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Settimanale di informazione e cultura
Anno LXXXV 14 febbraio 2022
azione – Cooperativa Migros Ticino
SOCIETÀ
I Quartieri, anime della Città Lugano ◆ Gabriele Botti, responsabile dell’Ufficio Quartieri, traccia un bilancio dell’attività svolta finora e guarda al nuovo quadriennio Nicola Mazzi
Dopo aver dato voce al responsabile delle Associazioni di Quartiere di Bellinzona (sul numero del agosto ), scavalchiamo il Monte Ceneri e scendiamo a Lugano. La più grande città del Ticino dal ha in Gabriele Botti il responsabile dell’Ufficio Quartieri della Città. Con lui abbiamo cercato di capire meglio il sistema luganese, i progetti realizzati e le aspettative future. Signor Botti, lei è responsabile dell’Ufficio Quartieri della Città di Lugano da quasi tre anni. Che bilancio personale fa di questo periodo? Quando sono entrato in carica, nel maggio , mi sono preso alcuni mesi per capire bene quali fossero le dinamiche all’interno del variegato universo dei Quartieri di Lugano, che sono e che presentano ognuno peculiarità specifiche. Nel tempo ho stabilito buoni rapporti tanto con le Commissioni di Quartiere (che sono , in ragione dell’unione Loreto-Centro) quanto con molte delle Associazioni che operano nei Quartieri. Lo definirei un periodo di «apprendistato sociale», che mi ha permesso di calarmi nel modo opportuno nel nuovo ruolo, senza stravolgere meccanismi che già funzionavano bene, ma comunque sempre fedele al mio modus operandi che ha nel dialogo, nella mediazione e nel costante confronto i suoi pilastri portanti. Sono stati mesi interessanti dove ho avuto il piacere di incontrare e conoscere moltissime persone che, in un ruolo o nell’altro, hanno a cuore il Quartiere in cui vivono e, di riflesso, la loro Città. Il suo è un lavoro di collegamento tra il Municipio e le Commissioni. Come si riesce a far collimare le richieste degli uni e le esigenze degli altri? Aggiungerei che l’Ufficio Quartieri, che è composto da me e da altre tre persone, opera a stretto contatto anche con i Servizi della Città, che vengono via via sollecitati dalle stesse Commissioni come direttamente dai cittadini. Lo dico in quanto in questo ambito il ruolo dei Servizi è di rilevanza centrale: anche qui i reciproci rapporti sono molto buoni, il che permette di affrontare costruttivamente problematiche non sempre semplici. Alla base del legame Municipio-Servizi-UQ-CQ c’è un mix tra comunicazione e condivisione, tema su cui ho subito puntato: l’informazione nelle due direzioni è essenziale nella risoluzione dei problemi o nell’evasione delle richieste che arrivano alla Città dai Quartieri. Chiaramente, sarebbe bello esaudire ogni desiderio e dire di sì a ogni richiesta, ma questo non è possibile: però, quello che si garantisce sempre è la presa a carico di ogni richiesta, la sua analisi e una risposta compiuta. Lugano ha scelto dal la via delle Commissioni per dar voce ai quartieri della città. Una soluzione con Commissioni di Quartiere composte da rappresentanti dei partiti e cittadini comuni eletti dall’assemblea. Come mai si è scelto di percorrere questa strada? Va detto che negli anni il progetto delle Commissioni di Quartiere è stato affinato e meglio inquadrato. Anzi, a ben vedere ci troviamo tut-
Gabriele Botti è in carica dal 2019.
tora confrontati con correttivi, miglioramenti, piccole o grandi modifiche. Guai se diventassimo una realtà statica che non sa leggere i mutamenti in atto, traendone spunto. Sulla depoliticizzazione delle CQ , la Conferenza delle Commissioni si era a suo tempo divisa a metà: c’era chi auspicava questo passaggio e chi, invece, avrebbe preferito il mantenimento della situazione in vigore con le commissioni composte solo da esponenti politici. Si è optato per una soluzione di compromesso. Questa è una formula che si sta dimostrando equilibrata: nelle CQ convergono persone con un bagaglio di conoscenza ed esperienza diversificato, il che rappresenta di per sé un valore aggiunto. Come dico sempre, le commissioni sono composte da «persone» che amano il luogo dove vivono e che vogliono «fare»: che esse siano scelte dalle Sezioni locali dei partiti oppure nominate dall’Assemblea, non fa differenza. Da pochi mesi sono state rinnovate le Commissioni di Quartiere. Quali sono le sue aspettative per il nuovo quadriennio? Nell’estate , io e i miei collaboratori abbiamo compiuto varie visite nei Quartieri di Lugano, incontrando le Commissioni uscenti e prendendo un primo contatto con chi aveva espresso la volontà di entrarvi. È stato molto istruttivo sentire dalla loro voce quali fossero gli obiettivi e le aspettative una volta eventualmente entrati nella Commissione. Abbiamo toccato con mano la volontà di lavorare «per» piuttosto che «contro», il desiderio di fornire un contributo concreto per la collettività. La mia aspettativa principale è pertanto che questa volontà, oserei dire questo entusiasmo, si trasformi ovunque in qualcosa di concreto, proprio come abbiamo già più volte potuto apprezzare. Il cittadino di Lugano del è molto diverso da quello del o del . L’attaccamento al territorio è ancora presente? È un sentimento avvertito anche dai più giovani? L’attaccamento al territorio, quella che chiamiamo «identità», è molto
forte, seppur con gradazioni diverse. Lo è soprattutto nei Quartieri un po’ più piccoli o in quelli che hanno vissuto le aggregazioni più recenti. L’età, per quanto strano possa apparire a prima vista, non conta granché: il senso di appartenenza a una comunità o a un territorio va oltre la carta di identità. La sfida del futuro prossimo sarà di far sentire tutti abitanti della Città, senza però perdere il contatto con la propria storia, il proprio territorio, la propria cultura. In questo senso, Città e Quartieri devono confrontarsi, parlarsi, anche – perché no – litigare come capita nelle migliori famiglie, sempre con l’obiettivo del bene comune: il passato non si cancella, anzi lo si valorizza, ma davanti a noi abbiamo anche uno stimolante futuro tutto da disegnare assieme. Lo scopo principale delle Commissioni è quello di dar vita a iniziative di quartiere e coinvolgere la popolazione. Mi può fare degli esempi concreti di qualche progetto che è stato realizzato negli ultimi anni? Tutti i progetti proposti dalle CQ sono importanti, nella misura in cui offrono un valore aggiunto al proprio Quartiere: inaugurare una bibliocabina di Quartiere, attivare un servizio di Aiuto allo studio, stimolare un progetto relativo alla toponomastica del Quartiere, proporre un’analisi sulla sicurezza stradale nel tragitto casa-scuola, lavorare nell’ottica di dare nuovi contenuti alle Case di quartiere (gli stabili che prima dell’aggregazione ospitavano i Municipi), organizzare la festa del Quartiere oppure un pranzo per gli anziani, supportare iniziative di Associazioni locali, eccetera. Senza contare il coinvolgimento consultivo delle Commissioni nei progetti condotti dalla Città. Ne ho accennato: esse richiedono di essere informate per tempo e di esprimere il proprio parere e la Città, almeno quando ciò è oggettivamente possibile, ne soddisfa la richiesta e tiene conto degli eventuali suggerimenti. È un processo che a volte provoca degli attriti, ma che risulta sempre fondamentale nell’ottica dell’affinamento del rapporto con l’amministrazione cittadina.
Dal regno dei camosci
Libri ◆ Peter: una storia tra i dirupi della Val Mala scritta da Mario Donati e Valeria Nidola e illustrata da Antoine Déprez Letizia Bolzani
In copertina campeggia un camoscio, regale, ma anche mansueto, vicino a chi lo guarda. E chi lo guarda non può evitare di sentirsi catturato dal suo grande occhio lucente, e da quel pelo, ruvido e morbido insieme, un pelo che – grazie alla tecnica della carte à gratter, sapientemente padroneggiata dall’illustratore Antoine Déprez – sembra di toccare, e di sentirne il calore, nel freddo della montagna. Regale e mansueto, ruvido e morbido, caldo e freddo. E ancora: con le corna e senza corna, prima e dopo, le rocce e il villaggio degli umani. Un gioco di contrasti connota questa storia del camoscio Peter. Contrasti che il bianco e nero delle immagini esprimono con intensità, sin dalla copertina, appunto, e dai risguardi, in cui vediamo i dirupi della Val Mala (che sale da Broglio, dove è ambientata la vicenda) «irta, selvaggia», come la definì nel secolo scorso il nativo Giuseppe Zoppi: e questi dirupi, se guardiamo bene i risguardi, sembrano quasi formare il volto totemico di un camoscio. Poi voltiamo pagina, entriamo nella storia, ed ecco che ci accoglie un altro contrasto, o meglio un dialogo, stavolta di occhi: lo sguardo umano di Mario Donati e lo sguardo animale di Peter, il camoscio. «Per due autunni di fila, a Broglio, nel giardino della casa di pietra di Mario Donati, è apparso un camoscio senza corna» racconta Valeria Nidola, che ha curato l’adattamento della storia di Mario Donati, per questo volume, Peter, recentemente uscito da Salvioni Edizioni. «Mario ha finito per affezionarsi a questo camoscio e ha deciso di scriverne la storia. Riguardando i suoi appunti, che stavano tra la dimensione didattico-scientifica e quella discorsiva, si è accorto che necessitavano di una configurazione più narrativa, e mi ha chiamata, chiedendomi di dargli una mano ad adattarli. Io ho preso tutto quello che lui ha scritto, perché di montagna e di camosci non so nulla, e l’ho intessuto con il filo di un racconto. L’ho scritto tre volte. La prima volta il testo era molto giocoso, c’era il camoscio che dialogava con lo scrittore. La seconda era dal punto di vista di un narratore esterno, e nella terza parlava solo il camoscio. Ha vinto la terza versione. E così il libro è nato. Dalla prima telefonata di Mario Donati alla pri-
ma presentazione del libro alla scuola del comune di Lavizzara, lo scorso novembre, sono passati esattamente mesi, molto simbolico, vero?». E così nasce Peter, la storia di un camoscio senza corna, nel suo avvicinarsi al fondovalle abitato dagli umani e nel suo tornare «a casa», in alto, tra le rocce. Un libro nato dalla collaborazione di vari talenti: «Quando ci siamo incontrati la prima volta è stato stupendo – prosegue Valeria Nidola – perché c’era Mario che ci raccontava la sua esperienza con il camoscio, c’ero io che prendevo appunti, c’era Antoine che faceva foto della Val Mala, e c’era Tessa Donati, la figlia di Mario, che è grafica e si è occupata dell’impaginazione del libro. Poi abbiamo trovato le Edizioni Salvioni, nella persona di Massimo Gabuzzi, un uomo che frequenta la montagna e ne sa apprezzare il fascino». Un fascino reso molto bene, oltre che dal testo, dalle illustrazioni di Antoine Déprez, realizzate con la tecnica della carte à gratter, ossia una carta ricoperta da un sottile strato di gesso, rivestito con una lacca nera. Grattando la superficie nera con uno strumento appuntito si rivela la base bianca, ottenendo un risultato simile ad un’incisione. Peter è un libro per tutte le età, come ci testimonia Valeria Nidola, che ne anima le presentazioni pubbliche: «Per raccontare la storia utilizzo un cavalletto su cui appoggio le tavole di Antoine Déprez ingrandite, e le sfoglio mentre narro. I bambini sono incantati. Alla scuola del comune di Lavizzara c’erano bambini dalla scuola dell’infanzia alla quinta elementare, ma mi è capitato anche di raccontare questa storia in prima e seconda media ed è piaciuta moltissimo, forse perché mette in gioco il disagio nel sentirsi diverso, quando il camoscio ha paura di tornare con gli altri perché è senza le corna. Di fatto gli altri lo accettano, è lui che si sente diverso. Colpisce anche questo tentativo di cambiare vita, e poi il ritorno alla vita che Peter sente più propria. Credo che ogni bambino abbia provato nella propria esistenza un momento in cui si è sentito fuori posto. Insomma, quella di Peter è una storia che piace tantissimo». Al libro è allegato anche un inserto didattico, per conoscere meglio il mondo dei camosci e i territori in cui è ambientata la narrazione. Particolare della copertina del libro edito da Salvioni.