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4.1 Dall’educazione emozionale alla educazione olistica

tele sancisce che “i genitori amano i figli come una parte di se stessi, i figli amano i genitori in quanto derivano da essi”.

Non si tratta di stipulare una scala che determini la quantità o la qualità d’amore necessaria all’armonico sviluppo soggettivo o di quanto tempo stare con i propri figli per giungere all’emancipazione, dichiarano Mariani e Schiaralli in un recente saggio, “sarebbe impossibile oltre che nemmeno auspicabile. Si tratta, molto più concretamente, di adottare comportamenti educativi adeguati ed efficaci, anche con poco tempo a disposizione. Una strada in questa direzione è promuovere nei figli in età prescolare l’intelligenza emotiva, la competenza cioè di individuare, riconoscere, gestire e modulare le proprie emozioni. Un vero e proprio vaccino affinché non incorrano in disagi e dipendenze patologiche”46 .

Anche se con modalità e tempistiche del tutto differenti, l’amore che unisce genitori e figli rappresenta la strada maestra di ogni sviluppo umano di senso. Essere genitori, osserva Sità, “diventa un problema perché non è più semplicemente una funzione naturale, ascrivibile a un sistema di ruoli e relazioni sancito dalla tradizione o guidato dall’istinto, ma viene sempre più concepito come una scelta, gravata di conseguenze che ogni futuro genitore ha il dovere di ponderare con attenzione”47 .

Comunque, indipendentemente dalla natura dell’amore tra genitori e figli, non è superfluo dire che tale rapporto è da sempre celebrato, in maniera a volte anche morbosa, nella diade madre e figli.

Affidandoci alle parole di J.P.F Ricther egli evidenzia che “tutta l’antichità esalta l’amore materno di sopra quello paterno: grande, deve essere quello materno, poiché un tenero padre non ne può immaginare uno maggiore del proprio”48. Alla funzione paterna, spes-

46 Mariani, U., Schiaralli, L. (2013). Adolescenti giorno per giorno. Ricette per vivere con un figlio che cresce. Milano: Mondadori. 47 Sità, C. (2005). Il sostegno alla genitorialità. Brescia: La Scuola. 48 Richther, J. P. F. (1964), Levana, Torino: Utet.

so, sono lasciate le mansioni legate ad una leadership formale con handicap positivo, la valenza del “diventar uomo” e del raggiungimento di un obiettivo sociale, come se a tale abilità, erroneamente, non fosse legata una componente affettiva.

Una visione di certo antiquata nei suo principi cardini, tanto che nel corso di quest’ultimo ventennio si è andata via via modificando e sgretolando, facendo intravvedere, grazie in particolar modo alla pedagogia della famiglia e al ruolo del padre, la sempre crescente importanza di una paternità consapevole, partecipe e cosciente.

La relazione genitori e figli, oggi più che mai, si accredita di una sana contemplazione di un nucleo familiare in cui tutti i suoi partecipanti concorrono ad una crescita ordinata e sempre più in sintonia con i vari bisogni ed esigenze sociali. Tutto ciò risiede nella galliana convinzione che “da solo uno di loro (i genitori) non potrà mai dare alla prole ciò che insieme sono in grado di offrirle”49 .

All’attiva costruzione di un nucleo familiare coeso, oltre alla piena partecipazione da parte dei genitori, è sempre più richiesta un’azione dei figli, i quali, anche nel periodo della fanciullezza, sono chiamati ad assumersi incarichi e responsabilità, ovviamente calibrate in base all’età.

Con questo non si vuol intendere una prospettiva di alienazione o deresponsabilità genitoriale, piuttosto, inversamente, di una coscienza educativa completa ed olistica, in cui ogni membro possieda una propria peculiarità ed un ruolo operante.

3.3 Tra inversione dei ruoli e richieste sociali

L’esperienza genitoriale si delinea come l’attitudine squisitamente umana di essere per l’altro; “il termine genitorialità può riferirsi,

49 Galli, N. (2010). Amore educativo e competenza, in Pedagogia e Vita, Bimestrale n-5-6 Settembre-dicembre, p. 11.

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