distaccamenti.

C’è un episodio che l’ha toccata più profondamente di altri? «In generale, gli interventi che riguardano i bambini. Ricordo un piccolo di 2 anni che non parlava ancora. Il papà lo faceva giocare con i grissini vicino a un tritacarne e la manina rimase incastrata. Portammo il bimbo al pronto soccorso con la mano attaccata alla macchina, dovette venire un tecnico per smontarla e aiutare i medici durante l’operazione. E ripenso spesso ad Haiti, quando ci fu il terremoto: per parlare al telefono satellitare salivo su una torretta e da lì si potevano vedere dei “fagottini” composti in una zona della città. Erano tutti bambini deceduti. Una scena davvero straziante».

Come si riesce a mantenere la lucidità nelle situazioni estreme? «Il nostro vantaggio è che il dover operare permette di avere quel giusto distacco per non sentire il carico emotivo. Viviamo anche noi il pericolo, si rischia spesso la vita e, in questo, fondamentale è la paura, perché ti permette di stare attento. Chi non ha paura, rischia di fare le cose da incosciente».

E il coraggio? «C’è anche quello, però lo vedo di più nel concentrarsi in quello che si fa in quel momento, attraverso azioni in cui riesci a distaccare l’aspetto emotivo che ti potrebbe bloccare, grazie alla professionalità e all’esperienza. Spesso comporta anche un rapporto umano con la vittima e devo dire che i Vigili del fuoco, rispetto ad altri corpi di soccorritori, hanno in genere una maggiore sensibilità, un approccio diverso».

Gli eventi più drammatici del 2020 in provincia? «A livello emotivo, l’incidente di Castelmagno ad agosto, dove hanno perso la vita cinque ragazzi. Mi ha colpito la loro giovanissima età in un contesto idilliaco di montagna, di quelli fiabeschi o che si vedono nei film. I familiari erano vicini al luogo dell’incidente e sono arrivati quasi subito: un dramma indescrivibile. A livello operativo, l’alluvione di Limone Piemonte, uno scenario che avevo già vissuto a Torino più volte».

Può succedere di sbagliare, l’errore è umano. Come lo affrontate? «Al rientro in caserma si ridiscute insieme quello che è avvenuto, per trarne sempre un insegnamento e migliorare. Resta il rammarico, ma le scelte il più delle volte sono dovute al contesto, spesso è questione di istanti».

Nell’elenco delle drammaticità, c’è spazio per le soddisfazioni? «La migliore è il grazie della gente comune, attraverso piccoli gesti. A L’Aquila, accompagnai un terremotato rimasto in camicia da notte e ciabatte verso la sua casa, rasa al suolo. Recuperammo un po’ di soldi, due vestiti, documenti, qualche foto di famiglia. Gliele portammo in un sacco e lui ci disse: “Mi avete fatto rinascere”. A Genova, per il ponte “Morandi”, a mezzanotte arrivò un pony express con 50 pizze. Nessuno le aveva ordinate, il ragazzo ci spiegò che il datore di lavoro gli aveva ordinato di farle prima di chiudere la pizzeria e di portarcele. E poi tanti altri episodi, che gratificano il nostro mestiere».

Chi è il Vigile del fuoco? «Quello al quale il cittadino si rivolge quando non riesce a trovare un’altra soluzione; quello che deve anche risolvere le situazioni più strane. Agisce sempre in squadra, conosce il concetto di gruppo. Ciò permette di avere maggiori professionalità da dispiegare durante l’intervento. Ed è comunque un uomo innamorato del suo lavoro, che fa soprattutto per passione. Se non lo fosse, nel lungo periodo andrebbe a cercare altro, anche perché la soddisfazione economica non è grandissima».

Da quasi due anni a Cuneo: secondo la tradizione dei Vigili del fuoco, nel prossimo mese di maggio potrebbe già essere trasferito... «Mi auguro di rimanere ancora un anno, per finire i progetti avviati con i miei ragazzi. Gente seria, brava, preparata, professionale e laboriosa, quel tipico carattere tutto cuneese che ho imparato ad apprezzare. Cuneo, poi, è un posto bellissimo in cui vivere e lavorare. A me forse piace più il caos cittadino di Torino, ma non troppo».

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