Montagne360 | Dicembre 2020

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STORIE DI MONTAGNA

Come far rinascere l’Appennino La soluzione messa in campo da due professionisti bolognesi: convincere le comunità di migranti stagionali a rimanere sul territorio, per scongiurare lo spopolamento delle Terre alte di Marco Tonelli

A

Chiapporato, le voci e il brusìo dei suoi abitanti non si sentono più. Immerso in un bosco dell’Appennino tosco-emiliano, questo borgo è disabitato da tempo. L’obiettivo di Sergio Ferroni e Gianluigi Chiaro è quello di riportare alla vita questo territorio a rischio spopolamento, a causa della mancanza di infrastrutture e servizi. «La politica ha un ruolo di primo piano. Senza la volontà delle amministrazioni locali, riportare le persone a vivere nelle Terre alte è impossibile», spiega Ferroni. Oltre al borgo di Chiapporato, da cui dovrebbe partire il progetto pilota, l’iniziativa si focalizza su un territorio di 23 comuni. In quei luoghi, in alcuni periodi dell’anno, vivono alcuni migranti stagionali. «Il nostro obiettivo è convincerli a stabilirsi in quelle aree. Per farlo, però, è necessario creare le condizioni», spiega Ferroni. La proposta presentata in vista del piano territoriale provinciale, nasce anche con l’obiettivo di integrare la popolazione straniera nei territori montani perché unico soggetto in grado di colmare la denatalità e quindi il futuro dei territori, spiegano i firmatari del progetto.

Infatti, «il progetto prevede la creazione di centri di formazione, per dare la possibilità a coloro che vivono in quei territori di reinventarsi dal punto di vista professionale», afferma Ferroni. Contemporaneamente è necessario incentivare la nascita di un settore turistico. «Una strada potrebbe essere la creazione di una rete di ostelli. Il tutto attraverso un sistema di gestione cooperativa, che permetterebbe alle persone di avviare attività imprenditoriali o di lavorare nelle stesse», continua. Secondo Ferroni e Chiaro, è necessario partire dalla creazione di un sistema locale che possa valorizzare, ad esempio, un turismo lento e sostenibile basato su cammini come la Via degli Dei, la Via Francigena, La Sambuca, la Via della Seta e dei Santuari, per citarne alcuni. Insomma, in generale è necessario favorire la creazione di nuove forme di fruizione dei territori. «Senza dimenticare però, le realtà imprenditoriali e culturali esistenti, le quali non devono essere soppiantate, ma possono trarre giovamento dalla presenza di strutture e soggetti sul territorio», spiega Ferroni.

SI RIPARTE DAL TURISMO LENTO «Intanto partiamo dal piccolo borgo di Chiapporato», afferma Ferroni. Ad esempio, in quei territori è presente una comunità marocchina: molti dei membri lavoravano allo stabilimento Saeco di Gaggio Montano, chiuso a inizio 2020. È dunque necessario creare un sistema produttivo in grado di permettere la riconversione della forza lavoro.

VITA NUOVA AGLI EDIFICI Per quanto riguarda l’alta formazione, poi, il progetto prevede anche la creazione di un’università dell’Appennino, “per creare percorsi di studio legati all’ambiente, alla geologia e alla ricerca legata all’energia”, scrivono i promotori del progetto. L’obiettivo è quello di “rendere l’Appennino un laboratorio di prevenzione sul tema della fragilità ambientale

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in sinergia con il rilancio di figure professionali in linea con le nuove tecnologie e la manutenzione del territorio”, continuano. Un altro aspetto da non sottovalutare è la ristrutturazione e la riconversione degli edifici, sia per le esigenze abitative che per la creazione delle strutture ricettive. «Prima di tutto è necessario mappare il patrimonio abbandonato, sia privato che pubblico per cercare di dare nuova vita agli edifici. Senza dimenticare la necessità di snellire le pratiche burocratiche di riuso temporaneo di spazi o di cambio di destinazione di edifici abbandonati.Tutto ciò nel rispetto dell’ambiente a cominciare dal consumo “zero” del suolo e della rigenerazione del patrimonio abbandonato», concludono. Ÿ


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