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Le ricette della tradizione

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PANTERE GRIGIE

PANTERE GRIGIE

LUCA LOTITO, Biologo Nutrizionista

La magia delle feste è fatta di attesa, condivisione, ricordi, ricette. Il bello dei piatti natalizi è che ci emozionano già durante la loro preparazione. Alcuni piatti della tradizione italiana sono i tortellini in brodo, il capitone, il cotechino e il panettone. La pasta ripiena presenta in Italia formati che variano da regione a regione e da zona a zona: agnolotti, anolini, cappelletti, caramelle, casonsei, fagottini, mezzelune, ravioli, tortelli, tortelloni e triangoli di pasta. In particolare, un tempo chi faceva i tortellini li faceva a domicilio dei clienti e li cuoceva nel brodo di cappone che è un galletto nato tra aprile e maggio, castrato ad agosto e a Natale raggiunge il peso giusto. Per un buon brodo occorrono carne, erbe aromatiche, un litro di acqua per 100g di carne e una cottura di almeno 4 ore eliminando di tanto in tanto il grasso e la schiuma che si forma in superficie. Al termine della cottura il brodo va filtrato. Il ripieno dei tortellini è un misto di varie carni: brasato di manzo, salsiccia, prosciutto, arrosto di maiale o di vitello, pollo, cappone, mortadella, pancetta con aggiunta di uovo, parmigiano e noce moscata. E' un alimento ricco di carboidrati e di proteine e può essere considerato un piatto unico e completo ad elevata densità calorica. Un altro piatto della tradizione natalizia è il capitone (la femmina dell’anguilla). Il capitone e l’anguilla sono noti fin da tempi antichi: all’epoca dei romani, data la somiglianza con i serpenti, c’era la credenza che mangiarlo fosse un modo per scacciare il male. Proprio per questo era consumato a fine anno come buon augurio per un nuovo anno ricco di felicità. In cucina il capitone può essere gustato in molti modi: fritto, marinato o in umido. Non è particolarmente calorico ed è fonte di lipidi, in particolare acidi grassi monoinsaturi ed omega 3, vitamina E, vitamina D, vitamina A e B12, è ricco anche di fosforo, ha, però, elevate quantità di colesterolo ed è quindi da mangiare con parsimonia se si soffre di ipercolesterolemia. Veniamo ora al cotechino che ritroviamo soprattutto nel cenone di Capodanno. Ha origini povere, nasce per utilizzare nel modo migliore le carni meno pregiate del maiale, da consumare per prime in quanto meno idonee alle lunghe stagionature dei prosciutti e salami. I cotechini erano particolarmente adatti per le tavole natalizie, perché la macellazione dei maiali avveniva in dicembre e la brevissima stagionatura

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li rendeva disponibili dopo pochi giorni. L’ingrediente principale è la cotica di maiale, che tradizionalmente costituisce almeno la metà dell’impasto e a cui questo insaccato deve il nome. Le cotenne sono tritate con altri tagli conditi con sale, pepe, vino, spezie e poi insaccati nel budello naturale del suino. Oltre al cotechino esiste anche lo zampone che differisce dal primo per il fatto che l’insaccatura avviene all’interno della cotenna della zampa anteriore del suino e risulta meno delicato e meno morbido. Il salame da pentola si distingue invece per l’impasto, non contiene cotica e ha una grana più fine risultando meno gelatinoso. Il cotechino moderno ha una netta diminuzione della percentuale di cotenna a favore di tagli più magri. Rientra a pieno titolo fra le carni rosse processate. L’apporto energetico è costituito soprattutto da grassi, con alte percentuali di colesterolo, è anche ricco di proteine e contiene buone percentuali di ferro e vitamine del gruppo B, ma elevato apporto di sodio. Infine il panettone, dolce natalizio tipico milanese, vanta varie storie e leggende in merito alla sua origine. Si narra che una persona di nome Toni, cuoco, garzone o panettiere, avrebbe impastato il pane con burro e zucchero producendo questo “pane particolare”, chiamato pan del Toni. Altre storie attribuiscono la sua origine a una suora che utilizzò ingredienti che le erano rimasti nella dispensa e decorò questo impasto intagliando sopra una croce. Il racconto più accreditato sembra risalga a una tradizione del Quattrocento quando le famiglie milanesi, la sera della vigilia di Natale, si riunivano per celebrare la “cerimonia del ceppo”. La tradizione voleva che il capo famiglia controllasse la preparazione di un grande pane, appunto il panettone. In seguito il capo famiglia accendeva il fuoco con un ceppo di quercia, si faceva il segno della croce e con un coltello incideva una croce sul grande pane come segno di benedizione. Una fetta di panettone classico contiene proteine, grassi, carboidrati, tracce di vitamine e sali minerali ed ha un indice di sazietà molto basso. Per questo motivo per aumentarne il senso di sazietà è utile intingere il panettone in latte, caffelatte, te e potrebbe essere utile mangiarlo a colazione o a merenda. In conclusione lo si può considerare un alimento completo, ma abbastanza calorico per cui chi ha problemi di sovrappeso, obesità, diabete e ipercolesterolemia deve consumarlo in piccole quantità. Non dimentichiamo le tradizioni e riscopriamole almeno durante questo periodo natalizio: Buone Feste a tutti!

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