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Problematiche e nuove prospettive
David Fastelli
Abstract
Nello scenario urbano è difficile, per chi si occupa della gestione del patrimonio culturale architettonico, riuscire ad avere il controllo delle condizioni del costruito ed elaborare risposte efficaci in tempi rapidi. Diventa fondamentale quindi – per le amministrazioni, i progettisti, i ricercatori e in generale per tutti i soggetti coinvolti nel progetto di restauro – disporre di un quadro di sintesi aggiornato e aggiornabile, integrabile con gli strumenti urbanistici di pianificazione. Le tecnologie di Business Intelligence (BI), derivate dal mondo aziendale, consentono di organizzare e rielaborare i dati e le informazioni che si acquisiscono nel corso degli interventi e inoltre forniscono l’opportunità di poter svolgere analisi diversificate, da quelle tipologiche a quelle semantiche, anche a partire da datasets non relazionati già esistenti, facendo emergere correlazioni storico-urbanistiche o elaborando modelli di tipo previsionale prima sconosciuti, in grado di fornire agli operatori ed agli amministratori informazioni utili su cui basare le proprie strategie d’intervento e/o pianificare azioni di manutenzione/conservazione sui manufatti. Per tale motivo questo insieme di tecnologie risultano vantaggiose in applicazione ad un ambito, quello del restauro architettonico, che richiede comprensione dei dati (da quelli storici a quelli sugli interventi), documentazione della ‘filiera’ che li ha prodotti, semplificazione nell’analisi delle informazioni orientata alla corretta pianificazione degli interventi, monitoraggio.
In the urban scenario it is hard for those who deal with the management of the Architectural Cultural Heritage to be able to control the conditions of the building and to develop effective answers quickly. It is therefore essential for all parties involved in the restoration project to have an updated and updatable summary framework, which can be integrated with the urban planning tools. The Business Intelligence (BI) technologies, derived from the corporate world, allows to organize and rework the information acquired during the interventions on buildings and also allows to carry out diversified analyses even starting from unrelated datasets. It is thus possible to bring out historical-urban correlations or to elaborate previously unknown forecasting models, capable of providing operators and administrators with useful information for developing the intervention strategies and planning the maintenance and conservation actions on buildings. For this reason, this set of technologies are advantageous in the field of architectural restoration, which requires an understanding of the data (from the historical to the intervention ones), reconstruing of the ‘supply chain’ that produced them, simplification in the analysis oriented to correct intervention planning, monitoring.
Problematiche e nuove prospettive
Non è scontato affermare che l’attuazione di interventi di tutela debba fondarsi sulla diagnosi dello stato di conservazione del Bene e del suo contesto, poiché senza un approccio analitico alla manutenzione, tutti i buoni propositi rischiano di risolversi in interventi ‘spot’, poco efficaci sul lungo termine oppure concentrati su un’unica grande opera, dimenticandosi dell’intorno. A maggior ragione se si ha a che fare con l’intero patrimonio architettonico di un centro storico.
pagina a fronte
Rappresentazione grafica di frattali
Le premesse culturali della manutenzione programmata possono essere rintracciate già a partire dalla Carta del Rischio del Patrimonio Culturale1, oggi un SIT, elaborata dagli anni ’90 con le finalità di attuare una capillare analisi dello stato di conservazione e delle vulnerabilità del patrimonio; il progetto non prevede però veri e propri aspetti progettuali, riferendosi soprattutto a situazioni riparatorie da mettere in atto a ‘danno avvenuto’ o durante la fase di emergenza. Nello scenario urbano è difficile, per chi si occupa della gestione, riuscire ad avere il controllo delle condizioni del costruito ed elaborare risposte efficaci in tempi rapidi. Diventa fondamentale quindi – per le amministrazioni, i progettisti, i ricercatori e in generale per tutti i soggetti coinvolti nel progetto di restauro – disporre di un quadro di sintesi aggiornato e aggiornabile, integrabile con gli strumenti urbanistici di pianificazione. Per buona parte delle azioni di manutenzione esiste un relativamente recente panorama normativo; oltre ad esempio alla UNI 11257:2007 (cit.) è stata prima ancora prevista la UNI 10951:2001 “Sistemi informativi per la gestione della manutenzione dei patrimoni immobiliari”; la norma fornisce linee guida metodologico-operative per la progettazione, la realizzazione, l’utilizzo e l’aggiornamento di sistemi informativi per la gestione della manutenzione dei patrimoni immobiliari e per la relativa informatizzazione, costituiti da banche dati e procedure finalizzate alla raccolta, l’analisi delle informazioni necessarie alla gestione delle attività di manutenzione. I requisiti che tale sistema deve soddisfare sono quelli di: • gestibilità • disponibilità dei dati • aggiornabilità (e ampliamento del sistema) • integrabilità • coerenza delle informazioni • sicurezza. Queste e altre disposizioni trovano però ancora scarsa applicazione nel campo dei Beni Architettonici e del restauro, o soffrono in generale di una scarsa applicabilità operativa a causa degli innumerevoli e complessi sistemi di gestione adottati dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti preposti alla tutela del patrimonio architettonico monumentale. Tali sistemi sono infatti spesso caratterizzati da una scarsa adattabilità a contesti delicati e peculiari come quello del restauro e dei Beni Culturali; inoltre, la formazione in ambito di trasformazione digitale di tecnici e operatori – i cosiddetti firstline workers ovvero coloro che operano in prima linea per la gestione, in questo caso, del patrimonio architettonico – non è sempre adeguata alla rapidità dei cambiamenti. Negli ultimi 15 anni sono state prodotte numerose ricerche volte alla definizione di proposte di metodologie operative finalizzate alla ‘digitalizzazione’ e alla manutenzione programmata del patrimonio
1 Istituto Centrale per il Restauro (ICR)/Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Carta del rischio del patrimonio culturale, Roma, 1990.
(Fiorani, 2019; Acierno, 2018; Benatti et al., 2014; Gasparoli, 2012; Germanà 2010; Pelliccio et al., 2008) anche in ambito archeologico (Baratin et al., 2016; Cecchi e Gasparoli, 2011); non ultimo il progetto di archeologia pubblica Archeo SITAR Project2 promosso dalla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma e il MiBACT (Serlorenzi e Jovine, 2015). L’approccio alla ‘informatizzazione’ dei dati in tale ambito richiede un percorso conoscitivo strutturato incrementale che non dovrebbe esaurirsi nell’arco di un progetto di ricerca, o di un incarico professionale di progettazione, piuttosto dovrebbe perdurare nel tempo, consentendo di organizzare e rielaborare i dati e le informazioni che si acquisiscono nel corso degli interventi. Occorre dare uno sguardo a sistemi che, mutuati dalle tecniche di gestione dati delle aziende, supportino gli uffici della Pubblica Amministrazione nel raggiungimento di obiettivi sempre nuovi (previsti dai bandi europei) e allo stesso tempo forniscano idonei strumenti di controllo e monitoraggio, compatibili con i tempi sempre più stringenti e compressi del decision making. Da questo punto di vista anche in ambito formativo occorre accrescere le esperienze e sviluppare occasioni per applicare metodologie e tecnologie adeguate e aggiornate, semmai rispondenti alle dotazioni strumentali individuali (hardware e software) ormai da anni in uso da parte degli studenti dei corsi universitari. Questa tecnologia – o per meglio dire ‘insieme di tecnologie’ – già citata nei capitoli introduttivi e chiamata Business Intelligence (BI), fornisce inoltre l’opportunità di poter svolgere analisi diversificate, da quelle tipologiche a quelle semantiche, anche a partire da datasets non relazionati già esistenti (informazioni storiche, dati dimensionali, dwg, progetti bim, foto, video, lidar, analisi dei materiali, archivio storico degli interventi, ecc.), consentendo di far emergere correlazioni storico-urbanistiche o elaborare modelli di tipo previsionale prima sconosciuti. La BI può essere rappresentata da un insieme di flussi (diagrammi a blocchi) o in alcuni casi da un insieme di modelli matematici; non vi è ancora un linguaggio univoco per descrivere l’insieme di processi e strumenti utilizzati per questa tecnologia ma si può dire, cercando di sintetizzare al massimo, che consiste in una serie di metodologie e tecniche di alimentazione, stoccaggio, pulitura, trasformazione, normalizzazione e analisi dei dati necessari funzionali a fornire informazioni utilizzabili nei processi decisionali. Nel mondo economico si parla di Key Performance Indicator (KPI), di forecasting (modelli previsionali), di tendenze, come indicatori di sintesi in grado di dare informazioni immediate sull’andamento del proprio Business e permettere di prendere decisioni per far fronte ai problemi o accrescere il proprio volume di affari. Declinando questi concetti nell’ambito dei beni culturali si può affermare che esistano degli indicatori di sintesi, delle serie storiche da cui si possono derivare dei modelli previsionali in grado di fornire agli operatori ed agli amministratori informazioni utili su cui basare le proprie strategie d’intervento e/o pianificare azioni di manutenzione/conservazione sui manufatti.
2 Il progetto è consultabile in rete all’indirizzo http://www.archeositarproject.it/.