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Un nemico invisibile è entrato in casa nostra

In missione

Un nemico invisibile è entrato in casa nostra...

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da Ventimiglia

Eravamo serene, attive, costruttive e orgogliose di poter servire il Signore nei nostri piccoli allievi. La salute ci permetteva di poter spendere tutte le nostre buone risorse per aiutare la loro crescita e formazione umana, spirituale e sociale. Purtroppo, di nascosto, è entrato nella nostra Comunità un morbo pericoloso, talvolta anche letale, che ha colpito seriamente Suor Joulia Azzi, e qualche altra consorella in maniera meno violenta, ma sempre pericolosa. La Madre Generale ne ha dato notizia a tutte le nostre Comunità, supplicandole di intensificare le loro preghiere al Signore per ottenere il suo potente aiuto. Tutte hanno collaborato, soprattutto con la preghiera, ma anche con la vicinanza fraterna e affettuosa, con telefonate per avere preziose informazioni al riguardo. Le consorelle di questa nostra comunità di Ventimiglia hanno sperimentato, con molta gioia, questo clima fraterno, premuroso, affettuoso, di cui ringraziamo il Signore e la Madonna, con sincera gratitudine. Non meno grate siamo a Madre Carla che ci è stata vicinissima con la preghiera, l’interessamento incessante e premuroso sull’andamento della dolorosa situazione. Abbiamo sperimentato quanto il dolore condiviso sia prezioso, meno amaro e, sicuramente, più prezioso agli occhi del Signore.

Questa è l’esperienza dolorosa di suor Joulia Azzi

La mattina del 26 ottobre mi sono svegliata con uno strano malessere e con la febbre. Subito dico a me stessa: “Ci siamo”, perché il venerdì precedente una maestra della sezione Rossa era risultata positiva, e Suor Rita Gaggero, che lavora con lei, era in isolamento. Abbiamo pensato immediatamente alla chiusura di tutta la Scuola dell’Infanzia. Il giorno dopo ho fatto il tampone e dopo 28 ore sono risultata positiva. Ho cominciato l’isolamento in casa e la cura con antibiotico e cortisone. La febbre continuava ad essere alta anche dopo quattro giorni e il respiro era pesante e la tosse persistente. Il primo novembre tutte le consorelle hanno dovuto fare il tampone. La superiora, Suor Aurelia Salvadori, ha chiesto al dottore che era venuto per i tamponi, se mi visitava. Appena ha sentito i polmoni è uscito dalla camera e ha detto alla superiora che era necessario il rico-

vero. Lui stesso ha pensato a chiamare l’ambulanza e a prescrivere il ricovero. Il mio pensiero è volato a mia sorella Suor Helui. Lei mi ha seguita ogni momento, chiedeva le notizie ai dottori e le comunicava alla Madre Generale e alla mia Comunità (essendo infermiera, riusciva a farsi dare le notizie in modo preciso). Dopo 10 minuti l’ambulanza era già da noi. In fretta ho preso le poche cose che pensavo di aver bisogno, e via di corsa verso Sanremo. Le Consorelle non sono potute venire, così erano gli ordini. Le infermiere sull’ambulanza sono state gentilissime. Sono stata due ore al Pronto Soccorso, dove hanno fatto gli esami, le lastre… e quanto era necessario fare all’arrivo. Dopo, il ricovero nel reparto infettivo. Ho trascorso una notte con una mascherina di ossigeno. Poiché il giorno successivo non c’era stato nessun miglioramento, all’arrivo della dottoressa sono stata trasportata in terapia intensiva, dove ho trascorso tre giorni e tre notti con una mascherina fissa, senza poter comunicare con nessuno. I medici e gli infermieri erano bravissimi, davano le notizie precise a mia sorella. Per me sono stati angeli. Il quarto giorno arriva una dottoressa con una bella notizia: “Sei migliorata, cambiamo la mascherina, ne mettiamo una più leggera e puoi stare seduta”. Subito ho chiesto il telefono e con quattro parole ho dato la comunicazione alla Madre Generale e a Suor Helui: “Sto meglio, sono seduta”. Mia sorella mi ha girato tutti i messaggi arrivati dai miei, dal Libano e dall’Australia. Soprattutto la Madre Generale è stata premurosa: ha scritto parecchie lettere a tutta la Congregazione, dando le notizie e chiedendo preghiere per me e per la mia Comunità che era contagiata. Questo mi ha dato tanta gioia e coraggio; ho capito che la grazia di essere guarita è frutto di una catena di preghiere, che saliva al Signore dall’America Latina, dal Libano, dall’India, dall’Italia. Non posso che essere grata e fiera di appartenere alle Suore di Santa Marta, che sanno essere unite sia nella sofferenza, sia nella gioia. Quando tutte le Comunità hanno saputo che stavo meglio (sempre con le lettere della Madre Generale), ho ricevuto tantissime telefonate dalle superiore dell’Italia, del Libano, dell’India… e tante chiamavano la mia Superiora. Soprattutto alla Madre Generale il mio grazie affettuoso, perché è stata più che Madre, una mamma affettuosissima. Dire grazie è troppo poco.

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