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Lo stress del lavoro in Polizia e gli strumenti per affrontarlo: un’esperienza italiana
Graziano Lori Criminologo; ispettore Polizia Locale Firenze e Responsabile della «Sezione Intersettoriale del Servizio Psicologico Operativo» (SISPO)
Riassunto
Secondo un’ampia ricerca, le maggiori fonti di stress lavorativo sono state indicate in una serie di categorie e di relativi fattori di rischio psicosociali che possiamo genericamente ritrovare nelle organizzazioni professionali di Polizia, distinguendo quelle riguardanti il contesto lavorativo da quelle riguardanti il contenuto del lavoro. Sono considerate altre fonti di stress legate alla tipologia del lavoro in polizia tutte quelle attività a forte impatto emotivo definite «eventi critici professionali» come fare uso delle armi, operare arresti rischiosi, subire aggressioni personali, interventi in caso di attentati terroristici, incidenti stradali mortali, comunicare il decesso a un familiare o la morte violenta di un collega. Nell’operatore di polizia possono manifestarsi reazioni di natura patologica, come il
1. Principali rischi psico-sociali nelle forze di Polizia 1.1 Lo stress tipico del lavoro in polizia Secondo un’ampia ricerca sullo stress correlato al lavoro, sono state individuate una serie di fonti stressogene presenti nelle attività lavorative in generale, che possiamo pure ritrovare nelle organizzazioni professionali di polizia, distinguendo quelle riguardanti il contesto lavorativo (job context) da quelle riguardanti il contenuto del lavoro (job content). Tra le fonti di stress legate al contesto lavorativo, indichiamo per esempio gli orari di lavoro irregolari legati alla turnificazione, il lavoro notturno, l’eccessiva burocrazia, l’equipaggiamento inadeguato, uno scarso sostegno da parte dei colleghi o dei superiori gerarchici, la mancanza di una formazione adeguata, problemi di comunicazione e scarso riconoscimento professionale.
La seconda categoria di stressor riconducibili al contenuto del lavoro, ossia alla tipologia del lavodisturbo da stress post-traumatico (PTSD), ossia una reazione di stress post traumatica protratta nel tempo, che è possibile relazionare ai fattori determinanti la modalità con cui l’operatore di polizia affronta e gestisce l’impatto con l’evento critico. Inoltre, in termini di fattori protettivi, oltre al coping restano da considerare con particolare attenzione il grado di sostegno sociale offerto subito dopo l’evento da parte dei colleghi e dei familiari. Negli ultimi anni, le polizie si sono dotate di sistemi di sostegno psicologico destinati agli operatori che a vario titolo impattano in eventi critici professionali, come le reti di peer supporter, l’adozione di strumenti di decompressione emotiva di gruppo (defusing e debriefing) e gli psicologi interni.
ro in sé, può includere le situazioni impegnative dal punto di vista emotivo, come ad esempio i conflitti di ruolo che costringono l’operatore a passare da situazioni in cui deve essere un fermo applicatore della legge ad altre in cui deve essere una persona attenta alle problematiche sociali e alle richieste di attenzione dei cittadini, l’assenza di riscontro e il senso di inutilità del proprio lavoro vissuti dagli operatori di polizia a causa degli interventi frammentati e con riscontri limitati dei risultati nelle situazioni affrontate, e infine la presenza simultanea di aspettative opposte tra loro.
Alcune ricerche hanno evidenziato che le attività operative, rispetto al lavoro in ufficio dell’operatore di polizia, comportano un maggiore distress (Pancheri et al., 2002; Tomei et al. 2006).
Sempre nell’ambito del contenuto del lavoro, si deve considerare che gli operatori che intervengono in situazioni di emergenza, come gli agenti di po
lizia, i vigili del fuoco, gli operatori del 118 e della Protezione Civile, sono esposti a interventi a bassa frequenza e alto impatto emotivo definiti eventi critici di servizio (ECS), i quali possono provocare un particolare stato di malessere o disagio psicologico, nonostante il soggetto metta in atto naturalmente strategie di coping. Questi incidenti, che per ragioni professionali un operatore di polizia incontra nel corso della propria carriera, sono situazioni operative che esulano dalla normale routine, che travolgono la sensazione di controllo della realtà e comportano la percezione di una potenziale o reale minaccia per sé o per altri. Alcuni esempi di eventi critici di servizio sono l’uso delle armi, gli arresti rischiosi, le disgrazie capitate ai bambini, le aggressioni subite, gli interventi in casi di disastri e attentati terroristici, gli incidenti stradali mortali e la conseguente comunicazione del decesso ai familiari della vittima, il suicidio e la morte violenta di un collega, i trattamenti sanitari obbligatori. Più in generale, gli incidenti critici di servizio sono da considerarsi eventi a rischio di stress traumatico (Pietrantoni, Prati, Morelli, 2006; Pietrantoni, Prati, Valli, 2006; Pietrantoni, Prati, Lori et al. 2013).
Sono stati individuati alcuni fattori che possono influenzare la capacità di risposta dell’operatore di polizia a un incidente critico, quali le caratteristiche dell’evento, la frequenza (singolo o ripetuto), il numero delle vittime coinvolte e la modalità di decesso, la gravità o l’estensione dei danni materiali. Fondamentali sono il grado di coinvolgimento personale nell’evento critico e le caratteristiche personali del soggetto, come ad esempio l’esistenza di problematiche psicopatologiche preesistenti o la precedente esposizione a eventi traumatici. Altri fattori che determinano la modalità con cui l’operatore di polizia affronta e gestisce l’impatto con l’evento critico sono il livello di controllo della situazione, il livello di preavviso dell’evento, il livello di minaccia percepita e il livello di anormalità rispetto al corso normale delle cose. Importante è anche la presenza simultanea di altri fattori, come la natura e il grado di sostegno sociale offerto subito dopo l’evento da parte dei colleghi e dei familiari e il grado di accoglienza, da parte del soggetto, dell’aiuto offertogli. Nello specifico, il sostegno sociale offerto è risultato spesso essere la risorsa ambientale più documentata da alcune ricerche sullo stress traumatico nelle forze di polizia (Carlier et al. 1997; Stephens, Long e Miller, 1997; Mar
format magazine n o 9 mar et. al. 1999; Jones e Kagee, 2006; Marmar et al., 2006). Esso ha una valenza particolare nel contesto della polizia dal momento che gli operatori sentono l’appartenenza al proprio corpo ma allo stesso tempo lamentano scarso sostegno da parte dei superiori e si documenta inoltre la presenza di norme rigide su un’espressione emotiva (Pietrantoni, Prati e Morelli 2003; Lori, Battagli 2015).
Ne consegue che le possibili reazioni degli operatori di polizia in seguito all’impatto con eventi critici di servizio possono essere immediate o differite. Le reazioni immediate, se non si stabilizzano in sindromi più o meno specifiche, possono portare il soggetto da una condizione di maggior disturbo a una condizione di sempre minor disagio, con progressivo recupero delle capacità adattive e manifestazione di sintomi quali: iperattività, ansia, stati confusionali, comportamenti irrazionali e pericolosi per le vittime e i colleghi. Le reazioni differite, inversamente, possono evidenziare un’immediata compromissione nella capacità di adattamento all’evento traumatico. La persona può quindi essere di supporto ad altri, anche se con il tempo può accadere che il soggetto passi da una stabilità emotiva a una progressiva perdita delle capacità adattive, con conseguente malessere e disagio, sviluppando le stesse reazioni che hanno coinvolto altri fin dal principio.
L’impatto con gli ECS può provocare nell’operatore di polizia un forte coinvolgimento emotivo con conseguenze che si esprimono sul piano del disagio psicologico, senza necessariamente sfociare nella patologia ma, nonostante ciò, essere ugualmente disturbanti. Si possono verificare ad esempio una serie di alterazioni che possono portare l’operatore a un generale stato di stress lavorativo, risultato di uno squilibrio tra risorse disponibili e richieste dell’ambiente esterno, come quelle riguardanti la regolazione delle emozioni (rabbia, ansia, aggressività), la percezione di sé (senso di autoefficacia, senso di colpa, vergogna), l’attenzione (amnesia), i processi cognitivi (senso di impotenza, disperazione), le relazioni con gli altri (sfiducia, vittimizzazioni), somatizzazioni (disturbi gastrointestinali).
Le conseguenze dell’impatto con l’evento traumatico di natura patologica possono essere individuate nel disturbo da stress post-traumatico (PTSD), Alcune ricerche hanno evidenziato che le attività operative, rispetto al lavoro in ufficio dell’operatore di polizia, comportano un maggiore distress.
nel disturbo acuto da stress (DAS) e nei disturbi dell’adattamento (ASD). Anche se l’esposizione agli eventi critici non è da considerarsi di per sé sufficiente a causare una reazione post traumatica, alcune ricerche sui predittori del disturbo da stress post traumatico hanno evidenziato una serie di fattori che possono contribuire allo sviluppo del PTSD, quali l’esposizione a ulteriori eventi di vita stressanti, la percezione individuale della minaccia e il grado di sostegno sociale (Brewin, Andrews e Valentine, 2000; Ozer, Best, Lipsey e Weiss, 2003).
1.2 La traumatizzazione vicaria Altre criticità che l’agente di polizia può trovarsi a sperimentare sono la traumatizzazione vicaria o secondaria, come l’esposizione all’altrui sofferenza umana che può comportare per l’operatore l’esperire gli stessi sentimenti e sintomi della vittima.
Il concetto di trauma secondario è stato definito come la reazione comportamentale ed emotiva all’esposizione ad eventi traumatici vissuti da altri (Salston, Figley, 2003) in seguito al tentativo di aiuto offerto dai soccorritori nei confronti di persone traumatizzate. Anche se questa particolare condizione espone gli operatori del soccorso all’evento traumatico in modo indiretto, la tipologia di sintomi che ne consegue è la stessa riscontrabile nel disturbo da stress post-traumatico: disturbi del sonno, pensieri intrusivi, aumento dell’arousal, evitamento e più in generale una compromissione del funzionamento dell’individuo.
Sempre al riguardo delle conseguenze di natura patologica all’impatto con gli eventi critici, alcune ricerche sul lavoro in polizia hanno evidenziato che il disturbo da stress post traumatico è presente dal 7% al 35% (Gerson, 1989; Carlier, Lambert e Gerson, 1997; Robinson, Sigman e Wilson, 1997; Darensburg et al. 2006; Marmar et al. 2006; Maia et al. 2007). Altri studi hanno documentano tassi inferiori di prevalenza del PTSD negli operatori di polizia che sono intervenuti in disastri (Alexander, Walker, Innes e Irving, 1993; Brown, Fielding e Grover, 1999). Alcune ricerche [...] hanno evidenziato una serie di fattori che possono contribuire allo sviluppo del PTSD, quali l’esposizione a ulteriori eventi di vita stressanti, la percezione individuale della minaccia e il grado di sostegno sociale.
1.3 Dallo stress al burnout Una seconda area di studi sullo stress tipico del lavo
ro in polizia riguarda la sindrome del burnout. Burnout è un termine medico americano, difficilmente traducibile nella lingua italiana, in quanto manca una parola che ne esprima esattamente il significato. Alcuni studiosi (Contessa, 1982) hanno proposto una traduzione di burned out in «cortocircuitato», «fuso», «cotto», indicando una fase di esaurimento emozionale che coinvolge gli operatori impegnati in helping professions, con conseguenze negative sia per la persona sia per l’organizzazione. In altri termini, si tratta del disadattamento emozionale che l’operatore delle professioni di aiuto vive nelle attività che comportano un continuo contatto con la gente. Alcuni affermano che lo stress in questo caso si comporta come meccanismo o strategia di difesa che la persona adotta per rispondere alle tensioni stressanti che si accumulano nello svolgimento della professione, con conseguenti comportamenti di distacco emozionale ma anche di corrosione psicologica dovuti al contatto estenuante con le esigenze e i bisogni degli altri.
La sindrome del burnout, oltre che manifestarsi nelle persone che operano nelle professioni sociali, sanitarie, educative, come da studi recenti sugli operatori della sicurezza, si può manifestare anche negli agenti di polizia a causa della caratteristica di operare continuamente in situazioni a rischio.
L’operare in condizioni di sovrasoglia può progressivamente determinare quelle conseguenze di stress di carattere cronico che hanno una loro particolarità, che si possono manifestare con sintomi, prolungati, anche di carattere psicosomatico.
Tali sintomi si possono manifestare attraverso tre tipologie di fattori: la prima, il senso di «depersonalizzazione», manifestando verso le persone un comportamento cinico; la seconda, l’«esaurimento emotivo» dovuto a un eccessivo coinvolgimento emotivo che si esaurisce e inaridisce; la terza, il «senso di ridotta autorealizzazione» che viene raggiunto da quegli operatori che si rendono conto di non espletare più correttamente la propria professione sia verso se stessi sia verso gli altri.
Alcuni autori hanno associato caratteristiche tipiche del lavoro in polizia e nel soccorso in generale alla sindrome del burnout (Maslach, Schaufeli e Leiter, 2001). Tra queste caratteristiche il sovraccarico lavorativo, la pressione temporale, le problematiche nella relazione con l’utenza, come ad esempio l’interazione con le vittime di eventi traumatici o il
confrontarsi ripetutamente con la morte, e il sovraccarico emotivo derivante da alcune attività professionali. Altra caratteristica individuata dagli autori, la contrapposizione tra la necessità di controllare le proprie emozioni sul lavoro e l’importanza di mostrarsi empatici e in sintonia con l’utenza durante le attività di aiuto e soccorso.
La sindrome del burnout, diversamente dai precedenti disturbi derivanti da attività lavorativa a forte impatto emotivo e maggiormente correlati allo stress traumatico, non si caratterizza per un’insorgenza improvvisa e acuta, ma si evolve gradualmente connettendosi maggiormente con fonti stressogene organizzative.
L’esposizione degli agenti di polizia a incidenti critici è spesso visto come un precursore dello sviluppo del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e del burnout; molte ricerche indicano che si verificano anche risultati positivi e che la maggior parte degli operatori di polizia non sviluppano anomalie psicologiche (Paton et al., 2003; Moran & Colless, 1995).
2. Buone prassi ed esperienze sul campo 2.1 Compassion fatigue e compassion satisfaction Una delle maggiori criticità degli studi sul benessere lavorativo e sugli esiti di alcune attività professionali del lavoro in polizia legate ai concetti di compassion fatigue (CF) e di burnout riguarda il fatto che tali studi prendono in considerazione solo aspetti negativi. Nella nostra esperienza, abbiamo incontrato molti operatori di polizia e soccorritori che riportavano un grande senso di soddisfazione professionale derivante proprio da attività riconducibili a eventi a forte impegno e alto livello di emotività, compresi alcuni eventi critici, come ad esempio il soccorso alle vittime di disastri naturali o di incidenti stradali. Per descrivere alcune condizioni positive che un operatore di polizia o del soccorso può esperire nell’aiutare persone sofferenti o traumatizzate possiamo citare combattere la criminalità anche a rischio della propria vita, intervenire in operazioni ad alto rischio personale e sentirsi di svolgere bene il proprio servizio. Per questo alcuni autori hanno introdotto il concetto di compassion satisfaction o CS (Stamm, 2002; Andersen, Papazoglou, 2015).
Fra le componenti della soddisfazione nel lavoro in polizia, gli operatori riportano di provare un senso di soddisfazione, gratificazione e orgoglio derivante
format magazine n o 9 dalle loro attività professionali, tanto più l’attività richiesta è di soccorrere o salvare persone in pericolo di vita, anche a costo di rischiare la propria. Rispetto a questo ultimo ambito di ricerca legato alla CS, la letteratura internazionale è ancora molto rara, anche se si sta sviluppando un maggiore interesse in ambito accademico-scientifico.
Anche i fattori di resilienza sono indagati in misura molto minore negli studi sullo stress in polizia rispetto ai fattori di rischio di stress traumatico. Solo per citarne alcuni, tra i molteplici fattori di resilienza si possono annoverare l’hardiness, l’auto-consapevolezza, le strategie di coping attive, il sostegno sociale tra colleghi e un buon livello di autostima (Cozzarelli, 1993; Tennen e Affleck, 1993; Adams e Boscarino, 2006).
Gli esiti positivi che si possono in alcuni casi manifestare sull’operatore di polizia successivamente a un evento critico di servizio possono includere l’aumento della capacità e delle competenze professionali, la crescita post-traumatica, un maggiore apprezzamento per la famiglia e un miglioramento del senso di controllo su eventi avversi significativi.
I risultati di alcune ricerche hanno dimostrato che quando gli agenti di polizia usano come coping le competenze psicologiche, la stabilità emotiva, l’hardiness e l’auto-consapevolezza, riescono ad affrontare e superare eventi traumatici o stressanti (Antonovsky, 1990; Flin, 1996; Linley & Joseph, 2004; MacLeod & Paton, 1999; Paton, Violanti, Smith, 2003). Abbiamo incontrato molti operatori di polizia e soccorritori che riportavano un grande senso di soddisfazione professionale derivante proprio da attività riconducibili a eventi a forte impegno e alto livello di emotività.
2.2 L’esperienza del supporto tra pari Una buona pratica per prevenire e promuovere il benessere lavorativo degli operatori di polizia esposti a eventi critici consiste nel sostegno fra pari (Lucchetti, 2003; Paton, 2006; Prati, Pietrantoni e Lori, 2007; Lori, 2011).
Il riferimento ai colleghi come principale supporto interno all’organizzazione, che emerge nelle ricerche sullo stress in polizia locale (Lori, Pietrantoni 2004; Zuliani, De Antoni, Bigarella 2007), sostiene in modo coerente l’ipotesi del peer support come prima modalità a cui gli operatori ricorrono per fronteggiare lo stress lavorativo. Secondo Lucchetti (2003), la comunicazione fra pari rappresenta
un fattore di protezione nei confronti dello stress, in particolare per quanto attiene lo stress acuto da eventi critici in cui il supporto di «pari» adeguatamente formati all’interno di un programma di gestione di tali eventi viene valutato positivamente dai poliziotti. In tali contesti di criticità (ad esempio conflitti a fuoco che provocano la morte di colleghi o di terze persone, attività di soccorso relative a disastri di grande portata, il suicidio di un collega, lo svolgimento di alcuni tipi di attività investigative come ad esempio quelle relative a reati contro i bambini, il ricevere minacce o attentati indirizzati alla propria persona o a stretti familiari a causa dell’attività istituzionale svolta), il supporto tra pari gioca un ruolo importante in quanto si è visto che una loro attenta gestione delle sequele dell’incidente produce una significativa diminuzione delle problematiche psicologiche fra i loro colleghi traumatizzati.
Il pari è un operatore di polizia disposto a offrire il proprio supporto psicologico a un altro collega che durante il servizio ha vissuto situazioni di forte impatto emotivo, tali da considerarsi fonti di stress e a cui possono seguire stati di disagio nell’agente di polizia. Quando un operatore di polizia vive un evento critico, ne può conseguire un particolare stato psicologico che provoca reazioni emozionali in grado di compromettere l’efficace svolgimento dell’attività professionale e che si possono protrarre anche nei giorni successivi e anche oltre il turno di servizio, nella vita privata.
Durante l’incontro, il pari, sotto un patto di confidenzialità, si rende disponibile all’ascolto del collega in modo attento e attivo e, senza consigliare né suggerire, lo aiuta nel valorizzare le proprie risorse trovando le strategie più efficaci per affrontare al meglio il proprio momento di disagio. La caratteristica particolare del supporto tra pari è che chi condivide la stessa situazione lavorativa, con i rischi che implica e con i conseguenti vissuti emotivi, può comprendere meglio i problemi che ne possono derivare e in tal modo essere maggiormente di aiuto al collega che si rivolge a lui. Il pari può sostenere il collega oppure informarlo e orientarlo verso un livello di sostegno psicologico professionale. Il team di pari si innesta in un sistema di primo sostegno psicologico professionale della Polizia Locale di Firenze, che conta 30 psicologi che intervengono a sostegno degli operatori di polizia in situazioni a forte impatto emotivo.
Una delle esperienze italiane di sistemi di sostegno psicologico durante la crisi rivolti agli operatori di polizia è il gruppo di peer supporter della Polizia Locale di Firenze: trenta operatori pari, selezionati e formati nel primo supporto psicologico ai colleghi. Il team di pari si innesta in un sistema di primo sostegno psicologico professionale della Polizia Locale di Firenze, che conta 30 psicologi che intervengono a sostegno degli operatori di polizia in situazioni a forte impatto emotivo come la comunicazione del decesso ai familiari delle vittime di incidenti stradali, l’accompagnamento al riconoscimento della salma e la successiva riconsegna degli effetti personali. Gli psicologi della Polizia Locale di Firenze sono impiegati nei debriefing psicologici post evento critico e nei colloqui individuali, sempre rivolti agli operatori di polizia. Questa esperienza ha di fatto dato vita al progetto «Cerchio Blu», un’associazione non profit che fornisce sostegno psicologico agli operatori di polizia del soccorso in tutta Italia con la propria rete nazionale di psicologi.
L’Associazione Cerchio Blu è diventata negli anni il punto di riferimento per la formazione sulla gestione dello stress e sulla creazione di progetti di Peer Supporter nelle Polizie italiane e gestisce un Osservatorio Suicidi delle Forze dell’Ordine (ONSFO), attraverso il quale monitora gli eventi suicidari nelle Forze di Polizia e pubblica report periodici.
Possiamo concludere affermando che sia le esperienze sia i risultati di numerose ricerche hanno posto l’attenzione sulla necessità di promuovere comportamenti efficaci e funzionali nel contesto lavorativo di polizia, allo scopo di migliorare il benessere degli operatori, progettando programmi di formazione adeguati, che prevedono oltre alle materie tecnico-giuridiche anche un’impostazione di tipo comunicativo-relazionale nella crisi, per poi realizzare, all’interno delle stesse organizzazioni di polizia, sistemi di sostegno psicologico da parte di psicologi selezionati e formati, allo scopo di aiutare l’operatore di polizia nell’affrontare le difficoltà che possono emergere nello svolgimento della professione.
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Résumé
Le stress lié au travail de police et les outils pour y faire face: un cas de figure italien Une recherche extensive a démontré que la plupart des sources de stress ont été répertoriées dans une série de catégories et leurs facteurs de risque psychosociaux que nous pouvons généralement retrouver dans les organisations de police. Il convient à cet égard de distinguer les sources concernant le contexte professionnel de celles liées à la teneur intrinsèque du travail. Parmi les autres sources de stress liées au travail policier, on retrouve toutes les activités à fort impact émotionnel dénommées « événements critiques de la profession », comme faire usage de l’arme, procéder à des arrestations risquées, subir des agressions personnelles, intervenir lors d’attentats terroristes ou d’accidents mortels de la route, notifier un décès à un proche ou encore la mort violente d’un collègue. Les effectifs policiers
Zusammenfassung
Arbeitsbedingter Stress bei der Polizei und Mittel, damit umzugehen: Erfahrungswerte aus Italien Einer umfangreichen Studie zufolge werden die Hauptursachen für beruflichen Stress in eine Reihe von Kategorien und psychosozialen Risikofaktoren eingeteilt, die wir gewöhnlich in Polizeiorganisationen finden. Die Ursachen, die mit dem Arbeitsumfeld zusammenhängen, werden dabei von denen unterschieden, die den Inhalt der Arbeit betreffen. Als weitere Ursachen von Stress bei der Polizeiarbeit gelten alle Tätigkeiten mit erheblichen emotionalen Auswirkungen. Sie werden definiert als «kritische berufliche Ereignisse», wie der Einsatz von Waffen, riskante Verhaftungen, Angriffe gegen die eigene Person, Einsätze bei Terroranschlägen, Verkehrsunfälle mit Todesfolge, Überbringen einer Todesnachricht an Angehörige oder der gewaltsame Tod eines Kollegen. Bei Polizisten/-innen können pathologipeuvent manifester des réactions de nature pathologique tel le syndrome de stress posttraumatique (PTSD). Il s’agit là d’une réaction prolongée de stress post-traumatique, qui peut être rattachée aux facteurs déterminant la façon dont il a affronté et géré l’impact de l’événement critique. Pour ce qui est des facteurs de protection, outre le coping, une attention toute particulière va au degré de soutien social proposé immédiatement après l’événement par les collègues et des proches. Ces dernières années, les polices se sont dotées de systèmes d’appui psychologique destinés à leurs effectifs, qui sont mise en place à plusieurs titres dans le cadre d’événements critiques professionnels. Il s’agit, par exemple, de réseaux de pairs aidants (peer supporter), d’instruments de décompression émotionnelle en groupe (defusing et debriefing) ou encore de psychologues internes.
sche Reaktionen auftreten, wie z. B. die posttraumatische Belastungsstörung (PTBS). Dabei handelt es sich um eine langwierige posttraumatische Stressreaktion, die dadurch beeinflusst wird, wie die Person die Auswirkungen eines kritischen Ereignisses angeht und wie sie mit diesen umgeht. Des Weiteren sollte bei den Schutzfaktoren neben dem Coping besonders die soziale Unterstützung von Kollegen/-innen und Familienangehörigen unmittelbar nach dem Ereignis beachtet werden. In den letzten Jahren hat die Polizei Strukturen zur psychologischen Unterstützung ihrer Mitarbeitenden entwickelt, die kritische berufliche Ereignisse unterschiedlich auffangen, z. B. Netzwerke von Peer-Supportern, die Einführung von Methoden emotionaler Entlastung in Gruppen (Defusing und Debriefing) und interne Psychologen/-innen.