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Le spezie natalizie

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PANTERE GRIGIE

PANTERE GRIGIE

GENNARO SPORTIELLO, Fitopreparatore

Durante le feste siamo tutti più buoni? Più buoni non credo, semmai più grassi. Buoni sono i profumi e i sapori che ci accompagnano, ci trasportano come su un tappeto volante da una pietanza all’altra, da un vino rosso fiammeggiante a uno torbido e liquoroso, magari dal gusto speziato. Eccoci al punto. Le spezie. Il tappeto volante su cui siamo mollemente adagiati odora di zenzero, di chiodi di garofano, più tardi di cannella e poi di pepe che rivaleggia con lo zafferano. Ma perché proprio le spezie, perché una concentrazione di questi condimenti nei giorni speciali delle feste di fine anno? Certo, per insaporire i piatti che si susseguono a ritmo indiavolato. Ma anche perché nel periodo invernale siamo istintivamente attratti da gusti che riscaldano. Non guasta sapere che sono in grado di favorire la circolazione del sangue (vasodilatatori), sono antiossidanti e contengono una buona percentuale di vitamina C. Qualcuno potrebbe obiettare che anche le erbe aromatiche trovano largo impiego nel periodo natalizio. Basilico, menta, rosmarino, maggiorana, fanno la loro parte quanto a capacità di esaltare i sapori e non temono il confronto con le più blasonate spezie. Le prime sono tipiche del nostro clima mediterraneo mentre le altre provengono da climi esotici e si usano solo essiccate. Oggi nei supermercati si trovano negli stessi scaffali. Timo e pepe si guardano, chiodi di garofano e basilico si scrutano. Ma un tempo non era così.

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Il mistero delle spezie

In passato anche un bambino era in grado di coltivare una piantina aromatica. Le spezie invece, erano reperibili con difficoltà e quando erano disponibili il costo proibitivo allontanava chiunque non fosse ricco. L’origine stessa di queste piante era avvolta da un alone di fitto mistero e una serie di leggende accompagnava condimenti come pepe, noce moscata, cannella, chiodi di garofano, zenzero. Qualcuno era perfino convinto che fossero il risultato di magie o che dietro a tutto ci fosse il diavolo. Una cosa però, era chiara a tutti. Le spezie provenivano dall’Oriente sconosciuto e gli arabi avevano il monopolio del commercio di questi prodotti. La realtà era molto più banale. I mercanti arabi e quelli europei su un punto si trovavano d’accordo. Per fare affari tenevano in vita, anzi ingigantivano il tenore delle leggende. Il loro scopo era quello di far lievitare il prezzo e non rivelarne la provenienza. Evitare che si potessero stabilire relazioni dirette con i produttori. Il gioco riuscì per secoli, fino alla scoperta dell’America. E quando Colombo fece ritorno dal ‘Nuovo Mondo’ qualcuno rimase deluso perché non aveva riportato alcuna spezia. Ma vediamone in dettaglio alcune.

Il pepe

É la spezia più conosciuta e un tempo compariva

sulla tavola imbandita di ricchi e notabili. Il pepe viene prodotto da una pianta rampicante, una liana che ricorda la vite. Si usano le sue bacche rotonde che conservate in aceto danno origine al pepe verde. Se invece si fanno seccare al sole si ottiene il pepe nero. Viene coltivato nei climi tropicali, in Asia, in Africa e in Brasile. Il suo impiego come erba medicinale è oggi ridotto, ma un tempo era un aiuto contro la digestione laboriosa e l’inappetenza. Utile anche contro la tosse. In cucina il suo gusto deciso conferisce un tocco pungente a salse, intingoli e verdure.

La cannella

É un altro condimento un tempo appannaggio di nobili e dignitari di corte. Già Plinio, vissuto nel primo secolo, si lamentava di quanto fosse costosa. La varietà più pregiata è originaria dell’isola di Ceylon, oggi Sri Lanka. Una qualità meno rinomata si coltiva in Cina. Di colore fra il giallo e il marrone ha un sapore piccante e si ricava dalla corteccia interna di un arbusto della stessa famiglia dell’alloro. La pianta era ammantata da un alone leggendario. Si credeva che per raccoglierla ci si dovesse immergere nelle acque melmose di un lago popolato da mostri alati simili a uccelli, aggressivi e repellenti. Combatte la febbre e il mal di gola, coadiuva la digestione laboriosa. L’utilizzo in cucina dei tipici bastoncini di cannella è in gran parte riservato ai dessert e ai dolci.

I chiodi di garofano

Giungono fino a noi dalle lontane isole Molucche, ricavati dai boccioli di un albero di nome Eugenia. Una volta essiccati i boccioli prendono la caratteristica forma di chiodo. Il sapore e l’odore inconfondibili sono dovuti a una sostanza di nome ‘eugenolo’. Hanno proprietà antinfiammatorie e aiutano a tenere sotto controllo il colesterolo. Riducono l’acidità. Durante le festività natalizie per migliorare la digestione basta far bollire in un pentolino quattro chiodi di garofano e una scorza di limone. Far riposare per qualche minuto prima di bere.

Lo zenzero

Morbido e pungente allo stesso tempo, originario dell’Asia e delle isole del Pacifico, è oggi coltivato in molte regioni tropicali, ma anche in Cina e Giappone. Confucio sperava di avere sempre a disposizione la radice di questa pianta, la parte utilizzata. Gli arabi lo ritenevano afrodisiaco, virtù confermata da studi moderni. Inoltre combatte la febbre, riduce i gas intestinali e i dolori intestinali.

La galanga

E’ simile allo zenzero. Nel passato era uno degli ingredienti dell’Ippocrasso, vino da gustare dopo abbondanti libagioni. Aggiungere al vino rosso cannella, zucchero di canna, galanga e zenzero. Buone feste e buone...spezie a tutti.

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