CRONACA EXTRAEUROPEA
A CURA DI ANTONELLA CICOGNA E MARIO MANICA · ANTCICO@YAHOO.COM
Attrazione nepalese I britannici risolvono l’inviolato Pilastro nord-est del Teng Kang Poche, 6487 m, (alto Khumbu). Mentre gli italiani concatenano Kondge-Ri e Teng Kang Poche e aprono due vie alla Nord del Kondge-Ri 6187 m
I
l Teng Kang Poche, 6487 m (Khumbu), dal 2000 è stato inserito dal Nepal nella lista dei 6000 scalabili. Il suo versante nord ha da allora attirato forti cordate, ma solo Ueli Steck e Simon Anthamatten ne firmeranno la prima salita con Schachmatt, 2000 m VI M7+ o M6 A0 85°, in perfetto stile alpino (04/2008). Su questa bastionata, l’evidente Pilastro di nord-est è rimasto a lungo una linea appetibile. Dal 24 al 30 ottobre scorso i britannici Tom Livingstone e Matthew Glenn ne hanno realizzato la prima ascensione. Sette giorni tra andata e ritorno e cima della montagna. Una salita che combina arrampicata su roccia, misto e artificiale, 300 metri di headwall ostica e infida nella sua parte superiore e una complessa cresta sommitale. «Nella salita abbiamo spesso sognato di affrontare terreno più facile, ma non abbiamo fatto che incappare in nuove sezioni chiave», ha raccontato Livingstone. La via di 1400 metri è stata battezzata Massive Attack, e seppure gli alpinisti non abbiano parlato di difficoltà, essi concordano sui gradi precedentemente
proposti di 5.11 M7 A3. Primo tentativo, 2 giorni, inizio ottobre. Giunti fino a metà del primo muro, Tom si taglierà al dito mignolo della mano in una manovra e i due dovranno ritornare al villaggio di Thame, a quattro ore da Namche Bazar, per curare la profonda ferita. Il tempo peggiora e i due attenderanno una settimana prima di ritornare alla base del pilastro. «Il Kongde Ri, il Tengi Ragu Tau erano tutti sepolti sotto uno spesso manto di neve polverosa. I versanti nord molto lenti a pulirsi, spesso percorsi da slavine, oggettivamente pericolosi. Il pilastro del Teng Kang Poche, per la sua verticalità, risultava invece un po’ più pulito con minor pericolo di valanghe. Inoltre era riparato dai forti venti che spiravano da occidente. L’opzione più sicura», racconta Tom. «È stata la prima volta in cui l’artificiale su alcune sezioni è stata l’unica possibilità. Le fessure intasate di neve e di ghiaccio rallentavano la progressione. Nel secondo tentativo ho indossato prevalentemente delle muffole, non riuscendo a infilarmi i guanti per via del pesante bendaggio al dito. Risalire sui jumar
lungo la via, nonostante il mio fermo principio di non farlo, consentiva al secondo di progredire più velocemente sulle lunghezze più ripide». Nonostante Livingstone e Glenn si siano portati in Nepal tutto il necessario per l’ascensione, i due decideranno di partire più leggeri per sgravare il carico nei primi 900 metri di salita. In questo tentativo decideranno di sfruttare del materiale e del cibo avvistati alla prima cengia e lasciati dal canadese Roberts nel suo ultimo tentativo (vedi box). L’aver utilizzato materiale di Roberts, che aveva comunicato loro, oltre che informazioni sulla salita, la sua intenzione di ritornare qualche mese dopo per sciogliere il rebus che per più volte lo aveva lasciato a mani vuote, è stato oggetto di accese discussioni sui social. «In retrospettiva, non avremmo dovuto optare per quest’ultima facile e pigra alternativa. Pensavamo che questa scelta ci avrebbe fatto risparmiare uno o due chili il primo giorno di salita. Avevamo anche deciso che, qualora avessimo fallito, avremmo rifornito il sacco di Quentin del nostro cibo e gas, riportando
A sinistra, la linea britannica Massive Attack, 1400 m, 5.11 M7 A3, Pilastro nord-est Teng Kang Poche, 6487 m, Nepal (foto Tom Livingstone). Nella pagina a destra, in alto, le salite alla Nord del Kondge-Ri e il concatenamento Kondge Ri, 6187 m, e Teng Kang Poche, 6487 m, della cordata italiana, Nepal (foto Archivio L. Gheza) 72 · Montagne360 · marzo 2022