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Il segmento Food & Beverage meno impattato dal Covid-19 per livello di M&A

Il report Global and Italian M&A Insights Food & Beverage market 2021 di PwC rivela che nel 2020 il settore alimentare e delle bevande ha registrato a livello globale un incremento del +36,3% a valore a fronte di una riduzione del 9,6% in termini di numero di operazioni rispetto al 2019.

In Italia, in particolare, l’attività M&A nel segmento F&B ha segnato un -29,8% a volumi, ma un aumento del +206,7% a valore (vs. 2019), grazie ad importanti ticket annunciati nei comparti da parte di big corporate.

La pandemia ha portato ad un cambiamento nelle abitudini dei

MergerMarket 2021 (Ranking al 31.12.2020)

Barabino & Partners 1° in Italia per numero di operazioni 1° in Italia per valore delle operazioni

5° in Europa per numero di operazioni

8° nel Mondo per valore delle operazioni

#twicefirst

consumatori e ad una necessaria evoluzione dei modelli di business verso la multicanalità, accelerando i processi di digitalizzazione e l’attenzione verso i temi di sostenibilità. Elena Borghi, Partner Deals Food & Beverage di PwC spiega: “Il settore Food & Beverage è uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy. In termini di numero di operazioni, il comparto è stato certamente impattato dalla pandemia, soprattutto per ciò che concerne la ristorazione ed il Food Service, ma in misura ridotta rispetto ad altri, dimostrando la sua resilienza rispetto ad altri segmenti”.

MergerMarket 2020 (Ranking al 31.12.2019)

Barabino & Partners 1° in Italia per numero di operazioni 1° in Italia per valore delle operazioni

5° in Europa per numero di operazioni

8° nel Mondo per numero delle operazioni

#twicefirst

L’andamento positivo in termini di valore degli accordi registrato nel 2020 a livello globale è impattato da alcuni mega-deal effettuati da grosse aziende, tra cui Coca Cola, Nestlè e Bellis, mentre a livello italiano, l’incremento del 207% in termini di valore degli accordi riflette tre operazioni rilevanti annunciate (e chiuse) nel quarto trimestre 2020, in particolare Ferrero/Fox’s biscuits (USD 0,3mld), Rhone/Illycaffè (USD 0,2mld) e l’acquisizione della maggioranza del brand canadese Catelli Foods da parte di Barilla (USD 0,1mld). I sotto-segmenti più attrattivi sono stati il Food (soprattutto pasta, cibi pronti e surgelati), Beverage (in particolare caffè e latte) e Vino sia a livello globale che italiano.

Guardando alla tipologia di investitore, mentre a livello mondiale le operazioni guidate da investitori strategici continuano a rappresentare circa il 75% di quelle annunciate (in linea con il 2019), nel mercato italiano i fondi di Private Equity hanno un peso sempre maggiore, essendo i protagonisti per circa il 40% delle operazioni, a conferma dell’interesse dei soggetti finanziari per questo comparto, soprattutto a sostegno di operazioni di integrazione di filiera e diversificazione

del portafoglio prodotti ma anche dello sviluppo dei brand italiani ed esteri. Per quanto riguarda i trend di settore 2021, le abitudini e le occasioni di consumo della clientela sono radicalmente cambiate e alcune di queste, prima fra tutte il lavoro da remoto, tenderanno a consolidarsi; il livello dei consumi fuori casa non è atteso ritornare ai livelli pre-Covid nel breve termine, e la tendenza ad acquistare prodotti premium come forma di autogratificazione comporterà un beneficio per i brand.

La contrazione dei canali outof-home e contemporaneamente la forte espansione della domanda relativa ai consumi domestici (in particolare indotto GDO e canali digital) hanno richiesto una necessaria rivisitazione dei modelli distributivi: modern trade e de-commerce hanno visto una crescita importante nel periodo di lockdown, che il settore dovrà ora consolidare; inoltre, il retail sta vivendo una fase di ri-focalizzazione necessaria ad incontrare le nuove esigenze di consumo della clientela, e la filiera Ho.Re.Ca. è entrata in pieno rimbalzo, post allentamento delle restrizioni. Quindi, la digitalizzazione è entrata nelle realtà aziendali a 360 gradi, non solo con il commercio elettronico, ma anche con l’evoluzione digitale dei processi produttivi, distributivi e gestionali, a servizio delle nuove abitudini di consumo della clientela e dello sviluppo di un approccio multicanale. Infine, le tematiche di sostenibilità ambientale, sociale e di corporate governance sono sempre più al centro dell’attenzione e guidano con grande influenza le scelte di consumo e le preferenze dei clienti. Secondo Elena Borghi le operazioni di M&A nel Food & Beverage potrebbero rappresentare un acceleratore del processo di trasformazione aziendale e andare in due direzioni: da una parte, traineranno lo sviluppo della filiera “a valle”, verso modelli di business multicanale, e in questo senso l’Ho.Re.Ca. potrebbe catalizzare numerose opportunità di investimento; dall’altra, guideranno il consolidamento della filiera “a monte”, e le aziende Private Label a servizio della GDO potrebbero rappresentare dei target interessanti sia da parte di operatori Corporate che di Private Equity.

A Parma la prima agenzia per preparare le aziende ai controlli

Qualsiasi attività del settore alimentare è sottoposta a una fitta rete di controlli a tutela della salute pubblica. Nel 2019, ultimo anno per cui sono disponibili dati ufficiali, i 38 NAS (Nuclei Carabinieri Antisofisticazioni e Sanità) hanno eseguito 31.938 controlli nel comparto della sicurezza alimentare riscontrando il 37% di non conformità. Nello stesso anno la Guardia di Finanza ha sequestrato circa 785 tonnellate di prodotti agroalimentari solidi e circa 463mila litri di generi alimentari liquidi (fonte: Ministero della Salute, Relazione annuale al PNI 2019). È attivo sul territorio anche l’ICQRF (Ispettorato centrale repressione frodi), con 70.992 controlli analitici o ispettivi nel 2020: su 37.508 operatori ispezionati e 77.080 prodotti controllati, l’11% dei prodotti e il 7,4% dei campioni è risultato irregolare. Infine ci sono le Asl, che nel 2018 hanno superato il tetto del mezzo milione di ispezioni su 1,3 milioni di aziende, mercati all’ingrosso, punti vendita e altre realtà della filiera, infliggendo oltre 7mila sanzioni (fonte: Il Fatto Alimentare).

Consapevole che l’ispettore è un alleato sia del cittadino, che merita di essere tutelato, sia dell’esercente virtuoso che ci tiene a seguire i migliori standard di qualità e sicurezza, Fabio Bussacchini, parmense, con alle spalle 15 anni di servizio per i NAS e ruoli di rilievo per rilevanti aziende dell’agroalimentare, già chiamato a dirigere l’Istituto Parma Qualità e la sede di Langhirano di CSQA Certificazioni, ha messo a frutto la sua esperienza per dare vita ad Annorma, la prima società di consulenza per pubblici esercizi e aziende alimentari formata da ex ispettori degli Organi di Controllo che ha l’obiettivo di affiancare qualsiasi realtà del settore alimentare – dal semplice bar al grande stabilimento alimentare – per identificare eventuali lacune e risolverle con azioni correttive mirate, nella convinzione che agire d’anticipo, assicurandosi di essere in linea con tutte le normative vigenti, è il modo migliore per prevenire eventuali problemi e affrontare i controlli con successo. A rendere unica Annorma è la possibilità di simulare un’ispezione approfondita, anche a sorpresa, seguendo alla lettera le procedure adottate dagli enti preposti.

Forno Bonomi, fra successo internazionale e nazionale

La storia del Forno Bonomi affonda le radici nel 1850, quando il primo forno della famiglia Bonomi, a Velo Veronese, sull’altopiano della Lessinia, lavorava il pane, e solo qualche dolce, con acqua di montagna e materie prime semplici, coltivate e trasformate nell’aria pulita e tersa della zona.

È l’intraprendenza di Umberto a portare avanti nel dopoguerra la piccola attività, che i suoi figli hanno trasformato in ci, dove si lavora h 24 su tre linee di savoiardi – specialità di cui detiene il primato della produzione globale – che sfornano complessivamente 38 quintali all’ora di prodotto, vero record mondiale, e 2 linee su altre ricette, come gli amaretti, sfogliatine e la tradizionale frolla veronese e altre specialità programmate in base alla domanda. Localizzato a Roverè Veronese, a pochi chilometri dal pani-

Lo stabilimento di Forno Bonomi a Roverè Veronese.

una realtà industriale dinamica, costantemente orientata all’innovazione e al perseguimento di nuovi e importanti traguardi, insieme all’ultima generazione della famiglia impegnata nei diversi rami aziendali. Forno Bonomi è oggi uno stabilimento dotato dei più moderni impianti tecnologificio di origine, Forno Bonomi si sviluppa su una superficie di circa 65.000 m2, impiegando stabilmente circa 180 dipendenti, con una produzione giornaliera di 900 quintali di prodotto finito, grazie a un ciclo produttivo continuo alimentato da fonti 100% rinnovabili e totalmente automatizzato: dallo stoccaggio delle materie prime, ai dosaggi degli impasti, fino al confezionamento, all’imballaggio e alla palettizzazione. Forno Bonomi vanta una quota export pari al 62% del fatturato, che si realizza complessivamente su 110 Paesi localizzati in Europa e oltreoceano. La fiducia nel futuro è dimostrata dall’investimento, in poco più di un anno, di 32 milioni di euro (circa il 50% del fatturato), per vincere in innovazione sui prodotti, come le frolle al burro, i mini savoiardi, i savoiardi bio, tradizionali e al farro, agendo da un lato su nuove idee e ricette e dall’altro sullo sviluppo delle macchine e la robotizzazione della produzione per mantenere l’eccellenza dei prodotti finali, sempre più in linea con le richieste del mercato, nel rispetto della tradizione e del valore del gusto Made in Italy. Ma c’è oggi un grande impegno per cui l’azienda è scesa in campo: Forno Bonomi, che esporta ottimi prodotti prevalentemente come private label, ha deciso che Il 2021 è l’anno per introdurre in diretta il proprio brand e affermarsi in Italia con la sua identità. Un progetto ambizioso che prevede una gamma più ricca e completa di specialità e un nuovo design delle confezioni col proprio marchio. Un riposizionamento strategico che esprime il valore di antiche tradizioni, il forte legame con il territorio, la bontà delle materie prime, con lo sguardo sempre rivolto al futuro.

Tiene il fatturato di Fruttagel nel 2020

Fruttagel, azienda cooperativa di trasformazione agroindustriale di Alfonsine (Ra), ha approvato nei giorni scorsi il bilancio 2020. Fatturato a quota 128,9 milioni di euro, in leggero calo rispetto all’anno precedente chiuso a 133,1 milioni di euro, ed export stabile con il 6,9% del fatturato complessivo. Bene il comparto del biologico che, nonostante le ridotte vendite nel foodservice, raggiunge i 31,2 milioni di euro. Confermato il piano di investimenti 2021 a quota 7,4 milioni di euro che si articolerà su diversi assi portanti: nuovo magazzino automatizzato, innovazione tecnologica, efficientamento produttivo, economia circolare. Stanislao Giuseppe Fabbrino, presidente e amministratore delegato Fruttagel, sottolinea come l’azienda abbia saputo reagire con forza e determinazione a un anno molto complesso, raggiungendo un risultato di equilibrio pianificato grazie anche a una maggiore focalizzazione sulle aree di business a più alto valore aggiunto, al raggiungimento di maggiori efficienze produttive e al monitoraggio dei costi.

Rispetto all’andamento dei diversi comparti, ottima la performance delle bevande vegetali (+17%) che valgono 9,7 milioni di euro e dei derivati del pomodoro, che segnano un incremento del +2% rispetto all’anno precedente, per un’incidenza sul fatturato di 18 milioni di euro.

In leggero calo i vegetali surgelati, il cui fatturato 2020 ammonta a 60,6 milioni di euro (-3,6%), e il comparto succhi, bevande a base frutta e tè che vale 38,1 milioni di euro. Le produzioni biologiche hanno sviluppato il 25% del totale del fatturato caratteristico, confermandosi strategiche per l’azienda ravennate che, insieme ai suoi soci agricoli, da anni interpreta positivamente questa tendenza di mercato sia come partner della distribuzione moderna, sia per i prodotti a marchio Almaverde Bio di cui è socio fondatore.

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