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La riabilitazione funzionale
ingegneristica) mette in primo piano la sicurezza e tende a sottovalutare le esigenze della conservazione. Il tema non può essere affrontato in maniera unilaterale occorre individuare il compromesso tra le esigenze della conservazione e quelle della sicurezza attraverso un confronto delle idee dei singoli tecnici che lavorano intorno ad un bene monumentale, occorre quindi una flessibilità di pensiero che spesso non si riesce ad individuare nei tecnici coinvolti.
La riabilitazione funzionale
Entrambi i corsi dei laboratori di restauro vogliono ‘consapevolizzare’ gli studenti sull’importanza della formazione specialistica, del continuo aggiornamento tecnico e, per i più giovani, della frequentazione di scuole post-laurea oltre che raccomandare una formazione permanente ed un continuo scambio di esperienze con altri colleghi o professionisti che ruotano intorno al restauro. Quando si ‘ conserva ’ un bene, la prima intenzione non deve mai essere economica, anche se ha sempre un ruolo fondamentale in quanto nel restauro architettonico, si impegnano ingenti fondi, privati o pubblici. Ricordiamo che per ogni monumento/edificio danneggiato o addirittura ‘perduto’, non c’è rimedio economico perché ormai è perduto definitivamente, per questo motivo è importante la conservazione, il che non vuol dire rinunciatario sul piano del progetto, ma implica al contrario un approccio di impegno e rispetto. I beni storici richiedono un’attenzione particolare, ci si deve accostare loro con pazienza, sicurezza di metodo, rilevandoli personalmente (ove possibile), studiandoli e interpretando le loro trasformazioni e stratificazioni, nella loro struttura, nei loro sviluppi temporali e nei materiali. Assolta la fase conoscitiva preliminare, anche con il supporto di mirate indagini diagnostiche, si dovrà poi discutere e progettare un adeguamento delicato, cha nasce dalla conoscenza preventiva dell’edificio e delle sue ‘vocazioni’ funzionali. La grande responsabilità dell’architetto restauratore è quella di apportare delle scelte progettuali, tanto più corrette quanto più indirizzate su binari metodologici frutto della conoscenza. Occorre ricordare che è inutile restaurare ‘le sole pietre’ se contemporaneamente non si pensa anche a restituire una funzione all’immobile, non necessariamente quella originaria (anche se sarebbe preferibile) bensì compatibile (Figg. 6.9, 6.10). Spesso, e specie nel caso degli immobili oggetto di studio, gli studenti si trovano difronte al dilemma restauro o riuso/riabilitazione funzionale? La riabilitazione funzionale rappresenta un mezzo per garantire realmente la conservazione di un bene. Un monumento privo di funzione si deteriora rapidamente, mentre un edificio storico tenuto in efficienza può sfidare secoli, pensiamo al Pantheon. Abbiamo potuto riscontrare ciò anche nei casi studio: da un lato gli edifici ancora ‘vivi’ di Santa Felicità in Piazza, Seminario Arcivescovile Maggiore e dall’altro quelli abbandonati di San Giorgio alla Costa (caso a parte è la Chiesa di San Francesco di Sales, oggetto di un recente restauro e riabilitazione funzionale di tutto il complesso dell’ex- Conventino). Occorre a questo punto affermare che «La funzione ed il riuso per il restauro sono un mezzo e dei più efficaci, ma non sono tuttavia il fine dell’intervento» (Miarelli Mariani 1975).
•Fig. 6.9
Seminario Arcivescovile Maggiore – schemi di progetto con analisi dei percorsi
Le esperienze didattiche finalizzate alla migliore comprensione del tutto in chiave di restauro hanno confermato che nell’operazione di recupero spesso si privilegia la funzione e ad essa si adatta l’oggetto, ma in questo modo il ruolo dell’architetto è più vicino al progettista del nuovo; nel restauro occorre quindi combinare abilmente le due problematiche, il bene nella sua concretezza materiale e le funzioni ad esso meglio compatibili. Non si tratta quindi di indicare un ‘restauro di ripristino’ in forme e con tecniche analoghe all’antico, o di rifare ‘una copia’ come era prima o come si presume che fosse, ma di conoscere in modo approfondita l’edificio storico e di individuare la funzione più adatta che potrebbe farlo rivivere. Abbiamo cercato di far comprendere agli allievi che spesso l’antico rimesso a nuovo è sgradevole e non è corretto rinnovare o stravolgere completamente gli interni con la pretesa del migliore adeguamento alle esigenze funzionali, perché non si tratta più di restauro o conservazione, ma di puro esercizio di arredamento. Le nuove funzioni dovranno invece essere soddisfatte senza che si rinunci a conservare l’identità del monumento (Tav. 6.6); se questa finisse per perdersi allora l’edificio diventerebbe “altro da se stesso”. Dopo queste riflessioni di carattere generale, si possono considerare in maniera più dettagliata i problemi della riabilitazione funzionale degli edifici storici; abbiamo cercato di far capire agli allievi che occorre favorire un restauro “dinamico” e propositivo, rispetto ad uno “statico” e vincolistico, e in questo modo si avrà la possibilità di restituire, attribuendo idonee funzioni, una nuova vita a molti edifici che soffrono di abbandono. Le funzioni idonee, nel caso non sia possibile mantenere quella originaria, saranno individuate con l’analisi storico-critica dell’edificio e dell’intorno urbano, estesa agli aspetti artistici, testimoniali e documentari.