STORIE DI MONTAGNA
Spedizioni pittoriche Angelo Bellobono ha disegnato quadri con la terra raccolta dalle vette appenniniche. Lui che conosce bene le montagne ha trasformato l’esperienza escursionistica in arte. Così si “ricuce” il Paese di Gianluca Testa
U
n cavalletto aperto su una collina, un tramonto, campi coltivati bagnati dal sole, il campanile di una chiesa. Questa scena basta di per sé. È sufficiente a spalancare le finestre della nostra memoria inconscia e a richiamare suggestioni acquisite. Subito appaiono visione romantiche di pittori che indossano camicie dalle maniche larghe e baschi calati su un lato. C’immaginiamo gli impressionisti e pensiamo ai dipinti di Monet, Cézanne e Renoir. Ebbene sì, c’era una volta la pittura en plein air. Ma al di là delle definizioni e delle biografie ereditate dallo studio della storia dell’arte sappiamo bene che quel che cercavano certi artisti, decisi com’erano ad abbandonare le mura dei loro studi a favore dell’aria aperta, non era solo la ricerca della verità dei colori e dell’essenza delle cose. Gli impressionisti, e con loro anche gli autori che gli sono succeduti, avevano la consapevolezza che il contatto con la natura e il paesaggio fosse essenziale per cogliere e trasferire emozioni. Del resto l’arte è proprio questo: emozione. Lo sa bene Angelo Bellobono, che con gli impressionisti ha poco a che fare. Anche lui è un’artista, certo. È pittore, sportivo, amante della montagna. E gli uomini, si sa, non sono mai una sola cosa. Se l’abilità, la sensibilità e l’attitudine ti spingono verso una forma espressiva, sai già che la creatività troverà forma attingendo e miscelando tutte le esperienze e le passioni racchiuse in un solo cuore. Ed è proprio facendo sintesi di ciò che più gli piace che Angelo ha restituito contemporaneità alla pittura en plein air inventando quelle che ama chiamare «spedizioni pittoriche». Lui che è ha studiato scienze motorie, che è maestro di sci, che ha allenato atleti olimpici e gareggiato, lui che ha esposto sia a New York sia a Marrakech, lui che ha dipinto quadri con la terra delle cime appenniniche, nel 2018 (prima) e nel 2020 (poi) ha realizzato due progetti simili perfino nel nome. “Linea Appennino 1201” - dove 1.201 sono i chilometri che separano il Monte Alpi dai Monti della Laga - ha sottratto l’Appennino per diventare semplicemente “Linea 1201”. Ovvero un programma itinerante di residenze artistiche che si 16 / Montagne360 / dicembre 2020
è svolto quest’estate in quattro tappe: da Mainarde a Rocchetta a Volturno (giugno), da Monte Alpi a Latronico (tra luglio e agosto), dalla Valle del Samoggia a Bazzano e infine dai Monti della Laga ad Amatrice (settembre). L’ARTE PER SUPERARE I CONFINI Angelo, per compiere progetti artistici di tale portata occorre anche un’attenta preparazione tecnica. «È necessario studiare e valutare ogni aspetto, a cominciare dal materiale. Non penso solo alle attrezzature e a come riempire lo zaino. Devo tener conto anche del materiale pittorico». Quanti giorni di cammino hai affrontato? «Due anni fa feci più di settecento chilometri a piedi. In quarantasei giorni raggiunsi dodici cime. Quest’estate, per “Linea 1201”, abbiamo compiuto le quattro tappe in trentotto giorni». Qual è la prima cosa che fai quando raggiungi un luogo nuovo? «Vado incontro alla montagna più alta. Salgo in solitaria, indipendentemente dalle circostanze. È per me fondamentale ascoltare e assorbire gli spazi. Mi aiuta a maturare quella consapevolezza che poi riverserò nella produzione artistica che seguirà».