BeLeaf Magazine - July 2022

Page 58

BeLeaf LUGLIO-SETTEMBRE 2022

58

STORIA DELLA CANAPA

La canapa a chiarE lettere TUTTI I TESTI SULLA CANNABIS DAL PASSATO AI GIORNI DI OGGI

Liza Binelli

S

ono talmente tanti i testi del passato che parlano di canapa sotto mille sfaccettature, al punto che, per la prima volta in cinque anni mi vedo costretta a dividere in due parti questo articolo.

Si sono sbizzarriti gli autori dei secoli scorsi argomentando sulla cannabis, talvolta in maniera fantasiosa, senza fondamenta scientifica alcuna, taluna in maniera decisa ed esperta. “Paradisi artificiali” del poeta francese Charles Baudelaire, per esempio, è un interessante libro sul consumo di vino, hashish ed oppio. Un testo sul vizio, sulla debolezza dell'uomo, sui suoi limiti e contraddizioni. Lo scrittore ottocentesco parla del suo rapporto con le sostanze stupefacenti e l'arte, racconta dei paradisi artificiali e, di come questi possano trasformarsi ben presto in un Averno. Cioè in un inferno. La prima parte del volume “Del vino e dell'hashish” (1851), oltre a decantare le gioie e i dolori del vino, mette a confronto i diversi “paradisi”. “Il vino è sangue che pulsa nelle vene - dice - rinvigorisce la volontà, rende forti; ha una sua personalità. Chi beve solo latte è un uomo mediocre, superficiale, se non addirittura malvagio”. Esclusivamente all'hashish è, invece dedicata la seconda parte dell'opera "Il poema dell'hashish". Pur non respingendola totalmente, l'autore giunge alla condanna dell'hashish quale "sostanza del diavolo", che porta sì all'estasi, ma corrode la volontà umana, divenendo talvolta una vera e propria arma per aspiranti suicidi. Se l'ebbrezza del vino è conosciuta da tutti, l'hashish è sconosciuta ai più, quindi l'intento è proprio quello d'informare i lettori contemporanei. Mai avrebbe immaginato, dopo due secoli, che il suo testo sarebbe ancora stato attuale con persone affezionate al suo stile. In esso si ripercorre la storia dell'hashish: gli effetti della canapa erano già conosciuti nell'antico Egitto, Marco Polo nel “Milione” narra di come il Vecchio della Montagna, dopo averli inebriati con l'hashish, rinchiudesse i suoi discepoli in un giardino, per far conoscere loro l'eden, e ricompensarli di un'obbedienza assoluta e passiva; Erodoto narra di come gli Sciiti gettassero sulle pietre roventi i semini di canapa e ne

aspirassero il vapore. Si narra di episodi di contadini francesi, che dopo aver falciato la canapa, avvertissero strani sintomi, e persino del comportamento euforico delle galline che avevano mangiato i semi di questa pianticella. L'hashish inibisce la volontà, la capacità di muoversi: le pupille si dilatano e i colori diventano più nitidi. Ma sia ben chiaro, ancora una volta: Baudelaire condanna l'uso delle droghe, sempre, senza se e senza ma. Da un punto di vista estetico, l'utilizzo di stupefacenti non agevola in nessun modo la produzione artistica, anzi è l'esatto contrario; il poeta si scaglia contro gli "utilitaristi", i quali ritengono che attraverso l'assunzione di sostanze psicotrope, si possano potenziare le capacità pittoriche, niente di più falso, dice lo scrittore dei “Fiori del male”; essi dimenticano che la natura propria dell'hashish è quella di diminuire la volontà. Il poeta francese analizza con lucido distacco queste sostanze senza abbandonarsi ad inutili compiacimenti convenevoli. Lo fa, avendo provato tutto in prima persona, frequentando il “Club de Hashischins” (Club dei mangiatori d’Hashish). La sua è un’esperienza diretta e di acuta osservazione, in quanto scrutava con attenzione coloro che gli siedevano accanto. Sull'ile de Saint-Louis a Parigi, l’autore d'Oltralpe osserva gli effetti sugli artisti, sui filosofi e non sugli uomini comuni.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.