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DAL TERRITORIO

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SVIMEZ: “VIA I DIVARI TERRITORIALI PER USCIRE DALLA RECESSIONE DA COVID 19”

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PAOLA TOSCANI

Per ripartire, l’Italia non ha solo bisogno di crescere, ma di farlo insieme. È questione di coesione sociale, e non più solo del Mezzogiorno, del Centro o del Nord. Perché le fratture sono distribuite a macchia di leopardo e i confini spesso rappresentati dalla fragilità delle regioni che restano indietro, poiché isolate. Sono le premesse contenute nelle ultime previsioni regionali per il 2020/2021 della Svimez, che lancia un monito: per uscire dalla recessione creata dal Covid-19 è necessario ridurre i divari territoriali. L’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno disegna la sua mappa. C’è un Centro trascinato verso Sud, sulle comuni sorti di regioni non necessariamente più interessate dai contagi, ma che nonostante questo hanno risentito della crisi e più lentamente ne usciranno. Con una ripartenza dimezzata (+2,3%) rispetto al CentroNord (+5,4%). E c’è un “triangolo della pandemia” che sorprendentemente, ma non troppo, guida la ripartenza del Nord.

Secondo le previsioni dell’associazione, nel 2021 un Sud che riparte ci sarà, “sia pure con una velocità che compensa solo in parte le perdite del 2020”. Tuttavia non mancheranno aree del Mezzogiorno “dalla ripartenza frenata”. È il caso della Calabria (+1,5%), della Sicilia (+1,3%), della Sardegna (+1%) e del Molise (+0,9%). E invece, proprio da lì dove tutto è iniziato, cioè in Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, la ripresa correrà a ritmi superiori alla media: +7,8%, + 7,1% e +6,9%, rispettivamente. La ragione è presto detta, rileva Svimez: da un lato pesa l’isolamento, mentre dall’altro premiano le strutture produttive regionali più mature e integrate nei contesti internazionali. Laddove questo scambio manca, i territori restano dipendenti dalla domanda interna. Chiusi in se stessi, sorretti precariamente dalla stampella dei flussi di spesa pubblica e delle ingenti misure di sostegno al reddito.

Ecco allora che la fotografia si presenta a macchia di leopardo. Buchi neri distribuiti lungo tutto lo Stivale: alcune realtà del Centro-Sud sono più aperte e altrettanto pronte a salire sul treno della ripresa, come Abruzzo (+3,5%), Campania (+2,5%) e Puglia (+2,4%), mentre alcune regioni del Nord arrancano. Tra queste ultime la Svimez segnala Friuli V.G. (+4,5%), Valle d’Aosta e Liguria (+3,7%). Nel triste primato della crisi, non c’è divaricazione territoriale che tenga: sul podio, con il Pil crollato rispettivamente del 12,6% e del 12,2%, si trovano a pari merito Basilicata e Veneto, mai così vicine.

La flessione della domanda estera ha pesato, eccome, con una flessione del 15,3% per il Mezzogiorno e del 13,8% per il Centro-Nord. Con la ripresa della domanda, l’export tornerà a soffiare sulle vele, ma solo di chi le ha issate.

E le spese per rilanciare la produzione? Nel triangolo della pandemia si torneranno ad acquistare macchinari nuovi e a rinnovare quelli esistenti. E così gli investimenti torneranno a correre a ritmo del 9%. Non abbastanza da recuperare il tracollo del 17%, ma comunque ben di più del timido 2% che si registra al Sud.

Prospettive negative e portafogli più leggeri portano gli italiani a consumare meno. A fine 2020 il calo della spesa sarà complessivamente del 10%. Ma mentre al Centro e al Nord del Belpaese si rientrerà per metà dalle perdite, a Sud la spesa ristagna: il recupero non arriva a un terzo, con le Isole e la Calabria fanalino di coda.

Le misure di sostegno avranno un impatto positivo sui redditi durante tutto quest’anno, soprattutto nel Mezzogiorno, dove la disponibilità delle famiglie calerà in media meno che al Nord (-3,2% contro -4,4%). Ma è sollievo illusorio, perché temporaneo. L’anno prossimo, prevede la Svimez, tornerà a pesare l’isolamento e la dipendenza dalla domanda interna e i consumi saranno deboli, soprattutto in Calabria, Molise, Sardegna e Sicilia.

Insomma, l’economia del Paese non si può reggere su sussidi e sostegni temporanei al reddito: per garantire una crescita stabile, duratura e omogenea, serve un disegno di orizzonte euromediterraneo, intorno al quale compattare le politiche produttive, dal Nord al Sud del Paese.

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