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67 Ivi, pag
greca, priva di quella possibilità che libera l‟uomo e la sua coscienza morale dal suo destino cosmico, rendendolo espressione dell‟eterno, imago Dei. La visione naturalistica immerge l‟uomo nella necessità di un mondo che, sia pure da lui stesso edificato, è privo affatto di libertà: quello della politica, che si illude di costruire un regno di libertà dalla dipendenza divina con gli stessi strumenti che stabiliscono il dominio degli dèi, quelli della ragione naturalistica, sulla quale si basa quella scienza che Dante saluta come lo strumento per eccellenza della “nobilissima perfezione” del genere umano, e con il cui metodo viene concepito dai filosofi pagani lo Stato ideale. E in alternativa al quale Gesù predica la formazione della Chiesa quale comunità del “libero amore dell‟uomo verso Dio”, di cui parla il Grande Inquisitore, facendo dell‟uomo storico un essere “bipolare”, non più esposto alla sola necessità politica ma altresì libero nel suo rapporto con Dio, che la ragione politica tende a rimuovere. 686 In realtà la costituzione del topos politico e della sua pretesa universalità di valore razonale, non è il frutto di una “dimenticanza”, di un “oblio” metafisico, ma sorge dal deliberato proposito di costruire un mondo intieramente umano retto dalle sole leggi di ragione, che solo leggi di dominio sulle quali si fonda l‟Imperium romano evocato da Dante come modello storico della sua monarchia universale. Il correttivo al mero esercizio del dominium politico non è morale e interpretato dai martiri della fede cristiana, ma razionale, è l‟ideale etico, il principio universale d‟azione a cui si immola Socrate, e che Dante riporta nel suo trattato come “libertà della patria”, all‟onore della quale eroi pagani come Muzio, i Deci e Catone hanno sacrificato la propria vita, e altri come Bruto persino i propri figli traditori. 687 La “dignità” etica
686 “L‟uomo fu e resta durante tutto il corso della storia un essere bipolare comunicante cn due mondi, col mondo supremo divino che egli rispecchia in se stesso, il mondo libero, e col ondo materiale-naturae nel quale l‟uomo è immerso, del quale egli condivide il destino e che in molti modi agisce sull‟uomo e lo lega mani e piedi, tanto che la sua coscienza si ottenebra, dimentica la sua origine superiore e il suo essere partecipe della realtà spirituale suprema […].”: N. Berdjaev, Loc. cit., pag. 71. 687 Dante, Monarchia, II, V, 72-90, pagg. 188-189.
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