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Gli Impressionisti

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Giuseppe Niccoli

Giuseppe Niccoli

Una grande mostra al MA*GA

di rebecca Maniti

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L’anno appena passato ci ha tolto anche la libertà di poter visitare tante delle rassegne in programma, ha creato un vuoto culturale e diciamocelo, anche di svago con porti sicuri nella bellezza dell’arte, e non pochi disagi alle istituzioni museali ed agli spazi dediti alle esposizioni d’arte. Per fortuna la grande rasse-

gna dedicata all’Impressionismo del MA*GA è tutt’ora conferma-

ta e speriamo di poterla vedere dal vivo e viverla in completezza. La mostra dal titolo “Impressioni-

sti. Alle origini della modernità”

è in programma dal 12 marzo al 5 settembre 2021 e presenterà ben 180 opere dei maggiori esponenti della pittura francese e italiana del Secondo Ottocento: da Gericault a Courbet, da Manet a Renoir, da Monet a Cézanne a Gauguin, a Boldini e De Nittis, provenienti da collezioni pubbliche e private italiane e francesi. La rassegna è curata da un comitato scientifico internazionale, composto da Gilles Chazal (già direttore del Petit Palais di Parigi), Alessandro Castiglioni, Vittoria Broggini, Fiorella Minervino, Virginia Hill, Vincenzo Sanfo, sotto la direzione di Emma Zanella e Sandrina Bandera, rispettivamente Direttrice e Presidente del Museo.

Ci si può preparare alla visita in

anticipo, grazie a degli approfondimenti (riguardanti vite e aneddoti dei protagonisti dell’Impressionismo) che dal 10 gennaio vengono messi in onda sul canale Facebook del MA*GA. Dal vivo, lungo il percorso espositivo (che va alle origini dei linguaggi e delle questioni estetiche che caratterizzano la cultura

Gustave Courbet Petite paysage de mer olio su tela, 32,5x41 cm. Collezione privata

Henry Somm La lettre 1890, pastello, 54x44,5 cm. Collezione privata

IMPRESSIONISTI Alle origini della modernità

12 marzo - 05 settembre 2021 (Verifica l’effettiva apertura prima di recarti sul posto) MA*GA - Museo Arte Gallarate, Gallarate

INFO T. +39 03 31706011 info@museomaga.it

Inquadra con il tuo smartphone il codice QR per collegarti al sito www.museomaga.it

visiva contemporanea) troveremo

il racconto della rivoluzione stili-

stica messa in atto dal movimento nato in Francia alla fine del XIX secolo, troveremo le questioni centrali: la dialettica “accademia–realismo”, la rinnovata attenzione alla natura, le prime immagini della vita moderna, fino all’allontanamento dalla lezione impressionista verso un linguaggio simbolista. Un progetto espositivo e didattico interessante e consigliato s l

A sinistra: Camille Pissarro Femme Accroupie 1882-1883, tecnica mista, 20x15 cm. Collezione privata Sopra: Firmin-Girard Prairie et villas 1880 ca, olio su tela. Collezione privata

r uggero r otondi

ruggerugo@gmail.com

Getulio Alviani

Luce e movimento dell’arte cinetica

di Vincenzo chetta

Getulio Alviani: artista, progettista, teorico, un autore completo dalla profonda valenza culturale. Udine ne ha visto i natali nel 1939, vent’anni dopo si può datare l’inizio della sua ricerca visiva. Attento ai principi del

Bauhaus e dell’arte astratto-concreta, concentrato sui fenomeni

della visione, studia per rendere l’osservatore protagonista attivo nella recezione dell’opera: specularità dei rilievi curvi, vibratilità delle tensioni positive-negative, ricerca programmata del movimento nelle superfici vibratili. Così lui stesso ha raccontato i suoi primi approcci al mondo dell’arte: “Propriamente non dipinsi quasi mai, ma ricordo i miei comportamenti nei primissimi anni di scuola: i libri che ricoprivo in una certa maniera per me logica, ordinatissimi, gli strumenti di lavoro tutti in serie, e la costante paura che le cose perdessero la loro integrità. Ricordo, tra le prime cose fatte, una serie di fogli con le immagini di fili dell’alta tensione nel cielo. Mi

affascinavano quelle linee dentro

le quali correva l’energia, che erano sospese, senza peso, non terrestri, non viscerali. Nel 1952 feci, credo, gli unici due lavori ad olio e smaltati sul movimento delle onde del mare, completamente astratti, geometrici, coloratissimi. Intorno ai quindici anni entrai in uno studio di architetti e ingegneri e la cosa cominciava a diventare vera, molto seria per me. Essi progettavano piani regolatori, fabbriche, residenze. C’era un lavoro sempre febbrile, piuttosto in antitesi con la mia natura, e ricordo che proprio questo loro modo di fare fece scattare in me un’esigenza di acutizzazione del particolare, dell’analisi minima. Fu così che arrivai a quelle che penso le mie prime significative operazioni: una superficie di un metro per uno composta da tanti pezzi di 20x10 cm di materiali bianchi di diversa natura, da cui risultavano le enormi differenze tra un bianco e l’altro, e così poi una raccolta analoga, sempre di un metro quadrato, di neri. Cominciava così quel proces-

so di acutizzazione nel fare e nel far recepire, che è da sempre alla

base del mio lavoro...”. Gli anni sessanta sono quelli che hanno visto la nascita delle “Strutture monocromatiche polivalenti”, gli ambienti vivibili trasformabili, gli oggetti plastici in serie; e poi la “Programmazione per strutture ottico- dinamiche”, i “Problemi di vibralità luminosa”, gli speculari e le “Chrome strutture”, oltre allo studio di elementi standard per complessi parietali problemi di integrazione con l’architettura, di cui si ricorda ad esempio la realizzazione nel 1965 di una parete con una superficie a testura vibratile nel Kinder Garden di Leverkusen. Queste sono realizzate in alluminio e fresate elettricamente con precisione determinata da una programmazione definita; la superficie muta conti-

Getulio Alviani “Superficie a testura vibratile”, 1964 Collezione MoMa, New York

“L’arte, espressione del punto d’arrivo attuale della conoscenza, è consapevole dei suoi limiti. Il suo essere è nel confermarsi stesso nel seguito di un continuo proporre, ” constatare, verificare, mai mezzo strumentalizzato in relazione ad altro, essendo appunto l’arte costantemente operatrice entro se stessa. Getulio Alviani

Getulio Alviani seduto nella sua sedia rossa e blu, progettata dal designer olandese Gerrit Rietveld nel 1917 e scambiata per una opera nel 1961 a Lubiana. Ph. Nino Lo Duca In copertina Getulio Alviani “Cerchi progressivi”, 1967 Collezione privata, Milano

nuamente a seconda delle posizioni degli angoli visuali e dell’incidenza luminosa, generando dunque immagini sempre diverse. Da citare anche la progettazione, per la famosa stilista Germana Marucelli, di tessuti con criterio cinetico-visuale. Già solo da questo assolutamente sintetico e non esaustivo elenco, possiamo capire quanto fosse versatile e immenso il campo di azione di Alviani. Impossibile dare il giusto spazio ad ogni tipo di attività da lui intrapresa nelle poche pagine che abbiamo qui a disposizione, cercheremo dunque di raccontare i periodi più importanti della sua carriera artistica, mentre per un buon approfondimento generale su Getulio Alviani sarà molto interessante consultare il Catalogo Ragionato attualmente in preparazione, edito da Skira. Nella sua carriera artistica tante le mostre personali che l’hanno celebrato, inoltre è stata intensa la partecipazione alle più importanti manifestazioni d’arte visuale: “Arte Programmata” organizzata da Olivetti a Venezia, Roma, Dusseldorf e Londra dal 1962 al 1964; “9 tendencije” a Zagabria dal 1963 al 1967; “Nouvelle tendance” a Parigi nel 1964. Importanti le parte-

Getulio Alviani “Rilievo speculare a elementi curvi”, 1962

cipazioni alla XXXII Biennale di Venezia nel 1964, alla “The Responsive Eye” al MOMA di New York nel 1965; e poi “Lo spazio dell’immagine” a Foligno nel 1967 e “Documenta 4” a Kassel, nel 1968. Tra i musei principali che lo custodiscono nelle loro Collezioni, possiamo citare il Museè de l’Ateneum di Helsinki, Museum Kaiser-Wilhelm di Krefeld, Moderna Galerija a Ljubljana, Städische Museum Schloss Morsboich a Leverkusen, Victoria & Albert Museum di Londra, The Museum of Modern Art a New York, Rijksmuseum Kroller-Muller Otterlo, Moderna Gallerija Rijeka, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Museo Revoltella a Trieste, Galerija Suvreme Umjetnosti e Muzej za Umjetnost i Obrta, entrambe a Zagabria. In un testo da lui scritto, “Quando arte e scienza si incontrano sul

“L’importanza che ha avuto nel settore della grafica la tendenza programmata e costruttivista è indiscutibile: tutto quell’alone di imprecisione, di tonalismo, di artigianalità che costituiva una delle prerogative dell’incisione post impressionista e poi informale, è venuto a cadere in seguito alle lucide formulazioni della poetica concretista e, in seguito, “optical ” e programmata.

Il fatto è evidente a chiunque esamini le opere di qualcuno dei rappresentanti

della Konkrete Kunst Svizzera (Bill, Lohse), dell’Op-Art (Riley, Vasarely) e dell’arte programmata (Alviani, Cruz-Diez, Mari, Soto). Nel caso di Getulio Alviani, che è uno dei ”rappresentanti più puri di questo indirizzo, abbiamo un esempio significativo di come un determinato genere di operazione visuale possa valere tanto con un medium che con un altro, mantenendo ovunque la sua efficacia. Gillo Dorfles

metodo, che cosa sono state le nuove tendenze”, troviamo il motivo del legame tra lui, la Slovenia e la Croazia: “Lubjana e Zagabria divennero un po’ le mie patrie d’elezione, la prima affettiva, la seconda culturale. Noi delle nuove tendenze vivevamo in differenti parti del mondo inizialmente senza conoscerci, distanti tra noi sia per estrazione sociale e culturale e sia, appunto, geograficamente, dal Brasile all’Argentina, dalla Francia alla Germania, dalla Svizzera alla Jugoslavia, da città come Ulm, Cholet, Padova o Udine a metropoli come Parigi o Vienna. Lavoravamo con impegno e senza clamore su problemi ottici e di percezione, sulle immagini virtuali sul dinamismo intrinseco dell’opera, sull’intervento del fruitore, sulla luce e sullo spazio, sulla serialità, su nuovi materiali e su inedite presentazionalità del conosciuto, con alla base la matematica e le forme esatte. […] Esigenze coinvolgenti la coscienza dell’uomo con un approccio senz’altro più vicino, per metodo di ricerca, alla scienza. Si voleva dare all’arte un altro senso, quello scientifico e conseguentemente sociale, proprio perché basato sull’oggettività scevra da ogni interpretazione letteraria. Arte come enunciato e risoluzione di problemi plastici, sempre verificabili, per ampliare il campo della conoscenza e quindi con una forte componente didattica. Zagabria, città allora non facile né da raggiungere né da lasciare per chi lì viveva, ma con idee alle quali le nostre erano assai vicine, per un insieme di fattori concomitanti divenne il centro mondiale di questo movimento e non solo

Sopra: Getulio Alviani “Superficie a testura vibratile” Museo del Novecento di Milano

A destra: Getulio Alviani “Disco”, 1965 Collezione privata, Milano

“L’opera è composta di lamiere di alluminio fresate e incollate. Lo spessore delle lamiere è di circa mezzo millimetro. Su ogni lamiera vengono riprodotti dei piccoli solchi circolari. Si genera una riflessione della luce a forma di cono. La sapienza dell’artista, sta nel comporre le varie lamiere in modo che la riflessione della luce di ogni singola lamiera sia in equilibrio con la riflessione della luce delle altre lamiere.”

dal punto di vista espositivo e ideologico, ma anche pratico.[…]”. Nel 1976 Alviani ha avuto la cattedra di pittura all’Accademia di Carrara, mentre dal 1981 al 1985 ha ristrutturato e diretto il Museo d’Arte Moderna di Ciudad Bolivar in Venezuela, da lui consacrato all’arte di ricerca ottico-costruttiva. L’opera di Getulio Alviani si qualifica al di là di una giusta impostazione di metodo per la varietà delle invenzioni e per un accorto impegno dei materiali, non passivamente affidati alle loro intrinseche possibilità evocative, bensì coordinati secondo una definita, lucidissima, idea creativa. Come abbiamo accennato prima, Alviani era impegnato nella ricerca di forme e strutture elementari la cui visualizzazione chiamasse direttamente in causa lo spettatore per stabilire con lui un rapporto diverso da quello proteso dalle arti di tipo tradizionale: lo spettatore si trasforma in fruitore, totalmente partecipante le metamorfosi spazio temporali luministiche dell’oggetto artistico proposto. In sintesi, possiamo dire che il

suo lavoro va fatto risalire ai tempi del concretismo e a quelli del

Bauhaus, ed è necessario capire le motivazioni delle proposte cinetiche mettendo a confronto le ricerche attuate, sviluppate su una linea così concepita, con la nostra cultura dominata dalla fenomenologia. Getulio Alviani non ha prestato il suo talento solo nella progettazione concreta, ma ha anche scritto molto nella sua vita, di lui, dei suoi colleghi, dell’arte e della progetta-

Sopra: Getulio Alviani “Archetipo / testura vibratile”, 1964, disegno a china

A sinistra: Getulio Alviani “testura vibratile positivonegativo”, disegno a china

“Lucio Fontana può essere apparso anche un po’ mistificatore per l’enfasi data al superamento dello spazio attraverso i suoi buchi, ma ebbe la genialità di dare un titolo come quello di “attese” alle sue opere più significative, i tagli; e questa fu alta filosofia: l’uomo senza l’attesa è nulla, se ”manca l’attesa non c’è vita, noi viviamo nell’attesa: è una constatazione che possiamo fare tutti. Le opere di queste ricerche sono eccezionali e stanno formando una storia nuova, appena incominciata, con tanto futuro. Getulio Alviani

zione dedita alla vita quotidiana. In un suo testo molto interessante sull’Arte del fare, propone un perfetto collegamento tra progettazione industriale, politica e quotidianità umana, di cui riporto una piccola parte: “L’economia del disastro, che vuole solo una vorticosa circolazione di denaro per far arricchire gli Stati con ogni specie di tasse e infinite gabelle per proliferare, vuole errori, e questi pessimi ne sono i principali produttori. Prendiamo un esempio, il più dilagante in tutto il pianeta: le vetture, mezzi fatti per muoversi “auto-mobili”. Queste bagnarole di latta e stucco parcheggiate infestano ogni luogo (non adempiendo quindi alla loro funzione dinamica) ed occupano mediamente 4/5 metri cubi (per non dire degli autobus, 100/120 metri cubi) sia quando sono cariche di persone, sia vuote, sia quando viaggiano che da ferme; se ferme intasano le vie e arterie e deturpano lo spazio, sono solo di impedimento. Sono invece la gioia degli ”ausiliari (che ipocritamente vuol dire ’aiutanti’) della sosta” che imperversano in ogni dove, felici solo di multare. Felici e orgogliosi sono i Comuni che con queste multe (dei veri furti legalizzati) si vantano di incassare miliardi. E la colpa di chi è? Dei pessimi progettisti di vetture (preoccupati di accontentare la committenza più stolta e vanitosa), dei progettisti di strade, infrastrutture, ecc. ecc, e di altri ingegneri. che invece di risolvere (ne sono incapaci) le problematiche vere, si associano ai politici e ai maneggioni degli affari (vedi semafori truccati) per impinguare se stessi e vessare gli altri. Tutto questo è ripugnante e dimostra tutta la stupidità e l’arroganza della classe trainante contemporanea. Oggi negli uomini, più che cercare di emergere risolvendo i problemi con intelligenza, è più forte il desiderio di mandare sempre più in basso i propri simili e sembra tutti ci riescano. Così si genera il degrado totale.” Non ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente dal vivo, un grande peccato, perché menti così se ne incontrano poche. Bastano le poche, sentite, parole di Diora Fraglica, a farci comprendere quanto Getulio Alviani fosse immenso: “Anche se nella vita, la morte deve avvenire per tutti, è enormemente drammatico quando questo avviene a chi, come Alviani, ha costruito una struttura tra vita e lavoro esemplari. Doveva iniziare pienamente a goderselo, ma così non è stato. Avendogli vissuto a lungo accanto, mi lascia una infinità di continue presenze che lo fanno continuare a vivere. I migliori sono coloro il cui spirito rimane da guida per chi continua questo faticoso mestiere di vivere, ed Alviani continua a vivere. Così è per me che ho ricevuto da lui tanto, che mi resterà dentro e lo renderà sempre presente. Questo è il meglio del continuare a vivere”. s l

La Luce è Luce, il Movimento è Movimento. Non metafora della luce, non metafora del movimento.

Getulio Alviani Collezione Milan Dobeš Museum Ph. Nino Lo Duca

Chelita Zuckermann

Lo spirito e la spiritualità del Messico

di danieLa MaLabaiLa

Architetto e artista autodidatta, nata a Città del Messico, in Italia dal 2006:

Chelita Zucker-

mann è la vincitrice per la scultura del Premio Copertina del

BIANCOSCURO Art Contest

2020. A lei è infatti dedicata l’Over The Cover di questo numero, vinta con l’opera “Angelo della luce”, opera in alluminio che simboleggia quella “voce” che ognuno di noi ha dentro, che ci guida e ci protegge nelle vicissitudini della nostra esistenza. In un mondo povero di spiritualità, la ricerca dell’inspirazione nella luce e voce interiore che abbiamo dentro di noi rappresenta l’unico importante veicolo che ci guida nelle scelte di vita. L’alluminio è diventato suo materiale d’elezione, dal 2016 infatti

Chelita realizza le sue opere trasformando i fogli di alluminio in

sculture. Da subito questo svolta creativa ha ricevuto molti consensi, nel 2017 due sue opere vengono allocate in luoghi pubblici a Porto Rotondo e dal 2019 altre due sue sculture fanno parte delle collezioni del Museo Papalote di Città del Messico e del Museo Ebraico di Casale Monferrato. La prima è “Farfalla Monarca Papalotl”, un’opera che prende il suo nome dalla lingua degli Aztechi, per loro simbolo del sole e dell’anima. La farfalla è sempre stata in tutti tempi e per tutti i popoli simbolo della rinascita, della liberazione dal proprio corpo per l’ascesa al cielo e Papalotl rappresenta, nella sua veste metallica quel meraviglioso processo di finale trasformazione. Papalotl vuole essere anche un omaggio alla farfalla Monarca, amata dal popolo messicano al quale regala ogni anno lo spettacolo della sua straordinaria migrazione dal Canada in milioni di esemplari. Il suo corpo cavo e pieno di trasparenze simboleggia la leggerezza e la fragilità della farfalla, che si contrappone alla forza e resistenza dell’alluminio, che si piega al vento senza spezzarsi e si libera nel cielo, come dicevano gli Aztechi: “Come fosse un fiore volante”. Chelita ha creato anche un’altra opera legata alle credenze degli Aztechi: “Ape pipiyoli”, un’ape operaia che porta il polline con le sue zampe posteriori, realizzata in scala 100:1. Pipiyoli significa ape nella lingua degli Aztechi, i quali credevano che le anime si trasformassero in insetti. L’autrice ci racconta: “Ho scelto l’ape perché è l’emblema dell’eterna rinascita e del rinnovarsi della natura. La nostra vita e quel-

Sopra: Angelo della luce - 2020, scultura in alluminio specchiato e martellato, 40x50x55 cm.

Sotto: Bambina con palloncino oltre il covid19 - 2020, scultura in alluminio specchiato e martellato, 85x55x26 cm.

[A]

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la dell’intero pianeta, dipendono dall’importanza delle api nell’ecosistema. L’ape è simbolo di temperanza, socievolezza, disciplina, giustizia, pace e ingegnosità. Rappresenta anche il coraggio, per la tenacia con cui difende il proprio alveare ed è esempio di un modello politico per la società degli uomini.”. Da queste poche parole possiamo comprendere quanto sia importante il suo lavoro artistico, mai fine a se stesso, ma sempre con un messaggio intrinseco. Il Museo Ebraico di Casale Monferrato ha inserito “Luce Miracolosa - Hanukkah” (realizzata in alluminio brillantato proprio per catturare e riflettere tutta la luce disponibile) nella sua collezione al numero 238 del Museo dei Lumi. È stata ispirata dal “Miracolo di Hanukkah”, quando miracolosamente, l’olio d’oliva puro disponibile, che sarebbe bastato per un solo giorno, è durato per tutti gli otto giorni previsti per i festeggiamenti.

La leggerezza dell’alluminio

permette alle sue sculture di muoversi al soffio del vento e grazie alle proprietà di riflessione della materia prima che usa, le sue

sculture riflettono la luce naturale e artificiale e si mime-

tizzano nell’ambiente. Con le

sue opere la Zuckermann vuole portare gioia e luce a chiunque

le possieda. Ha dedicato un’opera anche alla pandemia che sta soffocando il mondo da ormai un anno:

“Bambina con palloncino oltre

il covid19”, una scultura che rappresenta la speranza (identificata

[A] Farfalla Monarca - 2018, scultura in alluminio, 125x160x192 cm. Collezione Museo Papalote - Città del Messico

nella bambina) della vittoria sul virus nel mondo (la libertà del palloncino). “Questa bambina con il suo palloncino è un messaggio di speranza, la visione gioiosa e incantata che hanno i bambini della vita”, ci spiega Chelita. Anche altre due sue opere, “Farfalla blu” e “Pegasus oltre gli ostacoli” parlano di rinascita e libertà spirituale. In “Farfalla blu” ritroviamo il simbolo della liberazione del corpo fisico e l’ascesa al cielo (“La nostra anima è fragile come una farfalla”); mentre “Pegasus” è un cavallo alato selvaggio e libero che supera gli ostacoli della vita. Così ci racconta Zuckermann: “La vitalità e la forza del cavallo, unite alla capacità di volare e quindi di liberarsi dal peso della gravità fanno di Pegasus un simbolo della

vita spirituale e della libertà che

si eleva indomabile, incurante, di qualsiasi ostacolo terreno”. Oltre al prestigioso traguardo raggiunto al BAC 2020, Chelita Zuckermann ha vinto quattro primi premi di scultura, nel 2019 il Premio Arte Laguna di Venezia nella Categoria Business for Art e due premi a Palm Springs, negli Stati Uniti d’America. Siamo sicuri che questo è solo l’inizio della sua carriera, che si prospetta ricca di successo e di luce, questa volta non riflessa, ma propria. s l

INFO

www.chelita.it riojaschelita@yahoo.com.mx @chelita_zuckermann Chelita Zuckermann

Sopra: Luce miracolosa - Hannukkah 2019, alluminio brillantato, 110x 65x15 cm. Collezione del Museo dei Lumi Museo Ebraico - Casale Monferrato (AL)

Sotto: l’artista Chelita Zuckermann con l’opera “Libertà“, 2020, scultura in alluminio specchiato e martellato, 150x32x140 cm.

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